cinema&fiction
Anno 74 - numero 3 ottobre 2021 - 2,00 €
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SPECIALE ROMA 2021
QUENTIN E TIM
A Tarantino e Burton i Premi alla carriera della XVI edizione
VITA DA CARLO
La serie su Verdone evento speciale in anteprima a Roma
ZEROCALCARE
La Festa delle donne
Proiezione di due episodi della sua nuova fantasia a fumetti intitolata Strappare lungo i bordi
Dalle amiche in cerca d’identità di Passing alla vedova di guerra di Hive, fino alle adolescenti ribelli Farha e Yuni, nei film della kermesse cinematografica romana ci sono tutte le sfumature dell’anima femminile
Rivista illustrata di cinema e fiction fondata da Alberto Crucillà nel 1948 Autorizzazione del registro n. 473 del 31 ottobre 1948 Direttore responsabile Renato MARENGO renatomarengo43@gmail.com Direttore editoriale Andrea SPLENDORE a.splendore@cinecorriere.it Vicedirettore Luigi AVERSA l.aversa@cinecorriere.it Art Director Stefano SALVATORI s.salvatori1965@gmail.com Realizzazione Das Designer Agenzia di Servizi Editoriali Piazza Augusto Imperatore, 32 00186 Roma dasdesigner@gmail.com Hanno collaborato Barbara Bianchi Andrea Carli Francesco Ferri Rosario M. Montesanti Irene Sofi Editore MEMA SRLS Viale Parioli, 63 00197 Roma tel. 06 85353394 Pubblicità settoriale A.P.S. Advertising s.r.l. Via Tor de’ Schiavi, 355 00171 Roma tel. 06 89015166 fax 06 89015167 info@apsadvertising.it www.apsadvertising.it Stampa L’Istantanea srl Via Merulana, 213-214 00185 Roma © Cinecorriere - tutti i diritti di riproduzione sono riservati. L’opinione espressa dagli autori non impegna la Direzione. Tutto il materiale ricevuto, e non richiesto (testi e fotografie), anche se non pubblicato, non sarà restituito.
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editoriale
Una Festa del Cinema nel segno delle donne S i riparte, ma si riparte davvero, con grinta, voglia di ricominciare meglio di prima, con nomi all’altezza di un festival di cinema di una capitale mondiale. Brava Laura Delli Colli, non in sordina né spavaldamente ma con convinzione, con le donne senza complessi e senza doversi aggrappare alle quote rosa per dimostrare le proprie capacità organizzative e creative. Donne come Laura, che con la sua garbata energia, con la sua collaudata determinazione porta la Festa del Cinema di Roma, sin dalla compilazione del cartellone, a livelli alti, di spessore qualitativo e altisonante, grazie a scelte e partecipazione di indiscussi numero uno del grande schermo mondiale. Ecco alcune sue frasi programmatiche, l’auspicio di una ripartenza con il sorriso sulle labbra, rimboccandosi le maniche senza lamenti e crisi depressive per gli ultimi anni davvero orribili che tutti abbiamo vissuto, ma che nella tragedia hanno fortemente penalizzato soprattutto il mondo dello spettacolo: musica, cinema e televisione. “Se quest’anno abbiamo affidato a Uma Thurman l’immagine del-
sommario
Renato Marengo
Roma 16 Uma Thurman, il volto della Festa di Irene Sofi 3
RiarrangiaRiz I vincitori del contest di Francesco Ferri
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Roma 16 La Festa delle donne di Luigi Aversa
Il cacciatore 3 I registi raccontano di Luigi Aversa
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Cortometraggi Roma 16 Tarantinite, Tarantiniano, Tarantinista Mantis religiosa e Studio2091 di Rosario M. Montesanti 8 di Barbara Bianchi Colonne sonore Sette note in nero di Renato Marengo
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Vita da Carlo Anteprima della serie su Verdone di Irene Sofi 12 Strappare lungo i bordi La nuova fantasia di Zerocalcare di Andrea Carli 13 Anima bella Intervista a Paola Lavini di Luigi Aversa 2
la sedicesima edizione”, scrive Laura Delli Colli, “è perché ci piacerebbe davvero che anche il nostro pubblico leggesse in quella foto il simbolo di una ripartenza vera: l’affascinante bionda in cerca di una rivincita che nasconde la katana sotto il sedile e spinge forte l’acceleratore per farci tornare tutti insieme in sala, un po’ come il simbolo di quella voglia di rompere con un periodo che tutti vorremmo dimenticare anche se, oltre mascherina e Green Pass, che sono sicurezza, la memoria della pandemia è ancora dentro di noi”. Laura Delli Colli e gli altri responsabili della Festa di Roma hanno voluto una ripartenza davvero “all’assalto”. In questo numero spaziamo nel mondo giovane che si avvicina alle colonne sonore, come i partecipanti a RiarrangiaRiz, il contest che ha dato l’opportunità ai compositori dai 18 ai 35 anni di riarrangiare le musiche di uno dei più grandi compositori per il cinema, Riz Ortolani. E poi c’è il premio a Tarantino, che ci ha dato modo di tornare sui suoi grandi amori per certo cinema italiano. E anche noi di Cinecorriere con questo numero ricco di energia ci lanciamo in un’augurale ripresa italiana.
