The Unknown 04

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Quando abbiamo cominciato a bazzicare tra vari live, quando abbiamo cominciato a conoscere sempre più musicisti, quando cominciavano a chiderci recensioni su recensioni, quando cominciavate a rivolgervi a noi come "quelle di The Unknown", quando nessuno avrebbe scommesso un solo centesimo su di noi, quando il nostro lavoro e il nostro impegno sembravano più uno scherzo che altro, quando tutto questo era solo un piccolo sogno che ristagnava nelle nostre menti, quando tutto era solo un enorme sacrifico, non avremmo mai creduto che i primi accrediti sarebbero arrivati, non avremmo mai creduto che qualcuno avrebbe scommesso sul nostro lavoro. E invece è successo, il Bay Fest per noi è stato un traguardo, ma anche un bellissimo e nuovissimo punto di partenza, una lezione di vita che ci ha cambiate, ha messo questi mesi di porte in faccia e sacrifici sotto un'altra luce, ci ha donato una nuova, entusiasmante, consapevolezza di ciò che possiamo, ma sopratutto, che sappiamo fare. Con tutta la modestia necessaria coltiveremo questo lavoro senza mai demordere, la strada è ancora lunga, ma noi nel nostro piccolo ci sentiamo già un po' realizzate; ma accontentarsi mai, così via pronte a puntare sempre più in alto. Quindi grazie a voi che ci avete supportato, ma grazie anche a coloro che non hanno mai creduto nel nostro operato, ce la stiamo mettendo tutta e lavoreremo sempre seguendo i nostri principi e affrontando ogni nuovo live a testa alta. Non c'è bisogno di essere dei fighi per farcela nella vita, e allora STAY UNCOOL TO BE COOL!

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Fondatrici: Bianca Errante e Silvia Gigli Autrice: Bianca Errante Fotografa: Silvia Gigli


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Reports Punk Rock Raduno Vol.2 8 Rock In Valley Vol.2 55

reviews BarCreeps

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The Overjoyed

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Black Me Out

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Teenarges Love 'n' Pain

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Interviews Andrea Rock

50 57

Vietato Mancare!

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Per la prima volta dopo quasi due anni di recensioni arriva sulle nostre pagine un fumetto, Teenagers Love ’n’ Pain di Gabricomics. Dopo aver avuto il piacere di conoscere Gabriele al Circolo La Mesa di Montecchio Maggiore ho deciso di dare un’occhiata, ma sopratutto il mio modesto parere, sul suo primo fumetto. Non sono amante dei fumetti, forse l’ultimo che ho letto è stato un vecchio Diabolik trovato in edicola durante una vacanza estiva, dopo aver finito la mia bella pila di libri da vacanza; non posso quindi ritenermi un’esperta, ma ho comunque i miei gusti, quindi proverò comunque a dirvi la mia. Graficamente ho trovato Teenagers Love ’n’ Pain molto piacevole, mi piace il tratto grezzo ma curato usato dall’artista, dal punto di vista delle illustrazioni il fumetto risulta molto

essenziale, non aspettatevi i grandi occhi espressivi e pieni di dettagli dei manga, abbiamo piuttosto dei piccoli pallini neri che però donano al fumetto tuta l’espressività di cui ha bisogno. Senza troppi fronzoli esprime al meglio le sensazioni dei personaggi e gli dona un’aria sporca, in linea con l’attitudine punk rock dell’artista. E il punk rock è una ricorrenza all’interno del fumetto: Mark è un teenager dalla vita tormentata, ascolta Teenage Bottlerocket e The Manges e in camera ha poster dei Blazer e di Sid Vicious, i segni del genere ci sono tutti. Dal punto di vista dello storytelling sono rimasta leggermente delusa, la storia a tratti mi è sembrata quasi banale, ma forse più che banale affrettata, credo che certe cose potevano essere approfondite, non so come vada scritto un fumetto, ma l’ho trovato fin troppo asciutto di contenuti e i dialoghi quasi scontati. Chiedo scusa a Gabricomics, forse sono stata troppo dura, ma la mia spero possa essere una critica costruttiva nel rispetto al suo impegno e alla sua dedizione. SPOILER ALLERT!


Mark è un ragazzo dalla situazione familiare difficile: ha perso la madre da poco e, come succede nella maggior parte dei casi, il padre invece di prendersi cura del figlio non si prende cura nemmeno di se stesso e diventa un nullafacente alcolizzato. La vita di Mark è un disastro, non vede futuro, va male a scuola, è isolato e chiuso in se stesso, finché non incontra Annette, ragazza che salva da due bulli, e che cambierà Mark e la sua vita. Il tutto ai miei occhi risulta quasi scontato, probabilmente se determinati aspetti fossero stati trattati più accuratamente non l’avrei nemmeno pensato, ma non è stato così, quindi questa è la sensazione che mi lascia addosso questa lettura. La parte più forte dal punto di vista emozionale sta nel finale, o meglio nell’epilogo dove il lettore scopre che Mark ha intrapreso la carriera di scrittore, lui e Annette stanno ancora insieme e hanno avuto un figlio, Maximilian. Il dettaglio più intrigante sta nel titolo del libro a cui sta lavorando Mark: Teenagers Love ’n’ Pain. Forse sono stata troppo dura, ma riconosco che c’è comunque un gran lavoro alle spalle di questa pubblicazione, ma sopratutto lo trovo un ottimo punto di partenza, sono quindi ansiosa di leggere il prossimo fumetto di Gabricomics.


Torna, alla sua seconda edizione, il festival underground più punk rock che quest’Italia conosca: Punk Rock Raduno. Quattro giornate all'insegna dell’amicizia, della condivisione, dell’alcool, ma sopratutto della musica che non si è fermata un solo istante all’Edoné di Bergamo.

Noi abbiamo presenziato alla penultima giornata e il programma è fitto e ci viene quasi difficile stare dietro a tutto. Giungiamo a Bergamo e veniamo accolte da un caldo afoso, ma abbastanza tollerabile, le tre lunghe ore di pullman ci hanno già 8

stancate, ma la mattinata è ancora lunga, e, mentre gli ospiti dell’ostello si godono il party dei Travoltas, noi raggiungiamo con i nostri forti e agili piedini l'Edoné che per il secondo anno di fila ospita il Punk Rock Raduno. Entriamo e la fame comincia a farsi sentire, la pizza non è ancora ordinabile e cosa si fa quando non c'è da mangiare? Si beve la prima di una lunga serie di birre, mentre la gente comincia ad invadere il cortile dell’Edoné piazzandosi sotto squarci d’ombra e preparandosi ad un’altra lunga giornata di musica. La cosa più entusiasmante è che è possibile incontrare gente da ogni dove: italiani a bizzeffe, dalle o aperte del Trentino Alto Adige si passa alle fievoli c toscane, ma intercalari inglesi, tedeschi e spagnoli non mancano. Aprono le danze i Ratbones, li abbiamo conosciuti al Montecio Cool Kids e ci ha fatto certamente piacere fare quattro salti con il loro punk rock vecchia scuola, forti del loro Ramonescore scaldano il pubblico ancora leggermente troppo accaldato. Secondi in scaletta gli amici romagnoli Höney, scaletta perfetta, se non fosse per l’assenza di Smile Of


Summer, anche se mi sono rassegnata al fatto che probabilmente morirò senza sentirla live, energia inconfondibile e la sorpresa della nuova canzone Recovering In Los Angeles live, nettamente meglio della versione registrata. Interessante la loro presenza giovane e spumeggiante, presenza che da molti è stata criticata, ma che secondo il mio parere ha portato una ventata di freschezza e innovazione all’evento di marcatura Ramonescore.

