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LUNEDÌ 20 GENNAIO 2020 IL MATTINO
PADOVA
Scuola e Università
«Scuole paritarie, persi fondi per 2 milioni» La Regione rimpolpa i finanziamenti, ma in dieci anni la somma è scesa. Cecchinato, Fism: «Manutenzioni impossibili» Dopo dieci anni di caduta libera, quest’anno la Regione Veneto mette mano ai contributi per le scuole paritarie dell’infanzia, che dopo una lunga penuria tornano a ricevere una boccata d’ossigeno. Saranno circa 34, nel 2020, i milioni distribuiti tra tutti gli asili nido e materne paritarie del territorio: una cifra importante rispetto ai 31 scarsi dello scorso anno, ma inferiore rispetto ai 36 milioni che erano stati messi a budget appena nel 2016, e «ben più bassa dei 42 milioni di dieci anni fa» sottolinea la Federazione italiana scuo-
le materne (Fism) di Padova. Nel complesso, rimanendo su dati recenti, dal 2016 al 2020 il saldo risulta comunque negativo di due milioni. In tutto il Veneto rientrano nella gestione paritaria 793 nidi e 1.109 scuole materne, frequentati da oltre 100 mila bambini: 76 mila nelle scuole d’infanzia e 24 mila nei nidi. Anche a Padova queste strutture svolgono un ruolo importantissimo per le famiglie: tra città e provincia le scuole non statali che accolgono piccoli da 0 a 3 anni sono 387, con
18.211 iscritti nelle sole scuole materne (dato aggiornato al 2017/2018). Giusto per dare una misura, le statali ne hanno “appena” 5.600. In molti piccoli comuni, poi, esistono solo le paritarie. E forse anche in virtù di questi numeri quest’anno la Regione ha fatto uno sforzo in più per tendere una mano: «il Veneto» sottolinea l’assessore alla Sanità e al Sociale Manuela Lanzarin «è l’unica Regione che finanzia con risorse proprie le spese di gestione di queste scuole con più del doppio di quanto paghi lo Stato. L’intesa Sta-
to-Regioni impegna le Regioni a un cofinanziamento pari ad almeno il 30% delle risorse assicurate dallo Stato, ma Veneto il rapporto è invertito: la Regione si fa carico del 60% del contributo pubblico a nidi e materne, mentre la quota del Fondo nazionale per il sistema integrato sta al 40%». Quanto al Fondo nazionale appena citato, quest’anno al Veneto toccano 18,9 milioni, di cui 3,9 destinati a Padova. Soldi che contribuiranno a migliorare la situazione, ma non a risolvere le carenze che si sono accumulate nel tempo.
«Lo sconto negli anni è stato importante» denuncia Mirco Cecchinato, presidente Fism Padova, «e purtroppo lo paghiamo, da ogni punto di vista. Di fatto la scuola paritaria è una scuola pubblica che non gode di nessun beneficio statale, pur costando allo stato un decimo in termini economici». Anche dallo Stato infatti, denuncia Cecchinato, il sostegno è quasi inesistente. «Molte strutture» continua il «presidente della Fism avrebbero bisogno di interventi dal punto di vista dell’edilizia: non che i bimbi non siano al
sicuro, ma in alcuni casi ci sarebbe bisogno di consolidamenti statici, in altri di interventi di riqualificazione energetica. Non possiamo farlo, perché la scuola paritaria è una organizzazione no-profit e quindi non produce utili. Non può pertanto attivare finanziamenti, né accedere al sistema della detrazione d’imposta per ecobonus o sisma bonus. E qui vorrei lanciare un appello alle istituzioni: non è possibile che un'operazione che allo Stato costerebbe zero non si possa fare». — Silvia Quaranta
a una grande mongolfiera) da portare nella stratosfera, a 35mila metri d’altezza, per campionare l’aria. «Abbiamo deciso di concentrarci su un tema che ci è caro, la tutela dell’ambiente» spiega ancora Tognon «Da qui l’idea di uno strumento per studiare gli inquinanti, in particolare i prodotti di combustione e i cfc (clorofluorocarburi) principali responsabili del buco dell’ozono». Il lavoro di progettazione è durato quasi un anno, e il buon esito, tengono a precisare il team leader e il project manager (Luca Vitali) si deve alla collaborazione di molti: in particolare dei dipartimenti di Ingegneria Aerospaziale, di Ingegneria Industriale e dei profes-
sori Stefania Bruschi e Alessandro Francesconi. A dicembre i ragazzi hanno saputo di essere fra i fortunati vincitori e dalla primavera inizieranno le fasi di test, che si concluderanno con il lancio del pallone da una base Esa in Lapponia. «Una zona» dice Tognon «dove si concentrano pochissimi inquinanti ma molti cfc, e che ci consentirà di creare uno “zero” per i prodotti di combustione». La strada per veder salire il pallone aerostatico è ancora lunga perché l’Esa provvede alle spese di viaggio e alla fornitura per quanto possibile dei materiali. Ma potrebbero non bastare: O-Zone cerca sponsor. Info https://ozone-team.com. — S.Q.