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Invocation Siciliano, Imparato, Cappelli in trio di Andrea Carli 22
Uma Thurman Il volto della Festa di Roma
è quello dell’attrice di Kill Bill
Nell’anno del Premio alla carriera a Tarantino, la sua interprete prediletta è l’immagine ufficiale della kermesse n n n di Irene Sofi
C’
è tanto Tarantino in questa sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella quale al regista di Pulp Fiction è stato consegnato il Premio alla carriera. A cominciare dall’immagine ufficiale della manifestazione: Uma Thurman in Kill Bill: Volume 2. Lo sguardo ipnotico dell’attrice valica lo schermo cinematografico e si rivolge direttamente allo spettatore: il volto di Uma Thurman è un concentrato di energia, libertà e passione. Emerge il ritratto di una donna forte e determinata che lotta per quello che ama e trasforma il suo desiderio di vendetta nel sogno di nuova vita, alla ricerca di una vera e propria rinascita. «La scelta di siglare la Festa
con l’immagine di un personaggio cult che continua a attraversare il cinema amato anche dalle generazioni più giovani non è solo un omaggio a un’attrice straordinaria, ma un modo per augurare al cinema, oltre ogni cliché, la stessa energia e la stessa capacità di continuare a combattere per una vera stagione di ripartenza»,
ha detto Laura Delli Colli, presidente della Fondazione Cinema per Roma. E il direttore artistico della Festa, Antonio Monda, ha aggiunto: «Uma Thurman è un’icona del cinema contemporaneo: una donna forte, sensibile, intelligente e indipendente. Una presenza imprescindibile come la bellezza e la libertà». n n n
Sopra, a sinistra, Uma Thurman in Pulp Fiction; a destra e sotto in Kill Bill
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La Festa delle donne Fra sogni ed emancipazione Forti e sognatrici, ribelli e anticonformiste: alla XVI Festa del Cinema di Roma sono i personaggi femminili a prendersi la scena n n n di Luigi Aversa In apertura: le due protagoniste di Passing (Stati Uniti). Più sotto: una scena di A Thousand Hours (Tusind Timer) (Svezia, Danimarca). Qui accanto: Yuni (Indonesia, Singapore, Francia, Australia)
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uni, Farha, Tammy, Irene e Clare, Shauna, Anna, Sofia ed Eva, Lìu, Fahrije, Nora e Libertad, Jane, ma anche Jessica, Zadie, Monica, Marina, Caterina, Susanna: tutti nomi femminili. Sono le donne, infatti, le assolute protagoniste della XVI Festa del Cinema di Roma, che si è tenuta dal 14 al 24 ottobre. A partire da Uma Thurman, la cui iconica immagine ha aleggiato sulla manifestazione per tutta la sua durata. “Perdere la testa per una donna come te è sempre
la cosa giusta da fare” – si sente dire Uma in Kill Bill, come ricorda Laura Delli Colli – e noi potremmo aggiungere che perdere la testa per tutte queste donne, non è la cosa giusta da fare, ma è semplicemente inevitabile. Le protagoniste di Passing – il film tratto dal romanzo di Nella Larsen del 1929 e diretto in un avvolgente bianco e nero dall’attrice passata dietro la macchina da presa Rebecca Hall – sono due donne alle prese con la propria identità. Afroamericane, hanno
Teatro sociale
Ramona e Giulietta Dal carcere alla vita
A
Sopra: un’immagine de L’Arminuta, unico film italiano della Selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma. Sotto: la giovane interprete di Farha (coproduzione Giordania, Svezia, Arabia Saudita)
un rapporto controverso con le loro origini. Clare si fa passare per bianca ed è riuscita perfino a ingannare il marito, che i neri li odia con tutto il cuore, cancellando i suoi legami col passato. Irene sente invece che il ghetto di Harlem la soffoca e cerca di elevarsi attraverso la frequentazione dell’illuminata – solo in apparenza – bella società newyorkese. Ma quando le due amiche d’infanzia, ritrovatesi casualmente in un pomeriggio d’estate, iniziano a frequentarsi, la menzogna e la verità finiscono per scontrarsi. Come la Clare di Passing, il cui ritorno alle origini è fatale, anche la tredicenne de L’Arminuta, il film di Giuseppe Bonito tratto dal bestseller di Donatella Di Pietrantonio, viene restituita al suo passato. Tornare nella sua vera famiglia, alla quale non sapeva di appartenere, le fa perdere tutto della sua esistenza precedente. Vuole fuggire dalla sua vita invece l’adolescente indonesia-
na Yuni dell’omonimo film della regista Kamila Andini. Yuni sogna l’università. Anche per questo rifiuta un paio di proposte di matrimonio, incurante dei pettegolezzi, delle maldicenze e delle superstizioni che si scatenano nella sua comunità. Ma lì a dettare le regole è la legge islamica. Il sogno di continuare gli studi l’accomuna alla protagonista di Farha, il film di Darin J. Sallam,
lla XVI edizione della Festa del Cinema c’è anche il teatro e pure in questo caso tutto al femminile. Parliamo di Ramona e Giulietta - Quando l’amore è un pretesto, tragicommedia in un atto realizzata dall’associazione Per Ananke, frutto di un intenso lavoro all’interno della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia che l’associazione svolge dal 2013 con la regista Francesca Tricarico. Un lavoro iniziato all’interno dell’istituto, che prosegue quindi anche all’esterno assieme alle attrici ammesse alle misure alternative alla detenzione per dare continuità a quanto realizzato in carcere. Donne che attraverso il teatro hanno l’opportunità di confrontarsi con la società esterna nella delicata fase del reinserimento sociale. «È un nuovo lavoro quello con le ex detenute», spiega Francesca Tricarico, regista e coordinatrice del progetto, «che vuole accompagnarle nel reinserimento, ma soprattutto continuare a far sentire la loro voce. L’urgenza, la necessità delle nostre attrici in scena di raccontare, di emozionare ed emozionarsi dimostra che non esiste un noi e un loro, perché il carcere è parte della società». Ramona e Giulietta è un testo liberamente ispirato alla “quasi omonima” tragedia shakespeariana. Racconta l’amore tra due donne che nonostante i cancelli, le sbarre, i pregiudizi trovano la forza di amarsi e gridare al mondo il loro sentimento.
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Open Arms – La legge del mare
Mediterráneo vince il Premio del Pubblico FS
Sopra: una scena di Mothering Sunday (Regno Unito). Sotto, da sinistra: Mi novia es la revolución (Messico) e The Eyes of Tammy Faye (Stati Uniti). Sotto: le donne di Zgjoi - Hive (Kosovo)
N altra regista donna. La quattordicenne, che vive in un villaggio palestinese nel 1948, sfida le tradizioni che vogliono le ragazze della sua età già sposate o fidanzate: solo i maschi possono andare a scuola. Quando Farha è vicina a realizzare il suo desiderio, la guerra irrompe nel villaggio e il suo sogno sfuma per sempre. Combatte contro la società conservatrice e retrograda kosovara pure la Fahrije di Hive, film diretto da Blerta Basholli. Da quando suo marito è stato dato come disperso in guerra, lotta per superare il dolore e le difficoltà economiche. Ma nell’arretrato
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villaggio patriarcale in cui vive, l’emancipazione femminile è una parola sconosciuta. Emancipazione shock è invece quella dell’introversa, quasi quindicenne, messicana Sofia di Mi novia es la revolución di Marcelino Islas Hernández. L’incontro con Eva, giovane ribelle e anarchica, le fa scoprire l’amore e le delusioni che ne derivano. Delusione che porta la cantante Anna del film di Carl Moberg A Thousand Hours, da Copenaghen a Berlino in cerca della propria voce nella vita e nella musica. Prima, però, dovrà imparare ad amare e a perdonare. n n n
el settembre del 2015 il mondo tremò davanti alla foto di Aylán Kurdi, un bambino senza vita su una spiaggia del Mediterraneo. A Òscar Camps, bagnino di Badalona, quell’immagine ha cambiato la vita. Convinse il suo amico Gerard Canals ad andare a Lesbo per vedere cosa stava accadendo. Quello che era iniziato come un viaggio di due giorni divenne una missione che si protrasse per mesi e che, a oggi, ha salvato la vita a più di 60.000 persone”. Con queste parole il regista Marcel Barrena spiega come nasce la storia di Mediterráneo (Open Arms – La legge del mare), il film che si è aggiudicato il Premio del Pubblico FS alla XVI edizione della Festa del Cinema di MediRoma. terráneo racconta la lotta dei due bagnini spagnoli sull’isola di Lesbo per portare a migliaia di persone l’aiuto di cui hanno estremo bisogno.
