Palummella e maradona

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– A mia moglie Anna, il grande amore della mia vita; – A mio padre Carmine, il papà più buono del mondo; – A Enzo, mio fratello, mio idolo; – A mio nipote Salvatore con immenso amore – A Giorgio Ciccarelli, amico vero

nell’attesa di ritrovarci un giorno


EUGENIO CHARTIER

I due “scugnizzi” (Palummella & Maradona)

PREFAZIONE DI

Enrico Tuccillo

Edizioni “Tifosi Napoletani”


Prefazione

Q

uando Palummella mi chiese di partecipare alla trasmissione rimasi perplesso! Ma prima di salutarlo, ricordai di essere rimasto incuriosito per anni sull'autore di uno striscione capolavoro che seminò allo stesso tempo ilarità e pace in un contesto sempre più pericoloso. Un intreccio di arte dell'immagine, letteratura, ironia. I veronesi, con un gusto macabro e tanto barbaro stile, continuavano a gridare “Vesuvio, pensaci tu”. La memoria del recente terremoto aggravava il portato di quell'ignobile caciara! Il Napoli segnò pareggiando o addirittura superando il Verona! Il momento era critico!... Improvvisamente i tifosi napoletani srotolarono dinanzi agli occhi attoniti dei veronesi uno striscione che proclamava : “GIULIETTA È N' 'A ZOCCOLA”. Sembrò una bomba deflagrante! Nell'immaginario collettivo, letterario e sociale. Giulietta, come è noto , è il mito indiscusso di Verona. Tutti i veronesi, che in quello stadio ridevano, oltraggiando Napoli e i napoletani appresero ad un tratto che quelle condotte oltraggiose avevano trasformato la casta Giulietta in una misera zoccola. “Noi facemmo quello striscione!”, disse Gennaro. Mi trovavo, dunque dinanzi a quel genio napoletano, che per difendere la sua città e schiaffeggiare i 5


Gli Ultrà ironizzano con Giulietta in una gara Napoli-Verona

veronesi aveva niente meno che scomodato uno dei più grandi drammaturghi della storia evitando violenza e guerra e costruendo un gioioso e duraturo ponte di pace tra le tifoserie avverse. Ha proprio ragione l'autore di questo libro a descrivere Gennaro Montuori un uomo di pace, pregno di valori umani raccolti dalla strada, e che strada.... quella della Sanità! È il quartiere di Totò, una maschera greca che guarda caso con l'arma dell'ironia difende i suoi compatrioti odiati e vilipesi! La Sanità è il quadro umano dal quale i De Filippo traggono arte, drammaticità, ila6


rità. È il luogo amato dalla Chiesa e tradito dai re. Murat fece costruire il ponte per schiacciare il convento ove i frati avevano congiurato contro di lui, cosicchè il quartiere, prima attraversato dalle carrozze reali, rimase per sempre oscurato! Ma la Sanità è anche e soprattutto il quartiere di padre Rassello, suo parroco, che dall'alto del pulpito di San Vincenzo continua a tuonare contro Satana, la cui arma micidiale è “L' IGNORANZA”! Rassello e i suoi gladiatori (oggi registi, imprenditori, giornalisti, archeologi, guide etc.) ingaggiarono, in attesa della visita di Papa Giovanni Paolo II, una guerra mai terminata, nonostante padre Giuseppe venisse mortalmente colpito dall'infamia di una fuorviata sentenza e dalla conseguente violenza di un male inguaribile! E fu in quel contesto che il meraviglioso parroco mi presentò Palummella! Chi avrebbe immaginato il futuro! A questo punto sento il dovere di ringraziare lo scrittore, che nell'intuito artistico che lo contraddistingue (egli è un notissimo cantautore) caratterizza Gennaro “Scugnizzo”. È come una pennellata pittorica. Nel contesto da lui descritto con quella parola ha creato una icona nella mia memoria ed ho rivisto con nostalgia e gioia indescrivibile Gavroche, vivo e amico! Lo avevo lasciato, io piangente e lui morto sulla barricata dei rivoluzionari di Parigi. Ero giovanissimo quando la penna ineguagliabile di Vicor Hugo scrisse nella mia mente, e soprattutto nel mio cuore, le pagine sublimi sullo scugnizzo di Parigi. E quando, dopo avere offerto la giovanissima vita agli ideali della libertà, il suo corpo di bambino fu avvolto nel tricolore, il mio spirito fu oscurato da una inconsolabile tri7


stezza: non l'avrei mai conosciuto da grande! E invece, con quel richiamo alle giornate di Napoli, Chartier mi rivela che Palummella, uno dei figli di Rassello, mio leale amico, che mi chiama teneramente “Papi” è Gavroche che m’ha raggiunto nella storia ed è qui accanto a me per combattere la battaglia dei popoli offesi della città meridionale, per solidarizzare con i fratelli lontani costretti sì ad emigrare ma conservando il cuore pieno di azzurro, intenso ed invincibile come l'amore. Dunque grazie a Palummella, che insieme alla sua splendida Anna ha amato la nostra città e la sua gente. L'ho conosciuta Anna, bellissima e forte in mezzo ai suoi tenerissimi figli, come una regina, testimone della fede cristiana e segno vivente di Maria, come sa essere una vera donna napoletana. Grazie ancora a Chartier che da scrittore ha saputo cantare lo scugnizzo di Napoli Gennaro Montuori, con penna e toni degni dell’arte napoletana. AVV. ENRICO TUCCILLO

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Premessa

A

mo gli sport che si dimostrano pillola benevola, e non solo per il corpo ma anche per lo spirito. Abolirei però quelli violenti o farei in modo che nessuna vita umana debba morire per essi; anche perché di violenza, nell’attuale vita quotidiana, già ne siamo pieni fino al collo.Discorso a parte s’ha da farsi per certi “sport” che obbligano alcuni animali (in primis tori e cani) a scendere nelle arene laddove ad attenderli c’è morte sicura. Naturalmente, alla base di tutto questo, c’è sempre il solito denaro. A volte mi domando: – Come si può considerare sport la corrida? E come si fa ad assistere al martirio del povero toro di turno gioiendo e gridando al cielo il famoso “Olè” per poi raggiungere addirittura l’orgasmo della felicità all’atto in cui il povero predestinato toro viene ucciso? – Purtroppo il sadismo non si ferma solo al martirio dei tori, quando c’è in gioco il denaro la “bestia a due zampe” sa fare di peggio. Attraverso filmati televisivi ho potuto rendermi conto di cosa sia una lotta fra cani. Quelle scene a dir poco strazianti... E quegli incitamenti, ora per l’uno, ora per l’altro “gladiatore” affinché il proprio ne uscisse vincitore, mi portano a pensare: – È mai possibile che il Signore ci abbia fatto a propria immagine... Con la cattiveria del Diavolo in corpo? – Resomi conto che questo pensiero era a dir poco assurdo, mi 9


fermai all’unica spiegazione possibile: quella che Dio dopo aver completato l’impasto di Adamo, dovette assentarsi per fatti personali, al che “ ‘o Riavolo che stava in agguato, approfittando della sua temporanea assenza... Aumma, aumma, ‘mmiscaje ‘a cattiveria dint’’o ‘mpasto da’ creta”. Naturalmente la mia vuole essere soltanto una “comica” battuta, ma visti i tantissimi misteri che circondano il comportamento dell’uomo, chi può dire che non sia andata proprio così? Ritornando agli animali, so bene di stare scrivendo cose da mulini al vento, ma da buon “don Chisciotte” continuerò a lottare contro l’ingiusta-morte di milioni di animali...E non solo. Tempo fa sognai di un toro che matava un torero, un fagiano che impallinava il sedere di un cacciatore e una muta di cani, che formavano un recinto intorno a due “bestie uomo” che si battevano all’ultimo sangue in una arena improvvisata, incitandoli ad azzannarsi al fine di rosicchiarsi le ossa del perditore. E fu proprio nel momento che un osso dello sconfitto si avviava agli affilati canini del Pit Bull, che la sirena di un’ambulanza mi riportò alla realtà della vita. Guardai l’orologio: mancavano alcuni minuti alle sette. Una scossa di freddo elettrizzante mi indusse al tepore della vestaglia. Dai vetri della finestra notai un’alba ancora sonnolenta: era la prima della stagione invernale. “Invidiando” Bin Laden, o meglio: la sua barba (che gli fa risparmiare tempo e denaro), mi recai davanti allo specchio per la scocciante mattutina rasatura, al termine della quale, ricorsi di nuovo al tepore “dell’amica” vestaglia, 10


per poi, come di consueto, da buon... sudista napoletano mi recai in cucina per prepararmi il solito caffè (al nord a quell’ora bevono vino). Diedi uno sguardo al cielo, era plumbeo. Quel suo volto triste mi riportò in mente lo strano sogno e con l’immaginazione diedi “corpo” ad una scena di visoni, che spellavano culetti di donne per farne pelliccette per i “loro” inverni. Chi invece credo che non abbia speranza di guarigione, è la febbre di denaro, che in fase delirante può indurre a commettere il più efferato dei delitti. Purtroppo, questo dilagante male è come una piovra i cui tentacoli si estendono ovunque, ivi compreso il mondo del “pallone”; e, credetemi... Non c’è “delitto” più ripugnante che vendersi una partita di calcio, chi lo fa (arbitro, giocatore o dirigente che sia), è meno di un escremento di sciacallo. Il gioco del calcio è diventato ormai una strana incomprensibile “necessità”. C’è gente che per andare allo stadio a tifare per la squadra del cuore, si priva del mangiare, e non sono pochi quelli che lo fanno. Truccare (o vendersi) un incontro di calcio, al di là del fatto che viene falsato l’andamento di un campionato, più grave ancora è la violenza che si va ad incrementare negli stadi; violenza che nulla a da spartire con lo sport. Un mondo come quello in cui viviamo dove la cattlverla, il disamore, l’ipocrisia, e tante altre bassezze la fanno da padrone; lo sport (nella fattispecie il calcio), se si praticasse con onestà, e se a preticarlo fossero i Maradona e i “Palummella”, oltre che sollevare il morale di milioni di anime come normalmente avviene, fungerebbe da unguento “miracoloso” anche per quelle ferite di fabbisogno, che da sempre sono portatrici 11


di sofferenza per quei tanti costretti a sbarcare il lunario sperando nella divina provvidenza giornaliera. In tal caso va citato il business venutosi a creare “intorno al Pibe De Oro”, grazie al quale i tanti partenopei costretti a vivere all’insegna del: “Dimane Dio ce penza”, hanno potuto assaporare la gioia dell ”onesto” guadagno. A proposito di Maradona, vorrei far presente agli Hamsik, Lavezzi, Cavani, Gargano ecc, che i grandi Maradona, Giordano, Clerici, Vinicio ecc, una volta fuori dal campo, con i tifosi continuavano a comportarsi con lo stesso atteggiamento di umiltà tenuto sul terreno di gioco. Inoltre, cari Hamsik, Gargano, Lavezzi, Cavani ecc, giocare a pallone non vuol dire appartenere ad una razza superiore... E non dimenticate che senza i tifosi non

Maradona e Palummella durante un’incontro di beneficenza

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giochereste nemmeno al calcio (che vi da la possibilità di vivere nel benessere), e sarebbe stato un vero peccato, perché a parte la “febbre” della popolarità, che a volte fa brutti scherzi, come calciatori siete veramente bravi. Ritornando alla violenza, ed al vandalismo, purtroppo, e mi duole ammetterlo, gli stadi, specie quelli italiani, negli ultimi tempi sono diventati luoghi di malcontento e di sobillazione. Un rigore non dato, un goal annullato o altri particolari cho possono sfuggire all’occhio dell’arbitro, diventano occasioni di sfogo sia per gli scontenti della vita che sono costretti a vivere... Che per i sobillatori di masse, la cui ira repressa diventa pari ad una esplosione vulcanica il cui “magma” più delle volte si trasforma in arma micidiale. Purtroppo ancora una volta mi vedo costretto a tirare in ballo “l’assenteismo” delle autorità nostrane, che, al di la delle colpe di una perpetua mala amministrazione... Anche in casi gravi, come quelli della violenza negli stadi, “ce vo’ ‘a mano d’’o Pataterno pé fa’ movere”; che tradotto: le nostre autorità, quano si tratta di in tervenire per qualsivoglia necessità, lo fanno a tempo di moviola. Ed è qui che entrano in campo i “Don Chisciotte” del pallone... Ma i loro slogan contro la violenza, per quanto possano ottenere... non potranno mai sostituirsi all’azione dello Stato. Il protagonista di questo libro, Gennaro Montuori, è uno di questi pochi, che ha lottato e continua a lottare affinché lo sport (nella fattispecie il Calcio), sia messaggio d’amore e non di violenza. A tal fine, credo proprio che certi professoroni del Governo, debbano scendere dalle 13


loro cattedre per andare a sedersi fra i banchi di scuola per imparare dal professore dell’università del marciapiede “dott”. Gennaro Montuori, ex scugnizzo, alias “Palummella”. EUGENIO CHARTIER

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Diego, Cinzia, Carmine e Michele in occasione dei venticinque anni di matrimonio dei genitori Gennaro e Anna



La febbre saltellante

Chi non ha mai dato, almeno una volta, un calcio ad un pallone scagli la prima scarpa... Questa voglia matta di prendere a calci la palla per poi rincorrerla con la stessa foga del predatore che dà la caccia alla preda, ha del misterioso che lascia ampio spazio ad una sola domanda: chi o cosa si nasconde dietro questa scatenante voglia di pallone? O meglio, dietro questa epidemica febbre saltellante? Personalmente credo, che si tratti del giocattolo più venduto al mondo, amato anche dagli animali. Intere città, quando la propria squadra vince si lasciano andare a sfoghi senza limiti. Così pure le nazioni. Non parliamo di quando si festeggia la vittoria di uno scudetto, una coppa, europea o del mondo; in questo caso il Carnevale di Rio a confronto farebbe la figura di una piccola festicciola rionale. Pensando a ciò, non di rado mi viene di fantasticare! L’altra sera, ammirando il tramonto, rimasi rapito dalla bellezza dei colori di cui si vestiva il cielo. Per alcuni minuti, restai a guardare il cambio della guardia fra il Sole e la Luna. Nel riempirmi gli occhi di quella paradisiaca visione, fui attratto da un particolare che in precedenza mi era sempre passato inosservato: il Sole e la Luna, visti da quaggiù, mi apparvero come due grosse palle esposte nella grande vetrina del cielo. Ciò mi portò a rivedere mentalmente la scena del 10 maggio del 1987, che de17


cretò la vittoria del primo scudetto del Napoli di Maradona. Quel pallone, che spinto da Carnevale su un assist di tacco del “magico” Giordano, entrando nella porta della Fiorentina, sancì la matematica vittoria del Napoli e diede vita a scene che nella mia mente resteranno indelebili. E le lacrime di Gennaro Montuori (alias Palummella, storico leader degli Ultrà della curva B dello stadio San Paolo di Fuorigrotta), furono quelle che mi colpirono di più. In quella occasione non ero presente allo stadio, ma la scena del pianto la seguii attraverso un filmato su una cassetta che, visto da vicino, m’è sembrato più veritiero che mai. L’espressione del volto di Gennaro era quella di un padre che riabbraccia il figlio dopo averlo creduto morto in guerra. In quel pianto c’era tutta la gioia di un avvenuto miracolo, e quale miracolo poteva essere più bello per Gennaro Montuori, se non

10 maggio 1987. Le lacrime di gioia di Palummella

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quello del primo scudetto del Napoli? L’intero stadio (ed erano in centomila) quel pomeriggio diede vita al più grande e apocalittico canto che la storia degli scudetti possa ricordare, eppure le scene di giubilo che avvenivano sugli spalti del San Paolo erano piccola cosa rispetto a quelle cui diede vita la città. Un popolo che da sempre si lamenta e da sempre si vede costretto ad una guerra di sopravvivenza, grazie a... un pallone, improvvisamente festeggia come se avesse vinto la più grande lotteria di tutti i tempi! Non ci furono... muri che non brindarono a quell’evento. Ogni tavolo, anche quello con un piede traballante, divenne una tavola imbandita. I bassi si trasformarono in tante “cantinelle”, la gente cantò fino all’alba e anche oltre. Quel primo scudetto ebbe la forza di mille calumet della pace, di tutto l’oppio dell’Oriente, batté il record di tutti i debiti del popolo cui si attribuisce il motto di vita “tirammo a campà”. E batté anche un altro record, quello della più grande semina di prolificità: furono tanti, infatti, i “Diego Armando” frutti di quella semina. E pensare che tutto questo ebbe vita per una piccola saltellante sfera di cuoio dal nome altisonante di pallone. Purtroppo i punti interrogativi sullo strano comportamento della mente umana non riguardano solamente il gioco del calcio, le stranezze sono tante, e Napoli è fra gli esempi viventi: una città fra le più belle della terra e che per ciò potrebbe essere annoverata fra le più ricche; “grazie” ad una colpevole amministrazione politica, che dura da 150 anni, la troviamo costretta a vivere fra le cenerentole del nostro pianeta. Che peccato... e non solo per l’avidità di certo potere 19


politico, ma soprattutto per il masochismo di certi “pulcinella”... Per fortuna c’è chi non ha paura di mostrare il proprio volto, e fra questi l’ultimo scugnizzo napoletano: “Palummella”. Il protagonista di questo libro è entrato nel mondo della popolarità attraverso la porta del pallone, ma non come un Maradona o un Cannavaro. Ciò che lo ha reso celebre è stata... la “febbre”. Naturalmente non quella che si prende mangiando frutti di mare avariati, ma quella che, durante il viavai della palla da una porta all’altra del campo, ti tiene per novanta minuti e più col fiato sospeso, e allo stesso tempo ti fa urlare come un pazzo, al punto che le corde vocali per il troppo urlare sono costrette a ricorrere alle cure dell’otorino. Non parliamo di quando il pallone viene mandato a gonfiare la rete. I tifosi della squadra che segna il gol, preda dell’euforia, sarebbero capaci di mangiarsi la bandiera, e qualcuno anche di morire d’infarto. Invece, quelli della tifoseria avversa, per il grande dolore, batterebbero il record del digiuno detenuto dall’on. Marco Pannella, il quale, avendo scoperto che digiunare fa ingrassare, ad ogni minima avversità “politica”, fa lo sciopero della fame e della sete! L’ultima protesta la iniziò che pesava all’incirca novanta chili, e quando stremato dalla fame decise di ritornare alle calorie dei fornelli, al termine della pesata sussurrò: “Basta con gli scioperi”... Ed aveva ragione, perché i chili che segnava la bilancia superavano di gran lungo i cento. Tornando al protagonista Palummella, egli ha vissuto la prima parte 20


della propria esistenza volando e tifando su quasi tutti i campi di pallone d’Europa dove, un rigo oggi, un rigo domani, è riuscito a scrivere la sua bella pagina di storia nel suggestivo libro del pallone: il giocattolo capace di suscitare negli animi degli uomini odio e amore allo stesso tempo.

