The Unknown 02

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Quando The Unknown nacque era poco più di un nome, un punto interrogativo e un'idea. L'idea era quella di dire la nostra sul mondo che ci ha fatte crescere, dire la nostra sulle band che meritano qualcuno dalla loro parte, dire la nostra in supporto alla scena, dire la nostra sulla musica. Non sapevamo da dove iniziare, non sapevamo come si facesse, e forse in effetti non lo sappiamo ancora, ma ad un anno dalla nascita di questo progetto indipendente, abbiamo finalmente trovato la strada che vogliamo intraprendere e abbiamo trovato qualcosa che ci renda orgogliose del nostro lavoro e che ci dia la forza non solo per andare avanti, ma anche per credere in noi stesse. Ringraziamo tutti coloro che hanno creduto, e che continuano a credere, in noi perché è grazie proprio a queste persone se oggi state leggendo questo, è grazie a loro se abbiamo già raggiunto tanti piccoli traguardi e ne abbiamo prefissato di nuovi. Come suggerisce il titolo vogliamo dare un consiglio a tutti coloro che stanno cercando il loro posto nel mondo (che sia il mondo del punk rock o meno).. Fate ciò che vi sentite di fare, ignorate le cattive voci, fidatevi dei vostri amici e dite sempre come la pensate, senza timore che qualcuno possa non condividere, senza timore di sentirvi fuori posto, senza timore di sbagliare, che solo sbagliando si ottiene il risultato desiderato. Insomma se state cercando il vostro posto nel mondo e non lo trovate, inventatevelo. Inoltre ricordatevi sempre.. STAY UNCOOL TO BE COOL!

Info e Contatti

Who We Are

Per informazioni, recensioni, inviti alle vostre serate e qualsiasi altro tipo di richiesta, contattateci tramite Facebook, compilando il form alla sezione contact del nostro sito o scrivete una mail a info@theunknownmusic.com

Fondatrici: Bianca Errante e Silvia Gigli Autrice: Bianca Errante Fotografa: Silvia Gigli


Reports Pop Punk Night

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Montecio Cool Kids - S03E07

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Fuck You Winter! PARTY

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No Parents

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BarCreeps

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Dinasyt

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Reviews

Interviews Orangewig

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Vietato Mancare!

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Ci si sposta in provincia di Padova per una serata all’insegna del pop punk, Well Planned Attack, Why Everyone Left e The Vaseliners si appropriano del palco del Laboratorio culturale I’m di Abano Terme per una Pop Punk Night da paura. I primi a salire sul palco sono i Well Planned Attack, siamo state particolarmente felici di averli rivisti dato che l’ultimo loro live (VIMC goes Easycore) è stato troncato sul più bello per ragioni che potete leggere sul report di quella sera. Tra le altre cose volevamo esserci poiché è stato l’ultimo live che ha visto Julien, il batterista, presente, visto che il suo 6

percorso sembra essere terminato. La scaletta non ha lasciato nulla al caso, hanno deliziato il pubblico con classici come Armed and Destroyed, Won’t Stand Down, There’s I in Win e la mia amatissima She Said She Speaks Swahili. Come da tradizione ci hanno emozionato con la loro cover di December che, non ho mai nascosto e non nasconderò nemmeno questa volta, preferisco all’originale dei Neck Deep, che i beniamini del pop punk non me ne vogliano. In chiusura I Feel Like Viktor Navorski ci carica come ogni volta, preparandoci all’arrivo dei modenesi Why Everyone Left, ma prima un abbraccio ha travolto Julien


alla fine
 del live. Li abbiamo conosciuti al Vicenza Pop Punk Summer Fest lo scorso anno, e non possiamo negare che sia stato piacevole rivederli all’azione con il loro stile fresco, talvolta rabbioso, talvolta pieno d’allegria ed energia. Spiccano in scaletta canzoni come Do It Again, che ha da poco compiuto un anno di vita, e la nuovissima Ten Thousand Times. A far da cornice due cover: Accidentally in Love dei Counting Crows e parte della colonna sonora di Shrek e I’ll Be There For You, theme song della serie

televisiva più bella che ci sia. Ad ogni modo hanno caricato tutti a dovere e il pubblico si è scatenato, pogando, saltando, facendo crowd surfare Julien e cantando insieme alla band. Ultimi, ma non per importanza i The Vaseliners, amici ormai di vecchia data che abbiamo visto live talmente tante volte da sapere a memoria non solo la scaletta, ma anche ogni mossa. One Hit Wonder, Autumn, Rollercoaster, She’s A Stalker, Tagadà, Back To The Future, titoli conosciuti e sempre ben accetti. La gente è entusiasta, si intravede anche un salto del maggiore Lupo, tanta energia da parte di Alberto, il cantante, e l’elogio al Fender Precision di Save da parte di Tony Punk non è mancato nemmeno questa volta. La serata si è conclusa con l’acquisto della maglia dei Well Planned Attack, ci siamo finalmente accaparrate pure il cd dei Vaseliners e dopo qualche


saluto agli amici presenti, un po’ di relax tra sigarette e birra, siamo tornate a casa. Devo sottolineare una cosa decisamente importante, ogni volta che finisce un live dei Well Planned Attack mi sento addosso una nostalgia immane che cerco sempre di scacciare via ascoltando Unbreakable in loop.