Scorre la birra e con questa anche la musica che non manca nemmeno per un secondo: tra una band e l’altra gli artisti della Monster Zero Records si esibiscono in un set acustico.

Incontriamo finalmente il comandante Snafu e vediamo tante facce familiari, ci si ferma per qualche saluto e questi portano anche qualche brindisi inevitabile, un giro tra i numerosi stand, un pianto per la povertà che impedisce di acquistare anche una misera spilla, e via nuovamente sotto il palco. Terzi in scaletta i Low Dérive e la mia felicità nel rivederli è inspiegabile, anche loro li abbiamo conosciuti in quel di Montecchio Maggiore e il loro EP Nora, da quella sera, è diventato uno dei miei preferiti in assoluto, Broken Satellites è una canzone che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero poter sentire live.

Tra le tante facce amiche che continuano ad incrociare il nostro cammino con grande sorpresa tra la folla intravediamo i The Bat Bites, un saluto veloce lo dedichiamo anche a loro ed è già il turno della quarta band della giornata, le canadesi Pale Lips. 9


Bello vedere anche qualche viso femminile a dominare il palco del Punk Rock Raduno, con un rockabilly eccentrico e spumeggiante, se la sono cavata molto bene anche se a tratti son sembrate un po' statiche. A seguire i The Priceduifkes, e fortunatamente sono ancora abbastanza sobria per godermi il live, in formazione completa, degli amici toscani The Chromosomes che soddisfano la mia sete di punk rock anni 90’ con non troppi pezzi dell'antico repertorio, ma è sempre un piacere vederli in azione. Vorremmo inoltre ringraziarli nuovamente per l’ospitalità e la compagnia al banchetto del merch, fa sempre 10

piacere sapere di avere dei buoni amici nella scena. Pausa pizza e intanto sul palco in acustico salgono prima i The Bat Bites e poi Andrea Manges, la nostra lucidità comincia a vacillare, ma non demordiamo, è comunque dura scrivere un report di una giornata con un tale livello alcolico, almeno il palco resta saldo al pavimento e mentre i The Apers ci privano della loro presenza di godiamo la reunion esclusiva dei Retarded. Giungiamo all'ultimo live della giornata, i The Travoltas che cercano di esaurire le ultime energie del pubblico con scarsi risultati, c’è chi poga, c'è chi barcolla, più semplicemente c’è chi canta a squarciagola insieme a coloro che per alcuni sono dei veri idoli. Finiti i live l’alcool continua a scorrere, forse lo sto dicendo un po’ troppe volte, ma se siete stati al Punk Rock Raduno potete capirne il motivo, la festa ad ogni modo continua e la flotta si dirige all'interno dell’Edoné per fare quattro salti con il DJ set di Mass Manges e Jughead. Solita routine, si viene praticamente buttati fuori dal locale, c’è chi ancora cerca birra, chi, come noi, un posto dove dormire, chi invece non è più padrone delle proprie azioni e va in giro per il cortile alla ricerca di un passaggio fino all’ostello e chi, più


sobriamente, si avvia verso il proprio letto. E se per definizione un raduno è l'incontro di più persone in uno stesso luogo per un interesse comune, il Punk Rock Raduno è molto di più: è un momento di condivisione, amicizia, passione, affetto, conoscenza, il tutto condito da una buona manciata di band dello scenario punk rock, le emozioni non mancano, non sentirsi a casa in un ambiente del genere risulta quasi impossibile, l’atmosfera ha un qualcosa di magico ed è innegabile che non vediamo l’ora di rifarlo l'anno prossimo, ci vorrebbero mille di questi festival per rendere la vita più dolce.


Avete presente quando uscì il film Non è un’altra stupida commedia americana? Qualcuno di voi ha davvero mai creduto che non fosse realmente una di quelle commedie adolescenziali all’American Pie? Beh, io sapevo perfettamente cosa aveva in serbo per me quel film e ho sempre trovato un fondo di geniale ponderazione in quel titolo, perché seppur può sembrare che sia uno dei primi nomi ironici che ti passa per la testa se stai lavorando ad un’altra stupida commedia americana, sono certa che non è stato così. D’altronde quando è nato The Unknown il nome Non è un altro stupido magazine musicale non ha sfiorato le nostre menti, invece i Black Me Out hanno sfruttato uno dei titoli più geniali che potessero trovare: Not Another #PopPunk Ep, ed effettivamente è proprio un EP pop punk che vi troverete ad ascoltare. 12

L’EP è formato da cinque tracce che suonano omogenee e ben lavorate, spiccano tra tutte l’orecchiabile Why Waste Your Time With Me, traccia d’apertura, dalle tipiche sonorità pop punk fresche e giocose, e Morphine che ai primi ascolti ricorda un’altra canzone, impressione che va pian piano scemando se si approfondisce l’ascolto. Altra canzone degna di nota è la traccia di chiusura Hurt, che anche se risulta quasi banale come chiusura, una traccia di questo tipo era comunque essenziale all’interno dell’EP. Nel complesso è ben riuscito, ci sono un paio di cose che dovrebbero essere migliorate e che sono sicura con il tempo e l’esperienza miglioreranno, ma non ha particolari difetti, quantomeno non mi è venuta voglia di chiudere Bandcamp e ignorare questa recensione. Devo sottolineare che la voce non è tra le mie preferite, ma calza a pennello con questo genere, quindi tutto nella norma. Promosso, anche se la cosa migliore di questo EP resta comunque il titolo.



che ha risollevato lo scenario musicale italiano: il Bay Fest.

Nemmeno il tempo di disfare le valigie al ritorno dalla mia vacanza in terra d’origine e mi ritrovo nuovamente a dover chiudere tutto il necessario nel mio fedele Eastpack: coperte, cambi, beni di prima necessità come tabacco e filtrini, ma sopratutto le miracolose gocce auricolari che mi hanno salvato da un’otite fulminante. Ci avviamo, io, la fotografa e un amico toscano, con un netto ritardo, verso la stazione di Bologna, dieci minuti di tempo per prendere i biglietti, raggiungere il binario e agganciarci al treno in direzione Rimini. Una volta giunti a Bellaria Igea Marina proviamo a rilassarci, diamo una sbirciata al Parco Pavese e ci accomodiamo sul marciapiede. I cancelli aprono alle 18:30, l’attesa sembra lunga, ma passa anche abbastanza in fretta, il caldo è tanto, la gente è ancora poca, ma non temete, il primo giorno, nonostante la line up fosse leggermente meno incredibile delle successive, è stato un successone. Entriamo e inizia qui il nostro viaggio in una tre giorni che ha dell’incredibile, in una tre giorni che ci resterà nel cuore, in una tre giorni 14

