cinema&fiction
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Anno 69 - numero 1 Febbraio-marzo 2016 - 2,00 €
SPECIALE
BERLINALE Orso d’Oro a Fuocoammare di Gianfranco Rosi ACADEMY AWARDS Da Morricone a DiCaprio: tutte le statuette 2016 HOLLYWOOD-ROMA Quentin Tarantino Joseph Fiennes Michael Keaton
David Bowie L’uomo che cadde
su Berlino
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sommario
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editoriale
Da Berlino a Hollywood È sempre grande cinema
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avid Bowie ci appartiene. Per amore della musica articoli della rivista. Per il resto, all’interno, trovate tanto e del cinema. Il mio Classic Rock On Air l’ho de- sugli Academy Awards. Da The Revenant di Alejandro dicato di recente proprio a lui. Al grande attore, Gonzalez Inarritu con Leonardo DiCaprio a Mad oltre che straordinario musicista, abbiamo voluto dare la Max: Fury Road, passando per il nuovo film-evento di copertina di questo numero speciale sulla Berlinale e Tarantino, fino all’Oscar 2016 per il miglior film, Il caso sugli Oscar. E non a caso. Berlino, città con Spotlight, presentato a Roma da Michael cui il Duca Bianco aveva un rapporto parKeaton e Walter Robinson, il vero giorticolare, lo ha celebrato con la proiezione nalista autore dell’inchiesta sui preti pedode L’uomo che cadde sulla Terra. Al Fefili di Boston. Nella Capitale, a presentare stival di quest’anno c’era un solo titolo itail suo film, Risorto - Risen, è venuto anche liano in concorso, Fuocoammare di Joseph Fiennes. Abbiamo parlato con lui, Gianfranco Rosi. E proprio il film su Lamcosì come con le voci italiane di Zootropedusa si è aggiudicato l’Orso d’oro. A un polis, nuovo capolavoro d’animazione altro grande musicista, Ennio Morricone, della Disney che sta sbancando i botteDavid Bowie ghini. A proposito di italiani, da non perfresco di statuetta per la splendida sinfonia L’uomo che cadde composta per la colonna sonora di The Hasu Berlino dere l’intervista a tutto tondo con Veronica teful Eight, abbiamo dato eccezionalmente Pivetti, da poco anche regista. Infine, una la controcopertina. A proposito di colonne sonore, per il panoramica su un paio di manifestazioni internazionali: secondo anno, presso l’Accademia Griffith, si tiene il il Bergamo Film Meeting e il FilMart di Hong Kong. mio corso di musica da film. Ve ne parliamo in uno degli Renato Marengo cinema&fiction Anno 69 - numero 1 Febbraio-marzo 2016 - 2,00 €
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Rivista illustrata di Cinema e Fiction fondata da Alberto Crucillà nel 1948
SPECIALE
BERLINALE 2016 Orso d’Oro a Fuocoammare di Gianfranco Rosi
ACADEMY AWARDS Da Morricone a DiCaprio: tutte le statuette 2016
HOLLYWOOD-ROMA Quentin Tarantino Joseph Fiennes Michael Keaton
Berlino 66 Fra Duca Bianco e Lampedusa di Ylenia Politano Joseph Fiennes «Amo tutto del mio tribuno Clavio» di Luigi Aversa Oscar 2016 La notte di Morricone di L.A.
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Bergamo Film Meeting Cinema Europa, ora! di Ro.Ma.
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FilMart 2016 Il mercato più grande dell’Asia di Luigi Aversa
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Veronica Pivetti «Io contro l’omofobia» di Silvia Gambirasi
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Accademia Griffith A lezione di colonne sonore di L.A.
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The Hateful Eight Cinque film in uno di Luigi Aversa
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The Revenant - Redivivo Finalmente DiCaprio di Rodolfo Masi
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Mad Max: Fury Road Un action movie da sei statuette di Ro.Ma.
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Il caso Spotlight Lezione di giornalismo di Luigi Aversa
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Zootropolis La città aperta a tutti gli animali di L.A.
