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Primo Piano
REGIONALI 2020
Martedì 28 Gennaio 2020 www.gazzettino.it
Le mosse democrat
Zingaretti vuole blindare il governo: con gli alleati non diventiamo arroganti Approccio soft con M5S per favorire il patto `Bonaccini chiede più spazio, il Nazareno alle prossime regionali. Orlando è contrario risponde picche. Congresso verso il rinvio `
IL RETROSCENA ROMA «Conte sta lavorando a una nuova agenda per aprire la fase 2 del governo. Noi sosteniamo questo sforzo». Nicola Zingaretti, nel day after della vittoria di Stefano Bonaccini «e del Pd» in Emilia Romagna e della scoperta di essere «primo partito anche in Calabria», indica la strategia. Fatta di due mosse. La prima: blindare il governo e rafforzare l’asse con Giuseppe Conte che, per il segretario dem, dovrà portare stabilmente i 5Stelle nel «campo progressista» a partire dalle elezioni regionali di primavera in Campania, Toscana, Puglia etc. La seconda: «Nessuna umiliazione» per i 5Stelle usciti con le ossa rotte, praticamente annientati, dal-
IL SEGRETARIO NON RINUNCIA PERÒ A INDICARE I TEMI «PER IL BUONGOVERNO» A PARTIRE DAL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE
L’indiscreto
Dietro il vincitore lo spin di Renzi è la Jump, agenzia fiorentina di comunicazione diretta da Marco Agnoletti, il “mago” della strategia comunicativa di Matteo Renzi, dietro l’organizzazione militare della campagna vincente di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna. La stessa Jump curerà ora la campagna di Eugenio Giani, candidato governatore del centrosinistra (che vedrà insieme dem e renziani) in Toscana. E non a caso Giani era l’altra sera nel quartier generale di Bonaccini per una sorta di “passaggio di consegne”, al fianco dello stesso Agnoletti. B.L.
C’
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le elezioni di domenica. «Si governa bene da alleati, non da avversari, c’è chi la chiama subalternità, in realtà è responsabilità». Un approccio garbato per rendere meno perigliosa al premier la verifica di governo. «Queste elezioni», è il ragionamento del segretario, «producono la stabilizzazione del governo, dunque nessuna fibrillazione e nessun rimpasto e tantomeno tracotanzae arroganzaversoi grillini».
QUELLI DELLA RESA DEI CONTI Non la pensa allo stesso modo buona parte del partito. Ora che si è riaffermato il bipolarismo sinistra-destra e il «Pd ha dimostrato ciò che vale», il vicesegretario Andrea Orlando, il capogruppo in Senato Andrea Marcucci e l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia non mostrano lo stesso garbo di Zingaretti. Ai 5Stelle presentano il conto. «E’ giusto che si usi il risultato elettoralepermodificarel’assepolitico del governo», sostiene Orlando, «ad esempio i 5Stelle, dopo questa severa sconfitta, dovrebbero rinunciare a un armamentario che non paga elettoralmente e che rende difficilel’attivitàdel governo». Orlando, e insieme a lui Marcucci, chiede ai grillini di smetterla
con le barricate con cui impediscono da mesi la modifica della riforma della prescrizione. E invoca «forte discontinuità con il governo giallo-verde». In poche parole: «I 5Stelle devono abbandonare definitivamente le impostazioni forcaiole e superare i decreti-vergogna di Salvini contro i migranti». Non solo. Orlando si spinge fino a mettere in discussione il totem del redditodicittadinanza. Zingaretti,cheè corsoaBologna a festeggiare la vittoria di Bonaccini e ringrazia (come Orlando) le Sardine «che hanno dato una sana scossa democratica convincendo tanti a uscire di casa e ad andare a votare», ha un approccio decisamente diverso con i 5Stelle: «Non userò mai la parola imporre, spero però in uno spirito di maggiore collaborazione per trovare il compromesso più avanzato insieme a Conte». Ciò però non vuol dire «rinunciare al buongoverno». Dunque, «guai a vivacchiare, ma avanti con il taglio del cuneo fiscale», che i grillini e i renziani la settimana scorsa hanno cercato di depotenziare per il 2021. Insomma, Zingaretti non abdicaaindicare itemi dell’agenda di governo. Ma vuole farlo «senza
FESTA Il segretario Pd Nicola Zingaretti con Stefano Bonaccini
arroganza». Esattamente come suggeriscono i ministri Dario Franceschinie LorenzoGuerini. Il passo successivo del segretario dem, per il quale è indispensabile questo approccio garbato, è spingere i grillini già dalle elezioni regionali di primavera «a entrare nel campo progressista», alleati «di un partito unito e collegiale che ha scelto una linea politica che si sta rivelando vincente: bisogna costruire un progetto comune Regione perRegione». La vittoria in Emilia consiglia poi a Zingaretti una frenata sulla strada del congresso «per la rifondazione» annunciato a metà gen-
naio.Itempi nonsembrano adesso piùcosì stretti,forse dopol’estate. Nel frattempo, nonostante gli elogi, sia Zingaretti che Orlando puntano ad arginare l’assalto del frontedeisindaci e deigovernatori. A Bonaccini che va all’incasso e chiede «più spazio per gli amministratori locali nel gruppo dirigente»,il vicesegretariorisponde:«Ora Bonaccini ha altro da fare e un segretario ce l’abbiamo». Un po’ ciò che afferma Guerini e pensa Zingaretti. A.Gen. © RIPRODUZIONE RISERVATA
VICENTINA Alessandra Moretti, eurodeputata del Pd e già consigliere regionale del Veneto
LE MANOVRE VENEZIA Era da mesi che in Veneto il Pd aspettava il voto dell’Emilia Romagna: ogni decisione sul candidato governatore da contrapporre alla Lega di Luca Zaia veniva sistematicamente rinviata, il ritornello era: “vediamo come va in Emilia”. Come se la vittoria (o la sconfitta) di Stefano Bonaccini potesse risolvere i dilemmi veneti. È andata che Bonaccini ha vinto, eppure il Pd veneto adesso ha più problemi di prima. Perché il risultato di Bologna ognuno lo interpreta a modo suo. E gli aspiranti alla corsa a Palazzo Balbi sono sempre di più. O perché ci tengono o perché qualcuno gliel’ha chiesto o perché c’è stata pure una raccolta di firme, fatto sta che in ballo adesso sono in cinque: il capogruppo a Palazzo Ferro Fini Stefano Fracasso, i consiglieri regionali Andrea Zanoni e Claudio Sinigaglia, il deputato Roger De Menech, il segretario Alessandro Bisato. Ma il Pd non doveva sostenere il civico Arturo Lorenzoni?
UNITÀ A Roma la linea politica non è cambiata. Il ragionamento è che siccome il Pd veneto un Bonaccini non ce l’ha, nel senso di governatore uscente, bisogna fare l’alleanza più larga possibile, meglio se anche con il M5s. «Abbiamo davanti il voto in altre 6 regioni: Veneto, Toscana, Marche, Puglia e Campania - ha detto ieri il segretario nazionale Nicola Zingaretti - Dobbiamo puntare ad alleanze le più larghe possibili, ri-
DEPUTATO Roger De Menech
CAPOGRUPPO REGIONALE Stefano Fracasso
AMBIENTALISTA Andrea Zanoni
CONSIGLIERE REGIONALE Claudio Sinigaglia
SEGRETARIO VENETO Alessandro Bisato
L’ex sfidante di Zaia rilancia le primarie Per Palazzo Balbi è già ressa di aspiranti volgendoci alle forze di maggioranza, ma anche alle forze civiche». Sulla necessità di non dividersi, anche in Veneto sono tutti d’accordo. “Centrosinistra unito per battere Zaia” è il titolo della nota diffusa ieri dal gruppo consiliare regionale del Pd. Che, tuttavia, non si sbilancia su chi dovrebbe fare il candidato, anche perché tre su otto consiglieri sarebbero interessati. «La vittoria di Bonaccini in Emilia Romagna ci riempie di soddisfazione - hanno scritto i dem di Palazzo Ferro
ALESSANDRA MORETTI: «FACCIAMOLE, SONO UN GRANDE ATTIVATORE DI ENTUSIASMO E DI DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA»
Lorenzoni
«Ora anche il Veneto è contendibile» PADOVA (M.G.) L’alternativa a Zaia? Citofonare Lorenzoni. Parla da candidato in pectore del centrosinistra il vicesindaco civico a Padova, docente al Bo. «L’approccio minaccioso di Salvini non ha trovato consenso. E non lo troverà in Veneto. A maggio il mondo democratico lo ribadirà». Veneto contendibile? «Senza dubbio. Se lavoriamo insieme su un progetto condiviso possiamo farcela. Rispettiamo i tempi delle parti politiche ma dobbiamo chiudere nell’interesse di tutti. Compreso Calenda». I
5 Stelle? «Il loro elettorato è sensibile alle tematiche di ambiente energia ed acqua che stanno a cuore a tutto il mondo civico. Si troverà il modo per un progetto comune». Bisognerà domare l’orgoglio Pd. «Ha responsabilità istituzionale, vogliono anche loro un risultato di valore». Zaia? «Medici che mancano, ospedali che quando esci non c’è più nessuno, e poi consumo di suolo dappertutto. E il resto? Chi non fa non sbaglia». Salvini? «Spero venga in Veneto a fare campagna». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Fini - Occorre rompere gli indugi e partire con una campagna serrata, casa per casa, smascherando la propaganda populista della Lega che parla di tutto tranne che dei problemi reali del territorio». Ma con chi a capo?
DIVISIONI Nel Pd l’idea di convergere sul civico Lorenzoni non è appoggiata da tutti. Anzi, in parecchi ritengono che il vicesindaco arancione di Padova sia troppo spostato a sinistra e che non porti voti in più. Esattamente quello che pensano i centristi di Azione e Italia Viva che si sono già sfilati e che per essere “recuperati” dovrebbero sentirsi proporre un altro nome. Ma da scegliere come? Oggi a Padova le delegazioni ristrette dei partiti e delle associazioni del centrosinistra dovrebbero decidere le modalità di individuazione del candidato governatore, ma tutto lascia presupporre che
sarà una riunione a vuoto. L’attesa, semmai, è per la direzione regionale del Pd di venerdì. Ed è in vista di quell’appuntamento che l’ex sfidante di Zaia nel 2015, oggi eurodeputata, Alessandra Moretti rinnova l’invito a effettuare le primarie: «Il Veneto può e deve imparare dall’Emilia Romagna. Le primarie possono essere un grande attivatore di entusiasmo e democrazia partecipativa. Facciamole per un centrosinistra che sia davvero largo e inclusivo». Il deputato Diego Zardini è della stessa idea: «O emerge una candidatura autorevole, forte e in grado di mantenere unito tutto il centrosinistra, come ha fatto Bonaccini, oppure non è da escludere il ricorso alle primarie, uno strumento non limitato ai confini del Pd». E Claudio Sinigaglia (che rivela: «Un gruppo di amici padovani sosterrebbe anche la mia candidatura, ma penso sia compito del partito decidere mettendo assieme tutti i tasselli») chiede di non perdere tempo: «Serve il centrosinistra unito, anche con Calenda e Renzi, per battere Zaia. Scegliamo di fare le primarie aperte? Si facciano al più presto». Già: ma Lorenzoni le farebbe? Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
VI
Venezia
Martedì 28 Gennaio 2020 www.gazzettino.it
Giorno della memoria «Riportiamo i bambini a giocare nel Ghetto» L’appello del rabbino capo Touitou alla cerimonia ufficiale Zaia: «Renderei obbligatorio il Diario di Anna Frank a scuola» `
IL GOVERNATORE
LA RICORRENZA VENEZIA La Giornata della Me-
moria, per non dimenticare la Shoah con i suoi più di 6 milioni di ebrei uccisi e deportati nei lager nazisti e per contrastare un negazionismo che troppo spesso circola in rete e non solo. Numeri che ancora oggi fanno riflettere. E che rappresentavano il 70% della popolazione ebrea europea di quegli anni. Lo ha ricordato il governatore del Veneto Luca Zaia, ieri presente – con la sua kippah viola – in campo del Ghetto per l’ormai tradizionale cerimonia di celebrazione del Giorno della Memoria, organizzata dalla comunità ebraica.
