Anno 74 - numero 2 settembre 2021 - 2,00 €
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SPECIALE
GLI ITALIANI
In cinque per il Leone d’oro: D’Innocenzo, Frammartino, Mainetti, Martone e Sorrentino
RICONOSCIMENTI A Jamie Lee Curtis e Roberto Benigni i premi alla carriera
GRANDI AUTORI
Una Selezione ufficiale di giganti: da Almodovar a Villeneuve, da Ridley Scott a Jane Campion
Miracolo aVenezia
Alla 78a Mostra (1-11 settembre)
arriva La Santa Piccola lungometraggio di Silvia Brunelli prodotto da Biennale College laboratorio di alta formazione aperto a giovani filmmaker di tutto il mondo
Rivista illustrata di cinema e fiction fondata da Alberto Crucillà nel 1948 Autorizzazione del registro n. 473 del 31 ottobre 1948 Direttore responsabile Renato MARENGO renatomarengo43@gmail.com Direttore editoriale Andrea SPLENDORE a.splendore@cinecorriere.it Vicedirettore Luigi AVERSA l.aversa@cinecorriere.it Art Director Stefano SALVATORI s.salvatori1965@gmail.com Realizzazione Das Designer Agenzia di Servizi Editoriali Piazza Augusto Imperatore, 32 00186 Roma dasdesigner@gmail.com Hanno collaborato Barbara Bianchi Giorgio Cavagnaro Adriana Cavalcanti Francesco Ferri Rodolfo Masi
editoriale
A Venezia è il momento della Napoli del riscatto C
ome la grande musica con il moviMa la numero 78 della Mostra di Venezia è mento del Napule’s Power, anche il comunque un’edizione di rinascita, di ripargrande cinema rappresenta in ma- tenza, di riscossa del cinema italiano tutto. La niera sempre più degna il riscatto di Napo- massiccia presenza di film e di artisti, italiani li. È bello vedere, infatti, che a Venezia so- e internazionali, del pubblico e di tanti addetti no sbarcati alcuni tra i migliori artisti della ai lavori ne è la riprova. Cinecorriere la racSettima arte provenienti dal golfo parteno- conta aprendo con una copertina dedicata a un peo. Il titolo È stata la mano di Dio – il film piccolo grande film indipendente, La Santa di Paolo Sorrentino premiato con il Leone Piccola, presente nel programma di Biennale d’Argento - Gran Premio della Giuria e il College. Una storia tra sacro e profano, con al Premio Marcello Mastroianni al giovane centro qualcosa che somiglia a un “miracolo”. protagonista Filippo Scotti – fa riferimenEd è un miracolo tutto italiano quello che ha to a un nume tutelare come Diego Arman- portato al Lido i cinque film battenti bandiera do Maradona, un simbolo della vittoria dal tricolore in concorso. Oltre ai citati È stata la basso e della povera gente in grado di ele- mano di Dio e Qui rido io, ci sono America varsi dalla propria misera condizione. La Latina dei fratelli D’Innocenzo, Il buco di Mipellicola sulla famiglia Scarpetta-De Filip- chelangelo Frammartino e Freaks Out di Gapo di Mario Martone, Qui rido io, accol- briele Mainetti. ta dagli applausi della Mostra, Ma c’è tanta Italia anche nelle è il racconto di una stirpe che altre sezioni: Orizzonti, Settimaha fatto e continua a fare la stona della Critica, Giornate degli ria del teatro. Una Napoli alta, Autori. Con la presenza anche di colta, elevata, intellettuale si tanti grandi autori coi loro film: da prende così i suoi spazi, come Pedro Almodovar a Paul Schranegli anni ’70 fecero la Nuova der, da Denis Villeneuve a Ridley Compagnia di Canto Popolare e Scott a Jane Campion. Senza digli altri del Napule’s Power con Miracolo menticare i Leoni alla carriera, aVenezia quest’anno andati a Roberto Bela musica, mandando in soffitta una volta per tutte la Napoli nigni e Jamie Lee Curtis. Renato Marengo oleografica del passato. Anno 74 - numero 2 settembre 2021 - 2,00 €
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GLI ITALIANI
In cinque per il Leone d’oro: D’Innocenzo, Frammartino, Mainetti, Martone e Sorrentino
RICONOSCIMENTI A Jamie Lee Curtis e Roberto Benigni i premi alla carriera
Alla 78a Mostra (1-11 settembre)
arriva La Santa Piccola lungometraggio di Silvia Brunelli prodotto da Biennale College laboratorio di alta formazione aperto a giovani filmmaker di tutto il mondo
GRANDI AUTORI
Una Selezione ufficiale di giganti: da Almodovar a Villeneuve, da Ridley Scott a Jane Campion
sommario Venezia 78 Il movimento italiano riparte di Luigi Aversa
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Venezia 78 Io e mio fratello Qui rido io: cinema che si fa teatro L’esordio di Cristian Cocco di Giorgio Cavagnaro 6 di Luigi Aversa Venezia 78 Marzia Onorato: la giovane Titina di Adriana Cavalcanti 8
Mercurio d’Argento Terza edizione del premio di Barbara Bianchi
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Documentari e cortometraggi Venezia 78 La Santa Piccola, tra sacro e profano Nuove prospettive di visibilità di Barbara Bianchi 10 di Francesco Ferri
