Ultr'azzurro maggio 2015

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Sommario 2

L’Editoriale

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Roma - Napoli

di Gennaro Montuori

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Il film del mese

Hamsik, il ragazzo che Marino prese per i capelli

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Il film del mese

di Mimmo Carratelli

6

La sfida del mese:

Napoli-Milan story

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Napoli - Fiorentina Il film del mese

di Gennaro Montuori

10

Juventus - Napoli

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vista da Clerici e Volpecina

Una chiacchierata con Corrado Ferlaino

48

Cagliari - Napoli Il film del mese

di Mauro Guerrera

20

Ventisei anni dopo,

50

il Napoli torna tra le big d’Europa

di Mauro Guerrera

24

La maglia attaccata alla pelle di Gennaro Montuori

Wolfsburg - Napoli Il film del mese

di Amelia Amodio

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Napoli - Lazio

Napoli - Wolfsburg Il film del mese

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Napoli - Sampdoria Il film del mese


Cari amici lettori siamo arrivati all’ultimo mese della stagione calcistica 2014-2015. Una stagione iniziata malissimo con l’eliminazione nei preliminari di Champions, figlia soprattutto di un mercato di basso profilo che non ha portato a quel rafforzamento della squadra, necessario per colmare il gap dalla Juventus. Programmazione e struttura societaria hanno permesso ai bianconeri di vincere ben quattro scudetti consecutivi. Eppure la squadra della famiglia Agnelli è tornata in Serie A insieme al Napoli della famiglia De Laurentiis. La stagione che volge al termine ha evidenziato che la differenza tra le due squadre sta soprattutto nel profilo societario. Dal punto di vista tecnico Rafa Benitez, pur commettendo anche lui diversi errori nelle scelte di alcuni uomini anziché altri, ha portato la squadra al trionfo in Supercoppa Italiana, alle soglie della zona Champions in campionato e soprattutto in una semifinale europea dopo ventisei anni dal trionfo di Stoccarda firmato dal Napoli di Maradona. Questi obiettivi raggiunti devono però essere un punto di partenza per programmare la prossima stagione, iniziando proprio dal mercato. De Laurentiis deve prendere coscienza che, grazie anche al suo lavoro fatto in questi dieci anni, il Napoli è diventato un club competitivo ma che per vincere traguardi prestigiosi necessita del grande salto di qualità. Soprattutto è arrivato il momento di comprare quei giocatori che in campo ti sanno dare quella personalità e quella qualità per essere quanto più vicini possibile ai top club europei. Al Napoli elementi non di qualità, soprattutto per mentalità e personalità, non servono più. Benitez ha messo De Laurentiis con le spalle al muro. Ha spiegato a tutti che il Napoli, se vuole davvero diventare grande, deve fare un mercato finalmente importante e completo, deve organizzare un settore giovanile e un centro sportivo di grande livello. Per essere una grande squadra è importante avere una sede sociale nel centro della città e avere un’organizzazione scouting ramificata e ben informata sulle risorse giovanili di ogni angolo del globo. Il tutto, con il sostegno di entrate economiche provenienti anche da uno stadio di livello europeo, accogliente e da vivere sette giorni su sette. La netta vittoria contro la Sampdoria ha dimostrato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che è difficile trovare un allenatore superiore a Rafa Benitez. Il futuro deve essere programmato partendo proprio dalla conferma del tecnico spagnolo. Benitez. Però adesso è il momento di stringerci tutti intorno alla squadra. Tifosi, opinionisti e giornalisti. C’è un prestigioso trofeo europeo da conquistare. Napoli deve tornare a essere regina in Europa. Per chiudere, salutiamo con affetto ma soprattutto con tanta gioia il ritorno al gol di Lorenzo Insigne. Le sue lacrime di gioia dopo il gol alla Sampdoria (e che gol, da vero fuoriclasse) hanno scritto la parola fine al suo personale peggiore momento della carriera. Forza Napoli, portaci a Varsavia

ANNO XXIV - N.5 - MAGGIO 2015

Graficart di Luca Iodice Bacoli (NA)



Hamsik, il ragazzo che Marino prese per i capelli

di Mimmo Carratelli

M

arek Hamsik, il capitano gentile. Fuoriclasse quando accende la sua lampada di Aladino. Testa alta, corsa agile, il passaggio filtrante, l’appuntamento col gol. Niente gli manca. Ma il carattere è a volte napoletano, lui che ama Napoli. Cioè, a volte si lascia andare, si arrende alle difficoltà, diventa fatalista. Un napoletano di Banskà Bystrica, Slovacchia. La dedizione alla maglia azzurra è però forte. Anche perché molti “numeri” lo hanno già inserito nella storia del Napoli. È già nell’alta classifica dei goleador e delle presenze in campionato. È il primatista delle presenze nelle coppe europee col bottino di 11 gol dietro Cavani (19), Altafini (15), Higuain (13). Sicuramente è il giocatore più amato per quella sua semplicità di vita, la cresta che una volta valse un gol, il suo essere bravo ragazzo, uno studentino con quegli occhiali leggeri, sempre disponibile, mai ombroso. Sta giocando l’ottavo campionato nel Napoli, sta riemergendo con la sua classe cristallina dopo l’infortunio di due anni fa, dopo i periodi grigi, dopo le polemiche sulla sua posizione in campo. I suoi gol sono carezze, uno schiaffo leggero alla rete, un pallone che entra in porta cantando. Ed è tra i migliori assist-man del campionato. È migliorata l’intesa con Higuain. Ora il Pipita si allarga e lascia spazio a Marek in zona-gol. Hamsik ricambia servendo sempre i compagni. Hamsik non è un Narciso innamorato della palla. La riceve e la passa. Con delicatezza. Mai un tocco sopra le righe. Non fa mai il solista. Non è un egoista in campo. Quando ha la palla, ha già negli occhi la posizione dei compagni, ha già pronto il messaggio del passaggio. Ha il senso della manovra, l’avanzamento delle linee, la verticalizzazione necessaria. Un tocco e via, una corsa leggera e via, un inserimento agile in area e via, l’assist per il compagno e via, la conclusione rapida e stop. Marek non calpesta l’erba, l’accarezza. L’inserimento astuto, il tocco secco. Se è un centrocampista, è uno dei più prolifici centrocampisti in circolazione. Il gol non è la sua ossessione, ma un appuntamento preciso, la meta finale di un percorso mai affannoso, l’incontro galante con la palla da consegnare al tremito della rete. È arrivato a Castelvolturno un giorno d’estate. Si presentò in compagnia di Lavezzi, i nuovi acquisti di cui si parlava molto, ma nessuno li conosceva. Rimase coinvolto dalla contestazione dei tifosi che pretendevano l’ingaggio 4

di giocatori famosi, di nome, e non ragazzi da scoprire. Marek si presentò con gli infradito ai piedi, in tenuta marina, una polo blu. Non afferrò il senso della contestazione, non capì le parole dei tifosi e ringraziò tutti per l’accoglienza ritenendo che le urla fossero solo di benvenuto. Pierpaolo Marino, direttore sportivo del Napoli del presidente Aurelio De Laurentiis nella faticosa rinascita del club azzurro dopo il fallimento, l’aveva preso per i capelli (in tutti i sensi). L’anno in cui il Napoli fu promosso in serie B (20052006) Marino andava a vedere le partite dei cadetti che giocavano al sabato per adocchiare quei giocatori di esperienza da portare in maglia azzurra. Ed ecco che Marino cerca un regista. Beppe Galli, agente Fifa e centravanti di poco conto ai suoi tempi di calciatore, gli suggerisce di andare a Brescia a vedere Omar Milanetto, torinese, centrocampista organizzatore di gioco nonché abile sui rigori e sui calci piazzati e, avendo trent’anni, calciatore di grande esperienza. Marino va a vedere Brescia-Albinoleffe, l’11 febbraio del 2006. Nel Brescia giocano anche Fabiano Santacroce e Daniele Mannini che Marino porterà al Napoli negli anni successivi. Ma ora è lì, allo stadio “Rigamonti”, per visionare Milanetto che conclude la rotonda vittoria del Brescia (3-0) con uno dei suoi impeccabili calci di punizione. Milanetto esce al 55’. Non ha convinto Pierpaolo Marino. Lo speaker annuncia l’ingresso in campo di uno sconosciuto. “Vedo alzarsi dalla panchina un ragazzo longilineo con una cresta di capelli come li aveva mio figlio Gianmarco. Mi incuriosisco. Resto alla stadio” ricorda Marino. “Guardo la distinta delle formazioni e, capperi, quel ragazzo dal nome strano che entra al posto di Milanetto era un ’87, cioè non aveva ancora vent’anni. Io ero in polemica con mio figlio Gianmarco per quei capelli irti che portava in testa. Erano di moda. Telefonai a Gianmarco dopo la partita dicendogli che avevo visto un giocatore con la cresta come la sua. Se mai un giorno lo prenderò, gli dissi, ti porterò con me alla firma del contratto. Intanto, ero rimasto folgorato dal giovane straniero che giocò una mezz’ora e poco più. Un regista in erba. Pensai: questo diventa un grande. Mi era capitato un’altra volta di avere una felice intuizione. Fu quando il Napoli di Maradona cercava un regista e presi Francesco Romano dalla Triestina. Magari stavo per azzeccare un altro colpo. Seguii il giovane straniero in