Una mongolfiera in Lapponia simile a quella del progetto degli studenti del Bo. Nella foto sopra 4 dei 16 studenti del progetto: Luca Vitali, Dumitrita Sandu, Federico Toson e Giovambattista Valente
L’Agenzia spaziale europea premia il progetto di un gruppo di ingegneri dell’ateneo
Dal Bo alla Lapponia una mongolfiera per dichiarare guerra all’inquinamento AMBIENTE E TUTELA
U
na mongolfiera per campionare l’aria a 35 mila metri d’altezza, studiando come si concentrano gli inquinanti, come si diffondono, si modificano e poi ricadono. Il progetto, battezzato “O-Zone”, arriva da un gruppo di ingegneri dell’università di Padova ed è stato selezionato tra i vincitori del concorso Rexus-Bexus bandito dall’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Lo strumento potrebbe trovare applicazione in diversi ambiti, come il controllo di fabbriche e di altre emissioni antropiche, l'analisi tempestiva in caso di calamità na-
turali, la previsione e il successivo intervento di sicurezza per i cittadini. «Ogni anno» spiega Federico Tognon, team leader di O-Zone «l’Agenzia spaziale europea promuove svariati concorsi per studenti universitari, potenziali ricercatori di domani. Tra questi ci sono bandi competitivi che coinvolgono i partecipanti in veri e propri voli in assenza di gravità, cadute libere, lancio di nano-satelliti e razzi». Rexus-Bexus è uno di questi: ai giovani era stato chiesto di concentrarsi su razzi e palloni aerostatici. E il team dell’università di Padova – 16 ragazzi di Ingegneria aerospaziale e industriale – ha proposto un pallone aerostatico ( visivamente somiglia
la trattativa va avanti
Medicina a Trento, oggi la partita finale In Comitato e al Senato i nuovi corsi Scuola di Medicina, continua oggi tra Padova e Trento il grande risiko delle università. Nella città del Santo nel pomeriggio si riunirà il Comitato universitario Veneto di coordinamento: dovrà pronunciarsi sui nuovi corsi di Medicina. E sullo stesso tema domani la discussione impegnerà il Senato Accademico al Bo. intanto il progetto di una nuova scuola di Medicina inte-
La sede del Bo, a sinistra
rateneo a Trento va avanti sull’ipotesi di un’alleanza a tre (Padova, Trento e Verona), ma ora va trovata la “quadra” per tradurlo in pratica dopo l’incontro tra tra il rettore del Bo, Rosario Rizzuto, e il collega di UniTrento Paolo Collin. Oggi alle 18 a Trento è convocato il Comitato provinciale di coordinamento universitario che dovrà esprimersi (il parere è obbligatorio e vin-
colante) sul progetto della creazione di una scuola di Medicina: sarà il rettore Collini a scoprire le carte dell’Ateneo trentino di fronte ai rappresentanti della Provincia (presenti il governatore Maurizio Fugatti). Il comitato avrebbe dovuto affrontare la questione la settimana scorsa, ma la discussione specifica sulla scuola di Medicina è slittata a oggi. Altri rinvii non saranno possibili perché mercoledì scade il termine per la presentazione dei progetti formativi in sede ministeriale e questo significa che, se l’ipotesi trentina non verrà approvata oggi, se ne dovrà parlare l’anno prossimo. La prima ipotesi è che il rettore porti al tavolo del co-
mitato un progetto su cui ha già raggiunto la condivisione con i vertici della Provincia: i nodi da sciogliere riguardano gli equilibri (delicatissimi) tra gli atenei di Trento, Verona e Padova, dove a differenti ruoli all’interno del progetto corrisponderebbero anche differenti risorse economiche. La seconda ipotesi è che la proposta del rettore non sia stata condivisa e, in questo caso, si verificherebbe la necessità di mettere ai voti il documento. Il passaggio in comitato sarà fondamentale, ma non definitivo: dopo la presentazione del progetto universitario a Roma sarà ancora possibile, entro 30 giorni, integrare il documento. —
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Attualità
Lunedì 20 Gennaio 2020 www.gazzettino.it
Emergenza smog
L’Accordo di Bacino
Dal 17 gennaio 2020 al 20 gennaio 2020
Due livelli di allerta per 4 regioni
Livello allerta 0 NESSUNA ALLERTA
AMBIENTE
Numero di giorni consecutivi di superamento del valore limite di 50 µg/m3 inferiore a 4
VENEZIA A Roma vietano le Euro 6, a Milano mettono al bando le sigarette. Ma una delle principali cause dell’inquinamento, più dei tubi di scappamento e delle “cicche”, è il riscaldamento domestico. «Come sindaci - dice Mario Conte (Lega), primo cittadino di Treviso e presidente di Anci Veneto - dovremmo mandare i nostri agenti di polizia locale a suonare i campanelli e controllare le temperature interne delle abitazioni, ma è un’attività impensabile. Non abbiamo uomini, non abbiamo mezzi, non abbiamo risorse per verificare che tutti rispettino il limite dei 19 gradi interni. Ma soprattutto se poi troviamo una caldaia inquinante e la famiglia non ha soldi per sostituirla, cosa facciamo? Il Governo deve venirci incontro, deve darci soldi se non altro per questioni geografiche vista la particolarità del Bacino padano, un vero e proprio “catino”. Annuncio che chiederò formalmente a Roma uno stanziamento di risorse economiche per far fronte all’inquinamento atmosferico e attuare interventi strutturali: la sostituzione delle caldaie, realizzare aree boschive, parcheggi scambiatori». I divieti? A Treviso, come nel resto del Veneto, le ordinanze antismog sono arrivate all’Euro 4. E vietare di fumare all’aperto, come ha annunciato il sindaco di Milano Beppe Sala? Conte scuote la testa: «Non scavalchiamo il confine del paradosso».
Livello allerta 1
LA POLEMICA Che ci sia emergenza lo dimostrano anche le carte bollate. Come già nel 2019, anche quest’anno il consigliere regionale Andrea Zanon (Pd) ha denunciato la Regione alla Commissione Europea per violazione della Direttiva sulla qualità dell’aria e la relativa emergenza sanitaria: «Treviso più inquinata di Pechino, il Veneto è una camera a gas e in tutti i capoluoghi, tranne Belluno, gli sforamenti dei livelli di Pm 10 sono praticamente quotidiani. La giunta Zaia però non fa niente». «Ennesima iniziativa inutilmente polemica e faziosa», ha replicato l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin (Lega), ricordando di aver stanziato nell’ultimo triennio quasi un miliardo di euro in interventi di varia natura per abbassare il livello di inquinamento atmosferico: 92,5 milioni per l’efficientamento energetico, 702 milioni per i mezzi di trasporto, 60 milioni per l’intermodalità, 106 milioni per le infrastrutture, 5 milioni per il settore agricolo. Ma, evidentemente, non è bastato.
I DATI La pioggia delle ultime ore ha un po’ migliorato la situazione,
PRIMO LIVELLO Attivato dopo 4 giorni consecutivi di superamento nella stazione di riferimento del valore limite di 50 µg/m3 sulla base della verifica effettuata il lunedì e giovedi (giorni di controllo) sui quattro giorni antecedenti. I livelli di allerta restano in vigore fino al giorno di controllo successivo compreso
Livello allerta 2
Treviso
SECONDO LIVELLO Attivato dopo 10 giorni consecutivi di superamento nella stazione di riferimento del valore limite di 50 µg/m3 sulla base della verifica effettuata il lunedì e giovedì (giorni di controllo) sui dieci giorni antecedenti. I livelli di allerta restano in vigore fino al giorno di controllo successivo compreso
Vicenza Verona
CONDIZIONI DI RIENTRO AL LIVELLO VERDE Il rientro da un livello di criticità rosso o arancio al verde avviene se, nelle giornate di controllo, si realizza una delle due condizioni di seguito: La concentrazione nel giorno precedente a quello di controllo è inferiore ai 50 µg/m3 e sono previste per i giorni successivi condizioni meteorologiche favorevoli alla dispersione degli inquinanti; Nei quattro giorni precedenti a quello di controllo si osservano due giorni consecutivi al di sotto dei 50 µg/m3.
