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ANDREAS BREHME

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LIVERPOOL

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leggende del calcio A ndreas Brehme

di Luca Gandini

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Le travolgenti scorribande di Andreas Brehme, un campione spesso sottovalutato ma sempre decisivo.

NEL SEGNO DEL TERZINO

Quella del 9 novembre è una data particolarmente significativa per la storia della Germania, tanto da venire definita “Schicksalstag”, “Il Giorno del Destino”. Nel 1918, con il Paese ormai allo stremo delle forze e a un passo dalla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, veniva annunciata la nascita della repubblica e calava definitivamente il sipario sul Secondo Reich. Nel 1922, Albert Einstein era nominato vincitore del Premio Nobel per la fisica, mentre, esattamente un anno dopo, un fallito colpo di stato a Monaco di Baviera portava all’arresto di alcuni leader del Partito Nazionalsocialista, tra i quali il giovane austriaco Adolf Hitler. Sempre nella stessa data, ma nel 1938, con la “Notte dei Cristalli” iniziava la persecuzione delle comunità ebraiche che avrebbe in breve dato origine alla Shoah. La sera del 9 novembre 1989, infine, cadeva il Muro di Berlino e prendeva il via il processo di riunificazione delle due Germanie, separate dopo il catastrofico epilogo della Secon

da Guerra Mondiale. Non è dunque un caso che il 9 novembre 1960, ad Amburgo, sia nato Andreas Brehme, un simbolo del calcio tedesco e l’emblema di una Germania vincente, il campione destinato a firmare uno tra i gol più ricordati nell’ultracentenaria storia della Nationalmannschaft.

5 SBERLE AL REAL Questa, però, è una storia ancora in là da venire. C’è infatti tanta gavetta, agli albori dell’avventura calcistica del giovane Andy. I primi calci tirati nel Barmbek-Uhlenhorst, piccola formazione amburghese in cui tra l’altro anni prima aveva giocato anche il padre Bernd, e poi una stagione di apprendistato nel Saarbrücken, nella Serie B della Germania Ovest. La svolta per lui arrivò nel 1981/82, quando debuttò in Bundesliga con la maglia del Kaiserslautern. Vi militò per 5 stagioni, non riuscendo a conquistare nessun titolo, ma rendendosi ugualmente protagonista insieme ai compagni di un’esaltante cavalcata in Coppa UEFA proprio in quel 1981/82. Nel ritorno dei quarti di finale, infatti, i “Diavoli Rossi” inflissero al Real Madrid un clamoroso 5-0 che rappresentò la più pesante sconfitta patita fino a quel momento dai “Blancos” nella storia delle Coppe europee. Il Kaiserslautern sfiorò poi l’impresa in semifinale, ma alla fine si dovette arrendere ai futuri vincitori, gli svedesi dell’IFK Göteborg allenati da un giovane Sven-Göran Eriksson. Il percorso di crescita

Il momento topico della carriera di Brehme, il rigore all’Argentina

di Andy Brehme proseguiva inesorabile con l’avventura in Nazionale nel Campionato Europeo del 1984, un’esperienza poco brillante per la Germania Ovest (eliminata ai gironi), ma non per lui, che venne eletto miglior terzino sinistro del torneo. Non deluse neppure due anni più tardi, nel Mondiale messicano, laddove cominciò ad emergere, prorompente, la sua capacità di essere decisivo nelle sfide da dentro o fuori.

“Brehme venne eletto miglior terzino sinistro del Campionato Europeo del 1984”

Nei quarti di finale contro i padroni di casa, infatti, si prese la responsabilità di calciare e trasformare uno dei rigori nella lotteria finale, mentre in semifinale una sua punizione mancina condannò all’eliminazione la Francia di Michel Platini. In finale contro l’Argentina non riuscì ad incidere, tanto che “La Gazzetta dello Sport” lo bocciò con un 5,5 e con questa valutazione: “Ha giocato a centrocampo cercando di arginare gli attacchi argentini e cercando di dare anche una mano a Matthäus nella marcatura di Maradona. Non ha combinato molto”. Pazienza. L’Argentina conquistò la Coppa, ma ci sarebbe stato tempo e modo per una gustosa rivincita. Proprio dopo il Mundial, Brehme passò al Bayern Monaco per 2 milioni di Marchi. Venne impiegato come terzino destro ed iniziò ad arricchire il proprio palmarès personale. Il primo anno si laureò campione nazionale e andò vicino ad aggiudicarsi anche la Coppa dei Campioni, sfumata nella sfortunata finale di Vienna contro il Porto. La seconda stagione fu più deludente, con il Bayern secondo in campionato dietro al Werder Brema ed eliminato dal Real Madrid nei quarti di finale della Coppa Campioni. Ormai pilastro della Nazionale, con cui continuò a giocare da terzino destro, Brehme

Il terzino tedesco ha appena segnato dagli 11 metri il gol che vale un Mondiale

si riconfermò protagonista nell’Europeo di casa, segnando tra l’altro un gran gol contro l’Italia nella gara di apertura. Poi, però, proprio nella sua Amburgo, cedette in semifinale all’inarrestabile Olanda di Marco van Basten, Ruud Gullit e Frank Rijkaard, i futuri cuginirivali di tante sfide al cardiopalma nel campionato italiano.