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Zootropolis 2 Qui si parla pure italiano di Silvia Gambirasi
17 Ennio Morricone impugna l’Oscar
di Ylenia Politano
Sopra: David Bowie in L’uomo che cadde sulla Terra. Qui accanto: Meryl Streep, presidente della giuria. Sotto: Gianfranco Rosi e un’immagine del suo Fuocoammare, premiato con l’Orso d’Oro
Dall’11 al 21 febbraio nella metropoli tedesca si è tenuta la 66. edizione del Festival Internazionale, nel ricordo di David Bowie e nel segno del meritato riconoscimento al film del nostro Gianfranco Rosi n.1 feb/mar 2016
di Luigi Aversa
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on Berlino David Bowie aveva un rapporto speciale. È nella metropoli tedesca, a fine anni Settanta, che nacque uno dei suoi capolavori, Heroes, brano che è diventato uno dei suoi cavalli di battaglia e che dà il titolo a uno degli album più completi della sua sterminata produzione. Qui il Duca Bianco si era trasferito a vivere e qui ha registrato una delle più belle ballate della storia del rock, ambientata proprio sullo sfondo del famoso Muro. Il Festival del Cinema di Berlino, la cui edizione numero 66 si è svolta tra l’11 e il 21 febbraio, ha reso omaggio all’artista, scomparso improvvisamente que-
st’anno all’età di 69 anni, proiettando il film di fantascienza L’uomo che cadde sulla Terra (1976) di Nicolas Roeg. La Berlinale 2016 non ha dimenticato altri due grandi del cinema mondiale che ci hanno lasciato da poco: l’attore e regista Alan Rickman e il nostro Ettore Scola. Il cinema italiano era presente al 66° Festival di Berlino con un solo titolo in concorso, Fuocoammare di Gianfranco Rosi, ed è stato proprio il film del regista già premiato a Venezia per Sacro GRA a trionfare. Meryl Streep, presidente di giuria, ha definito il film «eccitante e origi-
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Sopra: Alone in Berlin di Vincent Perez. Qui accanto: A Quiet Passion di Terence Davies. Sotto, da sinistra: Genius di Michael Grandage, L’Avenir di Mia Hansen-Løve
Qui sotto: una scena di Kollektivet (The Commune, La comune) di Thomas Vinterberg
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nale, la giuria è stata travolta dalla compassione. Un film che mette insieme arte e politica e tante sfumature. È esattamente quel che significa arte nel modo in cui lo intende la Berlinale. Un libero racconto e immagini di verità che ci racconta quello che succede oggi. Un film urgente, visionario, necessario». È una bella soddisfazione per l’Italia e per il cinema italiano. Ma è soprattutto un segnale importante che speriamo arrivi anche nel nostro Paese: il cinema, oltre che arte e intrattenimento, ha un impatto sociale, culturale e politico che sopravvive al tempo. Può riguardare, come in questo caso, fatti contemporanei, ma rimarrà a testimoniare qualcosa di importante, universale, da non dimenticare. Fuocoammare è un film documentario. Attraverso immagini e suoni, a
tratti veramente poetici, ci porta a Lampedusa, lembo di terra in mezzo al mare che rappresenta una vita quasi primordiale per i suoi abitanti e una speranza di riuscire a vivere per migliaia di migranti e profughi. Dal caldo e intonso focolare domestico di alcune donne del Sud, intente a preparare succulenti piatti di pesce appena pescato, sfidando il mare, e un profumato caffè rassicurante, Rosi passa alle immagini di corpi esausti, stremati, dal dolore fisico ed emotivo. Esistono diversi piani su questi barconi e chi più paga più può sperare di non morire soffocato o ustionato e approdare vivo in cerca di un lavoro e una casa. Occhi di ragazzi, madri, padri. Voci piene di rabbia, assetate di un po’ di futuro. Un bambino che parla solo il dialetto siculo e costruisce le fionde, che poi abbandona perché si accorge che più bello è acn.1 feb/mar 2016
