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thomas capone

ESPRESSIONISMO

le AVANGUARDIE del novecento

pillole

d’arte

pillole d’arte

piccoli libri di storia dell’arte

Le pillole d’arte sono volumi da leggere e rileggere.

Realizzate per tutti coloro che vogliono approcciarsi alla storia dell’arte, in modo semplice ed efficace.

Una piccola raccolta di sapere da utilizzare anche in capo didattico da studenti e docenti, per la realizzazione di interventi didattici personalizzati.

Collana diretta da Thomas Capone

Itinerari dell’Espressionismo

L’Espressionismo, in ordine di tempo, è la prima corrente d’avanguardia nella pittura europea. Nacque attorno al 1905 e rimase vitale sino alle soglie della Prima guerra mondiale, imponendosi principalmente in Francia e Germania. Il termine Espressionismo fu coniato dopo pochi anni dalla nascita del movimento: fu il critico e storico dell’arte tedesco, Wilhelm Worringer, ad usarlo per la prima volta in un saggio del 1911. Vuole un aneddoto, nello stesso anno, durante una riunione della Secessione di Berlino, a un membro della giuria che chiedeva: «Ma questo è ancora Impressionismo?» giunse una risposta dalla sala: «No, è Espressionismo!». L’allora gusto dominante dell’arte, quello impressionista, si basava sulla corrente di stimoli proveniente dall’esterno e diretta verso l’interno. Qui l’espressionismo, si muove in direzio-

ne contraria e si fonda sulla proiezione all’esterno di un contenuto interiore, esalta il valore tutto emotivo dell’immagine, dichiarando un esasperato desiderio di comunicazione. Ciò che si palesa agli occhi non va rappresentato ma, bensì, interpretato. Gli esiti della pittura espressionista variano notevolmente in relazione ai singoli autori come pure ai luoghi di attività e tra le tante differenze, alcuni punti rimangono però costanti. Il colore: guadagna una centralità indiscussa, diventa acceso e brillante; e poi la linea: non si limita alla stilizzazione, ma tende a deformare figure e ambienti così da suggerire una spazialità instabile. Il quadro diventa la proiezione sulla tela dello stato psicologico dell’artista. Tutte caratteristiche provenienti dal pensiero romantico così come le conquiste formali del Simbolismo, e in particolare Van Gogh, Gauguin, Munch ed Ensor, ai quali s’ispirarono.

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Il primo scandalo: i Fauves

Nell’ottobre 1905 durante il tredicesimo Salon d’Automne, accorsero sgomenti un gran numero di parigini. Il motivo erano i dipinti esposti alla sala numero sette: Maurice Vlaminick, André Derain, Albert Marquet e Henri Matisse. Proprio di quest’ultimo fu esposto l’opera Ritratto di Madame Matisse. La linea verde1, dove non era certo il soggetto - il primissimo piano della moglie Amélie - a suscitare sgomento, semmai era il linguaggio. Sembrava nato di getto, senza un disegno preliminare e con pennellate energiche, al limite dell’aggressività. Matisse sperimentò dissonanze nuove, riducendo i chiaroscuri dilatando il colore in macchie dense quanto uniformi. Nel ritratto, una lunga fascia verde corre dalla fronte al collo separando il volto in porzioni dalle cromie diverse, a loro volta esaltate dallo sfondo tripartito. Un’allusione agli opposti temperamenti della consorte. Ogni plausibile lettura

psicologica passa però in secondo piano rispetto all’evidenza del colore: saturo, forte al punto da vivere indipendentemente dal soggetto. Tutti i dipinti precipitarono nello scandalo. Erano occorsi molti anni per accettare le tele degli impressionisti, ora sembrava di ricominciare daccapo. Opere così lontane e totalmente insensibili alle più ovvie norme tecniche e dall’altro, sembravano totalmente intollerabili. Agli occhi della maggioranza, Matisse e compagni sembravano nient’altro che dilettanti. Tanto clamore accentuato dall’intervento dal presidente della Repubblica Emile Loubet che reputò sconveniente le opere, l’influente critico d’arte Louis Vauxcelles, per quanto fosse di ampie veduta gli fu impossibile apprezzarla. Per spiegare ai lettori della rivista Gil Blas la scandalosa sala sette del Salon, coniò l’espressione: «cage aux fauves», “gabbia di belve”. Un’espressione al limite del disprezzo che agli artisti piacque, e da allora il termine “Fauves” identifica le ricerche espres-

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1 Henry Matisse, RITRATTO DI MADAME MATISSE. LA LINEA VERDE, 1905, olio su tela, cm 40x32. Copenaghen, Statens Museum for Kunst.
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sioniste condotte in ambito francese, dal 1905 al 1907.