Ma se pensavate che il nostro weekend finisse cosÏ avete sbagliato. Sabato 18 il K2 Music Place apre le porte dell’ottavo Welcome To The Jungle e noi ovviamente non potevamo mancare. Ad aprire le danze The Vaseliners, ebbene si, nuovamente loro sul nostro cammino, ma la cosa, come


penso abbiate intuito, non ci dispiace. Secondi sul palco, direttamente da Tel Aviv, i Kids Insane con il loro hardcore punk energico, veloce, travolgente, rabbioso, potrei continuare all’infinito. Sono rimasta incantata dalla loro musica, cosa alquanto strana per me, visto che l’hardcore è sempre un genere che fa fatica ad entrare nel mio cuore, in questo caso l’imprinting è stato praticamente imminente. Non tornavano sul palco dal 2012, hanno fatto penare centinaia di persone in attesa di un loro ritorno, ed è effettivamente successo. Gli Argetti hanno fatto un reunion show dal sapore agrodolce, portando alle nostre orecchie un punk macchiato da qualche influenza indie, incanto per gli occhi e per il cuore. Ultimi ad infiammare il pubblico con il loro hardcore veneziano, gli Slander che hanno fatto del loro meglio per far scatenare gli ultimi rimasti, che di sicuro non erano pochi, e che hanno dato un assaggio di cosa sia il vero hardcore. Un altro weekend da paura è finito e si torna a casa stremati, ma serate come queste ci fanno ricordare perché abbiamo deciso di aprire questo magazine.


Ormai mi viene praticamente spontaneo chiedermi perché certi individui meritino di entrare nella nostra zine e la risposta viene quasi in automatico: idioti quanto vuoi, ma bravi come pochi. Ecco perché gli Orangewig approdano sul nostro magazine e ci regalano qualche risposta.
 A pochi mesi dall’uscita della loro seconda release, Second Part Two, ci invitano a Trissino (VI) per raccontarci qualcosa su di loro, sulla loro musica, sulle loro influenze e sul loro imminente successo. Piccola premessa prima di iniziare con le 10

domande, al nostro arrivo Simone, chitarrista, ha dichiarato di essere senza mutande. Cosa vi ha spinto ad entrare nel mondo del pop punk e perché avete iniziato a suonare? Simone: “Grazie a mio zio, lui suona la chitarra, mi ha prestato una delle sue chitarre e io già ascoltavo parecchia musica, così ho iniziato a suonare ed è successa questa disgrazia, immagino che per tutti sia stato lo stesso, tuo padre suonava, ti ha regalato uno strumento e hai


iniziato a suonare anche tu” Fish: “No. Quando ero bambino mi piaceva guardare in TV i Green Day o cazzate varie e mi sentivo gasato a vederli e ho subito pensato ‘lascia passare dieci anni e sono lì anch’io’, forse ho iniziato troppo tardi, tipo seconda o terza media, invece Jude l’abbiamo costretto noi” Jude: “No, non è vero. Mia madre cantava e canta in un coro gospel e io da piccolo andavo spesso a vedere le loro prove e ho iniziato così a cantare, anche mio fratello cantava, faceva musica rap e credo di essere stato influenzato un po’ da lui” Fabio: “Questo gruppo, sinceramente il mio genere sarebbe un altro. Però per amore del gruppo” Come nascono gli Orangewig? Simone: “In principio io e Fish eravamo in classe insieme alle superiori, all’inizio praticamente non ci conoscevamo anche perché pensavo ‘oh ma quello mi sta in culo’ perché faceva il coglione e io invece volevo seguire e ascoltare, però poi un giorno è successo che avevamo la stessa maglia degli AC/DC e lui mi ha detto ‘bella maglia’ e io ho risposto ‘anche la tua’ e da lì è nata una conformità e abbiamo scoperto che avevamo gusti simili” Fish: “Poi io ho passato un altro anno a convincerlo a fare una band”
Simone: “Il problema era che