Gennaro Montuori mostra il trofeo del “Guerin d’Oro” ritirato ad Imola come migliore trasmissione sportiva nazionale

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Gennaro Montuori

Conobbi Gennaro Montuori che già era il famoso capo degli Ultrà della curva B. Che venisse dalla scuola del marciapiede lo si capiva a vista, ma quel suo essere scugnizzo rese simpatico quel nostro primo impatto dal quale nacque una mia collaborazione in veste di cantante, in una trasmissione sportiva (naturalmente di calcio) da lui condotta. Ad accompagnare al piano la mia settimanale esibizione canora il giovanissimo pianista Armando Chartier. Con Gennaro non ci si vedeva quasi mai. Lui era troppo indaffarato a fare il capo ed io troppo ex scugnizzo per sopportare certi suoi atteggiamenti padronali, specie quando sprofondava nella poltrona con le gambe poggiate sulla scrivania. Gli mancava solo il sigaro fra le dita per essere un magnate americano. Il nostro rapporto artistico fu di breve durata: di quel suo guardare il prossimo dall’alto in basso, mi liberai alla decima puntata, e all’atto del commiato mai avrei pensato che un giorno la mia penna avrebbe scritto di lui. Ma, la scalata al trono del tifoso, anche se ci perdemmo di vista, l’ho seguita passo dopo passo, e devo dire con grande ammirazione. Se Gennaro Montuori si fosse attivato in un campo diverso da quello della pelota, sono convinto che si sarebbe affermato ugualmente, con la sua furbizia e la 22


Questa foto dimostra la grande amicizia dei “due scugnizzi�


sua creatività che, rispetto alla norma, hanno un passo in più. Ma “la febbre saltellante del pallone” e l’amore sconfinato per il Napoli sono parte integrante del suo DNA; e lo sono al punto che, per volare da un campo all’altro di calcio, scelse di diventare “Palummella”. Col passare del tempo, giorno dopo giorno il suo nome si allontanava sempre più dalla mia mente, a farmelo ricordare, di tanto in tanto, era la sua scalata al monte della notorietà, che si avvicinava sempre più alla vetta. Ma poi, come spesso accade, proprio quando la sua figura si avviava a diventare libro di archivio nei miei pensieri, le nostre strade si incontrarono di nuovo. Mi trovavo negli studi dell’emittente televisiva di Tele “A”. Improvvisamente, dalle mie spalle mi giunse una voce; sebbene fossero trascorsi alcuni anni, non trovai nessuna difficoltà a capire che era quella inconfondibile di Gennaro Montuori. Ci salutammo come se il giorno prima avessimo trascorso la giornata insieme. Il suo aspetto era così giovanile da sembrare che il tempo per lui si fosse fermato. Del “capo” di allora (nonostante l’accresciuta popolarità) notai che non c’era quasi più niente: la prosopopea aveva ceduto il posto alla modestia. Fra una parola e l’altra, mi confidò la via crucis che Anna (sua compagna di vita), da tempo stava percorrendo. Dell’immane peso di quella croce non un lamento nè una bestemmia per l’avverso destino, che aveva preso di mira colei che aveva dato un senso concreto alla sua vita. Improvvisamente, dal velo di tri24


stezza che copriva i suoi occhi, fecero capolino alcune lacrime, che a stento riuscì a trattenere. Superato l’imbarazzo del momento si continuò a parlare del più e del meno e poi, dopo avermi guardato in modo pensieroso aggiunse: “prufussò, ‘a vita mia è nu rumanzo.” Li per li catalogai quelle parole nel quaderno delle solite battute, ma più tardi nel fare ritorno a casa mi ritornarono in mente, ed allora pensai che la storia di un personaggio come Gennaro Montuori meritava di essere tramandata, non solo ai tifosi del domani ma anche agli scugnizzi e, detto fatto, gli telefonai. Una settimana dopo, oltre che su i campi di gioco di mezza Europa, il nome di “Palummella” prese a svolazzare anche fra le pagine di questo libro.

Gennaro in trasferta con il suo primo nipote Carmine (figlio del fratello Ciro)

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“La nona”... di Montuori

Sessant’anni dopo la venuta al mondo di Totò, proprio nella via Santa Maria Antesaecula di fronte alle mura che accolsero i natali del “Principe”, la cicogna bussò alla porta del signor Carmine Montuori per consegnare l’ennesima “mappatella” (furono nove, per dovere di cronaca, i figli di donna Vincenza Masullo). L’indomani, la coccarda celeste annunciò al quartiere che era nato Gennaro Montuori, uno dei tanti soldati di ventura arrivati sulla terra per combattere la difficile battaglia dello scugnizzo napoletano. Germogliare e crescere sul terreno dove la povertà la fa da padrona ti rende meno difficile superare gli ostacoli, meno tristi le privazioni e meno amari i morsi della fame. Sono proprio queste cose che aiutano a sopportare le ingiustizie che la follia del potere ti costringe a subire. È dalla sofferenza che si impara l’arte di arrangiarsi, fin dalla tenera età. Anche per i giocattoli il piccolo Gennaro, non potendo avere ciò che invidiava ai figli del benessere, se ne improvvisava costruttore. I preferiti erano ‘O carruocciolo, ‘o monopattine, ‘a spada ‘e lignammo, per finire alla palla di carta, che consisteva nell’avvolgere tanti giornali l’uno sull’altro e, una volta raggiunta la grandezza desiderata e dopo averli legati con lo spago, si copriva il tutto con una calza di nailon appartenente alla mamma del “costruttore”. Oppure, in mancanza, veniva infilato in un calzettone della nonna. La calza 26


o il calzettone servivano per proteggere la carta che, presa a calci si sarebbe frantumata. Per lui ogni spiazzo era buono per essere adibito a campo da gioco compreso il palazzo del principe Antonio De Curtis in arte Totò. All’epoca, in mancanza delle discoteche, del poter viaggiare, della televisione ecc., il tempo lo si trascorreva mettendo al mondo dei figli e, a differenza dei pani e dei pesci, la loro moltiplicazione non dava mai segni di sazietà. A volte mi domando: quanti saremmo oggi se il premio della prolificazione ci fosse stato anche ieri? Una cosa è certa: per gli extracomunitari non ci sarebbe stato spazio. Per fortuna, anche se le natività accrescevano a dismisura il numero degli scugnizzi, di spazi per giocare a palla ce n’erano più di quanti ne abbisognavano. Ma, c’era un però: mentre gli improvvisati campi di gioco facevano la felicità degli scugnizzi, allo stesso tempo rappresentavano l’infelicità delle mamme e delle nonne che, a sera inoltrata, accoglievano il ritorno a casa dei giocatori, con urli che Dario Argento avrebbe pagato a peso d’oro per includere nei propri film di terrore. ImGennaro all’età di 8 anni. L’inizio dell’era “Palummella” magino abbiate intuito che 27


Una “parte” della famiglia Montuori

la ragione più che giustificata delle grida stava nel non volere comprare calze tutti i giorni, anche perché... non se lo potevano permettere. Fatto strano, le uniche mura che restavano zitte, erano proprio quelle dell’impepato Gennarino, la cui febbre del pallone era proprio da cavallo. La spiegazione era che il piccolo “Palummella” pur di prendere a calci la famosa palla di pezza, per non buscarle dai genitori, giocava le partite a piedi nudi, perché possedeva solo due paia di scarpe: uno omaggio della scuola e l’altro sacrificio d’a sacca ‘e papà, che di scarpe gliene poteva comprare solo un paio all’anno. Col risultato che, dopo aver preso a calci per ore la palla e dopo aver corso altrettanto sull’asfalto, quando a sera tornava a casa, lo faceva con gli arti in28


sanguinati. E chissà quante volte, accarezzandosi le ferite dei piedi, gli sarà uscita la famosa imprecazione “Mannaggia ‘a miseria!”. Ma dove le famiglie sono numerose, si impara a sopportare di più la povertà, specialmente quando i figli sono in tenera età. I loro litigi e le loro grida impegnano il tempo dei genitori tanto che questi, nella foga di calmare le acque, dimenticano seppur brevemente le lagnanze della pancia. Purtroppo, i litigi fra ragazzi non sempre si possono mettere a tacere con uno scappellotto o una sgridata. Ci sono casi, a volte, che ti costringono a ricorrere alle cure ospedaliere, come quella volta che Gennaro nel fare la conta dei cuscini, non si avvide che il proprio nucleo familiare era composto di nove persone, mentre otto erano i guanciali a disposizione. Il tempo di appoggiare la testa sul cuscino “non suo” che la stanchezza delle scorribande giornaliere lo consegnò nelle braccia del sonno. Il sorriso che gli compiaceva la faccia forse era dovuto al fatto che sognava di giocare a palla o forse di trovarsi davanti ad un bel piatto di ziti a’ ragù. Nel frattempo fece ritorno a casa suo fratello Peppino, il quale accortosi che dal capezzale del suo giaciglio mancava il cuscino e che lo stesso stava allietando il sonno di Gennarino, senza pensarci su due volte, con uno strattone glielo tirò da sotto alla testa. Ma la “tirata” fu così energica da mandare la testa del povero dormiente ad urtare contro la spalliera in legno del letto. Risultato: al risveglio i coniugi Montuori dovettero ricorrere alle cure 29


ospedaliere per un ematoma alla testa del piccolo Gennarino. Al ritorno dal nosocomio, l’acciaccato in cuor suo dovette “benedire” quei modi per niente ortodossi del fratello, che gli valsero non solo l’essere stato il primo attore per una notte... ma anche a beneficiare del cuscino. L’indomani di buon’ora, nonostante il turbante della fasciatura, l’improvvisato “turco napoletano”, palla di pezza in mano e incurante dei consigli della mamma, uscì di corsa per raggiungere il resto della squadra i cui componenti già da tempo avevano iniziato a dare segni di impazienza, mandandogli segnali convenzionali affinché si affrettasse a raggiungerli in strada.

Achille Lauro e Roberto Fiore, due grandi presidenti della storia del Napoli

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‘O Napule... è ‘nata cosa

Per Gennaro, l’amore per il Napoli è sempre stato più forte di quello di prendere a calci una palla. Basti pensare che all’età di sei anni già seguiva il Napoli dagli spalti dello stadio. Ad accompagnarlo erano i suoi fratelli Ciro e Tonino, quando non erano fuori città per motivi di lavoro. Più tardi, ai due si unì zio Gennaro, affetto anch’egli da “pallomania” come i nipoti. Per darvi una idea di quanto i fratelli gli volessero bene, basti pensare che l’intero incontro di calcio Napoli-Stella Rossa, Gennarino lo seguì seduto a cavalluccio, alternativamente, sulle spalle di Ciro e Tonino. Durante i quindici minuti di pausa fra il primo ed il secondo tempo, per commentare con altri tifosi gli eventi della prima parte dell’incontro, presi dalla foga del discorso dimenticarono di fare scendere il “passeggero” che, dall’alto delle loro spalle, apprendeva le prime “lezioni” di tifoseria. Quando si avvidero della dimenticanza, all’atto di farlo scendere, furono distratti dall’entrata in campo delle due squadre che rientravano dagli spogliatoi per giocarsi il secondo tempo della partita. E, in quel momento, non c’era peso al mondo capace di distogliere il loro sguardo dal calcio d’inizio della ripresa del gioco. Di idoli “Palummella” ne ha avuti tanti ma Omar Sivori, che fu il primo, gli è rimasto nel cuore proprio come il primo amore. Col Cabezon giocavano Altafini, 31


Canè, Juliano e Bandoni che contribuirono non poco a rendere sognante quegli otto anni all’incirca del suo trascorso tempo. Il ricordo del primo goal lo raccontò con un’ombra di malinconia nella voce, ma quando fece il nome del marcatore non mi fu difficile capire... Juan Carlos Tacchi l’autore della rete, era argentino... come Maradona. Farsi fotografare con un giocatore del Napoli era diventato il chiodo fisso di Gennaro. L’impresa, sebbene si presentasse difficile dall’attuarsi non scoraggiò per niente Gennaro, che era abituato a superare ben altre difficoltà. E qualche tempo dopo, come volevasi dimostrare, arrivò anche la prima fatitica foto. L’allora presidente della squadra era il giovane imprenditore Roberto Fiore, che subentrò ad Achille Lauro. Col giovane presidente il Napoli sfiorò per ben due volte lo scudetto, a lui va anche il merito di aver portato Altafini e Sivori a vestire la maglia azzurra dei partenopei. Quest’ultimo, argentino come Diego, aveva in comune col Pibe de Oro, oltre la classe calcistica... anche il carattere focoso. Sua divenne la moda di giocare senza parastinchi protettivi e con i calzettoni calati sulle scarpette. In quanto a Lauro, il comandante don Achille era l’ex sindaco di Napoli, passato alla storia anche per i pacchi di pasta, zucchero e caffè, che dispensava in occasione di elezioni politiche. In verità, questo sistema per raccogliere voti, fu molto criticato dai partiti avversi che oggi, a distanza di decenni, lo “deridono” ancora. All’epoca, non avevo ancora raggiunto la maggiore età per votare, ma posso giurarvi, che l’originalità del sistema di fare voti, “c’’o zucchero e ‘o 32



ccafè” piacque molto ai napoletani; come posso giurare che sono ancora in molti quelli che affermano che don Achille è stato il miglior sindaco che Napoli abbia avuto fino ad oggi. Di lui, ricordo nitidamente l’acquisto di Hasse Jepson: un centravanti svedese (che il Comandante Lauro regalò al Napoli), la cui cifra d’ acquisto fece gridare allo scandalo l’intera Penisola dello “Stivale” Lo svedese fu pagato la iperbolica cifra di 105 milioni in lire Italiane. Oggi, quei soldi non bastano nemmeno per comprare un “pallone”. Ma il Comandante Lauro (e Gennaro Montuori se lo ricorderà), in veste di Sindaco, oltre che cambiare il volto di Piazza Municipio, sostituendo dalla sera alla mattina i millenari alberi con una fontana, affrontò il difficilissimo problema della “Lava dei Vergini” che, ad ogni minimo acquazzone partendo dai “collinari” luoghi del quartiere Sanità, formava un fiume che andava ad inondare l’intero Rione, e finanche le vie di Portacapuana via Duomo, via Cirillo, Cesare Rossaroll e quelle adiacente alla Piazza Carlo Terzo. La forza della corrente delle acque era pari a quella di un normale fiume. Tutto quanto trovava sulla sua strada, diventava preda della sua furia. A quei tempi i quartieri popolari di Napoli pullulavano di venditori ambulanti, molti dei quali per proteggere i propri carretti, finivano con l’essere travolti e “trasportati con essi nei vortici della “lava”. Ad alleggerire lo sconforto degli increduli spettatori che dai balconi assistevano impietriti alla furia della “lava”, ci pensavano ‘e “zzoccole”: piccoli roditori di fogna, che a centinaia fuoriuscivano dai tombini facen34


dosi trasportare dalle torbide acque come tante “sirenette” in amore. Ricordo che in una delle tante alluvioni, il Napoli giocava in casa con la Lucchese, che all’epoca militava nella serie A. Con la mia famiglia abitavamo nel basso sito alla Via Crocelle ai Vergini 6 . Ebbene, nonostante la “lava” continuasse ad entrare da sotto la porta di casa nostra, io e mio fratello incuranti dell’allagamento continuammo ad ascoltare la radiocronaca della partita (allora non c’era ancora la televisione) stando all’impiedi sulle sedie. Per la precisione la voce del radiocronista era quella inconfondibile del compianto Nicolò Carosio. Il Napoli vinse, e noi che seguimmo la radiocronaca con la radio “galleggiante” demmo dimostrazione che il Napoli per i napoletani è più forte della “lava” dei Vergini. Tornando alla foto ricordo del nostro piccolo supertifoso, la fece con Alberto Orlando, un ottimo calciatore, che colpito dalla simpatia del piccolo impepato Gennareniello, gli consentì di farsi fotografare a cavalluccio sulle proprie spalle.

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La prima trasferta

Sabato primo ottobre 1966. Palummella aveva otto anni, troppo pochi per affrontare una trasferta in treno, anche se in compagnia di altri “guagliuncielle” della sua età. Ma quando si è affetti da febbre di pallone come la sua, la trasferta, costi quel che costi... “s’ha da fa”. Specialmente se si tratta del derby stracittadino: Roma-Napoli... Sono convinto che in quel caso, il piccolo super tifoso, a Roma sarebbe andato anche a piedi. Naturalmente per farlo, essendo minorenne, avrebbe avuto bisogno non solo della autorizzazione dei genitori, ma anche di qualcuno che lo accompagnasse. Con fare furbesco cercò di scippare l’autorizzazione al padre, ma don Carmine a giusta ragione gliela negò. Uguale sorte gli venne dai fratelli e dalla sorella Grazia. Gli restava l’ultima carta: il fratello Peppino, che per la trasferta aveva organizzato un pulman al seguito. Ma: “Niente da fare!” fu la risposta. E sul pulman imbandierato d’azzurro, quando a notte inoltrata partì alla volta della capitale, tra i festosi canti... mancava la voce del piccolo-grande tifoso Gennareniello. Quasi in contemporanea del pulman organizzato, partì anche il lungo treno “azzurro”, anch’esso agghindato come carro di Piedrigotta, con canti e suoni. “L’azzurro mostro d’acciaio”, fece il proprio ingresso nella stazione Termini che albeggiava, e prima 36


che il capo stazione scandisse la fatidica parola: signori si scende, ogni finestrino del treno si trasformò in cilindro “magico”, e come tante ali in volo le bandiere azzurre si misero a sventolare. Dopo poco che i viaggiatori iniziarono a scendere dalle carrozze, fra le mille e più gambe dei tifosi si intravidero quattro “guagliuncielle” che per restare uniti, non si avvedevano del malcontento della folla dovuto allo scoordinato modo di come si muovevano... E chi potevano essere se non Palummella e compagni? Quando a otto anni si compiono imprese da venti, anche se “fuorilegge”, e se il fine è quello di assistere ad una partita di calcio della propria squadra del cuore, il mezzo usato da Gennaro e cumpagnielle è più che giustificato.