Direttamente da Cesena sei amanti dell’Irlanda e delle sonorità punk aprono le danze della prima giornata. I Lennon Kelly sono i primi di una lunga serie di band che scaldano l’atmosfera con il loro genere tanto peculiare che racchiuderlo in un misero “Irish punk” è scorretto, hanno messo insieme il folk, il punk e lo ska e hanno unito testi italiani a canti irlandesi, risulta difficile non amarli già alle prime canzoni. Le sonorità dei Lennon Kelly portano un po’ della serenità delle distese rurali dell’Irlanda nella nostra frenetica modernità. Tengono bene il palco, intrattengono il pubblico e mi portano alla conclusione che il loro non sia un genere da rilegare agli Irish pub, ma che sia un genere che merita palchi imponenti come quello del Bay Fest. E mentre banjo e riff ska risuonano per tutto il Parco Pavese una renna di gomma vola sopra le nostre teste, merito del fratello di Bartowski (cantante) che, da fan numero uno, balla e si scatena, fiero della sua evidente non-sobrietà. Finisce il primissimo live e le sonorità si fanno più dure e, mentre Zach (cantante) ci mostra fiero i suoi pallidi capezzoli, mi appresto, senza saperlo, ad innamorarmi della band


migliore della giornata, senza nulla togliere ai Less Than Jake, ma l’esibizione dei PEARS era difficile da battere.
 Avevo sentito diversi commenti sulla band di New Orleans, e se Fat Mike ha visto qualcosa in loro difficile che non valesse davvero la pena vederli live. Tra aste del microfono tra i denti, corse da una parte all’altra del palco e un cantato che non viene intaccato nemmeno un istante dalle acrobazie di Zach, le aspettative vengono più che soddisfatte.
 Il loro hardcore punk è crudo, a tratti violento, trasmette tutto ciò che la band vuole trasmettere e il pubblico incanala la scheggia di adrenalina scoccata dal palco, quasi come fosse una droga pesante che arriva dritta in vena. E le conseguenze della loro esibizione non sono poi così differenti dagli effetti che può avere una qualche droga: un paio di tizi nudi ballano, come chiusi in un loro trip mentale, finché la magia non viene spezzata da un calcio che arriva dritto nelle palle di uno dei due. E’ il momento di fare un salto all’indietro di qualche anno e di prepararsi all’arrivo dei maestri dell’hardcore dal 1981. Se pensavate che non sarebbe mai stato possibile vedere live una band a cui precedentemente hanno fatto da opener dei certi Guns ’n’ Roses, vi

sbagliavate. Si perché i Raw Power, forti dei loro 30 e più anni di carriera alle spalle, sono i terzi in scaletta. Le aspettative sono altissime, ma tocca ammettere che il live non risulta esattamente all’altezza. L’esibizione risulta quasi piatta, monotona, spenta, sembra che la band sia chiusa in una cupola che impedisce quel flusso di energia band - pubblico e viceversa, è stata una mancanza non indifferente secondo me, nonostante il pogo e i vari circle pit che si sono aperti. Incredibile lo scream di Mauro che, nonostante l’età, non me ne vogliano, ma è inverosimile pensare che abbiano 20 anni, risulta ben fatto, pulito e per nulla affaticato, certo l’esperienza premia.
 Nonostante ciò mi tocca dire che è stata l’esibizione più debole della giornata. Giungono da un posto impronunciabile dei Paesi Bassi, tornano dopo uno scioglimento nel 2009 con una reunion che ha del dolce, ma anche dell’amaro, in particolare per i fan. Poter dire “io c’ero” all’unica data italiana del reunion tour è quasi un onore. Energia, voglia di ballare e un livello emozionale difficile da trovare in altre band, gli Undeclinable Ambuscade sono questo e molto di più. Riversare in parole ciò che i miei occhi hanno visto è quasi impossibile, ma ci 15


proverò comunque. Il loro hardcore è molto più melodico dei Raw Power, cosa che, secondo gusti personali, apprezzo, le sonorità arrivano dritto al cuore, i ritornelli ti restano impressi nella mente anche se non li hai mai sentiti in vita tua, ed è innegabile che la presenza di una band come loro sia stata pressoché necessaria. A chiudere la prima, elettrizzante, giornata i primi headliner di una tre giorni carica di nomi importanti: Less Than Jake. In attivo dal 1992 sono unici nel loro genere e qual’è il loro genere? Non saprei dirvelo, hanno ripescato influenze da anni di carriera, hanno trovato ispirazione nel punk rock, nello skate punk, nello ska, nel rock, ma anche nel metal, un qualcosa che ha dell’incredibile. Freschi come delle rose appena sbocciate caricano a molla il palco per prepararlo a saltare al ritmo di uno ska punk elettrizzante e vivace. Chris è un frontman fatto e finito, incanala la sua energia verso i suoi compagni, ma anche verso il pubblico, il suo cantato è incantevole e i suoi riff spumeggianti. Molleggiare con le gambe durante il loro show viene quasi involontario, e di un vero e proprio show stiamo parlando: il concerto si apre con un’esplosione di coriandoli, vengono lanciati palloncini, carta igienica, ma anche magliette, e 16

come dimenticare la famigerata piadina? Lei vola dritta sul pubblico dopo l’interessante sondaggio di Chris che non ha ben identificato la sua origine, vengono inoltre invitati tre fan a salire sul palco, uno di loro porta con se un flabongo, sapete di che si tratta? Un beer bong a forma di flamingo.
 Mentre trombe e sax alleggeriscono la polvere del Parco Pavese, facendocene dimenticare per un po’ di tempo, viene quasi spontaneo chiedersi perché non esistono più band ska nel mondo, specialmente se riescono ad incantare come i cinque della Florida. Si conclude così la prima giornata di questa terza edizione del Bay Fest. L’adrenalina è tanta, si prova a scaricarla cantando sul dj set del Beky Bay, si cerca un posto dove dormire, perché la povertà si fa sentire e la sabbia di Bellaria sembra incredibilmente comoda, e ci si riposa per l’arrivo della seconda giornata, seconda giornata che ha avuto dell’incredibile.


Mazapegul 7 Nodi Bill Hart's Favourite Un Marinèri Imbarigh A E Ziznatich Voglio Il Nome Galway Girl Mio Fratello Motivo Per Restare


Forever Sad Sycophant Hinged By Spine Sister In Christ You're Boring Victim To Be Snowflake

I Love My Kennel The Flu Partidge Cumshots Judi Is A Punk Breakfast GreenStar


Inferno You Don't Your Enemy You Are The Victim Power My Boss Joe's The Best The Avenger We Shall Overcome

Bastard Still Screaming No Card Start A Fight Police, Police Politicians The Jurassic Hounds You're Fired Nihilist Hate Trust Me Tired And Furious Sono Morto Raw Power Anger You Were Right Our Oppression Mine To Kill Certain Kind Of Killer Fuck Authority State Oppression


Since '92 Growing Older Love Story Whatever Can't Bring Me Down Waiting For The Catering Throw Away Society

The Sound Of Silence Walking On Air Magic Hairspray Snowboard Lonely & Burning Car Race Trapped Libertea

7 Years Alcohol African Song


All My Best Friends Are Metalheads Sugar In Your Gas Tank Nervous In The Alley Last One Out Of Liberty City Dopeman Johnny Quest Thinks We're Sellouts

Look What Happened Automatic Good Enough Overrated Bomb Drop

Scott Farcas Takes It On The Chin How's My Driving, Doug Hastings? P.S. Shock The World Rock 'n' Roll Pizzeria Plastic Cups Politics The Science Of Selling Yourself Is Short The Ghost Of You And Me