IL LEADER DELLA SINISTRA Eh sì, perché proprio in quell’estate del 1988 l’ambiziosa Inter di Ernesto Pellegrini lo acquistò dal Bayern insieme al centrocampista Lothar Matthäus nel tentativo di strappare lo Scudetto al Milan dei tre olandesi. Pagato solo 1 miliardo e 700 milioni di Lire e accolto con qualche perplessità, Brehme si rivelò invece il valore aggiunto dei nerazzurri. Affidato alle cure di Giovanni Trapattoni, che lo impiegò stabilmente nel ruolo di terzino sinistro, si adattò subito al nostro calcio sfoderando prestazioni che univano la qualità tecnica alla carica agonistica. Abile nelle chiusure difensive grazie a un tackle inesorabile, era poi in grado di ribaltare il fronte dell’azione con memorabili scorribande sulla fascia, concluse o con precisi cross mancini o con micidiali tiri con entrambi i piedi. Con un campione del genere, l’Inter vinse lo Scudetto con 58 punti, un record mai toccato prima nei tornei a 18 squadre, mentre il bomber Aldo Serena, usufruendo dei cross del tedesco, si

laureò capocannoniere del campionato con 22 gol. Nell’epoca spensierata della “Mila- no da bere”, la Milano nerazzurra si mangiò avversari di livello assoluto come il Napoli di Maradona e Careca; il Milan, che proprio in quel 1989 vinceva la Coppa dei Campioni; la Juventus, magari un po’ più appannata del solito ma pur sempre temibile; e la sbarazzi- na Sampdoria di Paolo Mantovani, all’inizio del proprio grande ciclo. Nell’estate del 1990, poi, il mondo del calcio si trasfe- rì armi e bagagli proprio qui in Italia per la 14ª edizione del Campiona- to Mondiale. I tedeschi, scottati da due secondi posti conse- cutivi, misero in chiaro le cose sin dall’esordio, li- quidando la forte Jugo- slavia con un eloquente 4-1. La caratura di An- dreas Brehme emerse ancora una volta nelle sfide a eliminazione diretta. Negli ottavi di finale, un suo splendi- do destro a giro tagliò le gambe ai grandi ri- vali olandesi, mentre in semifinale contro l’Inghilterra non solo segnò la rete del provvi- sorio 1-0, ma si incaricò pure di trasformare uno dei rigori che eliminarono Gary Lineker e compagni. Il momento più importante della carriera lo visse ovvia- mente in finale, di fronte all’Ar- gentina del solito Maradona. Una partita noiosa, a tratti cat- tiva e decisa da un episodio. Quello che indusse l’arbitro messicano Edgardo Codesal a fischiare un calcio di rigore per la Germania Ovest per un dub-

bio fallo di Néstor Sensini su Rudi Völler. Il rigorista ufficiale, Matthäus, preferì lasciare l’onere dell’esecuzione a Völler, il quale a sua volta declinò l’invito rivolgendosi a Brehme: “Coraggio, Andy: vai tu sul dischetto e vinci questo Mondiale”. Con la solita umiltà e freddezza, l’uomo del destino lasciò allora partire un destro chirurgico che non lasciò scampo al fenomenale pararigori Sergio Goycochea. La vendetta era servita: la Germania Ovest era per la terza volta regina del mondo.

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

IL CANTO DEL CIGNO Völler e Jürgen Klinsmann. Partirono bene, A fine anno fu addirittura terzo nella classifica i tedeschi, ma nei quarti di finale incappadel Pallone d’Oro dietro all’amico Matthäus e rono nella Bulgaria di un ispiratissimo Hrial nostro Totò Schillaci, tuttavia alcuni inforsto Stoichkov e dovettero abbandonare la tuni di troppo gli fecero vivere una stagione speranza di un clamoroso bis iridato. Per di alti e bassi. Nel momento decisivo di quel Brehme, quella, fu l’86ª e ultima partita con 1990/91, però, il valore del terzino tedesco rila Nazionale tedesca. Si poté quindi dedicare emerse di nuovo, tanto da trascinare l’Inter anima e corpo al suo Kaiserslautern, con cui alla vittoria in Coppa UEFA. Fu invece nel si tolse la soddisfazione di conquistare una 1991/92 che tutto girò per il verso sbagliato: Coppa di Germania nel 1995/96 e, soprattutalcune incomprensioni con il nuovo tecnico to, un indimenticabile ed inaspettato titolo Corrado Orrico, la crisi di tutta la squadra e il nazionale nel 1997/98, al fianco di un giovadeludente 8° posto finale portarono Brehme notto originario dell’ex Germania Est destie la società a una malinconica e forse frettonato a diventare la stella del calcio tedesco losa separazione. Lui tornò comunque sulla “Pagato solo 1 miliardo nel decennio successivo, Michael Ballack. breccia in estate, capie 700 milioni di Lire e Sfortunatamente, dopo tanando la Germania finalmente riunificata accolto con qualche un inizio promettente come allenatore, la paal secondo posto euperplessità, Brehme si rabola sportiva e umaropeo dietro la sorprendente Danimarca. Venne rieletto miglior rivelò invece il valore aggiunto dei nerazzurri” na di Andreas Brehme iniziò poi a virare pericolosamente verso il terzino sinistro della basso a causa di alcuni competizione e poté dunque tuffarsi con figravi problemi economici. Disavventure che ducia nell’avventura nella Liga spagnola con non gli hanno mai fatto dimenticare i colori il Real Saragozza. Una sola stagione avara con cui visse i migliori anni della sua vita: “Io di soddisfazioni e, a quasi 33 anni, la decisono tedesco, ma ancora di più sono nerazsione di tornare al Kaiserslautern, il club zurro”, ha rivelato recentemente, suscitando che l’aveva lanciato. Lo ritrovammo nuovala commozione di quanti ancora ricordano mente tra i protagonisti al Mondiale di USA le sue inarrestabili scorribande a San Siro. ‘94, insieme ad altri grandi ex del campioCe ne fossero, di campioni come Andreas nato italiano come Lothar Matthäus, Rudi Brehme, nell’Inter di oggi.

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