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ReWriters Un tuffo nel cuore del cinema di Francesco Ferri
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Venezia 78 Autori e stelle per la ripartenza di Luigi Aversa 12
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SIC 36/GdA 18 Le rassegne parallele di Rodolfo Masi
Venezia 78 Rebibbia Lockdown di Luigi Aversa
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Venezia 78 Zanzotto, poeta del paesaggio di Francesco Ferri
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Venezia 78
Il cinema italiano riparte Mai come quest’anno le pellicole tricolori hanno invaso tutte le sezioni della Mostra, a cominciare dal Concorso, con ben cinque titoli in gara per il Leone d’oro n n n di Luigi Aversa In apertura: una scena di È stata la mano di Dio. Qui accanto: Freaks Out
4
C
inque film in concorso, ben otto fuori competizione, tra opere di fiction e non fiction, più un’altra quindicina di titoli nelle altre sezioni collaterali e parallele: mai come quest’anno il cinema italiano è sbarcato in così gran numero al Lido per la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la numero 78. Dopo la dolorosa parentesi delle chiusure totali o parziali dei set e delle sale causa emergenza Covid-19 – una sosta lunga più di un anno e mezzo – le produzioni hanno ricominciato a macinare chilometri di pellicola. E il risultato è la nutritissima squadra di film battenti bandiera tricolore presente al festival. Tutti i cinque titoli in gara per
il Leone d’oro – È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, Il buco di Michelangelo Frammartino, Qui rido io di Mario Martone, America Latina dei fratelli D’Innocenzo, Freaks Out di Gabriele
Mainetti – lasciano il Lido con un carico di applausi e di giudizi lusinghieri e due in particolare tornano a casa con un importante bottino di riconoscimenti. Parliamo di È stata la mano di
Orizzonti
Il ritorno sugli schermi
di Dominique Sanda
A
Dio, la pellicola autobiografica di Paolo Sorrentino premiata con il Leone d’argento - Gran Premio della Giuria e con il Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente andato a Filippo Scotti, e de Il buco, l’opera di Michelangelo Frammartino che racconta l’impresa di un gruppo di giovani speleologi nell’agosto 1961 nelle viscere del Pollino, insignito del Premio Speciale della Giuria. Ottima l’accoglienza anche per Il bambino nascosto di Roberto Andò, film di chiusura della manifestazione interpretato, fra gli altri, da Silvio Orlando, presente anche in un altro titolo fuori concorso, Ariaferma di Leonardo Di Costanzo, in cui recita pure Toni Servillo, anch’egli protagonista in più film (È stata la mano di Dio, Qui rido io). Curiosità, infine, per La scuola cattolica di Stefano Mordini, tratto dal libro omonimo di Edoardo Albinati. n n n
nche in Orizzonti, il concorso internazionale dedicato a film rappresentativi delle nuove tendenze estetiche ed espressive del cinema mondiale, non è mancata la quota di titoli nostrani. Due i film italiani in competizione: Il paradiso del pavone di Laura Bispuri, con una commovente Dominique Sanda (nella foto in alto), affiancata, tra gli altri, da Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Fabrizio Ferracane e Maddalena Crippa; e Atlantide di Yuri Ancarani (nella foto sotto, una scena), interpretato da Daniele Barison, Bianka Berényi, Maila Dabalà, Alberto Tedesco e Jacopo Torcellan. Anche in Orizzonti Extra, la sezione non competitiva, sono presenti un paio di nostri lavori: La ragazza ha volato di Wilma Labate, con Alma Noce e Luka Zunic; e La macchina delle immagini di Alfredo C. di Roland Sejko, con Pietro De Silva. Sopra: Elio Germano in America Latina. Sotto: una scena de Il buco
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n n n di Giorgio Cavagnaro
L’immaginario romanzo di Eduardo Scarpetta e della sua tribù firmato da Mario Martone
Qui rido io
Cinema che entra nel teatro e si fa teatro Accanto al titolo: Toni Servillo e il piccolo Alessandro Manna in una scena del film. Sotto: la compagnia al completo (foto: Mario Spada)
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E
ra tempo che qualcuno si prendesse la briga di mettere ordine nel complicatissimo albero genealogico della brillante epopea comica napoletana fiorita tra il XIX e il XX secolo, risplendente del genio di Eduardo Scarpetta e della miriade di figli, figliastri e nipoti, tutti eredi di quel Don Felice Sciosciammocca, maschera popolare capace di rivaleggiare nientemeno che con