Tarantinite Tarantiniano Tarantinista Il grande cinema in tre parole Piccolo vocabolario essenziale per raccontare Quentin Tarantino, il geniale regista americano, protagonista alla Festa di Roma, dove ha ricevuto il Premio alla carriera n n n di Rosario M. Montesanti In apertura: Quentin Tarantino sul palco della Festa del Cinema di Roma durante l’incontro con il pubblico. Nella pagina accanto: il regista assieme a Dario Argento
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artedì 19 ottobre, durante la conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma, i numerosi presenti – la maggior parte dei quali giovani e giovanissimi provenienti da scuole e accademie di cinema – più che il geniale regista Tarantino, che già conoscono benissimo, hanno potuto conoscere il suo carattere, il suo modo di parlare, i suoi pensieri. Tutti ci siamo trovati piacevolmente di fronte a Quentin, un ragazzone di 59 anni, simpatico e
disponibile come fosse ancora quel giovane commesso amante del cinema che per cinque anni ha gestito un negozio di noleggio film in Vhs. Per quello che ha detto e per come lo ha detto, abbiamo scoperto un uomo di successo immune da quella malattia purtroppo diffusa nel mondo del cinema: il protagonismo. Una persona semplice e diretta che ti racconta il suo vissuto e le sue opinioni, come fosse un amico seduto con te a un tavolo di un bar davanti a un caffè. Pron-
Rosario M. Montesanti
Il regista di A.N.I.M.A. racconta Quentin Tarantino
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osario Maria Montesanti è uno scrittore, sceneggiatore e regista. Nel 2020 ha realizzato, con Pino Ammendola, co-autore e protagonista, A.N.I.M.A., un film sulla coscienza che, in chiave di commedia, racconta la vicenda di un politico che entra in coma e finisce nella zona nera: un inferno laico dove non è condannato per i suoi peccati, che lui stesso reputa veniali, ma per le conseguenze delle sue azioni che hanno distrutto le vite degli altri. La pellicola, che ha vinto al Festival di Perugia come miglior film per valori etici e ha avuto ottime recensioni, da giugno 2020 è su Amazon Prime Video.
to sempre a essere determinato e risoluto nell’esporre le sue idee. Quando gli è stato chiesto chi vorrebbe uccidere fra tutti gli uomini che sono passati sulla terra e quale film cancellerebbe dalla storia del cinema, dopo aver criticato la domanda perché “tetra”, ha chiarito di non essere un assassino e di non volere uccidere nessuno. Ha quindi espresso la sua opinione in modo molto severo: l’uomo che non vorrebbe fosse mai nato è Griffith e il film da distruggere è il suo Nascita di una nazione del 1915, una pellicola muta e apparentemente innocua, ma che per Tarantino è colpevole di aver incentivato e potenziato in America il razzismo, facendo rinascere il Ku Klux Klan. Griffith, poi, lo avrebbe visto bene a Norimberga, processato assieme ai criminali nazisti. Un giudizio molto severo che ritroviamo anche nei suoi film. In uno ha ridicolizzato il Ku Klux Klan, in un altro, riscrivendo la
storia, ha fatto assassinare Hitler. Ma Tarantino ci ha mostrato anche di essere generoso nel riconoscere, con umiltà, le doti e i meriti degli altri. Un esempio, piccolo ma significativo: durante la conferenza stampa, parlando del suo film Bastardi senza gloria, ha sempre pronunciato il titolo in italiano. Questa la motivazione: quella traduzione, a suo giudizio, è molto efficace e aderente ai contenuti del film, forse più del titolo originale. Un bel complimento per il traduttore. Ma usciamo dalla sala della conferenza stampa e veniamo al nostro piccolo vocabolario composto soltanto di tre parole. TARANTINITE È la sindrome benigna, propria degli appassionati più giovani che sanno a memoria tutti i film di Tarantino: tutte le scene, le battute e persino le inquadrature e i dettagli. Ogni film lo hanno visto almeno dieci volte e ogni volta
riescono a trovare qualcosa di inedito, sfuggito durante le precedenti visioni. Se sbagli a raccontare un particolare, se non sei preciso vieni redarguito e invitato ad andare “dietro la lavagna”, o forse è meglio dire “dietro lo schermo”. TARANTINIANO Non succede spesso che l’opera cinematografica coincida perfettamente con l’autore, senza confini, senza capire dove l’una incontri l’altro. E quando succede vuol dire che l’autore ha inventato un nuovo genere. Due esempi li troviamo nella storia del nostro cinema del passato: Fellini e 9
Riconoscimenti
Va a Tim Burton l’altro Premio della Festa
Sopra: Quentin Tarantino riceve il Premio alla carriera della Festa del Cinema di Roma dalle mani di Dario Argento
Pasolini per i quali sono nati aggettivi dedicati come “felliniano” e “pasoliniano”. Fellini, in particolare era molto compiaciuto di avere un nuovo aggettivo tutto suo. Fra i pochi che hanno goduto di questo privilegio c’è sicuramente Tarantino e tutti i suoi seguaci che, realizzando film, seguono il suo stile, e hanno creato opere sicuramente “tarantiniane.” TARANTINISTA C’è il cinema neorealista, quello intimista o quello minimalista e c’è il cinema “Tarantinista”. Per raccontare le sue storie, Tarantino ha visitato più di un genere cinematografico, arricchendo le sue opere con un grande ritmo fatto di azione, musica importante e dialoghi accattivanti, con sorprendenti spunti surreali, satirici e comici. Tutto questo sottolineato, però, da un filo conduttore, un sottotesto, pervaso di significati profondi che lo inseriscono a pieno titolo nell’antica tradizione del morality play che, partendo dalla tragedia greca, dava vita a opere teatrali rinascimentali dove l’uomo è al centro del racconto e si deve confrontare con i valori morali. Quando la morte irrompe nella sua vita è giustamente terrorizzato per la meritata condanna in quanto peccatore; una punizione che arriverà, inesorabile: un castigo, quasi una vendetta, deciso dall’entità che governa la coscienza di tutti gli essere umani, una punizione che è l’unico modo 10