altre occasioni e mandai anche degli osservatori perché avessero un giudizio meno emotivo del mio sul giocatore”. Marino disse a De Laurentiis che c’era nel Brescia un giocatore giovane, molto interessante, da prendere e il presidente gli rispose che, se ne era convinto, poteva prenderlo. “Chi è il presidente del Brescia?” chiese De Laurentiis. “A una delle prime riunioni di Lega alla quale partecipò De Laurentiis – ricorda Marino – gli presentai Luigi Corioni, il presidente del Brescia”. Fu una trattativa molto estemporanea fra un dirigente che cominciava a conoscere il mondo del calcio, dov’era entrato col Napoli da due anni e si comportava da disinvolto neofita, e l’altro, di dodici anni più vecchio, che era una simpaticissima volpe, da vent’anni e più nel mondo del pallone. De Laurentiis disse a Corioni: “Mi devi dare un tuo giocatore perché devo fare un regalo a questo ragazzo”. E indicò Marino. “Quanto vuoi?”. “Questo – disse Corioni – ha ormai cinquant’anni e sta nel calcio da sempre. Altro che ragazzo! Ci vede lungo e sa il fatto suo”. Marino precisò che il giocatore di cui stavano parlando si chiamava Marek Hamsik. Corioni si aspettava che De Laurentiis volesse un altro dei suoi giocatori. De Laurentiis chiese a Corioni: “Per sei milioni me lo dai?”. Corioni disse sì. I due presidenti si strinsero la mano e la trattativa restò virtualmente legata a quel gesto. A Marino vennero dei dubbi. Il Napoli di De Laurentiis non aveva mai speso sei milioni per un giocatore. Confidò al presidente: “Forse hai detto troppo con quei sei milioni”. Ma si mise in contato col procuratore di Hamsik, lo slovacco Juraj Venglos, per “bloccare” Hamsik. In seguito, De Laurentiis cercò di risparmiare sulla cifra che aveva offerto. Non voleva più dare sei milioni, ma cinque. Prendendolo dallo Slovan Bratislava Corioni aveva pagato Hamsik sessantamila euro. In due anni, il ragazzo valeva cento volte di più. La stretta di mano fu dimenticata. Pare che Corioni offrisse il giocatore a mezza serie A, disposto a cederlo anche per 3,5 milioni. Dissero di no la Juventus, la Roma, il Palermo, il Milan, l’Inter. Marino credeva molto nel giovane slovacco e disse che era disposto a metterci 500mila euro di suo perché Corioni, che voleva i sei milioni del primo approccio, e De Laurentiis, che voleva pagarne cinque, si incontrassero a metà strada. De Laurentiis offrì, oltre ai 5 milioni, i giocatori Amòdio e Gatti. Ma il primo non interessava al Brescia, il secondo sì, però il club lombardo voleva fare cassa vendendo Hamsik tutto per contanti senza conguaglio di giocatori. C’era, comunque, una preferenza di dare il giocatore al Napoli. Corioni disse: “Devo vendere Hamsik

per fare quadrare i conti della società. E, se devo venderlo, preferisco che vada al Napoli. Ho stima del presidente De Laurentiis e conosco Marino da quand’era un giovane arrembante. Ci basterà guardarci negli occhi per trovare un accordo”. Mentre ci fu un ripensamento di Milan e Inter su Hamsik, e lo Shakhtar Donetsk offrì sei milioni, il Napoli concluse la trattativa per 5,5 milioni. Marino dice di avere un luogo portafortuna per concludere gli affari migliori, una saletta al primo piano dell’Hilton di Milano. E là dette appuntamento a Venglos per la firma sul trasferimento di Hamsik. I presidenti di Brescia e Napoli non furono presenti all’atto conclusivo del passaggio del ragazzo slovacco al Napoli. Come aveva promesso a suo figlio, Marino portò Gianmarco alla firma del contratto. Nella saletta dell’Hilton si ritrovarono in cinque: Hamsik, Venglos, Marino, suo figlio Gianmarco e il direttore sportivo del Brescia Gianluca Nani cui piangeva il cuore per la cessione di Marek, uno dei tanti talenti che portò al Brescia. Nella trattativa si intromise Mino Raiola, campano di Nocera Inferiore e procuratore di calciatori, fiutando l’affare di gestire Hamsik. La discussione, prima della firma, durò quattro ore. Hamsik e Venglos dissero che la loro preferenza era Napoli. Dice oggi Marino: “Per me Hamsik è il calcio. Ha fisico, tecnica, carattere, intelligenza tattica. Quando lo vidi per la prima volta con la cresta sembrava più alto. Aveva un fisico ancora acerbo, da bambino, più esile che robusto, coetaneo di mio figlio Gianmarco. Conobbi i genitori di Hamsik. Persone semplici, con valori semplici ma importanti. A Marek detti un ingaggio di centomila euro, quanti ne prendevano i portieri di riserva, ma ogni tre mesi glielo ritoccai”. Quando Hamsik si presentò a Castelvolturno, la sede degli allenamenti del Napoli, disse che avrebbe preferito abitare in una casa vicina. “Così posso riposare fra un allenamento e l’altro” disse. Si presentò dicendo: “Non ho paura di niente. Mi piace giocare a due tocchi. Quando ho saputo che mi voleva il club di Maradona, mi sono emozionato”. Aveva i capelli irti in testa che avevano colpito l’attenzione di Marino a Brescia. Pierpaolo Marino era sicuro del fatto suo, ma temeva che l’allenatore Reja considerasse troppo acerbo Hamsik. Nel ritiro di Feldkirchen, invece, il tecnico disse: “Questo bambino è forte. Conto di farne un titolare”. Marino si tranquillizzò. Reja aveva qualche perplessità su Lavezzi. Dopo sei mesi che Hamsik era del Napoli, un club inglese offrì 30 milioni di euro per averlo. De Laurentiis disse: “Non lo cedo neanche per cinquanta. Ha la calamita, dove c’è lui c’è la palla”. 5


La sfida del mese: Napoli-Milan story

di Gennaro Montuori

Sivori sfida Amarildo.

L

a rivale storica dei napoletani, senza ombra di dubbio è la Juventus. Il Milan però è una di quelle squadre che quando viene a giocare al San Paolo stimola non poco la fantasia dei fans azzurri. Una sfida iniziata nel lontano dicembre del 1927, quando i rossoneri superarono il Napoli malgrado il gol di Sallustro. La prima vittoria non tardò ad arrivare. La seconda volta del Milan in casa del Napoli, il 20 ottobre 1929, Buscaglia e ancora Sallustro vendicarono la sconfitta della sfida precedente. La storia di NapoliMilan, fino a metà degli anni ottanta ha regalato tanto spettacolo, assicurato dai gol e dalle giocate di calciatori del calibro di Sallustro e Vojak, di Pesaola e Vinicio, di Clerici e Savoldi, di Schiaffino e Capello, di Trapattoni e Collovati. Alcune sfide vengono però conservate nella memoria dei tifosi un po’ più avanti con gli anni. Il primo di ottobre del 1950, il Napoli di Amadei stava per compiere una storica rimonta dallo 0-4 al 3-4 finale, contro il Milan dello strepitoso trio svedese GreNo-Li (Gren, Nordhal, Liedholm). Due anni dopo, 27 febbraio 1966. Sivori esulta dopo il gol. 6

Juliano e Rivera con il mitico Concetto Lo Bello.

il 16 novembre 1952, furono gli azzurri a consegnare agli almanachi del calcio una clamorosa vittoria contro il mitico trio rossonero. Una doppietta di Jeppson, un gol di Amadei e un autogol di Zagatti, vanificarono la doppietta del milanista Nordhal. Il 4-2 finale mandò in visibilio i tifosi napoletani. Nel periodo del Milan che vinceva anche in Europa, quello di Rivera e Altafini, per il Napoli ci fu qualche mortificante sconfitta, come l’1-5 del 23 settembre 1962. In quegli anni il Napoli faceva l’elastico tra la Serie A e la Serie B, ma nella stagione del definitivo ritorno nella massima serie, il 27 febbraio 1966, il Napoli vinse 1-0 contro il Milan. Gol di Sivori, ma quello era un Napoli davvero forte, che schierava anche giocatori come Canè, Juliano, Postiglione e Altafini. Un’altra sfida che fa parte della storia di questa sfida, è la finale di Coppa Italia giocata a Roma il 5 luglio 1972. In quell’occasione il Milan di Rivera superò il Napoli di Zoff per 2-0 aggiudicandosi la coppa. Nella stagione 1981-82 i napoletani si tolsero uno sfizio che ancora oggi si identifica nel fraterno gemellaggio con i tifosi genoani. In quella stagione, spinta dalle pressioni dei tifosi sugli spalti, la squadra in campo si distrasse per un attimo consentendo al Genoa di pareggiare con Faccenda e ottenere il punto salvezza che mandò il Milan in Serie B. Le emozioni forti di Napoli-Milan, sono arrivate solo a metà anni ottanta, quando il Napoli di Ferlaino e Maradona contendeva lo scudetto al Milan di Berlusconi e Gullit. Nel primo anno di Diego all’ombra del