Finisce la festa al Beky Bay e ci avviamo alla ricerca di un posto dove dormire, dopo un’ora di dormita in prossimità dell’ingresso del Bay Fest delle radioline che i nostri cervelli collegano immediatamente alla polizia risuonano nell’aria, fuggiamo verso la spiaggia, più umida, ma di sicuro più nascosta, e così ricarichiamo le nostre batterie tra pozze di birra e bicchieri vuoti. L’alba arriva troppo presto e la luce disturba il nostro sonno, così dopo aver recuperato le forze per alzarci andiamo alla ricerca di un bar ed ecco una pasta fatta a posta per me: crema gialla e frutti di bosco, si perché ho un’ossessione per i frutti di bosco. Fatto il pieno di caffè ci sentiamo finalmente pronte ad affrontare la giornata, ci diamo una lavata al bagno del bar e corriamo in spiaggia per un bagno, il mio orecchio non è del tutto d’accordo al tuffo in mare, ma poco importa, bisogna trovare un modo per passare il resto della giornata fino all’apertura dei cancelli. Vi risparmio ciò che succede il resto del tempo, basti sapere che si incontrano vecchi amici, ci si brucia i piedi sulla sabbia, si mangia piadine 22

e si arriva allo stesso punto del giorno precedente: la fila. Che gli headliner abbiamo un nome leggermente più altisonante si avverte già dalla presenza di qualche testa in più davanti le transenne, ma l’organizzazione si dimostra ancora una volta una delle migliori in cui mi sia mai imbattuta e si entra presto. Il secondo giorno si apre con Linterno, band hardcore punk di Bologna, e se bisogna supportare la propria scena devo dire che vedere dei concittadini sul palco del Bay Fest fa piacere.
 L’hardcore non è propriamente genere nelle mie corde e forse non mi stancherò mai di dirlo, ma loro mi hanno convinto. Sonorità leggermente più fresche e melodiche, sporcate con qualche influenza all NOFX e Bad Religion. Unica pecca la voce di Matteo, secondo me non propriamente adatta al genere e non particolarmente piacevole, basta di sicuro lavorarci su perché il potenziale c’è e non è indifferente, saperlo sfruttare, sopratutto su un palco così grande, capisco non sia facile. Viene tagliato il loro set, i tempi sono strettissimi, non posso biasimare l’organizzazione, ma non è mai una cosa troppo piacevole a cui assistere. Direttamente dalla West Coast arrivano i 7Years. No, non sono


californiani e non arrivano da Seattle, la loro città d’origine è Livorno. Dopo l’incredibile feat con Joey Cape dei Lagwagon nel loro ultimissimo lavoro in studio, Lifetime, giungono sul palco del Bay Fest e lo divorano. Sonorità fresche e spumeggianti che hanno rinfrescato l’aria di Bellaria Igea Marina facendoci godere di un live di ottima qualità, loro sul palco ci stanno bene e la cosa è difficile da obiettare. E’ il turno degli Andead, capitanati dalla voce profonda di Andrea Toselli. In campo da 10 anni e forti della loro ultima release IV The Underdogs, salgono sul palco in gilet in jeans nero. Dai commenti che le mie orecchie hanno percepito in giro la prima impressione che hanno dato era quella di una band costruita sulle apparenze e sul vestiario, ma per chi li conosce sa che l’aspetto centrale degli Andead sono sonorità punkeggianti, con influenze che spaziano da Sum 41 a Beastie Boys, e testi profondi. La loro punk rock revolution non delude, mi sorge il dubbio che la mia obiettività sia stata accecata dalla 14enne che c’è in me, ma a mente lucida devo dire che non è mancato nulla alla loro esibizione, tra discorsi iconici e canzoni convincenti, non mi hanno deluso, ognuno ha i suoi gusti d’altronde.

Ci si prepara per l'arrivo degli Shandon e non riesco a fare i salti di gioia. Li ho visti per la prima volta agli I-Days in occasione di Rancid e Green Day e non mi avevano convinto, le cose non sono poi cambiate. Amo lo ska, amo ballare, ma faccio anche molto caso all’atteggiamento che una band porta sul palco e se agli I-Days Olly se n’era uscito con un “Facciamo finta di essere ad un concerto punk” con riferimento a chissà chi, questa volta ci “incanta” con un discorso iconico su quanto la musica elettronica faccia schifo, non voglio stare qui a sindacare, ognuno ha le proprie opinioni, ma questa l’ho trovata fuori contesto e superflua. Tornando alla musica, che ammetto essere più importante del resto, gli Shandon sono una band di tutto rispetto, ottimi musicisti, Olly ha una gran voce e la loro esibizione è completa e regala sempre un buon intrattenimento. Molto bello e degno di nota l’ormai tradizionale omaggio a Tina Turner con la cover di Rolling On The River. Tornano in Italia i beniamini di Santa Cruz, e non sto parlando del noto marchio, ma della soleggiata città californiana. I Good Riddance si appropriano del palco dando il via alla staffetta dei grandi nomi della seconda giornata. 23


Già alla prima canzone il pogo si scatena ed una nube di polvere finisce dritta dritta nei miei polmoni che ormai avranno lo stesso colore del terreno del Parco Pavese. Energia, vitalità e quel pizzico di anarchica ribellione che sapevo avrei trovato nel loro live, ovviamente promossi a pieni voti. Il biondissimo Russ, in compagnia dell’omone Chuck, guida la band in una scaletta da brivido, veloce ed accattivante. L’empatia che si crea tra band e pubblico si avverte dalle urla e l’atmosfera si fa un po’ più magica. E’ l’ora di prepararmi per uno show che attendevo da praticamente un anno. I bravi ragazzi della crew con una velocità degna di nota preparano il palco per i Pennywise, che più che incutere terrore, come il celebre personaggio di Stephen King, divertono e incantano con la loro esibizione. Jim e il suo cappellino saltano da una parte all’altra, sprigionando un’energia che riflette tutta sul pubblico che si scatena tra circle pit e stage dive. Anche se per molti la cosa ha più una connotazione negativa che altro, i Pennywise hanno omaggiato alcuni degli artisti che li hanno spinti ad intraprendere la carriera di musicista con un’escalation di cover: TNT, 24

Blitzkrieg Bop, (You Gotta) Fight For Your Rights (To Party), Stand By Me. Ho apprezzato la cosa, d’altronde credo che un po’ tutti noi fossimo sotto quel palco perché una TNT risuonò, anni prima, nelle nostre orecchie. L’aria si fa effervescente, perfino la polvere sembra pronta per l’arrivo dei padri fondatori del punk rock, si perché l’ultimo cambio palco della giornata è dedicato a coloro che per quasi quarant’anni hanno avvicinato sempre più gente al punk rock. Ricordo quando ritrovai in questo genere tutto ciò che mancava nella mia adolescenza, ricordo quando vivevo crogiolata nell’impellente bisogno di ribellione e ricordo quando un semplice nome come Agnostic Front, Anti-Flag e Bad Religion, bastava per farmi dire “si, è ciò di cui ho bisogno”.
 E proprio i Bad Religion sono i protagonisti dell’ultimo show della giornata, arrivano sul palco pronti a far compagnia ad un pubblico sempre più ammassato contro le transenne. E se il ponte dalla paleontologia al punk rock sembra impossibile da attraversare, il prof Greg Graffin ci insegna come fare, fugge da una lezione all’UCLA e arriva al Bay Fest in polo nera, occhiali da vista e capello bianco. Con dei mostri sacri come i Bad


Religion ad insegnarci come va fatto il punk rock sembra quasi di essere all’università, solo con transenne al posto dei banchi e cori urlati a squarciagola al posto di letture di saggi. La scaletta è pressoché perfetta, loro sono pressoché perfetti e lo show che ci offrono è pressoché perfetto. Nulla da rimproverare, nulla da cambiare, in assoluto la migliore esibizione della giornata, non che nutrissi dubbi a riguardo. Forse la verità è che devo ancora realizzare di averli finalmente visti live, ma tutto ciò che mi resta da dire è grazie. Finisce anche il secondo giorno e aumenta un po’ l’amarezza per l’arrivo della fine di questa tre giorni, sono una ragazza ansiosa, concedetemelo, ci avviamo verso il nostro umido letto di sabbia e riposiamo, o almeno ci proviamo, che non è di sicuro finita qui.