Pulcinella. Questo qualcuno non poteva essere che Mario Martone, e lo ha fatto da par suo in Qui rido io, presente in concorso a Venezia 78. Cinema che entra nel teatro e si fa teatro, senza alcun timore reverenziale nel racconto di una realtà e di una finzione scenica continuamente intrecciate, come solo quel palcoscenico permanente che è la città di Napoli può permettersi. Il risultato è un
godimento continuo per lo spettatore, divertito ed emozionato dalla doppia maschera, come teatro esige, di Toni Servillo e di tutta la raffinata ciurma di teatranti da lui capitanata, in cui eccelle Gianfelice Imparato, nel ruolo del “traditore” Gennaro Pantalena, e poi Maria Nazionale e Cristiana Dell’Anna, dolenti sorelle De Filippo, ed Eduardo Scarpetta. Citazione d’obbligo per il bambino Salvatore Battista, impagabile Peppino De Filippo cui il regista ha riservato il tocco di classe del precoce ciuffetto alla Pappagone. Meravigliosa la colonna sonora col meglio della canzone napoletana d’antan, compresa quella ’E spingule francese di Roberto Murolo, capace di trasportarmi in volo nella mia infanzia remota. Memorabile infine il coup de theatre con cui il grande istrione risolve in tribunale, con l’aiuto di Benedetto Croce, la causa che lo oppone addirittura a D’Annunzio e che sarà il canto del cigno per l’ormai anziano capocomico. Applausi scroscianti. Sipario. n n n
Marzia Onorato «Titina è un esempio
di emancipazione e riscatto» In concorso a Venezia 78, Qui rido io di Mario Martone vede la giovanissima attrice, classe 2004, nei panni della sorella maggiore di Eduardo e Peppino De Filippo n n n di Adriana Cavalcanti Sopra e in basso a sinistra: Marzia Onorato fotografata da Pepe Russo. Sotto, al centro e a destra: due scene di Qui rido io con Marzia Onorato (foto: Mario Spada)
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T
itina De Filippo è un esempio di emancipazione e riscatto. Una fonte d’ispirazione per tutte le giovani attrici». Così Marzia Onorato, promessa del cinema italiano classe 2004, parla del suo ruolo in Qui rido io di Mario Martone, in concorso alla Mostra. «Titina si è fatta strada con le sue forze. Voleva dimostrare a tutti ciò che aveva imparato fin da bambina e si è ribellata a chi voleva imporle di rinunciare ai propri sogni: è un simbolo per tutte le donne che lottano per la propria realizzazione. Da lei ho imparato a credere di più in me stessa e a non lasciarmi condizionare dal giudizio degli altri».
Nei panni della primogenita dei tre fratelli nati dalla relazione tra Eduardo Scarpetta (Toni Servillo) e Luisa De Filippo (Cristiana Dell’Anna), Marzia rintraccia alcune affinità col suo personaggio: «Come Titina cerco sempre di mettermi nei panni degli altri, di capirli. Se posso di aiutarli. E poi amo molto scrivere e dipingere, proprio come lei». Qui rido io esce nelle sale il 9 settembre per 01 Distribution. «Sono davvero emozionata», confida Marzia, «e sono curiosa di sapere come reagirà la critica, ma spero soprattutto che la mia interpretazione arrivi al cuore del pubblico e di aver reso Titina un
personaggio vivo, con le emozioni e le fragilità di una donna in cui tutte possano identificarsi». Scelta dopo mesi di provini, Marzia racconta della sua esperienza con Martone: «Da lui ho imparato la disciplina e l’importanza dei dettagli: è un grande maestro». E di Servillo dice: «Grazie a lui ho capito che un personaggio ha bisogno di esistere, di avere uno spazio e un tempo tutto suo. Lui non abbandona mai il personaggio, neppure nelle pause. E a volte, tra un ciak e l’altro, mi rivolgeva una battuta a cui rispondevo con la mia: praticamente continuavamo a provare la scena». n n n
La Santa Piccola
Tra sacro e profano Per Biennale College C Cinema a Venezia
c’è l’esordio nel lungometraggio della regista Silvia Brunelli n n n di Barbara Bianchi In apertura e qui accanto: Sophia Guastaferro
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on un red carpet poco tradizionale, con tanto di processione e il supporto artistico di un’opera dello street artist Maupal, fa il suo ingresso nel grande mondo della Biennale di Venezia La Santa Piccola di Silvia Brunelli, film da questa scritto a quattro mani con Francesca Scanu. Un lavoro che fa parte delle opere realizzate con il supporto di Biennale College Cinema, il laboratorio di alta formazione della Biennale di Venezia che sostiene dal 2012 la produzione di opere prime e seconde, e che racconta la storia della fraterna amicizia di due ragazzi, Lino e Mario, che s’intreccia con l’imprevedibilità della vita all’interno del palcoscenico, a tratti surreale, delle credenze e superstizioni popolari di una Napoli variopinta.