1974. Il Napoli batte il Milan 2-0 con gol di Clerici e autogol. Il Gringo, Vinicio e Juliano felici dopo la vittoria.

Vesuvio, fu solo uno 0-0. Dopo quel pareggio a reti bianche il Napoli conquistò due vittorie consecutive: 2-0 l’8 dicembre 1985 (Giordano-Bagni) e 2-1 nell’anno dello scudetto, il 26 aprile 1987 (Carnevale-Maradona). La stagione successiva, 1987-88, Napoli-Milan scrisse una delle pagine più amare della storia del Napoli. Forse il Napoli più forte della storia, a tre giornate dalla fine del campionato era primo in classifica ma perse al San Paolo per 2-3. Venne superato in classifica dai rossoneri, consegnando alla storia del calcio il Milan di mister Sacchi. Era l’1 maggio 1988 e la doppietta di Virdis e il gol di Van Basten, furono tre pugnalate al cuore degli oltre ottantamila napoletani che affollarono il San Paolo. Erano così tanti perché Maradona in televisione espresse il desiderio che, nel suo tempio, non voleva vedere neanche una bandiera rossonera. Ma quella triste partita fu nobilitata dalla più grande manifestazione di sportività mai fatta da una tifoseria, specialmente italiana. Baresi, Maldini e compagni, uscirono dal San Paolo tra gli applausi spontanei di una tifoseria che, malgrado la grande delusione del momento, rese onore ai vincitori riconoscendo loro il merito della vittoria. Nella stagione successiva arrivò la prima vendetta di Maradona. Di testa Diego scavalcò Giovanni Galli con

il più beffardo dei pallonetti. Poi una doppietta di Careca e il gol di Francini resero vano il gol di Virdis. L’anno successivo la vendetta sportiva più gustosa. Alla penultima giornata il Napoli vinse praticamente il suo secondo scudetto vincendo a Bologna, scavalcando il Milan sconfitto a Verona. In quella stagione Napoli-Milan si giocò l’1 ottobre 1989 e una doppietta e un altro splendido pallonetto di Maradona trascinarono gli azzurri alla vittoria per 3-0. Arrigo Sacchi, incantato dalle giocate sublimi di Diego, neanche si accorse che perse una lente dei suoi occhiali da sole. Tramontata l’epopea maradoniana, Napoli-Milan offrì poche sfide davvero entusiasmanti. Una grande gioia ai napoletani, la regalò la sfida del 27 marzo 1994, domenica delle Palme. Quando la partita si avviava verso la conclusione, Paolo Di Canio con un’ubriacante azione superò tre difensori rossoneri e da posizione impossibile segnò l’1-0 della vittoria azzurra. Le altre emozioni napoletane legate alla sfida con i rossoneri fanno parte della storia recente del Napoli di De Laurentiis. La prima sfida fu giocata l’11 maggio del 2008, l’anno del ritorno in Serie A dopo la parentesi del fallimento societario. La partita si concluse con un secco 3-1 per il Napoli. Gran gol di Hamsik che fece tutto il campo palla al piede prima di depositare la palla in porta, seguito dalle reti di Domizzi e Garics. Quella vittoria fece togliere un altro sfizio ai tifosi napoletani. Infatti perdendo a Napoli, i rossoneri lasciarono alla Fiorentina il posto in Champions League. Da quando De Laurentiis è diventato presidente del Napoli, sono stati sette i precedenti al San Paolo, che hanno registrato tre vittorie del Napoli, una del Milan (25 ottobre 2010) e tre pareggi. Infine, nel mese di maggio Napoli-Milan è stata giocata quattro volte: il 24 maggio del 1932 in Coppa Italia (1-2 per il Napoli Sallustro), il 10 maggio 1992 (1-1 Blanc), il 21 maggio 1995 (1-0 Agostini) e appunto l’11 maggio 2008 (3-1 Hamsik, Domizzi, Garics). L’ultima confronto con i rossoneri al San Paolo, quello dell’8 febbraio 2014, è stato vinto dagli azzurri per 3-1, grazie al vantaggio di Taarabt per il Milan, rimontato dai gol di Inler e dalla doppietta di Higuain.

L’ultimo successo del Napoli firmato Higuain. 7




Juventus-Napoli vista da Clerici e Volpecina di Amelia Amodio

I

l prossimo 24 maggio, penultima giornata del campionato di Serie A, il Napoli giocherà a Torino contro la Juventus. Quella contro la rivale storica degli azzurri, non è mai stata una sfida come le altre, ha sempre avuto un sapore particolare per i tifosi napoletani. Abbiamo chiesto a due campionissimi del passato, a due bandiere che hanno vestito la maglia azzurra in epoche diverse, di raccontarci qualche ricordo legato alla Juventus. Iniziamo con il brasiliano Sergio Clerici, soprannominato El Gringo. Ha indossato la maglia azzurra dal 1973 al 1975. Attaccante dotato di gran classe, arrivò al Napoli all’età di 32 anni, ma la grinta e il talento del brasiliano conquistarono subito l’intera piazza. Il San Paolo si inchinò entusiasta di fronte ai suoi dribbling, fuori dall’ordinario. Ottimo rigorista, freddo, lucido e geniale in campo, Sergio Clerici divenne il protagonista ed il simbolo del Napoli più spettacolare della storia. Il suo Napoli sfiorò lo scudetto arrivando secondo. Il tricolore fu perso a Torino, dopo aver dominato l’intera partita a causa di un gol dell’ ex Josè Altafini che quel giorno divento core ‘ngrato. Dopo la sua cessione, che coincise con l’arrivo di Savoldi, il Napoli non fu più in grado di lottare per lo scudetto, escluso, ovviamente, il Napoli di Maradona. Sotto la guida tecnica di Luis Vinicio, El Gringo in due stagioni mise a segno 29 gol divenendo il beniamino della tifoseria. Due anni in azzurro furono sufficienti per consegnarlo alla storia del club partenopeo, di cui resta

tutt’oggi uno degli attaccanti più forti della storia. El gringo, ricorda così le due sfide del campionato dello scudetto mancato: “Il Napoli di allora dava spettacolo, segnando anche tanti gol. All’andata, in casa, perdemmo contro la Juventus per 2-6, ma almeno due gol loro furono segnati in fuorigioco. Fu una partita nata storta e finita peggio, anche se sfiorammo una clamorosa rimonta quando eravamo sullo 0-4. Segnai due reti, ma purtroppo sbagliai un rigore. Molti dei miei compagni erano reduci da una trasferta in Ungheria per la Coppa Uefa ed io, che non ne avevo preso parte, ero in condizioni fisiche migliori avendo riposato. Sentii sulle mie spalle tutta la responsabilità di quella sfida. La partita del ritorno, scontro decisivo in chiave scudetto, la perdemmo per 2-1. Creammo varie occasioni e i bianconeri si salvarono grazie alle prodezze di Zoff. Dopo aver dominato l’intera gara, a cinque minuti dal termine, la Juve fece entrare in campo l’ex Altafini che, andatosi a sistemare in una zona rifilata del campo, toccò di piatto il pallone e segnò. Nel caso la partita fosse terminata sul risultato dell’1-1, ci sarebbe stato lo spareggio. La Juventus vinse lo scudetto con soli due punti di vantaggio sul Napoli. Ovviamente non dimenticherò mai quella partita: con 40000 sostenitori napoletani al seguito, eravamo molto concentrati e tranquilli pur sapendo che andavamo a giocarci lo scudetto. Ma a volte un episodio, come in questo caso, può

10 Clerici piega le mani a Dino Zoff.


decidere l’intero campionato. Si prova una soddisfazione diversa quando si vince contro la vecchia signora. Contro la Juventus, personalmente, ho sempre avuto fortuna: in 4 gare disputate sono andato a segno 4 volte, siglando tre gol in casa ed uno in trasferta. Gol che non dimenticherò mai come non dimenticherò mai i miei anni d’oro vissuti nella bella Napoli”.”. Clerici, Juventus-Napoli del prossimo 24 maggio che sfida sarà? “Il Napoli è una bella squadra, ma i bianconeri hanno qualcosa in più, una rosa molto più Il Gringo in azione. completa. La Juve è una di quelle squadre che, pur giocando male, riesce a vincere ugualmente, perché scende sempre in campo per vincere, determinata e grintosa per cui è la squadra da battere per eccellenza. Il Napoli potrebbe conquistare la vittoria, perché avrà motivazioni maggiori. La Juventus non avrà più nulla da chiedere avendo già lo scudetto in tasca mentre il Napoli farà di tutto per aggiudicarsi tre punti importanti in chiave Champions”. Giuseppe Volpecina, oggi dirigente sportivo, ha vinto uno scudetto con la maglia del Napoli giocando a fianco del grande calciatore di tutti i tempi: Diego Maradona. Ma Volpecina è anche l’unico calciatore azzurro ad aver vinto lo scudetto sia con la prima squadra che con la selezione Primavera. Le sue qualità di ottimo terzino sinistro (quello che oggi viene chiamato esterno basso), gli hanno consentito di vivere da protagonista le pagine più belle della storia del Napoli. Proprio con la maglia del Napoli, segnò un gol alla Juventus quando il campo dei bianconeri era il Comunale, oggi

La nazionale di Lega: Volpecina tra Maradona e Careca.

stadio Olimpico di Torino. Il gol di Volpecina non fu un gol qualunque, perché quella rete alla “vecchia signora” lanciò il Napoli alla conquista del primo scudetto della sua storia: “Ricordo quel gol come se lo avessi segnato ieri. Era il mese di novembre e il campionato era iniziato da poco. Il Napoli doveva misurarsi contro la rivale per eccellenza, appunto, la Juventus. Dominammo la partita e quel mio gol fu una liberazione. Quella vittoria servì a noi per capire che eravamo i più forti: fu una presa di coscienza. Dopo quella partita non avemmo più dubbi. Era chiaro che la vittoria dello scudetto dipendeva da noi anche se quell’anno c’erano parecchie squadre forti come il Milan, l’Inter, la Roma e la Sampadoria. Ma dopo la vittoria sulla Juventus, capimmo, finalmente, che era il nostro momento”. Volpecina, la sfida contro la Juventus si accende da sempre di rivalità. Nord contro sud, il potere prepotente del calcio, insomma, Juventus-Napoli è una delle sfide più accese della storia del calcio italiano. Sarà così anche quest’anno? “La sfida Juventus-Napoli di quest’anno non credo sarà speciale e sentita come accade di solito. Questo perché per quel giorno i giochi per la Juventus saranno fatti e molto probabilmente avrà già vinto il campionato. Prevedo, dunque, una Juventus molto meno motivata. Inoltre, nel caso la Juventus stesse ancora inseguendo il sogno Champions League, credo proprio che giocherà con la testa altrove concentrandosi esclusivamente sulla Coppa. Se così non fosse, la vedo più difficile per il Napoli. Tuttavia la squadra azzurra ha molte più motivazioni: quei tre punti potrebbero essere come l’oro e il Napoli avrà tutta l’intenzione di conquistarli, dovendo combattere per la conquista del secondo o del terzo posto utili per andare in Champions. Quindi mi aspetto una Juventus meno coinvolta nella sfida e un Napoli che potrà giocarsela fino alla fine”.

