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EDITORIALE
SFIDA 6 L’INFINITA 38 JUVENTUS - NAPOLI CON LA JUVENTUS 2012: 8 20ILMAGGIO RACCONTO
12 ’NA SERA ’E MAGGIO STORICI 16 I MOMENTI DEL NAPOLI
22 LA FOTO DEL MESE DELLA FESTA 24 IMMAGINI AL’OLIMPICO GIOCATORE DEL MESE 30 IL PAOLO CANNAVARO
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34 NAPOLI - SIENA
Stampa di:
IEZZO 42 GENNARO SI RACCONTA QUATTRO 44 LEGIORNATE DI NAPOLI È PRONTO 48 INSIGNE PER IL NAPOLI RICEVE 50 MAZZARRI IL PREMIO ENZO BEARZOT
DOC 52 TIFOSE MARIKA FRUSCIO SPAZIO 56 LODEI TIFOSI
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arissimi lettori, c’eravamo lasciati con una copertina di speranza “facciamo poker”. Ci ritroviamo con questa vittoria che ha salvato la nostra annata… La nostra squadra ci ha dato questa grandissima emozione. Dopo aver vissuto questa gioia in prima persona all’Olimpico, ho avuto modo di festeggiare per altre ben due volte: una a Bacoli in compagnia di Isaia Della Ragione, Presidente della sezione di Bacoli, e di tutti i suoi amici e la seconda a Malta in occasione dei vent’anni dalla nascita del “Club Napoli Malta” (Respiro Azzurro). Il Presidente Frans Debono, la vicepresidente Isabella Oliviero ed il comitato mi hanno accolto con una gioia immensa, facendomi vivere tre giorni straordinari e premiandomi nell’ambito della prima edizione del trofeo “Cavaliere Azzurro di Malta”, riconoscimento che verrà assegnato anno per anno ad un illustre personaggio che ha legato il suo nome alla SSC Napoli. Quest’anno ho avuto l’onore di essere scelto in qualità di “Professore dell’Università del tifo, Ambasciatore del tifo sano, per essersi battuto contro la droga e la violenza negli stadi”. Per quanto riguarda le voci di mercato ormai Lavezzi è ad un passo dal PSG. Questa notizia ha sconvolto tutta la tifoseria, in compenso il nostro Presidente potrebbe confermare Pandev, far ritornare Insigne e potrebbe provare ad acquistare un altro grande attaccante. Auguriamoci che il patto De Laurentiis-Mazzarri incentivi l’acquisto di ulteriori calciatori importanti per poter competere sui tre fronti, a differenza di quanto accaduto l’anno scorso. Sicuramente ci mancherà la musica della Champions, quella dolce melodia che aveva portato 6 milioni di napoletani a sognare, soprattutto dopo le due strepitose vittorie contro le due inglesi (Man City e Chelsea) . Dopo la delusione del quinto posto c’è stata subito la vittoria della Coppa Italia. Grazie a questo trofeo decine di migliaia di napoletani sono scesi in piazza a festeggiare come se avessimo vinto la coppa del mondo. Questa è un ulteriore dimostrazione che questo popolo ama profondamente la propria squadra. Questa risposta di riflesso va al nostro presidente De Laurentiis che riteneva la Coppa Italia e l’Europa League “coppette”. “Don Aurelio” deve capire che il Napoli va oltre ogni limite e che per i tifosi oltre ad essere una fede è anche uno stato d’animo della città. Alla luce del successo in Coppa Italia contro la rivale sempre, nonché neo-campione d’Italia, della Juventus, e alla luce della conquista della Champions da parte del Chelsea (battuto largamente dagli azzurri al San Paolo), questo Napoli, con una rosa più completa, avrebbe potuto arrivare fino in fondo a tutte e tre le competizioni. All’interno di questo mensile troverete tantissimi articoli che vi toccheranno il cuore. Auguro a tutto il popolo napoletano buone vacanze, con la speranza che a Settembre ci ritroveremo con una squadra degna della nostra meravigliosa tifoseria. Ma, nonostante la rosa corta, lasciatemi comunque ringraziare quei 13-14 campioni che ci hanno fatto sognare e gioire. Vi rinnovo il consueto appuntamento televisivo con “Tifosi Napoletani” tutti i giovedì (fino all’ultima puntata del 28 Giugno) sulle frequenze di Canale 34. La trasmissione sarà visibile anche in streaming live sul nostro sito www.tifosinapoletani.it attraverso il quale potrete interagire con noi, godere di un’ampia sezione riservata alle News ed essere costantemente aggiornati anche nel corso dell’estate sulle vicende del Calcio Napoli e sui nostri appuntamenti per la prossima stagione. Un abbraccio a tutti voi, un ringraziamento particolare a tutti i nostri sponsor, e come sempre, dal profondo del cuore, Forza Napoli!
L’INFINITA SFIDA CO D
iciamo la verità. La quarta Coppa Italia conquistata dal Napoli, il Napoli di Mazzarri, è stata la più bella. Nelle precedenti sette finali, gli azzurri avevano battuto Spal e Verona e, con la squadra di Maradona, l’Atalanta. Avevano però perso le finali contro le “grandi”, contro Inter e Milan. Avere vinto finalmente la Coppa contro una “grande”, e avversario storico, è stato magnifico. Avere battuto la Juve, che puntava orgogliosamente all’accoppiata campionatoCoppa, risorgendo da calciopoli e conquistando con Conte le antiche virtù di battaglia e di corsa, è stato entusiasmante. Nella notte di Roma, con trentamila napoletani all’Olimpico, come ai bei tempi delle trasferte del Napoli di Vinicio e del Napoli di Maradona, la squadra di Mazzarri è stata grande rubando alla Juve le sue stesse armi, l’aggressività, la compattezza, la determinazione, la conquista di una vittoria fortemente voluta e seccamente messa a segno. Una notte da eroi, strenuamente in difesa, cinici in attacco. La Juve, che doveva festeggiare l’”addio” di Del Piero, ed è stato un “addio” malinconico, si è arresa. Prima castigata su rigore, poi polverizzata da un mirabile contropiede. Cavani e Hamsik hanno siglato un 2-0 memorabile dando vita alla notte napoletana di gioia, di canti e fuochi d’artificio, dalla stazione centrale alla stazione marittima lungo il percorso del pullman trionfale. La Juve si è piegata davanti a un Napoli irriducibile, battagliero, sicuro, forte perdendo ritmo, grinta, solidità. Ed è stata un’altra delle vittorie azzurre entusiasmanti sulla Vecchia Signora, tornata a proporsi Fidanzata d’Italia col caschetto finto di Conte. Anche Maradona si accorse quanto valesse nel cuore e nell’attesa dei tifosi azzurri la sfida con i bianconeri. Anche Diego afferrò il senso di una battaglia infinita, di un confronto ad alta tensione, forte di una lunga tradizione di sfide, punteggiata da memorabili imprese. Non solo il predominio juventino negli anni di maggiore forza del club torinese, ma anche le storiche vittorie azzurre, spesso sbocciate dal cuore, dall’orgoglio, dalla grinta di piegare un avversario tosto contro il quale la vittoria valeva sempre il doppio. Lo capì Diego quel pomeriggio in cui la sua mirabile e “impossibile” punizione nei sedici metri, con la barriera bianconera a poca distanza, un ostacolo apparentemente insormontabile, colpì la Juve per l’1-0 del 1985 al San Paolo. Volò la “palommella” del pibe oltre i difensori schierati a muro e andò a posarsi nell’angolo alto alla sinistra di Tacconi, autentica statua di sale sulla prodezza di Diego. La Juve era imbattuta a Napoli da undici anni (4 vittorie e 7 pareggi). Arrivava sempre con l’aria padrona e l’arroganza della squadra cui tutto era dovuto. Era il secondo anno di Diego. Nel primo anno, il Napoli aveva perso 2-0 a Torino e fatto 0-0 al San Paolo. Arrivò la Juve di Platini e Cabrini, di Scirea e Laudrup, di Brio e Bonini e fu inchiodata ad una sconfitta che scalda ancora i cuori dei tifosi nel sogno di quella “piuma” che si adagiò nella porta di Tacconi, sotto la pioggia di novembre, un bellissimo novembre. La lunga sfida cominciò proprio nel primo anno del girone unico di serie A (1929-30). Prima giornata, prima partita degli azzurri contro la Juventus. A Torino, il 6 ottobre 1929. Uno scontro epico descritto dagli “inviati” dei giornali napoletani con toni accesi. Perché fu subito battaglia. Giocava e picchiava la Juve di Combi, Rosetta,
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Caligaris, Varglien, Munerati, Cevenini, Orsi, una formazione di giocolieri e combattenti. Gioco duro, il Napoli fatto a pezzi finendo il match in otto con De Martino, Roggia e Zoccola azzoppati. Il gol di Munerati a cinque minuti dalla fine (3-2) segnò la vittoria della Juve. C’erano già ampi motivi di rivincita, di botte da restituire, in confronti che si sono annunciati spesso aspri. Il Napoli si riscattò l’anno dopo a Torino mettendo a segno la prima di sette vittorie azzurre sul campo bianconero. Vinse la squadra di Garbutt con i gol di Buscaglia e Vojak (2-1). La Juve entra nella storia del Napoli anche nelle partite inaugurali dell’Ascarelli e del San Paolo. Nello stadio degli anni Trenta, andò in vantaggio di due gol. Nell’intervallo Garbutt inchiodò gli azzurri alla vergogna di quel risultato. La reazione in campo fu furiosa. Due gol di Buscaglia, “il motorino”, siglarono il pareggio. Era già la Juve dei cinque scudetti degli anni Trenta. Ma il Napoli era uno squadrone, due volte terzo in classifica. Alla Juve le suonò in casa (quattro vittorie consecutive all’Ascarelli), ma perdeva regolarmente fuori. Dovettero passare 18 anni perché si registrasse la seconda vittoria del Napoli a Torino. Barbieri, una scattante ala sinistra azzurra, siglò il clamoroso 3-1 nella porta di Sentimenti IV. Era il 21 aprile 1948. Il Napoli incastonò la perla di quella vittoria in un campionato disastroso concluso con la retrocessione. Passarono altri otto prima che un solitario gol di Jeppson firmasse la terza vittoria azzurra sul campo juventino (15 aprile 1956). Era il Napoli di Bugatti, Comaschi, Castelli, Posio, Vitali, Jeppson, Pesaola.