Padova
Venezia
Rovigo
Smog, sos dei sindaci veneti «Il governo ci dia i soldi» Conte (Anci): «I controlli sulle caldaie? `«Viviamo nel “catino” padano, servono Poi bisogna aiutare la gente a cambiarle» interventi strutturali». Pronta la richiesta `
PRESIDENTE Mario Conte guida l’Anci del Veneto
FONDI PER SOSTITUIRE GLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO PER I PARCHEGGI SCAMBIATORI E NUOVE AREE BOSCHIVE
ma rimane l’allerta. A Roma, dopo giorni trascorsi con la maggior parte delle centraline “fuori legge”, gli ultimi dati hanno indicato un netto miglioramento, con “solo” due stazioni su tredici fuori soglia quanto a Pm10, mentre giovedì e venerdì erano undici su tredici. E se in Piemonte la Regione si dice pronta a «prendere in mano la situazione» a fronte della «debolezza» della città di Torino, in Veneto Arpav ha confermato fino a oggi il livello di criticità “rosso” a Treviso, Vicenza e San Bonifacio. Il punto è che le limitazioni al traffico, le Ztl, le giornate ecologiche non bastano. Servono senz’altro per sensibilizzare l’opinione pubblica, ma la prima causa dell’inquinamento resta il riscaldamento domestico. «Uno dei passaggi chiave della transizione ecologica - ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro (M5s) - è la riqualificazione energetica delle nostre abitazioni». Il progetto che porta la sua firma prevede 2,5 miliardi per gli investimenti per lo sviluppo sostenibile di tutti Comuni, da erogare con cinquecen-
to milioni l’anno fino al 2014.
Il blocco I diesel tornano a circolare
LE RILEVAZIONI Nonostante il sabato di pioggia restano in vigore le limitazioni del traffico nei principali centri del Veneto.
PADOVA Oggi verrà confermato a Padova lo stop per gli Euro 4 diesel. Non solo. Dal momento che le previsioni meteo segnalano bel tempo, il rischio è che giovedì scatti il semaforo rosso, ovvero il blocco anche per i mezzi commerciali. La centralina dell’Arpav della Mandria anche l’altro giorno non è andata sotto i 63 microgrammi di polveri sottili
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stelle, in presenza di impianto di riscaldamento alternativo.
TREVISO
Ecodomenica, e Roma respira Arriva la domenica ecologica e, dopo giorni con le centraline “fuori legge”, Roma tira un sospiro di sollievo: gli ultimi dati sullo smog indicano un netto miglioramento. Grazie alla pioggia e al cambio generale delle condizioni atmosferiche i livelli di polveri sottili sono calati. Il Comune aveva comunque già eliminato il divieto di circolazione dei diesel.
CARTELLI Le indicazioni agli automobilisti
L’APPELLO Ma intanto? Posto che l’inquinamento da polveri sottili dipende per il 60% dagli impianti di riscaldamento e solo per il 15-18% dal traffico veicolare, i Comuni dovrebbero controllare le temperature interne alle abitazioni. Che, giova ripeterlo, non dovrebbero superare i 19 gradi. Lo faranno? «Volentieri, avendo le forze», dice Mario Conte, presidente dell’Anci, l’Associazione dei Comuni del Veneto. Da sindaco di Treviso, Conte dice di aver stanziato 200mila euro in un anno per sostituire le caldaie più inquinanti, ma il punto è che servono più fondi. «Ammesso di poterli togliere dalle strade, se mando i vigili a fare i controlli nelle case e trovano caldaie vecchie, come si fa a dire alla gente di cambiarle se non ha i soldi per comprarne una nuova?». Conte è convinto: «Servono fondi per interventi strutturali, realizzare anche aree boschive, parcheggi scambiatori. Dal Governo attendo i fondi». Alda Vanzan
Padova teme il semaforo rosso e lo stop ai mezzi commerciali per metro cubo d’aria, a fronte di un limite massimo di 50. Da domani e giovedì compreso, intanto, gli automobilisti dovranno fare i conti con “l’arancio”: dalle 8.30 alle 18.30 non potranno circolare, all’interno del territorio comunale, gli autoveicoli alimentati a benzina Euro 0 e Euro 1, i mezzi alimentati a diesel Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3 e le autovetture private alimentate a diesel Euro 4 nonché i motoveicoli e ciclomotori a 2 tempi immatricolati prima del primo gennaio 2000 o non omologati. Prevista la limitazione della temperatura degli ambienti che non deve superare i 19 gradi nelle abitazioni, negli uffici e negli
L’Accordo di Bacino Padano è stato sottoscritto a Bologna nel 2017 dall’allora ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e dalle Regioni Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. Questo Accordo prevede l’applicazione di modalità, comuni a tutto il Bacino, per l’individuazione di situazioni di perdurante accumulo del Pm10. Sono previsti due livelli di allerta. Il livello di allerta 1 (arancione) si attua con 4 giorni consecutivi di superamento del valore limite giornaliero del Pm10 (50 µg/m3 da non superare per più di 35 giorni l’anno). In tal caso viene interdetta dalle 8.30 alle 18.30 la circolazione alle vetture alimentate a benzina Euro 0 e Euro 1, i veicoli a gasolio fino a Euro 4, i veicoli commerciali a gasolio fino a Euro 3 oltre ai ciclomotori e motoveicoli Euro 0. Il livello di allerta 2 (rosso) si attua con 10 giorni consecutivi di superamento del limite di Pm10. In questo caso viene interdetta la circolazione anche veicoli commerciali diesel Euro 4 ma dalle 8.30 alle 12.30.
esercizi commerciali e i 17 gradi negli edifici adibiti ad attività industriali ed artigianali. Le disposizioni del Comune prevedono, poi, il divieto di utilizzo di generatori di calore domestici (caldaie, stufe, caminetti) alimentati a biomassa legnosa (legna, cippato, pellet) di classe 1 stella e 2
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A MESTRE LA PIOGGIA DI SABATO HA MIGLIORATO LA QUALITÀ DELL’ARIA SI ATTENDONO I NUOVI BOLLETTINI
A Treviso per la prima volta dall’inizio dell’anno l’aria è tornata respirabile: il livello di pm10 è infatti sceso sotto il limite dei 50 microgrammi per metro cubo. In attesa del nuovo bollettino Arpav, l’allerta per ora rimane al livello 2, ovvero rosso.