«Questo Ghetto, il più antico, nasce nel 1516», ha esordito Zaia. E in merito al progetto di legge per la memoria della Shoah – un atto senza precedenti nel nostro Paese, che verrà approvato oggi in Consiglio regionale e che vedrà la Regione stanziare 100mila euro da destinare ad iniziative dedicate al 27 genna-
LA COMUNITA’ EBRAICA
IL RABBINO Un Ghetto che, ha detto il nuovo rabbino capo Daniel Touitou, arrivato in città a settembre, «deve tornare a vedere giocare i bambini, come una volta». «La mia missione - ha aggiunto - è cercare di far crescere questa comunità, composta oggi da circa 450 persone tra centro storico e terraferma, attraverso un grosso lavoro di studio, insegnamento e cultura pratica dell’ebraismo. Bisogna lavorare molto per tornare a vivere una vita ebraica attiva e dinamica. Spero di riuscire a farlo, per dare alla comunità un futuro attraverso le nuove generazioni e portando qui coppie e bambini». La cerimonia ieri è iniziata con l’alzabandiera a mezz’asta da parte degli alpini dell’Associazione nazionale alpini, è proseguita con la deposizione di una corona d’alloro, con l’accensione di alcune candele al monumento “L’ultimo treno” e con un minuto di silenzio. Una scultura dedicata a tutte le vittime dell’Olocausto e in particolare ai 246 ebrei veneziani deportati ad Auschwitz tra il ‘43 e il ‘44, di cui solo 8 fecero ritorno. Tra i presenti, anche il presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti e il consigliere comunale Maurizio Crovato.
io – ha aggiunto: «Un grande segnale in un contesto in cui il negazionismo, contro il quale dobbiamo batterci, e i messaggi che raggiungono i nostri ragazzi sono di tutt’altro genere». E se da un lato l’auspicio è stato che l’anno prossimo il campo del Ghetto si riempia per l’occasione di studenti, dall’altro il governatore ha sottolineato: «Mi domando se i ragazzi a scuola leggano ancora il “Diario di Anna Frank”. Io lo renderei obbligatorio».
RICORDO La corona in Ghetto
LA COMUNITA’ EBRAICA: «LA LEGGE REGIONALE SULLA SHOAH UN BELL’ESEMPIO DI PARTECIPAZIONE»
«Il progetto di legge regionale che impegna a ricordare e a compiere azioni significative che portino le nuove generazioni a far tesoro di quanto successo – il commento del presidente della comunità ebraica veneziana, Paolo Gnignati – è stato un bellissimo esempio di come l’istituzione entri nella vita positivamente». Riuscire a parlare con i giovani, formando la loro coscienza, è fondamentale. «Ci sono delle recrudescenze forti, per questo è necessario trovare delle formule appropriate che “tocchino” gli altri nell’immediato». Marta Gasparon © RIPRODUZIONE RISERVATA
GHETTO Tanta gente ieri mattina per il Giorno della memoria
CERIMONIE In alto, un momento in Ghetto. Qui sopra, la consegna delle medaglie in Prefettura
Le 17 medaglie in ricordo degli internati veneziani IN PREFETTURA VENEZIA Con una suggestiva ceri-
monia, ieri mattina il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto, per il Giorno della Memoria, ha consegnato le medaglie d’onore alla memoria di 17 arrestati in provincia ed internati nei campi di sterminio. Sono Gaetano Arrigo, Amelio Boscolo Chio Sante, Giuseppe Ceccon, Michele Cominelli, Aldo Finotto, Antonio Formenti, Gino Geremia, Giulio Longo, Carlo Marcon, Sergio Solari, Armando Sponchiado, Arturo Trevisan, Luigi Viotto, Giuseppe Giamboni, Daniele Zampieri, Giovanni Zanovello, Adriano Zoia. La cerimonia è stata arricchita dalla presenza degli allievi dell’istituto comprensivo “Filippo Grimani” di Marghera (coro della scuola primaria ed ensemble strumentale dell’indirizzo musicale della scuola secondaria) che si sono prodigati, applauditissimi, a suonare e cantare l’Inno di Mameli, e a leggere brani tratti da “Il banco vuoto - Scuola e leggi razziali, Venezia 1938 -
Il contenzioso Crovato contro Scarpa
VENEZIA (t.borz.) La lite tra i consiglieri Renzo Scarpa e Maurizio Crovato sul presunto utilizzo di espressioni diffamatorie via whatsapp è stata rigettata. Il consigliere Scarpa aveva citato il collega fucsia in tribunale per aver utilizzato frasi poco consone nei suoi confronti, chiedendo un indennizzo di 55mila euro per il risarcimento del danno non patrimoniale. Il giudice ha però stabilito che le frasi utilizzate via chat, acquisite dal tribunale, non erano altro che valutazioni soggettive politiche. In merito alla definizione utilizzata dall’ex giornalista, cioè “Quartetto Cetra e sfasciacarrozze”, attribuite a consiglieri che si erano espres-
se con valutazioni fuori dal coro, queste sono state definite: «Non lesive dell’altrui onore e dignità, rientrando appieno nell’ambito della critica politica e ponendo l’accento sulla dissonanza dell’operato dello Scarpa rispetto al resto del gruppo consiliare di appartenenza». Anche l’espressione “comunista” è stata ritenuta coerente con una valutazione soggettiva: «Non appare diffamatoria, laddove si consideri la militanza dello Scarpa nel Pci». Il dibattito si era acceso fino a far definire Scarpa da Crovato: «Uno che spara c... con messaggi trasversali modello mafia». Pure in questo caso, il giudice ha ribadito che: «Va inserita nell’acceso conflitto che era insorto tra le parti». All’interno della sentenza si può quindi no-
«BISOGNA TRASMETTERE QUEI FATTI ALLE NUOVE GENERAZIONI» Vittorio Zappalorto
una determinazione ed una organizzazione che non ha pari nella storia dell’umanità. Nel 1938 vennero emanate le leggi razziali in Italia, che diedero il via libera alla persecuzione degli ebrei anche nel nostro Paese e spalancarono loro le porte dei campi della morte». «Chi non ha visto e vissuto quella tragedia – ha concluso Zappalorto – è come se non fosse vaccinato dal morbo dell’intolleranza ed è proprio per questo che bisogna far vivere la memoria e trasmettere la conoscenza di quei fatti alle giovani generazioni, perché l’unico vaccino è proprio la conoscenza storica». «Oggi con un atto simbolico, ma carico di significato, noi rendiamo onore a voi tutti e alla memoria dei vostri cari - ha dichiarato Ermelinda Damiano porgendo con umiltà la nostra mano in segno di ringraziamento per aver contribuito a costruire la nostra Storia più recente con perseveranza e senso di abnegazione». Tullio Cardona © RIPRODUZIONE RISERVATA
Alle Gallerie dell’Accademia
Accuse al veleno via whatsapp Per il giudice “valutazioni politiche» COMUNE
1945” scritto da Maria Teresa Siega, impreziositi dal sottofondo musicale dei docenti di strumento. Le medaglie sono state consegnate ai parenti delle vittime della Shoah, molti accompagnati dai sindaci dei paesi di provenienza. Per il comune di Venezia era presente la presidente del consiglio Ermelinda Damiano, mentre la Comunità ebraica era rappresentata da Enrico Levis. «È importante la memoria – ha esordito il prefetto – richiamare alla memoria non semplicemente per ricordare ma per conoscere e capire quello che è successo nella nostra Europa e qui, fuori dalla porta di casa nostra, 75 anni fa. Il progetto nazista era di sterminare un intero popolo e tale progetto fu portato innanzi con
tare che: «Appare evidente che le espressioni forti, talvolta pungenti, utilizzate dal Crovato siano, ancora una volta, espressione di un’accesa critica politica… Deve escludersi, quindi, che le espressioni utilizzate siano consistite in offese gratuite, lesive della reputazione dello Scarpa». Ironico nel commento Crovato: «Leggendo la sentenza mi pare una storia alla Peppone e Don Camillo, il giudice ha spiegato che si è trattato di controversia politica e basta». Più cauto sul futuro Scarpa: «Altrettanto aveva fatto Maurizio dicendo che l’avevo minacciato, entrambe le valutazioni non sono state ritenute valide. È stata una sentenza che ha annullato le due querele. Devo ancora valutare la sentenza». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovedì prende il via il ciclo di lezioni sulla storia del mercato di Rialto
CONSIGLIERI CONTRO Dall’alto, Maurizio Crovato e Renzo Scarpa
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VENEZI A Parte giovedì alle 17 alle Gallerie delll’Accademia il ciclo di conferenze a cura dell’Associazione Progetto Rialto. Donatella Calabi (Iuav) parlerà sul tema “Di tutto il mondo la più ricchissima parte: l’insula realtina in età moderna”. Il ciclo di conferenze si intitola “Le lezioni della storia” ed è frutto della collaborazione tra l’Associazione veneziana Progetto Rialto e le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Il primo incontro di giovedì vedrà un approfondimento della storia e delle tradizioni realtine in età moderna. Tutti gli appuntamenti si tengono sempre il giovedì alle 17 nella Sala Conferenze. L’ingresso è gratuito su presentazione dell’invito (scaricabile dal sito del museo, presentabi-le anche
con smartphone) a partire dalle ore 16.30, fino ad esaurimento posti. Il mercato di Rialto ha più di mille anni di storia. Le origini della città raccontate dalle antiche cronache si confondono con quelle del mercato. Eppure, oggi le vicende del commercio e dell’industria veneziani (merci, imprenditori, navi, rotte, istituzioni), riassunte efficacemente nel di-pinto con il Miracolo della croce di Vettor Carpaccio, sono poco conosciute dai molti visitatori che frequentano la città e perfino dai suoi cittadini. Donatella Calabi già professore Ordinario di “Storia delle città” all’Università Iuav, è stata “visiting professor” in molti atenei stranieri.
Cerimonia in Ghetto a Venezia
Zaia: «Rendere obbligatorio nelle scuole il Diario di Anna Frank» L’omaggio davanti al monumento della Shoah con i nomi delle 246 vittime ebree veneziane, l’accensione dei sei ceri, uno per ogni milione di uomini, donne, bambini ammazzati, la preghiera del Kaddish recitata dal rabbino Daniel Touitou. A Venezia, nel campo del Ghetto Nuovo, si è rinnovata la cerimonia della Giornata del Ricordo. C’erano il
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governatore del Veneto Luca Zaia con la sua kippah viola, il presidente dell’assemblea legislativa Roberto Ciambetti, consiglieri regionali di maggioranza e di opposizione. Ma, come ha ammonito il presidente della comunità ebraica Paolo Gnignati, ci sono ancora «recrudescenze molto forti nonostante gli sforzi lodevoli delle istituzioni». «Qualcuno ancora oggi
nega l’Olocausto, una crudele “catena di smontaggio” di 6 milioni di ebrei - ha detto Zaia - Qualcuno ha chiesto dov’era Dio mentre accadevano queste cose. Io dico: dov’erano gli uomini. In un contesto di negazionismo il consiglio veneto voterà, primo in Italia, una legge per non dimenticare. A scuola io renderei obbligatorio il Diario di Anna Frank». (al.va.)