Il gol di Volpecina contro la Juve che lanciò il Napoli verso lo scudetto.

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Una chiacchierata con Corrado Ferlaino

di Mauro Guerrera

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orrado Ferlaino è stato il presidente del Napoli dal 1969 al 1971 e dal 1972 al 1993. L’Ingegnere, non è stato un presidente qualunque della Società Sportiva Calcio Napoli. Lui è stato il “presidentissimo” che ha vinto 2 scudetti (1987 e 1990), 2 Coppe Italia (1976 e 1987), 1 Supercoppa Italiana (1990), 1 Coppa Uefa (1989) e 1 Coppa ItaloInglese (1977). Ferlaino ha portato a Napoli tantissimi campioni, come Clerici, Savoldi, Careca e soprattutto il giocatore più forte di tutti i tempi: Diego Maradona. IL 18 maggio diventerà un giovanotto di appena ottantaquattro anni, proprio nell’anno in cui si celebra il 25simo anniversario del secondo scudetto vinto, quello del 1990.

I trofei vinti da Ferlaino

Ospite della trasmissione “Tifosi Napoletani”, ideata e condotta da Gennaro Montuori “Palummella”, non poteva presentarsi occasione migliore per scambiare quattro chiacchiere con il presidentissimo. Come è nata l’idea di diventare presidente del Napoli? “Fu Achille Lauro a proclamarmi presidente. Io lo diventai possedendo una sola azione anche se poi fui costretto a comprarne altre. Non ritenevo giusto che in Società Lauro avesse un ruolo marginale e così gli proposi di nominarlo presidente onorario del club. Lui mi rispose che avrebbe accettato a patto che né lui e tantomeno io, avremmo dovuto Ferlaino con Italo Allodi

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Ferlaino festeggia con Pesaola la Coppa Italia 1976

prendere soldi per i nostri incarichi. Lauro riteneva che essere presidente del Napoli portava un grande guadagno in visibilità, un grande ritorno d’immagine. Io accettai e non ho mai preso soldi per fare il presidente del Napoli e nessuno della mia famiglia è entrato a far parte del consiglio d’amministrazione”. Ma che persona era Achille Lauro? “Ho conosciuto molto bene Lauro, ma non perché è stato lui a nominarmi presidente del Napoli. Di Lui si può dire tutto sia parlando bene che parlando male, a seconda del punto di vista politico. Però Lauro aveva una grande qualità: amava profondamente Napoli. Io avevo un debito morale con lui e proprio per questo insieme a Tony Iavarone ho voluto dedicargli un libro. Lui portò Sivori e Altafini al Napoli, ma non vinse niente e arrivò


“Io presi quello che al momento era il meglio che c’era sul mercato. Allodi era un Padreterno, era bravissimo. Il Napoli ha iniziato a costruire gli scudetti grazie a lui. Moggi è Moggi. È una sicurezza. Ad esempio Moggi prese Alemao che io non conoscevo. A trovarne direttori sportivi come questi”. Bianchi e Bigon, i due allenatori campioni d’Italia. Quanto erano differenti. “Bianchi era un allenatore tutto ligio al dovere, era per la puntualità e per questo si scontrava con le menFerlaino con Luciano Moggi talità come quelle di Maradona. Su Bigon posso dire che quel Napoli poteva vincere anche senza allenasecondo a molti punti dalla Juventus. Questi due fuotore”. riclasse litigavano spesso e quindi non c’era una vero Poi è arrivato Corbelli e qualcosa è cambiato. gruppo unito che potesse risultare vincente. Una soci“Quando si fa una squadra un presidente deve età è fatta da una simbiosi basata sull’unione e sullo chiedere all’allenatore come vuole giocare e che tipo di spirito di sacrificio di tutte le componenti, salta una giocatori vuole. Poi è la società salta tutto”. che deve avere la struttura per Ci racconta qualche curiocomprarli. Ma se un allenatore so aneddoto su Achille Lauro? non vuole un giocatore è inutile “Achille Lauro anche quando insistere. Lui invece ha voluto parlava di affari, a casa sua fare tutto da solo e anziché tegirava sempre nudo. Le donne nere Schwoch volle prendere napoletane dicevano che lui era Edmundo. Il brasiliano era un superdotato. A dire il vero non giocatore particolare e non si sono mai riuscito a scoprirlo è mai capito se fosse un attacperché ero un po’ vergognoso cante, un’ala o un trequartista. e poi perché sinceramente gli Un presidente deve farsi dire uomini mi fanno un po’ schifo. Bianchi e Maradona, gli artefici del primo scudetto solo che tipo di giocatore vuole Ero combattuto se guadare o l’allenatore, ma mai il giocameno per scoprire la verità. Alla fine però ha vinto la tore preciso. Ci sono tanti allenatori onesti e Benitez parte vergognosa e non ho mai guardato”. è sicuramente tra questi, ma ci sono anche quelli che Dopo tanti anni si parla ancora dello scudetto spingono per un giocatore perché poi incassano una regalato al Milan. percentuale”. “Sono state dette tante sciocchezze. Dico solo che Ferlaino consigliere federale. Quanto è ’imporio avrei venduto l’anima al diavolo ma mai uno scutante mantenere buoni rapporti con le istituzioni detto del Napoli. Perdemmo lo scudetto per una serie sportive. di normali circostanze calcistiche, come cali di forma “Ricordo che quando ero all’inizio della mia carrifisica e psicologica”. era. Durante il primo tempo di Palermo-Napoli, l’arbitro Per costruire un Napoli vincente si è affidato a romano Sbardella fischiava tutto a favore dei siciliani. due grandi direttori sportivi: Allodi e Moggi. Nell’intervallo negli spogliatoi feci un cazziatone all’arbitro. Nel secondo tempo iniziò a fischiare tutto a favore del Napoli, solo che a fine partita lo vennero poi a prendere con l’elicottero per sfuggire alla rabbia dei tifosi palermitani. Capii che sbagliai a comportarmi in quel modo e che serviva altro. Ad esempio era importante diventare consigliere federale, perché così avevo modo di confrontarmi con il sistema e in un certo senso scegliere gli arbitri delle partite. Poi sedendo a fianco del designatore degli arbitri potevo lamentarmi direttamente con lui degli arbitraggi. Poi mi inventai un altro trucchetto per diventare Maradona intervista Ferlaino dopo la vittoria del secondo scudetto

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Carlo Juliano, Ferlaino e Maradona festeggiano la Coppa Italia del 1987

amico dei presidenti federali. Tutti gli anni mi informavo il presidente federale in carica dove trascorreva le vacanze. Così prenotavo sempre una stanza a fianco alla sua nello stesso albergo. L’ho fatto con Sordillo alle Barbados, con Matarrese in Costa Azzurra, Carraro in Sardegna, Nizzola in Kenya”. Si è parlato delle tante distrazioni che Napoli offre ai giocatori del Napoli. “D’accordo con la questura mi affidai a una ditta che controllava cosa facevano i giocatori la sera. Prestavano attenzione a quali amicizie frequentassero per paura del calcio scommesse. La paura che qualche giocatore potesse fare qualche scommessa a perdere era enorme. Per questo spesso mettevo premi tripli e

Ma davvero la Juventus è vista con un occhio particolare dagli arbitri? “Un arbitro che ti aiuta fa parte dell’organizzazione societaria di una grande squadra. Una società forte è aiutata da tutti. La Juventus è forte perché ha un’organizzazione in grado di pagare poco grandi giocatori come Pogba, Tevez e Morata, perché conosce anche i settori giovanili e le condizioni contrattuali dei vari giocatori. Una grande squadra deve funzionare in un modo molto semplice. Il presidente sceglie l’allenatore e quest’ultimo decide come vuole giocare e che tipologia di calciatori gli servono. Poi i direttori sportivi devono comprare i giocatori che servono per accontentare l’allenatore”. La necessità di avere un grande supercampione in squadra. “Nel calcio il supercampione ci vuole, perché da una linea di condotta a tutti. Ad esempio Maradona non era solo un grande giocatore, ma un giocatore vincente che faceva giocare bene a tutti”. Ferlaino non ha mai ceduto Maradona mentre De Laurentiis ha ceduto i campioni. “Questo è un altro calcio con un’economia diversa. Io da napoletano non potevo mai cedere Maradona, altrimenti quando lo avrei vinto il secondo scudetto? Io ho amato due centravanti: Clerici e Schwoch, perché avevano le stesse caratteristiche. Erano forti tecnicamente e due tipi tosti. Al contrario degli altri centravanti che si mettevano paura degli stopper, erano loro ad atterrare i difensori”. Ma ai tempi di Ferlaino si trattava sui diritti d’immagine? “I diritti d’immagine all’epoca non fruttavano nulla perché le uniche immagini concesse erano quelle consentite alla Rai per i tre minuti del diritto di cronaca. Quindi le scritte pubblicitarie si vedevano poco. Ma al di là di questo discorso, bisogna dire che ogni tanto bisogna rischiare comprando campioni per provare a vincere lo scudetto. Il calcolo è semplice. Se oggi il Napoli fattura 115 milioni di euro, provate a immaginare vincendo lo scudetto quanto fatturerebbe di più. I costi di gestione non aumenterebbero, perché i giocatori come li paghi adesso li pagheresti anche dopo”. Che idea si è fatto sull’attuale rosa del Napoli? “Il Napoli ha ottimi giocatori. Higuain è un grande centravanti e nessuno c’è l’ha così. L’attacco del Napoli