La prima epica partita al Vomero fu quella del 3-2 del 18 gennaio 1953. La Juve si portò in vantaggio con John Hansen e Praest, due papere di Casari. Ma poi il portiere azzurro evitò la capitolazione negando a Praest il terzo gol bianconero (parandogli il tiro col sedere) e il Napoli nella ripresa andò a mille. Pareggiarono Pesaola e Jeppson. Al 90’ Amadei infilò il gol della vittoria. Carletto Parola, lo stopper juventino famoso per le rovesciate volanti, abbracciò un palo della porta e scoppiò a piangere per la cocente delusione.
N LA JUVENTUS Mimmo Carratelli
La stagione magica fu quella 1957-58. Doppia vittoria azzurra. Un trionfo a Torino (3-1) in novembre. Bugatti con la febbre, miglior portiere italiano, parò l’imparabile e Vinicio, Novelli e Di Giacomo infilarono tre banderillas nella porta di Mattrel. Era la Juve di Sivori, Charles e Boniperti. Indimenticabile il match di ritorno al Vomero (20 aprile 1958), seconda epica partita con la Juve nello stadio della collina. Folla straripante ai bordi del campo. Dopo lo sportivissimo assenso di Boniperti a giocare, Concetto Lo Bello diresse quella gara mozzafiato. Un’altalena di gol. Due volte il Napoli in vantaggio, con Vinicio e Brugola, due volte raggiunto. Allo scadere del match il gol risolutivo di Bertucco (4-3). Lauro dette a ciascun azzurro un premio straordinario di 100mila lire e di una immagine della partita conservò una gigantografia nel suo studio alla Flotta. Dopo l’Ascarelli, la Juventus inaugurò anche il San Paolo (6 dicembre 1959). Il Napoli vinse con i gol di Vitali e Vinicio (2-1). Era sempre un’impresa battere la Juventus. Fuori casa, un’impresa ancora più ardua. Al tempo di Sivori e Altafini, il Napoli batté la Juve al San Paolo (1-0) con un gol di Josè. La squadra azzurra concluse il campionato (1965-66) al terzo posto, tre punti avanti alla Juventus. Piuttosto “gustosa” la vittoria al San Paolo (2-1) con due reti di Montefusco, una addirittura di testa (1 dicembre 1968). Il match si concluse con una clamorosa rissa e le maxi-squalifiche per Panzanato, Salvadore e Sivori. Fu l’ultima partita di Omar in Italia. Nella storia azzurra è fissata la partitissima del Napoli di Vinicio a Torino (6 aprile 1975) lottando per lo scudetto. Zoff negò il gol del 2-1 a Juliano, poi Altafini, subentrato nell’ultimo quarto d’ora a Damiani, siglò il 2-1 per la Juve. Zoff e Altafini erano passati alla Juve due anni prima. Il Napoli concluse il campionato al secondo posto, due punti dietro la Juve campione. Nei sette anni di Maradona, 6 vittorie, 4 pareggi, 4 sconfitte con la Juve. La squadra del pibe bissò l’impresa del 1957 vincendo a Torino (3-1) e a Napoli (2-1) nell’anno del primo scudetto (1986-87). A Torino, negli ultimi venti minuti, i gol di Ferrario, Giordano e Volpecina frantumarono il vantaggio bianconero di Laudrup. Clamoroso, poi, il 5-3 azzurro (20 novembre 1988) sul campo bianconero con tre gol di Careca, uno di Carnevale e un rigore di Renica. Siccome i tempi felici a volte ritornano, anche il Napoli di Hamsik e Lavezzi ha fatto il doppio colpo (2009-10) sorpassando a Torino la
squadra di Buffon e Trezeguet (3-2) con una doppietta di Marekiaro e un gol di Jesus Datolo (Jesus, fate luce) e bocciandola al San Paolo con Hamsik, Quagliarella e Lavezzi (3-1). Nelle infinite sfide con la Vecchia Signora, brillano il 5-0 del Napoli nella Coppa Italia 1977-78 (4 gol di Savoldi, allenatore Gianni Di Marzio) e il 5-1 nella Supercoppa italiana 1990 (doppiette di Silenzi e Careca, gol di Crippa). E, ancora di più, il 3-0 al San Paolo nei quarti di finale della Coppa Uefa 1989 che ribaltò lo 0-2 di Torino. Allo scadere di due ore di gioco, al penultimo minuto dei supplementari, Renica sfilò alla Juve il passaggio alla semifinale della Coppa che il Napoli avrebbe conquistato a Stoccarda. Nel conto delle partite indimenticabili c’è anche quella in cui Paolo Cannavaro arpionò la Juve per il 3-3 e il Napoli guadagnò ai rigori il passaggio agli ottavi di Coppa Italia del 2007. Il Napoli di De Laurentiis ha avuto il merito di andare in testa nelle vittorie casalinghe contro la Juve (22 a 21) ed è un’altra soddisfazione. La squadra azzurra degli ultimi sei anni è in netto vantaggio su Madama con 5 vittorie, 3 pareggi, 4 sconfitte, imbattuta in casa contro i bianconeri (4 vittorie e 2 pareggi). La Coppa Italia è giunta a sugellare il miglior rendimento del Napoli della rinascita sull’avversario storico di Torino.