VENEZIA Dopo una settimana consecutiva di superamenti, al parco Bissuola la concentrazione media è andata sotto la soglia dei 50 microgrammi per metro cubo. Anche a Mestre si attende il bollettino Arpav per sapere se potrà essere revocato il divieto di circolazione per i veicoli privati a diesel euro 4 che oggi rimane in vigore. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LUNEDÌ 20 GENNAIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
REGIONE
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La politica e i nodi delle infrastrutture L’ex sottosegretario Bressa commenta l’accordo firmato tra la Regione e il premier Conte «La Cav holding delle autostrade non sta in piedi, Autobrennero è un modello unico»
«Strade all’Anas, il dietrofront di Zaia mette fine ai sogni dell’autonomia» L’INTERVISTA
Albino Salmaso
«L’
Anas si è demummificata, ora può gestire le strade del Veneto». Con questo incipit il presidente Luca Zaia aveva dato il benvenuto a Vittorio Armani, all’epoca plenipotenziario di Anas, in missione a Palazzo Balbi per posare la prima pietra dell’accordo firmato il 7 gennaio dal premier Conte che riconsegna all’Anas 725 chilometri di statali del Veneto. Dopo aver letto le due pagine del nostro giornale, con l’analisi del direttore Paolo Possamai che
«Si tratta di una scelta assai bizzarra che dimostra il fallimento della programmazione» documenta la ritirata dell’autonomia in materia di viabilità, Luca Zaia sceglie il “no comment” e si limita a dire: «Le opinioni dei direttori si leggono e si rispettano, anche quando non si è d’accordo. Vuole che le citi Voltaire?». Stop. Ma cosa ne pensa il senatore Gianclaudio Bressa, ex sottosegretario alle Regioni che il 28 febbraio 2018 ha firmato l’unica intesa sull’autonomia con Zaia, Maroni e Bonaccini? «Stento a credere alla notizia: il Veneto e la Lombardia nella loro bozza chiedono non solo la proprietà delle strade, ma anche quella delle ferrovie. E non si può» Senatore Bressa, lei è stato sindaco di Belluno e quindi sa quale ruolo svolge Veneto Strade. La Regione ha appena restituito 725 chilo-
dono la proprietà delle reti stradali, delle ferrovie, degli aeroporti. Le infrastrutture sono lo scheletro portante del sistema economico e sociale, senza viabilità c’è la paralisi. Certo, le ferrovie non potranno mai essere cedute alle regioni perché entrano in un contesto europeo di collegamenti, mentre le strade possono essere gestite direttamente dagli enti locali, secondo uno schema collaudato. Il patto con Anas mi pare un’assoluta bizzarria». Secondo lei perché Zaia ha alzato bandiera bianca? «Zaia è realista e si è arreso di fronte all’impossibilità di realizzare un piano pluriennale di investimenti credibile. Certo, questa è una vera ammissione di impotenza politica. Una resa assoluta». Lei è un senatore di Bolzano e sa cosa significa nel concreto gestire le strade con i soldi in cassa: secondo
metri di statali a Roma, in cambio di un piano di investimenti decennale sull’ordine di qualche centinaio di milioni: che ne pensa di tale scelta? «Mi pare una decisione quanto meno bizzarra che non mi spiego. Premetto che non conosco i dettagli finanziari, ma una delle condizioni fondamentali per realizzare l’autonomia è il controllo diretto di alcuni asset strategici e la mobilità rimane la questione chiave. Che una regione importante come il Veneto dipenda completamente dalle scelte dell’Anas è quanto meno singolare, soprattutto se dal 2001 ha creato invece una propria società controllata dalle Province per la manutenzione della viabilità: l’idea era giusta e non va assolutamente fermata, anzi si tratta
di rilanciarla con risorse adeguate». I suoi dubbi quali sono? «Mi pare che Zaia ammetta l’incapacità di avviare un proprio piano d’investimenti per la gestione diretta della rete stradale. Non so come verrà
digerita dai leghisti, che fino a qualche anno fa urlavano paroni a casa nostra per fare poi un rapido dietrofront con Salvini sovranista alla conquista del Sud. Forse anche Zaia si è dovuto arrendere ai nuovi equilibri, ma qui siamo passati da “paroni” a pagare l’affitto a casa d’altri. Non è una grande dimostrazione di responsabilità autonomistica, anzi è un netto dietrofront». Lei come sottosegretario nel governo Gentiloni ha avviato la trattativa sull’autonomia con Zaia: in tema di viabilità cosa chiedeva? «Lasciamo perdere la questione dei 9 decimi di tasse da trattenere sul modello di Trento e Bolzano che non sta in piedi sotto il profilo costituzionale ed è stata subito accantonata. Ma nelle loro leggi Veneto e Lombardia chie-
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ANTONIO GUADAGNINI *
Pedemontana troppo cara, va completato il Sfmr
C
Simonetta Rubinato
lei Anas potrà avere un occhio di riguardo per il Veneto? «Me lo auguro nell’interesse esclusivo degli automobilisti del Veneto, una terra fondamentale nei collegamenti del corrodoio 5 Lisbona Kiev e dall’asse Roma-MonacoRotterdam. Anas gestisce migliaia di chilometri in tutt’Italia con una prospettiva molto larga che spesso non è puntuale per evidenti intoppi burocratici. Anas va dal Brennero a Trapani e quindi il Veneto non potrà certamente avere le priorità». Zaia chiede di gestire le autostrade con Cav e vole replicare il modello Autobrennero: lei che dice? «Autobrennero è una società a capitale interamente pubblico, i cui azionisti sono le Province, le Camere di commercio e i comuni del territorio attraversato. Un modello unico in Italia che non si può replicare perché Bolzano e Trento godono di un’autonomia del tutto particolare. La cessione di sovranità di Zaia ad Anas è una sconfitta del federalismo». —
L’INTERVENTO
aro direttore, ho letto con grande interesse il suo pezzo di ieri sulla questione ‘infrastrutture e autonomia’ in Veneto. E mi sono sentito chiamato in causa, in quanto io non solo tra gli ‘esultanti’ per la cessione dei 700 km di strade all’Anas. Credo che lei colga perfettamente il punto: è piuttosto curioso interpretare come vittoria questa ritirata della Regione Veneto in tema di gestione delle infrastrutture venete. Non si può esultare,
«Bisogna copiare il sistema di Bolzano»
TREVISO. Simonetta Rubinato, leader di Autonomia Dem, interviene sulla vicenda Anas. «Il nostro modello di autonomia sono Trento e Bolzano:siccome sono più efficienti di Roma, hanno ottenuto sin dagli anni ’70 la competenza primaria sulla rete stradale con il trasferimento dall’Anas sia della proprietà, sia delle risorse necessarie agli interventi di ammodernamento, manutenzione e messa in sicurezza delle strade. La soluzione alla crisi di Veneto Strade sta scritta all’art. 27 della proposta di legge sull’autonomia approvata in novembre dal consiglio regionale del Veneto: chiedere allo Stato che siano trasferite al demanio regionale le strade nazionali che insistono nel territorio veneto e alla Regione le funzioni di programmazione e di gestione oggi di Anas, con le relative risorse. Il Consiglio Regionale del Veneto ha dato mandato al Presidente Zaia di perseguire l’acquisizione di ulteriori 700 km di strade statali, con l’obiettivo di realizzare un miglioramento della viabilità. Credo sarebbe difficile spiegare ai Veneti, dopo il voto del referendun del 2017, che la giunta regionale procede nella direzione opposta riportando competenze in seno all’Anas coinvolta in un complesso e delicato processo di fusione con Rfi» conclude Rubinato. —
«Si passa da paroni a casa nostra a dover pagare l’affitto in casa degli altri»
Gianclaudio Bressa e Luca Zaia a Roma con la firma della preintesa sulla autonomia differenziata Ora si attende la legge quadro del ministro Boccia che dovrà approdare al consiglio dei ministri
rubinato
qualcuno potrebbe pensare, che siamo contenti di esserci liberati di questa ‘rogna’. Ma l’esercizio dell’autonomia richiede impegno: noi dovremmo puntare a finanziare questi servizi con entrate proprie non con trasferimenti statali. L’autonomia deve essere prima di tutto finanziaria, poi gestionale. Ancora più grave se la ritirata è dovuta alla mancanza di risorse, che un tempo Veneto Strade aveva e che oggi non ha più. E cosa dovrebbe fare
Anas, una volta acquisite le strade, abbandonarle a se stesse?... In effetti, ci dobbiamo preoccupare anche di tale evenienza, visto come la stessa Anas ha onorato gli impegni precedenti (vedi comunicato Anas del 7 luglio 2009 che il suo giornale ha opportunamente pubblicato). Il rischio, che non si passi dalle promesse ai fatti è concreto: becchi e bastonati, si dice dalle nostre parti... Sono d’accordo anche sulla questione Sfmr. Di quell’ope-
ra noi abbiamo assoluto bisogno, ma non dovremmo usare l’addizionale Irpef per realizzarla. Di tasse ne paghiamo anche troppe per i project financing di ospedali e infrastrutture. Basti solo pensare alla Pedemontana Veneta. Opera assolutamente indispensabile, ma che poteva essere finanziata con un mutuo (che la Regione poteva fare, vista la sua capacità di indebitamento). Si doveva fare di tutto pur di evitare quel tunnel finanziario nel quale la Regione si è imbu-
cata con i contratti firmati nel 2009 e nel 2013 e che hanno avuto come conseguenza quello del 2017. La Sfmr ha un costo di 6 miliardi di euro, il project della Pedemontana prevede un utile netto per il concessionario di 5 miliardi e di altri 2, 5 miliardi di imposte da versare allo stato. Costi che non ci sarebbero stati se avessimo usato un mutuo con un contratto più equo. Cioè, con i soldi che ci costa la Pedemontana avremmo potuto fare sia la Pedemontana che la Sfmr.