I tifosi del Napoli in trasferta a Roma inneggiano Canè

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Dopo il rifiuto del fratello Peppino, “Palummella” aveva finto la resa, ma in cuor suo sapeva bene che a Roma ci sarebbe andato. “Ma come?” certamente si domanderà chi non sa di cosa è capace uno scugnizzo. Salire sul treno sprovvisti di biglietto, per i quattro scugnezzielle fu la cosa più naturale del mondo: il difficile era farla franca col controllore. Ma anche in questo caso se la cavarono egregiamente, con l’aiuto dei tifosi che li presero a cuore: viaggiarono nascosti sotto le valige. Si era all’inizio dell’autunno. Quel mattino nella Capitale tirava un’aria più che gelida. L’aspetto infreddolito dei quattro “extracomunitari” senza permesso di soggiorno, fu notato da due netturbini romani che gli diedero due pastrani la cui grandezza era abbastanza per farci entrare due persone in ognuno. E, fu proprio così che andò. Ma per i quattro avventurieri, l’importante era ripararsi dal freddo, agli scherni della gente erano abituati. Una volta raggiunto lo stadio, si pose il problema di come entrarci. Che si trovassero a Roma, a Parigi oppure nel cuore della foresta vergine, poco importava, la loro meta era la partita... che, se si fosse giocata sulla luna, siate pur certi che fra gli spettatori ci sarebbero stati anche loro. La marea di gente che faceva ressa davanti alle entrate dello stadio, invece di spaventarli, suggerì come entrare senza biglietto: resisi conto che non potevano farlo nascondendosi sotto le valige... usarono il sistema di entrare uno per volta mischiandosi ad ogni “votta-votta” che si veniva a creare. 38


Mancava poco all’inizio della partita, dall’altoparlante la voce dello speker si apprestava ad annunciare le formazioni delle squadre quando, improvvisamente, come scesi dal cielo, quattro ragazzini muniti di bandiera azzurra del Napoli presero a correre per il campo verso una delle due porte, e quando la raggiunsero, fecero in modo che lo stendardo della squadra del cuore facesse bella mostra di se al centro della porta. Penso che abbiate capito chi erano... i quattro, e che lo stendardo era quello del Napoli. La felice operazione fu accolta da un boato dei trentamila napoletani presenti sugli spalti, seguito da un applauso che accompagnò i quattro piccoli invasori fino all’uscita dal campo. Per dovere di cronaca l’incontro terminò due a zero per il Napoli. Col passare delle partite la fiamma del “tifo” nel cuore di Gennaro non accennava a diminuire, al contrario ardeva sempre più. Un bel giorno, resosi conto che tifare significa urlare, e che urlando si rovinano le corde vocali, “Palummella”, che ama incitare la sua squadra cento minuti su novanta, per non andare incontro ad una spesa extra di otorinolaringoiatria, pensò bene che bisognava inventarsi qualcosa...ma cosa? Pensa e ripensa, la domenica successiva, sugli spalti della curva B, sette ragazzi che rappresentavano gli ultrà reggevano fra le mani una lattina con dentro piccole pietre. Quando il Napoli fece l’ ingresso in campo, quelle sette “buattelle” si trasformarono in sette tamburi rullanti. E fu grazie a quella invenzione di Gennaro, che il tifo per il Napoli oltre 39


Anno 1978: la “Magica Curva B”

che canoro, potette avvalersi anche del contributo “delle buattelle”. La trovata delle “lattine rullanti”, in meno che non si dica fece il giro della città, facendo l’infelicità degli otorinolaringoiatri e la felicità non solo dei ragazzi, ma anche quella dei raccoglitori ecologici, perché per incanto, dalle strade sparirono tutte le buattelle.

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Ce vonno cchiù ll’uocchie ca ‘e scuppettate

Le vittorie, i pareggi e le sconfitte del Napoli sono state e sono le gioie, le ansie e le amarezze di Gennaro Montuori. Ma non è questa la ragione per cui scrivo di lui, né tanto meno il suo nascondendosi sotto le valige dei tifosi per farla in barba al controllore... E nemmeno per le sue intraprendenti entrate in campo... Perché se così fosse, allora dovrei scrivere un libro per ogni tifoso napoletano. Ciò che mi ha convinto ad avventurarmi in questa ennesima fatica, è lo “stratega” Gennaro Montuori, che nella grande “guerra” della vita, riesce a tener testa ad ogni sorta di battaglia che è chiamato a superare. Purtroppo il suo nemico non era soltanto quello che doveva affrontare nelle “arene” degli stadi: a questi si aggiungevano le male lingue... La cui bile invidiosa, avrebbe fatto ingiallire il fegato di uno scarafaggio. Tanto... per raccontarvene una: Ai tempi d’oro dell’Ingegnere Corrado Ferlaino, “le lingue biforcute” sparsero alcune voci circa un certo privilegio che il giovane Michele Montuori figlio di Gennaro, avrebbe goduto dal Presidente dell’associazione Calcio Napoli. La malignità gratuita delle male lingue, pur di colpire il Presidente degli “Ultrà” non si fecero scrupolo di farlo attraverso suo figlio: l’allora diciassettenne Montuori Michele. 41


Il ragazzo giocava nella primavera del Napoli, ed era bravo... Ma le malefiche voci attribuirono la sua presenza nella squadra giovanile azzurra, al “potere” che il padre gestiva in seno alla S.S. Calcio Napoli. Niente di più falso! Al contrario, il giovane Michele proprio perché era il figlio del presidente degli ultrà, nonostante sapesse giocare veramente al calcio subì la più vergognosa delle ingiustizie. E guarda caso... Proprio da un dirigente della S.S. Calcio Napoli. la ra-

Michele Montuori figlio di Gennaro con la maglia del Napoli

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gione di un così insulso gesto, fu dovuta al fatto che “l’anormale”... non vedendo di buon occhio Gennaro, fece in modo che il figlio Michele lasciasse la “Primavera” calcio Napoli. Peccato che debbano esistere certi tipi... Sarebbe bello vivere sapendosi circondati solo da gente sincera... Purtroppo, quando qualche “Palummella” riesce a trasformarsi in falco predatore, diventa quasi inevitabile che attiri su di sé oltre l’antipatia, anche la cattiveria. A tale proposito potrei citare come esempio l’ex presidente del Napoli ingegnere Corrado Ferlaino. Sotto la sua “potestà” gli azzurri partenopei hanno vinto due scudetti, una super Coppa Italiana, una Coppa Uefa, due Coppe Italia, una Coppa delle Alpi e... Diego Armando Maradona. Ebbene, non appena il Napoli “orfano” del “Pibe de Oro incominciò a girare a vuoto e il “Corradino di Svevia” palesò la voglia di “andare in pensione”, all’atto di pretendere la restituzione del capitale investito, le solite male lingue ,dimenticando le coppe... Lo classificarono al primo posto nella graduatoria dei preDalle immagini televisive del primo scudetto la gioia di Ferlaino e Palummella sidenti disamorati. 43


Chi non ha peccato...

”Chi non ha peccato... Scagli la prima pietra”. Queste parole furono dette dal Salvatore. Da quel giorno sono trascorsi più di venti secoli e la gente nonostante vivesse in sintonia col peccato, non fa che “lapidare” dimenticando che ogni essere umano ha diritto a vivere la propria vita, e che una vita per essere vissuta, ha bisogno di acqua, cibo, di una casa e di tante altre cose. Purtroppo sappiamo bene che non tutti sono in grado di permetterseli e in questo caso domando: chi nasce segnato dalla miseria deve lottare per venirne fuori oppure lasciarsi morire di fame? Morale della favola...Nu Palummella che gioca a pallone coi piedi scalzi perché non può comprarsi le scarpe, deve rassegnarsi a rimanere scalzo per l’intera vita o lottare per la salvaguardia dei propri piedi ? E se oltre la “laurea” del marciapiede gli venisse di prendersi quella vera... ha diritto di farlo? Lo scugnizzo può ambire al titolo di dottore? Oppure il privilegio è un diritto riservato ai soli benestanti? Io penso che, nella società dei giorni nostri, uno scugnizzo che riesce ad attraversare indenne il campo minato dell’attuale sistema di vita, e lo fa dimostrando che ciò è potuto accadere per meriti propri e non per fortuna, debba beneficiare della considerazione e della stima di tutti, male lingue comprese. Se Gennaro Montuori avesse vissuto le famose quattro giornate, siate pur certi che lo avremmo visto 44


fra i primi a condurre l’assalto al nemico, così come conduce quello alle staccionate del San Paolo. Quella bandiera azzurra che sventola nelle sue mani, e l’esercito di tifosi che ad un suo incitamento lo seguono come soldati in campo di battaglia, sono una dimostrazione della sua “forza”...Uno spettacolo degno di essere ammirato. Le sue grida, che siano di gioia o di dolore, hanno del disumano che evidenziano tutto il proprio amore per il Napoli. Da un filmato di cassetta, dopo un gol segnato dai partenopei, ho colto al volo la gioia sprigionata dai suoi occhi: un cocktail di donne fra le più belle al mondo non avrebbe saputo dargli orgasmo migliore. Ma i meriti di Palummella, vanno oltre il grande tifo. Egli è lo scugnizzo che è riuscito a far stringere la mano del Nord con quella del Sud, creando il gemellaggio fra tifosi di città avverse. Storici sono pure i suoi proclami contro il vandalismo e contro la violenza negli stadi. Laddove il Governo, la Regione, il Comune, il Questore e il Prefetto sarebbero dovuto intervenire... Palummella lo ha fatto, e nei limiti consentitigli ha anche ottenuto dei risultati lusinghieri.Tutto questo sta a significare che le cose potrebbero andare meglio se anche il Potere lo volesse veramente. Ed è questa una delle ragioni che i “Palummella” vanno inneggiati e non osteggiati. Di Lui si interessarono sia i canali della la Rai che quelli di Mediaset. Ma non al punto di gratificare l’esatto merito che animava lo spirito degli “Ultrà”. Gennaro Montuori: un trascinatore di masse che poteva essere paragonato ad un “Masaniello”, penso che 45


Palummella “guida” il tifo della Curva B

andava capito come tale. Se il mondo del calcio non fosse “corrotto” (e se la straripante passione del tifo rompesse gli argini con meno violenza) farei di tutto per emulare le gesta di Gennaro Montuori. Ma con tutto quello che si legge e si sente sugli scandali di partite e scudetti venduti solo un innamorato pazzo può soffrire ancora di pallomania... E “nu pazzo cchiù pazzo ‘e Palummella addo’ ‘o truove?”. L’amore di Gennaro per il pallone è di quelli veri, quando il Napoli perde, lui del dispiacere ne fa un dolore personale. È così quando vince, tuttalpiù si lascia andare ad un canto liberatorio. Trovo inammissibile invece, l’incontrollata follia di quei tanti scalmanati che, per un rigore non dato o per uno 46


sfottò fra tifoserie, arrivano a provocare incidenti finanche mortali. Sapeste quante volte ho cercato di capire quale fosse la causa scatenante che la fa da padrona nella mente di quei tifosi al punto di trasformarli in bestie. Purtroppo, la sola spiegazione che mi viene è quella di sempre: “la pazzia”; Altrimenti, Gennaro Montuori che avrebbe potuto vivere una vita agiata e tranquilla dedicandosi alle aziende dei fratelli, non avrebbe rischiato l’incolumità mettendo a repentaglio la propria vita affrontando le tifoserie avverse nelle arene degli stadi di mezzo mondo. Di questo gliene parlai, ma Lui, non seppe darmi nessuna risposta. Alla fine mi sono convinto, che il “mistero saltellante” resterà tale anche nei tempi a venire.

Palummella tra i fratelli Peppino ed Enzo

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Chi tardi arriva... A questo punto credo sia doveroso rendere omaggio “all’albero del frutto”. In questo caso a Carmine Montuori, papà di Gennaro e di altri otto figli, di cui due “per causa di freddo” lasciarono anzitempo la vita terrena. Dei sette viventi solo Gennaro era affetto da pallomania , gli altri seguirono le orme lavorative del padre, che consistevano nell’arte del magliaro, una sorta di spirale il cui motto di sopravvivenza è “salta chi può”. Carmine traeva il sostentamento per la propria famiglia vendendo souvenir ai turisti che sbarcavano dalle navi. Si alternava tra Francia, Italia e Inghilterra e con lui i figli: eccetto Gennaro, al quale la febbre del “tifo” non voleva proprio saperne di lasciarlo. “L’arte” del magliaro, è fra le più difficile al mondo. Per espletarla, oltre che attore bisogna essere scugnizzo autentico, altrimenti come si dice a Napoli: “Se fanno’e ppose d’a famma”... Che tradotto: si soffre la miseria, oltre che provare l’onta di finire dietro le sbarre di un carcere. I fratelli Montuori, non solo dimostrarono di avere le carte in regola per essere degli autentici “magliari”, ma adottando il famoso motto “Uno per tutti, tutti per uno”. Riuscirono (come i leggendari Moschettieri del Re), a sconfiggere il “nemico, in tal caso: la miseria”. Furono anche bravi a capire, che quello del magliaro era solo un mestiere ambulante, e per lo più legato alla “fortuna”. Bisognava, quindi, che il guadagno accumulato andava investito. Avendo affinità con gli orologi, lo fecero nel campo del quadrante, dove oggi gestiscono due aziende. 48


I cinque fratelli Montuori al battesimo di Cinzia con Diego e Claudia

Nel frattempo le sfere degli orologi Montuori segnavano le ore dell’inarrestabile tempo, per il mancato moschettiere “Palummella” arrivò la tanto sospirata ora del provino, con la squadra giovanile del Napoli. Da selezionatore fungeva Lambiase. Un nome molto amato dai napoletani. Era quello il primo vero esame della sua giovane vita. Quei piedi, che per amore del pallone avevano grondato sangue, di lì a qualche ora avrebbero anche potuto aprirgli la dorata porta del Calcio Napoli. Quella notte gli occhi di Gennaro proprio non vollero saperne di chiudersi. Come ipnotizzati seguivano l’atto di commiato di quelle stelle ancora vogliose delle tenebre e che, tremolanti come fiammelle di candele, si allontanavano lentamente dalla vista dalla terra. In cuor suo, l’esaminando non vedeva l’ora che il primo sbadiglio del sole stendesse il velo dell’alba na49


scente su quel cielo che proprio non voleva saperne di aprire gli occhi al nuovo giorno. Per lo scugnizzo più tifoso della Terra fu la notte più lunga della sua vita. “Mammà i’ vaco”. E tiratosi la porta dietro le spalle, si precipitò per le scale. Erano le 8 del mattino e ad aver parlato era stato Gennaro che, una volta arrivato giù al palazzo, si accorse di essersi dimenticato qualcosa. Al che rifece le scale all’inverso e in meno che non si dica bussò due tre volte la propria porta di casa, che alla quarta si aprì. “Pecché si sagliuto ‘n’ata vota?” Gli domandò mamma Vincenza. E lui di rimando: “Me so’ scurdato ‘e me mettere ‘e scarpe”. La madre gli guardò i piedi...e rise; e rise ancora di più, quando il figlio camminando su di un piede solo,

Un’atteggiamento affettuoso tra Gennaro e la mamma

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per guadagnare tempo, con le mani cercava freneticamente di calzare l’altro piede. Per raggiungere il campo di gioco, ci vollero all’incirca tre ore: troppe per pretendere che Lambiase le attendesse tutte quante. Era giovanissimo Gennaro, ma anche se a quel provino ci teneva più di quanto si potesse immaginare... un dramma proprio non se ne fece. Per anni ancora continuò a giocare, si interessò a lui anche una squadra di serie C. Ma Gennaro Montuori amava giocare solo col Napoli, né l’Inter né la Iuve lo avrebbero interessato. Il colore azzurro era diventato lo scopo della sua vita. E lo era diventato al punto che quando la squadra in cui egli militava giocava lo stesso giorno di quella del cuore, la settimana prima si faceva espellere dal campo per andare a gridare dagli spalti: “Forza Napoli!” E quando veniva scoperto, invece di sentirsi Gennaro capitano dell’A.C. Sanità a 16 anni 51


sotto accusa continuava a gridare “Forza Napoli!”. Ci fu un tempo che il richiamo del sangue l’ebbe vinta sul “tifo”, ma solo per un breve periodo. A lui dei fratelli interessava solo l’amore fraterno. Della serenità economica degli orologi che avrebbe potuto raccogliere a due mani non gli importava granché, e quando il richiamo del Napoli fu per lui più forte di quello delle sirene di Ulisse salutò, sebbene a malincuore, la vita tranquilla dell’orologio per ritornare definitivamente a quella avventurosa del pallone.

Mamma Vincenza con i sette figli: Anna, Gennaro, Giuseppe, Enzo, Grazia, Tonino e Ciro

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Il ritorno del figliuol prodigo Nel 1974 tre gruppi di tifosi del Rione Sanità, di Fuorigrotta e del Vomero, si unirono per dar vita alla storia degli Ultras napoletani. Gli amici della Sanità convinsero Gennaro ad entrare nel club. L’intraprendente inventore delle buattelle rullanti accettò di buon grado l’invito e, grazie alle sue coinvolgenti capacità, altri si unirono al gruppo, che nel giro di qualche mese divenne famiglia... numerosissima. La convivenza durò tre anni, al termine dei quali le divergenze fecero si che i ragazzi della Sanità lasciassero il gruppo degli Ultras per fondare un proprio club in Curva A, che fu denominato: “Commandos Sanità”.Vuoi per meriti personali, vuoi perché facesse parte del quartiere , “i Commandos invitarono Gen-

Palummella in equilibrio sui ferri della Curva B

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naro a seguirli offrendogli un ruolo da protagonista; ma, Palummella cortesemente rifiutò l’invito: “Vi ringrazio, sono onorato, ma dobbiamo essere lungimiranti, la squadra del Napoli è patrimonio di tutta la città... non solo di un quartiere”. Così, sulla scena del tifo si crearono due club: il Commandos Sanità, che divenne punto di riferimento degli appassionati in Curva A, creando scenografie molto apprezzate da tutto lo stadio, e gli Ultras, che rimasero in Curva B. La rivalità tra “Guelfi-Sanità” e “Ghibellini-Ultras” culminò nell’organizzazione di una partita di calcio alla quale diede il calcio d’inizio l’allora allenatore azzurro, Gianni Di Marzio. La partita finì in un tafferuglio generale che accrebbe ancora più la rivalità fra i “Ghibellini” Ultrà e i “Guelfi della Sanità.

