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LIVERPOOL
from Calcio2000 n.241
by TC&C SRL
SPECIALE Liverpool di Luca Manes
TUTTO A TINTE REDS
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Il Liverpool nuovamente sul tetto d’Europa. Il club torna a brillare…
Minuto 91 di Liverpool vs Napoli, sfida decisiva per la qualificazione alla fase a eliminazione diretta della Champions League 2018-19, Allison
Becker si inventa la parata dell’anno bloccando da distanza ravvicinata un tiro a “botta sicura” di Arkadiusz Milik. È una delle immagini più nitide di un trionfo per niente scontato, ma forse anche quella più esemplificativa di come i Reds siano stati in grado di aggiungere l’ultimo tassello di un team vincente. L’ex estremo difensore della Roma, a nostro modesto parere tra i primi tre al mondo nel suo ruolo, è servito per coprire una lacuna apparsa evidente a tutti proprio nella finale dello scorso anno contro il Real
Madrid. Chi può dimenticare le colossali papere di Loris Karius al cospetto di Benzema e compagni. Spedito in Turchia il tedesco e relegato in maniera definitiva in panchina l’incerto – soprattutto in uscita – Simon Mignolet, il Liverpool ha investito 62,5 milioni di euro per il gigante brasiliano. Tanti soldi, ma ben spesi, così come stanno dando un ritorno immenso gli oltre 80 milioni sborsati per Virgil van Dijk, che se non è il miglior difensore dell’orbe terracqueo poco ci manca. La svolta, anche dal punto di vista finanziario, è arrivata con la cessione (per 150 milioni di euro...) di Coutinho al Barcellona. Il
Liverpool ha trovato maggior equilibrio in avanti e puntellato alla grande la difesa, mentre a dirla tutta i catalani non hanno invece trovato il campionissimo capace di sostituire Neymar.
L’esito della semifinale dello scorso aprile ne è un’evidente conferma.
Il cammino nell’ultima Champions League è stato tutt’altro che facile sin dal principio. Come accennato, la qualificazione si è materializzata
SPECIALE Liverpool
ALBO D’ORO CHAMPIONS LEAGUE CLUB NAZIONE
Real Madrid Spagna Milan Italia Liverpool Inghilterra Bayern Monaco Germania Barcellona Spagna Ajax Paesi Bassi Inter Italia Manchester Utd Inghilterra Juventus Italia Benfica Portogallo Nottingham Forest Inghilterra Porto Portogallo
SUCCESSI
13 7 6 5 5 4 3 3 2 2 2 2
FINALI PERSE
3 4 3 5 3 2 2 2 7 5 0 0
FINALI GIOCATE
16 11 9 10 8 6 5 5 9 7 2 2
per il rotto della cuffia, a causa di prestazioni scialbe e senza mordente in trasferta – tre sconfitte su tre, compresa quella clamorosa a Belgrado. Scorie dell’infausta notte di Kiev, quando il sogno Champions tanto cullato la scorsa campagna è svanito tra errori e infortuni? Probabile. Poi però si è registrato il cambio di marcia, il blitz a Monaco di Baviera, la passeggiata con il Porto e la doppia sfida stellare con il Barcellona, sul cui esito fiabesco (per i Reds) sono state versate tonnellate di inchiostro. A ragione. Lo 0-3 subito nonostante una prestazione monstre al Nou Camp è stato incredibilmente ribaltato in una di quelle notti in cui Anfield non è solo il dodicesimo uomo in campo, ma pure il tredicesimo e quattordicesimo. In un calcio accusato spesso a ragione di essere “plastificato, “senza anima”, la tifoseria del Liverpool è ancora una gradevole eccezione, capace di infondere grinta e furore agonistico anche a protagonisti inaspettati quanto improbabili. Uno su tutti Divock Origi. La scorsa stagione il belga era stato relegato ai margini della rosa, tanto da finire in prestito al Wolfsburg – dove non ha lasciato un ricordo indelebile... Quest’anno si è saputo ritagliare spazio alle spalle magnifici tre ManéFirmino-Salah e farsi trovare prontissimo alla
Champions vinta, Salah e Klopp quasi non ci credono
bisogna. Contro Messi e compagni il belga ha segnato una doppietta storica, mentre nella sfida con gli Spurs ha chiuso definitivamente i giochi nel finale una volta chiamato a sostituire uno spento Firmino. A livello di gioco l’atto conclusivo del Wanda Metropolitano è stato una sorta di anti-climax di una Champions League infarcita di sorprese e segnata dal dominio delle squadre della Premier, ma va detto che entrambe le finaliste arrivavano all’appuntamento drenate di energia e con alcune stelle non al meglio. E, come spesso accadde in queste occasioni, hanno contato molto l’esperienza e il blasone.