Sullo sfondo un’umanità delicata, prigioniera della propria quotidianità, ancora legata a superstizioni e credenze religiose. L’ambientazione è quella del Rione Sanità di Napoli con la sua stravagante umanità. Lino e Mario sono due amici fraterni, molto legati fra loro: vivono momenti semplici, muovendosi in giornate sempre uguali. Ma per loro, finché ci sono l’uno per l’altro, non c’è bisogno di andare da nessuna parte se non nel loro quartiere, il loro rifugio, un po’ cadente ma colorato. Finché la piccola Annaluce, improvvisamente, non compie un miracolo: durante una processione religiosa nel rione, una colomba si schianta contro la statua della Madonna e cade a terra, Annaluce la raccoglie e la riporta in vita. Da quel momento tutto cam-
Gli altri titoli
Alta formazione cinematografica
Sopra e sotto a destra: Francesco Pellegrino (a sinistra) e Vincenzo Antonucci. Qui sotto, a sinistra: “la Santa Piccola” Sophia Guastaferro con Gianfelice Imparato
bia, anche il rapporto tra i due ragazzi perché Mario si rende conto che quello che prova per Lino non è una semplice amicizia, ma qualcosa di più importante e profondo. Come spiega la regista Silvia Brunelli, «La Santa Piccola è una storia di tenerezza e di crudeltà, di bisogno di credere che qualcosa di buono e di superiore possa accadere, di speranza che qualcosa ci salverà dalla quotidianità e dalla sua monotonia». La Santa Piccola è il racconto dell’inizio di un viaggio, di una fuga inconsapevole da una vita priva di prospettive, scritta a tinte agrodolci: un film che parla di primavere senza paura di mescolare i toni del dramma con quelli del sorriso per un’umanità talvolta pittoresca, impastata di simbolismo religioso e superstizione.
Il film è prodotto da Rain Dogs e vede l’aiuto sul territorio di Mosaicon Film, di Antracine, del Nuovo Teatro Sanità e dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. La distribuzione internazionale è stata affidata a Minerva Pictures Group e Tvco, mentre quella italiana è curata direttamente dai produttori in collaborazione con Emera film. Protagonisti del film sono Francesco Pellegrino nei panni di Lino, Vincenzo Antonucci in quelli di Vincenzo. C’è poi Annaluce, interpretata da Sophia Guastaferro, Perla da Pina di Gennaro e Assia da Alessandra Mantice. I panni di Don Gennaro sono vestiti da un attore dalla lunga carriera come Gianfelice Imparato e quelli di Marina da un volto noto della tv come Sara Ricci. n n n
O
ltre a La Santa Piccola, alla 78a Mostra di Venezia vengono proiettati altri cinque lungometraggi selezionati, sviluppati e prodotti da Biennale College - Cinema, laboratorio di alta formazione aperto a giovani filmmaker di tutto il mondo per la produzione di film a basso costo, lanciato dalla Biennale nel 2012. Ai quattro film provenienti dalla nona edizione (2020/2021) – Al Oriente di José Maria Avilés (Ecuador), La Tana (foto sotto) di Beatrice Baldacci (Italia), Nuestros Días Más Felices di Sol Berruezo Pichon-Rivière (Argentina), The Cathedral di Ricky D’Ambrose (USA) – si aggiunge un altro lungometraggio, che come La Santa Piccola proviene dall’ottava edizione e la cui presentazione, al pari del film di Silvia Brunelli, è slittata di un anno: Mon Père, Le Diable (in alto) di Ellie Foumbi (USA). Anche la nona edizione di Biennale College è stata sostenuta dal contributo di Eurimages, il fondo culturale del Consiglio Europeo che copre le spese di viaggio, ospitalità e formazione per una regista, che quest’anno è stata Patricia Pérez Fernández (Spagna), regista del film La extranjera.