non avevamo un batterista” Fish: “Si, doveva ancora crescergli il pene” Simone: “In più eravamo distanti e non potevo chiedere a mio padre di portarmi avanti e indietro da Trissino, poi alla fine gliel’ho chiesto, lui mi ha picchiato però poi ha detto che andava bene, poi abbiamo cominciato a fare le prove e si sono aggiunti anche Jude e Fabio” Da dove arriva il nome Orangewig? Fish: “Ci abbiamo messo tanto a cercare una storia decente per questo nome, ma non l’abbiamo mai trovata. Diciamo che stavamo pensando a dei nomi fighi, ma non ci veniva in mente niente, eravamo in camera di Simone e lui ha una parrucca arancione con la quale faceva Slash e c’è venuto in mente. Orange-Wig, Green-Day, che figata, un colore, tre lettere, è perfetto” Simone: “Si abbiamo pensato ‘siamo famosi’. Comunque il nome è nato così però tipo io adesso gli ho dato una mia interpretazione e penso che ognuno di noi lo interpreta a modo proprio. Tipo per me la parrucca arancione è il simbolo di un clown e quindi è figo perché noi siamo un po’ stupidi e quindi c’è questa connessione qui, anche se siamo stupidi la musica è figa. Comunque io non voglio cambiarlo, secondo me ci porterà alla gloria!” 11


Come nasce Nice Try? Fish: “Quando è nata la band non avevamo in mente di fare cover band, all’inizio volevamo fare solo musica nostra, abbiamo almeno provato a vedere come veniva, avevamo qualche traccia che ci piaceva e abbiamo iniziato a suonare quelle. Facevamo una canzone di tre accordi e una melodia che ci stava bene, roba da piangersi addosso da quanto ci sentivamo fighi e non sto scherzando, una volta in una canzone abbiamo aggiunto una mono nota nel finale e quando l’abbiamo fatto ci siamo guardati e abbiamo fatto ‘porca puttana che genialata’, l’ascoltavo tutto il giorno. Poi Fabio si è innamorato di gente su YouTube che

si registrava le canzoni da solo e abbiamo provato a farlo anche noi con risultati scarsissimi, con un computer che non supportata nemmeno Power Point e abbiamo registrato, poi abbiamo regalato a Fabio, insieme alla sua ex, una scheda audio che usiamo ancora per i nostri demo. Comunque la parte difficile è stato registrare la voce” Jude: “No, non è un cazzo vero” Fish: “Si che è vero, la regola era che quando qualcuno registrava dentro doveva esserci solo un altro e non riuscivamo mai a rispettarla perché ogni volta stavamo tutti dentro e non è che si parlava, ma si rideva sempre, bastava che guardassimo chi stava registrando e si rideva, ci abbiamo


cosa vuol dire la differenza tra live e studio” Simone: “Un po’ come i Blink” Fabio: “Abbiamo giocato un po’ di più sulla parte strumentale, rendendola divertente, ma ‘cattiva’, mantenendo la melodia in stile Orangewig”

messo una vita” Second Part Two che differenze avrà rispetto a Nice Try? Fish: “Sarà.. uguale! No, no, lo facciamo figo cazzo” Simone: “Intanto abbiamo cambiato genere, roba più moderna, di quelle che facciamo adesso alle serate, poi le differenze sostanziali saranno la musica e la qualità, tipo ci sono due canzoni che suoniamo sempre live, ma saranno diverse perché in live ci sono io che suono la chitarra e male, ma nel cd..” Fish: “Le suona un altro e capirete

Come lavorate in sala prove? Fish: “Ad esempio con Nice Try qualcuno arrivava e diceva ‘ho una canzone’ ed entro due ore dovevamo completarla, adesso invece quando qualcuno ha un’idea ci troviamo a volte io e Simone, altre volte io, Simone e Jude e ci lavoriamo sopra, poi la passiamo a Fabio che la studia e aggiunge la batteria, dopo un po’ ci ritroviamo tutti insieme per metterla a posto” Simone: “Si, adesso facciamo le cose con calma, ci ragioniamo di più e facciamo un passo alla volta” Chi vi ispira maggiormente? Che musica ascoltate? Fish: “Diciamo che ognuno ascolta generi abbastanza diversi quando si è a casa da soli, ma come band mentre prima ci lasciavamo ispirare da gruppi tipo Blink o Green Day adesso siamo passati ad un pop punk più moderno, tipo A Day To Remember e forse anche i Neck Deep” Simone: “Si, ognuno ascolta il proprio genere, però quando facciamo le canzoni cerchiamo tutti di perdere il 13