per purificarsi e vivere una nuova rinascita. Morality play erano anche le commedie all’italiana di Risi, Monicelli, Scola, De Sica, Zavattini e molti altri; in quei film c’era sempre una morale finale dichiarata e palese. Anche nel cinema di Tarantino è protagonista l’etica, che però è fra le righe, ma costante, estrema, concreta e applicata; nei suoi film nessuno porge l’altra guancia. Sono tutti significati che gli spettatori, attratti da innumerevoli elementi spettacolari, potrebbero però non riconoscere immediatamente. Per capire questa caratteristica, i film di Tarantino si dovrebbero guardare almeno tre volte: la prima per godersi lo spettacolo, la seconda per scoprire le tecniche di ripresa e di montaggio, la terza per identificarne questi contenuti. Per tutti questi elementi, il suo è un cinema unico e inimitabile; è l’invenzione di un nuovo genere. Quando in occasione della presentazione del suo libro, un romanzo tratto da un film e non viceversa, ha dichiarato che dopo i suoi nove film ha deciso di girarne soltanto un altro, il decimo, per poi ritirarsi, come spettatore ho pensato che la scomparsa del suo cinema sarebbe come cancellare dalle sale il western o il thriller o la commedia. Speriamo che quella di Tarantino sia stata solo una battuta e che Quentin continui a regalarci ancora tante storie tarantiniane doc. n n n
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a Festa del Cinema di Roma ha celebrato Tim Burton assegnandogli il Premio alla Carriera. Il regista, sceneggiatore, produttore e animatore statunitense è stato anche protagonista di un “Incontro Ravvicinato” con il pubblico, durante il quale ha ripercorso le tappe del suo percorso artistico, partito dalla seconda metà degli anni ’80. Burton è uno degli autori più originali del panorama americano e internazionale, che ha saputo portare sul grande schermo un universo visivo immediatamente riconoscibile. Batman, Edward mani di forbice, Ed Wood, La sposa cadavere, Sweeney Todd, Frankenweenie sono solo alcuni dei suoi titoli, capaci di immergere lo spettatore in un mondo fatto di atmosfere cupe, popolato di figure stravaganti e solitarie. Queste le sue parole: “È davvero speciale per me ricevere questo riconoscimento. Federico Fellini, Mario Bava e Dario Argento sono stati importanti fonti di ispirazione nella mia vita. Ritirare questo premio a Roma, un luogo che amo, una città che ti fa sentire protagonista del tuo stesso film, è per me molto emozionante”.
Quentin e Kill Bill Al ritmo di Sette note in nero È il tema del film di Fulci ad accompagnare una delle scene cult del film di Tarantino. Lo firmano Bixio-Frizzi-Tempera n n n di Renato Marengo
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itico ormai il film Sette note in nero di Lucio Fulci, uno dei registi italiani di cinema noir divenuti di culto; e mitica la colonna sonora composta dal trio di autori di tante musiche per il cinema: Franco Bixio, Fabio Frizzi e Vince Tempera. Ma a rendere il tutto “ancor più mitico” ci si è messo un mago internazionale del noir, Quentin Tarantino, Premio alla carriera alla Festa del Cinema di Roma. E che c’entra Tarantino con Sette note in nero? Beh, la cosa parte da lontano: l’eclettico regista americano è da sempre innamorato del cinema italiano degli anni ’60/’70, in particolare del filone noir che, anche se un po’ più “poverello” dei kolossal americani, ha proprio nelle sue ingenuità e nel suo sapore di ”fatto in casa” gli elementi di maggiore attrattiva per gli appassionati del settore. E Tarantino lo è più di tutti. Ma per Sette note in nero è andato oltre. A parte le scene, i soggetti, le atmosfere: stavolta è stata la musica, il tema principale della
colonna sonora del film, a catturarlo totalmente al punto da farla diventare “tema narrante” del momento più intenso e cruento di Kill Bill. Parliamo della scena dello stupro e della vendetta di Uma Thurman che, risvegliata dal coma dopo la violenza, ancora quasi paralizzata, si fa giustizia contro i suoi violentatori a ritmo proprio dell’incalzante tema che era stato di Sette note in nero. La scena è dominata e guidata totalmente dalla musica che Tarantino ha lasciato intatta, attualizzandola e rendendola più coinvolgente con l’intervento del rapper RZA. Proprio di questa splendida colonna sonora è uscita di recente, dalla Cinevox Record, un’edizione in vinile, la nuova copertina affidata a Luke Insect, geniale graphic designer britannico. Qualche nome di artisti e di copertine da lui realizzate ci fa comprendere meglio di chi stiamo parlando. Inizia negli anni ’90 a realizzare copertine per Funkadelic, Parliament, Ozzy Osbourne
e, presso la famosa Brick Lane, a Londra, fonda il suo Luke Insect Studio, pubblicando copertine di dischi, volantini e poster per la florida discografia inglese. Si ispira alle riviste più underground di quegli anni come OZ, International Time, Suk e, attratto dal mondo della fantascienza e dell’horror, firma decine di cover dei più famosi gruppi britannici. Il giochino macabro con la foto della protagonista, sepolta viva in un muro di mattoni, è reinventato graficament dal concept che Bixio mostra tra le novità della ristampa realizzata dalla Cinevox in collaborazione con AMS, Mondo e Theat Waltz. «È anche per questo», spiega Bixio, presidente Cinevox, «per rendere onore a tanti artisti delle immagini, oltre che ai compositori, che ci fa piacere riproporre le edizioni originali e le nuove edizioni dei successi delle musiche per il cinema, composizioni che oggi fanno considerare la Cinevox etichetta “cult” e ci hanno stimolato a dar vita al Cinevox Cult Club, dedicato agli amanti del vinile e dei dischi delle nostre colonne sonore, collezionisti, venditori, ma anche protagonisti di musiche e regia». nnn
Sopra, da sinistra: Franco Bixio, Fabio Frizzi e Vince Tempera, ieri e oggi. Al centro: la copertina del disco di Sette note in nero.