Letteratura Gusto Ambiente Società Cinema Viaggi Architettura Teatro Arte Moda Tecnologia Musica Scienza Archeologia Televisione Salute
Ieri, nella Giornata dedicata alle vittime dell’Olocausto, il presidente Mattarella ha ricordato la «spietata persecuzione avvenuta anche in Italia sotto il regime fascista». Al Quirinale sfilano alcuni testimoni della seconda generazione di sopravvissuti
Sopra, il presidente Sergio Mattarella durante le celebrazioni per il Giorno della Memoria al Quirinale. A destra, l’attore Nicola Mette nel ruolo di un deportato e, a sinistra, pietre d’inciampo a Berlino
LE STORIE eco a volte viene risucchiata in un buco nero. Collettivo. La storia non è uguale per tutti. L’altra faccia della medaglia è avere ancora da risolvere il trauma collettivo. Con i figli dei deportati così come quelli dei persecutori e il medesimo stigmachesitrasmettedigenerazione in generazione. Una condanna perpetua davanti a quel baratro. Al Quirinale, ieri mattina, si sono guardate negli occhi Rosanna Bauer, figlia di una donna sopravvissuta ad Auschwitz – Goti – e Federica Wallbrecher, figlia, invece, di una mammachehalavoratoperilReich. «Mia nonna mi ripeteva che gli ebrei tirano i morti per i capelli e li buttano giù dalle scale. Mi diceva così, ed era unacattolica.Èunricordo che fa male. Riconosco apertamente che è stato compiuto un crimineterribile.Ericonosco che la colpa rimane una colpa, ed è qualcosa che non va via. I miei nonni sono cresciuti in un ambiente cattolico ma profondamente anti-giudaico. Se chiedo qualcosa a mia mammacheoggihapiùdi80 annileggolospaventosulsuovolto».
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LE PAROLE Rosanna, invece, racconta l’altra faccia della medaglia. «Mia mamma nel 1944 fu costretta ad entrare in un carro bestiame con i suoi famigliari. Furono dei delatori a denunciarli per denaro. Quel treno si fermò a Fossoli (vicino a Carpi ndr) poi arrivò a Auschwitz. Quando ero piccola lei non me ne parlava. Sono cresciuta senza nonni ma pensavo fosse normale, credevo fossero morti per cause naturali, non gasati. Solo più avanti mia mamma ha iniziato a parlarmi. I latrati dei cani, il viaggio, le urla, l’ultima
Padri, figli, memoria la paura di ricordare Sotto, il campo di concentramento di Auschwitz A destra, nelle foto tonde, dall’alto, Rosanna Bauer e lo psichiatra Alberto Sonnino
ROSANNA BAUER: «DA PICCOLA MIA MADRE NON NE PARLAVA SONO CRESCIUTA SENZA I NONNI MORTI NEL CAMPO DI AUSCHWITZ» STUDI RISCONTRANO TRAUMI TRAMANDATI IN FAMIGLIA: «UN PROBLEMA DA RISOLVERE», SECONDO LO PSICHIATRA ALBERTO SONNINO
volta che vide suo fratello e i miei nonni». La memoria è qualcosa di volatile e di pesante come il piombo al tempo stesso. Alberto Sonnino, psichiatra, ha studiato il buco slabbrato che ha lasciato nella vita a vittime e persecutori, persino alle generazioni dopo. «Diventa indispensabile che anche il mondo attorno ad Auschwitz compia quel percorso che ancora oggi non è stato concluso e che consiste nel riconoscimento delle responsabilità a tutti i livelli, individuando i carnefici e i loro complici, troppo spesso nel dopoguerra aiutati a fuggire per vivere al ripari dalla giustizia». Forse è arrivato il tempo di aprire quel capitolo storico anche in Italia. Mattarella ha aperto una breccia: «In Italia, sotto il regime fascista, la persecuzione di cittadini italiani ebrei non fu, come a qualcuno ancora piace pensare, all’acqua di rose. Fu feroce e spietata». Dice anche che tra il carnefice e la vittima non potrà esserci una «memoria condivisa» e che se «il perdono esiste e concerne la singola persona offesa, non può essere inteso come un colpo di spugna sul passato».
l’ANALISI Che il fascismo non sia stato quel fenomeno annacquato - quasi «all’acqua di rose» - che molti vorrebbero far credere, e che coloro che braccavano gli ebrei non albergavano solo tra le fila
del Reich, basterebbe avere solo un po’ di pazienza e scorrere gli archivi amministrativi d’Italia e annotare, per esempio, quanti persero il lavoro da un giorno all’altro. Andando ben oltre ai numeri delle vittime deportate nei campi di sterminio. Il fatto è che il problema ebraico caratterizza ogni passaggio italiano a partire dal sedicesimo anno del regime fascista. Mussolini evocò «il problema» per la prima volta nel febbraio del 1938, sette mesi prima delle famigerate leggi razziali. Usò parole terribili: «Gli ebrei secondo i dati statistici sono 4.400. La proporzione sarebbe di un ebreo su 1000 italiani. È chiaro che d’ora innanzi la partecipazione degli ebrei alla vita globale dello Stato dovrà essere adeguata a questo rapporto». Ieri mattina al Quirinale il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una commovente cerimonia per il Giorno della Memoria, ha ricordato un contesto storico che andrebbe approfondito meglio, soprattutto nelle scuole, perché la realtà di quel periodo resta anco-
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ra seminascosta, quasi cristallizzata in antefatti spietati. Regolamenti accuratamente applicati da solerti funzionari ministeriali e provinciali, delatori pronti a tutti, direttive tese a sconvolgere la vita alle famiglie ebraiche. Oltre 700 studiosi buttati fuori dalle accademie, dalle università, dalle istituzioni culturali. L’università di Bologna ebbe il maggior numero di espulsioni, con 492 studenti ebrei, 50 assistenti e 11 professori ordinari, tra cui Emanuela Foà titolare della cattedra di fisica o Maurizio Pincherle di clinica pediatrica, il quale fu cacciato dal suo successore fascista, insultato e aggredito da militi. «Era il mondo buio della Shoah» ha detto Mattarella rivolgendosi alla comunità ebraica, alle più alte istituzioni e a tanti studenti. Il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina ha annunciato l’avvio di una commissione ministeriale focalizzata ad insegnare meglio la storia. Ce ne sarebbe davvero bisogno di questi tempi visti i rigurgiti antisemiti. «Un fenomeno che non è scomparso». Franca Giansoldati © RIPRODUZIONE RISERVATA
Le iniziative
La Commissione Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha annunciato che a breve partirà una commissione di studio al ministero sulla didattica della storia in onore di Liliana Segre. La commissione non riguarderà solo i fatti del 1900 e sarà guidata dallo storico Andrea Giardina.
Il docufilm La storia delle gemelle Bucci sopravvissute e del loro cuginetto, Sergio De Simone, che invece non fece ritorno dal Kinderblock di Auschwitz dove Mengele faceva esperimenti, è raccontata in un docufilm prodotto dalla Fondazione del Museo della Shoah che andà in onda sulla Rai.
La proposta La Lega ha presentato in Senato un Disegno di Legge per proporre che, a partire dal prossimo anno scolastico, venga messo a disposizione un fondo di 5 milioni di euro per finanziare i viaggi della Memoria ad Auschwitz agli studenti delle ultime due classi superiori.
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PRIMO PIANO
MARTEDÌ 28 GENNAIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
Dopo le regionali l’assessore-bulldog
ta vittoria del centrosinistra, primo scacco nella lunga scia di successi di Matteo Salvini, rischia di incrinare la leadership, fin qui indiscussa, del Capitano? «No, neanche per sogno», la fulminea replica zaiana «e la mia non è una risposta di circostanza, lo dico perché il risultato politico emiliano, con la Lega capace di superare il 30% dei consensi, dimostra che sul territorio è stato fatto un bel lavoro. E non dimentichiamo che si è portata a casa la Calabria, strappandola alla sinistra: là, in passato, non avevamo uno straccio di voto».
il goVernatore del Veneto
Marcato: M5S in estinzione A maggio resa dei conti VENEZIA. «Che il Pd esulti per aver conservato la Regione che da settant’anni governa senza insidie, mentre registra l’ennesima sconfitta perdendo la Calabria, la dice lunga sul sullo stato di salute della sinistra. La Lega ha dimostrato con coerenza che non esiste più un castello inespugnabile». A dispetto della sconfitta, Roberto “bulldog” Marcato, assessore di Zaia e responsabile sicurezza del partito, coltiva pochi dubbi: «Le sardine torneranno nell’acqua e il Pd porrà una questione politica sull’esecutivo Conte, ma la domanda di fondo è: chi governa? Ora è acclarato che la sinistra si è mangiata i 5 Stelle, di fatto scomparsi, e ci si chiede come questo esecutivo giallorosso potrà dare visione strategica e risposte concrete a tre priorità - l’autonomia, lo sviluppo economico con difesa della manifattura e export, la stabilità finanziaria - che il Veneto non può più attendere». «Poi c’è il dato politico: la Lega ha veramente rischiato di prendere Stalingrado, e come dice Salvini oggi c’è da lavorare il doppio: non voglio essere una facile Cassandra, ma sono convinto che a breve anche le sardine sconteranno il metodo del Pd, cinico e manipolatore, che inizierà un periodo di lotte interne tra proporzionalisti, maggioritaristi, autonomi, piazzisti... ». La Conclusione di Marcato? «Il centrodestra guida già 14 regioni, e a maggio Campania e Puglia con Veneto, Toscana, Liguria e Marche andranno al voto. Diciamo che se oggi è evidente che al governo c’è soltanto il Pd, che sta lì senza essere passato per le urne privo com’è di mandato popolare, a maggio quando suonerà il de profundis del M5S non si potrà evitare che questo Paese torni ad essere democratico». —
DIFFICOLTÀ OGGETTIVE
Resta il fatto che il test più atteso si è tradotto in una sconfitta e l’evocata spallata al governo giallorosso si è tramutata in un boomerang... «Ovviamente la partita l’abbiamo persa ma non scordiamoci l’oggettiva dif-
Ha preso parte a due comizi in Emilia evitando gli attacchi diretti a Bonaccini
Campagna elettorale in Emilia Romagna, la sfida della Lega: da sinistra: Massimiliano fedriga, Lucia Borgonzoni, Luca Zaia (Foto Sky TG 24)
Zaia: il fortino non è caduto ma la Lega vola oltre il 30% «Salvini? Ha fatto un buon lavoro. Il Governo? Visti i numeri, non andrà a casa» Filippo Tosatto VENEZIA. Anche Luca Zaia-
ha fatto capolino nella campagna elettorale, partecipando a un paio di comizi nel Parmense. Nulla di trascendentale, intendiamoci, quanto bastava a timbrare l’attestato solidale richiesto da Via Bellerio; così, districandosi tra un caseificio a Borghetto di Noceto e un hotel a Ponte Taro, ha discusso di agricoltura e sanità, i suoi cavalli di battaglia. Evitando attacchi diretti al
collega Stefano Bonaccini con il quale intrattiene rapporti di stima (tanto da caldeggiarne la conferma a presidente della Conferenza delle Regioni, dove pure il centrodestra è maggioritario) ha respinto le critiche al modello veneto di welfare e accoglienza; «Il nostro sistema sanitario è assolutamente per tutti, senza distinzioni tra ricchi e poveri. Noi non vogliamo i lazzaroni che calpestano le regole ma i tanti immigrati che le rispettano li accogliamo. Ora gli emiliani e i romagno-
Il parlamentare saluta con entusiasmo il trionfo di Santelli in Calabria «Conte si illude, è minoritario nel Paese, il suo sfratto è solo rinviato»
Marin: il centrodestra conduce 7-1 e Forza Italia è un valore aggiunto IL COMMENTO
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on c’era soltanto l’Emilia Romagna in ballo: «Quella di Jole Santelli in Calabria è stata una vittoria schiacciante», gongola Marco Marin, parlamentare padovano di Forza Italia «e si aggiunge
agli altri presidenti di Regione con la maglia azzurra che in questi mesi hanno vinto le loro sfide: Cirio in Piemonte, Bardi in Basilicata, Toma in Molise. Questi successi alimentano il nostro orgoglio di appartenere ad un movimento che rappresenta i valori moderati, cattolici, liberali, riformatori, indispensabili per ca-
ratterizzare l’alleanza di centro-destra e che ci stimolano al alimentare ancora di più il nostro impegno». Perché tanto ottimismo? «Di otto regioni andate al voto dopo le politiche del 2018 sette sono state ad appannaggio del centrodestra unito e solo una del centrosinistra», replica Marin «questi risultati di-
li hanno l’occasione di cambiare con Lucia Borgonzoni», la conclusione, accompagnata dall’auspicio di «una nuova amministrazione della Lega capace di intercettare i bisogni della gente che il Pd e gli altri partiti di sinistra non vedono». IN DIFESA DEL CAPITANO
Nulla da fare. A dispetto di proclami bellicosi e pronostici infondati, il “pianeta rosso” si è rivelato inespugnabile al Carroccio. La domanda al governatore, così, diventa d’obbligo: la net-
cono che il governo delle quattro sinistre è maggioranza in Parlamento, ma è nettamente minoranza tra gli Italiani. Un governo quello giallorosso che con la legge di bilancio appena approvata ha messo le mani nelle tasche degli italiani per svariati miliardi di euro e che nello stesso provvedimento ne ha destinati sette per l’assistenzialismo del reddito di cittadinanza invece che per abbassare veramente il cuneo fiscale e per fare investimenti. Il presidente del Consiglio Conte si è sentito rinfrancato dal risultato dell’Emilia-Romagna, ma la verità è che il 7 a 1 delle elezioni regionali è per lui ben più di un avviso di sfratto da Palazzo Chigi. Purtroppo per gli italiani Conte invece non se ne andrà con-
la frecciata
Fedriga: Pd abituato ai ko fa una vasca e pensa di aver vinto le Olimpiadi «Capisco che quando uno è abituato a perdere tutto e fa una vasca di nuoto pensa di aver vinto le Olimpiadi», punge Massimiliano Fedriga, il governartore leghista del Friuli Venezia Giulio «qualcuno ha scritto, che l’Emilia rossa ha fermato l’onda verde. È vero. Ma da qui a dire che il Pd abbia vinto ho dei dubbi seri a leggerlo dai numeri».