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Autori e stelle
per la ripartenza
n n n di Luigi Aversa
Un’edizione della Mostra ricca di grandi registi e di star da red carpet: da Ridley Scott a Pedro Almodovar, da Penelope Cruz a Kristen Stewart, fino a Zendaya In alto: una scena de L’événement. Qui accanto, da sinistra: Timothée Chalamet e Rebecca Ferguson in Dune, Olivia Colman in The Lost Daughter; Kristen Stewart in Spencer
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G
randi nomi in laguna. La 78a Mostra di Venezia non delude le aspettative e nel segno della ripartenza di tutto il movimento cinematografico intrernazionale riporta gli autori affermati sia in rassegna che fuori competizione, accompagnati da uno stuolo di star da red carpet. Già il film di apertura, Madres paralelas di Pedro Almodovar schiera un gruppo di attrici tanto care al regista spagnolo. C’è Penélope Cruz – premiata con la
Coppa Volpi per la sua interpretazione in questa pellicola (ma è anche in Competencia oficial di Gaston Duprat e Mariano Cohn, in cui recita accanto all’amico di sempre Antonio Banderas) – e assieme a lei Milena Smit, Aitana Sánchez-Gijón, Julieta Serrano e Rossy De Palma. Altre stelle splendono in Mona Lisa and the Blood Moon di Ana Lily Amirpour, con Kate Hudson; in Un autre monde di Stéphane Brizé, con Vincent Lindon; in
Premi speciali
Leoni alla carriera per Benigni e la Curtis
Da sopra, in senso orario: Oscar Isaac (The Card Counter), Benedict Cumberbatch (The Power of the Dog), Vincent Lindon (Un autre monde), Matt Damon (The Last Duel). In basso a destra: Madres Paralelas
Sundown di Michel Franco, con Tim Roth e Charlotte Gainsbourg; in Spencer di Pablo Larrain, con Kristen Stewart; e in The Card Counter di Paul Schrader, con Oscar Isaac, presente al Lido anche nella miniserie Scene da un matrimonio. Poi c’è Jane Campion con il western The Power of the Dog, tratto dal romanzo di Thomas Savage, con Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst. La regista neozelandese, tornata a dirigere dopo dodici anni, torna a casa con il Leone d’argento – Premio per la miglior regia. La Giuria di Venezia 78, presieduta da Bong Joon Ho e composta da Saverio Costanzo, Virginie Efira, Cynthia Erivo, Sarah Gadon, Alexander Nanau e Chloé Zhao, dopo aver visionato i ventuno film in competizione, oltre al premio alla Campion e quelli ai film di Sorrentino e di Frammartino, ha assegnato il Leone d’oro
È
un onore immenso ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro. Il mio cuore è colmo di gioia e gratitudine». Così il regista, attore e sceneggiatore Roberto Benigni ha commentato l’attribuzione del Leone d’oro alla carriera della 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. L’altro Leone alla carriera è andato a Jamie Lee Curtis. «Sono incredibilmente onorata di ricevere questo premio dalla Mostra del Cinema», ha dichiarato l’attrice.
a L’événement di Audrey Diwan, intepretato da Anamaria Vartolomei, Luàna Bajrami, Sandrine Bonnaire, Anna Mouglalis e Fabrizio Rongione. Un’altra donna, Maggie Gyllenhaal, all’esordio nella regia con The Lost Daughter – interpretato da Olivia Colman, Dakota Johnson e Peter Sarsgaard – si è aggiudicata il Premio per la migliore sceneggiatura. Tanti autori importanti anche fuori concorso: Ridley Scott con The Last Duel, interpretato da Matt Damon, Adam Driver e Ben Affleck; Denis Villeneuve con Dune, che annovera un cast strepitoso composto da Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Zendaya, Charlotte Rampling, Jason Momoa e Javier Bardem; e Edgar Wright con Last Night in Soho, in cui recita “la regina degli scacchi” Anya Taylor-Joy. n n n 13
Rebibbia Lockdown
Detenuti dentro e fuori dal carcere n n n di Luigi Aversa
Nell’ambito di Venice Production Bridge il regista Fabio Cavalli presenta il film documentario nato da un’idea di Paola Severino. Una storia di detenzioni, paure e speranze
A
nche il carcere si mette in Mostra. A Venezia 78, nell’ambito di Venice Production Bridge – sesta edizione dello spazio dedicato alla presentazione e allo scambio di progetti inediti di film e work in progress, per favorire il loro sviluppo e la loro realizzazione – è stato presentato Rebibbia Lockdown, documentario di Fabio Cavalli (autore con i fratelli Taviani di Cesare deve morire, Orso d’oro alla Berlinale ), nato da un’idea di Paola Severino. Il film racconta l’esperienza vissuta da alcuni studenti con un gruppo di detenuti del reparto di Alta Sicurezza del carcere romano di Rebibbia. Quando la pandemia da Covid-19 blocca all’improvviso ogni incontro all’interno della prigione, i quattro universitari incaricati dalla Luiss Guido Carli di seguire i detenuti-studenti devono interrompere le loro visite nel penitenziario. I due mondi estranei sono ora accomunati dallo stato di detenzione imposto dal contagio. Nasce così 14
un fitto rapporto epistolare. Per mesi i ragazzi e i carcerati si svelano gli uni agli altri, fra dolore, paure e speranze. Alla fine s’incontreranno nel luogo del sapere: l’aula universitaria di Rebibbia. In Rebibbia Lockdown questa vicenda viene raccontata con ogni mezzo ancora possibile: la scrittura, il disegno, l’immaginazione. E la macchina da presa. L’incontro fra i ragazzi e i detenuti, mentre il mondo cambiava, ha cambiato profondamente ciascuno dei protagonisti, sul piano dei vincoli umani. n n n
«La sfida» di Denis Brotto, il regista del documentario Logos, era quella di «filmare qualcosa di invisibile o quasi: la poesia». Obiettivo raggiunto
Andrea Zanzotto
Poeta del paesaggio n n n di Francesco Ferri Sopra: la locandina del documentario Logos Zanzotto. Sotto: una scena