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Garish End As In Hell The Road Judge And Jury The Wolf We Want More


Lifetime All Alone In The Name Of What Never Down Here And Now Shape Without Form Tell Me A Story


I See These Bombs Cashin' On My Blood Me vs The Outside World She Don't Care True Sound Of Liberty

Hoax Not Giving Up Punk Rock Revolution


Washin' Machine A Knightly Forest Tony Alva Skate Ska Rolling On The River Proud Mary

Ruvida My Friends Janet


Heresy, Hypocrisy, And Revenge Libertine A Credit To His Gender Letters Home Half Measures Blue Black Eyes Salt Shadows Of Defeat

Dylan Disputatio Mother Superior United Cigar Dry Season

One For The Braves Trial Of The Century Without Anger Fire Engine Red Flies First Class Last Believer Shit-Talking Capitalists


Wouldn't Be Nice Fight Till You Die Can't Believe It My Own Way Perfect People Fuck Authority Blitzkrieg Bop TNT (You Gotta) Fight For Your Rights (To Party)

Pennywise Same Old Story My Own Country Peaceful Day As Long As We Can Stand By Me Society Bro Hymn


American Jesus New Dark Ages Do What You Want Atomic Garden Let Them Eat War Stranger Than Fiction Along The Way Conquer The World Fuck You Streets Of America

Modern Man No Control Recipe For Hate Against The Grain Come Join Us Anaesthesia L.A. is Burning 21st Century Digital Boy

Generator Sorrow You Punk Rock Song Handshake Infected Fuck Armageddon This Is Hell


Bella la scaletta e ottima presenza scenica, non mi hanno per nulla deluso, anzi li ho trovati piacevolmente convincenti e travolgenti. Il terzo ed ultimo giorno giunge indisturbato con un’alba che ha del magico. Solita sosta al bar per una pasta e un buon caffè e si ricomincia con la routine di questo Bay Fest: tintarella di ombra, chiacchiere, piadina, una bella ripulita, birrette fresche e fila. L’atmosfera è frizzante, molte sono le facce viste nei giorni precedenti, ma spunta anche qualche viso nuovo probabilmente in trepidante attesa per gli headliner della serata. Si entra, puntuali come un orologio svizzero, e ci si avvia sottopalco, pronti per il primo artista della giornata. Si parte con una band che ho avuto il piacere di vedere precedentemente live. Li ho conosciuti al Dynamatic di Bologna e mentre lì i Lineout si esibivano tra biciclette e poltrone vintage, questa volta li ritroviamo su un palco fatto e finito a mostrarci cosa son capaci di fare. Il tempo a disposizione è poco, ma i cinque milanesi riescono a mettere su uno show degno di nota. Intravedo tra le prime file il loro modesto fan base con tanto di maglia e la cosa mi fa davvero molto piacere.

Quando si parla di punk all’italiana sono molti i nomi che vengono in mente e tra i soliti, e più conosciuti, Punkreas e Derozer si fanno largo, con modestia, le Cattive Abitudini. Quando li ho visti la prima volta, in occasione del Rock In Valley Vol. 2, non mi avevano convinta, mi avevano quasi annoiato, ma grazie alla loro esibizione al Bay Fest mi sono del tutto ricreduta e ho ritrovato in loro e nella loro musica un vero e proprio amore. Il loro show è stato elettrizzante, impossibile non cantare a squarciagola i ritornelli di canzoni come Quello Vero. Energia pura e tanta simpatia, senza ombra di dubbio l'esibizione migliore del fronte italiano dell’ultima giornata. Arrivano quelli che molti definiscono la miglior pop punk band italiana, quelli con sonorità alternative e a detta di molti rasenti all’emo. I Vanilla Sky arrivano sul palco con l'atteggiamento di una show band, chiacchiere e battutine, ma nel complesso il loro live risulta leggermente piatto. Hanno qualche problema tecnico, 33


nulla di irrisolvibile e nulla di imputabile a loro, non so se la cosa ha gravato sull’esibizione, ma non mi è piaciuto ciò che ho visto e devo ammettere che anche ciò che ho sentito non era di altissimo livello. Le canzoni non mi convincono, non ho mai approfondito il loro ascolto, ma non ho trovato nemmeno un pezzo che mi abbia entusiasmata, insomma non mi è rimasta la voglia di andarmi ad ascoltare qualche loro brano. Il pubblico però gradisce, certo la cosa non vale per tutti e sento anche qualche "Che c’entrano con le altre band?”, effettivamente il genere si distacca leggermente dal resto, ma anche loro mi sembrano in un ambiente non propriamente adatto, tanto che Brian chiede al pubblico se sa come si fa un circle pit. Caro Brian, sono due intere giornate che la gente corre a cerchio a ritmo di musica, però per questa volta ti perdoniamo. Che la California sforna, ha sempre sfornato e sempre sfornerà, alcune delle più grandi band della scena punk rock è verissimo, e proprio da Orange County arriva un’altra perla: Ignite. Velocità, energia e un marcato spirito politico, questo è ciò che Zoli e compagni portano sul palco. Ripercorrono la loro discografia con una scaletta che ha per me dell'incredibile, anche se non sono 34

del tutto ferrata sulla loro produzione musicale, quindi potrei anche sbagliarmi. Molto interessante la loro versione hardcore, ma pur sempre melodica, di Sunday Bloody Sunday. Di sicuro promossi a pieni voti. E’ l'ora di mettere da parte ogni freno inibitore e di prepararsi all'arrivo della band politicamente più impegnata nello scenario del punk rock. Direttamente dalla Pennsylvania, con la loro bandiera rovesciata, arrivano gli Anti-Flag, cuore pulsante di questa tre giorni. Si, perché se i Less Than Jake hanno divertito, i Bad Religion sono dei mostri sacri, e gran parte delle persone attaccate alle transenne fosse lì per i Rise Against, sono stati proprio gli Anti-Flag i vincitori del palio del punk rock, senza troppi fronzoli e troppi commenti. Il loro è uno show, uno di quelli show spesso criticati per le troppe parole tra una canzone e l'altra, uno show che intrattiene, con tanto di cori del pubblico e 1,2,3,4. L’energia che si sprigiona è unica, insormontabile, è un qualcosa difficile da non apprezzare. Tra pezzi iconici e cover di Chumbawamba, Justin e Chris saltano senza sbagliare una singola nota, se non è magia questa ditemi voi cos'è. Quando pensi di aver visto tutto dalla loro esibizione ecco che Chris e Pat si buttano in mezzo al pubblico e, come in un’unica voce,


gli oooh di Branderburg Gate si levano dal Parco Pavese per chiudere l’esibizione migliore di questo Bay Fest. Non mi sembra di dare a loro, e alla loro esibizione, giustizia con queste poche parole, per me è stato tutto fin troppo travolgente, nemmeno l'orecchio dolorante è riuscito a fermarmi dal buttarmi nel pogo, solo chi era lì può capirmi. Penultimo gruppo della giornata, ma anche della terza edizione di quest'esuberante Bay Fest: Face To Face. E’ dura concentrarsi su un altro gruppo dopo essere stati caricati a molla da Chris e soci, ma ci si prova e con un lieve scoppio ritardato si riesce a godersi anche quest’esibizione. Il pogo ha stancato, ma ci si ricarica in fretta e già alla terza canzone l'apprezzamento del pubblico si fa sentire. I cori vengono cantati pressoché da tutti e il loro live risulta pulito ed accattivante, nonostante fosse difficile rimarcare il territorio degli Anti-Flag, i Face To Face ci sono riusciti, lasciando il ricordo di un’avvincente hardcore melodico fatto di pochi tecnicismi, ma tante emozioni, questa è la musica che ci piace. E‘ il turno degli ultimi headliner del Bay Fest, coloro che, a discapito