Ferlaino con la Coppa Uefa vinta nel 1989

doppi. Solo per la Coppa Uefa abbiamo dato premi per otto miliardi. Ma devo dire che ero io sospettoso perché i giocatori che ho avuto erano perfetti, soprattutto perché c’erano dodici campani”. 16

Albertino Bigon, l’allenatore del secondo scudetto


è il terzo in campionato mentre la difesa è la tredicesima. I numeri parlano. Poi il Napoli quest’anno è stato sfortunato che ha perso Insigne per infortunio. Insigne contro la Roma fu devastante. Se mettiamo sulle fasce Insigne e Mertens, con un centravanti eccezionale come Higuain, non resta che rivedere un poco la difesa che ha preso troppi gol”. Cosa pensa della decisione di De Laurentiis di imporre il ritiro alla squadra? “Un ritiro molte volte è negativo perché i giocatori non sanno che fare e stanno lontano dalle loro famiglie. Può capitare che litighino addirittura tra di loro. Ma ognuno ha una propria linea. Bisogna anche capire il presidente. Lui ci teneva tanto alla Coppa Italia e la sua reazione è dovuta al dispiacere per essere stati eliminati. Anzi è da apprezzare che un dirigente si mostra in primo piano e fa vedere il suo dispiacere, vuol dire che ci tiene davvero al Napoli. Io non difendo nessuno ma sono tifosissimo del Napoli e difendo tutto ciò che è Napoli”. De Laurentiis le ha mai chiesto un consiglio? “È inutile dare consigli a chi non li vuol sentire. Però dico lasciamo lavorare De Laurentiis perché è molto bravo”. Per rafforzare il concetto di quanto Ferlaino ci tenesse per Napoli e il Napoli, riportiamo un aneddoto raccontato da Giuseppe Volpecina, campione d’Italia con il Napoli Primavera e con la prima squadra: “Quando vincemmo lo scudetto Primavera Ferlaino era sul campo a piangere insieme a noi. È difficile vedere un presidente che si commuove per la vittoria di una squadra del settore giovanile. Da qui si vede la grandezza di un presidente come Ferlaino”. GRAZIE PRESIDENTE, GRAZIE PER TUTTE LE GIOIE CHE HA SAPUTO REGALARE A QUESTA CITTà.

Corrado Ferlaino

Ferlaino con il nostro direttore Gennaro Montuori

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Ventisei anni dopo, il Napoli torna tra le big d’Europa di Mauro Guerrera

D

opo ventisei anni il Napoli torna a giocare una semifinale europea, la terza della sua storia. La prima nel 1977 in Coppa delle Coppe contro i belgi dell’Anderlecht. Andata al San Paolo vinta per 1-0 grazie a un gol di Bruscolotti. Nella partita di ritorno fu determinante lo scandaloso arbitraggio dell’inglese Bob Matthewson, rappresentante in Inghilterra della birra Bellevue, di proprietà del presidente dell’Anderlecht e sponsor della squadra belga. Il direttore di gara negò il regolarissimo gol-qualificazione di Speggiorin e con una serie di decisioni discutibili indirizzò la partita sul 2-0 per belgi che passarono così in finale. La seconda volta nell’anno del trionfo in Coppa Uefa con Maradona e Careca. Avversario il Bayern Monaco, domato 2-0 al San Paolo e 2-2 in Baviera. In finale poi gli azzurri ebbero la meglio sui tedeschi dello Stoccarda. Per la terza semifinale, l’urna svizzera di Nyon ha scelto gli ucraini del Dnipro. Tra quelle presenti nell’urna (le altre due squadre erano Siviglia e Fiorentina), il Dnipro era sicuramente l’avversaria più abbordabile per il Napoli. La squadra ucraina per la prima volta nella sua storia, si è qualificata per una semifinale delle coppe europee. Squadra della città di Dnipropetrovsk, per le conseguenze del drammatico conflitto interno in Ucraina, è costretta a giocare le partite europee casalinghe sul campo neutro di Kiev, allo stadio Olimpiyskyi. Il Napoli ha già affrontato il Dnipro nei gironi dell’Europa League 2012-2013. Per il Napoli sconfit-

Konoplyanka, stella del Dnipro

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Dnipro

ta in Ucraina per 3-1 e vittoria al San Paolo per 4-2, con quaterna spettacolare di Cavani. La bacheca del Dnipro non è particolarmente piena, visto può mostrare solo sette trofei nazionali vinti quando l’Ucraina era ancora parte integrante dell’ex Unione Sovietica. L’allenatore del Dnipro è il 64ttrenne ucraino Myron Markevych, che schiera la squadra di solito con un 4-2-3-1 che frequentemente si trasforma in un 4-4-1-1. Non ci sono nomi di spicco nella rosa del Dnipro. Quelli che più stimolano la fantasia dei suoi tifosi, sono il 25enne difensore centrale brasiliano Douglas e i due centrocampisti ucraini Sergiy Kravchenko (trentadue anni) e Evgen Shakov (ventiquattro anni). La stella della squadra è il 25enne esterno sinistro Evgen Konoplyanka, già sul taccuino dei più importanti

Il gol di Bruscolotti nella semifinale contro l’Anderlecht


club europei. Konoplyanka ha già giocato 43 partite in nazionale segnando anche 8 gol. Nell’ultima sessione invernale di mercato, è stato accostato anche al Napoli prima che il DS Bigon acquistasse proprio dal Dnipro l’esterno basso Strinic. In questa edizione dell’Europa League, hanno giocato 14 partite ottenendo 6 vittorie (cinque in casa e una in trasferta), quattro pareggi (tutti in trasferta) e quattro sconfitte (due in casa e due in trasferta). Tredici i gol segnati (sette in casa e sei in trasferta), dieci quelli subìti (tre in casa e sette in trasferta. Questo il cammino del Dnipro in Europa League:

Cavani, quattro gol al Dnipro nell’unico precedente al San Paolo

FASE

AVVERSARIO

IN CASA

IN TRASFERTA

Spareggi

Hajduk Spalato (Croazia)

2-1

0-0

Gironi

Inter (Italia)

0-1

1-2

Saint Etienne (Francia)

1-0

0-0

Qarabag (Azerbaigian)

0-1

2-1

Sedicesimi di finale

Olympiacos Pireo (Grecia)

2-0

2-2

Ottavi di finale

Ajax (Olanda)

1-0

1-2

Quarti di finale

Bruges (Belgio)

1-0

0-0

La partita di andata si giocherà allo stadio San Paolo di Napoli giovedì 7 maggio alle ore 21:05, mentre il ritorno allo stadio Olimpiyskyi di Kiev giovedì 14 maggio sempre alle 21:05. Per il Napoli il Dnipro non vale solo una semifinale di Europa League. In palio c’è molto di più. Innanzitutto la possibilità di provare a vincere un prestigioso trofeo europeo. Entrate economiche che arriverebbero in caso di vittoria nella finalissima di Varsavia e dalla finale di Supercoppa Europea da giocarsi contro una delle big del calcio continentale. Soprattutto quest’anno chi vincerà l’Europa League parteicperà matematicamente ai gironi della Champions League, le cui entrate sono fondamentali. Per programmare il futuro di un club come il Napoli.