Gennaro mostra il premio ritirato alla Rai, cosegnatogli da Salvatore Biazzo

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L’unione fa la forza

Intanto che le dirimpettaie tifoserie della curva A e B si sfidavano a singolar tenzone, l’ammore p’’o “ciucciariello azzurro” andava sempre più crescendo. Nel frattempo, Gennaro Montuori andava sempre più convincendosi che anche nel mondo del tifo l’unione fa la forza. E, dopo aver fatto presente “si fa per dire” ai presunti rivali che una sola noce nel sacco non fa rumore, li invitò a ritornare nel loro settore naturale... E detto fatto, nel 1978 nacque l’Associazione del “Commandos Ultras” di cui con regolare votazione, Gennaro Montuori fu eletto presidente. Come ogni Generale che si rispetti, anche Gennaro Montuori ha avuto il suo ottimo luogotenente. Giorgio Ciccarelli, soprannominato “ ‘O Giorgio”, è stato l’ombra di “Palummella” per ben vent’anni e più, dividendo con lui e in eguale misura le gioie e i dispiaceri che il Napoli somministrava di volta in volta con il risultato di ogni singola partita. Più di qualcuno, per la devozione che il Ciccarelli mostrava di avere per il suo “Generale” amava definirlo “Bixio”. Naturalmente conoscendo la moralità d’’o Giorgio, sono convinto che se al posto di Gennaro ci fosse stato l’eroe dei due mondi, non l’avrebbe seguito né sui campi di “battaglia” né altrove, in quanto il paragone fra i due “generali” sarebbe stato improponibile. Garibaldi sarà anche stato un ottimo combattente, ma certamente non per amore di Patria. Non così si potrà dire di Gennaro Montuori. Purtroppo, Giorgio 55


Gennaro, Diego, Giorgio, Francini e De Napoli

Ciccarelli lasciò questo manicomio di terra anzitempo. Dalla sua dipartita sono trascorsi molti anni eppure, “Palummella” nel chiedermi di annoverarlo in questo manoscritto, lo ha fatto mentre con la mano si asciugava una lacrima sfuggita al controllo della nostalgia. Ad accompagnare l’impavido eroe nell’ultimo tratto del suo soggiorno terreno, fra i tantissimi amici si poté notare l’ntera squadra del Napoli compreso l’allenatore ed il presidente Ferlaino. In quella triste occasione, ancora una volta Gennaro diede dimostrazione di vera amicizia... Dopo l’amara parentesi d’’o Giorgio, il “generale ”, orfano del luogotenente amico, riprese a sguainare la spada del tifoso più tifoso al mondo, e fu volando da un 56


campo all’altro di pallone, che il nomignolo di “Palummella” prese il posto di Montuori. La dipartita di Giorgio Ciccarelli lasciò nel cuore di Gennaro una enorme tristezza, e solo grazie a Ciro Campanella, amico leale, poté ritornare di nuovo al sorriso. Intanto, gli anni settanta si apprestavano a diventare anch’essi volume di scaffale. Sebbene giovanissimo, il presidente Montuori aveva le idee abbastanza chiare su come far funzionare l’associazione. Come primo atto mise all’ordine del giorno “la violenza negli stadi”. “Gennà, ma si pazzo?” Gli dissero i componenti il consiglio. “E comme ‘a facimme sta guerra? Mica tenimme ‘a Bomba Atomica!”. Gennaro sapeva bene che non era facile ma sapeva pure che un certo Davide riuscì ad avere la meglio su Golia e che un tale dal nome Ulisse riuscì a sconfiggere il gigantesco Polifemo. La “guerra”, ovvero la lotta alla violenza negli stadi, ebbe inizio ed il piccolo scugnizzo, che non era Davide e nemmeno Ulisse e nemmeno possedeva l’atomica l’affrontò inventandosi l’arma della stretta di mano... che consiste nel fare gemellaggio con altre squadre. La trovata funzionò più del previsto, al punto da mettere in moto la grande macchina della stampa, non solo quella locale... Per Gennaro furono i primi passi verso la notorietà. Naturalmente l’ascesa del giovane Montuori fece andare in ebollizione la bile in certi fegati. Di questo ringraziarono le farmacie rionali per le casse di sciroppo antibile vendute. 57


La fede di Palummella per il Napoli era così genuina che riusciva a trasmetterla agli altri con grande facilità. Il seguito dei suoi tifosi andava facendosi sempre più numeroso fino a che i tamburi che ormai avevano preso il posto delle “buattelle”, divennero l’esercito rullante della Curva B. Una delle prime azioni che caratterizzò l’operato anti-violenza di Gennaro nel mondo del tifo, fu l’eliminazione delle due “S” dal nome del club, che divenne Commando Ultrà. Si era alla fine degli anni 70, anni in cui il teppismo iniziava a prendere piede anche negli stadi. Il fatto: durante il derby tra Lazio e Roma, la rivalità fra le opposte tifoserie si accese al punto che il giovane Vincenzo Paparelli ci lasciò la vita. In merito a ciò, il Governo Italiano ordinò il ritiro degli striscioni dagli stadi esposti da parte dei club. Tutti si opposero, furono poche le tifoserie, tra cui quella azzurra, che misero in atto la disposizione. Nella fattispecie, Palummella sostituì lo striscione del Commandos Ultras con Sostenitori azzurri, scatenando le ire di qualche pseudo-amico. In Italia, si sa le cose come vanno. Quelli che si erano opposti alla rimozione degli striscioni rimasero fermi nella loro decisione. A questo punto, per dare un segnale forte, Gennaro Montuori propose al proprio direttivo, con l’appoggio dei capotifosi e collaboratori storici, il vice-presidente Giuseppe D’Andrea, e i consiglieri Lino Spina, Ciro Toscano e Sandro Sanges, l’eliminazione delle due “S” dal nome del club, che divenne Commando Ultrà Curva B. 58


Il dott. Lino Spina, dopo più di trent’anni continua a seguire Gennaro Montuori anche in tribuna nel nuovo progetto “Respiro Azzurro”

Nonostante le pressioni di alcune persone che contestavano il progetto di pace di Gennaro, alla fine gli sforzi furono premiati. L’amore per il Napoli e per la non violenza era il motto di Gennaro Montuori, che lo manifestava con l’esercito degli Ultrà che lo seguiva ovunque con amore e dedizione. Purtroppo non si poteva dire altrettanto delle altre organizzazioni del tifo di altre città che, al contrario degli Ultrà, davanti alla violenza si esaltavano e non solo con episodi di vandalismo. La loro pazzia incontrollata non di rado creava perfino incidenti mortali. Durante la lunga milizia a capo degli Ultrà, Gennaro ha subito non uno, ma molti episodi di aggressioni, perfino con spranghe di ferro, catene ecc. Ma non si è mai 59


arreso nè lamentato, lui il calcio lo ama e per esso era ed è disposto a rischiare la propria incolumità. Fantasmagorici erano gli striscioni da lui preparati, ce ne fu uno che addirittura copriva l’intera curva B. A tale proposito lascio parlare l’evidenza della foto. Per preparare la suddetta coreografia domenicale c’era bisogno dell’intera mattinata, che Gennaro e i suoi Ultrà riempivano puntualmente, percependo come “retribuzione” dei pass dal Calcio Napoli. Se fossi stato il massimo dirigente del Napoli, per le tantissime mattinate domenicali dedicate alla squadra del cuore e per l’apporto del calore che riuscivano ad infonderle col loro tifo, in segno di doverosa riconoscenza a Palummella e ai suoi Ultrà, oltre i pass... Li avrei insigniti di medaglie al valore. Riguardo la storia che Montuori si vendeva i pass, vado a precisare che: quando si arriva a gestire il benché minimo potere, sono in molti a chiedere favori... Figuriamoci quando l’argomento in gioco è quello del “pallone”. Trovare un biglietto per assistere ad una partita qualsiasi del Napoli, era ed è difficile. Figuriamoci quando l’incontro è di cartello. In questo caso andare allo stadio diventa impossibile. Ed è qui che entrava in ballo Gennaro Montuori. Amici, politici, parenti...Tutti volevano il biglietto da Lui, e lui, nei limiti del possibile cercava di accontentarli. Naturalmente facendoseli pagare, perché a sua volta, li pagava anche lui. Insomma, se “Palummella” i biglietti (comprati) li avesse regalati, sono convinto che le male lingue avrebbero sentenziato che il Presidente degli “Ultrà” stampava biglietti falsi. 60


Quella prima volta...

Il momento più esaltante di una partita di calcio è quando il pallone va a gonfiare la rete della porta avversaria. L’euforia che si manifesta è pari allo scoppio di una bomba. Provate ad immaginare se al posto del sangue nelle vene avessimo il tritolo... ad ogni gol segnato avremmo la sparizione di una città. Discutevamo di questo io e Gennaro Montuori, il quale rabbuiandosi in volto mi disse: “Eppure c’è stato una volta che ad un gol del Napoli non ho esultato”. Pensai ad una battuta spiritosa, e risi. Ma lui con fare serio continuò: “ Eravamo verso la fine degli anni Settanta, mio padre andava riprendendosi dall’infarto che improvvisamente lo aveva portato in sala operatoria. Come nei precedenti giorni, noi figli eravamo tutti lì a pregare e a trepidare per la sua salute, che fortunatamente seppur con passo lento si avviava alla normalità. L’indomani, il Napoli doveva affrontare una difficilissima partita di Coppa Uefa. “Se dicessi che non ci pensavo, sarei un ipocrita, ma lo stato di salute di papà veniva prima di tutto. Mio padre, nonostante il momento delicato che stava attraversando, cercava di attirare il mio sguardo per poter leggere nei miei occhi fino a che punto avrei sofferto se avessi disertato quell’incontro. Sapevo che lui era più che al corrente della mia passione per il Napoli... Come sapevo che quel suo attirare la mia attenzione, era per 61


dirmi: “Guagliò a papà, vatte a vedé ‘a partita...Nun te preoccupà pe’ mmé”. Mai come allora il tempo mi sembrò correre così tanto. I minuti passavano alla velocità dei secondi, e, con la voce di dentro che continuava a dirmi: “ Gennà... muovete, ca ‘o viaggio è luongo”. Nel breve giro di cinque minuti dovetti guardare l’ora una ventina di volte, e senza scambiare la benché minima parola con mio Padre. Alla voce di dentro il cui martellamento era diventato continuo, si opponeva quella del cuore, che mi consigliava di non andare.

Gennaro ringrazia papà Carmine

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“A mettere fine alla stravolgente disputa ci pensò mio Padre, che avendo capito il dramma che stavo vivendo, mi chiamò a se, e con parole appropriate mi convinse ad andare allo stadio. “Non so dire se andai per fare piacere a lui, oppure a me stesso. So di certo, invece, che quando Antonio Capone segnò la rete per il Napoli, non esultai. Al contrario, quel pallone che avrebbe dovuto farmi saltare per la felicità, per tutta la durata dell’incontro, fu indice accusatore della mia coscienza”.

Capone (sulla destra) realizza il gol che Palummella, l’unica volta nella sua storia, non esultò.

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L’amore

Gennaro Montuori ha avuto due grandi amori: il Napoli e Anna. A voler dire la mia, l’amore per la squadra partenopea gli è venuto nel momento in cui i suoi occhi per la prima volta si sono vestiti dell’azzurro del cielo. Basti pensare che a cinque anni il suo cuore gia palpitava per la squadra del Napoli. A volte mi domando: se i nostri politici amassero la bandiera Tricolore come Gennaro ama quella azzurra del Napoli, sono convinto che le cose in Italia andrebbero molto...Ma molte meglio. Questo dovrebbe far riflettere non poco; specie quando a sventolarla sono i “Palummella”... Milioni di uomini hanno dato la propria vita gridando “viva l’Italia,” e nell’esalare l’ultimo respiro lo hanno fatto stringendo un lembo del tricolore fra le mani. Gli stessi scugnizzi (che dalla Patria non godono abbastanza simpatia), durante le famose “QUATTRO GIORNATE” non esitarono un solo istante a mettere a repentaglio la propria vita affinché il tricolore italiano sventolasse sul più alto pennone dello Stivale. “Altri tempi”, dicono tristemente gli anziani. Oggi i “viva l’Italia” li ascoltiamo solo durante un incontro di calcio della Nazionale. Per il resto, non sono pochi quelli che affermano di non sentirsi nemmeno italiani. Ma che sta succedendo? Possibile che non ci accorgiamo di questa nostra follia che va curata e anche subito?... Ci lamentiamo della violenza, e non facciamo 64


quasi niente per fermarla. Quella negli stadi, è diventata lo sfogo domenicale del malcontento dei cittadini. Purtroppo, per come continuano ad andare le cose in Italia, nonostante la buona volontà dei “Palummella”... credo proprio che fra non molto, le partite si potranno seguire solamente per televisione. A meno che le autorità preposte ai lavori una volta e per tutte, non convincano i facinorosi della domenica, che la violenza è cancro... Come un boomerang che torna al mittente. Tempo fa alcuni giornalisti ebbero a dire che i calciatori della nazionale azzurra, durante l’esecuzione dell’inno di Mameli facevano finta di muovere le labbra. A quei giornalisti “patriottici” con ammirazione dico: “Sta anche a voi se i calciatori azzurri torneranno a sentirsi cittadini italiani”. L’altro grande amore di Gennaro, è quello che alimenta il cuore dei poeti, dei romanzieri dando vita alla favola più bella che racconta della unione fra due cuori innamorati. Anna ha rappresentato e rappresenta per Gennaro l’amore, la dedizione, il calore del focolare domestico, i figli e soprattutto la divisione delle ansie e delle gioie anche calcistiche. Si sposarono il 29 maggio 1980 nella chiesa di San Vincenzo alla Sanità. Molti furono i calciatori azzurri che intervennero alla cerimonia: Improta, Musella Agostinelli ecc. Moltissimi invece gli abitanti della “Sanità” e le male lingue, che in ogni avvenimento che si rispetti non mancano mai. La cicogna bussò la porta di casa Palummella per ben quattro volte. Nella prima “mappatella” arrivò Carmine, poi Michele, Cinzia e Diego Armando; per 65


29 maggio 1980: Un giorno indimenticabile per Anna e Gennaro


dar nome a quest’ultimo credo abbiate capito a quale “musa” si ispirarono i genitori. Anna ha rappresentato l’equilibrio nella vita Di Gennaro. L’aver compreso che la passione del marito per il Napoli era da capire e non da combattere, ha contribuito non poco alla di Lui notorietà. I napoletani, come sanno che San Gennaro è il loro Patrono, e come sanno che Maradona è stato il più grande di tutti i tempi, sanno pure chi è “Palummella” e cosa ha rappresentato il suo esercito degli Ultrà per i colori azzurri del Napoli. Ciò che invece non tutti sanno, è che Anna, una giovane dall’apparenza fragile ma dal carattere forte, dividendo

Gennaro abbraccia Diego nel suo primo ritiro con la maglia del Napoli

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Maradona con Enzo Esposito e sua moglie Maria, Anna (moglie di Palummella), Ida (moglie di Tonino “il Taxista”), Emma (moglie di Giorgio), Anna e Maria. Sei delle donne che fondarono il club “Ragazze Ultrà”

con lui le ansie, le gioie e i dolori fino a diventare “la Palummella” delle ultrà, ha significato moltissimo nell’ascesa del marito. Lo ha accompagnato dai vicoli di Santa Maria Antesaecula fino al più alto gradino della Chiesa dove a riceverlo, con suo figlio Carmine (per meriti sportivi), c’era nientedimeno che Papa Wojtyla. Il carisma di Palummella trovò benevolenza anche nell’ambiente artistico. Mi raccontò che una sera, giocando a palla con altri ragazzi, gli si avvicinò un uomo che estratta dalla tasca una moneta da cento lire, gliela 68


regalò. Era il principe Antonio De Curtis, in arte Totò. Tullio De Piscopo, anch’egli tifoso del “Ciuccio”, gli donò i propri tamburi. Prima ancora aveva provveduto Diego Armando Maradona facendoli arrivare direttamente da Barcellona. Ma non solo il mondo del teatro e quello della musica fu benevolo con gli Ultrà. Anche quello del canto fu rapito dalla grande simpatia che sprigionava GenI tamburi che Diego donò a Gennaro per la curva B

naro Montuori. Preda del suo tifo, lo divenne anche Mia Martini, una delle più belle voci della storia del canto. Gigi D’Alessio, quello delle prime armi, in una simpatica foto d’epoca, lo vediamo mentre in veste di sciuscià lucida le scarpe di “Palummella”. Diverso fu il rapporto con Nino D’Angelo. Insieme girarono anche un film, “Quel Ragazzo della Curva B”, dove l’allora “caschetto d’oro” sudò più di qualche camicia per interpretare il ruolo di “Palummella”. 69


L’umiltà di Gigi D’Alessio in formato “sciuscià” per ringraziare Gennaro Montuori per il successo raggiunto

Gennaro con la sua grandissima amica Mia Martini

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La svolta

Nella vita di ognuno prima o poi la svolta arriva. È come un treno che viaggia senza binari. Essa può arrivare dall’alto come dal basso, di notte come di giorno. Dal 1958 al 1980 Gennaro Montuori ha percorso i primi ventidue anni della sua vita volando da un campo all’altro dell’Europa e con un crescendo a dir poco favoloso. Dai piedi scalzi sanguinanti che tiravano calci ad una palla di carta per le vie di Napoli, al papillon che il mattino del 29 maggio 1980 faceva bella mostra di sè sullo smoking indossato in occasione del matrimonio con Anna, fino ad allora gli eventi erano stati benevoli, eccetto la sconfitta del Napoli col Perugia per una rete a zero, che costò lo scudetto alla squadra Partenopea. Lo schianto di quell’evento fu così forte da farlo ammalare seriamente. Per fortuna, a riportarlo alla gioia del vivere ci pensò il matrimonio con la dolce Anna... Naturalmente, la passione e l’amore per il Napoli non subirono nessun calo. Al contrario, si rafforzarono. Il suo tempo per l’incessante ritmo del campionato non conosceva pause, fra uno striscione e l’altro, alternando momenti di gioia a quelli di dolore archiviò altri quattro campionati, e tutti calcarono le orme delle trascorse alternanze: “’’Na vittoria, ‘nu pareggio, doje sconfitte...:e così di seguito”. Andando avanti di questo passo arrivarono i festeggiamenti del quarto anniversario del matrimonio. 71


Palummella insegue Maradona per abbracciarlo dopo un gol. Il suo sogno sarebbe stato corrergli dietro come centravanti e non come tifoso


