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08.2] Il cadavere custodito

e fuoco [cremazione: il fuoco purificante]”.16

Al giorno d’oggi poi, nell’estremamente algido apice - nei confronti della morte - raggiunto dalla società contemporanea, iper-individualista e consumatrice, c’è da dire che molte pratiche - o parti di esse - sono state abolite, pervenendo ad una perdita di raffinatezza, e quindi sensatezza, del rito funerario, ultimo dei grandi riti - intesi come storicizzati - a permanere, seppur in forma indebolita, al presente. Riassumendo ciò detto prima17 riguardo al rapporto contemporaneo con il macabro ed i suoi riti,

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le culture tradizionali possiedono risorse inesauribili di ricco simbolismo che il mondo moderno ha dimenticato. [...] La vita moderna, specialmente in un contesto urbano, comporta molteplici mutazioni che sul piano del rito sono probabilmente irreversibili e forse inquietanti per l’equilibrio psichico dei nostri contemporanei. Molte pratiche vengono semplificate oppure omesse: la veglia diventa impossibile in un ospedale o in piccoli appartamenti, le condoglianze e i cortei sono praticamente eliminati.18

Le pratiche attuali di inumazione si possono definire come semplificate rispetto a quelle del passato ma, in fin dei conti, tutto fuorché semplici, anzi: come si vedrà in coda a questo capitolo, viviamo oggigiorno nell’epoca in cui le maniere in cui vengono “inumati” - in senso lato - i cadaveri sono le più numerose di sempre, dato l’alto livello di specializzazione raggiunto dalla tecnologia. Prima, però, un appunto.

08.2 Il cadavere custodito

- PUTREFAZIONE. Il simbolismo alchemico della putrefactio, che viene rappresentata graficamente per mezzo di corvi neri, di scheletri, teschi e altri segni funebri, allude - [...] - al principio della nuova vita 19 -

16 Tratto da Franciosini L. (a cura di), Cimiteri, Mancosu, Roma, 2011, pp. 10, 11. La citazione all’interno è a sua volta tratta da Bachelard G., La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975. 17 Si veda Capitolo 03.12 Inibizioni. Algofobia è tanatofobia e Capitolo 05.12 Il cadavere, lo specchio, il sesso.

18 Tratto da Eliade M. (a cura di), op. cit., p. 407. 19 Tratto da Cirlot J.E., op. cit., p. 370.

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Tra la morte fisica di una persona e la sua inumazione intercorre un lasso di tempo durante il quale il cadavere viene custodito, ed una questione che interessa - anche e soprattutto nella condizione attuale - questo “momento transizionale” del corpo è quella dell’esposizione del defunto20 .

L’esposizione del cadavere riflette, di fatto, la volontà della sua valorizzazione, e questo in quanto, nella nostra odierna società, la morte è anche una questione di interesse pubblico, che interessa la comunità vicina al defunto. Ora, ciò che valeva per le cosiddette società tradizionali, vale in parte anche tutt’ora.

L’esposizione del morto assolve a una doppia funzione: dimostrare al morto che gli si rende l’omaggio a lui dovuto consentendogli di apparire nel suo aspetto migliore e presentarlo come un modello del ruolo che egli ricopriva nel gruppo.21

Durante il Medioevo, ad esempio, il cadavere dell’illustre defunto veniva spesso truccato ed imbellettato subito dopo l'aver esalato l’ultimo respiro, in maniera tale da conservarne i tratti caratteristici del volto, al che questo non si sformasse prima del funerale: si tenta di sfuggire alla decomposizione durante la transizione. Ne si custodiscono le fattezze, in quanto il funerale è pur sempre l’ultimo appuntamento terreno del morto.

Similmente, oggi in Occidente - soprattutto in America Settentrionale - non si fa altro che perpetuare tale modus operandi in versioni “aggiornate” e leggermente variate. Racconta Ariès:

Nel 1900, l'imbalsamazione22 fa la sua comparsa in California. Si sa che oggi è divenuta una forma assai diffusa di preparazione dei morti, quasi sconosciuta in Europa23, e caratteristica dell'american way of death [lett.: “l'uso americano del morire”].