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Vita da Carlo
Verdone
Story n n n di Irene Sofi In alto: Carlo Verdone. Sotto, da sinistra: Verdone con Max Tortora, Anita Caprioli, Antonello Venditti in Vita da Carlo
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egista, sceneggiatore e attore, Carlo Verdone attraversa la storia del cinema italiano dal 1979, anno del suo esordio con Un sacco bello, commedia da lui scritta, diretta e interpretata. A quel film epocale ne sono seguiti altri ventisei, compreso l’ultimo, Si vive una volta sola, da lui interpretato con Anna Foglietta, Rocco Papaleo e Max Tortora. Quest’ultimo compare anche in Vita da Carlo, la serie Amazon Original prodotta da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis, disponibile su Prime Video dal 5 novembre, i cui primi quattro episodi sono stati pre-
I primi quattro episodi presentati in anteprima assoluta come Evento Speciale alla Festa del Cinema di Roma. La serie è disponibile in esclusiva su Prime Video dal 5 novembre sentati in anteprima come Evento Speciale alla Festa di Roma. Diretta dallo stesso Verdone con Arnaldo Catinari, su suoi soggetto e sceneggiatura, firmati anche da Nicola Guaglianone, Menotti, Pasquale Plastino, Ciro Zecca e Luca Mastrogiovanni, la serie è interpretata, oltre che dall’attore e regista e da Tortora, anche da Anita Caprioli, Monica Guerritore, Antonio Bannò, Caterina De Angelis, Filippo Contri, Giada Benedetti, Maria Paiato, Claudia Potenza e Andrea Pennacchi. In dieci episodi di trenta minuti ciascuno, vediamo l’immagine pubblica di Carlo, cioè quella di
un uomo generoso e sempre disponibile. A chi gli chiede selfie, autografi, lui non si nega. Il prezzo di questa ribalta è una vita privata semplice, scandita da ritmi sempre uguali, quasi come una prigione. O una commedia. In Vita da Carlo Verdone mostra la sua sfera intima, composta da una cerchia ristretta di conoscenti, uno più bizzarro dell’altro. E c’è anche l’amore per una farmacista, sbocciato, naturalmente, nella farmacia del quartiere. Ma quando arriva la proposta di candidarsi a sindaco di Roma, la vita di Carlo ha dei risvolti comici e imprevedibili. n n n
ZEROCALCARE Strappare lungo i bordi
Infanzia e maturità di un fumettista In anteprima alla Festa di Roma la serie animata di Michele n n n di Andrea Carli Rech che debutta su Netflix il 17 novembre
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a serie animata Strappare lungo i bordi, scritta e diretta da Zerocalcare, al secolo Michele Rech, prima del debutto in streaming su Netflix del 17 novembre, è stata presentata alla Festa del Cinema di Roma con la proiezione in anteprima mondiale dei primi due episodi. Prodotta da Movimenti Production in collaborazione con BAO Publishing, è composta da sei episodi di quindici minuti. Si tratta della prima serie d’animazione di Zerocalcare ed è ambientata nel singolare universo narrativo dell’autore. In un racconto ricco di flashback e di divertenti aneddoti che spaziano dalla sua infanzia ai giorni nostri, Zerocalcare percorre un viaggio in treno assieme a Sarah e Secco, i suoi fedeli amici di sempre. I tre sono diretti verso qualcosa di molto difficile da fare. Ogni momento, dai ricordi degli anni della scuola alle elucubrazioni esistenziali circa la propria incompiutezza e inadeguatezza, è narrato dallo stesso Zerocalcare, che presta la voce anche a tutti i personaggi che compaiono nella
Tre sequenze di Strappare lungo i bordi, serie animata scritta e diretta da Zerocalcare
serie, fatta eccezione per il saggio armadillo, doppiato da Valerio Mastandrea. Ogni capitolo della storia mette insieme un tassello dietro l’altro di un mondo fatto di pochissime certezze, di tanti dubbi esistenziali, ma anche di amicizie forti e durature. Quando nel finale tutti i pezzi del mosaico saranno al loro posto, il risultato sarà una sorpresa per lo spettatore, ma anche per il protagonista. n n n 13
Paola Lavini Versatilità e naturalezza L’attrice, che presto vedremo nei panni di Maria Callas in Carla, figura nel cast di Anima bella, uno dei film più interessanti di Alice e della Festa del Cinema n n n di Luigi Aversa
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aola Lavini non si ferma. Parafrasando il titolo del film corale (e sperimentale) Il cinema non si ferma – diretto da Marco Serafini e da lei girato assieme a un’altra dozzina di attori, da remoto con telefonini e webcam, durante il primo lockdown – la versatile attrice emiliana, nell’ultimo anno, nonostante tutto, ha preso parte a diversi progetti, tra questi l’opera seconda di Dario Albertini, Anima bella. Applauditissima all’Auditorium Conciliazione di Roma, la pellicola è stata presentata nell’ambito di Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema. Dopo averla vista l’anno scorso in Volevo nascondermi di Giorgio Diritti e di recente in Scho-
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ol of Mafia di Alessandro Pondi, presto ritroveremo Paola anche in Io e mio fratello di Luca Lucini e soprattutto nel film tv Carla, in cui interpreta un’intensa Maria Callas. «È un ruolo che amo. La Callas è sempre stata un mio pallino, sia umano che professionale. La porterò anche a teatro. Il film, invece, è nelle sale 8, 9 e 10 novembre, poi andrà su Raiuno il 4 dicembre. Il personaggio compare nel film tv sulla Fracci, interpretata dalla Mastronardi. ma non è un omaggio alla grande étoile, è un biopic, lei stessa ha partecipato alla sceneggiatura, è venuta pure sul set e purtroppo di lì a poco se n’è andata...». In quanto ad Anima bella è un film che abbiamo trovato autentico e commovente. Ab-
Alice nella città
Un’Anima bella che va dritta al cuore
G bientato esattamente il film, dagli accenti dei personaggi sembrebbe vicino Roma, è così? Sì, nella zona di Civitavecchia, biamo sentito che ha già una Tarquinia, Montalto di Castro, distribuzione italiana (Cineteca più o meno la Maremma laziale. di Bologna) e una internaziona- Anch’io ho cercato come sempre le (Le Pacte)... di dare quell’accento vicino al roOra è in giro per festival. A mano, ma non proprio. Come sai Montpellier ha vinto il Premio del sono appassionata di dialetti e la pubblico. Questo tipo di film, co- cadenza aiuta a essere veri. Era me quelli che ho fatto con Alice importante per sottolineare il diRohrwacher e Francesco Munzi, stacco fra mondo rurale e urbano. Si è trattato della tua ennemeritano di viaggiare per festival. Sono lavori d’autore, fatti con po- sima ricerca linguistica, dopo co budget ma con molta sostanza il calabrese, il marchigiano, il sardo, il campano e tanti altri. e tante idee. Da quello che si vede in Ani- Come fai ad allinearti sempre ma bella, anche molto armonio- al dialetto, alla cadenza locale si. C’era la stessa armonia an- del territorio in cui sono ambientati i film? che durante le riprese? Con lo studio, non parlo i diaPure più profonda. Mi sono trovata benissimo con Albertini, è letti per un dono della natura. Ovun regista che fa squadra. Tutti viamente sono predisposta, ma si gli attori sono riusciti a rendere tratta di una ricerca che faccio coquel che voleva lui. La forza di un me attrice. In questo caso mi inattore è anche quella di saper in- teressava far sentire la differenza teragire con i non professionisti. fra la cadenza della campagna roPer arrivare a quella naturalezza mana e quella della città di Roma. Qunado hai girato Anime neci si deve coordinare in armonia, registrarsi sullo stesso spessore di re di Francesco Munzi, tutti voce, di sensibilità, specie quan- pensavano fossi calabrese. Molti lo pensano, ma la mia è do si ha a che fare con attori alle prime armi. In scena, per esem- sì una predisposizione per lingue pio, io ero la “madre putativa” di e dialetti, però dietro c’è un’atGioia, la protagonista, ma lo ero tenta osservazione delle persone. Ascolto come parlano, in questo anche fuori dal set di Madalina. Sorprendente, la ragazza. modo riesco a riprodurre un po’ Albertini ha fatto tanti casting, tutti i dialetti. L’importante è cerpoi ha trovato lei che lavorava in care di essere naturali. Quando un ristorante, proprio nella zona mi dicono sei naturale è il comin cui è ambientato il film. Ha vi- plimento più grosso che possano sto una faccia, ci ha lavorato un farmi, meglio che dirmi brava. Sipo’ e il risultato è sotto gli occhi gnifica che sei arrivato con natudi tutti. ralezza la pubblico. Eccellente, direi. Dove è amUn’altra tua caratteristica In apertura: Paola Lavini. Più in basso: l’attrice è Maria Callas in una scena di Carla. Qui sopra: in Anima bella
ioia (Madalina Maria Jekal, nella foto, premio RB Casting ad Alice nella città) è una diciottenne che vive in un borgo del Centro Italia. Fa un lavoro che ama ed è benvoluta da tutti, ma la persona a lei più cara, la costringerà a stravolgere la sua vita. Le stagioni personali di Gioia non compiranno il loro ciclo naturale, ma cadranno in sacrificio per amore. Quello per suo padre.