Credo sia inutile ripetermi sul come e sul chi partecipò alla festa... Nulla lasciava presagire che di lì a poco Palummella si sarebbe trovato di fronte alla grande svolta della vita. Anno 1984, durante la sua lunghissima milizia calcistica, il Napoli non aveva ancora vinto uno scudetto. Purtroppo ciò evidenziava lo strapotere del Nord, poiché non solo il Napoli, ma (eccetto i casi sporadici di Roma, Lazio e Cagliari), l’intero Sud non si era fregiato ancora del tricolore calcistico. Sarà stato il desiderio di essere il primo presidente del Napoli a vincere uno scudetto, sarà stata l’aria “borbonica” che aleggiava nel suo cuore... Quell’anno l’ingegnere Corrado Ferlaino, presidente della Società Sportiva Calcio Napoli, colpito da improvviso amorerivalsa... decise che per il Napoli era giunta l’ora di voltare pagina, di smettere di essere la cenerentola della serie A. Improvvisamente, la parola d’ordine della società Calcio Napoli divenne: lottare alla pari contro quelli del Nord per la conquista dello scudetto. L’impresa era simile a quella di scalare il Kilimangiaro! Trattandosi di “miracolo”, bisognava vedere se San Gennaro era disposto a dargli una mano... poiché negli ultimi tempi, molti napoletani si stavano comportando non proprio bene. Forse una “magia” avrebbe potuto trasformare in realtà quel sogno che il Napoli e i napoletani da sempre sognavano ad occhi aperti. Naturalmente sorgeva il problema di trovare il mago. Ma... nel caso del Napoli bisognava trovare il mago dei maghi; la qual cosa si presentava difficilissima, se non impossibile. 73


L’unico in circolazione rispondeva al nome di Diego Armando Maradona. Ma le sue magie costavano troppo! Le prime notizie giornalistiche incominciarono a smuovere le acque, e siccome dalla società Calcio Napoli, non arrivavano né conferme, né smentite, iniziò per i napoletani lo sfoglio della margherita. Per i giornali, il possibile acquisto dell’argentino si trasformò in una grossa manna del cielo, le notizie da prima pagina si sprecavano, e più si scriveva più si sognava, e più si sognava più la stampa lo “santificava”. Il rumore dei giornali fu pari a quello di una cannonata, la qual cosa mi portò a pensare: se tutti i giornalisti si adoperassero come di dovere, molte cose cambierebbero... naturalmente, in bene. Nel frattempo, il Presidente Ferlaino, riguardo ad un interessamento del Napoli per il fuoriclasse Argentino, al contrario delle precedenti campagne acquisti, fece capire che in cuor suo Diego lo voleva veramente. Il costo del fuoriclasse si aggirava sui 13 miliardi delle vecchie lire, una cifra da capogiro che faceva gridare allo scandalo. Ma il presidente Corrado, da quell’orecchio non ci sentiva, la febbre Maradona gli sarebbe passata solo nel momento in cui la propria firma unita a quella del presidente del Barcellona si sarebbe congiunta in calce al contratto dell’avvenuto passaggio del “Pibe de oro” al Napoli. Per far sì che l’operazione andasse in porto, si mossero in tanti, ma più di tutti il dirigente Dino Celentano, al quale Ferlaino, che si trovava in Francia per ragioni di lavoro, mandò in avanscoperta a trattare il quasi impossibile trasferimento. Forse in cuor suo Fer74


laino alla venuta di Diego non tanto ci teneva, e nemmeno ci credeva... Ma Celentano, garantento col proprio portafoglio costrinse lo sbalordito presidente a firmare la conclusa trattativa del “Re dei re” nelle fle degli azzurri partenopei. Al presidente del Barcellona, che gli ricordò il costo di Diego, rispose: I tredici miliardi per l’acquisto di Maradona, rappresentano la cifra che giornalmente tratto per i miei affari. Alla complessa trattativa prese parte anche Totonno Iuliano, (napoletano autentico ex bandiera degli azzurri, nonché ex numero 8 della Nazionale Italiana di calcio), per oltre un mese fece la spola Napoli-Barcellona e viceversa, fino a quando la trattativa non andò felicemente in porto.

Dino Celentano, il tenace dirigente azzurro che cambiò la storia del Napoli, portando a termine la trattativa dell’acquisto del “Pibe de Oro”

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Nella storia della compravendita dei calciatori, mai acquisto andò tanto per le lunghe come quello di Diego. Ad un certo punto si ebbe l’impressione di assistere ad un giallo... I petali della margherita Maradona, quanti più se ne sfogliavano più ne crescevano, i napoletani durante la lunghissima, estenuante attesa dimenticarono ogni cosa, la venuta di Diego Armando Maradona veniva prima del lavoro, più cambiali, più di ogni altro serio problema. “Palummella”, a sua volta, “volava” da un posto all’altro... per sapere dell’andamento della trattativa, le sue telefonate si susseguivano a ritmo continuo, ma la cortina che recintava il possibile passaggio di Diego alle falde del Vesuvio non lasciava spazio alle notizie, era impenetrabile. Ma, ancora una volta egli diede dimostrazione della sua intelligenza, riuscendo a creare un collegamento diretto col manager di Diego, Cisterpyller (per i napoletani Cipster, presentatogli da Josè Alberti), il quale lo informava costantemente della trattativa, e che Maradona... sarebbe stato arcifelice di venire a Napoli!!! Durante lo sfoglio della “margherita” Maradona, “Cipster”, il giorno 2 luglio, venne in avanscoperta a Napoli per partecipare alla festa del battesimo di Michele, secondogenito di Gennaro e Anna.

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Diego è d’ ‘o nuosto!

“ ‘O tir’e mmolla” dell’acquisto del Pibe de oro si trasformò in una vera telenovela, di cui tutti volevano sapere quale sarebbe stata la fine. Solo i proprietari dei quotidiani avrebbero voluto che la trattativa si protraesse all’infinito... Quando finalmente le due “massime firme” si baciarono in calce al contratto che sancì il passaggio dell’argentino nelle file del Napoli, il primo a piangere di gioia fu proprio Maradona...seguito a ruota da Palummella e dalla intera città. L’avvenuto passaggio di Maradona nelle file del Napoli, fece si che la “miseria Napoletana” vivesse il momento più “ricco” della propria esistenza calcistica. “ MARADONA È DEL NAPOLI!”... CE L’ABBIAMO FATTA!! “ “FINALMENTE È NOSTRO! Ogni quotidiano annunciò l’avvenuto acquisto a modo suo. La città divenne il più grande manicomio di tutti i tempi: caroselli di macchine e di moto la invasero. La gente cantava, ballava, inneggiava a Maradona. Insomma una vera pazzia... ma bella a vedersi. E Gennaro Montuori? Possibile che ad un avvenimento così importante preferiva fare il pantofolaio fra le mura di casa propria? Altro che pantofolaio!... Egli si procurò un camion di grosse dimensioni e dopo averlo stipato di tifosi e di bandiere azzurre, partendo dal cuore del quartiere Sanità, fece il giro dell’intera Napoli. Quando all’alba, 77


ebbro di felicità fece ritorno a casa, nell’alzare gli occhi verso la propria dimora, notò una volto femminile dietro un vetro della finestra. Era Anna, che trepidante aspettava il suo ritorno a casa. Non un rimprovero uscì dalle labbra di Lei, nonostante che la stanchezza della veglia notturna si leggeva più viva che mai sul suo volto. Lo accolse più sorridente che mai per dividere con lui quella gioia “made Maradona”. Il 5 luglio 1984 Diego Armando Maradona ufficializzò il suo passaggio al Napoli con una entrata in campo a dir poco favolosa. E qui consentitemi una riflessione. Ho sempre pensato che se Maradona fosse stato Re, i napoletani sarebbero stati felicissimi di farsi governare da un monarca come lui, e sono anche convinto che per un lungo periodo sarebbero vissuti come nelle favole: felici e contenti. Restando nel fiabesco... l’accoglienza che i centomila del San Paolo riservarono a Diego, è da considerarsi un vero record, che il “Pibe de Oro” onorò con magie calcistiche “ipnotiche”. Inoltre dimostrò quanto grande era il suo amore per il calcio e quanto bene era intenzionato a fare per la squadra partenopea. Il primo a capirlo fu Peppe Bruscolotti, capitano e bandiera del Napoli, che senza starci a pensare più di una volta, si tolse dal braccio la fascia di capitano per darla a Maradona, nonostante la sua giovane... età.

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Maradona e Bruscolotti, i “due capitani� del primo storico scudetto

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La “Leva di Archimede”

L’inizio del campionato 1984-‘85 non fu come si auspicava. Il Napoli dopo le prime dieci partite navigava in acqua di classifica molto bassa, Maradona per quanto fosse grande... non era un extraterrestre, e questo il presidente Ferlaino lo sapeva bene, ma non per ciò si doveva dargli colpa. Lui, il primo passo per lo scudetto lo aveva fatto, per gli altri bisognava pazientare. Nel frattempo, Gennaro Montuori, pur continuando ad essere il trascinatore del tifo della Curva B, non vedeva l’ora di conoscere di persona Diego Armando Maradona. Per un normale tifoso ciò sarebbe stato difficile da avverarsi, ma per uno scugnizzo intelligente come Palummella, la famosa lampadina per arrivare a Diego si sarebbe accesa anche senza spina... E così fu! Fra i tanti calciatori amici, Gennaro ricordò l’argentino Daniel Bertoni, campione del mondo, amico di Maradona. Detto fatto, lo chiamò, e nel giro di pochi giorni, il sogno di stringere la mano al più grande calciatore di tutti i tempi si avverò. “Datemi una leva e un punto di appoggio, e vi solleverò il Mondo”. A dirlo fu Archimede. Gennaro Montuori non avrebbe pensato nemmeno lontanamente che sarebbe stato proprio Maradona “la famosa leva” di Archimede... Un giorno, parlando dell’asso argentino, con l’one80


stà che lo distingue, mi disse: “Prufussò, ad essere sincero devo molto a Diego, la sua amicizia ha contribuito non poco a far si che la mia popolarità aumentasse”. Questa sua spontaneità l’apprezzai moltissimo, ma più ancora apprezzai la modestia. perché se Maradona ha rappresentato per Lui la “famosa leva”, è anche vero che il “punto d’appoggio” lo aveva creato già lui... diventando “Palummella”. Al di là dei vantaggi che gli sono venuti dalla conoscenza di Diego, Maradona ha rappresentato per Palummella la vera amicizia. I trascorsi dei due, hanno avuto una vita parallela proprio come i binari del treno: scugnizzo uno... scugnizzo l’altro, stesso misero passato, indiscusso Re del pallone Diego, indiscusso Re del tifo Gennaro. Credo proprio che i due una volta incontratisi, non potevano non frequentarsi... troppe cose in comune li univa. Ma, soprattutto, l’amore per i propri genitori delle cui “povere” origini andavano entrambi fieri. Di Maradona si è scritto tutto, o quasi...Le male lingue poi hanno dato sfogo a tutta la cattiveria possibile, e fra i tanti giornalisti che si sono cimentati ad esaltare le sue qualità calcistiche, solo qualcuno si è degnato di descrivere le sue umane qualità, che a parere mio, meritavano se non più... uguale rispetto.

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“Napoli: la mia passione”

Capire la natura dei disoccupati napoletani appartenenti al mondo dell’improvvisazione... diventa una impresa a dir poco impossibile. Nonostante le centenarie lamentele di miseria, essi continuano a non morire di fame e sorprendentemente a condurre una vita al passo con i tempi. Si superano per la squadra di calcio del proprio cuore. Pur di seguirla venderebbero un arto! Così per i propri beniamini, e questo fin da quando il “pallone” è entrato nella vita dei partenopei. I Sallustro, i Vojac, i Buscaglia, i Sentimenti dell’”Ascarelli”. Gli Jepson , gli Amadei, i Masoni, i Casari, i Pesaola i Viney, i Vinicio del “Collana”. Gli Improta, gli Iuliano, i Clerici, i Savoldi, i Giordano, i Carnevale, i Careca, i Maradona, i Quagliarella, i Lavezzi, i Cavani, ecc. del “San Paolo”, diventano per i napoletani tanti “San Gennaro”...E forse anche “più”... Perché i miracoli della liquefazione del sangue del Patrono che da secoli si susseguono per due volte all’anno, (San Gennaro mi perdoni) nulla fanno per alleviare le pene dei partenopei. Per i napoletani invece, “ ‘O Napule è tutto”; una sua vittoria equivale ad una loro vittoria di vita. Così come una sua perdita ad una sconfitta. In questo caso, “Quanno “’o “Ciuccio” esce da ‘o campo c’a cora ‘mmiez’’e cosce” sono molti i tifosi che tornando a casa, non solo se la “prendono” con le mogli... Ma con il mondo intero. Lo scon82


forto, il dispiacere per la sconfitta, li riporta in mente la “disoccupazione, i debiti, il caro pigione e tutto quanto offende la dignità di un uomo. Purtroppo, e mi duole ammetterlo, questa “febbre” calcistica credo sia dovuta anch’essa all’innata malformazione mentale dell’uomo, che da sempre ama confrontarsi con i propri simili allo scopo di sentirsi “superiore”. Lo fanno quasi tutti, ed io sono convinto che sia questa la vera ragione delle guerre, del razzismo, del pazzo potere politico, di quello della “droga” e di tutto quanto ha ridotto la Terra ad essere il “pianeta” vergogna dell’Universo. Riguarda il razzismo “geografico”, faccio presente ai “signori del nord”, che il sud quando è stato chiamato in causa per difendere la comune Italia, non ha esitato a mettere a repentaglio la propria vita né per le “quattro giornate”, né per le

La formazione del mitico Attila Sallustro al campo Ascarelli

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guerre e né per fare l’unione d’Italia; periodo in cui (per chi non ne fosse al corrente) Napoli era la città più ricca d’Italia, e i poveri erano... “Quelli del nord”; i quali, devono ringraziare l’incapacità mentale di Francischiello, che ha dato la possibilità al “morto di fame” Vittorio Emanuele II° e al trafficante di schiavi negri Giuseppe Garibaldi, di entrare dalla porta... maestra nella gloriosa storia d’Italia, laddove i loro monumenti andrebbero abbattuti e sostituiti con quelli di chi veramente s’è dimostrato degno di tale riconoscimento. Fra i tanti meritevoli snobbati, potrei citare Federico II, Re delle due sicilie, nonché Imperatore del Sacro Romano Impero. Egli è stato oltre che un ottimo stratega... uno di quei pochissimi Monarchi degno di regnare, e fu anche ”vendicatore”, oltre che nipote affezionato di Federico Barbarossa. Per i non amanti della storia, quest’ultimo cercò d’invadere la Lombardia. Ma i comuni lombardi si coalizzarono militarmente opponendosi all’invasore, nella famosa battaglia di Legnano. Ebbene, laddove fallì il Barbarossa, ci riuscì suo nipote Federico II, impartendo un grosso “mazziatone” al nord, oltre che portarsi a Palermo anche il famoso “Carroccio”. Insomma, come direbbe “Re Palummella”: “’O cullego mio, ‘o levaje ‘e pacchere ‘a faccia” e se purtaje pure ‘o “Carruocciuolo” a Palermo. Che tradotto significa “il mio collega vendicò l’onda della sconfitta dello zio, portandosi via anche il Carroccio”. A differenza di tanti Re “ somari”, Federico II ha imperato con intelligenza facendo si che il Sud guardasse il nord dall’alto. Napoli, è stata tra le città più amate dall’Imperatore; 84


fra i tanti “gioielli” che il Monarca gli ha donato: la prestigiosa e famosissima Università che porta il suo nome. Eppure, a Napoli si continua a gridare: “W. Garibaldi, W. Vittorio Emanuele II” ed io aggiungo: “W. quei fessacchiotti ca s’ammoccano tutt’’e fesserie ca ‘e vonno fa’ credere”. Ritornando “alla insufficienza mentale” di Francischiello... le conseguenze della sua “resa” ebbero conseguenze catastrofiche sul Sud, alimentando la diseconomia, il razzismo e da ultimo l’insofferenza “calcistica” di quelli del c.d. “nord”.

Il mitico Sallustro premia il mitico Sivori. Nel 1990, lo stadio doveva chiamarsi “San Paolo Attila Sallustro”. Non si è mai capito perché i politici cambiarono idea


Napoli... “pregherò per te”

Lo scudetto è sempre stato il grande sogno di Gennaro, per far sì che il tricolore cintasse il petto del “Ciuccio” (visto che l’impresa si dimostrava più ardua di quanto si potesse immaginare), pensò bene di rivolgersi ai santi.

Gennaro Montuori nel Santuario di Pompei, dove chiese alla Madonna il miracolo dello scudetto, con gli amici del “Respiro Azzurro” della sez. di Pompei capitanati dallo storico tifoso Catello Izzo

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Il primo, fu San Vincenzo Ferreri. Ma né ‘o Munacone d’a Sanità, né ‘o Munaciello ‘e Pietralcina (che in quel periodo di miracoli ne faceva tanti) né Moscati diedero ascolto alle sue preghiere. Lo stesso San Gennaro, che di Napoli è il Patrono, fece orecchie da mercante. A sua volta, Anna, per essergli vicina anche nella preghiera, le proprie suppliche le rivolgeva al Volto Santo. Ma nemmeno questo rispose all’appello di quelle suppliche, perchè il Napoli continuò a giocare alternando due pareggi ed una vittoria e tre sconfitte. A dimostrazione di ciò, gli unici trofei che riuscì a vincere per la propria bacheca furono due coppe Italia, di cui una la vinse che militava nella serie B e una cuppetella. Ma dico io: “ San Viciè, Padre Pi’, Moscà, San Gennà, avite fatto tante ggrazie... Che ve custava a fa’ vencere nu scudetto a ‘o Napule”? Si vede che in Paradiso si gioca solo a “palla al volo”... Intanto fra na partita e un’altra “Palummella” senza mai perdere la speranza del “miracolo” scudetto, continuava a pregare volando da un sagrato all’altro, scrivendo finanche sui muri della Basilica di Pompei: – Maro’ fa vencere ‘o scudetto a ‘o Napule” –.