Da sinistra: Boris sans Béatrice di Denis Côte, Chi-Raq di Spike Lee. Sotto: Soy nero di Rafi Pitts. Più a sinistra: Saint Amour di Benoît Delépine, Gustave Kervern. In basso: Miles Ahead di Don Cheadle
carezzare e non colpire. Chissà se quei bambini non sopravvissuti avranno mai avuto il tempo di giocare? Fuocoammare meritava di vincere. Non solo per motivi prettamente cinematografici. La Berlinale ha presentato infatti ottimi prodotti, sfiorando temi sociali e umani molto interessanti e coinvolgenti. È emersa fortemente la figura della donna - la regista francese Mia Hansen-Love ha vinto l’Orso d’Argento per la miglior regia per il film L’Avenir, con una superba Isabelle Huppert - su molti piani, regalandoci storie e interpretazioni davvero memorabili. Sia quella di Trine Dyrholm, coprotagonista del film danese La comune di Thomas Vinterberg, che infatti ha vinto l’Orso come migliore attrice, che Julia Jentsch, intensa in 24 settimane, o Julianne Moore in Maggie’s Plan, n.1 feb/mar 2016
fantastica cinquantenne che si ritrova in un triangolo amoroso con il marito Ethan Hawke, anche loro diretti da una donna, Rebecca Miller. L’Orso d’Argento Gran premio della Giuria è andato a Morte a Sarajevo di Danis Tanovic, a testimonianza del fatto che il tema della coscienza storica è molto sentito alla Berlinale. Il premio Bauer per l’innovazione lo ha ricevuto il filippino Lav Diaz per Lullaby to the Sorrowful Mystery, lungo otto ore, da tutti definito una vera esperienza. Insomma si torna da Berlino con un premio, molti bei film nel cuore, alcune immagini negli occhi, come quelle di Chi-Raq di Spike Lee e di Miles Ahead di e con Don Cheadle. Da non perdere, a fine marzo, quando arriverà sui nostri schermi, La comune di Vinterberg. !!! 5
«Amo tutto del mio Clavio: di Luigi Aversa
genio militare, acume e spiritualità» In Risorto, l’attore britannico è un tribuno romano chiamato a indagare sulla Resurrezione di Cristo. Ce ne parla durante il suo soggiorno a Roma per promuovere il film con la collega Maria Botto
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opo Elizabeth, Shakespeare in Love e Il mercante di Venezia, tutte storie ambientate nel Cinquecento, e dopo il mitologico Hercules, Joseph Fiennes si cala nuovamente nei panni di un personaggio di un’altra epoca, questa volta un antico Romano. Tribuno militare di stanza a Gerusalemme, Clavio - il protagonista di Risorto - Risen di Kevin Reynolds - è incaricato dal prefetto Ponzio Pilato (Peter Firth) di indagare su un caso a dir poco complicato: la misteriosa scomparsa 6
dal sepolcro del corpo di Yeshua (Cliff Curtis), il nome ebraico di Gesù. Affiancato dal giovane aiutante Lucio (Tom Felton) e pur riluttante, Clavio avvia la sua indagine. Interroga uno a uno i seguaci dell’uomo che lui stesso ha visto trafiggere al costato con una lancia mentre era ancora sulla croce, per poi assistere alla tumulazione del corpo in una grotta, chiusa con una grossa pietra da una decina di uomini. Eppure, tre giorni dopo questi fatti, le spoglie di Yeshua si sono volatilizzate. Scettico ma incuriosito dalla luce