Lo stadio Olimpyiskyi di Kiev, dove il Dnipro gioca le sue partite casalinghe

Il brasiliano del Dnipro Douglas

Myron Markevych allenatore del Dnipro

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PESAOLA

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B

LA MAGLIA ATTACCATA ALLA PELLE

runo Pesaola è nato a Buenos Aires il 28 luglio 1925. Figlio di un calzolaio originario di Macerata e di una spagnola di La Coruna, lui ama ripetere che “è un napoletano nato per caso in Argentina”. Iniziò a dare i primi calci ad Avellaneda, il quartiere dove è nato, prima di passare nelle squadre giovanili del River Plate. Dopo una parentesi in un club minore argentino, nel 1946 arrivò in Italia per indossare la maglia della Roma. Restò nella capitale per tre stagioni, giocando novanta partite e segnando venti gol. La frattura di tibia e perone, che all’epoca potevano sancire anche la fine del-

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di Gennaro Montuori

la carriera di un calciatore, fu il motivo del suo divorzio dai giallorossi. Il grande Silvio Piola lo pregò di trasferirsi al Novara, dove giocò per due stagioni, collezionando sessantaquattro presenze e quindici gol. Nella stagione 1952-53 passò al Napoli, che per averlo versò 33 milioni di lire nelle casse del Novara e 6 milioni di lire a Pesaola. Arrivò all’ombra del Vesuvio in luna di miele, proprio su suggerimento della moglie Ornella, senza neppure immaginare che vi sarebbe restato per tutta la vita, fino a diventare cittadino onorario della città di Napoli. Con la maglia azzurra giocò per otto stagioni, collezionando 254 presenze impreziosite da 27 gol, ma soprattutto stabilendo con il pubblico napoletano un rapporto indelebile. Con la maglia del Napoli ha realizzato anche tre doppiette e i suoi tantissimi assist, contribuirono a rendere ancora più grandi tre campioni suoi compagni di squadra: Amadei, Jeppson e Vinicio. Avendo giocato in diversi ruoli dell’attacco e a centrocampo, Pesaola era considerato un vero jolly con due piedi vellutati. Pesaola, in qualità di oriundo, giocò anche una partita con la nazionale italiana. Lasciato il club azzurro, nei suoi ultimi due anni di carriera giocò prima nel Genoa e poi nella Scafatese. Soprannominato “il Petisso” (il piccoletto, perché è alto 165 cm), è stato il protagonista di tappe di estrema importanza della storia calcistica partenopea, mutando molto spesso le sorti della squadra sia in veste di calciatore che di allenatore. Infatti mentre sedeva sulla panchina della Scafatese, nella stagione 1961-62 venne ingaggiato dal mitico presidente Achille Lauro per allenare il Napoli in serie B. Alla storia del Napoli appartengono le mitiche partite a scopa che il Petisso giocava a perdere con il presidente Lauro, per strappare ricchi premi partita per tutta la squadra Sbalordendo tutti per il suo carisma e la sua competenza, Pesaola conquistò la promozione nella massima serie vincendo anche la Coppa Italia. Ancora oggi il Napoli del Petisso è l’unica squadra di serie B ad avere vinto la Coppa Italia. Nella stagione successiva, Bruno venne riconfermato in coppia col grandissimo Monzeglio. Il campionato però fu fallimentare e gli azzurri precipitarono nuovamente nella serie cadetta. Per i due allenatori scattò l’esonero. Ma nel 1964-65, il giovane presidente Roberto Fiore, richiamò Pesaola ad allenare il Napoli. Nelle quattro sta-


gioni alla guida del Napoli, la bravura del Petisso fu fondamentale per conquistare una nuova promozione in Serie A e per trasformare il sodalizio azzurro in una squadra che fece tremare l’Italia intera. In quella formazione, al fianco di Canè e Juliano, grazie alla presenza di Pesaola sulla panchina azzurra fu possibile ingaggiare i mitici Sivori e Altafini. Nel 1966 vinse la Coppa delle Alpi, superando anche la Juventus. Le belle prestazioni del suo Napoli, convinsero la Fiorentina a puntare sul tecnico argentino-napoletano per provare a vincere lo scudetto. La scommessa dei Viola fu vincente. Così nel 1968-69 Bruno Pesaola alla guida della Fiorentina realizzò il suo sogno di vincere lo scudetto. Anche nel giorno del trionfo, Pesaola dimostrò tutto il suo amore per Napoli, manifestando il suo profondo rammarico per non essere mai riuscito a vincere uno scudetto con il “suo” Napoli. Dopo aver vinto alla guida del Bologna la Coppa Italia 1973-74, Pesaola realizzò il sogno di tornare sulla panchina del Napoli. Nella stagione 1976-77, venne ingaggiato da Ferlaino per sostituire Vinicio. Dopo aver vinto la Coppa Italo-Inglese contro il Southampton, in quella stagione il Napoli arrivò alla semifinale della Coppa delle Coppe, competizione europea oggi scomparsa, una volta riservata alle squadre vincitrici delle coppe nazionali. Era il 20 aprile1977. Dopo la partita di andata vinta 1-0 al San Paolo grazie a un gol di Bruscolotti, nel ritorno a Bruxelles contro l’Anderlecht (che in quel periodo era una delle formazioni europee tra le più forti), l’arbitro inglese Matthewson, ne combinò di tutti i colori, annullando anche il regolarissimo gol-qualificazione di Speggiorin. Quell’arbitraggio scandaloso negò al Petisso

la soddisfazione di giocarsi uno dei trofei più ambiti d’Europa alla guida della sua squadra del cuore. Alla fine di quella stagione lasciò il Napoli, per poi ritornarvi nella stagione 1982-83 evitando agli azzurri una probabile retrocessione in serie B. In quella stagione Pesaola raggiunse la panchina numero 297 stabilendo il primato di presenze da allenatore nella storia azzurra. L’esperienza sulla panchina azzurra, ha trasformato Pesaola in un’icona del calcio italiano. Con lui sono entrate nella storia le tante sigarette che fumava e il suo cappotto-portafortuna color cammello. Il petisso è stato anche consigliere della società sportiva Calcio Napoli, quando il presidente Naldi lo scelse come suo uomo di fiducia. Anche dopo aver lasciato il calcio, Pesaola ha continuato a vivere a Napoli, nel quartiere del Vomero, motivando così la sua scelta: “Napoli è una città bella da riempire il cuore. A Napoli non ti senti mai solo, qui non conoscerai mai la solitudine della vita”. Ancora oggi è considerato dai tifosi uno dei miglior allenatori della storia azzurra. In occasione della manifestazione organizzata per festeggiare gli ottant’anni di vita del calcio Napoli, è stato premiato come uno degli AZZURRISSIMI D’ORO, per la fedeltà dimostrata alla squadra e alla città. Bruno Pesaola, un pezzo importante della storia del Napoli. Il suo amore, la sua passione per la maglia azzurra, andrebbero prese come esempio per far capire cosa significa giocare al calcio in questa città. Quest’anno, il “giovanottiello” argentino compirà novant’anni. Forza Petisso!

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La foto del mese

Foto di Pietro Mosca

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Serie A 2014/2015 - 29a giornata - 4 aprile 2015

Il film di...

VS ROMA

1-0

A Roma il Napoli alza bandiera bianca sul campionato. Una sconfitta immeritata per quanto fatto dalla Roma, ma giusta per la poca cattiveria agonistica messa in campo dagli azzurri. Ancora una volta escluso Hamsik per dare spazio all’irritante De Guzman, che solo Benitez trova utile per questa squadra. Il Napoli ha dominato per tutta la partita, ma è stata la Roma a segnare con Pjanic e a creare le due palle gol più limpide con Ljajc e Iturbe. Ancora una volta sono emerse le gravissime lacune a centrocampo, dove Jorginho e David Lopez non

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NAPOLI

sono mai riusciti a garantire copertura e fluidità alla manovra. Mertens il migliore in campo e l’unico azzurro che ha dimostrato di voler davvero vincere la partita. Callejon inizia a rappresentare un vero problema. L’unica nota lieta della partita è stata il ritorno al calcio giocato di Insigne. Speriamo che il nostro lo scugnizzo, restituisca a questa squadra la napoletanità perduta. Da segnalare la vergognosa esposizione di alcuni striscioni contro la mamma di Ciro Esposito.


IL TABELLINO: ROMA – NAPOLI: 1-0 (primo tempo 1-0) ROMA (4-3-3): 26 De Sanctis; 35 Torosidis, 44 Manolas, 23 Astori, 5 Holebas (2 Yanga-Mbiwa, dal 70’); 15 Pjanic (32 Paredes, dal 67’), 16 De Rossi, 4 Nainggolan; 24 Florenzi (19 Ibarbo, dal 79’), 8 Ljajic, 7 Iturbe. Non entrati: 28 Skorupski, 1 Lobont, 42 Balzaretti, 33 Spolli, 3 Cole, 52 Pellegrini, 53 Verde, 88 Doumbia. All. Garcia

NAPOLI (4-2-3-1): 45 Andujar; 11 Maggio, 33 Albiol, 5 Britos, 31 Ghoulam; 8 Jorginho, 19 David Lopez; 7 Callejon (23 Gabbiadini, dal 61’), 6 De Guzman (24 Insigne, dal 81’), 14 Mertens; 9 Higuain (91 Duvan, dal 76’). Non entrati: 1 Rafael, 15 Colombo, 4 Henrique, 26 Koulibaly, 3 Strinic, 18 Zuniga, 16 Mesto, 77 Gargano, 17 Hamsik. All. Benitez

MARCATORI: al 25’ Pjanic (R) NOTE: Ammoniti: De Rossi (R) al 10’, Holebas (R) al 20’, Albiol (N) al 31’, Florenzi (R) al 55’, Torosidis (R) al 72’. Espulsi: Nessuno. Angoli: 5 a 2 per il Napoli. Possesso palla: 53,5% Napoli, 46,5% Roma. Recupero: 0’ nel primo tempo e 4’ nel secondo tempo. Arbitro: Nicola Rizzoli di Bologna. Spettatori: 34.425.

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Semifinale di Coppa Italia - 8 aprile 2015

Il film di...

VS NAPOLI

0-1

La sconfitta in semifinale del Napoli contro la Lazio, nega agli azzurri una doppia finale contro la Juventus. Oltre a quella di Coppa Italia prevista per giugno, anche quella di Supercoppa Italiana del prossimo mese di agosto. Partita giocata dal Napoli senza la giusta determinazione, senza quella cattiveria agonistica che sarebbe stata utile per concretizzare una delle sei palle gol costruite dalla squadra. La qualità dei giocatori entrati dalla panchina, ha fatto la differenza. Lulic per la Lazio è stato determinate sia per il gol segnato, sia per il salvataggio sulla linea di

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LAZIO

un tiro di Insigne destinato a pareggiare il conto dei gol. De Guzman invece non è stato all’altezza di cambiare la partita e di aiutare nel raddoppio di marcatura, Ghoulam che era in difficoltà nel controllare Felipe Anderson, che contro Maggio per settanta minuti non ha visto palla. Dopo questa sconfitta, il presidente De Laurentiis ha imposto alla squadra un ritiro punitivo nel centro sportivo di Castel Volturno. Rimane l’amarezza per un altro obiettivo fallito. Ora la vittoria dell’Europa League, rimane l’ultima spiaggia per salvare una stagione che altrimenti sarebbe fallimentare.