proprio lato più estremista, altrimenti ci ammazziamo di botte, e vengono fuori le nostre canzoni, io ad esempio mi sento di dire che come band cerchiamo di ispirarci ai Why Everyone Left” Fish: “Siamo molto cambiati nelle influenze. Ad esempio una volta avevamo bisogno di trovare un bassista e abbiamo trovato un tipo che non sapeva suonare, ma sapeva fare i growl, noi gli abbiamo fatto sentire un paio delle nostre canzoni e lui ci ha detto ‘si, figo, però che gruppi recenti vi ispirano?’ e noi non ascoltavamo un cazzo, al che ci disse ‘ditemi una band che ascoltate che si sia formata dopo il 2000’ e io non sapevo che rispondere, poi ovviamente abbiamo offeso il tipo per intere settimane, ma in realtà aveva detto una cosa vera e ce ne siamo accorti solo adesso” Simone: “Si, questo qui diceva ‘eh adesso vanno gli A Day To Remember’ e noi eravamo tipo ‘ma che cazzo dici adesso vanno i Green Day’” Fish: “Poi Fabio ci diceva tipo ‘dovremmo fare delle parti urlate, dei breakdown, Fish comprati il basso a cinque corde’ ed eravamo tipo ‘ma che cazzo dici’ e invece è successo tutto. Per quanto riguarda ciò che ascoltiamo: Fabio è metallaro, all’inizio ascoltava roba tipo Pantera o cose così, adesso è più su un metal 14

pesante, tipo Suicide Silence, ma comunque qualsiasi roba metal, dai Korn agli Infant Annihilator; io ascolto roba più melodica, più soft, anche qualcosa di pop punk” Simone: “Roba da gay” Jude: “Anche io ascolto roba gay (n.d.r. la roba gay è il pop e l’indie). Ultimamente anche un po’ di pop punk, tipo Boston Manor o robe così, ma all'inizio ero più uno da Rihanna e l’unico gruppo che avevo ascoltato erano i Smash Mouth” Fabio: “Si, io ascolto tutti i batteristi metalcore o heavy metal, come nomi potrei dirvi: Jimmy Sullivan, Mike Portnoy, Aaron Kitcher, James Casselles e molti altri. Stranamente ascolto di tutto, dal metal al blues/jazz, dalla musica anni ’70-’80 al country” Simone: “Io invece ascolto il punk rock quello vecchio, ultimamente anche qualcosa di più moderno, ma sono partito con Derozer, Punkreas, NOFX, Offspring e quelle robe lì, comunque abbiamo tutti generi diversi, ma insieme formiamo gli Orangewig”


Fish: “Fondamentalmente funziona che noi facciamo una base Why Everyone Left e Fabio ci caccia sopra la batteria metal, il bello è che più o meno funziona” Quante tracce saranno presenti nell’EP? Quali sono i temi? Simone: “Ci saranno cinque tracce, due le suoniamo praticamente sempre, una è Riot, una terza l’abbiamo suonata al Fuck You Winter! Party, CBA. Comunque saranno tutte abbastanza diverse dalla versione live” Fish: “Per quanto riguarda i temi è più o meno: non riesco ad avere una relazione e la mia ragazza mi ha mollato” Simone: “Quelle che scrivo io si, ma tipo quella che ha scritto Jude non proprio. Fondamentalmente l’album parla di rabbia, amore e malinconia, forse sono testi un po’ semplici, ma per noi significano qualcosa” Di recente ci siamo chieste perché i vostri live contenevano tutte quelle cover, all’ultima esibizione non ne avete fatta nemmeno una, ma come mai ne facevate così tante? Fish: “Non eravamo pienamente soddisfatti della nostra scaletta e visto che quando andiamo a vedere qualche band suonare in giro ci accorgiamo che se è un gruppo che non conosco dico tipo ‘si sono bravi’,

ma non riesco a divertirmi del tutto perché non conosco le loro canzoni, però se fanno una cover penso ‘Blink, oddio, andiamo a cantare” Simone: “Si, se ascolti un gruppo che non conosci e senti una canzone loro magari ti piace, però se fanno una cover ti gasi di più, ci mettevamo nei panni del pubblico, però adesso abbiamo deciso di seguire il vostro consiglio” Raccontarci qualche aneddoto divertente tocca anche a voi, sbizzarritevi. Fish: “Allora vi raccontiamo perché nel nostro logo c’è un geko. Eravamo in sala prove, che praticamente è il garage di Fabio, stavamo suonando e non mi ricordo bene chi si è accorto che c’era un geko, io quando l’ho visto ho pensato dentro di me ‘la reazione che avremo sarà pacata e normale’, invece loro tre hanno iniziato ad urlare, ma tipo fortissimo, e io mi sono stra agitato e sono corso fuori, poi ho pensato che essendo Fabio il padrone di casa avrebbe risolto tutto lui e invece anche lui ha fatto la puttanella e non aveva alcun senso perché intanto c’era il geko che continuava a fare blup blup blup e poteva anche cadere in testa effettivamente a qualcuno, poi era stupido perché camminava sul soffitto sto coglione quindi dovevamo prenderlo per forza e allora abbiamo 15