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20 MAGGIO 2012:
“C
ari amici, ho pensato di dedicare queste poche righe per raccontarvi la mia bellissima giornata vissuta a Roma il 20 Maggio scorso, una data storica, il giorno della conquista della nostra quarta Coppa Italia. Ho vissuto un’emozione unica. Ho trascorso una giornata fantastica. Ad alcuni tifosi che ho incontrato per strada e che stavano già cantando dalle prime ore del mattino ho consigliato di risparmiare la voce perché la sera sarebbe sicuramente servita. Son voluto andare a Roma non nelle vesti di giornalista ma in quelle di tifoso. Ho comprato regolarmente il mio biglietto insieme ad altri amici e mi sono goduto tutte le 130 euro della Tribuna Tevere. Uno spettacolo fantastico, perché non vincevamo la Coppa Italia da 25 anni e per me che
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ho vissuto quell’epoca, è stato come un ritorno alla gioia. Ma il momento che aspettavo di più è stato quello in cui siamo tornati a cantare il nostro inno “Oje vita, oje vita mia”. Ho vissuto una sensazione indescrivibile. Ero arrivato a Roma intorno alle 15 in compagnia del mio caro amico Isaia Della Ragione, accompagnato dai suoi amici Simone, Marco ed il vice-sindaco di Bacoli Michele Massa, e del presidente del Movimento Neoborbonico Attivisti Vincenzo Gulì. Le navette presenti nell’area parcheggio di Saxa Rubra non erano sufficienti a consentire il trasferimento di tutti i tifosi presso lo stadio Olimpico, a causa dell’ingente numero dei supporters azzurri. I tassisti evitavano di entrare nell’area dove c’erano tantissimi tifosi. Per fortuna mi ha riconosciuto
un tassista di nome Carlo, tifoso della Roma, membro del vecchio CUCS (comando ultrà romanista), con il quale eravamo gemellati negli anni ’80. E’ bello che dopo tanti anni ci sia qualcuno che ancora mi ricordi con affetto. Una volta entrati allo stadio, inzuppati d’acqua per la tanta pioggia venuta giù, mi accorsi che il tempo non passava mai, avevo un’ansia irrefrenabile che, per fortuna, ero riuscito a stemperare facendo tantissime foto insieme ai miei compagni di viaggio ed a tanti altri tifosi, di ieri e di oggi che assiepavano gli spalti. E’ bello essere circondato da tanta gente di ogni età che ti vuole bene e che ti dimostra tanto affetto. Era un grande orgoglio per me essere ricordato sia dai ragazzi della mia età che da coloro che sono più giovani di me. Sulle tribune del-
IL RACCONTO Gennaro Montuori
l’Olimpico, a causa del disservizio degli steward romani, si era creato un gran caos perchè nessuno rispettava il proprio posto nonostante il lauto prezzo del biglietto. Avevo avvistato accenni di litigio per cui non esitai un attimo ad intervenire più volte per sedare ogni animo, anche perché ho sempre pensato che litigare poco prima di una partita importante, in qualche maniera, porti sempre male. Per fortuna quei tifosi mi ascoltarono e devo dire che è risultato determinante il fatto che mi sia reso disponibile, in prima persona, per rasserenare gli animi. Alla fine, però, devo anche ammettere che non era accaduto nulla di particolare, anche perchè il popolo napoletano aveva dato, ancora una volta, dimostrazione di essere meraviglioso e corretto. Anche se, bisogna dirlo, inizialmente il tifo bianconero si sentiva di più. Ed
è proprio in quel momento che, quasi dimenticandomi di avere quasi 54 anni, sono salito sul muretto ed ho cominciato ad incitare i tifosi che erano attorno a me, in tribuna, a cantare a più non posso per sopraffare i cori che provenivano dal settore juventino. Avevamo cantato a squarciagola, tant’è che avevo perso la voce col passare delle ore. Mi sentivo, improvvisamente, ringiovanito, pressappoco un trentenne. I gol di Cavani prima ed Hamsik poi avevano ridato entusiasmo a tutti noi. Ci avevano fatto esplodere di gioia. Nel finale abbiamo raggiunto l’apoteosi con l’inno “Oje vita, oje vita mia”, facendo capire agli juventini il senso del vero dialetto napoletano. L’abbiamo cantato forte anche in risposta a quei deprecabili cori razzisti “Vesuvio lavali col fuoco” che provenivano dai settori bianconeri. Cori che il presidente del Senato
Schifani ha presto dimenticato visto che si è poi dichiarato “sconvolto” per i fischi all’inno di Mameli. Il presidente avrebbe dovuto pensare al disgusto nell’ascoltare cori discriminatori che stridono con il minuto di raccoglimento che avevamo dedicato alle vittime del terremoto in Emilia ed alla tragedia di Brindisi. Il popolo juventino s’è dimostrato non all’altezza della propria squadra campione d’Italia. E pensare che hanno avuto da ridire anche sui napoletani tifosi della Juve ridicolizzandoli con il coro “Meridionale povero coglione ... tifi per me che ti insulto terrone”. Davanti a tale imbecillità si può solo rimanere senza parole. Intanto però ad esultare per la Coppa Italia siamo ancora noi. “Oje vita, oje vita mia”. Di ritorno da Roma siamo rientrati a casa alle 5, all’alba, quand’eravamo stanchi, assonnati ma finalmente felici”.
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’NA SERA ’E E A ll’eterno ci ho già pensato, è eterno anche un minuto, ogni bacio ricevuto dalla gente che ho amato.” Così cantava in “Siamo Dei” Lucio Dalla, un napoletano nato per scherzo a Bologna. Alle 17,47 del 10 maggio 1987 ogni tifoso del Napoli sentì che in quell’istante baci, sorrisi, abbracci, lacrime sarebbero rimasti scolpiti per sempre nello scrigno pregiato del suo cuore. A 25 anni di distanza quel cuore che ama e non dimentica, ci ha spinti a festeggiare il nostro primo scudetto col pensiero rivolto a chi ogni giorno fatica per sorridere. Il 9 maggio al Teatro Giancarlo Siani di Marano di Napoli è andata in scena “Na sera ‘e Maggio”, serata di beneficenza promossa dalla Parrocchia San Castrese con l’intento di raccogliere fondi per attività di recupero e promozione dei bambini. Con l’ausilio di filmati d’epoca è stato ricostruito il campionato 1986/87 che ci ha visti trionfare dopo 61 lunghi anni di attesa. Centinaia di cuori azzurri hanno accolto il “presidente dei sogni” Corrado Ferlaino venuto per raccontare le gesta del suo Napoli da leggenda. Accanto a lui l’arteria principale del popolo azzurro, Gennaro Montuori, a rappresentare la sterminata schiera del 12° uomo in campo, il tifoso. Antonio Carannante testimone degli scugnizzi campioni d’Italia ha intrecciato i suoi ricordi con altri calciatori intervenuti in collegamento: il guerriero Salvatore Bagni e Giuseppe Volpecina. Il noto collezionista di «Napoletanità» Gaetano Bonelli, ha portato dal vivo i quotidiani originali e tanti oggetti che celebrarono quel trionfo. Ma è toccato a Dino Celentano, allora consigliere del presidente, raccontare l’ingaggio del pezzo più pregiato, il «Pibe de Oro» che lui acquistò nella mitica trasferta catalana. Il giornalista Paolo Del Genio ha ricostruito le tattiche di mister Ottavio Bianchi mentre l’allora CT Azeglio Vicini ha esaltato le caratteristiche della squadra. Ospiti della serata anche Raffaele Auriemma, voce del nuovo Napoli, e in collegamento Giampiero Galeazzi che raccontò per la Rai quel 10 maggio con un giornalista assunto per l’occasione, Diego Maradona: 18 minuti di rvm che fanno parte della storia della TV italiana.
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MAGGIO
Don Luigi Merluzzo
Tante le emozioni vissute con aneddoti inediti e divertenti e appassionate ricostruzioni delle sfide più belle di quella stagione. Ferlaino sembra un ragazzino che ringiovanisce sempre più all’incalzare delle domande dei conduttori o dei tifosi presenti in sala. Carannante ricorda la straordinaria coesione che c’era nello spogliatoio dove ogni tanto si vedeva spuntare come una “Palummella” Gennaro Montuori. Massimo Cannizzaro, speaker di radio CRC, ha portato un pezzo inedito dedicato a Maradona e letto una poesia che auspica nuovi trionfi. Non è un caso che proprio 25 anni dopo il Napoli ha rivinto la Coppa Italia alzata nel cielo di Roma da capitan Cannavaro: trofeo che mancava in bacheca da un quarto di secolo, quando ai partenopei riuscì il double. Dopo l’estrazione a cura degli ospiti dei biglietti della Lotteria di beneficenza, alla mezzanotte è toccato a Ferlaino e al decano del Cardinale don Giovanni Liccardo, il taglio della torta a forma di scudetto con la candelina 25 a illuminare l’effige della squadra eroica. Immagini e ricordi che sembravano appartenere a un passato sono stati ripresentati da una passione immutata. Alla mezzanotte del 10 maggio 2012, mentre tutti cantavano “O’ surdate nnamurato”, si è avuta la certezza che le vittorie del Napoli non muoiono mai. Come questa città che pur ferita, è risanata dai sorrisi dei suoi bambini per i quali è stata pensata una serata che commemora e costruisce una Napoli vincente.