che vede negli occhi di tutti coloro con cui parla, finisce per avere egli stesso l’illuminazione quando incontra lo sguardo di Yeshua, vivo e sorridente tra i suoi discepoli... A Joseph Fiennes, di passaggio a Roma con la collega Maria Botto, che nel film interpreta Maria Maddalena, abbiamo chiesto quale aspetto preferisca del suo personaggio, che da valoroso soldato si trasforma in un investigatore ante litteram per poi avere la folgorazione religiosa. «Li amo tutti. Non posso dirne solo uno. È il sogno di ogni ragazzo essere un n.1 feb/mar 2016
antico Romano. La disciplina, la precisione delle legioni che funzionavano come una macchina, come un unico cervello, un orologio svizzero, in cui il gladio agiva da strumento chirurgico di precisione, sono paurose ma affascinanti. Così come l’arguzia dell’indagine e l’aspetto spirituale. Ecco, è proprio il passaggio da uno stato all’altro, la sfida che questo comporta, che ho amato molto. Un attore adora questi cambi di tono». Il film in effetti ha una parabola particolare, la storia che sta raccontando è quella della Resurrezione, n.1 feb/mar 2016
ma ci arriva piano piano, attirando lentamente lo spettatore al suo interno. Un movimento che è servito per lo studio dei personaggi o questi sono stati preparati come figure a se stanti rispetto alla storia che raccontano? «Clavio è una figura di finzione - spiega Fiennes - ma ho cercato di renderla come se fosse realmente esistito, come un tribuno romano di quel tempo. In lui ho cercato l’autenticità». In un film del 1986, L’inchiesta di Damiano Damiani, c’è Keith Carradine in un ruolo simile a quello di Clavio. «Non lo conosco
- confessa l’attore britannico. Ricordo un film di Pasolini, invece (Il Vangelo secondo Matteo, ndr). Pier Paolo Pasolini è un regista che amo. Così come mi piacciono Kubrick, Lean e Huston». In occasione del suo soggiorno romano, Joseph, che con l’Italia ha un feeling particolare - nel nostro Paese si è perfino sposato, a Barga, in provincia di Lucca, con la modella Maria Dolores Dieguez - ha fatto visita a papa Francesco («È una persona speciale») e ha anche rivelato qualcosa di più circa la sua prossima avventura: «Sarò Michael Jackson su Sky Arts per uno sketch comico tipo Saturday Night Live, in cui Jacko, Marlon Brando e Liz Taylor cercano di scappare da New York dopo l’11 settembre. Divertente e un po’ folle. Devo dire che quando me l’hanno proposto la cosa mi ha scioccato». Risorto - Risen arriverà sugli schermi italiani il prossimo 17 marzo. Negli Stati Uniti debutta in!!! vece il 19 febbraio.
In apertura: Joseph Fiennes a Roma con Maria Botto. In basso a sinistra e qui in alto: ancora l’attore britannico. Più a sinistra: Fiennes con Tom Felton (anche qui sopra). Al centro: la scena della croficissione di Gesù
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Oscar 2016
La notte di Morricone
di L.A.
Il Maestro, già premiato nel 2007 con il riconoscimento “alla carriera”, vince una meritatissima statuetta per la musica di The Hateful Eight. E finalmente trionfa anche Leo DiCaprio