Henri Matisse

Henri Matisse si impose sin da subito come il capofila della nuova tendenza artistica. Da una sua rivelazione affermò che lui, insieme ai suoi compagni dell’Espressionismo francese, ambiva a un’arte come piacere dei sensi, rivendicandone l’autonomia rispetto a ogni altra disciplina. Le arti dovevano concentrarsi sull’evoluzione linguistica e quindi, sui suoi intrinseci valori formali ed espressivi. Per quanto dirompente, l’Espressionismo francese nasceva in continuità con le più aggiornate esperienze degli ultimi anni. Proprio alcune retrospettive di van Gogh, Gauguin e Cézanne avevano avuto un ruolo decisivo nell’orientare le generazioni emergenti verso una pittura dalle cromie intense e dalle forme antinaturalistiche. Infatti, Matisse inizialmente si accreditò nella Parigi

di inizio secolo come un seguace del Pointillisme, per poi nel 1905 approdare al nuovo stile. In quel momento l’artista iniziò l’opera Gioia di vivere2, l’ispirazione era letteraria: si trattava di una scena pastorale, genere molto frequente tra il Cinquecento e il Seicento. Il paesaggio matissiano si popola di figure rilassate: giovani sospesi tra sogno e realtà. Un dipinto saturo di colori stridenti, i profili dei corpi simili ad elementi vegetali che compongono arabeschi palpitanti. L’organizzazione spaziale però, risulta ambigua in quanto sono coinvolti diverse soluzioni stilistiche opposte: da un lato si cerca di replicare la profondità spaziale, dall’altro ci sono zone in cui il colore è steso in modo piatto e senza alcun effetto prospettico. Infine, i colori hanno smarrito ogni verosimiglianza, così come la stesura pittorica: tasselli colorati dilatati ed estesi sino a diventare macchie disomogenee. Il dipinto fu accolto con termini poco ostili nell’ambiente parigini; infatti, al Salon des Indépendants il dipinto fu

2 Henri Matisse, GIOIA DI VIVERE, 1906, olio su tela, cm 176,5x240,7. Philadelphia (USA), Barnes Foundation. (a destra)

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aspramente criticato anche dal pittore puntinista Signac affermando che, Matisse nonostante avesse ricoperto l’intera tela con colori piatti e ben definiti, e per quanto puri essi appaiono, risultavano orribili. Critiche che non scalfirono l’artista e quanto, attorno al 1906-1907, i modi Fauve erano ormai superati, Matisse iniziò a misurarsi sempre

più con la figura umana. Ricorse alla terza dimensione, realizzando un piccolo bronzo3. Si tratta di un nudo femminile coricato e dalle anatomie decisamente enfatizzate. Tradotta sulla tela, la scultura sarebbe apparsa in molti dipinti futuri, in particolare nel biennio 1909-1910.

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3 Henri Matisse, NUDO BLU, RICORDO DI BISKRA, 1907, olio su tela, cm 92x140,3. Baltimora, Baltimore Museum of Art. (a pagina 10)
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Die Brücke

In Germania, più precisamente a Dresda, il movimento dichiaratamente espressionista fu Die Brücke «Con la fede nello sviluppo in una nuova generazione di artefici e di intenditori, raduniamo tutta la gioventù e come gioventù che rappresenta il futuro vogliamo procurarci libertà di lavoro e di vita contro le più antiche forze conservatrici. Appartiene a noi chiunque renda con spontaneità e sincerità ciò che lo spinge a creare». Scritto in caratteri che ricordano quelli gotici e stampato in xilografia, questo è l’incipit di un manifesto4 edito a Dresda da Kirchner nella primavera 1906. L’autore del manifesto era un gruppo di ventenni noto come Die Brücke, “Il Ponte”. Il nome alludeva al bisogno di un ponte che avrebbe dovuto collegare tutte le Avanguardie che operavano per abbattere le, ormai obsolete, convenzioni dell’arte accademica.