provato con le salviette e lui continuava blup blup, finché la madre di Fabio ci ha sentiti urlare ed è venuta giù e a suon di scopettate e bestemmie ha ucciso il geko. Poi un’altra è stata che eravamo andati al Cazzago Sitis Laif, per un contest, e tutti pensavamo ‘non vinceremo mai’, però credevamo di arrivare almeno terzi, su cinque non era una cosa poi così difficile. Insomma siamo arrivati quinti e ce ne siamo andati via senza dire ciao a nessuno, ma non perché c’eravamo detti ‘eh andiamo via e facciamo gli 16

stronzi’, non ci abbiamo proprio pensato, siamo semplicemente andati via. La mattina dopo entriamo su Facebook e troviamo una foto dove ci avevano taggati con scritto ‘Selfie con tutte le band’ e noi in realtà non c’eravamo” Avete un’ipotetica data d’uscita? E come mai questo titolo? Fish: “Dovrebbe uscire tra fine maggio e inizio giugno, però ci sarà un singolo prima” Simone: “Allora il titolo è stato frutto della mia mente malata.


Quando abbiamo finito di scrivere Nice Try sul quaderno con tutte le canzoni ho scritto END OF FIRST PART alla fine di University of Your Mom che è l’ultima che abbiamo scritto, poi sotto ho scritto SECOND PART per dire che era la seconda parte delle robe da scrivere e Fish mi disse ‘ma non si potrebbe chiamare Part Two?’ ma non capivo di cosa stesse parlando, si potrebbe chiamare cosa? Era solamente un fine pagina dopo aver scritto Nice Try e allora non so perché ho scritto Two accanto a Second Part, così Second Part Two che vuol dire Seconda Parte Due, come per dire che lo stiamo dicendo due volte che la prima parte è finita, è una cosa che ti manda in confusione no?” Questa è una cosa che ci tortura da tempo, perché fate suonare Simone?
Simone: “Perché sono un membro fondamentale di questa band”

Jude: “In realtà volevamo sostituirlo e la scusa per farlo era cercare una seconda chitarra, ma non abbiamo trovato nessuno che andasse bene” Fabio: “Perché qualcuno deve pur prenderle ogni tanto” Per concludere chi è la mente geniale dei testi e delle musiche? Fish: “Praticamente tutti tranne Fabio che aggiunge solo la batteria, ma tutti e tre scriviamo i testi e le musiche, anche se Jude non sa suonare, ma scrive le melodie”




Dopo l’uscita del loro album di debutto May The Thirst Be With You, rilasciato per la Burger Records, i No Parents tornano alle nostre orecchie con un nuovo 7’’, Chinx in L.A., uscito sotto Wink And Spit. 
Era da tempo che avevo in testa di dar sfogo al mio amore per l’attitudine musicale californiana e l’occasione mi si è presentata letteralmente sotto il naso. Arrivano direttamente dalle lande soleggiate di Hollywood e ogni tanto la California del sud produce buoni prodotti musicali, peculiari e, sopratutto, che rientrano nei miei gusti. Dicono di suonare rock and roll, ma il loro suono grezzo, povero e ben strutturato, lascia trapelare tutte le loro influenze punk e garage rock. 
In attività dal 2013, hanno racimolato pareri positivi, suonato in alcune delle venue più importanti della East Bay e adesso hanno in programma un numero spropositato di date in supporto ai Bleached. Chix in L.A. è stato rilasciato il 7 febbraio, contiene cinque tracce ed è uno spiraglio di eccentricità in un 20

mondo tutto uguale. Sono disponibili solo 300 copie, di cui 100 in vinile blu e 200 in vinile nero, accaparrarmela rientra tra le cose da fare oggi.
L’album si apre con la title track, veloce, energica, allegra, un punk rock macchiato delle più classiche influenze rock and roll, i riff sono spumeggianti e la canzone, sebbene non particolarmente veloce, da carica. Di breve durata, ma tagliente. La seconda traccia, Runaway è più veloce, più cruda, la voce si snoda tra urlati e parti più rilassate. Anche qui la durata è breve, ma nulla a che vedere con la traccia successiva, Punk Is So Easy.
 Questa è in assoluto la canzone che ha maggiormente attirato la mia attenzione. 36 secondi di puro punk, sia musicalmente che vocalmente parlando. Punk is so easy, cantano, e fondamentalmente come dargli torto? Che sia puramente ironia o meno non so dirlo, ma ha in se un fondo di verità che risulta quasi agrodolce alle mie orecchie, ma facile non vuol dire che sia semplice, sebbene qualcuno potrebbe farmi notare l’uso di due sinonimi per