IL TABELLINO: NAPOLI – LAZIO: 0-1 (primo tempo 0-0) NAPOLI (4-2-3-1): 45 Andujar; 11 Maggio, 33 Albiol, 5 Britos, 31 Ghoulam; 88 Inler, 77 Gargano (24 Insigne, dal 40° s.t.); 23 Gabbiadini (7 Callejon, dal 27° s.t.), 17 Hamsik, 14 Mertens (6 De Guzman, dal 22° s.t.); 9 Higuain.

LAZIO (4-3-3): 1 Berisha; 8 Basta, 3 De Vrij, 33 Mauricio, 5 Braafheid (39 Cavanda, dal 38° s.t.); 32 Cataldi (6 Mauri, dal 10° s.t.), 20 Biglia, 16 Parolo; 7 Felipe Anderson, 11 Klose, 87 Candreva (19 Lulic, dal 22° s.t.).

Non entrati: 1 Rafael, 15 Colombo, 4 Henrique, 26 Koulibaly, 3 Strinic, 18 Zuniga, 8 Jorginho, 19 David Lopez, 91 Duvan. All. Benitez

Non entrati: 22 Marchetti, 77 Strakosha, 2 Ciani, 85 Novaretti, 27 Cana, 17 Pereirinha, 10 Ederson, 24 Ledesma, 34 Perea. All. Pioli

MARCATORI: Lulic (L) al 79 ’ NOTE: Ammoniti: Albiol (N) al 31°, Mauricio (L) al 48’, De Guzman (N) all’85’, Parolo (L) al 91’ Espulsi: Nessuno. Angoli: 5 a 5. Possesso palla: 49,8% Napoli – 50,2% Lazio. Arbitro: Daniele ORSATO di Schio. Spettatori: 46.477. Incasso: E 328.791,80

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Serie A 2014/2015 - 30a giornata - 12 aprile 2015

Il film di...

VS NAPOLI

3-0

12 marzo – 12 aprile. A distanza di giusto un mese, il Napoli torna alla vittoria. L’ultima vittoria contro la Dinamo Mosca in Europa League è datata proprio 12 marzo, mentre in campionato la vittoria mancava da Napoli-Sassuolo 2-0 del 23 febbraio scorso. Vittoria importante che arriva dopo i quattro giorni di ritiro punitivo imposto da De Laurentiis in seguito all’eliminazione dalla Coppa Italia contro la Lazio. Contro la Fiorentina il Napoli ha giocato una buona partita, andando in rete tre volte. Mertens nel primo tempo porta in vantaggio il Napoli con un delizioso tiro a giro. Nel secondo tempo, dopo che Higuain ha fallito una clamorosa occasione, prima Hamsik e poi Callejon mettono il sigillo sulla vittoria del Napoli.

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FIORENTINA

Hamsik segna alla sua maniera, con il classico inserimento alle spalle della difesa, mentre lo spagnolo concretizza un assist al bacio di Lorenzo Insigne. A fine primo tempo l’arbitro di porta non si accorge che un bolide da fuori area di Higuain, dopo aver colpito la traversa rimbalza all’interno della porta, negando al centravanti argentino la gioia del gol. Vittoria importante che rilancia parzialmente il Napoli in classifica. Soprattutto il 3-0 sulla Fiorentina è un’importante iniezione di fiducia in vista del match di Europa League contro il Wolfsburg, quest’anno in Bundesliga, seconda solo al Bayern Monaco.


IL TABELLINO: NAPOLI – FIORENTINA: 3-0 (primo tempo 1-0) NAPOLI (4-2-3-1): 45 Andujar; 11 Maggio, 33 Albiol, 26 Koulibaly, 3 Strinic; 77 Gargano, 19 David Lopez; 7 Callejon, 23 Gabbiadini (17 Hamsik, dal 63’), 14 Mertens (18 Zuniga, dall’80’); 9 Higuain (24 Insigne, dal 75’).

FIORENTINA (4-3-3): 1 Neto; 4 Richards, 15 Savic, 19 Basanta, 23 Pasqual; 16 Kurtic, 5 Badelj (7 Pizarro, dal 24° s.t.), 20 Borja Valero; 6 Vargas (17 Joaquin, dal 13° s.t.), 74 Salah, 72 Ilicic (33 Gomez, dal 1° s.t.).

Non entrati: 1 Rafael, 12 Contini, 4 Henrique, 16 Mesto, 31 Ghoulam, 8 Jorginho, 88 Inler, 6 De Guzman, 91 Duvan. All. Benitez

Non entrati: 31 Rosati, 40 Tomovic, 2, 38 Rosi, Rodriguez, 28 Alonso, 10 Aquilani, 14 Mati Fernandez,18 Diamanti, 9 Gilardino. All. Montella

MARCATORI: Mertens (N) al 23’, Hamsik (N) al 70’, Callejon (N) all’88’ NOTE: Ammoniti: Koulibaly (N) e Vargas (F) al 42’, Strinic (N) al 62’, David Lopez (N) all’80’. Espulsi: nessuno. Angoli: 4 a 4. Possesso palla: 39,8% Napoli, 60,2% Fiorentina. Recupero: 1’ nel primo tempo e 4’ nel secondo tempo. Arbitro: Antonio DAMATO di Barletta. Spettatori: 21.804 per un incasso di E 453.510,44

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Europa League - Andata quarti di finale - 16 aprile 2015

Il film di...

VS WOLFSBURG

1-4

Il Napoli conquista la sua prima vittoria in terra tedesca. Lo fa con una prestazione superlativa che ha annientato il Wolfsburg, matematicamente secondo in classifica nella Bundesliga, dietro solo alla corazzata Bayern Monaco e considerati i favoriti per la vittoria finale dell’Europa League. Il Napoli ha giocato da grande squadra. Ha messo in campo la giusta concentrazione e la giusta cattiveria agonistica. Squadra corta e compatta, brava a contenere gli attacchi dei tedeschi per poi colpirli in ripartenza. Quando invece ha gestito il possesso di palla, lo ha fatto con una manovra fluida, fatta di soli due tocchi. I gol tutti di pregevole fattura. Per-

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NAPOLI

fetto il lungo assist che Mertens ha fornito a Higuian; l’argentino stoppa di petto e supera Benaglio. Numero di Maggio che innesca Higuain e assist perfetto per Hamsik che solo davanti al portiere non sbaglia. Il capitano azzurro non è contento e deposita in gol un assist di Callejon bravo a rubare palla alla difesa avversaria. Il quarto gol è arrivato invece dalla panchina: Insigne per Gabbiadini, colpo di testa e gol. Nei minuti finali l’unica distrazione della difesa azzurra permette all’ex juventino Bendtner di segnare il gol dell’onore. Il Napoli ha messo una seria ipoteca per la qualificazione a una semifinale europea che manca da troppo tempo…ma l’ultima volta fu la vigilia di un trionfo.


IL TABELLINO: WOLFSBURG – NAPOLI: 1-4 (primo tempo 0-2) WOLFSBURG (4-2-3-1): 1 Benaglio; 8 Vieirinha, 25 Naldo, 31 Knoche, 34 Rodriguez; 23 Guilagovui (27 Arnold, dal 70’), 22 Luiz Gustavo; 7 Caligiuri, 14 De Bruyne, 17 Schurrle (9 Perisic, dal 64’); 12 Dost (3 Bendtner, dal 57’). Non entrati: 20 Grun, 15 Trasch, 5 Klose, 4 Schafer. All. Hecking

NAPOLI (4-2-3-1): 45 Andujar; 11 Maggio, 33 Albiol, 5 Britos, 31 Ghoulam; 19 David Lopez, 88 Inler; 7 Callejon, 17 Hamsik (23 Gabbiadini, dal 75’), 14 Mertens (24 Insigne, dal 60’); 9 Higuain (4 Henrique, dall’86’). Non entrati: 1 Rafael, 26 Koulibaly, 8 Jorginho, 77 Gargano. All. Benitez

MARCATORI: Higuain (N) al 14’, Hamsik (N) al 23°, Hamsik (N) al 64’, Gabbiadini (N) al 76’, Bendtner (W) al 79’. NOTE: Ammoniti: Nessuno. Espulsi: Nessuno. Angoli: 9 a 6 per il Wolfsburg. Possesso palla: 42,1% Napoli, 57,9% Wolfsburg. Recupero: 1’ nel primo tempo e 3’ nel secondo tempo. Arbitro: Antonio Mateu LAHOZ (Spagna). Spettatori: 30.925.

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Serie A 2014/2015 - 31a giornata - 19 aprile 2015

Il film di...