Con la sesta coppa il Liverpool è diventato il terzo club più vincente, dopo Real Madrid e Milan, nella massima competizione continentale. Una legacy europea nata negli anni Settanta, dominati in lungo e in largo a livello domestico. Curiosamente nessuno dei successi in Coppa dei Campioni (“solo” uno in Coppa Uefa nel 1973) è giunto con alla guida del team l’uomo che ha cambiato per sempre le sorti dei rossi della Merseyside: Bill Shankly. Eppure, l’esordio di Shankly non fu dei migliori: un rotondo 0-4 interno contro il Cardiff City nella vecchia Second Division. Il tecnico scozzese ci mise tre anni per riportare i Reds in prima divisione, ma solo una stagione per vincere un titolo atteso da quasi 20 anni. Era il 1964, da quel momento il Liverpool si sarebbe trasformato in una delle potenze del calcio mondiale che ben conosciamo. Shankly fu uno dei primi a curare la componente psicologica dei giocatori, sapendo gestire alla perfezione i suoi ragazzi anche fuori del campo di allenamento di Melmwood. La base del suo ragionamento era che quando uno degli undici mandati in campo si trovava in difficoltà, spettava ai suoi compagni aiutarlo e sostenerlo proprio come avrebbero fatto tra loro i minatori di Glenbuck. Un altro dei suoi grandi meriti fu quello di contornarsi di assistenti di grande valore. Due tra i membri più illustri della cosiddetta “boot room”, Bob Paisley e Joe Fagan, furono i suoi successori sulla panchina dei Reds e coloro che raccolsero i frutti di quanto da lui seminato. Paisley sedeva in panchina in una delle partite più entusiasmanti mai vissute a Anfield, il 3-1 a un accreditatissimo St Etienne, cui non bastò l’1-0 dell’andata. Fu David Fairclough, il supersub per eccellenza, a regalare il passaggio del turno ai Reds e a mandare in visibilio la Kop – quella solo posti in piedi che “ondeggiava” a ogni azione dei propri beniamini. L’Olimpico di Roma iniziò a diventare lo stadio talismano del Liverpool in una calda sera di fine maggio 1977 contro il fortissimo Borussia Mönchengladbach, che al secondo turno aveva but
Il Liverpool festeggia la Coppa dei Campioni vinta ai danni della Roma
SPECIALE Liverpool
tato fuori il Torino di Graziani e Pulici. Un match dominato ben oltre il 3-1 riportato sul tabellino. In un secondo tempo scoppiettante al momentaneo pareggio del Pallone d’Oro 1977, il danese Allan Simonsen, risposero i due difensori Tommy Smith e Phil Neal. Quest’ultimo su un rigore che si era procurato “King” Kevin Keegan, il quale non andò a segno, ma fu tra i migliori in campo. Una delle grandi scoperte di Shankly, di lì a qualche settimana sarebbe approdato proprio in Germania, in quel di Amburgo, lasciando la maglia numero sette a un degnissimo successore: Kenny Dalglish. Lo scozzese diventerà una bandiera dei Reds ancora più di KKK, prima da giocatore e poi da allenatore. Proprio un suo gol decise la seconda finale di Coppa dei Campioni consecutiva (mai un club inglese era riuscito a centrare il bis), su assist dell’altro genio scozzese Graeme Souness al 64’ di un match duro e spigoloso contro il Club Bruges allenato dal mago Ernst Happel. Al cospetto delle mitiche e sempre rimpiante Due Torri del vecchio Wembley il Liverpool entrava ormai nella storia. In semifinale i Reds avevano superato di nuovo il Borussia Mönchengladbach, mentre il Bruges aveva sconfitto ai supplementari Juventus. Curioso come gli inglesi si fossero trovati a fronteggiare nelle finali di Coppa dei Campioni del 1977 e del 1978 le due stesse compagini superate nel doppio confronto – allora si faceva così – di Coppa Uefa nel 1973 e nel 1976. La stragrande maggioranza degli addetti ai lavori aveva pochi dubbi sul fatto che il Liverpool potesse imitare dinastie come quelle di Bayern Monaco e Ajax, capaci di infilare dei fantastici tris, ma il piccolo Nottingham Forest del fumantino Brian Clough aveva altre idee in proposito. Eliminò i Reds nel primo turno dell’edizione 1979-80, centrando poi due clamorose vittorie che ne fanno l’unica squadra europea capace di vincere più coppe dei Campioni che campionati. Terminato il momento d’oro del Forest, ecco di nuovo il Liverpool alla ribalta. Nel 1980-81 c’è da mandare in archivio un fragoroso 10-1 ai finlandesi dell’OPS (più larga vittoria
Bruce Grobbelaar si gode la vittoria della Coppa Campioni nel 1984