delle mie aspettative, son stati forse la band con maggior richiamo di questa tre giorni. Vengono montati schermi e la scenografia si fa più articolata, cosa che a mio parere è un po’ un pugno nell'occhio in questo tripudio di punk rock, non li ho trovati necessari, come non ho trovato necessario l'intro così prolungato, i vari spezzoni e tutte queste coreografie musicali. Arrivano con un lieve ritardo i Rise Against e il pubblico senza aspettare l’invito di nessuno si scatena, devo ammettere che non sono mai stata una loro grande fan e non li avevo mai visti live e le mie aspettative erano proiettate su tutta un’altra cosa. Anche in questo caso si tratta di uno show, ma molto più costruito. Mi hanno annoiato, non posso prendervi in giro, non me ne vogliano i fan più accaniti, ma mi è sembrato quasi come se abbiano spezzato quel filo conduttore che avevano iniziato a tessere i Lennon Kelly e che avevano continuato a tessere i precedenti Face To Face. Non il peggior live del Bay Fest, ma comunque un’amara delusione, spero che potrò ricredermi in futuro. Finisce così una tre giorni che ha dell’incredibile, o meglio finisce quasi così: ultimo live, si, ma è pur sempre ferragosto e la festa non può finire con qualche viso stanco che si avvia 35


verso l’uscita del Parco Pavese, così tutti al Beky Bay per l’ultimo after fest. Tanta buona musica, esordisco con un “potrebbero mettere i Punkreas” e proprio mentre sono chiusa nei bagni sento risuonare Il Vicino, conclusione perfetta per un festival perfetto. Complimenti agli organizzatori, che hanno messo in piedi una tre giorni di tutto rispetto, cresce di anno in anno la loro line up e a noi questo può solo far piacere, ho apprezzato in particolar modo la security che non si è posta con arroganza, ma che anzi ha scherzato con quei pochi che venivano lanciati sotto il palco dopo lo stage diving. Bravi tutti, bravi tutti coloro che sono riusciti a creare un'atmosfera pacifica all’interno del Parco Pavese, evitando quei malintesi e quelle moine poco gradevoli a cui spesso assistiamo ad eventi così grandi, altri mille di questi Bay Fest, ci vediamo l’anno prossimo. Aspetti negativi? L’acqua era davvero cara.

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Marcallo Is SHIT! Guardians Of Punk Rock Drunk Messiah Anatolian Nights Rich Boys


Quello Vero Cofi Sciop E Rabbia Sia Il Male Assoluto Ogni Volta Viva La SinceritĂ


Nightmare Invincible Just Dance 10 Years Break It Out


Poverty For All Veteran This Is A War Let It Burn Know Your History My Judgment Day

Embrace Run In My Time Screaming For Change By My Side Who Sold Out Now?

Nothing Can't Stop Me A Place Called Home Sunday Bloody Sunday Fear Is Our Tradition Live For Better Days Bleeding


The Press Corpse Cities Burned Fabled World Turncoat Die For The Government Fuck Police Brutality 1 Trillion Dollar$ Broken Bones

Tubthumping I Get Knocked Down This Is The End (For You My Friend) All Of The Poison, All Of The Pain This Machine Kills Fascists Brandenburg Gate


You've Done Nothing Bent But Not Broken You Lied Ordinary Walk The Walk Blind I Won't Say I'm Sorry

Complicated Bill Of Goods A-OK I Won't Lie Down I Want Velocity Doubled Crossed

It's Not Over I'm Trying Disconnected


Re-Education The Good Left Undone Satellite The Violence Like The Angel Collapse

Give It All Welcome To The Breakdown Survive Ready To Fall

Swing Life Away People Live Here Hero Of War Wolves Prayer Savior


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piace o che mi è del tutto indifferente. Il disco parte più aggressivo del precedente con una title track ben studiata, ha un qualcosa che si allontana leggermente dal Ramonescore del precedente EP e abbraccia un po’ di quel suono punk all’inglese, quello cattivo, quello che a tratti non riesco a reggere, ma che loro hanno dosato bene. Approvatissimo il testo breve, conciso, ma profondo, un po’ meno apprezzati i coretti sul ritornello che hanno distolto leggermente la mia Tornano in tempo record gli amici londinesi BarCreeps, coloro di cui non attenzione dalla canzone. La seconda traccia ci regala 46 si conosce il volto, coloro che abbiamo imparato ad apprezzare con secondi di puro hardcore punk, approvata a pieni voti, è stata una la precedente, e omonima, uscita di delle poche volte che sono riuscita ad gennaio. Al precedente EP di tre tracce incisive, veloci e aggressive al apprezzare una canzone di questo punto giusto, si accostano altre nuove genere. Dalla terza traccia la band abbraccia cinque tracce racchiuse nell’EP nuovamente le sonorità BattleAxe. Mi chiedo perché abbiano Ramonescore, lo sentiamo sopratutto fatto uscire due EP nel giro di così nel cantato di Grey Goo che risulta poco tempo e non abbiano apatico e trascinato, non posso condensato le tracce in un unico full negare che da questa traccia in poi lenght, ma non stiamo qui a ho apprezzato molto di più ciò che ho sindacare: che escano in un EP, che sentito, gusti personali, senza alcun escano in un album o come rock dubbio, ma quel bridge lento e pulito opera poco importa, il prodotto è mi ha fatto letteralmente innamorare. valido. Mentre il mio amore per il precedente Su Troll nulla di particolare da dire, bello il messaggio di fondo, come lavoro si è piacevolmente e nella gran parte delle loro canzoni, apertamente manifestato mi preparo bella la visione che i BarCreeps ci per il nuovo ascolto, probabilmente offrono sulla società attuale, è una quello decisivo, quello che mi dirà se delle cose che mi ha sempre sono una band che realmente mi 47


convinta di più della loro produzione. Like You Better chiude il disco nel migliore dei modi: è più fresca, i riff di chitarra sono più leggeri e nel complesso la traccia mi ha strappato un sorriso. Take the tags off your back Redefine what your life lack The sky is blue, but blue is black Break the rules, they’re there to smash Innamoratevi anche voi della critica sociale e della leggerezza con la quale riescono ad affrontare tematiche a cui molti artisti nemmeno si avvicinano, ne varrà la pena.

