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FUTURISMO

le AVANGUARDIE del novecento

pillole d’arte

thomas capone

pillole d’arte

piccoli libri di storia dell’arte

Le pillole d’arte sono volumi da leggere e rileggere.

Realizzate per tutti coloro che vogliono approcciarsi alla storia dell’arte, in modo semplice ed efficace.

Una piccola raccolta di sapere da utilizzare anche in capo didattico da studenti e docenti, per la realizzazione di interventi didattici personalizzati.

Collana diretta da Thomas Capone

Itinerari del Futurismo

Parigi, 20 febbraio 1909: il primo Manifesto futurista

L’avanguardia futurista è nata prima sulla carta e successivamente ha trovato un’effettiva messa in pratica. Il 20 febbraio 1909 è la data che segna il battesimo ufficiale del movimento, il giorno in cui il quotidiano parigino Le Figaro ospitò in prima pagina il Manifeste du futurisme1, firmato da Filippo Tommaso Marinetti, letterato con una ricca rete di contatti internazionali e fortemente desideroso di rompere l’isolamento culturale patito dall’Italia. Dal manifesto emergeva un modo nuovo di vedere il modo e di intendere l’esistenza. Il manifesto, inoltre, doveva persuadere i lettori, convincerli dell’urgenza dei suoi principi: per questo ostentava un lessico decisamente violento. Articolato in undici

punti, il programma era pensato per gli uomini di lettere ma coinvolgeva chiunque avvertisse il richiamo della modernità. Si condannava il passato

1 Prima pagina di Le Figaro, 20 febbraio 1909.

ed esaltava l’estetica del nuovo, celebrando il dinamismo e l’avvento della tecnologia. Per Marinetti i secoli di storia che avevano prodotto una cultura, non rappresentava più un patrimonio da cui attingere, ma un ostacolo all’ingresso nel futuro. Addirittura, secondo il letterato, era necessario disfarsene, e la via più celere era offerta dalla guerra: una forma di purificazione, un azzeramento che avrebbe garantito un inizio nuovo e radioso e adulando un nuovo mito, di ben altra natura, la quintessenza del moderno, della velocità e della potenza: l’automobile. Filippo Tommaso Marinetti vantava di una cultura francese di impronta simbolista e divenne il teorico e la guida instancabile del Futurismo. Insieme a Boccioni, fu colui che più si prodigò per motivarne le ragioni, difenderlo dai detrattori, accreditarlo negli ambienti di punta.

Filippo

Nato come letterato, Marinetti non pensò mai di trasformarsi in pittore, tanto meno in scultore. Il suo contributo al movimento avvenne in ambito letterario, con la pubblicazione nel 1912 del Manifesto tecnico

della letteratura futurista da lui scritto e diventando il primo di molti documenti-guida rivolto a poeti e scrittori. La distruzione della sintassi, la disposizione casuale delle parole, l’uso del verbo all’infinto, abolizione di avverbi e aggettivi, eliminazione della punteggiatura e l’assenza di ogni psicologismo. Le parole, molto spesso onomatopee che evocavano un suono, galleggiavano in un foglio dove anche le porzioni bianche intoccate dall’inchiostro assumevano una funzione espressiva, ne è un esempio Zan Tumb Tumb2 pubblicato nel 1912. Invenzioni Marettiane che contribuirono a svecchiare l’ambito della grafica italiana, sino ad allora ancora intonata a un gusto decorativo, piena di fronzoli e ricami.

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2 Filippo Tommaso Marinetti, ZANG TUMB TUMB, copertina, 1912. Collezione privata
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Il futurismo dei pittori