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N
ell’anno del centenario dalla nascita di Andrea Zanzotto (1921-2011) Denis Brotto firma Logos Zanzotto, un documentario dedicato al grandissimo poeta, evento speciale promosso da Isola di Edipo in accordo con le Giornate degli Autori di Venezia. Nato da un’idea di Denis Brotto, Giorgio Tinazzi e Giovanni Zanzotto, figlio del poeta, il film
è stato reso possibile dal Direzione Dipartimento di studi Linguistici e Letterari dell’Università di Padova, ed è stato prodotto da Avilab, con Federico Massa come produttore esecutivo. Il montaggio è stato curato dallo stesso Denis Brotto e da Paolo Cottignola, storico editor dei film di Ermanno Olmi e Carlo Mazzacurati. Un viaggio nell’opera poetica rivelandone il valore profondo e
le suggestioni visive, ma soprattutto restituendo la voce di Zanzotto, il suo logos capace come nessun altro di definire il ‘paesaggio’. «È un atto di indagine, di approfondimento e di condivisione del percorso poetico di Zanzotto, in cui proviamo a dar conto delle tante influenze presenti nella sua opera», dice il regista Denis Brotto. «La sfida era quella di provare a filmare qualcosa di invisibile – o quasi: la poesia. qualcosa che non esiste materialmente e che tuttavia ha delle ripercussioni chiare, evidenti sul reale. Insomma, provare a far sentire anche ciò che, per sua natura, non si vede». Tante le persone incontrate per raccontare il poeta e la sua opera: scrittori, studiosi, critici, amici. Da Marzio Breda a Massimo Cacciari, da Paolo Cattelan ad Andrea Cortellessa, fino a Giosetta Fioroni e Giorgio Tinazzi, per citarne solo alcuni. Ognuno ha provato a dare una propria interpretazione a una “voce” così unica, originale e personale. n n n
L’iraniano Zalava
vince la Settimana della Critica 36 La giuria composta da Claudio Cupellini, Vanja Kaludjercic e Sandrine Marques ha premiato il film di Amiri per il suo messaggio universale
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opo aver vissuto la stagione più drammatica e complicata della sua storia più che centenaria, il cinema sta cercando di tornare alla normalità. Nonostante le difficoltà e i problemi derivati dalla pandemia da Covid-19, la 36a edizione della Settimana Internazionale della Critica, sezione autonoma e parallela della Mostra di Venezia organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, ha selezionato i lungometraggi per il concorso, sette quest’anno, a cui si soono aggiunti due eventi speciali. La SIC poi quest’anno si è arricchita di un nuovo spazio dedicato al cinema breve e ai giovanissimi registi italiani, con una vetrina di cortometraggi, anch’essi in concorso, realizzata in collaborazione e con il sostegno di Luce Cinecittà.
n n n di Rodolfo Masi Alla fine della manifestazione, la giuria internazionale composta da Claudio Cupellini, Vanja Kaludjercic e Sandrine Marques ha assegnato i premi della 36a edizione: il Gran Premio Settimana Internazionale della Critica è andato a Zalava di Arsalan Amiri. Questa la motivazione: “La giuria è rimasta colpita dall’abile maestria del regista nella realizzazione del suo film d’esordio. È un lavoro maturo che naviga con competenza attraverso diversi stati d’animo nel film, consegnando un potente messaggio di superstizione e ignoranza, così rilevante per questi tempi difficili. Il regista rappresenta una voce fresca che, attraverso un linguaggio cinematografico giocoso, trasmette un messaggio universale”. A Zalava è andato anche il Premio Internazionale Fipresci. n n n
Sopra: Una scena di Zalava. Qui accanto: l’immagine della Settimana Internazionale della Critica numero 36
Giornate degli Autori 18: una rassegna maggiorenne
L
a rassegna autonoma e indipendente voluta dalle associazioni degli autori italiani di cinema (ANAC e 100autori) sotto la presidenza di Andrea Purgatori, giunta alla diciottesima edizione, ha proposto in concorso dieci lungometraggi e sei eventi speciali scelti dalla direttrice artistica Gaia Furrer. In concorso un solo italiano, Californie, opera prima di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, che racconta la storia di Jamila, una ragazza marocchina che vive in una città portuale dell’Italia del Sud. Quattro, invece, fuori concorso e fra gli eventi speciali: Lovely Boy di Francesco Lettieri, con Andrea Carpenzano nei panni di un astro nascente della scena trap romana; Il palazzo di Federica Di Giacomo; Il silenzio grande di Alessandro Gassmann; Senza fine di Elisa Fuksas, con Ornella Vanoni, Paolo Fresu e Vinicio Capossela. 17
Io e mio fratello
Cristian Cocco debutta alla regia
Una commedia degli equivoci made in Sardegna, scritta, diretta e interpretata dall’ex inviato di Striscia n n n di Luigi Aversa
In alto: Cristian Cocco con Valeria Flore. In basso: tre immagini dal backstage di Io e mio fratello
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C
inquant’anni e non sentirli. Cristian Cocco – comico, attore, e ora anche regista, sardo – è un uomo che una volta avremmo definito di mezza età, ma che alla maturità e al bagaglio professionale di un adulto unisce l’entusiasmo e lo spirito di un ragazzino. Nel giorno in cui spegne 50 candeline, il 18 settembre, presenta in anteprima Io e mio fratello, il film che segna il suo debutto dietro la macchina da presa. La proiezione della sua prima fatica cinematografica si tiene all’Ariston, l’unico e storico cinema della sua città, Oristano. Nel 2009, Cristian raccontava: «È il mio sogno girare un film, il soggetto l’ho scritto, ma i contributi stanno sparendo. Vorrei girare una commedia in Sardegna, con attori sardi…».