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4 Ernst Ludwig Kirchner, MANIFESTO DIE BRÜCKE, 1906, xilografia, composizione cm 15,1x7,5; foglio cm 28,8x22,2. New York, The Museum of Modern Art.

La tecnica xilografica

Sebbene gli artisti della Die Brücke guardassero ammirati la pittura del Quattrocento tedesco, la loro arte iniziò sempre più a riconoscersi ad un’arte totalmente priva di ogni accademismo, infatti i più importanti dipinti sono datati a partire dal 1910-1911, periodo in cui il gruppo preferì cimentarsi con opere di grafica, in particolar modo la xilografia. La scelta era motivata dal fatto che la xilografia evocasse le proprie origini identitarie, oltre al fatto che è tipicamente nordico: la sua tradizione inizia nel Quattrocento, trovando in Albrecht Dürer, un interpreta di spicco. Inoltre, gli artisti tedeschi, vagheggiavano un passato mitico, incorrotto dalla modernità tecnologica e in pieno accordo con la natura. Sulla tela, i loro ideali si esprimevano con una pittura spontanea, impetuosa e senza dettaglia che conferiva al tutto, un insieme privo di ogni gradevolezza. Queste opere però, non cercavano di compiacere l’osservatore, bensì lo provocavano, scuotendolo con la forza del disegno e del colore.

Die Bruck, tra Dresda e Berlino

Nella medesima stagione in cui in Francia maturava il Fauvismo, in Germania accadeva qualcosa di analogo. Le affinità tra le due esperienze erano notevole, ma esistevano diversità di fondo, in quanto la pittura dei Die Brücke appare meno attenta alla tecnica e più concentrata sul soggetto. Basta ricordare i dipinti dei suoi esponenti, opere in continua tensione e che trasmettono rapporti emotivamente irrisolti, evocando situazioni ambigue. Una vena drammatica non così spinta nei protagonisti francesi. Dall’altra parte gli studiosi hanno provato a indagare ragioni più profonde, chiamando in causa il differente sviluppo socioeconomico dei due Paesi. In Germania il processo di industrializzazione e urbanizzazione era maturato più tardi rispetto alla Francia, ma con ritmi accelerati, convulsi, arrivando a generare un conflitto difficile da sanare in ampi strati della popolazione. Le opere degli artisti tedeschi non si limitano soltanto alla rappresentazione del sentimento umano dei soggetti rappresentati, numerosi sono anche gli artisti che hanno fatto del paesaggio un tema frequente, come nel caso della serie di dipinti realizzati nel 1910 lungo il lago Moritzburg, a

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pochi chilometri da Dresda. L’anno seguente, i tre principali esponenti del movimento migrarono da Dresda a Berlino, entrando in contatto con un ambiente decisamente più vivace ma, al contempo, frenetico e meno vivibile. Questo cambiamento influenzò la loro iconografia: vennero preferiti temi ispirati al paesaggio urbano. Famosissima Cinque donne per strada5, dipinto da Kirchner a ridosso della Grande Guerra nel 1913, periodo che coincide con lo scioglimento del movimento. In una via cittadina, affollata da cinque donne sfacciatamente abbigliate secondo la moda del tempo, cinque prostitute dai cappelli piumati e tacchi alti vengono compresse in uno spazio verticale che ne esalta la secchezza dei tratti. Il loro aspetto è sinistro, spaventoso, accentuata dalla luce verdastra che ne accresce il tono già di per sé allucinato della scena. Il tema della prostituta sarà un tema ricorrente nell’arte

di Kirchner. La donna prostituta che vende il proprio corpo, non concedendo all’uomo il conforto dell’amore e del sentimento, una donna fatale che tenta il maschio e lo porta alla perdizione. Per questo le prostitute dipinte da Kirchner sono figure demoniache, inespressive e crudeli.

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5 Ernst Ludwig Kirchner, CINQUE DONNE PER STRADA, 1913, olio su tela, cm 120x90. Colonia (Germania), Museum Ludwig.
Indice
1. i Fauves 2. il primo scandalo: i Fauves 3. Henri Matisse 4. Die Brücke 5. La tecnica xilografica
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6. Die Bruck, tra Dresda e Berlino

le AVANGUARDIE del novecento pillole d’arte

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