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E il sogno si avverò

Erano cent’anni che la Juve, il Milan e l’Inter si alternavano per la conquista dello scudetto. L’egemonia della triade, prima e dopo il periodo del grande Torino di Valentino Mazzola, di tanto in tanto veniva interrotta dalla squadra occasionale. Al Napoli di Vinicio, Clerici , Iuliano e compagni, l’impresa non riuscì solo per un soffio. Purtroppo lo scontro diretto per l’assegnazione del titolo lo avemmo contro la Juve, che, tanto per cambiare, se lo aggiudicò; in che maniera...lo lascio alla vostra immagina-

Il tridente che fece impazzire Napoli negli anni Settanta: Braglia, Canè e Clerici guidati da Vinicio

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zione. Quello che so di certo, e che voci di corridoio fecero trapelare, e che l’arbitro aveva diretto l’incontro con un’ occhio di vetro. Con Clerici, soprannominato: “El Gringo” (un n. 9 entrato a far parte della storia dei mitici centravanti che hanno indossato la maglia azzurra del Napoli, ebbi modo di scambiare qualche parola davanti alla rituale tazzulella ‘e cafè partorita dal grembo della macchinetta di casa mia. C’era anche Gennaro, e fu lui a portarmelo. Li invitai per una pizza, ma il tempo a loro disposizione era brevissimo in quanto nel giro di mezz’ora dovevano trovarsi al ristorante di Peppe Bruscolotti: indimenticabile pilastro della storia del palazzo calcio Napoli. Li salutai, e nel mentre rientravo in casa ritenni che lo pseudonimo di Palummella era del tutto sbagliato, o meglio riduttivo. Aquila, era questo il nome con cui andava chiamato. “Il dominio calcistico” Piemontese-Lombardo durò fino al 1984, anno che coincise con la venuta a Napoli del fuoriclasse argentino Diego Armando Maradona il quale, oltre che essere quel grande del “pallone” che tutti conosciamo, tenendo fede alla promessa fatta a Bruscolotti ed ai napoletani (che in due anni lo scudetto sarebbe approdato alle falde del Vesuvio), si dimostrò anche uomo di parola. I suoi palleggi, le sue punizioni, il suo fantasmagorico gioco, fecero gridare al miracolo l’intero pianeta. Quel gran premio dello scudetto vinto dal Napoli segnò nel mondo del calcio non solo la rivalsa del Sud sul “razzismo” del pallone. Ma permise al “ciuccio” di 90


spezzare l’egemonia della triade dei “puro sangue” del nord: Juve, Inter, Milan. A proposito dei puro sangue, sapevate che il simbolo di Napoli era il cavallo Rampante e che ci fu fregato? Ma Napoli... Ha saputo dimostrare che il ciuccio non sempre le bastonate le prende, specie quando il fantino si chiama Diego Armando Maradona. Naturalmente uno scudetto non si vince da solo... E devo dire che i compagni di scuderia furono tutti “santi”... Solo che Diego lo fu al punto, che nel cuore dei napoletani, prese il posto di San Gennaro... Al che

Gli storici amici fraterni di Palummella e di tutti i napoletani

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ho pensato: – vuoi vedere che sotto sotto c’è stato lo zampino di Padre Pio? – A farmelo pensare è stato Gennaro, il quale mi ha fatto presente che lo scudetto il Napoli l’ha vinto nell’anno del centenario della nascita di Padre Pio. Al che voi direte: – E che c’entra? Mica Padre Pio vuole diventare Patrono di Napoli? – E perché no. Lo è diventato Maradona, perché non potrebbe Padre Pio? – Naturalmente ho scherzato. Mentre il nuovo “patrono” di Napoli “ si avviava con i suoi compagni a sedersi sul trono più ambìto del calcio italiano, in contemporanea “Palummella”, dimostrando al mondo intero quanto fosse geniale l’inventiva dei laureati del marciapiede. Vinceva il proprio scudetto, facendo svegliare il Vesuvio con tre enormi fumate di colore bianche, rosse e verdi. E poi dicono che gli scugnizzi non hanno “le palle” sul casato.


Anche oltre Cortina...

Dopo il primo storico scudetto, il Napoli ne sfiorò un secondo nell’anno successivo, che però perse fra mille allusioni. In quel periodo Gennaro Montuori ritirò il premio per la Curva più bella della domenica Sportiva della Rai. Ma già precedentemente, insieme al suo grande amico Crescenzo Chiummariello aveva ritirato il premio quale: “Pubblico più corretto d’Europa. Il secondo scudetto arrivò a distanza di tre anni dal primo. La quasi certezza matematica l’avemmo dopo

Gennaro e Giorgio premiano Re Diego

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l’incontro di Bologna, che finì quattro a due per il Napoli. In quella occasione Gennaro festeggiò l’avvenimento con Anna e i suoi due figli Carmine e Michele. I festeggiamenti continuarono fino a sera per poi terminare in pompa magna a notte dell’ndomani. La definitiva conferma del secondo tricolore l’avemmo battendo la Lazio per uno a zero con goal di Baroni. Per l’occasione “Palummella” si spostò nel settore dei distinti dove fece cantare ebbri di felicità i ventimila presenti. Per alcune vicissitudini, i rapporti fra il Napoli e Maradona si incrinarono, ed a pagarne le conseguenze fu la coppa dei campioni. Come accadde tre anni addietro con il Real Madrid, la cosa si ripetè anche a Mosca. Quel giorno, nonostante un’indisposizione, Diego si recò da solo alla volta della capitale Russa per ricongiungersi coi compagni di ventura. Ad attenderlo c’era Montuori con il suo fedele seguito di tifosi. Questi, che si trovava in albergo, messo al corrente dell’arrivo del Pibe, lo raggiunse. Parlando poi con Moggi e Bigon, venne a sapere dell’indisposizione di Diego e, nonostante ciò, suggerì a Bigon di schierarlo comunque in campo, perché Diego era sempre Diego. In quel periodo Mosca stava vivendo ore molto critiche: nell’aria c’era il pericolo di una rivoluzione. Al di là delle proprie porte c’erano i soldati in stato di guerra con i fucili puntati, che scombussolò di parecchio la pace interiore di “Palummella”. Maradona, pur essendo Argentino, ha la capa tosta “dei calabresi” (testa dura) e immaginando che il tremolio delle mandibole di Gennaro fosse dovuto al 94


freddo, lo indusse a recarsi con lui dove c’erano ad attenderli i fucili puntati della muraglia russa. Ebbene, prima che il povero Gennaro appesantisse per la paura il proprio pantalone, accadde ciò che solo la febbre saltellante del pallone era in grado di dare spiegazione: i soldati , che in quanto a disciplina non sono secondi a nessuno, poggiarono i fucili a terra e si recarono da Maradona per chiedergli l’autografo. Purtroppo per noi, l’incontro finì a favore dei russi e con esso anche il periodo d’oro del Napoli, che rimase orfano di Maradona, che se ne tornò per sempre in Argentina. Chi rischiò di restare per sempre... in Russia, fu “Palummella” che, vittima della grande delusione per l’eliminazione degli azzurri dalla coppa dei campioni, per il grande dispiacere subito andò in “catalessi” addormentandosi profondamente sulla candida neve, i cui fiocchi continuavano ad imbiancare sia gli spalti che il manto verde del campo. Preda del sonno, nonostante il glaciale freddo, Gennaro continuò a smaltire l’onta della sconfitta anche dopo che tutti gli spettatori lasciarono gli spalti. Fu grazie agli occhi di “falco”, un addetto ai lavori dello stadio, che si accorsero della sua presenza dormiente, altrimenti, l’indomani avremmo letto su tutti i giornali di una “Palummella” surgelata. Inoltre, sul manto verde dello stadio San Paolo, avremmo visto il numero dieci scorribandare ancora a tutto campo sulla maglietta del giocatore di turno del Napoli. Per chi non ne fosse a conoscenza: dopo la partenza di Diego Armando Maradona, “Palummella”, che oltre essere il grande amico del Pibe De Oro, era anche il suo più 95


grande estimatore, suggerì a Ferlaino e a Corbelli di eliminare la maglia col numero dieci, divenuta ormai il simbolo di Maradona. In verità mi raccontò Gennaro: “ Sia Ferlaino che Corbelli, accettarono la proposta senza farselo ripetere una seconda volta, dimostrando così, non solo di rispettare la grandezza calcistica di Maradona, ma anche la volontà degli appassionati del fenomeno della pelota.

Partita di beneficenza tra Santa Lucia e una rappresentativa guidata da Maradona, Bruscolotti e Palummella

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L’Addio di Palummella Dopo la partenza del fuoriclasse argentino, per i Napoletani non fu facile abituarsi di nuovo ad un Napoli senza il suo campione, anche perché la squadra, divenuta orfana della sua classe cristallina, da “cigno” passò ad essere il brutto anatroccolo del campionato. Purtroppo il dopo Diego si dimostrò molto più catastrofico di quanto si pensasse. Il grande Napoli dei Ca-

reca, Giordano ecc, nel giro di qualche anno finì nel “purgatorio” della serie B, e poi addirittura ”nell’inferno” della “C”. Fu a questo punto che capii quanto fosse grande l’amore di “Palummella” per gli azzurri. Nel momento cruciale della crisi, come se la serie C fosse stata il girone della Coppa dei campioni continuò ad incitare la squadra. E i napoletani, anch’essi innamorati “del ciuccio”, nonostante i fitti delle case continuassero a salire alle stelle, la disoccupazione, la droga, l’assenza delle istituzioni, l’invasione delle auto, dei motorini, delle motociclette, delle multe, degli “extracomunitari”, della 98


prostituzione dilagante, del gioco del lotto tre volte a settimana, dell’enalotto, del gratta e vinci (che poi perdi sempre), delle lotterie, delle “bollette” delle corse dei cani, dei cavalli ecc, continuarono ad andare in ottantamila allo stadio e ad anteporre il Napoli a ogni altro problema. Non me ne voglia il Napoli, per questo mio fuoricampo sfogo, l’avrei fatto anche se fra le sue fila avesse giocato ancora “ ’O Rre ” e non me ne voglia nemmeno Gennaro Montuori, in quanto so bene che i suoi incitamenti al Napoli non glieli avrebbe fatti mancare nemmeno se il “ciuccio” avesse giocato in un girone di eccellenza. Non di rado mi ritrovo a pensarlo “preda” del sole, della pioggia, del freddo e credo che a voler fare la conta delle ore da lui dedicate al Napoli, non basterebbe una intera giornata. Ma gli anni purtroppo passano, e anche per il capo degli ultrà, che in cuor suo, pur rifiutandosi di ammetterlo non sentiva più di essere quel trascinatore che, previe buattelle, dava lezioni di frastuoni finanche ai motori degli aerei che sorvolavano lo stadio di fuorigrotta; e poi c’era stata la partenza di Maradona, che aveva lasciato nel suo cuore una piaga che nemmeno il tempo sarebbe stato in grado di guarire. Orfano dell’”amicizia” di Diego, Gennaro, sebbene demotivato continuò ad andare allo stadio, ma alla nostalgia “Maradona” si era aggiunto lo sconforto della violenza negli stadi, che aveva raggiunto livelli di massima intollerabilità. Quando si è giovani il pericolo si valuta molto superficialmente, cosa che lo “scugnezziello” Gennaro fece fin dalla prima volta che mise piede in uno stadio. Ma ora c’erano i figli e... qualche anno in più.

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...Tanto per cambiare...

L’amicizia quella vera non conosce scadenza, dura un’intera vita. Ed è stato così per quella di Maradona e Montuori che, nonostante lo scorrere del tempo e la grande lontananza che li divideva, non smisero mai di cercarsi telefonicamente e di tanto in tanto di incontrarsi. Si videro in occasione del premio per il calciatore più grande di tutti i tempi. I prescelti furono due: Pelè e Maradona. Al brasiliano doveva andare il trofeo del popolo, mentre all’argentino quello della Federazione Calcistica. Una giuria “competente e attentibile” i premi li avrebbe dati tutti e due a Diego che, a parere mio, gli spettavano entrambi di diritto. E invece come spesso accade, al momento della premiazione le carte in ta-

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volo furono cambiate: il riconoscimento dell’uno andò all’altro e viceversa. Che il Pelè in attività fosse stato un grande, nulla da eccepire. Ma Maradona lo era stato di più. La notizia fece scalpore al punto da fare il giro dei quotidiani di tutto il mondo. Ma come sempre accade, sia la rabbia onesta, che i falsi bla, bla, bla, non portarono a nulla. Ancora una volta il famoso detto “dare a Cesare quel ch’è di Cesare”, si dimostrò tale solo verbalmente. Il solo “Palummella” cercò di fare giustizia agendo di fatto, e lo fece con l’unica arma che gli era congeniale: un enorme striscione su cui si leggeva a caratteri cubitali la rabbia che il ladrocinio di un certo potere calcistico. Ma la cosa non finì qui, il sangue dei due calienti scugnizzi andato in ebollizione li condusse dal direttore della Rai dove completarono con urla di improprie ciò che non gli fu possibile esprimere con lo striscione per mancanza di spazio. Al malcontento di Diego e Gennaro aggiungerei la

Striscione ironico per Pelè

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vergogna! Vergogna per la pochezza di quel potere ruffiano che si presta a queste cose. E vergogna anche a colui o colei che le accetta. Diego e Gennaro continuarono ad incontrarsi a telefonarsi e a discorrere sulle loro avventurose vite e su quella degli azzurri del Napoli che fra una tempesta e una giornata di sole, arrivò a spegnere l’ottantesima candelina. Per il Tribunale l’avvenimento non era da festeggiare. Fu cancellato. Ma non avrebbe dovuto essere così per Aurelio De Laurentis, Presidente degli azzurri, e Pier Paolo Marino, responsabile addetto alla compravendita dei calciatori. A parer mio i due, anche per i soli occhi dei napoletani, avevano il dovere di cantare per “il vecchio Napoli” il tanti auguri a te con Gennaro Montuori e compagni (che in precedenza li aveva invitati ad unirsi a lui per i preparativi della festa). Avranno pensato: “Ma come si permette questa “palummella“ di innalzarsi alla nostra altezza” E per tutta risposta ignorarono del tutto l’invito. E qui ancora una volta Gennaro Montuori diede dimostrazione che un “comune mortale” a volte può superare un “extraterrestre” e, da “Palummella”, si trasformò in “aquila reale” infliggendo a certa stupida prosopopea una magnifica lezione di vita. Fece preparare per il “suo vecchio Napoli” una torta che, stando agli invitati, era a dir poco regale, cosa che per dovere avrebbero dovuto fare i “padroni del vecchio ciuccio azzurro”. Intervennero al megagalattico avvenimento di 102


Iuliano, A. Sallustro, Jepson, D. Celentano, Gennaro, Vinicio, Bruscolotti, Savoldi e Rambone

compleanno quasi tutti gli storici che in passato avevano indossato la casacca azzurra. Alberto Sallustro, Di Costanzo, Comaschi, Iuliano, Tacchi, i “quattro moschettieri” Amadei, Jepson, Pesaola e Vinicio, Zola, Moggi, Ferlaino, Amadei, Roberto Fiore, Clerici, Bruscolotti, Savoldi, Canè, Improta, Romano, Garella, Massa, Francini, Vavassori, Di Marzio, il mitico Gennaro Rambone (amico storico di Palummella nonché grande opinionista) e tanti tanti altri, che a volerli elencare questo manoscritto diverrebbe un elenco telefonico. 103


Antonio Corrado, Corrado Ferlaino, Gennaro Montuori e Luciano Moggi

Maradona non c’era, e la sua assenza fu notata da tutti, ma tutti sapevano quanto il fuoriclasse desiderava far parte di quella festa di compleanno e che se l’aveva disertata la ragione era più che seria. Diego come Gennaro, il Napoli lo tiene nel cuore, come nel cuore i napoletani tengono lui. Commentare l’impresa di “Palummella” compiuta in occasione dell’ottantesimo compleanno degli azzurri, ci vorrebbero parole che non ancora sono state inventate, al che: W lo scugnizzo.

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Il bacio Fra un commento e l’altro della favolosa festa di compleanno, si arrivò al 6 giugno dell’anno 2006, che sul calendario sembrava un giorno dei tanti, ma per Gennaro Montuori quel 6 giugno rappresentava qualcosa di diverso: la data della sua venuta al Mondo. Per l’ occasione Salvatore Bagni aveva prenotato già il ristorante. Naturalmente ad una ricorrenza così importante non poteva mancare “sua Maestà Re della pelota” Diego Armando Maradona. Ad invitarlo fu lo stesso festeggiato, che si prese cura di scegliere anche il ristorante. Quindi fuori quello prenotato da Salvatore Bagni, e dentro qualcuno che avesse una figura regale. E quale se non “La Sorrisa”? A tavola, si sa, non ci sono né Re né sudditi e nemmeno generali e soldati, L’unico “graduato” è il vino che per l’occasione, fra una portata ed un’altra, fece si che i due celebri “scugnizzi” ripercorressero il cammino della loro vita, raccontandosi gioie e dolori dei propri trascorsi, compresi quelli intimi. Il romanticismo sprigionato dall’atmosfera della “Sorrisa”, unito alla “gioia” del palato. E a quella della presenza di “Re” Diego, portarono Gennaro a chiedere al Pibe de Oro: “mi vuoi ancora bene?”. Il bacio sulla bocca che il fuoriclasse diede a “Palummella” fu la risposta più sincera che gli potesse dare. Ma al di la del campione, la cui grandezza è immensa, Maradona è un’anima genuina, semplice, e come tale aggiunse al bacio la seguente frase: “sei mio fratello”. I baci sono come le ciliegie, uno tira l’altro, e Diego 105


Bacio fraterno tra Maradona e Gennaro

baciò sempre sulla bocca anche Diego figlio di Gennaro. Concluse con gli omaggi “perugina” baciando il pancione della nuora del festeggiato, incinta di Gennaro Montuori Junior. Voglio farvi una confessione: se fossi Maradona, a “Palummella” chiederei il divorzio, in quanto mi è giunta notizia che quest’ultimo ha il bacio facile. Per informazione rivolgersi a Giordano, Clerici e Quagliarella. Loro vi diranno che si sono baciati sulle guance, sarà... A parte gli scherzi, tornando a Diego, con il fuoriclasse Argentino il Napoli ha vinto due scudetti, una coppa Italia, una coppa Uefa, una super Coppa Italiana, un secodo posto e tante soddisfazioni, che resteranno 106


indimenticabili sia nel cuore che nella mente dei Napoletani. Ripercorrendo il cammino del soggiorno azzurro di Maradona, scopriamo che il fuoriclasse argentino oltre alle immense qualità calcistiche, ne possiede tante altre: la sensibilità per la sofferenza altrui è quella che lo eleva al di sopra di tutto. Sono tanti gli interventi di aiuto che ha fatto e che continua a fare, e credetemi, non li fa solo per pavoneggiarsi. Al contrario, è restio ad ogni forma di pubblicità. Anche l’umiltà fa parte del suo bagaglio. Ricordo che quando approdò a Napoli, fu ospite di una trasmissione sportiva che andava in onda su Tele A.