VS CAGLIARI

0-3

Il Cagliari passeggia al Sant’Elia contro un Cagliari in crisi con un passo in Serie B. La netta vittoria per 3-0 ha chiuso una settimana positiva per il Napoli: tre partite e tre vittorie. Sconfitte nell’ordine: Fiorentina (3-0), Wolfsburg (14) e Cagliari (0-3), 10 gol segnati e 1 solo subìto. Da quando il Napoli è andato in ritiro, ha ritrovatocompattezza di gruppo e solidità di squadra. Il Napoli visto a Cagliari aumenta il rammarico per i tanti punti persi in campionato nel mese di marzo. A Cagliari il Napoli è passato in vantaggio con un gol del ritrovato Callejon, che sfruttato un assist da au-

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NAPOLI

tentico fuoriclasse del capitano Hamsik. Un cross dello slovacco viene deviato nella propria porta dal cagliaritano Balzano e il Napoli raddoppia proprio allo scadere del tempo. La ripresa inizia con il gol di Gabbiadini appena subentrato proprio ad Hamsik. Higuain passa la palla all’attaccante bergamasco che di precisione piazza la palla là dove Brkic non può arrivare. 3-0 e tutti a casa. Con questa vittoria il Napoli si riavvicina a Lazio e Roma, riaprendo la corsa per un posto utile alla qualificazione per la prossima Champions League.


IL TABELLINO: CAGLIARI – NAPOLI: 0-3 (primo tempo 0-2) CAGLIARI (4-3-3): 44 Brkic; 21 Balzano, 15 Rossettini, 32 Ceppitelli, 8 Avelar; 16 Dessena, 5 Conti, 20 Ekdal (10 Joao Pedro, dal 63’); 17 Farias (7 Cossu, dal 63’), 25 Sau (9 Longo, dal 46’), 40 M’Poku. Non entrati: 27 Cragno, 14 Pisano, 2 Gonzalez, 37 Diakitè, 3 Murru, 33 Capuano, 22 Husbauer, 30 Donsah, 90 Cop. All. Zeman

NAPOLI (4-2-3-1): 5 Andujar; 11 Maggio, 33 Albiol, 26 Koulibaly, 3 Strinic; 77 Gargano, 8 Jorginho; 7 Callejon (16 Mesto, dal 68’), 17 Hamsik (23 Gabbiadini, dal 56’), 24 Insigne; 9 Higuain (91 Duvan, dal 61’). Non entrati: 1 Rafael, 15 Colombo, 4 Henrique, 5 Britos, 31 Ghoulam, 88 Inler, 14 Mertens. All. Benitez

MARCATORI: al Callejon (N) al 23’, autogol di Balzano (C) al 46’, Gabbiadini (N) 59’. NOTE: Ammoniti: Koulibaly (N) al 3’, Maggio (N) al 10’, Conti (C) al 44’, Maggio (N) al 55’, Longo (C) al 60’, Rossettini (C) al 63’, Ceppitelli (C) al 69’. Angoli: 6 a 5 per il Cagliari. Possesso palla: 56,5% Napoli, 43,5% Cagliari. Recupero: 2’ nel primo tempo e 3’ nel secondo tempo. Arbitro: Paolo VALERI di Roma. Spettatori: 11.425.

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Europa League - Ritorno quarti di finale - 23 aprile 2015

Il film di...

VS NAPOLI

2-2

Il Napoli dopo 26 anni torna a giocare una semifinale di coppa europea. Lo fa nel migliore dei modi contro un avversario difficile come i tedeschi del Wolfsburg, dopo aver dominato la partita di andata e controllato senza particolari affanni quella di ritorno. Partita giocata al piccolo trotto dagli azzurri con maggiore intensità da parte dei tedeschi. Ma è il Napoli che ha inizio secondo tempo sblocca il risultato prima con Callejon poi con Mertens entrambi serviti da due ottimi assist di Higuain.

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WOLFSBURG

Appena il Napoli ha perso la concentrazione, il Wolfsburg guidati da un ottimo Perisic agguantano il pareggio. Ancora una prova convincente di Andujar, incolpevole sui due gol subìti grazie alle solite distrazioni difensive. In semifinale il Napoli dovrà superare l’ostacolo ucraino del Dnipro per poter accedere alla finalissima di Varsavia e provare a tornare a trionfare in Europa dopo la vittoria del Napoli di Maradona e Careca del 1989.


IL TABELLINO: NAPOLI – WOLFSBURG: 2-2 (primo tempo 0-0) NAPOLI (4-2-3-1): 45 Andujar; 16 Mesto, 33 Albiol, 5 Britos, 31 Ghoulam; 19 David Lopez, 88 Inler; 7 Callejon,17 Hamsik (24 Insigne, dal 59’), 14 Mertens (4 Henrique, dal 82’), 9 Higuain (91 Duvan, dal 68). Non entrati: 1 Rafael, 8 Jorginho, 77 Gargano, 23 Gabbiadini. All. Benitez

WOLFSBURG (4-2-3-1): 1 Benaglio; 15 Trasch (12 Dost, 79’), 25 Naldo, 5 Klose, 34 Rodriguez (4 Schafer, dal 65’); 23 Guilagovui (24 Jung, dal 75’), 22 Luiz Gustavo; 9 Perisic, 27 Arnold, 7 Caligiuri; 3 Bendtner. Non entrati: 20 Grun, 2 Ochs, 31 Knoche, 30 Seguin. All. Hecking

MARCATORI: Callejon (N) al 49’, Mertens (N) al 65’, Klose (W) 71’, Perisic (W) 73’ NOTE: Ammoniti: nessuno. Espulsi: nessuno. Angoli: 3 a 5 per il Wolfsburg. Possesso palla: 34,7% Napoli, 65,3% Wolfsburg Recupero: 2’ nel primo tempo e 3’ nel secondo tempo. Arbitro: Cuneyt CAKIR (Turchia). Spettatori: 27.262 per un incasso di E 493.291,00

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Serie A 2014/2015 - 32a giornata - 26 aprile 2015

Il film di...

VS NAPOLI

4-2

Il Napoli di Benitez asfalta la Sampdoria di Mihajlovic. Partita senza storia, dominata in lungo e in largo dagli azzurri passati in svantaggio solo per una sfortunata autorete di Albiol. La reazione del Napoli è stata quella di una grande squadra. Gabbiadini segna il classico gol dell’ex con la complicità del portiere doriano autore della più clamorosa papera che possa commettere un portiere: farsi passare tra le gambe un tiro innocuo. Il gol di Higuain invece è stato di pregevole fattura, giunto al termine di uno scambio negli spazi stretti tra l’argentino e Gabbiadini.

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SAMPDORIA

Nella ripresa Insigne conclude una sua azione personale con un tiro preciso da autentico fuoriclasse. Hamsik entra a metà ripresa, ma in tempo per dare il suo contributo guadagnandosi un calcio di rigore che Higuain implacabilmente trasforma. Il bel gol finale di Muriel, è utile solo per le statistiche. Con questa vittoria il Napoli torna in corsa per una posizione Champions, diventando addirittura la favorita per andare nella principale competizione continentale senza passare per la lotteria dei preliminari.


IL TABELLINO: NAPOLI – SAMPDORIA: 4-2 (primo tempo 2-1) NAPOLI (4-2-3-1): 45 Andujar; 4 Henrique, 33 Albiol, 5 Britos, 31 Ghoulam; 8 Jorginho, 19 David Lopez (77 Gargano, dal 76’); 7 Callejon, 23 Gabbiadini (17 Hamsik, dal 65’), 24 Insigne; 9 Higuain (91 Duvan, dal 82’). Non entrati: 1 Rafael, 15 Colombo, 16 Mesto, 26 Koulibaly, 3 Strinic, 88 Inler, 14 Mertens,. All. Benitez

SAMPDORIA (4-3-3): 2 Viviano; 29 De Silvestri, 26 Silvestre, 5 Romagnoli, 3 Mesbah; 21 Soriano (18 Bergessio, dal 76’), 17 Palombo (6 Duncan, dal 63’), 14 Obiang; 23 Eder (24 Muriel, dal 44’), 9 Okaka, 99 Eto’o. Non entrati: 33 Romero, 25 Coda, 20 Munoz, 19 Regini, 30 Acquah, 22 Rizzo, 77 Wszolek, 8 Correa, 32 Marchionni. All. Mihajlovic

MARCATORI: Autogol di Albiol (N) al 12’, Gabbiadini (N) al 30’, Higuain (N) al 34’, Insigne al 47’, Higuain (N) su rig. al 77’ e Muriel (S) al 88’ NOTE: Ammoniti: Britos (N) al 3’, Mesbah (S) al 24’, Muriel (S) al 89’. Espulsi: nessuno. Angoli: 8 a 4 per il Napoli. Possesso palla: 61,8% Napoli, 38,2% Sampdoria. Recupero: 1’ nel primo tempo e 3’ nel secondo tempo. Arbitro: Daniele DOVERI di RomA Spettatori: 22.299 per un incasso di E 441.617,44

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“LE FOTO DEI TIFOSI” foto di Vittorio Cangiano

a, Giovanni in rt a M , a n n A i n I nipoti no Gennaro e Genny con non

Ciro e Anna innamorati del Napo li come il papa Antonio e la mamm a Titta

Innamorati del Napoli e di Napo

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Caivano Il club Napoli di Juventus” “estimatori della

Margotti alessandro di anni 5, tifoso e lettore del nostro mens ile

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“LE FOTO DEI TIFOSI” foto di Vittorio Cangiano

ntonio Ciavolini

eA Giulio, Salvatore

L’arbitro benemerito con Duva

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si del Napoli fo ti o rt e b o R e I cugini Sara e el nostro mensil d ri o tt le i d n ra g e

Giuseppe Basilico, il bimbo che sta portando l’azzurro nel cuore di Papa Fra ncesco

, un altro tricolore a n g o s e i n n a 0 9 Nonna Vincenza

Il Dott. Cifarelli con il mitico Se rgio Clerici e il nostro direttore Gennaro Mo ntuori

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