è quella di essere abbonata al cinema d’autore, però l’estate scorsa hai girato la commedia Io e mio fratello. Mi piace fare tutto, il cinema d’autore è solo un’etichetta. I nostri grandi, dalla Vitti a Tognazzi a Gassman, hanno spaziato in tutti i generi. Io e mio fratello è una commedia molto ben scritta, fa ridere e riflettere. Ora so che stai girando La California, di Cinzia Bomoll. In Emilia. È un ritorno a casa, Come per Volevo nascondermi? No, qui proprio casa, mio papà è di Modena. In Volevo nascondermi eravamo a Gualtieri, il paese di Antonio Ligabue, fra Reggio e Mantova. Che mi dici de L’isola del perdono, il film girato in Tunisia? È fermo, non so quando uscirà. Tu invece non ti fermi. Effettivamente non mi sono mai fermata. Ho fatto anche Gli anni belli di Lorenzo d’Amico de Carvalho, altra commedia in cui si ride e si pensa. È pronto, ma per adesso è in stand by. n n n 15
RiarrangiaRiz
Tutti i vincitori del contest
Si è conclusa la prima edizione del premio intitolato al compositore, autore di 300 titoli tra film, documentari e tv movie n n n di Francesco Ferri
In alto: Riz Orotolani. Sotto: Donella Del Monaco
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lla fine sono quattro i vincitori di RiarrangiaRiz, il contest con la direzione artistica di Renato Marengo pensato per riscoprire la musica e la straordinaria creatività del grande compositore Riz Ortolani. Anzi in fondo sono sei. Quattro, infatti, sono gli arrangiamenti premiati al Mei, oltre che dal direttore artistico, da Enrico Sternini Ortola-
ni della Fondazione Ortolani, da Giordano Sangiorgi, patron del Mei, e alla presenza di Donella Del Monaco, leader degli Opus Avantra, e di Claver Gold. Hanno portato a casa il primo posto i Sol 33 con il loro riarrangiamento de La Piovra. Secondo il Trio Deno con l’interpretazione di Oh, My Love. Ex-aequo, Filippo Paris con Cannibal Holocaust
e Requel con I giorni dell’ira. Ai primi classificati è andato un contributo di €. 1.000,00, ai secondi di €. 600,00 e ai due ex-aequo di €. 400,00 complessivi. A questi premi si aggiunge lo speciale inserimento di tre arrangiamenti da parte di Marco Dentici all’interno della colonna sonora del suo film Riz Ortolani Armonie e Dissonanze: ha infatti scelto di sincronizzare i lavori di Sol 33, ma anche Leonardo Rosselli con Day of Anger e Alessandro Lani con Giallo Napoletano. La premiazione è stata introdotta dall’interpretazione live di Now and Then di Ortolani, tutta in italiano, di Donella Del Monaco assieme al rapper Claver Gold. Ricordiamo i partner dell’iniziativa: Siae, Nuovo Imaie, Mei, Roma Cinema, Produzioni Cinematografiche Stemo e Fenix, Classic Rock e Vinile, Cinecorriere, ColonneSonore, Cafim, Tavolo permanente Bande Italiane, i programmi Classic Rock on Air in radio e la piattaforma Web TV SoundTrack City. n n n
Il cacciatore 3
Lotta alla nuova mafia La coppia di registi del terzo ciclo di episodi, Davide Marengo e Fabio Paladini, ci racconta passato, presente e futuro della serie di Raidue n n n di Luigi Aversa Qui a destra: Francesco Montanari (il primo a sinistra) con i registi Davide Marengo (al centro) e Fabio Paladini
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ercoledì 20 ottobre su Raidue è tornato Il cacciatore, progetto seriale con Francesco Montanari ispirato alla storia del magistrato Alfonso Sabella e basato proprio sul libro di quest’ultimo intitolato Cacciatore di mafiosi. A dirigere la terza stagione della serie è Davide Marengo – già regista del primo ciclo di episodi, con Stefano Lodovichi, e del secondo, da solo – qui in coppia con Fabio Paladini. Davide, l’avventura de Il cacciatore continua. I sequel erano già in programma? Erano più o meno in programma, di sicuro incoraggiati dal successo, italiano e internazionale, della prima stagione. Che è stata premiata al festival Canneseries. Il premio è do-
vuto al tema trattato, la mafia, che all’estero fa sempre notizia, o allo stile, diverso dalla fiction nostrana? D.M. Le serie e i film sulla mafia sono quasi un genere a sé e spesso colpiscono il pubblico perché si mette in scena la contrapposizione di buoni e cattivi e favoriscono il racconto di scene d’azione e tensione. La particolarità del Cacciatore è che è ispirato a una storia vera, quella di Alfonso Sabella, la cui carriera è legata ai successi dello Stato nei confronti della mafia degli anni ’90. Grazie a una scrittura di alto livello dei creatori della serie, Ebreul e Izzo, si è riusciti a sviluppare una storia sfumata, complessa e mai banale, con un antieroe, Barone, che è disposto a rinunciare a tutto pur
di prendere i mafiosi a cui dà la caccia. Lo stile visivo e narrativo hanno un respiro internazionale. La Cross Productions ci ha dato molta libertà espressiva e tutti noi abbiamo curato ogni dettaglio per poter essere credibili nella ricostruzione di eventi e situazioni. F.P. È vero che la mafia all’estero vende, ma mi piace immaginare che il premio a Canneseries, così come gli ottimi riscontri che stiamo ottenendo all’estero, siano dovuti allo stile peculiare del Cacciatore, che al crime duro e puro privilegia un racconto sfaccettato dell’umanità profonda e complessa dei suoi protagonisti. Quali serie o film stranieri sono stati fonte di ispirazione? D.M. Personalmente sono un fruitore di molti film e serie tv, le
Terza stagione
Saverio Barone di fronte a un bivio
L Qui sopra: Francesco Montanari (secondo da destra) con Giorgio Caputo (a sinistra), Linda Caridi e Roberto Citran (©foto Assunta Servello). Montanari interpreta Saverio Barone, il magistrato ispirato alla figura di Alfonso Sabella
serie che all’inizio ci hanno fatto da guida sono state diverse, come Narcos o Peaky Blinders, e molto cinema americano da Scorsese a De Palma, ma ho sempre avuto come faro film di impegno civile come Mani sulla città di Rosi. Davide, come ti sei trovato a lavorare con Paladini? Fabio è stato produttore creativo e sceneggiatore di diversi episodi delle passate stagioni, un collaboratore molto presente e di grande aiuto, per cui era il naturale coregista di questa terza stagione. È stato particolarmente bravo nel portare avanti la narrazione fino al suo epilogo, non era impresa facile, e mi sono trovato molto bene a lavorare con lui. Per te, Fabio, è stato facile subentrare alla regia? Non ho avuto nessuna difficoltà. Sono stato autore e produttore creativo nelle due stagioni precedenti, conoscevo i personaggi, i movimenti narrativi, i motivi che stanno dietro le scelte artistiche. Il cacciatore è stato casa mia per