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el 2007 Ennio Morricone aveva ricevuto l’Oscar alla carriera, un riconoscimento dovuto da parte dell’Academy per le innumerevoli musiche da film di grande qualità prodotte nella sua lunga carriera, ma incredibilmente mai premiate. Finalmente la statuetta è arrivata per la colonna sonora di una pellicola, The Hateful Eight, la migliore secondo i giurati, in una cinquina che quest’anno annoverava un’agguerrita concorrenza con maestri, tra gli altri, del livello di John Williams (Star Wars: Il risveglio della Forza) e Thomas Newman (Il ponte delle spie). Con la musica di The Hateful Eight, però, l’ottantasettenne compositore romano ha superato perfino se stesso, mettendo a punto una vera e propria sinfonia, 8
con tanto di ouverture, che accompagna, sottolinea, esalta ogni passaggio del film di Tarantino. «Una grande soddisfazione, non solo per il cinema ma anche per il mondo della musica italiana», ha dichiarato il direttore di Cinecorriere Renato Marengo. «Finalmente un giusto riconoscimento alla carriera di quello che è uno dei più grandi compositori mondiali di colonne sonore, capace di una sintesi perfetta di quella che tanti anni fa ho iniziato a chiamare l'Immagine del Suono». Un’altra statuetta che l’Academy doveva assegnare da tempo e che misteriosamente non era mai arrivata è quella vinta da Leonardo DiCaprio come miglior attore protagonista per The Revenant n.1 feb/mar 2016
Pagina accanto, in apertura: Ennio Morricone. In basso: Leonardo DiCaprio. Qui sopra: Inside Out. A destra: Jacob Tremblay e Brie Larson in Room
Redivivo (v. art. a pag. 12). In precedenza, l’attore aveva ricevuto cinque nomination, ma mai un successo. I suoi fan e tutti gli amanti del cinema da ogni parte del mondo invocavano il premio, che stavolta non poteva sfuggire al grande interprete, uno dei migliori della sua generazione. Il premio per la migliore attrice protagonista è andato invece a Brie Larson, straordinaria nei panni della giovane mamma segregata con il proprio figlioletto nel toccante film di Lenny Abrahamson, Room. Niente da fare per la favorita e sempre bravissima Jennifer Lawrence di Joy. L’Oscar 2016 al miglior film è andato a Il caso Spotlight di Tom McCarthy, premiato anche per la sceneggiatura originale (v. articolo alle pagg. 14/15). Alejandro Gonzalez Inarritu, trionfatore nella scorsa edizione degli Oscar con Birdman, è stato premiato per la miglior regia di The Revenant, che si porta a casa anche n.1 feb/mar 2016
la statuetta per la fotografia, che è di quell’Emmanuel Lubezki già vincitore due volte (2014 e 2015). Il miglior attore non protagonista è Mark Rylance, per Il ponte delle spie di Steven Spielberg, mentre la migliore attrice non protagonista è Alicia Vikander di The Danish Girl. Charles Randolph e Adam McKay hanno vinto per la miglior sceneggiatura non originale de La grande scommessa. Mad Max: Fury Road, che aveva fatto incetta di nomination, ben dieci, si è aggiudicato comunque diversi premi, per così dire, tecnici: costumi, montaggio, scenografia, sonoro, montaggio sonoro, trucco (v. art. a pag. 13). L’Oscar al miglior film straniero è andato all'ungherese Il figlio di Saul di Laszlo Nemes, il tragico racconto della Shoah vista dall’interno dei forni crematori. Miglior film d’animazione, infine, è risultato l’ennesimo capolavoro Disney-Pixar, Inside Out. !!!
Sopra, da sinistra: Alicia Vikander in The Danish Girl, Jennifer Lawrence in Joy e Mark Rylance, con Tom Hanks, ne Il ponte delle spie. Qui accanto: Steve Carell e Ryan Gosling ne La grande scommessa. Sotto: Geza Rohrig ne Il figlio di Saul
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The Hateful Eight «Cinque film in uno»
di L.A.