20 Si intenda qui l’esposizione nobile - e non di sconsacrazione - del corpo del defunto. L’esposizione può, e soprattutto poteva - storicamente -, essere, al contrario, punitiva: basti pensare ai vari casi, raccontati dal mito e dalla storia, di esposizione o addirittura maltrattamento e squartamento del cadavere; ad esempio, dell’avversario sconfitto in battaglia (nell’Iliade, Achille che fa strazio del cadavere di Ettore legato alla sua quadriga e strascicato a terra), o del dittatore spodestato (Benito Mussolini - assieme con Claretta Petacci, Nicola Bombacci, Alessandro Pavolini ed Achille Starace - esposto, appeso per i piedi, in Piazzale Loreto a Milano, il 29 aprile 1945). 21 Tratto da Eliade M. (a cura di), op. cit., p. 402. 22 L'imbalsamazione di cui sta parlando qui Ariès "non si tratta dell'imbalsamazione destinata a rendere il corpo imputrescibile, ma di un sistema di conservazione temporanea per prolungare un poco l'apparenza della vita" (tratto da Ariès P., Storia della morte in Occidente, Rizzoli, Milano, 2019 (1975), p. 78, Nota 9). 23 Questo è vero, affidandosi alle parole di Ariès, negli anni Settanta del secolo scorso, quando scrive e pubblica il libro, ma non più molto valido al giorno d'oggi.

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La morte e i suoi luoghi. Cronache da Eusonia

[...] Non si vende facilmente ciò che non ha valore perché troppo familiare e comune, né ciò che fa paura, orrore o pena. Per vendere la morte, bisogna renderla attraente, ma si può pensare che i funeral directors [lett.: “direttori del funerale”] [...], non avrebbero avuto successo se l'opinione pubblica non fosse stata un po' complice. Essi si presentano non come semplici venditori di un servizio, ma come dei doctors of grief [lett.: “dottori del dolore”] che hanno una missione, come i medici e i preti, e questa missione, fin dall'inizio del secolo, consiste nell'aiutare i superstiti in lutto a tornare alla vita normale. Il nuovo funeral director [...] è un doctor of grief, an expert in returning abnormal minds to normal in the shortest possible time, member of an exalted, almost sacred calling [“dottore in afflizione, un esperto nel riportare alla normalità nel più breve tempo possibile lo spirito che ne è uscito, esponente di una professione stimata, quasi sacra”24]. [...] Si desidera, è vero, trasformare la morte, truccarla, sublimarla, ma non si vuol farla scomparire. Certo, sarebbe anche la fine del profitto, ma le alte tariffe dei mercanti di funerali non sarebbero tollerate, se non rispondessero a qualche bisogno profondo. [...] Con quella così caratteristica mescolanza di commercio e di idealismo, sono oggetto di una pubblicità vistosa, come qualunque altro oggetto di consumo, un sapone o una religione. Ho visto, per esempio, degli autobus di New York, nel 1965: The dignity and integrity of a Gawler. Funeral costs no more... Easy access, private parking for over 100 cars [“La dignità e l'integrità di un (funerale) Gawler. Le esequie non costano più di... Facile accesso, parcheggio privato per più di cento vetture”25]. Le funeral homes [lett.: “case del funerale”] sono annunciate sulle autostrade o sulle vie da una pubblicità vistosa e «personalizzata» (col ritratto del direttore). [...] Così, durante le veglie o le visite d'addio che sono state conservate, i visitatori si presentano senza vergogna né ripugnanza: il fatto è che non si rivolgono a un morto vero e proprio, come nella tradizione, ma ad un semi-vivo che, grazie all'imbalsamazione, è sempre presente, come se vi aspettasse per ricevervi o condurvi a passeggio. Il carattere definitivo della rottura è smussato. La tristezza e il lutto sono stati banditi da questa riunione rasserenante.26

Tali trasformazioni e mantenimenti fisici dei cadaveri raccontati da Ariés sono oggi possibili per mezzo della cosiddetta tanato-prassi, procedura complessa che sostanzialmente blocca il processo di decomposizione del corpo grazie all’iniezione di un fluido conservante all’interno delle arterie. L’imbellettamento fa invece parte della tanato-estetica, che si occupa - come si può indovinare anche solo dal nome datole - maggiormente dell’aspetto esteriore della salma, alla quale sono garantite “pulizia, toelettatura e vestizione, ma anche il make-up”27 .

24 Tratto da Ariès P., op. cit., p. 78, Nota 11. 25 Tratto da Ariès P., op. cit., p. 78, Nota 13. 26 Tratto da Ariès P., op. cit., pp. 78, 79-80. 27 Tratto da Testoni I., Il grande libro della morte. Miti e riti dalla preistoria ai cyborg, Il Saggiatore,

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