questi anni e le persone che lavorano per realizzarla erano già una famiglia. Come ti sei trovato con Davide? Nelle prime due stagioni, ho lavorato spalla a spalla con lui e abbiamo condiviso tante scelte artistiche. Questo rapporto di condivisione è continuato anche col mio passaggio alla regia. Poterlo osservare da vicino, nelle due stagioni precedenti, mi è stato utile per gestire le situazioni delicate che vengono a crearsi su un set. Come vi siete coordinati per la suddivisione degli episodi: 1-2-3-5 Davide, 4-6-7-8 Fabio? D.M. Non ricordo bene com’è andata, ma è venuta in modo naturale e armonico. F.P. Dato che Davide è stato il regista della seconda stagione è parso naturale che proseguisse nel solco già tracciato. L’idea, quindi, era che lui avrebbe diretto i primi quattro episodi. Però avendo io scritto la sceneggiatura del quarto, così come del set-
a vita e la carriera di Saverio Barone sono arrivate a un punto critico: Vito Vitale, ultimo dei corleonesi, ha giurato di ucciderlo; Pietro Aglieri e Bernardo Provenzano, a piede libero, si sono legati a doppio filo con politica e istituzioni; e Giada, sua moglie, si è trasferita in un’altra città con la piccola Carlotta. Saverio è a un bivio: sacrificare gli affetti per fermare la nuova mafia o accettare il fatto che perseguire quell’obiettivo impossibile non lo renderà un uomo migliore. Nella terza stagione, la caccia di Saverio diviene un percorso di maturazione personale che lo porterà a una profonda consapevolezza.
timo, ci è sembrato giusto e naturale che girassi gli episodi che ho scritto. Da cui questa inversione tra l’episodio 4 e il 5 che, vista da fuori, può sembrare bizzarra. La vostra fonte d’ispirazione è il libro di Sabella, vi siete anche confrontati con lui? D.M. Sabella firma il soggetto ed è a lui che abbiamo guardato come fonte d’ispirazione quotidiana, ha un’energia unica e ci ha aiutato soprattutto in fase di scrittura e poi di rifinitura nella ricostruzione storica. Ho visto con lui la puntata in cui viene arrestato Brusca e la sua commozione è stata contagiosa, si è trovato a rivivere un’esperienza difficile da capire in tutta la sua complessità e il fatto che continuasse a ripetere “è andata proprio così” è stata una grande soddisfazione. F.P. Il fatto che Alfonso firmi come autore il soggetto non è un atto dovuto, ma testimonia l’importanza che la sua figura ha avuto nella scrittura. Io e gli altri autori abbiamo passato tante 19
giornate con lui a mettere a fuoco passaggi narrativi, linee di dialogo, a volte anche intere trame. Il suo apporto non si è limitato al racconto del periodo storico o al dato procedurale, ma ci ha consentito di investigare anche gli aspetti umani di chi ha vissuto quegli anni in prima linea. Alfonso è un eccellente narratore. Ci sarà Il cacciatore 4 col prosieguo della carriera di Sabella, incluso il suo incarico a Ostia come assessore alla legalità, o questa è l’ultima stagione? D.M. Non so rispondere, di sicuro si è compiuta una trilogia, ma di fatti ce ne sono ancora molti da raccontare, chissà... F.P. Al momento non è prevista. Il progetto dei due ideatori della serie, Marcello Izzo e Silvia Ebreul, è sempre stato quello di sviluppare un racconto su tre stagioni, ed è davvero bello essere riusciti a portare questo viaggio in porto. Non sempre accade nella serialità: un progetto può interrompersi per mille motivi, oppure entrare in un loop senza fine di nuove stagioni che spesso finisce per annacquarne l’energia
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originaria. Nel Cacciatore ciascun personaggio porta a termine il viaggio che avevamo immaginato per lui, realizzando così il proprio destino di redenzione o di distruzione, e la serie nel suo complesso trova quel messaggio che desideravamo trasmettere. Il fatto che la serie vada su Raidue, che lascia più libertà di azione rispetto a Raiuno, la penalizza negli ascolti, comunque sempre lusinghieri? D.M. Ogni rete ha il suo pubblico, Raiuno ha un pubblico più ampio, mentre Raidue consente di osare e sperimentare di più. A me piace rapportarmi con pubblici diversi, sono sfide sempre nuove. La fruizione di serie e film negli ultimi anni è molto cambiata ed è in continua trasformazione. Spesso si valutano solo gli ascolti della prima messa in onda, ma ci sono da considerare le numerose visioni sui canali in streaming, senza contare quelle delle tv straniere che hanno acquistato Il cacciatore. La terza stagione non ha avuto molta promozione, è un peccato, ma noi siamo molto soddisfatti del risultato, del pubblico
affezionato che continua a seguire la serie e dell’ampia platea internazionale che si è conquistata. F.P. È chiaro che quello di Raiuno è un bacino di telespettatori più ampio, ma credo che Il cacciatore sia stato possibile anche in virtù della sua collocazione sulla seconda rete: è una serie scura, nei colori e nei toni, con vari elementi di sperimentazione e innovazione che, forse, su Raiuno avrebbero faticato a esistere. Quindi, da autore e regista di questa serie, sono assolutamente felice della collocazione che abbiamo avuto in questi anni, perché, ripeto, non è detto che altrove questa serie sarebbe stata possibile. Quali sono i vostri prossimi progetti? D.M. Con la Cross stiamo sviluppando una nuova serie, ma per ora è presto parlarne. F.P. Da sceneggiatore, ho lavorato alla scrittura di una grossa coproduzione internazionale, una serie nello specifico, attualmente in fase di lavorazione. Come regista sono al lavoro sul mio primo lungometraggio. n n n
Sopra: due momenti, di festa e di indagine sul campo, della serie interpretata da Francesco Montanari (al centro nella prima foto, a destra nella seconda). Sotto: una riunione dei clan mafiosi
Cortometraggio
che passione!