Marco Marin parlamentare di FI
fermando che il suo è un governo nato con il patto delle poltrone. Per questo si aggrapperà alla vittoria della sinistra in Emilia-Romagna. Ma per Conte sarà solo un guadagnare tempo». Da dove nasce questa previsione? «Lo dico perché arriveranno inesorabili le elezioni re-
ficoltà dell’impresa: l’Emilia Romagna rappresentava la madre di tutte le battaglie, una fortezza monocolore da settant’anni dove il Pd e i suoi alleati hanno concentrato tutte le risorse e gli strumenti di un sistema di potere collaudato». PREVISIONI E CERTEZZE
Arduo carpirgli una parola di dissenso rispetto all’aggressività di una campagna salviniana che appare lontana dai toni felpati che predilige. Quali saranno, allora, le ricadute del voto? «Anzitutto mi pare evidente che, visti i numeri, il Governo non andrà a casa. E poi ci sono alcune certezze. La prima: c’è un presidente che ha vinto le elezioni e che ora, immagino, accelererà sul versante dell’autonomia; la seconda: la Lega ha avuto un exploit clamoroso quindi, di fatto, è diventata un partito cardine anche in questa regione; la terza, sicuramente la più eclatante, è la debacle paurosa del Movimento 5 stelle». — © RIPRODUZIONE RISERVATA
gionali di maggio: Veneto, Campania, Puglia, Marche, Toscana, Liguria. E il risultato sarà ancora una volta a favore del centrodestra unito. A partire dal nostro Veneto dove i veneti confermeranno senza alcun dubbio il governatore Luca Zaia con la sua coalizione di centrodestra. E allora per le quattro sinistre non sarà più solo un avviso di sfratto, ma si tratterà di un vero e proprio sgombero da Palazzo Chigi». «Perché in democrazia nulla conta più della volontà popolare», conclude il forzista «quella stessa che ha già visto i veneti esprimersi chiaramente nel referendum del 2017 sull’autonomia e che solo con il prossimo governo di centrodestra finalmente vedranno raggiunto l’obiettivo». —
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Nordest
L’ANNUNCIO DI DARIO FRANCESCHINI «Una candidatura prestigiosa per una delle più importanti istituzioni culturali italiane Auguri per questa fantastica sfida»
Martedì 28 Gennaio 2020 www.gazzettino.it
Biennale, il ministro sceglie il produttore veneziano Cicutto Fine dell’era Baratta Scartati i politici, la Fondazione affidata al presidente dell’Istituto Luce Gli auguri di Brugnaro e Zaia. «Un giusto curriculum per questo incarico» `
LA NOMINA VENEZIA È Roberto Cicutto, 72 anni, veneziano di origine, produttore cinematografico, dal 2009 al vertice dell’Istituto Luce-Cinecittà, il nuovo presidente della Biennale. La nomina è stata comunicata ieri, poco dopo mezzogiorno, dal ministro per i Beni culturali Dario Franceschini. «I miei sinceri auguri, viva la Biennale» si è subito complimentato il presidente uscente Paolo Baratta. Il decreto di nomina si perfezionerà dopo il parere delle competenti commissioni di Camera e Senato, sta di fatto che la scelta politica è compiuta. A causa del veto del M5s, il ministro non ha potuto riconfermare Baratta, anche perché, dopo quattro mandati di cui tre consecutivi, sarebbe stata necessaria una legge per modificare lo statuto dell’ente (e l’emendamento al Milleproroghe presentato dalla Lega è stato dichiarato inammissibile). Escludendo gli ex ministri alla Cultura che erano entrati nel toto-nomi (Melandri, Rutel-
L’ITER PREVEDE CHE IL DECRETO OTTENGA UN PARERE DALLE COMPETENTI COMMISSIONI DI CAMERA E SENATO
li, Veltroni, Bray), Franceschini ha dimostrato di non voler fare scelte politiche o partitiche. Ha preferito un profilo più tecnico. E Cicutto, oltre a essere un esperto nel settore cinematografico, vanta anche un buon rapporto con Baratta. Di lui ha detto: «Spero che non ci molli, che ci dia una mano e ci stia dietro».
L’ANNUNCIO «Una candidatura prestigiosa per una delle più importanti istituzioni culturali italiane» ha detto Franceschini avviando la procedura di nomina. Il ministro ha ringraziato Baratta: «Negli ultimi anni la Biennale ha vissuto un processo di rinnovamento in tutti i settori di attività e ha incrementato la sua già notevole fama sulla scena internazionale. Questo è stato possibile grazie al prezioso lavoro di Paolo Baratta e della sua squadra che ringrazio. Sono certo che Baratta, con la sua autorevolezza, continuerà a impegnarsi per La Biennale».
LE REAZIONI Tra i primi a complimentarsi con Cicutto il presidente uscente Baratta, che ha anche ringraziato il ministro Franceschini «per le sue parole». Commenti positivi anche da parte del sindaco di Venezia e vicepresidente della Biennale Luigi Brugnaro e del governatore del Veneto Luca Zaia, che pure si erano spesi per la riconferma di Baratta. «A nome di tutta la Città di Ve-
nezia e mio personale auguro al nostro concittadino Roberto Cicutto un buon lavoro - ha detto Brugnaro - Ho già avuto modo di sentirlo telefonicamente e ci incontreremo a breve a Cà Farsetti. A Paolo Baratta il più sincero grazie per l’impegno e la tenacia con cui in questi anni è stato in grado di dare a La Biennale e alle sue prestigiose attività un ruolo sempre più internazionale e di assoluto livello. Un lavoro importantissimo che ha contribuito a fare di Venezia un luogo d’avanguardia e proiettato verso il futuro». «Auguro buon lavoro al nuovo presidente della Biennale, ricordandogli che eredita una macchina super performante sia sul fronte della Mostra del Cinema sia su quello della Biennale Arte e Architettura - ha detto Zaia - Noi abbiamo difeso la proroga di Baratta certi che abbia fatto un buon lavoro in tutti questi anni: lascia una Biennale con i conti a posto, una Mostra del Cinema in grande spolvero. La nomina è una prerogativa del ministro e Cicutto ha il curriculum
UNA CARRIERA NEL CINEMA Il neo presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto, nominato ieri dal ministro dei beni culturali Dario Franceschini
giusto per questo incarico. Questa mattina (ieri, ndr) mi hanno chiamato sia il ministro, che mi ha presentato e motivato la scelta, sia Cicutto al quale ho rivolto il mio in bocca al lupo. Sarà giudicato sulla base dei risultati e del contesto nel quale opererà. La biografia professionale di Cicutto testimonia che sicuramente saprà raccogliere l’eredità di Baratta, traghettando l’istituzione culturale veneziana verso nuovi successi».
Messaggi di congratulazioni ma anche ringraziamenti a Baratta - sono arrivati dall’Anac (autori cinematografici), dalla presidente della Fondazione Maxxi Giovanna Melandri, dal presidente dell’Apa (produttori audiovisivi) Giancarlo Leone, dal presidente di Anica Francesco Rutelli, dal direttore di M9-Museo del ‘900 Marco Biscione, dai parlamentari Maria Elena Boschi, Michele Anzaldi, Sara Moretto, Andrea Ferrazzi.
La settimana prossima si terrà l’ultimo Consiglio di amministrazione della Biennale sotto la presidenza di Baratta. Il nuovo Cda si completerà invece a maggio, dopo le elezioni amministrative, con il sindaco di Venezia (che al momento ricopre anche il posto spettante al presidente della Città metropolitana) e il presidente della Regione. Un altro componente sarà di nomina ministeriale. Alda Vanzan
to meglio e di più. Bisognava trovare una soluzione. Abbiamo lavorato assieme per tutti questi anni e credo che i risultati si siano visti sul campo».
sionalità elevate e mi fa piacere che sia stato scelto lui, perché il suo arrivo non può che tranquillizzarci. Alla Mostra è in atto da tempo un rinnovamento su va-
Arriva comunque un uomo di cinema, quindi un cambiamento che può essere oggettivamente importante per il settore e la Mostra. «Senza dubbio. Cicutto, con il quale ho sempre avuto un ottimo rapporto fin dai tempi, ormai lontani, del Torino Film Festival, ha competenza e profes-
IL DIRETTORE DEL FESTIVAL: «MASSIMA COLLABORAZIONE, LAVOREREMO SU UN PERCORSO CONSOLIDATO»
sta scala, progetti che investono strutture e programmi, che dovrà essere portato avanti. Da parte mia ci sarà la massima collaborazione e anche se è difficile per tutti prendere il posto di Baratta, mi auguro che il nostro lavoro congiunto raggiunga quei risultati di cui abbiamo bisogno».
«Credo sia presto per parlare di questo. Pensiamo a lavorare bene e poi si vedrà. Io resto sereno: il nostro lavoro di questi anni ha dato rilancio a Venezia, oggi di nuovo meta preferita sia per il cinema d’autore sia per le grandi produzioni. La Mostra è ritornata a essere fortemente competitiva, rafforzando la sua immagine nel mondo. Con Cicutto lavoreremo sicuramente su questo percorso consolidato e ricco di soddisfazioni». adg
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CINEMA Da sinistra, il presidente uscente della Biennale Paolo Baratta e il direttore del festival Alberto Barbera
L’intervista Alberto Barbera
«Scelta che ci tranquillizza anche se è difficile per tutti prendere il posto di Paolo» al 2012 al timone della Mostra di Venezia, con una parentesi precedente di tre edizioni (1999-2001) a cavallo del nuovo millennio, interrotte come si ricorderà un po’ bruscamente, Alberto Barbera ha ancora un anno di mandato, prima di capire se resterà ancora direttore del festival lagunare, ipotesi quasi scontata se fosse rimasto Baratta, ora sicuramente ancora possibile, ma non altrettanto “automatica”.
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Alberto Barbera, cosa pensa
della nomina di Roberto Cicutto alla presidenza della Biennale? «Non mi sento di esprimere un giudizio in merito alla decisione del ministro Franceschini, che avrà avuto i suoi motivi per non confermare il presidente attuale. Nei confronti di Baratta, in questo periodo di incertezza sul futuro della Biennale, sono arrivati molti attestati di stima e di richiesta per una sua conferma, logica di un lavoro straordinario fatto in questi anni. Credo che nessuno più di lui abbia fat-
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La tranquillità si riferisce anche al futuro: quest’anno, ultimo sulla carta per lei, sarà utile per capire cosa succederà dopo.