Sull’altra questione della costituzione del polo veneto delle autostrade, concordo con lei, su chi sarebbe alla fine il padrone. Ma siamo sul terreno delle buone intenzioni, viste le difficoltà che comporta:1) la trasformazione di Cav. 2) l’ottenimento della concessione della Brescia-Padova. 3) il costo della concessione della Pedemontana. E poi c’è il rischio concreto che i pedaggi della Pedemontana non coprano i costi del canone. La conseguenza sarebbe dover usare gli utili di Cav per coprire le perdite della Pedemontana. — * Consigliere regionale Partito dei Veneti
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LUNEDÌ 20 GENNAIO 2020 LA NUOVA
HANNO DETTO
Giorgio Righetti
Monica Sambo
Paolo Cuman
Ci sono persone che lottano contro il moto ondoso dalla nascita della Vogalonga nel 1975, come Giorgio Righetti, presidente della vela al terzo.
È incredibile che non ci sia nessuno degli amministratori comunali. Qui non si parla di destra o sinistra, ma di un problema oggettivo di Venezia.
Questa protesta è stata un grande risultato, dalla terraferma eravamo davvero tanti. È la riprova che siamo tutti uniti per difendere e salvare la laguna.
L’alzaremi in Bacino di San Marco
I vogatori schierati in gran numero: centinaia di veneziani, ma anche dalla terraferma, ieri in Bacino
“Ocio l’onda che ne afonda”
Ancora in dialetto, un altro dei cartelli in bella evidenza, contro le onde che devastano Venezia e la laguna
Lo sfondo del campanile e della Piazza
In una giornata fredda ma bella, con le Dolomiti ben visibili, i veneziani hanno provato a riprendersi la città
pellicani (pd)
«Trovare un equilibrio con delle regole chiare» Nicola Pellicani, deputato del Pd, è intervenuto sulla questione del moto ondoso. E, prima della protesta, ha incontrato alcuni rappresentanti delle remiere. «Nella sede delle Remiere di Sant’Alvise - spiega il parlamentare dem - ospitati dal presidente Giorgio Nardo, ho incontrato i portavoce (Lucio Conz, Francesco Casellati, Marco Ghinami, Daniela Costantini) delle 38 associazioni che hanno promosso la protesta contro il moto ondoso e il traffico acqueo che si è poi svolto in Bacino San Marco. Un’occasione per ascoltare le sacrosante ragioni di chi vive la laguna a remi e chiede regole chiare, controlli e rispetto della città, nella consapevolezza che va trovato un equilibrio che rispetti un ambiente fragile come quello lagunare e al tempo stesso garantisca la
“Stop moto ondoso”: lo slogan della giornata, per sensibilizzare il problema. Ma il Comune era assente
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vita della città. È il medesimo obiettivo dell’indagine conoscitiva e della PDL per una nuova Legge speciale di cui sono il promotore alla Camera. È stato un incontro utile, al quale mi auguro ne seguiranno altri, visto che oggi tutti abbiamo dimostrato di avere a cuore anzitutto il destino di Venezia». L’indagine conoscitiva votata nei giorni dalla commissione ambiente della Camera ha deciso di svolgere nelle prossime settimane una serie di audizioni di tutti i soggetti pubblici e privati interessati al tema di Venezia. La Commissione ha fissato un tempo di tre mesi per svolgere queste audizioni. La conferenza dei capigruppo ha deciso di inserire la proposta di legge veneziana nel calendario delle priorità riservandole una corsia preferenziale. —
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Primo Piano Così in Parlamento SENATO 5 Leu
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Lunedì 20 Gennaio 2020 www.gazzettino.it
Matteo spiazza i suoi e gli alleati FdI e FI: noi non cambiamo linea La mossa di ieri non concordata con `Vertice dei rosso-gialli prima della conta nessuno. Ma Salvini: basta giochetti Dubbi grillini sulla strategia pd di disertare `
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ROMA «Non hanno il coraggio di votarmi contro e allora lo faccio io. Basta con questi giochetti, rinuncio all’immunità e vado a processo». Il cambio di linea Salvini lo ha maturato ieri mattina, invitando i suoi a votare sì alla richiesta di autorizzazione a procedere e spiegando di voler «strappare la maschera a quelli della maggioranza che continuano a scappare», a sottrarsi alla battaglia. Ecco la nuova sfida del segretario della Lega. E si tratta di una riedizione dello scontro andato in scena in estate con Conte, quando l’ex ministro dell’Interno chiese al premier di dimettersi, per fare lui poi un passo indietro. Con l’ok all’autorizzazione al processo per aver bloccato nel luglio 2019 oltre 130 migranti sulla Gregoretti il Capitano infatti chiama in causa pure il presidente del Consiglio e l’allora vicepremier Di Maio. «E li avrei sequestrati da soli? Ci sono precise responsabilità politiche ed amministrative. Tutti sapevano», continua a dire Salvini. Coinvolgendo così l’intero governo, il capitano della nave della Guardia Costiera, perfino i vertici della Difesa. «Ora – questo il refrain – comincia un’altra frase. E Conte e Di Maio dovranno metterci la faccia, dimostrino le loro accuse». La convinzione è che mettendo sul banco degli imputati un ministro dell’Interno si apre «un precedente pericoloso», ogni componente dell’esecutivo dovrà rispondere per il proprio operato, «è un suicidio per lo Stato, un’assurdità enorme».