La Emera Film, giovane casa di distribuzione, presenta due nuovi film: Mantis religiosa e Studio2091 n n n di Barbara Bianchi
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n un momento storico in cui tutto ha preso il piglio di un treno ultraveloce, è indiscutibile che il cortometraggio stia acquisendo l’energia di un prodotto facile ed economico da produrre. E rapido da consumare. Poi, diciamocelo: se dieci minuti di film non incontrano il nostro gusto, poco male. Mentre per autori e registi è ancora una via decisamente preziosa per farsi conoscere. Fra i corti che spesso ci segnala Emera Film, giovane casa di distribuzione che molte possibilità sta offrendo a questo mondo, ce ne sono due. Del primo, Mantis religiosa, già avevamo fatto cenno nel numero di Venezia. Il secondo è Studio2091. Mentre Mantis religiosa fa il suo debutto il 3 novembre al Ravenna Nightmare Film Fest, Studio2091 approda direttamente, il 1° novembre, su Chili. Mantis religiosa è un cortometraggio scritto e diretto da Antonio D’Aquila, che nasce tra le fila del corso di recitazione CineLAB di Torino, corso diretto dallo stesso D’Aquila. Il film parla delle opportunità offerte dalla sperimentazione, giocando con i generi e con alcune correnti cinema-
tografiche, ma soprattutto scrive la storia sulla pelle degli attori e aspiranti tali presenti alle lezioni. Marta, giovane madre single, si ritrova all’interno di un castello medievale per conoscere la famiglia del suo nuovo compagno. Presto, quello che doveva essere un luogo magico, si trasforma in una terrificante prigione. Nel cast Rossana Pantano, Emanuele Falla, Valeria Grytsuta, Loredana Armanni. Il corto è realizzato col supporto della Film Commission Torino Piemonte. Studio2091. A Venetian story
è invece un documentario per la regia di Naù Germoglio, da un’idea di Silvia Zanardi, e racconta Venezia attraverso le storie di due scultori, un’artigiana e un alchimista delle tecniche fotografiche antiche, che hanno scelto di condividere lo stesso spazio di lavoro, di pensiero e creatività: 65 metri quadri con le finestre affacciate su un canale al civico 2091 del Sestiere di Santa Croce. Un esempio di coworking creativo dove non c’è wifi, il cellulare prende poco, non ci sono tavoli per riunioni, né pc accesi. n n n
Sopra: Studio2091. In basso: due immagini di Mantis religiosa
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ESENCIAL3IO= Giovanni Imparato Louis Siciliano, Marco Cappelli
Invocation: visioni in musica, viaggi inaspettati e dimensioni tutte da scoprire firmati da tre compositori ben noti al cinema
n n n di Andrea Carli Sopra: Louis Siciliano fra le sue tastiere e i suoi sintetizzatori. In basso, da sinistra: Giovanni Imparato, Marco Cappelli e ancora Louis Siciliano
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uando tre grandi firme della musica si uniscono non è mai per un progetto banale. Ce lo confermano Louis Siciliano, Giovanni Imparato e Marco Cappelli, che hanno deciso di scommettere su inedite visioni sonore, per regalare al pubblico un album unico, Invocation. Esencial3io=, nome complesso per un trio, è l’incontro di tre eccellenze italiane e cittadine del mondo, che generano sonorità “visionarie” in cui si incontrano i loro percorsi. Ai sintetizzatori, tastiere ed elettronica, c’è Louis Siciliano. Tra i pochi artisti europei a far parte della giuria dei Grammy Awards, ha composto, diretto, arrangiato e prodotto musiche per Alessandro D’Alatri, Gabriele Salvatores, Sergio Rubini, Sal-
vatore Piscicelli. Da sempre impegnato nella ricerca dei punti di connessione tra la musica del Nord e del Sud del mondo, ha portato la sua ricerca in Mongolia, Cuba, Guatemala, Marocco, Spagna, Brasile. Alle percussioni, Giovanni Imparato. Sacerdote dei tamburi Batà a Cuba, vanta collaborazioni con Ray Charles, Isaac Delgado, Lucio Dalla, Stewart Copeland, Renato Carosone, unendo la Napoli popolare ai ritmi di Cuba. Giovanni ha dedicato tutta la sua vita a quella musica yoruba che si perde nella notte dei tempi. Alle chitarre, infine, Marco Cappelli. Musicista attivo sulla scena newyorkese che ruota attorno a John Zorn, è compositore per la White Wave Young Sung Kim Dance Company di New York, ha
scritto le musiche del film Intervallo di Leonardo Di Costanzo, premiato col David di Donatello. Vanta collaborazioni con Anthony Coleman, Enrico Rava, Marc Ribot, Adam Rudolph, Giovanni Sollima, Markus Stockhausen. «Invocation è un viaggio nell’emisfero destro totale», spiega Siciliano. «Si tratta di un modo di fare musica dove l’ascolto apre le porte dell’intuizione. Potrebbe piacere a registi che osano». «L’idea nasce da un live», aggiunge Cappelli, «quindi senza piani prestabiliti. Ma si tratta di un’esperienza necessaria». Quanto cinema c’è nel progetto? «Ci hanno appena proposto di fare un film sul nostro approccio alla creatività», dice Imparato. «Si parte dalla musica ma non solo da quello. Sarà una bella sorpresa». n n n