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MARTEDÌ 28 GENNAIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
PRIMO PIANO
Dopo le regionali Il sottosegretario alla Presidenza del consiglio sugli scenari politici e sulla sfida a Zaia «La vittoria di Bonaccini in Emilia Romagna dimostra che siamo tornati al bipolarismo»
Martella: «Pd veneto, nessun ritardo sì a un patto con liste civiche e M5S» L’INTERVISTA
Albino Salmaso
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ottosegretario Andrea Martella, la vittoria di Bonaccini in Emilia Romagna può ridare entusiasmo anche al Pd Veneto nella sfida contro Zaia? Non siete un po’ in ritardo? «No, assolutamente, ma quale ritardo. A breve il Pd e il centrosinistra sceglieranno il candidato per sfidare Zaia alle elezioni regionali. Ci vuole un’alleanza molta vasta: Pd, tutte le forze di centrosinistra e Coalizione Civica, e, possibilmente, anche il M5S. Il 24 maggio si va al vo-
«Entro febbraio dem e centrosinistra sceglieranno il candidato governatore» to in sei regioni e in città importanti, a partire da Venezia. La straordinaria vittoria di Bonaccini premia il suo buon governo e dimostra anche che quando il Pd si apre alla società civile si possono ottenere grandi risultati. Il Pd è tornato ad essere il primo partito con il 34%, nonostante le scissioni. Le liste civiche a sostegno di Bonaccini e il movimento delle sardine hanno fatto la differenza». Bonaccini ha fatto sparire i simboli di partito e si è presentato con il profilo del governatore che pensa solo ad amministrare. E ce l’ha fatta alla grande. «Bonaccini ha portato alle urne una fetta del popolo di sinistra che nelle ultime tornate elettorali che si era astenuta. In treno sto leggendo le
In primo piano a destra Andrea Martella impegnato nella trattativa per far nascere il governo Conte2 Qui è al tavolo con esponenti del Pd e del M5s: siamo nell’agosto 2019, dopo il ribaltone del Papeete
analisi dei flussi elettorali dell’istituto Cattaneo che spiegano come il governatore del Pd sia stato premiato dal voto disgiunto, anche da parte degli elettori del M5S. In Italia si sta tornando al bipolarismo: il centrosinistra guidato da Zingaretti e la destra di Salvini. Una clamorosa inversione di rotta rispetto alle politiche del 2018. Certo, bisogna prendere atto che siamo tornati al bipolarismo e spero che, nel rispetto della sua autonomia, il M5s negli Stati generali di marzo possa trovare una sua strada autonoma in uno schieramento riformista. Non vogliamo annettere nessuno, ma dialogare con le forze che si riconoscono nell’azione del governo Conte». Dica la verità: non avete deciso chi candidare in Ve-
neto e nelle altre regioni perché se Salvini avesse vinto in Emilia il governo avrebbe fatto fagotto... «No. Abbiamo sempre creduto nella vittoria di Bonaccini. Chi esce con le ossa rotta è Matteo Salvini che ha voluto fare dell’Emilia un test nazionale e ha preso una sonora sconfitta: non basta creare un clima di paura per raccogliere consensi, ci vuole anche una proposta seria, autorevole di governo e la Lega non ce l’ha. Anche in Veneto la proposta politica di Zaia è nettamente in ritardo rispetto alle domande della società». Un passo alla volta. Il governo Conte non rischia di cadere con il M5S al 3 per cento? «Direi di no. Con il premier siamo pronti per una nuova
I consiglieri dem al Ferro-Fini «Scossa utile anche per noi»
VENEZIA. «La vittoria di Bonaccini in Emilia Romagna ci riempie di soddisfazione, adesso questo entusiasmo deve trasformarsi in benzina: serve un centrosinistra unito, che lavori compatto
moretti insiste
«Ci vogliono le primarie per lanciare la coalizione»
Bonaccini e la Moretti PADOVA. Dal suo seggio a
Venerdì la direzione regionale del Pd dovrà scegliere chi candidare contro Zaia: lei cosa propone? «Dobbiamo presentarci in Veneto con un modello alternativo, con un programma che abbia al centro sanità, servizi sociali, ambiente, casa e infrastrutture. Il Pd si deve caratterizzare per il massimo dell’apertura alle liste civiche e, se lo vorrà, anche al M5S. Noi siamo pronti a collaborare. Amministriamo tre importanti città come Padova, Rovigo e Belluno. E’ presto per fare nomi ma dopo il via libera all’alleanza e al programma va scelto il candidato migliore, con un accordo tra le forze politiche o, se occorre, con le primarie di coalizione». Italia viva e Azione sembrano pronte a correre ad sole. Lei che ne pensa? «Mi permetto di dire a Renzi e Calenda di fare tesoro del voto in Emilia e Calabria. Non c’è molto spazio al centro, siamo tornati al bipolarismo e l’alleanza che deve sfidare Zaia ha il dovere di presentarsi il più unita possibile». —
Bruxelles, l’eurodeputata dem Alessandra Moretti non ha perso i contatti con le vicende del pd Veneto e torna a ribadre la necessità di convocare le primarie in Veneto. «In Emilia Romagna ha vinto Stefano Bonaccini grazie alla capacità di unire e promuovere la partecipazione democratica di tante forze politiche, liste civiche e società civile. Il Veneto può e deve imparare dall'Emilia Romagna: non dobbiamo avere timori e giocare di rimessa. Le primarie possono essere un grande attivatore di entusiasmo e democrazia partecipativa. Facciamole per un centro sinistra che sia davvero largo e inclusivo», dice la Moretti. La sua idea era di votare addirittura i contemporanea con le elezioni regionali in Emilia Romagna, ma non è stata accolta. E venerdì sera lei tornerà da Bruxelles per far sentire la sua voce, per nulla scontata, sul dibattito interno al Pd: la Moretti non si rassegna a cedere la poltrona di candidato governatore senza la chiamata alle urne. Ce la farà a convincere l’assemblea regionale che conviene scendere in piazza contro Zaia? Il dibattito è aperto. E i colpi di scena in agguato. —
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punto di riferimento per una larga parte degli elettori. E un candidato, Stefano Bonaccini, che ha fatto la differenza. È su questa strada che dobbiamo continuare a lavorare». E c’è chi guarda già ai futuri equilibri politici nazionali: «Il partito democratico è
politico su quel bipolarismo che in troppi hanno anzitempo dato per finito», commenta il deputato veneto Diego Zardini. «Lo ha giustamente sottolineato anche il segretario nazionale Zingaretti ed è chiaro che sposta anche gli equilibri all’interno del governo. In Veneto, per le prossime elezioni regionali o emerge una candidatura autorevole, forte e in grado di mantenere unito tutto il centrosinistra, come ha fatto Bonaccini, oppure non è da escludere il ricorso alle primarie, uno strumento di democrazia importante da tenere aperto a tutti i soggetti che vorranno partecipare e non limitato ai confini del partito democratico». —
«Occorre aprirsi alla società civile così si possono ottenere grandi risultati»
i commenti del partito veneto
Il sottosegretario all’Economia Baretta: la ricetta vincente è quella di ripartire dopo gli insuccessi individuando un leader che faccia la differenza
za per competere sul mercato internazionale. La Patreve esiste di fatto sotto il profilo economico e sociale, ma non istituzionale perché Zaia si è sempre opposto al suo riconoscimento difendendo l’idea di una regione centralista che mal sopporta l’autonomia delle città». A proposito di autonomia, a che punto siamo con la legge quadro di Boccia? «Il ministro ha già discusso il testo in consiglio dei ministri, se ci sono da fare modifiche migliorative si faranno con il contributo di tutti. Con il via libera alla proposta di Boccia si passerà poi alla fase operativa con ricadute positive molto importanti anche per le province di Belluno e Rovigo che entrano nei progetti dei fondi strutturali europei per colmare il gap delle infrastrutture con l’area metropolitana».
per battere Zaia». È il commento del gruppo del Pd all’assemblea regionale, secondo il quale la conferma del governatore emiliano «può rappresentare una scossa anche per il Veneto». «Può davvero aprirsi una nuova fase per il centrosinistra», aggiungono i consiglieri dem di Palazzo Ferro-Fini «ma non dobbiamo perdere tempo. Occorre rompere gli indugi e partire
con una campagna serrata, casa per casa, smascherando la propaganda populista della Lega che parla di tutto tranne che dei problemi reali del territorio: ambiente, sanità, calo demografico, trasporto pubblico». Nota sferzante: «Visti i risultati dell’iperattivismo di Salvini in Emilia gli chiediamo di venire anche qua a suonare i campanelli: potremmo accompagnarlo da qualche fa-
agenda di governo che partendo dal taglio del cuneo fiscale, come cardine delle politiche a sostegno del lavoro, possa concentrarsi su investimenti nella green economy, infrastrutture e innovazione». Parliamo di Veneto: come pensate di sconfiggere la Lega di Zaia? «Non si parte sconfitti contro Zaia perché il governatore della Lega è in profondo ritardo sulle scelte strategiche del Veneto. Confindustria rilancia il dibattito sulla Patreve e il governatore non ha una sola idea su come organizzare i servizi nell’area metropolitana tra Venezia, Padova e Treviso. La classe politica della Lega è nettamente in ritardo rispetto alle forze economiche e sociali che chiedono riforme ed efficien-
miglia che aspetta da vent’anni un alloggio popolare, o da chi attende anche un anno per una visita specialistica». Reazioni soddisfatte anche dai rappresentanti del Governo: «Con il risultato positivo del governatore Bonaccini, qualcosa è cambiato e può cambiare nel clima del Paese», fa eco il sottosegretario all’Economia ed esponente del partito democratico Pier Paolo Baretta, convinto che «sono stati tre i fattori determinanti. Un popolo, quello emiliano-romagnolo, che ha saputo reagire alle provocazioni di Salvini e della destra. Un partito, il Pd, che è stato capace di ripartire e confermarsi, anche in Calabria, quale
Zardini: «Dalle urne un risultato che sposterà gli equilibri all’interno del governo» centrale nella costruzione di un fronte di centrosinistra alternativo alla destra. Il voto in Emilia e la vittoria di Stefano riportano l’asse
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MARTEDÌ 28 GENNAIO 2020 IL MATTINO
PRIMO PIANO
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Dopo le regionali manuel brusco
«La sconfitta di Salvini un risultato storico» VENEZIA. Che succede in
di riprendersi. Il PD è una bestia millenaria e voi troppo ingenui per tenere testa». Come non bastasse, Nicola aggiunge: «La verità è che il Pd deve tutto al M5s perché lo ha “riabilitato”, solo che tanti italiani hanno la memoria corta». Poi un riferimento ai fatti locali: «Il fatto è questo. Certamente moltissimi 5s sono persone oneste, però ora che siete al governo dovete ascoltare la gente. In Comelico si muore di vincoli e di blocchi ambientali, in montagna non ce la facciamo più. La gente è stanca, 20 anni di turismo buttato, ora è il momento del coraggio. Forza Federico», scrive Loris. Come finirà? Alvise Maniero, deputato veneziano, fedelissimo di Di Maio, non ha dubbi: «Sugli scenari in Veneto credo quasi tutti gli attivisti siano contro alleanze con il Pd. Per me come per tutti i portavoce nazionali (tranne D Incá), nessuna alleanza con il Pd. Credo sia lo stesso anche per tutti i regionali. Siamo con i cittadini, l’alternativa ai due soliti partiti, non la stampella di uno o dell’altro. Per quanto mi riguarda non serve nessuna votazione su Rousseau a riguardo, tantomeno quando ha un solo effetto: far perdere tempo prezioso al tanto lavoro da fare», conclude Maniero. — Albino Salmaso