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I MOMENTI STORICI Aurelio... noi vogliamo vincere
Il Napoli per la prima volta nella storia fa tremare le grandi squadre del Nord. Ha un quartetto che fa paura alle milanesi ed alla Juventus: il brasiliano Luis Vinicio detto “O’ Lion”, l’argentino Bruno Pesaola detto “O’ Petisso”, lo svedese Hasse Jeppson (acquistato per la cifra record di 105 milioni dall’Atalanta) e il Nazionale Amedeo Amadei.
Il primo trofeo del Napoli è datato 21/06/1962 (stadio olimpico di Roma, Napoli-Spal 2-1 con gol di Corelli e Ronzon). Nello stesso anno i partenopei vincono il campionato di serie B. Ancora oggi gli azzurri detengono il record per aver vinto la Coppa Italia giocando nella serie cadetta.
1965/66
1961/62
1955/56
1926
Nel 1926 nasce ufficialmente la prima squadra di calcio a Napoli. I primi calciatori azzurri più importanti sono: il mitico Attila Sallustro, Pippone Innocenti (marcatore del primo gol della storia del Napoli) e il portierone Arnaldo Sentimenti.
16/06/1966 il Napoli di Sivori, Altafini e Canè conquista la Coppa delle Alpi terminando il Torneo con due punti di vantaggio davanti alla Juventus. Gli azzurri finiscono il campionato ad un passo dallo scudetto. In quel Napoli militano 4 napoletani: Mistone, Postigione Montefusco e capitan Juliano.
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DEL NAPOLI ...non partecipare!!!
Gennaro Montuori
Non è un Napoli stellare ma in campo figurano campioni come il grandissimo brasiliano Josè Altafini ed il mitico portierone Dino Zoff. Queste due formazioni detengono un record: per la prima volta nella storia ci sono quattro centrocampisti napoletani. Nel 71/72: Montefusco, Improta, Abbondanza e Juliano. Nel 72/73: Improta, Abbondanza, Esposito e Juliano.
1971/72 e 1972/73
Il Napoli di Luis Vinicio “o lione” con Clerici capocannoniere e capitan Juliano, ritorna a lottare ai vertici della classifica. Gli azzurri vanno di nuovo ad un passo dallo scudetto per ben due anni. Questa squadra riesce ad esaltare la folla napoletana con il pienone tutte le domeniche.
1973/75
L’anno successivo la Primavera ottiene un’altra vittoria. Questa volta è il mitico Mario Corso a guidare gli azzurrini alla vittoria del primo scudetto nella storia.
1975 e 1979
Rosario Rivellino è l’unico nella storia del Napoli ad alzare una Coppa per la terza volta guidando gli azzurrini alla vittoria del torneo di Viareggio.
1975/76
29/06/1976 Rivellino e Del Frati sostituiscono il grande Vinicio e con capitan Juliano vincono la seconda Coppa Italia della storia azzurra. Il capocannoniere è Beppe Savoldi.
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I MOMENTI STORICI
1989/90
1988/89
1986/87
1986/87
Aurelio... noi vogliamo vincere
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10 Maggio 1987, ore 17:45. Il Napoli pareggia 1-1 con la Fiorentina e conquista il suo primo storico scudetto. È la MaGiCa (Maradona, Giordano e Carnevale) a trascinare gli azzurri alla vittoria finale.
13/06/1987, il Napoli dopo lo scudetto si aggiudica anche la coppa Italia, terza della storia, accoppiata riuscita a poche squadre italiane. Bruscolotti (509 presenze) corona il sogno della doppia vittoria. 17 Maggio 1989, il Napoli vince il primo trofeo europeo. La vittoria della Coppa Uefa è merito di un gruppo unito che trascinata da “Re” Diego riesce a dominare anche in Europa. 29/04/1990, il Napoli conquista il suo secondo tricolore battendo 1-0 la Lazio con un gol di Baroni. Il primo era storia, il secondo è la conferma di un grande Napoli che entra di diritto tra le big d’Italia.
DEL NAPOLI ...non partecipare!!!
2012
20 Maggio 2012: esattamente 25 anni dopo, il Napoli torna a vincere la Coppa Italia, la quarta della propria storia. All’Olimpico di Roma battuta in finale la Juventus neo-campione d’Italia fino ad allora imbattuta in stagione. Decidono Hamsik e Cavani, quest’ultimo capocannoniere della competizione con 5 reti. La città torna a festeggiare un successo, il primo da dopo il Fallimento.
2012
Il Napoli torna a in Coppa dei Campioni (ora Champions) dopo 22 anni. Supera il cosiddetto “girone della morte” superando il Manchester City (vittoria in casa, pari fuori), il Villarreal (sia all’andata che al ritorno) ed il Bayern (1-1 al San Paolo). Nessuna squadra italiana aveva mai vinto in casa degli spagnoli ed il Napoli non era mai riuscito a segnare un gol in Inghilterra. Azzurri eliminati solo ai quarti, ai supplementari, dal Chelsea (dopo la vittoria dell’andata).
1992/93
È l’ultimo Napoli degno di nota: forte e competitivo. Oltre a tantissimi campioni d’Italia, nel reparto difensivo ci sono i tre napoletani Taglialatela, Ferrara e Cannavaro. In attacco c’è il tridente Careca Zola e Fonseca. Un’attacco così non si ripeterà più fino ai tempi di oggi.
1989/90
01/09/1990: Il Napoli strapazza la Juventus per 5-1 con le reti di Silenzi (2), Careca (2) e Crippa, conquistando la Supercoppa italiana. È l’ultimo trofeo dell’era Maradona. È la fine di un’epopea
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SUD TRASPORTI
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foto di Raffaele Esposito
LA FOTO DEL MESE
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IMMAGINI DELLA FE
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STA ALL’OLIMPICO
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IMMAGINI DELLA FE
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STA ALL’OLIMPICO
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IL GIOCATORE
Il Capitano del popolo napoletano
C
apitano, oh mio capitano. L’ammiraglia azzurra ha finalmente attraccato in porti di cui ne aveva smarrito la rotta per, esattamente, un quarto di secolo. Il nuovo orizzonte di un mare infinitamente azzurro è rappresentato da quel trofeo che tutti snobbano ma che alla fine fa sempre la differenza al termine della stagione. Il Napoli torna a vincere la Coppa Italia, la quarta della propria storia, ed è il suo capitano Paolo Cannavaro ad alzarla al cielo. Venticinque anni fa, quando Diego Armando Maradona realizzava la felice accoppiata Scudetto-coppa nazionale, Paolo era un bambino come altri della Loggetta che ammirava con occhi trasognati le gesta di quella grande squadra guidata dal suo immenso fenomeno e, chissà, in quel momento avrà sicuramente desiderato di poter fare anche lui come loro un giorno. Detto, fatto. Cannavaro alza al cielo di Roma il primissimo trofeo dell’era De Laurentiis, il primo di una lunga serie così come si è augurato lo stesso capitano azzurro subito dopo i festeggiamenti: “Spero che questa Coppa Italia rappresenti un punto di partenza perché quando un gruppo forte comincia a vincere significa che possa nascere anche l’abitudine a farlo. Insomma, come si dice in questi casi l’appetito vien mangiando”. E quella ciurma di scalmanati del pallone (o scapigliati, così come amara definirli De Laurentiis) ha ancora tanta fame. Vincere aiuta a vincere, e chi meglio di Paolo Cannavaro può esprimere questo concetto. Queste le sue parole nel messaggio d’augurio spedito al Presidente (in occasione del suo compleanno) a nome di tutta la squadra: “Nel segno di un progetto vincente che da otto anni vede
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DEL MESE
Mauro Cucco
il Napoli sempre più protagonista in Italia ed in Europa. A nome della squadra le rivolgo il nostro più affettuoso augurio affinché la storia azzurra possa proseguire all’insegna della gioia e della felicità vissute insieme in questi anni”. Se lo meritava questo trofeo il capitano azzurro. Un figlio di Napoli sa come far contenta la propria madre, sa come renderla felice, ma è anche consapevole che spesso, in maniera a dir poco frettolosa, finisce per scontentarla più degli altri ed è costretto ad ingoiare bocconi amari. Il gigante azzurro, però, ha saputo rispondere nel miglior modo possibile alle eccessive critiche ricevute, ovvero rimboccandosi le maniche, combattendo sul campo per la maglia e per la gloria (sua e dei suoi tifosi) e regalando alla sua gente (ma anche a sé stesso) un nuovo titolo, il quale sa di liberazione dopo gli anni bui ed il Fallimento del 2004. Insomma, proprio come il più sensibile dei figli, Paolo aveva capito che solo gettando il cuore oltre l’ostacolo avrebbe potuto far cambiare il giudizio sul suo conto alla propria mamma, al proprio popolo. Che, in fondo, voleva solo tornare ad essere felice. Felice di poter rivedere brillare l’azzurro del Napoli, guardando orgogliosamente al calcio italiano con pancia dentro e petto in fuori. Proprio come Cannavaro, secondo napoletano dopo Antonio Juliano (1976) a vincere un trofeo con la maglia del Napoli con la fascia di capitano intorno al braccio. Ma pensate che lui, a fine partita, abbia pensato solo a sé stesso? Nient’affatto: la sua grande emozione l’ha voluta condividere con i napoletani di oggi ed anche quelli di domani. “Da capitano napoletano volevo avere l’onore di alzare quella coppa e ci sono riuscito. E’ stato fantastico. Spero che un domani qualcuno possa provare la stessa emozione che ho provato io questa sera”. Paolo Cannavaro, una personalità genuina come solo un napoletano sa esserla, saggia come solo un capitano è in grado di incarnarla, semplice ed umile come solo i grandi uomini sanno dimostrarlo. Oh Capitano, mio capitano.