L’ACCUSA DELL’EX MINISTRO A CONTE E DI MAIO: SAPEVANO TUTTO NON HO CERTO AGITO DA SOLO
La giunta per le autorizzazioni di palazzo Madama (foto ANSA)
PROPAGANDA Conte e Di Maio ritengono che Salvini faccia solo propaganda, che abbia messo su un po’ di cinema solo per cercare di conquistare qualche voto in più. In ogni caso l’invito rivolto da Salvini ai suoi è comunque una operazione politica e mediatica. I numeri in Aula per salvarlo non ci sarebbero stati e allora tanto meglio evitare «tentennamenti vergognosi» e potersi servire di un’arma nell’ultima settimana di campagna elettorale in Emilia. E’ una mossa che ha spiazzato gli stessi leghisti, anche rischiosa. Nessuno era a conoscenza delle intenzioni del segretario, diversi sono rimasti sorpresi, qualcuno perfino un po’ irritato. «Su queste cose non bisognerebbe scherzare, si rischia di mandare un messaggio sbagliato», dice chiaro e tondo un ‘big’ del partito di via Bellerio. I cinque senatori del Carroccio presenti in Giunta seguiranno compatti l’ordine del Capitano, ma gli esponenti di Fdi e di FI (in tutto cinque) non modificheranno la propria posizione. «Noi siamo garantisti e continueremo ad esserlo», è il coro unanime di azzurri e di FdI. Ma l’esito della partita che si gioche-
M5S, tre senatori verso l’espulsione così maggioranza appesa a un voto IL CASO ROMA Tra domani e mercoledì il Movimento 5Stelle dovrebbe decidere una nuova ondata di espulsioni. Questa volta nel mirino sono i “morosi”, ovvero deputati e senatori che da tempo non versano le quote delle loro indennità parlamentari come si erano impegnati a fare. I segnalati ai probiviri sono in tutto 33 ma fra di loro otto, di cui tre senatori, non versano le quote da molti mesi e rischiano davvero. L’esito del procedimento non riguarda solo il M5S ma l’intera maggioranza che al Senato marcia (almeno ufficialmente) su numeri risicati. I quattro partiti di maggioranza oggi contano solo su 165 voti (99 M5S; 36 Pd; 17 Italia Viva e 4 Leu) con una maggioranza fissata a quota 161. Tre espulsioni dai 5Stelle ridurrebbero a 162 i senatori dei gruppi di maggioranza. Va detto però che il governo non sembra essere a rischio perché fra i 18 membri del Gruppo
rà oggi alle 17 appare scontato. Anche se si registrasse un pareggio la relazione di Gasparri, a norma di regolamento, verrebbe bocciata. Il presidente dell’organismo non aggiungerà altro, ribadirà il suo punto di vista, garantirà tempi – l’obiettivo è arrivare a un voto anche se la riunione dovesse prolungarsi fino a tarda sera – e procedure. «Gli altri faranno quel che riterranno di fare», spiega il senatore forzista.
Misto e fra gli 8 delle Autonomie molti senatori sembrano intenzionati a mantenere stabilmente la fiducia nel Conte 2. Intanto nel M5S si continua a discutere.Nessun passo indietro del capo politico e nessuna riorganizzazione diversa da quella già avviata con i nuovi facilitatori «che servirà a dare nuova forma e forza al Movimento 5 Stelle, in vista degli Stati Generali di marzo». I 5 Stelle tornano a smentire le indiscrezioni sulle prossime mosse di Luigi Di Maio e la sua rinuncia al ruolo di tesoriere del Movimento. Il capo politico, ricordano agli smemorati, «ha sempre parlato di maggiore collegialità». E mentre a Berlino
TRA DOMANI E MERCOLEDÌ LA SENTENZA DEI PROBIVIRI SUI 33 SEGNALATI: OTTO QUELLI A RISCHIO
Denuncia democrat
«I Tg Rai violano la par condicio» «I dati diffusi da Agcom sulla presenza in televisione delle personalità politiche disegnano ancora una volta una presenza molto rilevante di Matteo Salvini ed un quadro di fortissima diseguaglianza. E’ una situazione che va prontamente riequilibrata se la Rai vuole svolgere pienamente i suoi compiti di servizio pubblico. Speriamo veramente che i vertici Rai diano alla questione l’attenzione che serve». Così il Sottosegretario al Mise Gian Paolo Manzella. «Nonostante i continui richiami
dell’Agcom», gli fa eco con una nota il vicecapogruppo Pd alla Camera dei Deputati Michele Bordo, «i telegiornali di tutte le reti generaliste, e con maggiore gravità quelli della Rai, continuano a violare anche in queste ore, sistematicamente, il pluralismo in campagna elettorale ed in regime di par condicio. Una situazione allarmante e mortificante per la qualità dell’informazione televisiva del nostro Paese, che contribuisce ancora a formare una grande fetta della pubblica opinione».
I SUPER MOROSI
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ALLA CAMERA IN OGNI CASO
IL PARERE DELLA GIUNTA NON È VINCOLANTE: I VERI GIOCHI SI FARANNO IN AULA
Nadia Aprile, eletta in Puglia
Dalila Nesci, eletta in Calabria
sembra tornato saldo il rapporto con il premier (Conte e Di Maio sono stati visti in due occasioni conversare amabilmente e non di Libia), proprio in tema di collegialità gli iscritti M5S sono chiamati oggi a fare un nuovo passo in avanti con la scelta, in rete, dei nuovi «facilitatori» regionali.