consiglio regionale a Venezia tra i grillini? Chi si schiera a favore del patto con il Pd? Nessuno fa un passo avanti. Manuel Brusco, che ha guidato la commissione sui Pfas, vera calamità per la salute in Veneto, dopo aver analizzato i risultati definitivi afferma: «In Emilia Romagna si trattava di arginare con coerenza e indipendenza, l’assalto da parte di Salvini, che era tutto politico, volto a dare una spallata al governo. Nulla ha mai avuto a che vedere con i veri problemi della regione. In Veneto si tratta, sempre con coerenza e indipendenza, di svelare il colossale bis della narrazione di Zaia. L'eccellenza assoluta, stile “siamo i migliori”. Che si tratti di una realtà inventata l'hanno detto bene i cittadini che sui social si sono rivoltati contro l’ennesimo racconto di una sanità perfetta. Zaia sventola numeri, la gente aspetta anni per un esame clinico», afferma il consigliere regionale. «Poi ci sono l’inquinamento a livelli folli, la mancanza di prospettive per i giovani che se ne vanno e non tornano, la piccola impresa che non viene aiutata a innovarsi e boccheggia, la criminalità organizzata con tutte le mafie che si sono ormai installate a fanno affari. Vi sembra una regione che funziona, il Veneto? Non dobbiamo inventarci nulla, solo metterci in ascolto dei veneti e dar loro voce. Anche a chi non ci vota» afferma Brusco. Ultimo tema, quello più spinoso: le alleanze. «Se si hanno davvero obiettivi comuni, si finisce per incontrasi sul campo della politica, del voto in consiglio regionale. Come opposizione a Zaia». —
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Da sinistra Jacopo Berti, Federico D’Incà, Erika Baldin, Simone Scarabel e Manuel Brusco all’assemblea regionale del M5s a Selvazzano: si vota su Rousseau con chi allearsi
Il M5S affronta il crac Emilia «Veneto, decida Rousseau» Sfida a Zaia, il ministro D’Incà torna a rilanciare l’alleanza di governo con il Pd ma il suo post su Facebook scatena un tam tam di reazioni spesso contrarie PADOVA. E ora con il M5s tra il
5-6 per cento in Emilia e sotto il 5 in Calabria, cosa può succedere nelle sei regioni al voto il 24 maggio? Vito Crimi ripete con orgoglio: il M5s continua la sua battaglia per le riforme e i rapporti di forza nel governo non cambiano. E in Veneto che scenari si prefigurano? Il recente meeting di Selvazzano ha lasciato in sospeso l’interrogativo che sarà sciolto con le primarie on line sulla piattaforma Rousseau: decidere se presentarsi da soli o se invece entrare nella coalizione con il Pd e le liste civiche dell’aerea Lorenzoni per sfidare Zaia. A sostenere questa proposta è stato il ministro Federico D’Incà, convinto più che mai con Patuanelli e l’ala pragmatica, che l’asse di governo a Roma vada esportato anche in periferia. Perché a palazzo Chigi si prendono delle decisioni
nell’interesse del Paese in grado di mettere fine agli slogan della Lega. L’autonomia? Arriverà con la legge Boccia e non con Salvini. Il Mose in funzione nel 2021? Sarà il risultato del lavoro del ministro De Micheli, dopo i ritardi accumulati da Galan e Berlusconi, con Zaia al governo nel centrodestra. Ieri, con un post su Facebook, D’Incà ha aperto il dibattito con un fiume di condivisioni in cui prevale però l’ostilità all’alleanza con il Pd. Per orgoglio di movimento ma anche perché l’antipolitica è nel Dna dei grillini e i dem sono i “professionisti” della politica. «A Simone Benini candidato presidente del M5S - Regione Emilia Romagna e a Francesco Aiello candidato in Calabria bisogna solo dire grazie per l’enorme lavoro svolto. I numeri, come quelli venuti fuori dalle regionali in Emilia
L’ex parlamentare dem: sì a nuove politiche
Rubinato: «L’autonomia per battere il malcontento» L’APPELLO
er la presidente di Veneto Vivo, la trevigiana Simonetta Rubinato, «la vittoria di Bonaccini in Emilia Romagna rilancia l'istanza autonomista». «L'arroganza non paga mai. Se è vero che Salvini, con la sua campagna paese per paese - aggiunge l'ex parlamentare
«P
Simonetta Rubinato
Romagna e in Calabria, sono un’indicazione importante su cui riflettere, e lo si farà certamente durante gli stati generali del MoVimento 5 Stelle di marzo, ma non possono essere un dato su cui fondare speculazioni in merito al futuro del MoVimento, del Governo o del Paese. L’Esecutivo nazionale sta continuando a lavorare, con un orizzonte fino al 2023, per portare a termine le riforme in programma», scrive Federico D’Incà che ricorda la sua visita a Cibiana di Cadore, paese dove ha lavorato come portalettere all’età di 19 anni. I commenti dimostrano però che nel M5s si procede per slogan più che per analisi sui contenuti. Alessandro Trentin scrive: «La cosa più sensata per il Paese e per dare ancora un senso alla parola democrazia è sfiduciare il governo. Solo così il M5S ha una speranza
del Partito democratico -, è riuscito a mobilitare una marea di elettori di centro destra che probabilmente non sarebbero neppure andati a votare, è altrettanto vero che, con i suoi toni eccessivi, ha colpito l'orgoglio delle genti emiliano romagnole per la propria storia e identità, facendo sì che la sinistra si mobilitasse come non accadeva più da tempo. E contribuendo così alla vittoria a Bonaccini». Per Rubinato «Bonaccini ha il merito di aver capito che non bastava rivendicare buoni risultati o contare su asserite rendite di posizione politica, ma che bisognava rimboccarsi le maniche facendo una campagna “porta a porta” sul merito
ALVISE MANIERO DEPUTATO DEL MS5 ED EX SINDACO DI MIRA NO AL PATTO CON IL PD
Alvise Maniero: non vogliamo il patto con i dem Non occorre perdere tempo prezioso sulla piattaforma dei problemi». La sfida oggi, osserva ancora, «non è tanto tra sinistra e destra, ma tra centri storici e periferie, tra luoghi che contano e luoghi dimenticati e che percepiscono il declino per sé e i propri figli. È la geografia del malcontento che esprime nel voto nelle democrazie occidentali liberali. Questo è il tema da affrontare con una politica europea e nazionale diverse, attente a politiche di sviluppo territoriali differenziate, Ecco perché – conclude l’ex parlamentare del Pd – è necessario attuare l'autonomia differenziata, richiesta non a caso proprio dalle tre Regioni che sono il motore dello sviluppo nel nostro Paese». —
italia viva
Sbrollini: «Addio FI e grillini una prateria davanti a noi» VICENZA. «Adesso per giorni
non si farà altro che parlare di questo risultato elettorale. Il Paese però ha bisogno di ben altro. L'agenda di rilancio dell'economia non è ancora chiara. Conte ha promesso un tavolo subito dopo l'inizio dell'anno. Ora è il momento di convocarlo». Lo afferma la senatrice vicentina di Italia Viva Daniela Sbrollini, commentando l'esito delle regionali in Emilia Romagna. «Sblocchiamo le grandi opere - prosegue Sbrol-
lini - mettiamo in circolo immediatamente tutte le risorse bloccate. Dal punto di vista più squisitamente politico c'è da rimarcare che il buonsenso emiliano romagnolo ha sconfitto la demagogia salviniana. La serietà vince sulla improvvisazione. Per il nostro progetto di Italia Viva si apre una nuova stagione. Abbiamo idee e proposte. Il voto in Emilia Romagna sancisce la scomparsa di Forza Italia e del M5S. C'è una prateria davanti a noi», conclude.—
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Primo Piano
REGIONALI 2020
Martedì 28 Gennaio 2020 www.gazzettino.it
I riflessi a Nordest
e elezioni regionali in Emilia Romagna, quelle che dovevano dare la spallata al governo giallo-rosso di Giuseppe Conte, Luca Zaia le sintetizza in quattro punti: «C’è un presidente che ha vinto le elezioni. La Lega ha avuto un exploit di voti pauroso. C’è stata la débâcle del Movimento 5 Stelle. Il governo non se ne va a casa e resta ancora lì». Il governatore leghista della Regione Veneto prossimo alla ricandidatura (tema del quale continua a non voler parlare), non cita Stefano Bonaccini, non concorda con chi sostiene che le elezioni di domenica in Emilia Romagna siano state il fallimento di Matteo Salvini, glissa sui possibili errori della campagna elettorale, ma dice anche di non aver mai creduto a un automatismo tra il voto di Bologna e Palazzo Chigi.
zione di sinistra sia stata scalfita. Lo dimostrano i dati, il centrodestra non ha mai avuto tutti questi voti in Emilia Romagna. Molto probabilmente, vedendo l’alta affluenza, molti di sinistra che non andavano da anni più a votare hanno deciso di andare alle urne».
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Presidente Zaia, i commentatori dicono che Salvini è il grande sconfitto. «Siamo abituati a Salvini che fa crescere la Lega, ma in Emilia Romagna un anno e mezzo fa nessuno si sarebbe aspettato di arrivare al 32 per cento. Il dato politico ci dice che la Lega ha avuto un exploit pauroso. E non dimentichiamo che noi, in Emilia Romagna, eravamo tendenti allo zero. La partita l’abbiamo persa, la roccaforte non è stata espugnata, ma il risultato politico c’è e ce l’hanno riconosciuto tutti. E poi in Calabria ha vinto il centrodestra, un ottimo risultato». Il dem Stefano Bonaccini ha dimostrato di essere un valore aggiunto, la leghista Lucia Borgonzoni pare proprio di no. «Il presidente uscente porta sempre un suo bagaglio di consenso personale perché è stato conosciuto, apprezzato da qualcuno e non apprezzato da altri. Diverso chi non ha governato ed esordisce per la prima volta». La gaffe di Borgonzoni sull’Emilia Romagna che confinerebbe con il Trentino, la “citofonata” di Salvini. La Lega ha sbagliato campagna elettorale? «Io non faccio parte degli illuministi che fanno le analisi e i commenti il giorno dopo. La verità è che ogni campagna elettorale è una storia a sé». Un tempo, dopo un risultato del genere, qualcuno avrebbe chiesto le dimissioni del se-
GIORNO DELLA MEMORIA Il governatore Luca Zaia ieri in Ghetto a Venezia per la commemorazione della Shoah (FOTOATTUALITÀ)
L’intervista Luca Zaia
«Exploit Lega e tonfo del M5s ma abbiamo perso la partita» «Emilia, grande risultato per noi, ma non `«Ora spero che il governo non investa sulla siamo riusciti ad espugnare la roccaforte» paralisi: non possiamo fermarci altri 6 mesi» `
Ambiente
«Il Parco della Lessinia non si tocca» VENEZIA Raccontano che sia stato durissimo. Che non abbia neanche preso in considerazione la cartina portata a Treviso dal consigliere regionale cimbro Stefano Valdegamberi secondo cui il Parco della Lessinia non verrebbe affatto ridotto, ma, anzi, aumenterebbe di 50 ettari. Niente da fare. Il governatore Luca Zaia, nella riunione di gruppo della Lega tenutasi ieri pomeriggio, ha dato l’aut aut: la faccenda del Parco della Lessinia va risolta, la proposta di legge di Valdegamberi e dei leghisti Alessandro Montagnoli
ed Enrico Corsi non può essere approvata, anche a costo di ritirarla. La mobilitazione degli ambientalisti, la proteste delle opposizioni di centrosinistra, la marcia sulla neve domenica scorsa con migliaia di partecipanti, hanno colpito nel segno. Ma dal Pd c’è chi torna all’attacco: «Zaia non è il salvatore della Lessinia - ha detto il consigliere regionale Graziano Azzalin - è ridicolo, se non offensivo anche nei suoi confronti, pensare che non sapesse niente della proposta di tagliare il Parco». (Al.Va.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Veneto, i grillini si giocano il tutto per tutto: soli al voto I TIMORI VENEZIA Visto dal Veneto, il film delle elezioni di domenica scorsa deve sembrare un horror, agli occhi del Movimento 5 Stelle. Qui la curva storica dei risultati ha avuto un andamento analogo a quelli di Emilia Romagna e Calabria nell’ultimo lustro: buona partenza alle Europee 2014, primo calo alle Regionali 2015, eccezionale boom alle Politiche 2018, improvviso crollo alle Europee
2019. Dopo il nuovo tonfo alle Regionali 2020, registrato attorno alle candidature di Simone Benini e Francesco Aiello, la sensazione fra i pentastellati veneti è di vivere un déjà-vu, ma il ministro bellunese Federico D’Incà invita ad evitare «speculazioni in merito al futuro» e il consigliere regionale veronese Manuel Brusco chiama alla battaglia «con coerenza e indipendenza»: già nei prossimi giorni partiranno le autocandidature su Rousseau, in vista di una corsa in solitaria.