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38a Giornata 13/05/2012
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Celi di Bari 6
De Sanctis 5,5 Britos 6 Cannavaro s.v. (dal 17’ Fernandez 6) Campagnaro 6,5 (dal 90’ Grava s.v.) Maggio 6 Gargano 6,5 Inler 6,5 4’ 34’ Dossena 8 Hamsik 7,5 Pandev 7 (dal 68’ Zuniga. 6) Lavezzi 5,5 A disp.: Rosati, Fideleff, Vargas, Dezi. All.: Mazzarri 6,5
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Farelli 5,5 Vitiello 5,5 Terzi 5,5 Contini 5,5 Rossi 5,5 Vergassola 5,5 Giorgi 5,5 (dal 62’ Sestu 6) Bolzoni 5,5 (dal 54’ Parravicini 5,5) D’Agostino 6 Brienza 6,5 6’ Destro 6,5 (dal 83’ Larrondo s.v.) A disp.: Brkic, Gazzi, Belmonte, Grossi. All.: Sannino 6,5
NOTE: 43.582 spettatori. Angoli: 10 a 4 per il Napoli Recuperi: 1’ pt, 3’ st.
di Carmine Montuori
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Finale 20/05/2012
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Brighi di Cesena 4,5
Storari 5,5 Barzagli 6 Bonucci 5,5 Caceres 5,5 Lichsteiner 5,5 (dal 64’ Pepe 6,5) Marchisio 5,5 Pirlo 6,5 Vidal 6 Estigarribia 5 Del Piero 6 (dal 64’ Vucinic 5,5) Borriello 6 (dal 73’ Quagliarella 4) A disp.: Manninger, Giaccherini, Padoin, Matri. All.: Conte 5,5
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De Sanctis 7 Campagnaro 7 Cannavaro 7 Aronica 7 Maggio 6,5 Inler 7 Dzemaili 7 Zuniga 6,5 82’ Hamsik 7,5 (dal 85’ Dossena s.v.) Lavezzi 7 (dal 71’ Pandev 7) 52’ rig. Cavani 7 (dal 90’ Britos s.v.) A disp.: Rosati, Fernandez, Grava, Vargas. All.: Mazzarri 7
NOTE: 65.000 spettatori circa. Angoli: 5 a 4 per la Juventus Recuperi: 3’ pt, 5’ st.
di C.M.
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GENNARO IEZZO “Napoli: la mia dignità, il mio cuore”
“N
ella vita c’è chi mette la dignità prima di ogni cosa. Io sono uno di quelli e non me ne pento”. Questa è, senza ombra di dubbio, la più bella delle parate che Gennaro Iezzo abbia mai fatto nel corso della sua carriera. La dignità. La dignità prima di tutto, prima del successo, prim’ancora del guadagno in termini economici. Il karma di un portierone che, per amore della propria gente e della sua passione più grande, lo ha spinto ad abbandonare solo momentaneamente le luci della ribalta per poter soccorrere la propria squadra del cuore, finita laggiù nei meandri della terza serie. Quando Edy Reja lo chiamò: “Genni, qui si sono persi i play-off e siamo ancora in C…”. Iezzo-man gli rispose: “Mister, per me questo non è un’problema”. La sua fu una scelta di cuore, nel pieno rispetto di una filosofia di vita tramandatagli dal suo maestro Gianni Simonelli e che lui stesso trasmetterà ai suoi futuri allievi, ora che intraprenderà la sua carriera da allenatore. Di questo, della Coppa Italia, del Napoli di De Laurentiis, di Mazzarri e del Pocho Lavezzi e di tanto altro ancora ci ha parlato Gennaro Iezzo in questa lunga chiacchierata ricca di contenuti e di retroscena. Il Napoli è tornato a vincere la Coppa Italia dopo 25 anni. Le tue impressioni da ex-azzurro e da tifoso doc. “All’Olimpico ho rivisto una squadra grintosa e con tanta voglia di vincere così come si era contraddistinta sia l’anno scorso, nella splendida cavalcata per il terzo posto, sia quest’anno soprattutto nelle partite di Champions League. Perciò, da ex-compagno, sono rimasto felicemente sorpreso di quella ritrovata voglia di vincere. Da tifoso sono veramente entusiasta per la vittoria perché comunque alla nuova era, inaugurata da De Laurentiis, mancava un trofeo importante, seppur meno prestigioso rispetto ad uno Scudetto o ad una Champions. Era importante tornare a riempire la bacheca dei trofei. E poi battere la Juventus è sempre uno sfizio…”. Già, la Juventus. Ma cosa si prova nel vincere la sfida contro la Vecchia Signora, tu che l’hai battuta più volte al San Paolo? “Io credo che per un napoletano battere la Juventus sia una vera e propria missione, un’aspirazione. Io almeno così la vivevo. Anche perché di juventini ce ne sono tantissimi. Anche nella mia Castellammare ce n’erano e ce ne sono ancora tanti. Ragion per cui la rivalità era ed è molto sentita ed è anche molto accesa. Per questo battere la Juve rappresenta un qualcosa in più di una semplice vittoria”. Insomma, con la conquista della Coppa Italia si è conclusa un’altra stagione positiva per il Napoli. Un’altra annata targata Mazzarri. “Io credo che, per essere arrivati a tagliare determinati traguardi in così poco tempo, all’allenatore vadano riconosciuti ampi meriti. Il mister però non deve dimenticare che allena una squadra molto forte che gli ha consentito di qualificarsi per il terzo anno di fila alle coppe europee e di vincere una Coppa Italia. Quindi ampi meriti a Mazzarri ma ampi meriti anche a tutto il gruppo”. Confermeresti l’allenatore anche per la prossima stagione, oppure ritieni che sia arrivato il momento di voltare pagina con un nuovo ciclo? “Mazzarri merita la riconferma. Non dobbiamo assolutamente dimenticare quello che è stato capace di realizzare in tre anni: qualificazione all’Europa League, terzo posto-Champions ed una Coppa Italia. Non credo sia poco…”. Dipendesse dalla gente di Napoli, anche Lavezzi meriterebbe una conferma. Ma se davvero andasse via, come lo si può sostituire?