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non è da tutti riuscire a buttar fuori una traccia del genere. Fin dai primi accordi di Boomdoggle ho avvertito una strana sensazione, come se le loro sonorità mi ricordassero qualcosa e finalmente arriva Last Call a rispolverare quelle sonorità che ho tanto amato quando gli SWMRS erano ancora Emily’s Army, quando io avevo ancora 14 anni e quando delle band emergenti, ad esser sinceri, sapevo ben poco. Punto più forte dell’album gli sprizzi di ska, ben lavorato e ben amalgamato Non ho la più pallida idea di come alle sonorità punk rock, non una band greca sia venuta a nostra conoscenza, ma sta di fatto che il loro aspettatevi comunque un punk rock album è finito dritto dritto tra quelli da old school, è fresco e frizzante, l’album perfetto per un’estate afosa, a recensire e la cosa non avrebbe mio parere uno degli album meglio potuto farmi più piacere. Boomdoggle è un full lenght di undici riusciti degli ultimi anni. tracce tutte ben legate tra loro, seppur Punto a favore per il cantato che è uno dei miei preferiti tra gli ultimi in varie. cui mi sono imbattuta, mi ricorda Track 33 si apre con un intro che quelle vocalità trascinate della nuova sembra un miscuglio tra interviste e ondata di punk rock californiano, promo sul nuovo album degli sapete che ho un debole per quel Overjoyed, è una canzone punk rock fronte musicale, quindi è quasi in piena regola con qualche evidente scontato che vi dica che per me influenza ska nel mezzo, cosa che Boomdoggle è l’album migliore che secondo il mio parere non guasta abbia ascoltato in quest’estate, mi mai. rammarico solo del fatto di esserne Young And Cheesy è probabilmente venuta a conoscenza a quasi un anno la mia traccia preferita, mi ha incantato fin dal primo ascolto e il mio dalla sua uscita. amore nei suoi confronti non si è affievolito nemmeno un istante, poi ho letto il testo, non potevo trovare nulla di più adatto a me, ottimo lavoro, 49


Intanto ciao, molti sanno chi sei, qualcuno invece no, quindi siamo qui per fare due chiacchiere, intanto perché se un rivale come Snafu arriva ad intervistarti dobbiamo farlo anche noi, senza nulla togliere a quei bravi soldatini, ma noi ovviamente siamo più brave, e poi perché sei un personaggio che ci ha sempre incuriosite e con cui, da ciò che ti abbiamo sentito dire, pensiamo di avere qualcosa in comune. Sei nato musicista, già da adolescente hai cominciato a militare in diverse band, dai Rosko's agli ANDEAD. Loro restano un punto fisso nella tua carriera ed è un progetto rimasto in piedi nel tempo, progetto che tra l'altro vanta diversi traguardi e la firma con la Rude Records. Successivamente è iniziata la tua carriera come DJ e sembra che qui si complichino le cose. Poi hai fatto un tour con Marky Ramone e hai rilasciato un singolo Punk Rock Saved My Soul, cose che hanno suscitato parecchio sconforto nella scena punk rock italiana. Senza dilungarci oltre partiamo con la prima domanda. Intanto ti andrebbe di parlarci un po' degli ANDEAD? Avete fatto un ottimo percorso e avete raggiunto dei 50

traguardi non indifferenti. Cambieresti qualcosa della vostra carriera o semplicemente aggiungeresti qualcosa che non avete ancora ottenuto? La band esiste da 10 anni, quindi il percorso ci ha reso quello che siamo oggi. Ognuno dei primi tre album era parte di un concept, alla base del quale c'era la volontà di non lasciare che il contesto musicale costringesse le band a smettere di suonare. In passato, per far arrivare certi concetti, abbiamo usato la similitudine con il mondo dell'horror: l'artista è un "non morto" che non si arrende, che vuole esistere. Avete diviso il palco con molti artisti importanti, Sum 41 per citarne uno, e siete giunti a festival come il Bay Fest, com'è stato per voi? Avete qualcosa di curioso da raccontarci, come qualche aneddoto divertente? Condividere il palco del Mediolanum Forum con i Sum 41 è stato significativo perché risultato di un processo veramente "normale", anche se perpetrato in un contesto quasi mainstream; avevo dato loro


un nostro album nell'agosto del 2016, quando suonarono al Carroponte di Milano. Il loro manager lo ha conservato e ascoltato; sapendoci di Milano e avendo trovato la nostra proposta interessante, hanno deciso di invitarci ad aprire con loro. La proposta è arrivata durante una cena, dopo che ci eravamo incontrati in radio, se me lo avessero chiesto in quella situazione mediatica, avrebbe avuto il retrogusto da "marchetta". Così è stato reale e sincero. Ogni volta che ci capita di condividere palchi con artisti internazionali, impariamo qualcosa da loro e ne facciamo tesoro: dalla gestione del palco, al warm up pre show, fino alla gestione dell'attrezzatura e del merch.

Nonostante tu sia entrato pienamente nel mondo del mainstream, gli ANDEAD ancora militano nel mondo dell'underground, è una scelta o ancora non avete trovato il modo di sbancare la concorrenza? È una scelta. Un gruppo come gli Andead non ha e non cerca di arrivare ad ottenere le caratteristiche tali per potersi affacciare al mondo mainstream. Alcuni brani sono più accattivanti, ma restiamo un gruppo punk rock, con tutti i pregi e i limiti del genere. Prossima band per cui vorresti suonare come opener? Rancid. Sono un enorme punto di riferimento per me. Ci chiesero di prendere parte ad I-days, ma la radio era una presenza troppo ingombrante in quel contesto e ho preferito non farlo. Sei stato pesantemente criticato per il tuo percorso artistico, Snafu ti ha messo sotto torchio formando due schieramenti: quello di gente come te che è entrata nel mainstream del punk rock (anche se per molti le due cose non possono essere legate), e quello di coloro che si reputano i veri punk rocker del ramonescore. Ti senti mai come se il tuo fare carriera ti stia chiudendo le porte della scena in cui sei nato e cresciuto? 51


Questa scena presenta enormi falle dal giorno 1. In Italia, appena è cominciato a circolare il termine "punk" abbiamo assistito a comportamenti che poco avevano a che fare con quel concetto di libertà tanto veicolato dai gruppi esteri. Dal "terzo grado" che bisognava sostenere per suonare al Virus (me lo ha raccontato chi ci ha suonato), agli atteggiamenti "ramonescore" più oltranzisti, questo paese non ha mai realmente accettato a piene mani il concetto di "non avere regole" che il punk vendeva come manifesto. Se questo è il presupposto, non posso certo sorprendermi del fatto che non ci sia l'apertura mentale per comprendere che il lavoro di un individuo non basti a definirlo; così come non pretendo che i "totalitaristi del punk" capiscano quanto sia importante citare questa sotto coltura anche in ambito mainstream, proprio per offrire un'alternativa a chi ascolta solo un determinato genere di rock. Ti abbiamo sentito parlare più volte di chiusura mentale, e non ce ne vogliano i nostri amici ramonescore, ma abbiamo concordato spesso con te; quanto conta secondo te l'apertura mentale per arrivare nel mondo mainstream? Ma sopratutto quanto conta per la propria personalità? Ho risposto in parte prima a questa 52

domanda. Chi lede alla nostra libertà di espressione non accetta la nostra personalità differente. Ovvero fa esattamente il contrario di ciò che il punk si professa di essere. There's a real cool club and you're not part of it diceva qualcuno, giusto? Ma forse anche lui, come Marky Ramone, per i nostri amici non è un vero punk. Molti si lamentano del fatto che la scena punk rock resta di nicchia, che nessuno ascolta album di tutto merito come All Is Well o We Are On A Mission, o che ai concerti si vedano le solite facce. Pensi che se le cose cambiassero sarebbero davvero felici di vedere band come Massoneria Ramonica o Volkov a festival mainstream come il recente I-Days, o per restare più in piccolo al Bay Fest? Assolutamente no. Nessuno di loro vorrebbe salire su quei palchi. Nessuno di loro vuole realmente porsi davanti ad un pubblico che non sia il loro piccolo e selezionato numero di supporter a prescindere. Non sono pronti per quei palchi e quel pubblico non è pronto per loro. Però gli Andead stanno organizzando di suonare al Taun con la Massoneria in apertura. Ultimamente esistono segnali d'apertura (che dopo questa dichiarazione verranno prontamente smentiti).