esprimere il concetto. 
Abbiamo appena detto che il punk è facile, i No Parents ce lo dimostrano ulteriormente con una traccia da meno di un minuto, Student Loans, qui le influenze old school si presentano tutte, lasciando da parte il lato più rock and roll della band e la loro inclinazione per quella musicalità leggermente surf rock che sembra influenzare gran parte delle band della zona. 
L’ultima traccia She’s a Puke non ha particolarmente attirato la mia attenzione, ben strutturata, ottima musicalità, anche i testi sono tra i più omogenei che ho incontrato finora, ma come ultima traccia sfigura. Avrei preferito qualcosa

di più accattivante e travolgente in chiusura, qualcosa che mi restasse ben impresso nella mente, ma va bene anche così. 
Per la seconda volta hanno fatto un ottimo lavoro, se non avete mai ascoltato nulla sfornato da questi cinque ragazzi vi consiglio vivamente di farlo, il genere è quello che piace a me, allegria e sfrontatezza accompagnati da sonorità fresche, inutile sottolineare il fatto che l’attitudine che li caratterizza è di nostra conoscenza e che è presente dalla prima all’ultima traccia, potenzialmente è uno dei migliori lavori che ho ascoltato con l’iniziare di questo 2017.


L’ultimo appuntamento del Montecio Cool Kids è stato semplicemente un party tra amici. Due band, o meglio dire due cover band, ad infiammare il palco del Circolo La Mesa. Non due semplici cover band, ma due tributi a due tra le più influenti band dello scenario del punk rock: Schreecing Weasel e Teenage Bottlerocket. Ad aprire la festa la formazione più stramba di tutti gli appuntamenti del Montecio Cool Kids, perfino più stramba dei Volkov? Assolutamente si. Quattro membri di quattro band differenti, Duracel, Mighty Goose, On My Arms e The Vaseliners, si fondono insieme per la prima e, a detta loro, ultima volta, dandosi come nome il titolo di una canzone sgrammaticato (Stoopid Games) e regalandoci qualche chicca degli amatissimi Teenage Bottlerocket. Secondi in scaletta i Schreecing Würstel che tornano sul palco, dalla loro ultima apparizione nel 2008, per l’ultima volta. Si destreggiano tra i classici dei Weasel, ripropongono al pubblico la destrezza di Giorgini e ci 22

preparano ad una serata di punk rock alcolico con tracce come Cool Kids, Stupid Over You e Everynight. Fin qui tutto bene, nessuno si è fatto del male, ma la festa non è finita perché l’eroe dei dj punk rock è venuto a far visita ai vicentini con la sua infinita raccolta di cd e il suo carisma.


La presenza di DJ Senso si avverte appena varchiamo la soglia della Mesa, si sente gridare in lontananza un 1,2,3,4 a caso, anche se i 1,2,3,4 non sono mai a caso nel mondo del punk rock. I Montecio Cool Kids dicono abbia dieci dita, ma che sappia contare solo fino a quattro, ma il nostro eroe è in copertina e non riusciamo a vedere più di quattro dita a sorreggere quel gin tonic. Per un brevissimo istante riusciamo ad impossessarci della console portando alla Mesa gli amatissimi Höney e Green Day. La festa continua, si vede qualcuno

ballare sul palco, qualcuno impossessarsi di un microfono e intonare, in modo abbastanza stonato, le canzoni in riproduzione, la nostra fotografa volare per la Mesa sulle spalle del maggiore Lupo (dichiara di aver avuto tanta paura) e Alberto (Vaseliners) offrire cocktail di sua invenzione chiamati Vaseliners Sunrise. Per l’ennesima volta i Cool Kids hanno dimostrato di sapere come si fa festa e non vediamo l’ora che arrivi il prossimo, e penultimo, appuntamento, sul palco: Isotopes e Ratbones.