Tarantino parla del suo ottavo lungometraggio per il quale Ennio Morricone ha vinto l’Oscar e Jennifer Jason Leigh ricevuto la nomination
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uota tutta intorno all’otto l’ultima fatica di Quentin Tarantino, The Hateful Eight: la parola otto nel titolo, otto personaggi in scena, per l’ottavo lungometraggio della sua filmografia. Anche per la promozione, materia nella quale il cineasta di Knoxville non è secondo a nessuno, il numero otto è tornato di frequente. Al party di lancio della pellicola, per esempio, presso il leggendario Studio 5 di Cinecittà tanto caro a Fellini gli invitati erano rigorosamente 888... Il film ha uno sviluppo molto teatrale: «È quasi una piéce» ha detto lo stesso Tarantino. Un cacciatore di taglie nero, ex maggiore dell’Unione, un suo collega soprannominato il Boia con tanto di prigioniera ammanettata al braccio e il nuovo sceriffo
di Little Rock si ritrovano nella stessa diligenza, inseguiti da una bufera di neve. Decidono di passare la notte, lungo la strada, all’emporio di Minnie. La padrona di casa è misteriosamente assente, ma all’interno del saloon ci sono altri quattro uomini di dubbia provenienza: un anziano colonnello sudista, un ambiguo messicano, un cowboy taciturno e un ciarliero inglese che deve prendere servizio come boia nella vicina città. In un clima di sospetto e con una tensione nell’aria che si taglia col coltello, gli otto personaggi si accingono a passare insieme la notte più lunga della loro vita. Degli otto “odiosi”, soltanto Jennifer Jason Leigh, l’unica donna, ha ricevuto la candidatura all’Oscar. Con lei c’è un particolare accanimento sin n.1 feb/mar 2016
Sopra: Jennifer Jason Leigh (Daisy). A sinistra: Michael Madsen (Joe Gage). Qui sotto: Tim Roth (Oswaldo)
dall’inizio, specialmente da parte di Kurt Russell. «Il Boia mira a portare i prigionieri alla forca e lo fa terrorizzandoli. Non fa differenze per lui se si tratta di una donna. Mi piaceva l’idea che questo complicasse le emozioni», ha spiegato il regista. Non c’è stata candidatura stavolta per Samuel L. Jackson, l’ex ufficiale Marquis Warren. «Mi dispiace per lui, meritava - ha detto Quentin - ma non so cosa dire del boicottaggio di Spike Lee per le mancate nomination agli afroamericani. Io non sono stato candidato, altrimenti sarei andato». Chi è stato candidato e ha vinto, e non poteva essere altrimenti visto l’altissimo valore della colonna sonora, è Ennio Morricone. La sua è una vera e propria sinfonia con tanto di ouverture, che rinverdisce i fasti e le atmon.1 feb/mar 2016
sfere delle grandi musiche messe a punto per i film di Sergio Leone. «Ho usato i fagotti, il basso tuba, le trombe per conferire quella drammaticità che si trasforma poi in ironia» ha spiegato il compositore romano. Dramma, ironia sono solo due aspetti del film di Tarantino - «un Le Iene western», ha sottolineato il regista - The Hateful Eight è un mix di generi: western, giallo, thriller, dramma storico e perfino horror. «Visto che non riesco a fare tutti quelli che vorrei, ogni volta faccio cinque film in uno!». !!!
Nella pagina accanto, in apertura: Kurt Russell (John Ruth “Il Boia”) e Samuel L. Jackson (Maggiore Marquis Warren). In basso: Ennio Morricone. Qui sopra: Walton Goggins (Chris Mannix). A sinistra: Demian Bichir (“Il Messicano”). Più sotto: Bruce Dern (Gen. Smithers)
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Dopo tante nomination, con The Revenant Redivivo arriva la meritatissima statuetta per l’interprete italo-americano. Premiati anche il regista Alejandro Gonzalez Inarritu e il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki
Leonardo DiCaprio
di Rodolfo Masi
Oscar a furor di popolo In alto e qui accanto: Leonardo DiCaprio.Vicino al titolo: il regista Alejandro Gonzalez Inarritu. Sotto: Tom Hardy, nomination come migliore attore non protagonista
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uesta volta l’Academy è stata messa alle corde. L’interpretazione di Leonardo DiCaprio in The Revenant - Redivivo è una performance da attore a tutto tondo, di quelle che non si dimenticano tanto facilmente. Non soltanto parole, sguardi, microfisonomia del volto, nel suo personaggio c’è tanta fisicità. Super Leo recita con tutto il corpo per rappresentare l’eterna lotta per la sopravvivenza dell’uomo nella natura selvaggia. Questa ennesima, straor-
dinaria prova è stata poi accompagnata da un virtuale sommovimento di popolo. In rete e sui social network centinaia di migliaia di fan e appassionati hanno espresso il loro verdetto univoco: Oscar al migliore attore protagonista. E così è stato! Altre due statuette sono arrivate pure per il regista Alejandro Gonzalez Inarritu, già vincitore di tre Oscar l’anno scorso con Birdman (film, regia, sceneggiatura), e al direttore della fotografia Emma? 12
nuel Lubezki. The Revenant è una pellicola di grande impatto emotivo. Tratta dal romanzo omonimo di Michael Punke, a sua volta liberamente ispirato a una storia vera, ci porta nel North Dakota del 1823. Qui l’esploratore Hugh Glass, durante una spedizione viene attaccato da un orso e dato per morto. Rimasto solo, tra incredibili sofferenze attraversa un durissimo inverno. Un’esperienza !!! estrema. Epica. n.1 feb/mar 2016
Il fim di George Miller, il quarto della saga fantascientifica iniziata con Interceptor nel 1979, si aggiudica diversi premi tecnici. Un riconoscimento inedito per un action movie
Gli ultimi giorni di Pier Paolo Pasolini
di R.M.