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“Direi con Messi (sorride ndr). In giro ci sono pochi calciatori che hanno le stesse caratteristiche del Pocho, purtroppo se andasse via sarebbe una lacuna grossa per il Napoli. Non solo, sarebbe una lacuna grossa anche per lo stesso allenatore. Io non so se riusciranno a trovare un degno sostituto del Pocho”. Proprio Lavezzi ha ribadito più volte le sue difficoltà nel riuscire a passeggiare tranquillo tra le vie della città, insomma nel non riuscire a godersi pienamente la sua quotidianità. Questo disagio lo ha espresso anche a te o ad altri componenti dello spogliatoio in via confidenziale? “Beh, sappiamo tutti che questo è il prezzo da pagare quando si è così amati da una intera tifoseria come quella di Napoli. A pensarci bene, però, Lavezzi in persona non ha mai parlato di questo aspetto all’interno dello spogliatoio. Invece so per certo che il pocho ama questa gente. Dovendo mantenere le opportune distanze, credo che i napoletani abbiano rivisto in Lavezzi un po’ lo scugnizzo che era Maradona nel suo saper essere trascinatore e leader della propria folla. Napoli ama i propri beniamini e proprio alla luce di questo, vorrei spedire un messaggio al Pocho..” Prego… “Al Pocho vorrei far capire che, ovunque andrà, non riceverà mai lo stesso amore che i napoletani gli hanno saputo dare. Ovunque andrà noterà questa differenza: qui a Napoli sei l’idolo incontrastato, altrove sei uno dei tanti”. Dall’attacco torniamo tra i pali: come giudichi la stagione di Morgan De Sanctis? “Morgan è un grandissimo professionista, negli ultimi due anni ha giocato ad alti livelli. Quest’anno a volte è andando in difficoltà per la semplice ragione che tutta la squadra stava vivendo un periodo negativo. Ed è ovvio che l’appannamento di tutto il gruppo si riflette anche sul portiere”. Ma rivedendo le immagini di Paolo Cannavaro che solleva la Coppa Italia, non ti è venuto un po’ di rancore? Non ti è venuto da dire: “Potevo esserci anch’io lì con loro…”? “E’ normale che mi avrebbe fatto piacere essere lì insieme a loro ma devo essere sincero: in quel momento pensavo che ero contentissimo per loro e per la gente di Napoli. Rancore non ne ho perché ormai mi sono un po’ abituato alla vita dell’ex. E poi se guardo indietro ripenso comunque a quando ho partecipato per la conquista di una qualificazione in Champions che, a mio avviso, credo sia più importante che vincere la Coppa Italia”. Alla luce di tutto questo: perché è finito il tuo rapporto col Napoli? “Perché nella vita c’è chi mette davanti a tutto la dignità e chi mette invece dà priorità al lato economico ed io ho scelto sem-
SI RACCONTA pre la prima strada. Probabilmente questo mio atteggiamento mi avrà fatto guadagnare qualche soldino in meno in carriera, forse mi sarà costato la Nazionale o quanto meno la possibilità di giocare di più in Serie A, ma per me quello che conta di più è la dignità. L’ho dimostrato quando decisi di retrocedere fino in Serie C per il Napoli…”. E allora torniamo con piacere a quell’estate del 2005…fin dal principio. “Essendo tifoso del Napoli fin da bambino e seguendo dalle curve del San Paolo le gesta di Maradona quando avevo 14-15 anni, è normale che il mio grande sogno era quello di giocare in maglia azzurra. Quello penso che sia il sogno di tutti i tifosi. Poi vai avanti facendo quello che tu avresti voluto sempre fare, ovvero il calciatore, e quindi in un certo senso continui a coltivare questa tua ambizione. Ma arrivato alla soglia dei 30 anni, ad essere sincero, non ci speravo più. Mi ero guadagnato la Serie A, il Cagliari mi voleva per rinnovare il contratto e per me si aprì anche qualche spiraglio per la Nazionale anche se io, magari, mi sarei accontentato anche di una sola convocazione. Ricordo che quell’estate c’erano i greci dell’Aek Atene che mi volevano fortemente, stavano a chiamarmi ogni due minuti, mi massacravano ogni giorno. Pensa che, poco prima di recarmi a Castelvolturno per firmare il contratto col Napoli il mio agente era a telefono con uno di loro. In quei giorni, però, c’era Reja che mi chiamò prima dei play-off dicendomi: “Se andiamo in B, tu ci sei?”. Io diedi il mio consenso, anche se il Cagliari voleva comunque rinnovarmi il contratto. Una volta persa la finale playoff con l’Avellino, Reja mi richiamò e mi disse: “Gennaro, mi spiace: qui c’è la Serie C” ed io risposi senza mezzi termini che “per me non era un’problema”. Il solo pensiero di salire le scalinate del San Paolo che avevo sempre sognato da bambino faceva sì da rimuovere qualsiasi rimpianto, anche la possibilità di poter guadagnare cinque volte di più rimanendo in Sardegna. Ormai avevo preso la mia decisione e ne fui entusiasta. E di questo debbo solo ringraziare mister Reja e Nico Facciolo, il preparatore dei portieri. Furono loro a volermi in maglia azzurra”. Qual è il tuo ricordo più felice? La partita o la parata che più ti è rimasta impressa? “Guarda, devo essere sincero: ce ne sono stati talmente tanti di episodi, partite, vittorie e parate che faccio davvero fatica a scegliere. Però possiamo pure dire che il pomeriggio vissuto a Marassi contro il Genoa nel giorno della promozione in Serie A rimane una gioia immensa. E poi fu bello vedere due tifoserie, tra l’altro gemellate tra loro, che tifano insieme per lo stesso obiettivo ed a fine partita approdano insieme nella massima serie”. Abbiamo appena festeggiato i 25 anni dal Primo Scudetto del Napoli. Tu che hai vissuto l’ambiente azzurro fino a poco tempo fa, ci sapresti dire con certezza se questa dirigenza, nella persona del presidente De Laurentiis, abbia tra i suoi obiettivi quello della conquista del terzo tricolore? “Io penso che qualsiasi imprenditore voglia raggiungere un traguardo del genere, anche perché avrebbe dalla sua non solo il prestigio ma anche nuovi introiti economici e commerciali. Insomma, altro business. Ecco perché posso affermare che questo Napoli vuole vincere lo Scudetto, anzi lo deve vincere. Inoltre credo che l’anno prossimo possa essere proprio la volta buona, perché il Napoli potrebbe approfittare di Milan e Juventus che saranno impegnate anche in Champions. Sì, penso che l’anno prossimo il Napoli abbia buone possibilità”. Ormai hai già deciso che “da grande” farai l’allenatore. Dopo aver conseguito il patentino di base (Uefa-B) ti appresti ad ottenere anche quello Uefa-A. Qualcosa però mi dice che avresti potuto continuare a giocare un altro paio d’anni ancora… “C’erano state nuove proposte ma a settembre mi sono infortunato e quindi non se n’è fatto più nulla. Quello lo preso come un segnale e così ho deciso di appendere le scarpette al chiodo e di cominciare questa nuova avventura. Sto studiando per diventare allenatore ma ciò che mi porterò dietro saranno sempre gli insegnamenti del mio maestro Gianni Simonelli, il quale sosteneva che i moduli, il 4-4-2, il 4-3-3 o quanti altri sono sì importanti ma non rappresentano l’aspetto principale. Quello che conta veramente è il cuore, la voglia di vincere. Credo che sia il motto più giusto che ci sia”.