Nel febbraio 1910, a un anno preciso dal lancio del primo manifesto, fu pubblicato il Manifesto dei pittori futuristi3. Si annunciava con l’intenzione di superare i limiti della tradizionale visione pittorica, firmato da Boccioni, Carrà, Giacomo Balla e Gino Severino costituivano il nuovo gruppo futurista guidato da Marinetti. Un’arte che non avrebbe più avuto ambientazione naturalistiche e l’uomo avrebbe ceduto il primato diventando parte di un tutto in movimento, La realtà andava resa in modo diverso, con stimoli suggeriti dalla vita metropolitana con i suoi nuovi colori, luci, riflessi, odori e rumori. La sfida era proprio nel trasferire sulla tela la percezione della vertigine cittadina. Proprio tra il 1910 e il 1911 Boccioni licenziò il trittico Stati d’animo. L’idea di fondo era la descrizione delle reazioni emotive di persone che si separavano in occasione di un viaggio in treno. La modernità e il mondo delle macchine, connesse alla velocità divennero lo scenario delle tele accompagnata da una stazione ferroviaria. La serie del trittico si articola in tre momenti: Gli addii, Quelli che vanno e Quelli che restano. I primi dipinti futuristi si

concentrarono fortemente sui temi della vita cittadini, fin quando Balla affrontò nelle sue tele il dinamismo sulla base della percezione ottica sembrando di tradurre in pittura le foto di Muybridge. Una ricerca che aveva come riferimento le sperimentazioni fotografiche e che era biasimata anche dagli altri componenti del movimento, tra cui Boccioni, che la considerava una riproduzione illustrativa del movimento. Al volgere del 1911, Boccioni e Carrà decisero di recarsi nella capitale francese tenendo una mostra nella galleria parigina Bernheim Jeune che si rivelò un successo. Divenuta itinerante, la mostra sancì l’affermazione del movimento italiano in molte città europee. Però il confronto con l’avanguardia francese, il Cubismo e l’Espressionismo, servì loro ad ampliare gli orizzonti estetici, ma anche a precisare la loro identità, infatti da allora, gli esponenti del futurismo mutarono registro espressivo: ricorrevano alla frammentazione dell’immagine, così come si utilizzò una nuova tavolozza divenuta accesa, violenta e basata sull’utilizzo dei colori primari che dichiaravano una sintonia con le contemporanee tendenze espressive.

3 Manifesto dei pittori futuristi, pubblicato 11 aprile 1910.

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Umberto Boccioni, GLI ADDII, 1911, olio su tela, cm 71x96. New York, The Museum of Modern Art Umberto Boccioni, QUELLI CHE VANNO, 1911, New York, The Museum of Modern
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QUELLI CHE VANNO, 1911, olio su tela, cm 71x96. The Museum of Modern Art Umberto Boccioni, QUELLI CHE RESTANO, 1911, olio su tela, cm 71x96. New York, The Museum of Modern Art
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Gli sviluppi nella terza dimensione

Umberto Boccioni sperimentò i medesimi principi pittorici anche nella ricerca plastica, teorizzando una scultura d’ambiente con il proposito di rendere in un unico lavoro tridimensionale la figura umana e lo spazio da essa abitato. Volgendo in pratica le idee esposte nel Manifesto tecnico della scultura futurista, l’artista modellò alcune opere in gesso e materiali eterogenei, fino ad allora estranei al dominio della scultura. Ne è un esempio Forme uniche della continuità nello spazio4, un capolavoro futurista incentrato sulla rappresentazione della figura umana in movimenti. Sebbene il futurismo fin dal primo manifesto abbia affermato una totale assenza di prendere spunto dal passato, in quest’opera i debiti verso la storia dell’arte non potrebbero essere più lampanti: nelle muscolature gonfie e potenti si riscontra Michelangelo, nello slancio impetuoso Apollo e Dafne di Bernini e spicca anche un’allusione al contemporaneo L’uomo che cammina di Auguste Rodin. La scultura di Boccioni libera la sua tensione: è la personificazione del movimento, un bolide umano dietro al quale rimane la scia della sua corsa.

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4 Umberto Boccioni, FORME UNICHE DELLA CONTINUITÀ NELLO SPAZIO, 1913, gesso fuso nel 1943, New York, The Metropolitan Museum of Art.
1. Parigi, 20 febbraio 1909: il primo Manifesto futurista 2 Filippo Tommaso Marinetti 3. Il Futurismo dei pittori 4. Gli sviluppi nella terza dimensione 5 6 9 13
Indice

le AVANGUARDIE del novecento pillole d’arte

«il FUTURISMO
è la magnificenza del mondo che si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità.»

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