L In alto e qui sopra: Tom Hardy. A destra: Charlize Theron. Qui sotto: una scena di Mad Max: Fury Road
e nomination erano ben dieci, ma Mad Max: Fury Road è riuscito comunque a conquistare ben sei premi Oscar. I due protagonisti, Tom Hardy e Charlize Theron, non erano candidati nelle loro rispettive categorie, e deve essere stata una decisione difficile quella di lasciarli fuori. Per lui c’era una nomination da non protagonista per The Revenant - Redivivo, rimasta tale; per lei, invece nulla. Le statuette sono arrivate per il montaggio (Margaret Sixel), sonoro (Chris Jenkins, Gregg Rudloff, Ben Osmo), montaggio sonoro (Mark Mangini, David White), scenografia (Colin Gibson, Lisa Thompson), costumi (Jenny Bea-
van), trucco e acconciatura (Lesley Vanderwalt, Elka Wardega, Damian Martin). Mad Max: Fury Road è il quarto capitolo della saga, nel quale Tom Hardy ha preso il posto di Mel Gibson, ormai troppo vecchio per il ruolo di Max Rockatansky. Dall’abitacolo di Locke, all’interno del quale si svolge tutto il film omonimo, a queste macchine rombanti, la carriera di Hardy continua a viaggiare spedita a bordo di un’automobile. In attività dal 2001, l’attore britannico sta raccogliendo i frutti del suo talento solo negli ultimi tempi. Basti pensare che in quest’ultimo anno abbiamo visto il suo volto sugli schermi in ben cinque film: Chi è senza colpa, Child 44, in questo reboot della saga di Mad Max, in The Revenant e Legend, in cui supera se stesso sdoppiandosi addirittura in due personaggi, i gemelli criminali Reginald e Ronald Kray, gangster realmente esistiti che dominarono sulla malavita londinese negli anni Cinquanta e Sessanta. Quarto titolo della serie, Mad Max: Fury Road, diretto ancora un volta da George Miller, è un riav-
vio della trilogia iniziata con Interceptor nel 1979. Tom Hardy, nei panni di Max Rockatansky, è in fuga attraverso un deserto postapocalittico. Cerca un equilibrio dopo che tutta la sua famiglia è stata sterminata. Come lui, anche la sexy Furiosa (Theron) è convinta che la strada per la sopravvivenza passi per il deserto. Ma tra i due e la salvezza si frappone un esercito !!! motorizzato di disperati. 13
Il caso Spotlight
Lezione di giornalismo
L’indagine di Michael Keaton, Rachel McAdams e Mark Ruffalo è da Oscar. Per la pellicola di Tom McCarthy due statuette: al miglior di Luigi Aversa film e alla migliore sceneggiatura originale
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hi ha preparato la campagna promozionale del film di Tom McCarthy sullo scandalo dei preti pedofili di Boston aveva idee chiare e forti certezze: “Il caso Spotlight è il miglior film dell’anno”. Questa frase, dettata da una grande sicurezza, compare sui manifesti che tappezzano i muri delle grandi città italiane ed è stata beneagurante. La pellicola ha infatti vinto due Oscar, uno dei quali proprio per il miglior film del 2016. L’altro, invece, per la migliore sceneggiatura originale, firmata dallo stesso McCarthy assieme a Josh Singer. Con un’andatura regolare ma incalzante e uno stile narrativo di stampo classico, Il caso Spotlight è uno di quei film che riesce a cattu14