Ti va di darci il tuo parere su questi IDays? Artista migliore e artista peggiore? Le recensioni su Facebook superano raramente una stella, secondo te è stato un festival ben riuscito? E del Bay Fest cosa puoi dirci? I-days ha portato i Rancid in Italia e in quel contesto hanno proposto una scaletta da panico. E basterebbe questo. Il festival è super pro; nomi estremamente validi che hanno regalato performance di altissimo livello. Bay Fest è più piccolo ma fatto con molto più cuore da tanti ragazzi che conosco personalmente. Questi grandi eventi portano i nuovi giovani ad avvicinarsi al genere, nella speranza che poi possano sostenere anche gli eventi più circoscritti. Pensi che coloro che cercano di espandere la scena facciano del loro meglio o in fondo sono felici del loro pubblico di nicchia? Ci sono bisogni differenti per pubblici e musicisti differenti. Io, non avendo avuto fratelli maggiori o amici più grandi che mi instradassero alle sotto culture, se non avessi visto i video di I Don't Wanna Grow Up e Basket Case su VideoMusic non avrei avuto possibilità di avvicinarmi al genere e di trovare la strada che ancora

oggi percorro con trasporto. Per questo credo sia importante dare un segnale nel mainstream; possono esistere tanti ascoltatori bisognosi di un messaggio più consistente rispetto a quello degli AC/DC. Poi c'è chi sta bene nella nicchia e li rispetto. Ma l'apertura mentale è ciò che rende i punk rocker, in teoria, più intelligenti dei seguaci delle supremazie di genere. Le critiche che ricevi sono mai costruttive? A volte si; ne faccio tesoro e cerco di metterle in pratica. Hai anche qualche fan? Molti più di quanto i blogger di cui mi parlavi prima possano pensare. I miei supporter sono i veri Underdogs, perché non fa figo essere fan di Andrea Rock, ma quando mi incontrano è difficile che restano delusi dalla persona che incontrano, dietro a quel nome tanto disprezzato. Quali sono le migliori band della scena mainstream? E quelle della scena underground? Rancid, Social Distortion, Dropkick Murphys Vs Face Your Enemy, Slander, Strenght Approach. Chi ha vinto l'ambitissimo premio "Vero Punk 2017"? È un premio che non ha senso. 53


Ma dallo a qualcuno di Snafu o Massoneria così possono fare come Gue Pequeno su Instagram. Curiosità personale ed unica domanda legata a Virgin Radio: chi è più pazzo tra Ringo, Giulia Salvi e Henry Ruggeri? Forse ancora Ringo. Un consiglio a due ragazze come noi che cercano di raggiungere il tuo mondo? Non fatevi troppe pippe sul discorso underground vs mainstream. Non ha senso, non serve a nulla e non aggiunge niente. Lavorate con passione, cercate di aggiungere

qualcosa a ciò che esiste e ne uscirete vincitrici. Per finire, sembra che tu sia rimasto fedele alle realtà underground, di fatti ti sei mostrato disponibile ad un'intervista con noi, è solo un'apparenza o ci sarai sempre per la scena che ti ha permesso di arrivare dove sei? La scena per me non c'è mai stata, ma io ci sarò sempre per la musica che mi ha salvato la vita. Ps: Tornando alla tua introduzione... Punk Rock Saved My Soul è un brano che molti dei tuoi lettori avrebbero voluto scrivere.


Reduci dal Punk Rock Raduno decidiamo di prendere parte anche alla seconda edizione del Rock In Valley, prima di prenderci una pausa estiva dai live, così partiamo da Bologna grazie agli amiconi Spaventapassere che ci caricano in macchina e ci portano con loro fin su alla Valsugana. Arriviamo leggermente in ritardo sul luogo dell’evento, causa ritardi autostradali, ma anche causa indicazioni sbagliate. Ed ecco la prima pecca dell’evento: okay che siamo nel 2017 e i navigatori fanno miracoli, ma almeno bisognerebbe dare coordinate un po’ più specifiche di “Pineta, località Lochere”, non che la gita in mezzo ai frutteti ci sia dispiaciuta, anzi. La giornata sembra iniziare già male d’altronde, come saliamo in macchina ci informano che i Rumatera non suoneranno, il motivo potrei anche diffonderlo, ma per evitare il classico “le voci che ti sono giunte sono sbagliate” e uno scontro che durerebbe un’eternità, vi dirò semplicemente che se avete visto il palco sul qualche avrebbero dovuto esibirsi non vi ci dovrebbe volere molto per arrivarci da soli. Questo, purtroppo, credo non sarà il mio solito raccontino sull’evento, le band sono state impeccabili, non

ho quasi nulla da rimproverare a nessuna di quelle che si sono esibite, ma la mia delusione nei confronti dell’organizzazione è talmente grande che ho deciso di farla prevalere su tutto il resto, d’altronde non sono un pozzo di simpatia, si sa. Appena sono venuta a conoscenza dell’evento ero elettrizzata, la line up aveva dell’incredibile: Deiezione, Daily Crunch, Blockheads, Thee Loyal Wankers, Psycoanalisi, The Vega Brothers, Spaventapassere, Latebra, Respiro Nocivo, The Dinasyt, The Atom Tanks, The Vaseliners, FDP, My Own Voice, Cattive Abitudini, Slander e Rumatera. Ma non illudetevi che la line up sia stata effettivamente questa, molte le band che non si sono esibite oltre i Rumatera, cosa sarà successo? Non importa, è già un flop in partenza.


La location è suggestiva, una radura di fianco ad una bellissima pineta (almeno la pineta c’era davvero!), ma è davvero organizzata male: partiamo dai pochi stand, se pensate che per esporre su un banchetto il proprio merch bisognava pagare ben 20 euro, quando ad eventi come il Punk Rock Raduno non chiedono nemmeno un centesimo, non è difficile intuire il perché; il palco era piccolo e troppo essenziale, non aveva nemmeno una copertura, mi chiedo come sarebbe finita la strumentazione in caso di pioggia; non ho visto nemmeno un bagno chimico e ho provato anche con un cannocchiale, e okay che c’era l’albergo proprio di fronte la radura, ma la notte ha chiuso i battenti, e okay che siamo in campeggio, ma anche nelle zone camping ci sono i bagni chimici.

Fine delle lamentele sulla location, ma se pensate che i problemi finiscono qui mi tocca deludervi. Certo il pubblico si è divertito, ma io non sono riuscita a non notare quel velo di sconforto sopratutto tra i musicisti, poteva essere un grande evento, era la seconda edizione e certi errori non riesco proprio ad ignorarli, forse si tratta di superficialità, non saprei e non mi interessa, ma ormai ho visto tante realtà underground che creano eventi del genere e non mi era mai capitato di uscirne così delusa. Non me ne vogliano quei bravi ragazzi di Teste Ribelli Records, ma per una prossima volta più accorgimenti, ma sopratutto più serietà, che l’idea di base è ottima, bisogna solo saperla realizzare. E’ la prima volta che mi trovo a dover dire una cosa del genere, ma se fosse solo per l'organizzazione non tornerei al Rock In Valley, se ci sarà una terza edizione, ma almeno dormire in tenda è stato piacevole e la musica non delude (quasi) mai.




! e i z a Gr



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