di sempre in Coppa dei Campioni) e una per la verità non troppo complicata battle of Britain con l’Aberdeen di Alex Ferguson. Ben altra storia in semifinale, con un tiratissimo doppio confronto con il Bayern Monaco, eliminato solo grazie alla regola del gol segnato in trasferta. All’Olympiastadion l’improbabile marcatore fu Ray Kennedy, cui seppe rispondere solo Kalle Rummenigge. Un altro Kennedy, Alan, decise nei minuti finali la gara del Parco dei Principi di Parigi con il Real Madrid. Una contesa aspra e dominata dalla tattica come quella con il Bruges, a cui il Liverpool arrivò con gli uomini di punta, Dalglish e Souness, acciaccati. Sull’unica distrazione della difesa delle Merengues il terzino sinistro del Liverpool riuscì a infilarsi nel corridoio giusto e regalare la terza affermazione a Paisley nella massima competizione continentale. Un record per ora solo eguagliato, ma ancora non superato. Anche l’attesa per il quarto trionfo fu breve, appena tre anni. Nel frattempo, al centro dell’attacco si era insediato un baffuto gallese, Ian Rush. Mortifero in Inghilterra, dalle polveri bagnate nella fugace apparizione in Italia con la maglia della Juventus, nel torneo edizione 1983-84 timbrò il cartellino ben cinque volte, compresi due gol semifinale di ritorno Dinamo Bucarest – ostacolo più arduo incontrato sul loro cammino dai Reds insieme al fortissimo Athletic Bilbao, capace di fare 0-0 in Inghilterra
ma poi trafitto proprio da Rush al vecchio San lotteria dei penalty il Liverpool sbaglia subito Mamés. con Steve Nicol. Il resto è storia: le spaghetL’atto conclusivo di quel torneo ha infestato per ti legs dell’ex soldato dello Zimbabwe Bruce anni le notti dei tifosi romanisti più attempati. Grobbelaar, i tiri alle stelle di Conti e Graziani e Per la Roma sembrava la “congiunzione astrail rigore decisivo di Alan Kennedy. In una squale” perfetta, dopo coppa giocata alla grande e dra con una forte ossatura irlandese e scozzeun fantastico recupero in semifinale contro il se, il terzino inglese Phil Neal è però l’unico ad Dundee United, i giallorossi avevano l’occasione avere partecipato a tutti e quattro i successi. di alzare il trofeo di casa Fagan, altro fedelissimo all’Olimpico, designato di Shankly, nel frattemnuovamente come sede “La tifoseria del po subentrato a Paisley, della finale. Ma come accaduto poi in altre partite europee – non ultima Liverpool è ancora una gradevole eccezione, continuava una dinastia “bloccata” già l’anno successivo con i tragici fatti la semifinale del 2018 capace di infondere dell’Heysel, che tra le al– lo stadio romano porta bene al Liverpool, che grinta e furore tre cose determinarono l’esclusione del Liverpool a distanza di sette anni agonistico”. dalle coppe europee per rivince la competizione sei anni. all’ombra della Madonna Dal 1990 i Reds non vindi Monte Mario. Con Falcão in precarie concono il campionato inglese, una macchia che dizioni di forma, una Roma apparsa subito in tarda a essere cancellata. In Europa, beh lì riserva inizia malissimo l’incontro subendo gol la musica è differente. Prima la Coppa Uefa a causa della zampata di Neal su un rimpallo - 2001, poi c’è stata Istanbul. Fatti salvi i tre mie presunto fallo sul portiere Franco Tancredi). nuti spacca coronarie di Manchester United v Il successivo massimo sforzo della formazione Bayern Monaco del 1999, la finale del 2005 tra capitolina frutta il pareggio di Roberto PruzMilan e Liverpool rimarrà per sempre una delzo, che in avvitamento di testa porta le squale rimonte più assurde della storia del calcio. dre all’intervallo sull’1-1. Dopo succede poco Un thriller degno del miglior Hitchcock: tre o nulla, le squadre si temono, la stanchezza gol in sei minuti per zittire i milanisti che già prende il sopravvento e Pruzzo e Cerezo escoassaporavano lo champagne e un Dudek prono per infortunio. Due rigoristi mancati, insiedigioso nei supplementari e ai rigori per conme allo squalificato Aldo Maldera. Eppure, alla segnare ai very Reds purosangue Carragher e Gerrard un trofeo strameritato. Dopo la pazza serata di Istanbul, raccontata con dosi industriali di humor inglesi da John Graham Davies nel suo libro “Ho battuto Berlusconi” sono arrivate altre due finali, la rivincita milanista griffata Pippo Inzaghi ad Atene e la già citata serata da incubo di Karius. Ma quando l’Europa è davvero il tuo giardino di casa appare quasi fisiologico che si concretizzi la sesta coppa dei campioni. E ora che si è “sbloccato” Klopp chissà che non arrivi pure il I tifosi del Liverpool sono sempre al fianco della propria squadra tanto agognato trionfo in Premier...