Mauro Cucco
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LE QUATTRO GIORN L
e quattro giornate di Napoli sono una pagina gloriosa scritta nel sangue dal Popolo napoletano! Ma, come al solito, quelle culture che hanno imparato nei secoli a strumentalizzare uomini e avvenimenti, con la complicità di “personalità” varie, svincolano i fatti dal contesto storico per meglio usarli a beneficio proprio o della propria parte. Per vincere le manipolazioni e comprendere davvero ciò che accadde, avviciniamoci invece a coloro che vissero i momenti precedenti a quelle giornate così drammatiche e significative. Così, forse, potremo conoscerne meglio i protagonisti e i valori che provocarono tanta grandezza! La storia dice che le Quattro Giornate ebbero inizio il 27 Settembre 1943. Intanto tra il 9 e il 10 settembre vi erano stati più tentativi da parte dei tedeschi di occupare il palazzo dei telefoni in via De Pretis. I nostri Carabinieri avevano respinto tutti gli assalti! Ma, incredibile a dirsi, il Comandante della Regione territoriale da p.za del Plebiscito il giorno 11 diede l’ordine di non resistere… Sconcertato il Comandante fu costretto a ordinare la non resistenza ai suoi uomini! Il 12 settembre improvvisamente nel cuore di Napoli, a pochi passi dal palazzo dei telefoni, si scatenò il putiferio! Due giovani militari tedeschi stavano sorbendo un gelato passeggiando in p.za Bovio, detta Della Borsa, lungo il lato di via Marina, quando dal lato opposto della piazza, da una finestra dell’edificio che fa angolo con via S. Aspreno, partirono improvvisamente alcuni colpi di fucile. I due militari rimasero fulminati! Come un tuono a ciel sereno si scatenò la reazione tedesca! In pochi minuti tutta la truppa dalle caserme limitrofre si riversò nella piazza e nei luoghi circostanti come se aves-
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sero già previsto tale operazione. Gli edifici di piazza della Borsa, via S. Aspreno e di tutte le strade vicine furono fatti sgomberare! Le persone, colte peggio che da un terremoto, furono ammassate al centro della piazza, costrette in ginocchio con le mani in testa sotto minaccia dei fucili mitragliatori. Non fu risparmiato nessuno: vecchi, donne,malati, bambini mugolanti piangevano e pregavano! Le radio già lanciavano notizie di fucilazioni di tutta la popolazione abitante fino ai quattro palazzi di piazza Nicola Amore, mentre venivano minati tutti i predetti edifici! Questa descrizione non è frutto di fantasia! Mia Nonna Emma Salvi, madre di 10 figli, mi raccontò in pianto più volte tutti i dettagli della ignobile rappresaglia e da ultimo mia zia Lucia Felicella, prima di morire, registrò la sua preziosa testi-
ATE DI NAPOLI
Enrico Tuccillo
monianza circa quegli avvenimenti! Era accaduto che qualche giorno prima alcune mie zie erano state fermate per strada da quattro giovani militari italiani che, volendo raggiungere le loro terre di origine ( uno di nome Bruno era siciliano), chiedevano di essere aiutati a sfuggire ai tedeschi che li avrebbero arrestati e deportati. Mia Nonna li ospitò immediatamente nei cantinati di via S. Aspreno 13, ove abitava, in attesa del da farsi. I quattro giovani a causa della proclamazione dell’armistizio erano rimasti sbandati. Mentre radunava gridando la numerosa famiglia il cuore di quella meravigliosa Donna napoletana non dimenticò i quattro suoi figli adottivi nascosti nei cantinati. Ordinò proprio a mia zia Lucia di tornare lungo la fila nel palazzo per avvertirli di uscire, per non rimanere intrappolati negli edifici minati! Mia zia riuscì nell’intento pur se raggiunta nelle gambe da alcune schegge di una mitraglietta tedesca. I ragazzi uscirono ma, ahimè! Furono immediatamente riconosciuti dai tedeschi per il rigo militare dei pantaloni. I due marinai tra i quali Bruno ( ricordo il suo nome legato al profluvio di lacrime di mia Nonna durante i racconti!) furono bloccati sul palazzo della Borsa. Gli altri due scapparono verso l’ingresso della vicina Università Federico II.Intanto, mentre incalzava questo scenario di dolore apocalittico, arrivava in quella piazza la macchina con il colonnello che comandava tutti i reparti tedeschi di Napoli. Un’altra Donna napoletana si rivelò un Angelo! Il Colonnello era innamorato di una bellissima ragazza di via Chiaia, appartenente ad una buona famiglia napoletana. Era nella macchina scoperta al suo fianco quando le apparve quello scenario drammatico. Intuì quello che stava per accadere: Con una determinazione improvvisa ed una forza inusitata urlò: “SE FARAI DEL MALE AL MIO POPOLO SCORDATI IL MIO NOME!”
In quel momento si avvicinarono all’auto due ufficiali comunicando ch’erano stati catturati i quattro militari italiani. “ Sono loro i colpevoli” sentenziò il Colonnello… Bruno e l’altro marinaio furono lasciati sui gradini della Borsa…” VIVA L’ITALIA! “ gridò Bruno mentre partiva la raffica della mitraglia assassina! Gli altri due giovani militari italiani furono giustiziati allo stesso modo sui gradini dell’ingresso dell’Università! La popolazione sgomenta fu poco alla volta liberata tornando esterrefatta alle proprie case ma non erano più gli stessi. Il Popolo napoletano è il Popolo dell’Umanesimo cristiano! Buono, paziente fino all’estremo ma non sopporta chi gli tocca i figli, i vecchi, i deboli, le Mamme! E aveva scoperto d’un tratto che dentro quelle divise non c’era più nulla di umano! Nei giorni successivi, mentre altri episodi di spietata violenza venivano raccontati nelle case, nei vicoli, all’orecchio degli amici, giunse la notizia che i tredici Carabinieri, che avevano difeso i “telefoni”, resi inermi dal comando di un innominabile sedicente generale italiano, erano stati anch’essi fucilati il 14 settembre a Teverola dal fuoco d’ignobili, vigliacchi fucilieri tedeschi! Il cuore dei Napoletani stava per esplodere. Dal Vomero, da Ponticelli contro le cui case furono puntati i cannoni tedeschi, sui Quartieri, dal palazzo Ammendola, da tutti e Ventiquattro i seggi napoletani Masaniello redivivo infuriò contro il nemico tedesco e lo scacciò tramortito e vinto fuori delle proprie terre ammonendo i popoli allora COME ORA DI NON ABUSARE OLTRE I LIMITI DELLA PAZIENZA DEI NAPOLETANI! Maggio 1989 - Finale Coppa Uefa, Stoccarda (Germania)
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INSIGNE E’ PRONTO C
È lui il dopo-Lavezzi
hi sostiene che Lorenzo Insigne non abbia ancora raggiunto quel livello di maturità tale da meritarsi la grande occasione di vestire la maglia del Napoli si sbaglia di grosso. I fatti separati dalle opinioni parlano, infatti, di un vero e proprio funambolo delle metà-campo avversarie, un talento esplosivo e genuino qual è quello portato in dote dal furetto di Frattamaggiore, classe 1991 ed alto solo 163 cm. A mio avviso Insigne è un giocatore più che pronto per giocarsi la sua chance in maglia azzurra. D’altronde, se lo è anche meritata il giovane fantasista cresciuto nel vivaio del Napoli nonostante non abbia avuto grandissimi maestri dalle parti di Castelvolturno e dintorni. Il percorso compiuto fin qui da Insigne è stato, infatti, frutto di tutta la farina del proprio sacco. Tanto estro e tanta qualità immediatamente adocchiata dall’esperto Zdenek Zeman che lo ha valorizzato prima al Foggia, nella stagione 2010-2011, in Lega Pro (19 gol in 33 presenze) e poi quest’anno, in B, al Pescara, al termine di un’annata meravigliosa impreziosita da 18 gol, assist a gogò e coronata da una storica promozione in Serie A. Quella massima serie che Lorenzo “il Magnifico” s’è guadagnato per ampi meriti. Ed il Napoli, dovendo sostituire quasi sicuramente Lavezzi, ha la grande opportunità di ritrovarsi un gioiello fatto in casa da lanciare in orbita senza avventurarsi a ricercare sul mercato un vice-Pocho che non troverà mai. Il presidente De Laurentiis farebbe bene a puntare tutto su Insigne ed impiegare i soldi derivanti dalla cessione di Lavezzi per potenziare altri reparti come il centrocampo e l’attacco. Il tutto, però, a patto che da parte dell’ambiente partenopeo ci sia la massima fiducia nei confronti di un ragazzo che ha stregato finanche l’occhio sapiente di Ciro Ferrara, ct della Nazionale Under 21 con la quale, finora, la giovane punta ha collezionato 3 gol in appena 4 presenze. Un giocatore giovane e bravo come Insigne ha bisogno di avvertire il massimo sostegno da parte della dirigenza, della guida tecnica, dei propri compagni di squadra ed anche (e soprattutto) dei tifosi. Farlo tornare all’ovile per poi confinarlo ai margini e relegarlo in panchina (ripetendo quanto accaduto con Edu Vargas) non servirebbe a nulla. O torna per essere considerato alla pari degli altri e quindi un calciatore di una certa importanza, oppure sarebbe più idoneo farlo rimanere a Pescara (o in un’altra squadra di A) per giocare con continuità e per permettergli di mettere ancora in mostra le proprie capacità. Non bisogna commettere l’errore di frenare l’ascesa di un talento cristallino optando per una via di mezzo alle due or ora evidenziate, un po’ come ha fatto il Milan con El Sharaawy. Io rimango del parere che un giocatore con doti tecniche sopraffine, baricentro molto basso, rapidità supersonica nell’uno contro uno e grande fiuto del gol non bisogna lasciarselo scappare. E Lorenzo Insigne è tutto questo ed anche altro, perché i quasi 20 gol a stagione che ha messo a segno in quest’ultimo biennio dimostrano anche una certa personalità, un certo carattere ed una invidiabile duttilità tecnico-tattica. E’ un trequartista ma segna quasi come una prima punta. In più, grazie all’ottimo lavoro svolto da Zeman, è diventato anche un giocatore completo visto che ha imparato a fare anche la fase difensiva. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti affinché il Napoli pensi, saggiamente, di riportare alla base un prodotto del proprio settore giovanile. Oltretutto di origine napoletana. Finalmente potremmo rivedere all’opera un talento cresciuto in casa. Un ragazzo della cantera azzurra.