Flora Frate, eletta in Campania
AL SENATO
ORIENTAMENTI REGIONALI E anche con quella dei candidati alle regionali alla presidenza di Liguria, Puglia Toscana. Sono voti che si intrecciano alla strategia di Di Maio per arrivare agli Stati generali. La scelta in rete dei candidati da parte della base M5S potrebbe servire a Di Maio ad evitare nuove contrattazioni con il Pd. È già accaduto per le Marche e per la scelta del candidato per le suppletive per il seggio uninominale del Senato da rivotare a Napoli. Il M5S ha avviato la votazione su Rousseau nonostante la pressione per la scelta di un candidato comune con il Pd e il partito di de Magistris Dema. I cinque stelle
Ora l’unico interrogativo è legato al comportamento della maggioranza. Alle 15,30 ci sarà un vertice dei capigruppo, poi si vedranno i componenti della giunta. Il Pd proporrà di non partecipare ai lavori, le altre forze politiche che sostengono Conte non hanno avuto nulla da eccepire finora anche se M5S non ha ancora sciolto la riserva. Tra i pentastellati infatti c’è chi vorrebbe essere presente (fonti parlamentari fanno per esempio il nome di Giarrusso) e pure i renziani preferiscono valutare il da farsi. Dovrebbe comunque prevalere la linea di lasciare il centrodestra in totale solitudine, con la convinzione che Salvini ha compiuto un nuovo harakiri. Tanto il parere della Giunta non è vincolante, la vera guerra si terrà in Aula a febbraio. «Ma intanto io tolgo qualsiasi alibi, giochino a carte scoperte senza furbizie e ipocrisie», il ragionamento di Salvini. E’ chiaro che con la contromossa di ieri i fari sono tornati ad essere puntati sull’ex ministro. Ai piani alti del Senato c’è il convincimento che con il passo avanti del Capitano cambieranno le carte sul tavolo. La maggioranza in ogni caso non ha dimenticato quello che viene ancora ritenuto un vulnus istituzionale, ovvero la decisione della Casellati di permettere oggi il voto in Giunta. Tuttavia Pd, Iv, M5s e gruppo misto, pur condannando l’operato della seconda carica dello Stato, sposteranno il tiro dal presidente del Senato a Salvini. Dunque niente denuncia, anche se non si esclude un documento politico di censura nei prossimi giorni. Emilio Pucci
Michele Mario Giarrusso, eletto in Sicilia
Lello Ciampolillo, eletto in Puglia
hanno optato per Luigi Napolitano, compagno di università di Luigi Di Maio, mentre Pd e Dema candideranno Sandro Ruotolo. Nome sostenuto, tra l’altro, dall’assessore Francesca Menna, ex 5 Stelle, che ha allestito a Secondigliano un gazebo con un gruppo di ex militanti pentastel-
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Cristiano Anastasi, eletto in Sicilia
lati. Il dibattito interno al M5S in Campania è vivo, soprattutto tra i fichiani, sia per i rischi di possibile perdita del seggio Cinque Stelle che apparteneva al defunto Ortolani, sia in vista delle prossime regionali campane. Stesso discorso per la Liguria do-
ve ieri il coordinatore, il deputato Marco Rizzone, ha fatto incontrare i candidati alla presidenza con gli attivisti in vista del voto. In Liguria però la possibilità di una alleanza con i dem resta aperta, con l’ipotesi di individuare un nome indipendente, della società civile, su cui far convergere M5s e Pd. Per il Veneto il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà durante una riunione di attivisti in provincia di Padova ha esposto la sua tesi: «Per battere Zaia dobbiamo replicare lo schema di governo nazionale». Traghettare il M5s «verso l’area riformista» è anche l’obiettivo del ministro Stefano Patuanelli; di contro un altro esponente di peso pentastellato come Stefano Buffagni è convinto sostenitore della necessità per il M5s di «riprendersi i voti della Lega». Con un movimento così spaccato è quindi possibile che gli Stati generali M5s si trasformino in una battaglia tra mozioni. Dove Di Maio incarnerà la linea politica, da sempre sostenuta, di un M5s «ago della bilancia» tra destra e sinistra. S.Can. D.Pir. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Chioggia Riviera
Lunedì 20 Gennaio 2020 www.gazzettino.it
Ex zuccherificio ancora a fuoco Stavolta c’è il dolo `Secondo episodio
da Capodanno: tutto sotto sequestro CAVARZERE
ISOLA DELL’UNIONE Una bella veduta dall’alto
«Il park? Meglio sotterraneo» La consigliera Segantin (Chioggia viva) `«La struttura sopraelevata è un pugno demolisce il progetto all’Isola dell’Unione nell’occhio e non risolve il problema» `
CHIOGGIA L’eventuale perdita del finanziamento di un milione e mezzo non giustificherebbe affatto la realizzazione di un piccolo parcheggio (presentato come scambiatore) all’Isola dell’Unione, sopraelevato di circa cinque metri, rispetto al suolo. «La presenza ingombrante di una struttura del genere – dice la capogruppo della lista Chioggia viva, Marcellina Segantin - mal si concilierebbe con il paesaggio lagunare. Inoltre, l’ottantina di posti auto in più, previsti in sede di progetto, risolverebbe poco o nulla, a fronte dei problemi della città. Per poter pedonalizzare i rioni insulari – dichiara convinta – occorrerebbero, infatti, almeno 700 piazzole. Visto che, pertanto, si tratterebbe di un semplice parcheggio tutt’altro che in grado di fungere da punto di riferimento per una gran numero di mezzi pubblici e privati – aggiunge – sarebbe assai meglio pensare a un garage sotterraneo. Che senso avrebbe, dunque – si domanda – consentire l’edificazione di quello “scatolone di cemento” malamente incastrato tra il campo da calcio e la riva ovest del Lusenzo a fronte di un van-
taggio palesemente irrisorio?. Un’opera del genere sarebbe risultata a malapena accettabile una quarantina d’anni fa, quando ben pochi si preoccupavano dell’ambiente. Oggi - conclude avrebbe l’effetto di “un pugno nell’occhio”».
OPPOSIZIONE IGNORATA
Premesso che i consiglieri d’opposizione, sin dal giorno dell’insediamento, reclamavano la revisione dei progetti giacenti, compreso quello dello “scambiatore”, Segantin si proclama indignata anche per il fatto che i gruppi di minoranza sarebbero stati tenuti all’oscuro di tutto sino all’ultimo. «È un dato di fatto – commenta, irritata – che dell’imminente inizio dei lavori previsto, ne abbiamo preso atto dai giornali. Alla faccia della trasparenza. Date le premesse, a questo punto, riteniamo quantomai sgradevole che il Movimento cinque stelle si pavoneggi ora proclamandosi “capace di portare avanti quello che gli altri non hanno mai saputo o voluto fare”.» In sostanza, secondo la consigliera fucsia vicina al sindaco metropolitano Luigi Brugnaro, benché aggiornato nel rispetto delle indicazioni fornite dalla Salvaguardia e dalla Soprinten-
denza, il progetto del parcheggio sopraelevato (abbozzato nel 2008) dovrebbe essere letteralmente azzerato ed eventualmente sostituito, ammesso che la posta valga la candela. «Piuttosto – afferma - sarebbe il caso di pensare a una struttura sotterranea, altrettanto capiente. I posti auto previsti al pianterreno e sulla terrazza costeranno ciascuno la bellezza di 18.200 euro».