Giordano, altro fraterno amico di Gennaro Montuori

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A quell’epoca scrissi il mio primo libro: “A TERRA È ‘O MANICOMIO ‘E L’UNIVERSO”. Ebbene, all’atto di offrirglielo, lui con fare umile, mi chiese di autografarlo. Ci fu una sera che si recò da Gianni Improta (ex N° 10 del Napoli degli anno 70) per chiedergli la disponibilità di un campo da calcetto per una partitina fra amici. Ebbene, avendo avuto la risposta che tutti i campetti erano occupati, Maradona con fare scherzoso, disse all’ex 10 del Napoli: “o mi dai il campetto o vengo qui con Palummella con i suoi ventimila ultrà e ce lo prendiamo con la forza”. La battuta di Diego dovette far ridere non poco Gianni Improta, la cui amicizia con Gennaro Montuori risale alla notte dei tempi. Diego e Gennaro vengono da un passato la cui somiglianza potrebbe far pensare che uno sia la fotocopia dell’altro. I due hanno in comune troppe cose: l’intelligenza, la “gavetta” della miseria, la scuola del “marciapiede”, nonché il grande attaccamento per i propri cari. Ne deduco che non potevano non diventare amici.

Il battesimo di Cinzia Montuori

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Per dovere di cronaca , Maradona e Claudia fecero da padrino e madrina al battesimo di Cinzia, l’unica figlia femmina di Gennaro. E, fra i tantissimi battezzati col nome di Diego Armando, per rendere omaggio al grande campione, ne troviamo uno (come già detto) anche in casa Palummella, che, sono convinto, se all’anagrafe fosse stato possibile sarebbe stato dichiarato col nome di Montuori-Maradona. Diego Armando “Junior”. Dopo il matrimonio, (anni novanta) Gennaro e Anna adottarono due ragazzi ”Ultrà”: Gaetano Tomarchio, (che ha sposato Cinzia Montuori, figlia di Peppino fratello di Gennaro) e Maurizio Caccavale, diventato calciatore Professionista, che, se non avesse avuto un serio incidente, a detta di Fabio Cannavaro sarebbe diventato un grande. L’adozione dei due “Ultrà”, sta a dimostrare che Gennaro Montuori ama non solo il calcio, ma anche i problemi umanitari.

Maradona, Maurizio Caccavale e Gennaro

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Fine di una favola

Ogni favola che si rispetti ha il suo lieto fine. Purtroppo non si potrà dire lo stesso per quella di Diego Armando Maradona, che non poteva avere fine più amara. A tale proposito, approfittando di questo manoscritto e del fatto che in Italia c’è “libertà” di parola, vorrei dire ciò che penso. Non che voglia far passare un sicuro “assassino” per innocente, ne tanto meno difenderlo per un fatto di simpatia, ma credo proprio che con Diego si sia esagerato.

Palummella, Maradona e Giorgio con i tifosi del club Napoli di Ischia

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L’aver fatto passare “Cappuccetto Rosso per il lupo cattivo” è stata, a parer mio, una “cattiva gratuita ” di chi aveva interessi da ricavare. Sono milioni quelli che cadono nella ragnatela della Coca, e l’Argentino non è altro che una maglia di quei milioni che formano questa triste catena. Chi non ha peccato scagli la prima pietra – E Magari fra i “tanti farisei” che l’hanno lapidato, si annidano sniffatori, a confronto dei quali, Diego avrebbe fatto la figura dello scolaretto. Il Maradona che fa uso di droga è la dimostrazione che la “grandezza dei piedi” nulla ha da spartire con le debolezze della testa. Non è la prima volta, e non sarà nemmeno l’ultima, che un uomo vissuto nella miseria, trovandosi improvvisamente ricco, perda la “bussola”. Diego per quanto possa essere un uomo sveglio, mai avrebbe potuto sfuggire ai tentacoli della “Coca”, o meglio, di chi lo portò a farne uso. Purtroppo l’ epidemia delle droghe va allargandosi a macchia d’olio e chi non ha i soldi per pagarsele, “costi quel che costi”... “S’adda fa”! e poco importa se per procurarsi il denaro si vedono costretti a rubare, oppure a picchiare la propria madre. Ma, ai “Machiavelli” queste cose non interessano, il loro fine è il denaro, e non venite a dirmi che “nel mondo in cui viviamo”... i soldi fanno schifo. Il Pibe de Oro, che i soldi li guadagnava coi piedi... (ed i suoi erano una stampante della Zecca), per fare uso di certa roba non ha rubato né picchiato nessuno se danno c’è stato, l’ha fatto a se stesso. Con ciò non dico che andavano battute le mani in segno di giubilo, ma da qui a lapidarlo, come hanno fatto, ha della cat111


tiveria ingiustificabile, in quanto è stato trattato come se fosse stato lui l’inventore della polvere bianca. Il responsabile dello Sniff. Andando a ritroso nel tempo nella vita di Diego e, volendo analizzare i suoi trascorsi, non si può non considerare ciò che ha provocato il serio incidente di percorso della sua vita. Sono milioni i giovani che fanno uso di stupefacenti; e credetemi, ne fanno uso anche i “grandi uomini politici”. Maradona era ed è rimasto uno scugnizzo, uno scugnizzo che al di là del magico piede sinistro che si ritrova, è “RE” e non solo del pallone.

Gennaro e Giorgio accompagnano Maradona ad un incontro con l’imprenditore Sorbino e famiglia

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Il commiato

“Palummella lascia!”... Le prime voci che iniziarono a trapelare sulle dimissioni del presidente degli ultrà, furono accolte con un certo scetticismo dalle male lingue, convinte che mai Palummella avrebbe lasciato la “cuccagna” Napoli. E invece ancora una volta dovettero ricredersi. Gennaro Montuori, nell’anno 2001 tenne fede al comunicato stampa consegnando di persona la lettera delle proprie dimissioni da Presidente degli “Ultrà”. La decisione di lasciare gli costò non poco, ma nonostante le “suppliche” per farlo rimanere, la sua decisione fu irrevocabile; stavolta aveva deciso veramente di uscire di scena. Qualunque società calcistica al mondo, quel congedo lo avrebbe salutato col gran pavese. Venticinque anni di tifo, di striscioni, di trasferte, di litigi con le altre tifoserie, di tempo tolto alla propria famiglia per dedicarlo alla squadra del cuore, di amore sviscerato per gli azzurri ecc, andavano salutati quanto meno con una targa. E invece ancora una volta l’ingratitudine dell’uomo non si smentì: l’Associazione Calcio Napoli salutò quel congedo con la più fredda e ingrata delle indifferenze. Nell’apprendere questo triste episodio, il pensiero mi portò al mio primo libro “ ’A terra è ‘o manicomio ‘e l’universo”. E credo di non essermi sbagliato allora... e nemmeno oggi, che certe cose... sono veramente da pazzi. 113


L’”esercito” degli Ultrà in trasferta con Gennaro e Anna

Che l’uomo abbia nella mente dosi di squilibrio, l’ho sempre pensato, fin dalla tenera età. I primi insegnamenti mi vennero dal collegio dove trascorsi parte della prima infanzia. Ad impartirmeli fu il sadismo di “alcune spose immacolate” di Cristo. Poi col tempo le guerre, la pedofilia e tutto il resto di cui non amo nemmeno più parlarne hanno fatto il resto. C’è gente che a novant’anni ama fare progetti per il futuro, politici anch’essi novantenni, che pur di continuare ad arricchirsi non esitano a mandare al macero della guerra milioni di vite umane. Gennaro Montuori, “la sua guerra” non l’ha combattuta per arricchirsi né per essere insignito di medaglie a valore. Egli al di là dei guadagni (che per vivere sono essenziali) ha affrontato mille e più battaglie per amore del Napoli, perché il Napoli è stato ed è la sua patria, e quando la patria si serve come lui l’ha servita...un gra114


zie, credo proprio che da parte dei governanti della S.S.C. Napoli gli spettava di diritto. Ma, alle ingiustizie Gennaro ci era abituato, non era quella la prima e nemmeno sarebbe stata l’ultima. Spero solo che il tempo tolto alla famiglia per dedicarlo al “Napoli” (a dispetto di quei presidenti che pensano prima alla propria tasca e poi alla propria squadra), troverà riscontro oltre queste mie righe, anche in tutte quelle che decanteranno la storia del Calcio Napoli. La sua uscita di scena lasciò un vuoto non solo nel settore della curva che l’ha reso celebre, ma anche nei

Maradona, Palummella e Alemao festeggiano insieme ai tifosi il secondo scudetto

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cuori di chi ama il calcio come sport e non come occasione per dare sfogo a scene di vandalismo. Lui la violenza l’ha sempre lottata con tutte le forze, e questo a parere mio era già sufficiente per indurre i responsabili del Calcio Napoli a salutare la sua uscita dagli “Ultrà” a suono di fanfara, e non solo. Intanto, la curva B del San Paolo, da quando è “orfana” di “Palummella” è ritornata ad essere una delle tante... uno spazio per incitamenti di voci, prive dell’anima. Oltre la mancanza fisica di Palummella e gli strriscioni che la vulcanizzavano, la curva B rimpiange i “suoi soldati di ventura” le cui cariche avrebbero fatto invidia a quelle di Sua Maestà Napoleone Bonaparte. Solo che a differenza del generale Palummella che nelle arene s’è battuto per la pace, l’Imperatore “nano” si battè per la pazza guerra, causando solo a Waterloo la morte di cinquecentomila vittime innocenti. Quanto alla sua impavida figura, che all’impiedi sulla staccionata incitava i trentamila e più della curva B, essa è già pagina di storia del grande libro del Napoli, come pagina di storia sono diventate le diecimila e più buattelle “rullanti”, che continueranno nel tempo ad incitare i cuori dei futuri Maradona, Carnevale, Giordano e tanti altri che hanno onorato la casacca azzurra del Napoli. Ma, al di là della scalata che l’ ha portato a diventare “re del tifo”, e ad essere ospite finanche di Papa Wojtyła, resta la testimonianza di aver saputo dimostrare che uno scugnizzo il suo “posto al sole” è in grado di guadagnarselo nonostante tutto... e con le proprie forze. 116


E la pensione? Ai politici bastano meno di tre anni per godere di una pensione a vita. Ai presidenti cinque, per essere senatori... naturalmente anch’essi... a vita. Inoltre, entrambi durante l’arco del loro mandato percepiscono una retribuzione che va molto al di là della regolare spettanza. E inoltre ancora, un buon numero di essi il denaro dello Stato (sangue dei contribuenti) lo investe ad uso e consumo proprio. Gennaro Montuori alias Palummella, in venticinque anni di presidenza degli Ultrà e di politica calcistica, non solo non percepirà nessuna pensione, ma non ha percepito nemmeno la più misera retribuzione. E pensare che si spendono oltre cento milioni di euro per l’acquisto di un giocatore, e per un “Palummella” che li fa volare a tutto campo, nemmeno un grazie. Ma la cosa ormai non fa più scalpore, la sete di denaro che gia da tempo vive di miragi si avvia a diventare completamente pazza. Questo parlare l’ho fatto a Gennaro Montuori, il quale mi ha così risposto: “Queste cose entrano nell’attuale norma di vita degli italiani, pertanto ho fatto il callo. La mia vita fino ad oggi è sopravvissuta solo grazie ai miei sacrifici ed all’amore della mia famiglia, che nei momenti difficili mi ha sempre sostenuto. Dopo la dipartita di mio Padre, mio fratello Enzo mi fu vicino non solo con affetto, ma anche con i suoi sani consigli, che giorno dopo giorno mi guidarono per mano sulla via della non violenza. E poi, c’era Anna, che con il suo amore riempiva tutti i vuoti tristi che ad intermit117


tenza si introducevano nel mio tempo”. Seguì un lungo silenzio, i suoi occhi velati di pianto fissavano un vuoto laddove a guardarlo doveva esserci la sua adorata Anna, e quando riprese a parlare le prime parole che mi disse furono: dopo la scomparsa di mia moglie, l’avvocato Enrico Tuccillo, mia sorella Anna (a cui sono legato da profondo affetto), e i figli mi sono stati molto vicini. Su mia richiesta, mi spiegò cosa rappresentasse l’avvocato Tuccillo nella sua vita privata. Qualche mese dopo ebbi l’opportunità di conoscerlo di persona, il noto principe del foro, ebbene, dopo aver preso a praticarlo non potetti allora, e non posso oggi non aggiungere agli elogi di Gennaro anche i miei. Ritornando al nostro scugnizzo... Un uomo che ha saputo “svegliare il Vesuvio”, far diventare leggenda una normale curva di stadio e riempire la stessa per anni (anche quando dal cielo scendeva acqua a catinelle), non poteva non entrare nella leggenda del calcio.

Le famiglie Montuori con Claudia, Diego e Coppola

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Il ritorno del guerriero

Fra mille contorsioni mentali, Gennaro si “godeva” (si fa per dire) la vita lontano dalla curva B. Ma Enzo, un suo fratello che da poco era andato a far parte del mondo della verità, gli andò in sogno per dirgli di ritornare sugli spalti perché lo stadio San Paolo senza di lui era come una festa senza allegria. L’indomani, Gennaro raccontò del sogno al fratello Peppe e a Carmine (figlio di Enzo). In men che non si dica, nel giro di pochi giorni l’intera famiglia Montuori (quaranta per l’esattezza), unitamente ad altri sessanta amici, fondarono l’Associazione “Battito Azzurro” eleggendo quale presidente Michele Mercogliano che in seguito passò il testimone della presidenza nelle mani di Sandro Sanges, amico inseparabile di Gennaro. Di Palummella hanno scritto eminenti firme, quali Guido Prestisimone e Nino Masiello di Sport Sud, Vittorio Raio e Marolda del Mattino, Antonio Corbo e Ciccio Degni del Corriere dello Sport, Rosario Pastore, Mimmo Malfitano e Mentana (padre del Mentana di Canale cinque) della Gazzetta dello Sport, Auriemma, Caiazza, Antonio Sasso del Roma, Gianfranco Lucariello del “Leggo”, Marino Bartoletti, Ivan Zazzaroni e Italo Cucci del Guerin Sportivo, Lo storico Mimmo Carratelli del Mattino e del Roma e tanti altri... Inoltre, è stato protagonista tante volte al processo di Biscardi e di tante altre manifestazioni sportive. Al che pensai: è mai possibile che Gennaro dopo una vita trascorsa 119


all’insegna della “febbre saltellante” lasci veramente il mondo del pallone? La risposta come sopra la ebbi con la nascita di “Battito Azzurro”...E devo confessarvi, che di questo non avevo alcun dubbio. Sebbene Sanges presiedesse la nuova Associazione con capacità e competenza, Gennaro di quel “cuore na-

I fondatori del “Respiro Azzurro”. Mimmo Fontanella, Armando Vano, Francesco Gala Trinchera, Maurizio Ercolano, Daniela Giordano, Salvatore Nicolò, Enrico Tuccillo, Enrica Di Petrillo e Gennaro Montuori

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poletano” non poteva essere solo il battito... E questo lo capirono Nicolò Salvatore, residente a Bolzano e l’avvocato Enrico Tuccillo, che insieme a Gennaro fondarono “Respiro-Azzurro” la nuova Associazione che oltre ad interessarsi di calcio segue anche il filantropico scopo del sociale. Va detto che quest’ultima incorpora “Battito Azzurro” e che il presidente (eletto a furor di popolo), è Gennaro Montuori. Un grande encomio va al vice presidente Maurizio Ercolano, che nonostante la grande sciagura di Avellino che costò la vita del figlio Sergio durante una carica della polizia contro le avverse tifoserie, si è schierato a fianco del Presidente Montuori, per combattere la guerra della violenza e della droga.

Un’altra parte della famiglia Montuori, tutti soci del “Respiro Azzurro”

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Il Respiro Azzurro

“Respiro Azzurro”, oltre la filantropia nel mondo del sociale, sta mettendo in risalto quella facciata del mondo del calcio, che in tantissimi non conoscono ancora. Sono una miriade gli ex calciatori del Napoli che si sono stretti intorno a Gennaro Montuori, presidente dell’Associazione, per tendere una mano ai facenti parte del mondo che soffre. Il loro giocare delle partite per poi devolvere gli incassi in beneficenza, è la dimostrazione che sulla terra c’è ancora tanto amore e tanta voglia di darlo. Chissà, che ascoltando l’eco di questa filantropica voce, il “pazzo” potere non si decida ad affrontare il proprio mea culpa... Sarebbe ora che lo facesse, che si rendesse conto che è bello essere amato per quello che si da, e non rispettato per quello che si ha. Con Improta capitano, i signori calciatori sono: i brasiliani Alemao e Clerici, Bruscolotti, Giordano, Carnevale, Filardi, Carannante, Volpecina, Muro, Caffarelli, Savoldi, Casale, De Simone, Napolitano, Capone (capocannoniere), Barrucci, Sambuca, i fratelli Caruso, Abbondanza, Rivellino, Postiglione, Stanzione, Savoldi, Amodio, Volpecina e Sandro Abbondanza. Quest’ultimo, debuttò giovanissimo; dando l’impressione che con il pallone ci sapeva veramente fare. In quel periodo, il “monarca” del calcio napoletano era Omar Sivori: (considerato il Maradona di allora), 122


il quale si apprestava, per motivi extracalcistici a lasciare la casacca azzurra. Quale occasione migliore per il giovanissimo campioncino partenopeo di affacciarsi alla finestra della notorietà? Purtroppo, come spesso accade, “grazie” alla incapacità dei soliti dirigenti di turno della S.S.C. Napoli... il “Sivori” Napoletano, che come il “Cabezon” giocava senza parastinchi e con i calzettoni arrotolati sulle scarpette, fu costretto come uccello migratore a svernare la propria carriera calcistica lontano dalla terra natia. E qui...Sarebbe il caso di sottoli-

Tutti gli ex azzurri, grandissimi amici di Gennaro in una gara di beneficenza a Quarto con in testa il presidentissimo Roberto Fiore

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neare quel famoso detto napoletano: “Simme ‘e Napule Paisà”. Tornando a “Respiro Azzurro”, ebbi modo di assistere ad una partita di beneficenza degli ex azzurri del Napoli. Credo proprio che quell’incontro lo porterò nella mente per l’intera durata della mia vita. Due furono le ragioni che mi indussero a questo convincimento. A - Grazie all’autorevole intervento di “Palummella” (che si oppose alla decisione dell’arbitro), potetti assistere all’intero incontro di calcio stando seduto per la prima volta in vita mia sull’onorevole panchina riservata ai solo addetti ai lavori. B - Al termine dell’incontro, ebbi uno scambio di idee con Carannante: ex difensore del Napoli e della Nazionale, al termine del quale, maturò in me la netta convinzione che il calcio quello vero, quello onesto, quello giocato col cuore, lo devono praticare solo coloro che hanno “fame”, e non chi guadagna dieci milioni di euro all’anno. Povera febbre saltellante, l’hanno ridotta ad essere una schizzofrenica malattia. E povero gioco del calcio...E mi riferisco a quello giocato dall’ex scugnizzo Gennareniello, il quale nonostante i piedi sanguinanti, e nonostante la miseria... quando a sera tornava a casa si sentiva così ricco da fare invidia finanche allo “sceicco” Silvio Berlusconi. Per dovere di cronaca, va sottolineato che l’allenatore degli ex “senatori” del Napoli è il presidente di “Respiro Azzurro”: Gennaro Montuori, alias “Palummella”.