Il suo sogno ora si è avverato e per lui, a cinquant’anni di età e trenta di carriera artistica – La sai l’ultima?, Striscia la Notizia, Paperissima Sprint – prende il via una nuova vita professionale. La spinta verso questa avventura è arrivata dalla partecipazione alle tre stagioni de L’isola di Pietro, la serie di Canale 5 in cui interpreta l’ispettore Efisio Pinna. Girare nella sua terra, ha riacceso in lui la passione e finalmente è arrivato il momento di tirare fuori dal cassetto il suo sogno. Io e mio fratello è una commedia brillante e ricca di sentimento, scritta, diretta e interpretata da Cocco. Girata a Oristano, racconta la storia di un padre vedovo e di due figli, l’uno l’opposto dell’altro dell’altro. Primo, di nome e di fatto, è un insegnante posato e
riflessivo, che vive e lavora a Milano; Secondo è un farfallone, la cui attività preferita è occuparsi “dell’accoglienza” delle turiste. Onofrio, il genitore, gestisce un chiosco e ne ha fin sopra i capelli di questo figlio scapestrato. Ma anche Secondo è stanco delle critiche paterne e se ne va a cercare fortuna altrove. Il suo tentativo di ricalcare le orme del fratello fallisce e a Secondo non resta che tornarsene a casa. Ma non si perde d’animo e rilancia il chiosco del padre, fra aperitivi, feste e movida. L’eterno ragazzo sembra aver trovato una sua dimensione e anche l’amore bussa alla sua porta quando incontra una donna che gli fa perdere la testa. Ma non è tutto oro quel che luccica, perché dietro l’angolo lo attende una sorpresa inaspettata… nnn
Alla presenza di Nicola Piovani, a Massa le giovani promesse della composizione per il grande schermo incontrano i maestri delle colonne sonore n n n di Barbara Bianchi
Mercurio d’argento
Terza edizione del premio dedicato alla musica del cinema Sopra, da sinistra: Massimo Privitera e Marco Testoni consegnano il premio a Gian Marco Verdone in presenza del sindaco di Massa. Sotto, da sinistra: il Mercurio d’argento, Nicola Piovani con Marco Testoni e ancora Piovani in concerto
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assa, terza edizione del Mercurio d’argento, premio diretto da Lorenzo Tomio e dedicato alla musica del cinema. Quest’anno il primo premio è andato al giovane Gian Marco Verdone, mentre la serata finale ha visto la presenza di Nicola Piovani in concerto con La musica è pericolosa. Mediapartner dell’evento due testate amiche di Cinecorriere. Ne abbiamo intervistato i direttori: Massimo Privitera (ColonneSonore.net) e Marco Testoni (Soundtrack City). Maestri e giovani promesse come sempre qui al premio. M. Privitera - «È fondamentale
far conoscere la centralità delle colonne sonore e portare l’emozione della musica del cinema nelle piazze. Su questo presupposto ho collaborato al disegno del programma, in particolare agli incontri e al workshop. Ma anche al concorso, ai concerti e alle proiezioni. I risultati sono incoraggianti e abbiamo tante idee per la prossima edizione». Quest’anno c’è stata molta attenzione alla musica femminile. M. Testoni - «La presenza femminile è ancora sparuta, ma le cose stanno cambiando. In questa edizione sono state invitate due valide compositrici - Giulia
Tagliavia e Camilla Uboldi - e fortunatamente nel lavoro vedo sempre più professioniste. Ho lavorato da poco in una serie tv dove la troupe era composta quasi esclusivamente da donne. Sono convinto che nel giro di qualche anno il gap si ridurrà». Ma la musica è pericolosa? M. Testoni - «La frase è di Fellini e ovviamente è un’iperbole. Da qualche tempo però la musica è considerata poco più che un elemento decorativo e può essere vista come qualcosa di pericoloso per chi la vive come merce di poco conto. La musica è molto di più di un sottofondo». nnn
Documentari e cortometraggi Nuove prospettive per la visibilità
delle produzioni indipendenti
La moltiplicazione delle piattaforme audiovideo apre spazi nuovi a prodotti che in sala non sarebbero arrivati n n n di Francesco Ferri