I DATI
CATTIVI PRESAGI, NELL’ULTIMO LUSTRO LA CURVA DEI RISULTATI È STATA SIMILE A QUELLA DI EMILIA ROMAGNA E CALABRIA
Brucia ancora a Nordest il milione di voti “bruciati” nel giro di un anno. Tanti infatti ne erano stati persi in termini assoluti fra 2018 e 2019 nella circoscrizione Italia Nord-Orientale, che comprende anche l’Emilia Romagna oltre al Veneto, al Friuli Venezia e al Trentino Alto Adige. A quel-
lo sgradevole ricordo si aggiungono ora i dati dell’altro giorno. In Emilia Romagna i consensi del M5s erano inizialmente scesi dal 19,2% del 2014, al 13,2% del 2015, per poi salire al 27,5% nel 2018, ricalare al 12,9% nel 2019 e quindi planare al 4,7% nel 2020. In Calabria le preferenze erano originariamente calate dal 21,5% del 2014 al 4,9% del 2015, dopodiché si erano impennate al 43,3% nel 2018, salvo poi riabbassarsi al 26,6% nel 2019 e infine atterrare al 7,3% nel 2020 (sotto la soglia di sbarramento dell’8%, dunque senza conquistare seggi). Al netto delle dinamiche locali, la preoccupazione è per una possibile ulteriore contrazione anche in Veneto, dove l’altalena aveva toccato il 19,9% alle Europee del 2014, il 10,41% alle Regionali 2015, il 24,4% alle Politiche 2018 e l’8,9% alle Europee 2019.
«MI ASPETTO ANCORA L’AUTONOMIA: GIOVEDÌ SARÒ IN AUDIZIONE IN COMMISSIONE PER LE QUESTIONI REGIONALI»
gretario o un congresso straordinario. Salvini è in discussione? «Decisamente no, non si mette in discussione un leader che ha portato il partito dal 3% al 32% di ieri in Emilia Romagna». Quanto hanno inciso le Sardine? «Posto che le piazze sono di tutti, non ne ho la più pallida idea. Stiamo parlando di una regione con forte tradizione di sinistra e io penso che questa forte tradi-
M5s alle urne
19,9% L’esito delle Politiche del 2018, dopo il 10,41% delle Regionali 2015
8,9%
Il calo registrato alle Europee 2019: ora l’attesa per le Regionali
D’INCÀ: «RIFLETTIAMO MA SENZA SPECULARE SUL GOVERNO» BRUSCO: «IN BATTAGLIA CON COERENZA E INDIPENDENZA»
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Appunto. Si diceva che se fosse caduto il governo e si fosse andati a elezioni politiche anticipate, un pensierino su Roma l’avrebbe fatto. Visto com’è andata, si ricandida in Veneto? «Parlerò del mio futuro al momento debito, ora sono concentrato sull’amministrazione. Abbiamo un sacco di dossier sul tavolo: i Pfas, la Pedemontana, l’autonomia, le Olimpiadi, le infrastrutture, l’ambiente, il sociale. Spero solo che questo governo non investa sulla paralisi, il paese non si può fermare sei mesi prima e sei mesi dopo le elezioni. E mi aspetto l’autonomia». Convinto? «Se il governo vuole recuperare un minimo di credibilità deve dimostrare che non prende in giro i veneti. Io sarò il primo a riconoscergli coerenza se porterà avanti l’autonomia. E sono convinto che ciò avverrà, il dubbio è sui tempi. Giovedì sarò in audizione in Commissione per le questioni regionali e ho chiesto alla presidente Emanuela Corda, del M5s, di farne una anche a livello regionale». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il risultato in Veneto alle Europee 2014: una buona partenza
24,4%
Avesse vinto Lucia Borgonzoni oggi la Lega avrebbe chiesto le dimissioni di Conte. «Io non ho mai creduto nell’automatismo e cioè che una vittoria in Emilia Romagna comportasse il fatto di mandare a casa il governo. Tra l’altro questo governo ha una prerogativa: nessuno dei suoi componenti ha la convenienza di andare a votare, quindi faranno di tutto, specie con la diaspora dei Cinquestelle, per non andare a casa, a maggior ragione avendo vinto in Emilia Romagna. Che poi se fai la somma algebrica dei voti che hanno preso domenica in Emilia Romagna, mica ce l’hanno la maggioranza: Pd 34,69%, M5s 4,74%, Italia Viva manco s’era presentata, in tutto non hanno nemmeno il 40%. Il governo di Conte dovrebbe dimettersi, altroché. Già adesso ci sono 13 regioni a guida centrodestra, aspettate le prossime sei elezioni regionali in primavera».
CONSIGLIERE REGIONALE Il veronese Manuel Brusco è esponente del Movimento 5 Stelle in Veneto
I COMMENTI D’Incà osserva questi dati da una posizione di Governo: «I numeri, come quelli venuti fuori dalle Regionali in Emilia Romagna e in Calabria, sono un’indicazione importante su cui riflettere, e lo si farà certamente durante gli stati generali del Movimento 5 Stelle di marzo, ma non possono essere un dato su cui fondare speculazioni in merito al futuro del Movimento, del Governo o del Paese. L’esecutivo nazionale sta continuando a lavorare, con un orizzonte fino al 2023, per portare a termine le riforme in programma». La proposta di mettere al voto su Rousseau l’ipotesi di un’alleanza con il Partito democratico, avanzata dal ministro ai Rapporti con il Parlamento durante l’assemblea regionale di dieci giorni fa, non è però passata. Sulla piattaforma digitale sa-
ranno presentate solo le candidature degli aspiranti consiglieri regionali, in vista della scelta del candidato governatore. Nessun asse giallorosso, «perché a Roma è stato fatto l’errore di mettersi in giacca e cravatta», spiega Brusco: «In Emilia Romagna si trattava di arginare con coerenza e indipendenza l’assalto da parte di Salvini, che era tutto politico, volto a dare una spallata al Governo. Nulla ha mai avuto a che vedere con i veri problemi della regione. In Veneto si tratta, sempre con coerenza e indipendenza, di svelare la colossale bugia della narrazione di Zaia. L’eccellenza assoluta, il “siamo i migliori”. Che si tratti di una realtà inventata l’hanno detto bene i cittadini che sui social si sono rivoltati contro l’ennesimo racconto di una sanità perfetta». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA
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MARTEDÌ 28 GENNAIO 2020 IL MATTINO
PRIMO PIANO
Dopo le regionali Il vicesindaco di Padova alla conquista della Regione: «Non c’è una faccia buona, la Lega è fatta di quelli che vanno a suonare ai citofoni»
Lorenzoni: «Mobilitazione per battere Zaia con partiti, civici, sardine e Cinque Stelle» Claudio Malfitano PADOVA. «Qualcosa è cambia-
to. Sempre meno persone abboccano agli approcci minacciosi che fanno leva sulle paure. Per questo il Veneto è contendibile, ma serve un progetto credibile e unitario». È il pensiero di Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova che quando gli si chiede se sarà lui il candidato governatore, come da tempo si mormora, dimostra di aver imparato anche un po’ di politichese: «Io sono solo uno di quelli che lavora a questa idea. E che vuole rispettare i tempi di partiti e movimenti che devono riuscire ad aggregarsi attorno a temi comuni». Lorenzoni, davvero pensa che Zaia si possa battere? «L’Emilia insegna che tutto è possibile quando c’è partecipazione. Di fronte a certe scene la stragrande maggioranza delle persone si mobilita per restare nei binari della ragionevolezza». Anche nel Veneto leghista? «Non serve suonare ai citofoni di tutti i veneti per convincerli che si può fare meglio in questa regione». Ma Zaia, come Bonaccini, è considerato un bravo amministratore. «Solo in base al principio del “chi non fa, non sbaglia”». Di certo non va a suonare ai citofoni. «Ma i suoi sono leghisti. Non c’è nessun volto buono. La Lega è quella cosa lì». Guardando al concreto, però, qui la sanità funziona, è tra le migliori d’Italia.
«Intendiamoci: non penso sia una partita facile. Ma bisogna guardare alla vita delle persone, più che agli slogan. Se io chiamo per un’ecografia quanto devo aspettare? La sanità non sono solo gli acuti. Ci sono aree completamente scoperte, in cui c’è una spinta verso i privati». Una regione che non è il paradiso descritto da Zaia? «C’è stata Vaia. Vogliamo parlare di cambiamenti climatici? La Lega è l’unico partito
«Se sono io il candidato? Sto soltanto lavorando all’idea di unire tutti i progressisti» che ha votato contro gli accordi di Parigi. Parliamo di gestione dei rifiuti e assetto del territori? Oppure di infrastrutture: che fine ha fatto l’Sfmr?» Parliamo di politica. Lei sta cercando di federare tutto il vasto mondo civico. «C’è molta gente che si impegna dal basso in questa regione. Sono energie importanti, la risposta è incredibile. Così è nato “Il Veneto che vogliamo”». Vuole dialogare anche con i Cinque Stelle? «Parlo anche al loro elettorato. Se gli sta a cuore una proposta chiara sui temi delle loro stelle, noi ci stiamo provando: acqua, ambiente, trasporti, connettività e sviluppo». Serviranno le sardine anche in Veneto? «In questi mesi hanno fatto emergere il desiderio di parte-
Il vicesindaco Arturo Lorenzoni durante una manifestazione del movimento di “Coalizione civica” in piazza delle Erbe a Padova
cipazione e di una politica nuova. Il messaggio è chiaro». Ma il Pd potrebbe ritrovare un po’ di orgoglio puntando su un suo candidato. «Il Pd ha una responsabilità istituzionali che lo rende particolarmente orientato a un risultato di valore per tutti. Io penso prevarrà la volontà di un progetto credibile e unitario. La gente premia chi unisce e non chi divide. Quindi l’obiettivo è trovare colui o colei che unisce». Oltre che il suo, gira anche il nome del capogruppo dem
Stefano Fracasso. «Ho un’ottima amicizia con lui. Da tempi non sospetti». Non sarebbe opportuno fare le primarie? «Purtroppo non c’è più tempo. E poi rischia di essere un elemento che non amalgama ma che enfatizza gli aspetti più divisivi. Non ne vale la pena». Avete il timore che Salvini possa venire a fare campagna elettorale in Veneto? «Visto come è andata in Emilia, è il benvenuto». — © RIPRODUZIONE RISERVATA
Stasera vertice di coalizione L’annuncio nel weekend Ieri la segreteria regionale del Pd, e stasera è in programma il vertice di tutti i partiti della possibile coalizione di centrosinistra, compresi Italia Viva di Renzi e Azione di Calenda. Dal risultato delle
regionali in Emilia partirà il ragionamento per arrivare alla definizione della candidatura che sfiderà Luca Zaia alle regionali in primavera. L’annuncio ufficiale è atteso per il fine settimana, visto che venerdì è convocata anche una direzione del Pd regionale. In campo ci sono i nomi di Arturo Lorenzoni per il mondo civico, ma anche Stefano Fracasso e Alessandro Bisato per il Pd, mentre i “calendiani” hanno proposto l’imprenditore Alberto Baban.
il sindaco sergio giordani
«Il buon governo paga sempre e ora niente steccati» suo vicesindaco e qualcuno dei suoi assessori dovesse candidarsi.