Al ramonescore sembrano piacere le nostre pagine e da Londra chiedono il nostro parere i novelli BarCreeps. Non hanno bisogno di presentazioni, non sono importanti i loro nomi e non sono importanti le loro facce, vi basti sapere che sono in quattro e che un nostrano ne fa parte, vogliono restare in incognito, tant’è vero che le loro facce non appaiono su alcun materiale promozionale, un modo per riversare l’attenzione solo ed esclusivamente sulla loro musica? Forse si, ma credo che, più propriamente, sia un modo per canalizzare tutte le energie sul messaggio sociale che la band vuole darci. Infatti dicono di voler andare contro gli algoritmi in cui si è trasformata la musica, dando maggior importanza al “dire qualcosa”. In realtà i messaggi sociali sono diversi e tra i più vari, dal cyber bullismo all’immigrazione, dalle leggi americane sulle armi, all’impossibilità di avere una visione nel mondo che va perdendo tutti i valori a cui eravamo legati. 
Lavorano 24

costantemente sulla loro musica, con melodie ben strutturate. La loro ultima uscita è il primo EP Eponymous uscito sotto Sushi Records che contiene quattro tracce, l’ultima a dir la verità è presente solo nella copia fisica. Joey Smokes apre con dei power chords accattivanti, risulta particolarmente piacevole l’assolo di chitarra che mostra alcune tra le loro influenze (NOFX, Rancid e Bad Religion). E’ veloce ed energica, caratteristiche fondamentalmente presenti all’interno di tutto il disco. Down Town parla del vivere in una città che non ha nulla da offrirti e che ti culla nella sua noia e nella continua ricerca di qualcosa da fare, le pelli qui vengono consumante leggermente più velocemente, mettendo in risalto il lato più hardcore dei quattro. 
L’ultima traccia della digital edition è The Hour Between Dog And Wolf ed è qui che salta fuori la ricerca di quei valori che si stanno andando perdendo nel mondo, una visione negativa dello


stato sociale in cui viviamo, con un lieve accento critico. Temi importanti accompagnati da musiche che non lasciano nulla al caso e che rapiscono la mente e il cuore, all’interno di EP come questi praticamente nulla risulta trascurabile. Attendiamo con ansia una copia fisica poiché la più accattivante delle canzoni è proprio quell’unica contenuta esclusivamente su disco. Tra assoli di basso e di chitarra, un cantato grattato e una melodia che mi ha fatto venir voglia di alzarmi a ballare, KKK è in assoluto

la mia preferita. L’EP nel complesso suona bene, hanno fatto un ottimo lavoro anche con la produzione e la registrazione, non so ancora se mi abbia convinta a pieno, e per “convinta a pieno” intendo che non so se lo riascolterò nuovamente nei prossimi giorni o se entrerà ufficialmente nella playlist The Unknown, ma probabilmente per questo mi basterà riascoltarlo tra qualche mese, non è stato amore a primo ascolto, ma un sentimento di fondo c’è e vi assicuro che non è trascurabile.


Da tempo ormai cerchiamo tutti di dire addio al freddo e poco amichevole inverno e ci pensano i ragazzi della Vicenza Magnagati Crew a mandarlo beatamente a fanculo. Così cinque band salgono sul palco del Fuck You Winter! Party: Snoopers, Orangewig, The Last Confidence, My Dear Samantha e Junk Street. Primi in scaletta i padovani Snoopers che giungono a Vicenza per la seconda volta e fanno crescere l’attesa per il loro prossimo EP. Sul palco si muovono bene, incitano il pubblico, nonostante il numero dei presenti non sia elevato, ottima esibizione ed ottima esecuzione, nulla da rimproverargli, nonostante 26

abbiano inserito due cover in scaletta, All Signs Point To Lauderdale, A Day To Remember, e, rubando amichevolmente il posto ai Well Planned Attack, December, Neck Deep. Non me ne vogliano, ma avendo apprezzato maggiormente la cover dei WPA all’originale fa ancora più strano sentire altre cover, ma anche in questo caso se la sono cavata egregiamente. Ringraziamo anche Heliò per il suo intervento durante il set, possiamo dire che è stata la ciliegina sulla torta. Salgono sul palco gli Orangewig, che magicamente non sono primi, e qui è tutta una storia a se. 
Nel report del Rigo Dritto Party avevamo consigliato alla band di eliminare qualche cover


dalla scaletta e incentrarsi sulle proprie canzoni e, incredibile, l’hanno fatto, fa uno strano effetto quando la gente si fida di ciò che scrivi al punto da seguire i tuoi consigli. La cosa, per mia fortuna, ha funzionato. Non avevamo mai assistito ad un live degli Orangewig di tale livello, l’energia era tagliente e sul palco c’era una nuova aria, la band splendeva di una nuova luce e sono stati impeccabili. Non me la sento nemmeno di soffermarmi su problemi tecnici o errori che possono esserci stati durante il set, perché ciò a cui abbiamo assistito tutti noi è stato qualcosa di così nuovo da lasciarci piacevolmente basiti. Tra le classiche tracce di ogni concerto, Riot e University Of Your Mom ad esempio, hanno inserito brani del loro primo album, Nice Try, come l’italianissima 84 che nella sua diversità ha attirato l’attenzione di tutti. Come se un intero live degli Orangewig senza cover non fosse già abbastanza una sorpresa, decidono di presentare una nuova canzone, CBA, che farà parte del loro prossimo EP, Second Part Two. Li ringrazio per aver deciso di seguire il mio consiglio, ma sopratutto li ringrazio per aver regalato al pubblico presente un live di questa portata, ne sono stati tutti entusiasti. Tocca ai The Last Confidence, i bresciani fanno tappa a Vicenza prima della data milanese del