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n un’epoca storica come questa, confusa e dalle prospettive in caotica ricostruzione, se da una parte le infinite possibilità del video on demand stanno uccidendo in parte – complice la pigrizia del fruitore medio – le sale, dall’altra la moltiplicazione delle piattaforme d’approdo dell’audiovideo sta aprendo spazi di visibilità a prodotti, come il cortometraggio e il documentario, che altrimenti in sala non ci sarebbero mai arrivati. Non in Italia. Con questa consapevolezza, Emera Film ha avviato da tempo un importante ponte per queste produzioni su canali alternativi come Chili: «Sono tanti, tantissimi – racconta Rebecca Basso di Emera – i prodotti di qualità che avrebbero e hanno un loro pubblico. Da qualche anno stiamo cercando di dare loro voce». Due i documentari – entrambi made in Sardegna ed entrambi prodotti da Karel – pronti a prendere il volo e già avviati sul circuito dei festival. Il primo, Per grazia non ricevuta di Davide Melis, racconta il picaresco viaggio di due artisti, Giovanna Maria Boscani e Joe Perrino, a bordo di un’Ape-
Car lungo le carceri della Sardegna per raccogliere le richieste di grazia sotto forma di ex-voto: disegni, scritti trasformano l’Ape in un’installazione artistica itinerante. Con le nostre mani è il racconto tenerissimo di Emanuel Cossu della quotidianità d’amore di Giovanni e Anna Maria, due disabili che, sfidando le convenzioni, hanno deciso di mettere su famiglia. Ci sono poi i cortometrag-
gi. Fuori Campo, per la regia di Giorgio Chiantese e sceneggiatura di Luca Bocci, che mette in scena la ferocia di una vita che è di fatto finzione e di una finzione che diventa unica vita reale. Mantis religiosa di Antonio D’Aquila è un corto dal sapore horror nato tra le file del corso di recitazione CineLAB di Torino. Jasmine, infine, è scritto e diretto da Cristian Pompianu e di Vladimir Scavuzzo, due autori entrambi giovanissimi. n n n
Sopra: il corto Fuori Campo. In basso, da sinistra: i cortometraggi Mantis religiosa e Jasmine, il documentario Per grazia non ricevuta
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Il MagBook di settembre del movimento culturale di Eugenia Romanelli è interamente dedicato alla Settima arte
ReWriters
Un tuffo nel cuore palpitante del cinema n n n di Francesco Ferri In apertura: la copertina di ReWriters disegnata dal muralista Lucamaleonte. Qui a destra: Eugenia Romanelli, fondatrice del movimento culturale
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settembre ReWriters – il movimento culturale fondato da Eugenia Romanelli con la missione di riscrivere l’immaginario della contemporaneità – si occupa di cinema ed esce con un MagBook, a metà fra libro e rivista (rewriters.it dal 13 settembre), a cura di Damiano Panattoni, giornalista e critico, che ha raccolto firme di giornalisti, blogger, programmer e di un importante gruppo di artisti che, davanti o dietro la macchina da presa, hanno saputo raccontare il loro cinema, dall’infanzia fino alla prima volta su un set. “In questo MagBook troverete cinema e serialità tv in un percorso personale e autorevole, dove parola dopo parola, autorƏ dopo autorƏ, confluisce la storia e l’evoluzione della Settima arte, fatta di grandi registi e film memorabili”. Fra i tanti hanno scritto nel volume Michela Andreozzi, regista e sceneggiatrice; Cinzia Bomoll, scrittrice e regista;
Giorgio Colangeli, attore; Ileana D’Ambra, attrice; Diana Del Bufalo, attrice; Stella Egitto, attrice; Stefano Fresi, attore; Laura Luchetti, regista e sceneggiatrice; Barbara Ronchi, attrice; Thony, attrice e cantautrice; e ancora Mario Sesti, giornalista e critico cinematografico; Federico Boni, giornalista; Martina Barone, critica cinematografica; Paola Casella, giornalista e critica; Francesca Fiorentino, giornalista e speaker; Manuela Santacatterina, giornalista e critica; Caterina Sabato, giornalista e critica; Giacomo Sambella Lenzi, membro del Porretta Cinema; Silvia Moras, film educator e programmer; Nicola Barin, blogger; Silvia Lamia, critica teatrale. Autore della copertina è il muralista Lucamaleonte, che ha scelto l’immagine forte e ricca di pathos di un cuore, quello palpitante di vita e di creatività del cinema, immerso nel motore di una macchina da presa. n n n