Mano tesa agli elettori “grillini” «Non ci sono preclusioni per chi vuole arricchire il nostro progetto di città Noi dialoghiamo con tutti»
L’ODIO NON PAGA
PADOVA. «C’è poco da fare, so-
lo il buon governo paga, a prescindere dai colori politici». Nel suo modo “genuino” di intendere la politica, il sindaco Sergio Giordani sembra quasi fare un involontario assist a Luca Zaia nel commentare la vittoria di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna. Con il neo-governatore si è complimentato attraverso un messaggino, e lo stesso ha fatto con la presidente della Calabria Jole Santelli. In realtà quello del primo cittadino è un modo per “blindare” la propria giunta in vista di un probabile rimpasto che seguirà le elezioni regionali, se il
Il sindaco di Padova Sergio Giordani
Prima di tutti però, il commento di Giordani, è la rivendicazione di un modo diverso di fare politica: «Le esagerazioni, gli estremismi, lo scontro totale sempre e a ogni costo non piacciono alla gente, specie quando all’amministratore le persone chiedono semplicemente di occuparsi delle questioni locali bene e ogni giorno – prosegue il primo cittadino – Non paga sobillare l’odio, non paga urlare i fenomeni che preoccupano, giustamente, l’opinione pubblica senza risolverli». Un modo per rivendicare anche la non appartenenza ai partiti: «Personalmente esco rafforzato nell’idea che è da sempre un mio cavallo di bat-
taglia: resterò totalmente civico, continuerò a pensare solo a Padova, lavorerò in maniera positiva con tutte le istituzioni, privilegerò sempre il dialogo alle liti». L’APERTURA ALL’M5S
Giordani ha sempre detto che preferirebbe proseguire con la sua squadra, senza cambi e senza candidature alle regionali. Ma che non può certo limitare le ambizioni o fermare le candidature di qualcuno. L’intenzione però è quella di arrivare, con lo stesso spirito, a fine legislatura (e probabilmente anche oltre): «Sono assolutamente soddisfatto della mia squadra che ha le gambe per correre ancora a lungo a servizio dai padovani, ma dobbiamo continuare a sporcarci le mani per risolvere problemi e non mettere mai la politica
prima di Padova», chiarisce. Quindi, il messaggio politico emerso dalle elezioni in Emilia Romagna: c’è una vasta parte di elettorato in libera uscita dall’M5S, che però in città non ha mai fatto registrare percentuali record. Giordani comunque apre: «A Padova non ci saranno mai steccati alzati per chi vuole arricchire con le sue idee un progetto di città, dalle forze moderate al Movimento 5 Stelle sono sempre pronto all’ascolto e alla collaborazione – ribadisce – Si dimostra anche vincente un modello che ci ha fatto vincere a Padova, con forze civiche che, unite, sanno espandere il bacino di consenso del Pd e delle altre forze partitiche che restano comunque risorse fondamentali e alle quali mi legano stima e rispetto». — C.MAL. Copia di promopress
MARTEDÌ 28 GENNAIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
PRIMO PIANO
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Dopo le regionali
Modello emiliano? No, il Pd veneto molto più vicino al baratro Calabria Dal risultato di domenica un’ombra sinistra sui democratici in ritardo nell’esprimere una leadership e un’alleanza coesa FRANCESCO JORI na rondine emiliana non fa primavera: per il Veneto da un quarto di secolo riserva faunistica del centrodestra, le regionali di primavera non promettono scenari alternativi. Il Po rimane e rimarrà l’invarcabile linea gotica per un centrosinistra condannato e autocondannato alla marginalità politica, per almeno cinque solide ragioni: 1) non dispone di un leader autorevole e riconosciuto come Bonaccini; 2) anche stavolta affronta la marcia verso le urne in ritardo, con idee confuse e colmo di “distinguo”; 3) ampi settori della cosiddetta società civile preferiscono le “sarde in saor” da delibare a tavola alle sardine da mobilitazione da cui farsi spingere verso le urne; 4) il volto della Lega in Veneto non è quello da “Tarzan de noantri” di Salvini, ma ha il format post-doroteo di Zaia che in queste terre non è mai passato di moda; 5) dalle Dolomiti all’Adriatico, la parola “sinistra” non esiste se non al maschile: “sinistro”. Se si vogliono utilizzare i risultati elettorali di domenica
U
seriamente, non come facevano gli aruspici con le viscere degli animali, il riferimento non può essere la confinante ma straniera Emilia, bensì la remota eppure omogenea Calabria: la regione in cui, assieme al Veneto, il Pd ha registrato storicamente i risultati peggiori in termini di consenso rispetto all’andamento della casa-madre. I Democratici in salsa veneta sono stati e rimangono gli ultimi in graduatoria nell’intero centro-nord; quelli alla calabrese lo sono stati fino alle politiche 2018, quando il partito è crollato in tutto il Sud, cannibalizzato dai Cinque Stelle. I dati di domenica
punto più basso, al 14. Da Bologna a Reggio, l’esito di domenica sembra tradursi in un luttuoso de profundis per i Di Maio-boys, e nel ritorno di un bipolarismo che sembrava affossato dal badile del “vaffa” grillino. Ma in Veneto risulta azzoppato come e più di prima, e tale rischia di rimanere dopo il voto di primavera: un po’ perché i Cinque Stelle in questa regione sono sempre rimasti cinque asteroidi; molto perché l’autolesionismo del centrosinistra sta contribuendo per la sua parte a fare della Lega alla Zaia un immeritato monumento. Basti ricordare la comica del referendum sull’autonomia, dove nello schierarsi tra il sì e il no il Pd riuscì nell’impresa di dividersi in tre posizioni. Le cronache del presente non paiono ispirarsi a un diverso copione: a una manciata di settimane dal voto, il centrosinistra discute ancora sul da farsi e sul come farlo, quasi avesse di fronte a sé mesi e non settimane per affrontare la campagna elettorale. Un ritardo tanto più colpevole, in quanto riduce il confronto agli inquilini delle stanze di partito e di movimento; ignorando che dopo i voti biso-
IL CONFRONTO ELEZIONI
PARTITO
VENETO
CALABRIA
POLITICHE 2008
PD LEGA CINQUE STELLE
26,50% 27,10% NON PRESENTE
32,60% NON PRESENTE NON PRESENTE
REGIONALI 2010
PD LEGA CINQUE STELLE
20,30% 35,20% 3,10%
15,80% NON PRESENTE NON PRESENTE
POLITICHE 2O13
PD LEGA CINQUE STELLE
21,60% 10,50% 26,30%
22,40% 0,20% 24,80%
REGIONALI 2015
PD E L. MORETTI LEGA E LISTA ZAIA CINQUE STELLE
16,7%+3,8% 17,8%+23,1% 10,40%
23,70% 0,70% 21,50%
16,70% 32,20% 24,40%
15,20% 12,20% 6,20%
(in Calabria 2014)
POLITICHE 2018
PD LEGA CINQUE STELLE
gna andarseli a conquistare sul campo, strada per strada e piazza per piazza. Non con gli slogan o le frasi fatte, ma facendo conoscere il candidato, le idee, gli accordi. È quello che sta facendo la Lega alla Zaia, sull’altro versante; da mesi, oltretutto. Muovendosi all’esterno verso il parterre regionale nel suo insieme, ma pure all’interno: per far capire ai salvinisti ad oltranza, inclusi quelli veneti oggi mimetizzati da “bronse coerte”, che nel cortile del governatore uscente (e rientrante) non c’è trippa per gatti. La nuova legge elettorale veneta consente al partito egemone di rinsaldare ancor più il suo strapotere, sbarazzandosi degli alleati odierni o riducendoli comunque a comparse, co-
me ha esplicitato un leghista doc come Marcato, dando voce a quello che nel Carroccio veneto sta maturando da mesi. La riedizione della lista Zaia del 2015 otterrà come allora più voti di quella leghista or-
Nel voto di maggio gli autonomisti potrebbero andare all’attacco del neo centralismo salviniano
pareti della sua segreteria monarchica. Naturalmente non è in questione la vittoria di Zaia rispetto alla compagine di centrosinistra, del tutto incapace di esprimere un programma e una leadership. Ma sarà la misura della vittoria a chiedere indagine. In particolare, che lo schieramento degli autonomisti possa trovare nell’imprenditore vicentino Roberto Brazzale - incredibilmente anti-euro! - il proprio candidato presidente non è questione di poco conto. Va premesso che gli autonomisti in Veneto hanno sempre brillato per la propensione a dividersi e farsi male da sè. Magari stavolta faranno tesoro del passato. Brazzale è alla testa di un gruppo caseario tra i più antichi d’Italia, che vale ricavi per 150 milioni di euro. In campagna elettorale non gli farebbero difetto le risorse finanziarie. Ma soprattutto non gli farebbero difetto gli argomenti e la retorica, posto che potrebbe sostenere di rappresentare la linea autonomista contro il neo
Ancora si discute come se ci fossero ancora mesi prima di affrontare la campagna elettorale in Calabria proiettano un’ombra sinistra sulla sinistra veneta: gli ex prenditutto grillini franano a un miserando 6 per cento rispetto al 43 di un anno e mezzo fa; l’ex residuale Lega raddoppia salendo al 12; il Pd scende ancora, toccando il
Più che dalla catatonia dei dem la sfida a Zaia arriva da Brazzale L’ANALISI
PAOLO POSSAMAI osa insegnano al Veneto le elezioni in Emilia Romagna e in Calabria? In primis che la Lega - per come l’abbiamo conosciuta tra municipalismo, secessione, federalismo - non esiste più. In secundis, che il mito della invincibilità di Matteo Salvini si infrange in un pezzo del Nord, dove la sinistra per decenni ha inseguito un progetto di buon governo locale (municipale) e un disegno politico per l’Italia. In terzo
C
luogo che Salvini vince in Calabria in un cartello di centrodestra che i leghisti solo pochissimi anni fa avrebbero fuggito come la peste bubbonica. E ci ricorda che la sfida di Matteo Salvini consiste proposito strampalatissimo nel merito - nel rappresentare la Calabria come il Nord. Interessi e culture politiche diametralmente opposti. Il comune denominatore può essere ridotto solo al tema sicurezza e al rifiuto dei migranti? Un programma politico di carattere autenticamente nazionale è riassumibile in questi due temi segnavia? Veniamo al Veneto, e parliamo di autonomia. Perché
su questo tasto si giocherà un aspetto essenziale dello scontro elettorale a maggio. Ci saranno due liste in competizione, posto che la Lega Nord non ci sarà. Una lista porterà il nome di Salvini premier e una di Zaia presidente. La gara sarà appunto tra la nuova Lega salviniana e la tradizione zaiana. Tutt’altro che irrilevante ai fini degli equilibri interni chi arriverà primo. La polizza assicurativa sulla vita di Zaia sinora è consistita nel suo consenso, formidabile e trasversale, anzi sul suo primato interno e esterno. Se così non fosse, il mite Salvini avrebbe già la testa del governatore veneto a adornare le
Roberto Brazzale
Il centrosinistra decida come perdere, non poco se si mostra un’idea diversa del territorio todossa intitolata a Salvini; e magari verrà puntellata da una terza forza impersonata dalla rete di amministratori locali che godono di un ampio consenso sul territorio. Al centrosinistra non resta che decidere come perdere, e
non è comunque poco. O ripetendo le pisquanate del passato, con antagonisti scelti all’ultimo momento e poi regolarmente squagliatisi per strada; o puntando su un leader che dietro la faccia abbia anche delle idee, su una coalizione coesa capace di liberarsi dei deleteri personalismi del passato, su un’opposizione che non si limiti a demolire le scelte dell’avversario ma si batta per un’idea diversa di Veneto. Ricordando che oggi, pur in epoca di leghismo imperante, quattro veneti su dieci si rifiutano di identificare il verbo di Zaia con quello di Zarathustra. Peccato che, in alternativa al “così parlò”, debbano registrare solo un grande silenzio. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
centralismo salviniano. E già a più riprese ha affermato che i due milioni 300 mila veneti che hanno votato nell’ottobre 2017 al referendum per l’autonomia sono stati presi per il naso. Di sicuro a due anni e mezzo di distanza i risultati stanno a zero. Di sicuro che Zaia abbia deciso di restituire all’Anas 730 chilometri di strade da venti anni in gestione alla Regione ha provocato l’orticaria a metà giunta. Neppure i leghisti della sua cerchia più stretta capiscono la logica ancillare assunta da Zaia con l’Anas e con Fs. Al voto del maggio 2015 la lista Indipendenza Veneto (con Alessio Morosin candidato presidente) prese il 2,5% e l’allora potente Flavio Tosi arrivò all’11,8%. Vedremo Brazzale cosa saprà fare e quanto Salvini lo vorrà aiutare. Vedremo anche se il centrosinistra uscirà dalla sua catatonia e saprà interpretare il tema federalismo: potrebbe mettere a disagio Zaia. — © RIPRODUZIONE RISERVATA