È altrettanto vero però che, ricavati nel sottosuolo, finirebbero per costare ben oltre il doppio. L’incremento di spesa tuttavia, secondo Segantin, si giustificherebbe perché la creazione di un piano interrato finirebbe per pregiudicare giocoforza la disponibilità dell’area, vicinissima ai centri di Chioggia e Sottomarina, spesso utilizzata per concerti ed eventi. Roberto Perini
Ancora fuoco all’ex zuccherificio. E stavolta sicuramente doloso. Dopo l’episodio di Capodanno, che aveva riguardato un capannone abbandonato ai margini dell’area degradata di via Cavour, l’altra notte il fatto si è ripetuto con modalità quasi identiche su un altro stabile, poco lontano. Il fuoco è stato appiccato nel bel mezzo della notte (l’orario dell’allarme è attorno alle 4.40) e ancora una volta sarebbe stato un passante a vedere il fumo che usciva dalle finestre dell’ultimo piano del palazzo avvertendo i vigili del fuoco. Tuttavia, vuoi per la rapidità dell’allarme, vuoi per la scarsa disponibilità di materiale facilmente combustibile, il rogo è stato spento con facilità dai pompieri e i danni sono stati limitati. Sul posto sono arrivati anche i carabinieri che hanno messo sotto sequestro l’intero capannone, apponendo i sigilli alla finestra del piano terra che, stando ai primi rilievi, sarebbe stata la via d’accesso utilizzata dagli incendiari che, salendo fino al terzo, e ultimo piano, hanno dato fuoco a un cumulo di mobili accatastati. L’episodio crea un certo allarme. E’ vero che l’area ex zuccherificio è abbandonata
da anni e che, nel tempo, è stata depredata da tutto il possibile (soprattutto i cavi e le grondaie in rame) ed è altrettanto vero che molto di quello che non si poteva rubare è stato semplicemente rotto e fatto a pezzi (porte e finestre, ad esempio), ma è anche vero che gli incendi non erano mai stati, finora, un’abitudine dei vandali. Unica eccezione, piuttosto lontana nel tempo, il fuoco appiccato a un deposito di fumetti e libri usati che, si disse all’epoca, poteva essere un regolamento di conti per rivalità commerciali di altro tipo, rimasto avvolto nel mistero.
RISCHIO Ma ora si tratta di due incendi in meno di venti giorni, con modalità analoghe. Certo, il primo potrebbe essere stato un corto circuito all’impianto fotovoltaico e il secondo un’emulazione da parte dei soliti vandali che non mancano mai. Ma il fatto che gli incendiari si siano “arrampicati” fino al terzo piano, alimenta anche il sospetto che l’azione possa essere premeditata. Alla fine il complesso dell’ex zuccherificio presenta, pur sempre, un patrimonio immobiliare in liquidazione su cui potrebbero scatenarsi appetiti di vario genere. Se la via scelta per ottenere questi presunti vantaggi fosse quella degli incendi ricorrenti, di cui sarebbe quasi impossibile ricostruire la responsabilità, il rischio per i cittadini sarebbe enorme. Diego Degan
Dolo
Un Comitato pro robinie centenarie Riqualificazione del centro di Dolo: nasce un comitato battezzato “Le 14 robinie centenarie di Dolo da salvare”. Si tratta di cittadini e commercianti contrari al progetto che prevede l’abbattimento di alcuni alberi: già partita la raccolta di almeno 500 firme da consegnare all’Amministrazione comunale. L’iniziativa segue la presa di posizione della consigliera del Gruppo Misto, Carlotta Vazzoler, supportata anche dal parere del gruppo Il Ponte del Dolo, che ha criticato vari aspetti dell’intervento compreso il
taglio delle piante sulla riva del Naviglio per far posto a una gradonata . Il comitato si è riunito sabato e ha discusso come attivarsi per cercare di far recedere il Comune dall’attuazione del progetto. Per i lavori del primo stralcio da 465.000 euro, c’è già un bando emanato dalla Città Metropolitana, per il rifacimento del sagrato della chiesa, di parte del marciapiede di via Dauli, insieme alla discussa gradonata sul Naviglio del costo di 150mila euro. Sotto la lente anche viabilità e impatto estetico. Prossima riunione il 25 gennaio. (L.Per).
SOTTO SEQUESTRO La finestra con i sigilli dei carabinieri
Rischio interramento dei canali di accesso ai moli: levata di scudi dei portuali CHIOGGIA Degli escavi si riparlerà, ma non si sa quando, e i portuali restano in stato d’agitazione. La folta delegazione sindacale che nelle scorse settimane si è recata alla Commissione di salvaguardia per sollecitare il reperimento di un luogo dove sia possibile depositare i fanghi provenienti dai dragaggi dei canali d’accesso ai moli, si è dovuta accontentare di una risposta interlocutoria. I responsabili dell’organo di Stato che presiede agli interventi nell’ambito lagunare hanno preso tempo ammettendo che, al momento, non risulta ancora possibile chiudere l’ormai annosa partita. Tutto dipenderà, dunque, dal Comitatone
che, nel corso dell’ultima seduta, non era riuscito a sciogliere il nodo, provvedendo all’indispensabile aggiornamento del Protocollo fanghi. Il porto clodiense sta perdendo clienti proprio perché il canale che conduce dalla bocca di San Felice ai moli di Val da Rio si sta interrando. Le navi di media stazza, ormai, corrono il rischio di arenarsi a causa di alcuni dossi formatisi, per cause
naturali, esattamente laddove il fondale dovrebbe essere assolutamente garantito. L’ultimo incidente risale all’estate scorsa. Una nave è rimasta incagliata per un paio di giorni dirimpetto a Piazzetta Vigo. «Si tratta di un problema – commenta il portavoce del Comitato per il rilancio del porto, Alfredo Calascibetta – che accomuna Val da Rio a Marghera. A Chioggia, però, la situa-
CONTINUA LO STATO DI AGITAZIONE DOPO LA FUMATA NERA IN COMMISSIONE SALVAGUARDIA SUL PROTOCOLLO FANGHI
SOLIDALI ANCHE GLI IMPRENDITORI CALASCIBETTA (RILANCIO PORTO): « PER VAL DA RIO C’È IL PERICOLO DI CESSARE L’ATTIVITÀ»
PORTO Val Da Rio e il problema degli escavi dei canali
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zione è senza dubbio assai più drammatica. Sta di fatto che Venezia deve rinunciare alle grandi navi porta container mentre Val da Rio corre addirittura il rischio di dover cessare ogni attività. Il problema riguarda tanto le maestranze quanto gli imprenditori. Non a caso, gli operatori marittimi internazionali, in quest’occasione, condividono in tutto e per tutto le istanze che hanno indotto i sindacati a dichiarare lo stato d’agitazione». Le principali sigle sindacali auspicano che, preso atto dell’emergenza, nessuno si opponga a un ulteriore deposito dei fanghi sull’Isola delle Trezze, che si trova non lontano da Venezia. Secondo Calascibetta, però, le autorità competenti dovrebbero anche valutare al-
cune alternative all’isolotto, da riservare esclusivamente al deposito delle sabbie e dei fanghi provenienti dai fondali chioggiotti, notoriamente esenti da fattori inquinanti. Non a caso, parecchi allevamenti di vongole regolarmente certificati si trovano proprio nelle immediate vicinanze del canale navigabile. «Ammesso – conclude - che la Salvaguardia finisca per consentire lo stoccaggio alle Trezze e che trovi pure conferma l’ottimismo manifestato di recente dalla consigliera regionale pentastellata Erika Baldin, occorre guardare lontano. È un dato di fatto che prima o poi l’isolotto non basterà più e che la situazione si ripresenterà tale e quale, se non peggio». (R.Per)