Pop-Punk.it Tour in compagnia dei Melody Fall. E’ un piacere conoscerli dal vivo, e vederli suonare è gioia per gli occhi. Musica valida fatta da gente con passione, se i soldi non scarseggiassero la felpa al merch non me l’avrebbe rubata nessuno, ma i soldi scarseggiano sempre e mi accontento di aver sentito la loro ultima traccia Rendez-Vous, estratta dal loro futuro EP, This Mess Is A Place. Il palco passa ad una nuova scoperta, My Dear Samantha. 27


Arrivano da Vicenza, suonano dal 2013, ma non li avevo mai visti suonare, né tantomeno sentiti nominare prima. Il set inizialmente risulta anche piacevole, ma con lo scorrere dei minuti l’influenza Oasis si sente un po’ troppo, la batteria viene picchiata forte, ma non in modo piacevole, e l’atteggiamento sul palco mi lascia un po’ perplessa. Non mi hanno incantata, non so se tornerò mai ad un loro live, penso che in campo ci siano tante band decisamente più valide di loro. A chiudere la serata i beniamini della scena, Junk Street. Per la serata si sono esibiti con una formazione lievemente diversa per via di un problema ai tendini del chitarrista Samuele, comunque presente a supportare la sua band. L’energia anche qui si è avvertita fin dai primi minuti di set, hanno eseguito tra le più classiche delle loro canzoni da Wait For Me a Out Loud, alla nuovissima Point Of View di cui chiunque si è facilmente innamorato, se non prima, dopo averla sentita live.


mio cervello spunta, come un arcobaleno a ciel sereno, Dammit dei Blink-182, la somiglianza l’avverto solo nella parte iniziale del cantato, A loro piace andare sullo skate, piace ma va svanendo con il passare dei il punk rock, piace la birra e piace il secondi, ad ogni modo risulta essere DIY. Nascono a novembre del 2009, la traccia più new school e dà un vanno avanti a pane e: Ramones, senso di completezza all’album.
Tra Screeching Weasel, Teenage intro di bassi e assoli frizzanti diverse Bottlerocket, Generation X, The sono le tracce che entrano di diritto Queers e Iggy Pop. Insomma i nella nostra playlist: She’s Feeling Dinasyt sembrano appena usciti dai Like Dead Girl, Old Noise Crew e 6 banchi della scuola Lookout e la cosa AM ad esempio.
 Ho consumato non può che farci piacere. Ammettono l’album per diversi giorni, lasciando di rubare, non copiano, ma rubano. che le parole mi entrassero nella Finalmente degli artisti sulla mia mente e che la musica stessa lunghezza d’onda: rubare, accompagnasse le mie giornate. Fino rubare e rubare, rubare per ricreare all’ultimo ascolto precedente alla qualcosa di proprio; chiamatelo stesura di questa recensione non “lasciarsi ispirare” se la vostra avevo ancora prestato troppo moralità vi impedisce di apprezzarli, interesse alla batteria, ma poi l’arrivo ma alla fine la sostanza è quella e di My Girlfriend, e un ascolto più loro rubano egregiamente. peculiare, con quei rullanti potenti in apertura, ha attirato subito la mia Nel 2014 rilasciano il loro album di attenzione. 
Latin Teacher l’avevo debutto, We Are Dinasyt, uscito per la precedentemente ascoltata, quindi Rebel Waltz Records. l’amore per questa canzone lo covavo We Gotta Die è la perfetta carta ormai da un paio di mesi, credo rientri d’identità della band, sonorità tra le mie preferite, insieme a Broken pungenti e veloci, in Smiles e We Are DY. accompagnamento ad una vocalità Il lavoro di produzione è buono, se tipica del punk rock, palm mute e anche possa sembrarvi tutto rubato qualche raro stop n go. da altri artisti, certo è che hanno Appena inizia Waste Dirty Day nel trasportato tutto nel loro mondo. 29


L’esecuzione, sia musicale che vocale, ha superato l’esame, unica piccola pecca nella scansione delle parole, in parecchi tratti ho fatto fatica a distinguere cosa stesse dicendo,

ma alla fine sono solo sottigliezze che magari verranno sistemate nel tempo, ma che se anche dovessero restare cosÏ non ci fermeranno di sicuro dall’ascoltare del loro materiale futuro




e i z Gra



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