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“Il grande carisma” I non addetti ai lavori, difficilmente potranno capire cosa significa smuovere persone da casa propria per farli partecipi di un avvenimento qualsiasi. Provate ad invitarne un numero di cinquanta. Se all’appuntamento si presenteranno un quinto di essi, ritenetevi fortunati; a meno che non diciate loro che l’ invito è compreso di pranzo gratis. Ma anche in questo caso, sono convinto che non avremo il 100 % delle presenze.”Palummella” da Presidente degli Ultrà, di persone ne portava allo stadio in numero che solo lui poteva, oggi addirittura si sta superando... Le gesta della curva B che hanno trasvolato anche gli oceani, li ha trasferite nel settore della tribuna, dove un abbonamento costa 900 Euro. Sfido chiunque (di questi tempi) ad ottenere ciò che Lui riesce ad ottenere. Durante l’ascesa di “Respiro Azzurro”, alcune farmacie stanno riscontrando una richiesta extra di sciroppi antibile, in più hanno notato che i consumatori durante l’attesa del prodotto, citano continuamente un certo “Palummella” Ci siamo: ‘E mmale lenque se so’ rimess’ in moto.


PER IL MIO PALUMMELLA Amore, stasera voglio esprimere tutto quello che sento: Per me sei stato e sarai per sempre il Re del Tifo. Sei un pezzo importante di questi 80 anni di storia: ricordo quando eravamo due ragazzini... Prima di me veniva il Napoli. La domenica eri sempre al seguito della squadra, non importava in quale stadio d’Italia, tu eri sempre presente, anche quando giocava all’estero, ad un certo punto non ce l’ho fatta più, mi sono “stufata”, ed insieme abbiamo creato il gruppo “ULTRA GIRLS” così potevo seguirti ovunque. Poi ci siamo sposati ed abbiamo messo al mondo quattro figli meravigliosi, tra poco nascerà anche il nostro nipotino: già tifoso del Napoli. Anche se stiamo attraversando un brutto momento, non devi preoccuparti, perché come abbiamo superato tutte le difficoltà della vita, Dio ci farà superare anche questa. Crepi l’invidia, poiché un altro Palummella non potrà nascere nella storia azzurra. Tua moglie Anna

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Anna sorprende Gennaro presentandosi alla festa degli 80 anni di storia del Napoli e consegna a suo marito il pallone d’oro del tifo accompagnato da una poesia


Io credo che al di là di tutto quanto Gennaro Montuori ha saputo costruire durante il percorso della sua movimentata vita, Carmine, Michele, Cinzia e Diego che sono le perle dello scrigno suo e di Anna, lo ripagheranno di tutte le amarezze che certe “bestie a due zampe” lo hanno costretto a subire. L’altro giorno ho conosciuto suo figlio Diego Armando, un giovane che come tutti quelli della sua età si vedrà costretto a lottare nella “savana” di questa nostra vita dove gli sciacalli, i vermi e le iene a due zampe abbondano più di ogni altro animale. Ebbene, per il bene suo e di tutti i suoi coetanei, mi auguro che il futuro si arricchisca di tantissimi “Palummella” affinché i “Don Chisciotte” possano lottare non più solo contro i mulini a vento.

Diego Montuori dedica un gol alla mamma

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Gennaro con i suoi figli


LO SAPEVATE CHE... L’attuale allenatore della Nazionale Lippi, durante la sua permanenza alla guida del Napoli, un giorno parlando con Gennaro Montuori gli disse: sono costretto a togliere di squadra alcuni veterani che disturbano lo spogliatoio. Al loro posto vorrei far giocare i giovanissimi Fabio Cannavaro e Pecchia. Seguì una mangiata di secondi di pausa, al termine di ciò chiese a “Palummella”: “ Mi raccomando, dammi una mano con gli Ultrà.

*** Ranieri, allenatore in forza alla Roma e precedentemente al Napoli, si sfogò con “Palummella” per il fatto che la società azzurra tutto gli comprava fuorché i calciatori da lui richiesti.

*** Diego Armando Maradona, che era solito andare a casa di Gennaro Montuori, un giorno salì l’intera scalinata del palazzo dove questi abitava, palleggiando con un’arancia. E tutto questo fra le risate e la meraviglia dei familiari di Gennaro Montuori, che dall’alto, lo seguivano ipnotizzati da quell’insolito palleggio.

*** Antonio Manna, presidente del club di Santa Maria a Vico del “Respiro Azzurro”, a giorni intitolerà il proprio club a Gennaro Montuori.

*** Antonio Finelli, presidente del club dei fedelissimi, fra gli anni Ottanta e Novanta, durante una gara del Napoli al “San Paolo” omaggiò Gennaro col seguente striscione: PALUMMELLA È ‘O CORE ‘E NAPULE. 130



*** Quagliarella, quando vestiva i colori dell’Udinese, dopo aver segnato un goal al Napoli, gli regalò in segno di amicizia la maglietta che indossava al momento della rete segnata al Napoli. Sebbene di colore bianco nera... Palummella, conserva ancora gelosamente “chella maglietta ‘e Quagliarella”.

*** I rapporti fra Gennaro e i calciatori del Napoli, andavano al di là della semplice amicizia; basti immaginare che i due scudetti vinti dagli azzurri, durante i festeggiamenti del dopo partita, negli spogliatoi ad urlare e festeggiare il magico avvenimento c’era anche lui: “l’onnipresente “Palummella”. Va detto che tale privilegio non era stato concesso mai ad altri tifosi.

*** Quando Diego vestiva l’azzurro del Napoli, era risaputo che il 90% degli applausi del San Paolo erano tutti per lui. Nonostante il buon rapporto che intercorreva col Pibe De Oro, Salvatore Bagni, chiamò a sé Gennaro Montuori, e fra il dire ed il faceto, lo mise al corrente del suddetto proprio malcontento con queste parole: “Gennà, ma i napoletani fanno il tifo solo per Diego? La domenica successiva, grazie alla travolgente spinta degli Ultrà, l’intero stadio San Paolo inneggiò al nome di Salvatore Bagni.

*** La popolarità di “Palummella” trovava riscontro ovunque. A Torino, ogni qual volta il Napoli era chiamato per affrontare la Juve o i granata, i tifosi napoletani residenti in Piemonte facevano a gara per trascorrere qualche ora in compagnia del nostro amato personaggio. Alcuni litigavano fra loro per averlo quale ospite dormiente fra le proprie mura. A dimostrazione di ciò il seguente aneddoto: si giocava a Torino l’incontro di coppa Italia contro il “Toro” incontro che Gennaro aveva deciso di disertarlo. Ma “Palummella” ciò che pensa con la testa non lo condivide col cuore, 132


che per quella occasione decise comunque di recarsi allo stadio. Il suo ingresso in curva (dove si contava la presenza di oltre ventimila tifosi napoletani trapiantati al Nord), avvenne con un ritardo che si aggirava intorno ai venti minuti. Il tempo di stendere l’immancabile striscione, e di ergersi come diconsueto all’impiedi sul muretto, che un enorme boato si levò dalla curva per salutare la sua presenza. La risonanza di quell’amarea di corde vocali, oltre che attirare l’attenzione dei rimanenti spettatori sparsi nei vari settori dello stadio, impressionò anche i ventidue giocatori in campo, che increduli si voltarono verso la provenienza “dell’inumano” boato.

*** Correva il tempo del grande Napoli di Maradona, Careca, Giordano ecc. Da Direttore Generale degli azzurri fungeva Italo Allodi. Quest’ultimo, durante una conversazione con “Palummella” fu chiamato a conferire con l’allora Presidente del Napoli Corrado Ferlaino: – Stò parlando con Gennaro Montuori, al termine ci vedremo – disse Allodi. E, a Ferlaino non restò che mettersi in fila ad aspettare il proprio turno... sperando che quello di “Palummella” fosse stato di breve durata.

*** Anna Scognamiglio (moglie di Gennaro Montuori), Maria sorella di Anna, Anna amica del cuore di Anna e Anna Montuori, sorella di “Palummella” qualche anno dopo fondarono il club “Ultrà femminile”. Alle quattro moschettiere si unirono: Angelo Pompameo, direttore “Italia Mia”; Enzo Esposito, direttore “Azienda Internazionale” nonché cognato di Montuori e infine Massimo Sparnelli, vice addetto stampa S.S.C. Napoli.

*** All’Hotel Ristorante “La Sonrisa”, Palummella s’incontrò con il fuoriclasse Messi. Quest’ultimo da un dirigente della Nazionale di Calcio Argentina venne messo al corrente dello storico trascorso calcistico di Gennaro e dell’amicizia dello stesso con Diego 133


Armando Maradona. Un minuto dopo, fra l’attuale giovane Sovrano della pelota e il meno giovane Re del “Tifo Napoletano”... nel nome di Maradona nacque una grande simpatia.

*** Nel 1977, anno in cui Gianni Di Marzio fungeva da allenatore degli azzurri, “Palummella” e i suoi ultrà chiesero al “mister” di intervenire presso Attila Sallustro (grande attaccante del Napoli dei tempi dell’Ascarelli), chiesero l’autorizzazione per depositare i tamburi negli spogliatoi del San Paolo al ché Di Marzio intervenne con esito positivo nonostante lo scetticismo di “Don Attila”. E i tamburi continuarono a “rullare... per i centosette gol (tutti su azione) del grande bomber e per i futuri Sallustro”. Dopo circa tre decenni, durante i festeggiamenti degli “Ottant’anni” del Napoli, Palummella depositò nelle mani di Alberto Sallustro il premio “Pallone d’Oro” quale azzurrissimo della storia del Napoli.

*** Davide De Simone: ultrà amico di Gennaro Montuori, fu chiamato dal Signore per la resa dei conti. Durante il percorso la notizia divenne vittima di uno stravolgente equivoco: il trapassato Davide De Simone “divenne” Gennaro Montuori alias Palummella. E mai possibile che un passaggio di parola possa addirittura scambiare un morto con un vivo? Ebbene sì. A Napoli succede questo ed altro. In men che non si dica i vicoli e le strade di Napoli, divennero “salotti” dello strabiliante equivoco. In tantissimi telefonarono finanche dall’estero a dimostrazione dell’affetto per il personaggio Palummella. Fortunatamente per Gennaro, la vicenda finì con la storica “grattatina...”.

*** Le gesta sportive di “Palummella” sono state cantate anche da validi artisti napoletani quali: Carmelo Zappulla, Enzo Di Domenico, Antonio Ottaiano, Franco Miraggio. 134


*** Ricordando il compianto Mario Merola “Re della sceneggiata napoletana”, Palummella, che di lui conserva un ricordo indelebile, così si espresse: oltre la grandezza di artista, più grande ancora è stato il suo altruismo, la sua umanità, il suo senso di amicizia: – Non mi ha mai negato nulla, è stato per me un qualcosa che va aldilà della reciproca simpatia. E nel mentre continuava a decantare le virtù, su di un velo di tristezza venutosi a formare nei suoi occhi, potetti leggere: “quanto la sua presenza mi manca” –.

Mario Merola festeggia i suoi 45 anni di carriera

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Se il mio amico Eugenio avesse voluto menzionare tutti gli aneddoti da me vissuti duemila pagine non sarebbero state sufficienti. Per farsene un’idea basti pensare le esclusive ricevute da personaggi del calibro di: Gianni Morandi, Claudio Baglioni, Peppino di Capri, Paolo Belli, Annalisa Minetti e Valentina Stella (legate al sottoscritto fraternamente) e i campioni come: Ronaldo, Baggio, Del Piero, Totti ed Alemao, Zola, Careca, Fonseca ecc., miei amici fraterni. Da non dimenticare le centinaia di migliaia di tifosi sparsi nel mondo, che hanno vissuto insieme a me gioie e dolori in tutti gli stadi d’Europa; soprattutto i ragazzi della “Curva B”. Inoltre una dedica speciale va tutti i miei amici scomparsi con la speranza di incontrarli un giorno per ricantare tutti insieme “FORZA NAPOLI”.


ALCUNI SCATTI INEDITI DEI DUE SCUGNIZZI























...e per finire...


Sono onorato e orgoglioso delle bellissime parole del prof. Eugenio Chartier e dell’avv. Enrico Tuccillo. C’è quasi tutto in questa pubblicazione: per stenderla l’autore ha impiegato circa due anni. Ma, volontariamente, non ho svelato alcuni piccoli-grandi dettagli: vorrei raccontarli in prima persona in queste poche righe. Come tanti “guaglioni” dei quartieri popolari di Napoli, anche io ho commesso qualche marachella. Chi di noi, da ragazzino, non ha portato via una mela dal carretto della frutta per addentarla, in un’epoca dove si sgomitava per mettere il piatto in tavola, o semplicemente per farsi beffe del malcapitato contadino della provincia che veniva in città a vendere i suoi prodotti. E non parliamo delle mancate presenze a casa, prima nelle vesti di figlio, poi in quelle di marito e padre, per seguire il Napoli, dall’era Clerici fino alla Ma.Gi.Ca, periodo coincidente grossomodo con i miei primi dieci anni di vita coniugale. Fu così che mia moglie Anna decise di seguirmi allo stadio e fondare le Ultrà Girls, e stare tutto il tempo al mio fianco. L’episodio scatenante fu la delusione, sua, per non essere venuta al matrimonio di Maradona nel novembre 1989. E da parte mia tanto dispiacere per non averla portata. Ho ancora tanti rimorsi per aver dedicato poco tempo ai miei cari. Rimasi spiazzato, inoltre, quando, durante la serata organiz160


zata per celebrare i primi Ottant’anni del Napoli, la mia cara Anna, allora già tanto provata dalla malattia, mi premiò con il pallone d’oro e mi dedicò una poesia. Come a dire, sei il migliore di tutti, ma io forse non riuscii a manifestarle in pieno la mia gioia probabilmente preoccupato del fatto che in molti ritenevano che sembrava fatto apposta. Invece no. Tutto avvenne all’insegna della sorpresa e della spontaneità. Ho ricevuto tanti premi per le mie battaglie contro la droga e la violenza negli stadi e organizzato molte manifestazioni benefiche ma non per questo voglio apparire come un novello San Gennaro o novello Padre Pio. A me fa piacere, semplicemente, che si parli di me come di una persona umile. Sono uscito da un periodo buio della mia vita ed è grazie ad Anna e Francesco, che ho recuperato il sorriso. Solo ora mi rendo conto che avrei potuto trascorrere molto più tempo in compagnia di mia moglie e dei miei quattro splendidi figli, anziché stare troppo dietro al calcio e allo spettacolo. Ora, a 52 anni ho imparato a contare fino a dieci e poi ad agire. Dopo il mezzo secolo di vita, pur avendo fatto tante esperienze, non smetterò mai di apprendere. Come si dice: “gli esami non finiscono mai” e ancora una volta le parole del grande Eduardo sono di grande attualità. Adesso insieme a alle mie nuore Teresa e Rita voglio godermi i miei nipotini Gennaro Montuori Junior e Martina, in attesa del mio prossimo amore Anna che sta per nascere... ed in attesa dei matrimoni di Cinzia e Diego con Genny e Luisana.

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INDICE

Prefazione dell’avv. Enrico Tuccillo Premessa di Eugenio Chartier La febbre saltellante Gennaro Montuori “La nona”... di Montuori ‘O Napule... è ‘nata cosa La prima trasferta Ce vonno cchiù ll’uocchie ca ‘e scuppettate Chi non ha peccato... Chi tardi arriva... Il ritorno del figliuol prodigo L’unione fa la forza Quella prima volta... L’amore La svolta Diego è d’ ‘o nuosto! La “Leva di Archimede” “Napoli: la mia passione” Napoli... “pregherò per te” E il sogno si avverò Anche oltre Cortina... L’Addio di Palummella ...Tanto per cambiare... Il bacio Fine di una favola Il commiato E la pensione? Il ritorno del guerriero Il Respiro Azzurro “Il grande carisma” Per il mio Palummella Lo sapevate che... Alcuni scatti inediti dei due scugnizzi

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5 9 17 22 26 31 36 41 44 48 53 55 61 64 71 77 80 82 86 89 93 98 100 105 110 113 117 119 122 125 126 130 137


L

'associazione onlus "Respiro Azzurro" è formata da: Presidente onorario, il supertifoso e insigne avvocato Enrico Tuccillo (anche presidente dell'associazione avvocati europei); il Presidente Gennaro Montuori, già leader storico dei tifosi napoletani; il responsabile organizzativo Salvatore Nicolò (già tra i componenti del club omonimo di Bolzano); gli avv. Francesco Gala Trinchera, Domenico Fontanella e Daniela Giordano, l'artista napoletano Armando Vano; Vice Presidente nonchè appassionato sostenitore Maurizio Ercolano. Tra i componenti

I CLUB NAPOLI PARTECIPANTI AL


dell'associazione figurano: Gennaro Brancato (già Presidente del Napoli Club La Spezia), la Dott.ssa Errica Di Petrillo, notaio che ha costituito l'atto; il commercialista dell’associazione Bracco Domenico, il Prof. Eugenio Chartier, autore, in collaborazione con Viviana Cozzolino (anch’essa parte integrante dell’associazione), dell’inno ufficiale Respiro Azzurro, Ciro Campanella tifoso storico del C.U.C.B e Sandro Abbondanza ex giocatore della S.S.C. Napoli.

PROGETTO “RESPIRO AZZURRO” ANNO 2010


Finito di stampare nel mese di dicembre 2010 Grafiche San Benedetto Castrocielo (Fr)


Lealtà , passione, competenza, esperienza, rispetto, trasparenza, ma soprattutto amicizia, questo è il target di Tifosi Napoletani costruire e non ditruggere. Sempre e ovunque Forza Napoli. Tutti i giovedÏ ore 20:45 Tele A e Tele A sat (868 sky)


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