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PER IL NAPOLI
Massimo Filardi
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MAZZARRI RICEVE IL PRE
L’
Unione Sportiva Acli ha consegnato sabato 26 maggio u.s., in una cerimonia svoltasi nella splendida cornice di Castel dell’Ovo a Napoli, il premio “Enzo Bearzot” al tecnico del Napoli Walter Mazzarri, l’allenatore che si è distinto dal punto di vista umano e professionale durante il campionato 2011/2012. Il tecnico napoletano succede nel premio all’attuale CT della nazionale italiana Cesare Prandelli. Sono intervenuti alla premiazione il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il presidente del Coni, Gianni Petrucci, il presidente della Figc Giancarlo Abete, il presidente dell’Unione sportiva Acli Marco Galdiolo, il direttore dell’ufficio della Cei per allo sport don Mario Lusek e numerosi giornalisti tra i più prestigiosi giornali cittadini e nazionali. A moderare il dibattito svoltosi in una sala gremita è stato il giornalista della Rai Enrico Varriale. In apertura di cerimonia ha preso la parola il Sindaco De Magistris il quale ha voluto sottolineare gli sforzi dell’amministrazione comunale sul versante sportivo sostenendo che: “C’è un grandissimo desiderio di fare sport a Napoli e questa è una cosa positiva, vedo in Mazzarri il tecnico più meritevole per ricevere il prestigioso premio dedicato a Enzo Bearzot. Il Napoli che ha vinto la Coppa Italia ha molto in comune con l’Italia dell’82 del CT Enzo Bearzot”. Subito dopo è intervenuto il Presidente della Figc Giancarlo Abete che ha
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rimarcato quanto asserito dal primo cittadino partenopeo sull’impegno istituzionale verso lo sport. Il suo intervento è sopraggiunto in seguito alla proiezione dell’incontro avuto da Ciro Ferrara e Angelo Peruzzi con i giovani detenuti a Nisida. “Come dirigente – ha commentato il Presidente federale Abete - mi sento impegnato verso lo sport vero, purtroppo lo sport è attualmente luogo di conflitto e confronto. Certe volte è il conflitto a prevalere, quando invece dovrebbe prevalere il confronto”. Poi è stata la volta del presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti Enzo Iacopino, il quale ha fatto riferimento a come le commistioni tra tifo e professionalità danneggino il giornalismo: “Sono critico nei confronti di una parte di quei giornalisti che fanno informazione, delle volte assistiamo a trasmissioni che sono un autentica vergogna. Il giornalista non deve essere tifoso, ma deve informare, facendo al meglio il suo lavoro. Insulti e rabbia non fanno parte del giornalismo migliore. Inoltre i miei colleghi dovrebbero prestare piu’ attenzione agli aspetti positivi dello sport e no concentrarsi solo sulle veline o sugli scandali”. Si arriva al momento della premiazione e alle parole di Walter Mazzarri: “E’ un grande onore essere accostato a Enzo Bearzot”. Questo il primo pensiero espresso dal tecnico toscano vistosamente emozionato ed orgoglioso nel ricevere il pre-
MIO ENZO BEARZOT
Mario Pesce
mio che celebra la memoria di un grande CT azzurro che ha fatto la storia del calcio italiano. All’allenatore del Napoli è stato conferito il prestigioso riconoscimento, promosso dall’Unione Sportiva Acli con il patrocinio della FIGC e del Coni, da una giuria presieduta dal presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, con la seguente motivazione: “Come Enzo Bearzot, Walter Mazzarri ha sempre costruito nelle sue squadre gruppi granitici e impermeabili a tutto... E’ certamente questo uno dei segreti di una carriera che in 12 anni lo ha visto cogliere grandi successi, con eccellenti capacità tecnico-tattiche che lo hanno portato a centrare in ogni stagione e categoria risultati superiori agli obiettivi fissati”. Mazzarri ha provveduto a ringraziare il Presidente Acli Marco Galdiolo, il Presidente del Coni Gianni Petrucci ed il Presidente della FIGC Giancarlo Abete presenti alla cerimonia: “Solo il fatto che il mio nome sia accostato a quello di un uomo dello spessore di Enzo Bearzot, mi gratifica e mi onora. Questo riconoscimento mi ripaga dei tanti sacrifici compiuti in dodici anni di carriera”. Poi l’allenatore azzurro ha parlato dell’annata del Napoli: “E’ stata una stagione bellissima che è arrivata dopo un percorso importante di tre anni. C’è stata una crescita costante avvenuta nel migliore dei modi. Il Napoli ha un capitale giocatori di livello alto che in questi tre anni hanno ulteriormente maturato esperienza. Prossimamente mi incon-
trerò con il Presidente De Laurentiis ed esporrò le mie idee per il futuro. Sarà un incontro sereno, per me la cosa importante resta sempre creare una squadra compatta, avere un gruppo unito e, come espresso dalla motivazione del premio, riuscire sempre a far rendere al massimo i miei giocatori”. Prima della premiazione ha parlato il numero uno del Coni Gianni Petrucci, che ha espresso la sua soddisfazione per aver premiato il tecnico azzurro: “Mazzarri merita questo riconoscimento non solo per ciò che ha ottenuto in questi anni, ma per l’intera carriera. E’ un allenatore che ha mostrato di avere un DNA vincente e riesce a evidenziarlo in ogni partita”. Una volta ricevuto il trofeo, l’allenatore del Napoli s’è prestato a firmare autografi a dei bambini presenti dell’Ospedale Pausillipon, mentre sullo schermo scorrevano le emozionanti immagini di Enzo Bearzot, della sua Italia e del Presidente della Repubblica Sandro Pertini presente alla finale mondiale dell’82. Da evidenziare il gesto nobile dello stesso Walter Mazzarri che ha devoluto l’intero premio in denari all’AIRC, Associazione per la Ricerca sul Cancro.
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TIFOSE DOC
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Marika Fruscio
a promessa è stata mantenuta e la showgirl Marika Fruscio, opinionista fissa della trasmissione” Tifosi Napoletani” si è spogliata in onore del Napoli. Coppa Italia vinta dai partenopei e grande festa in studio con questa sorpresa finale che ha deliziato gli occhi dei presenti e non solo... Con classe , eleganza e senza ombra di volgarità la bella mora è rimasta con un mini costume azzurro che poco ha lasciato all immaginazione.Un esaltazione di curve, una rara solarità tipicamente mediterranea ha veramente fatto breccia in tutti i milioni di tifosi napoletani e non attaccati come delle ventose al teleschermo. La Fruscio ha messo la ciliegina (e noi diremo le grandi ciliegine!) sulla torta per questa grande vittoria firmata Napoli. Un evento che non è passato inosservato al grande schermo e non solo.La notizia ha fatto impazzire il web, risultando il video piu cliccato addirittura sul sito del corriere dello sport e su mediaset sport. Milioni di visualizzazioni in un giorno e dato il grande interesse, parte del siparietto frusciano è stato riportato nella puntata di” striscia la notizia”.Tifosi Napoletani, condotto da Gennaro Montuori alias Palummella,è arrivato in tutta italia... Inutile dire che c è stato veramente un “boom” di ascolti nella trasmissione di giovedì 24 maggio con tanto di complimenti da parte di illustri personaggi.
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LO SPAZIO DEI
Festeggiamenti a Miliscola con gli amici della pizzeria “Silenzio”
Rosamariafrancesca tifosissima del Napoli per la gioia di mamma e papà
Il piccolo Manuel Esposito festeggia il suo primo trofeo... Coppa Italia 2012!!!
Carmen Navarretta napoletana di Termoli... grande tifosa del Napoli
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TIFOSI Antonello mitico cameraman televisivo
Mister Francesco Di Meo prossimo allenatore del Napoli
La tifosissima Iolanda per la gioia di babbo Carlo e nonna Tonia
Il piccolo Salvatore Zarelli
La piccola Gaia, napoletana dalla nascita... Per la gioia di papĂ Enzo e mamma Anna
I fratelli Andrea e Umberto Alati entrambi supertifosi del Napoli
La tifosa Ylenia Mereu specialitĂ via col vento
Via Salita dei Principi, 47 - NAPOLI -081.0383642
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