rare e a coinvolgere lo spettatore senza aver bisogno di effetti speciali, né di sperimentazioni particolari. La storia è ispirata a fatti realmente accaduti e all’inchiesta giornalistica che li ha portati alla luce. Siamo a Boston, agli inizi del Duemila. Il caso di un sacerdote accusato di pedofilia da alcuni suoi parrocchiani finisce sul tavolo del team di giornalisti investigativi, denominato Spotlight, del Boston Globe. L’inchiesta, fortemente voluta dal nuovo direttore del quotidiano Marty Baron (Liev Schreiber) venuto da Miami, impegna giorno e notte i reporter Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Michael Rezendes (Mark Ruffalo), oltre allo lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll (Brian n.1 feb/mar 2016
d’Arcy James) e al loro caporedattore Walter “Robby” Robinson (Michael Keaton). Ben presto l’indagine si allarga a macchia d’olio, scoperchiando una realtà drammatica: oltre settanta sacerdoti locali sono coinvolti nello scandalo e i vertici della Chiesa Cattolica hanno sistematicamente coperto le centinaia di abusi sessuali commessi su minori. «Ma non è un film contro la religione» ha precisato Michael Keaton in occasione dell’anteprima italiana della pellicola. «Anche se a causa di questi abusi in molti si sono allontanati dalla fede. Si tratta di una triste vicenda di cronaca che però non riguarda soltanto Boston, ma tanti altri Paesi nel mondo. In ogni caso, sono i giornalisti i veri eroi di questa storia. E io sono contento di aver avuto la fortuna di interpretare un giornalista già altre volte nella mia carriera. Per prepararmi al ruolo che interpreto in questo film ho trascorso molto tempo con il vero “Robbie”. Abbiamo parn.1 feb/mar 2016
lato di tutto. Io sono curioso e ho assorbito i suoi racconti». Il vero Walter Robinson, vincitore del premio Pulitzer nel 2003 con il resto del team Spotlight autore di questa inchiesta, ha accompagnato Keaton in Europa per la promozione del film. Alle domande dei cronisti italiani sul futuro del giornalismo in generale e di quello d’inchiesta in particolare ha risposto che se in Italia questo è morto «negli Stati Uniti è malato terminale. L’avvento del web ha tolto fondi e comportato licenziamenti. I lettori vogliono questo genere di investigazioni, eppure gli editori tagliano i fondi. Se non siamo noi giornalisti a spingere le istituzioni ad assumersi le proprie responsablità, la democrazia muore». A proposito di istituzioni, quella ecclesiastica con l’avvento di papa Francesco sta provando a operare dei tentativi di cambiamento. «Come tutti, nutro anch’io grande speranza in Bergoglio» ha detto Robinson. «La prima cosa che ha fatto è stata
quella di togliere le limousine a cardinali e vescovi. La sua intenzione è quella di azzerare molti privilegi». Michael Keaton usa invece un’immagine metaforica parlando di papa Francesco: «Sta spingendo un enorme masso per portarlo in cima alla collina». Intanto, in cima alla collina di Hollywood sono saliti gli interpreti e gli autori de Il caso Spotlight, un fim coraggioso e istruttivo che è anche una vera e propria lezione di giornalismo d’investigazione. Come si faceva una volta. !!!
In apertura: il team Spotlight. In basso Mark Ruffalo. Dall’alto: Michael Keaton, la squadra del Boston Globe, Keaton con Rachel McAdams e Brian d’Arcy James. Qui a sinistra: Liev Schreiber
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Il cinquantacinquesimo Classico Disney è una commedia con una trama thriller nella quale non mancano riferimenti alla tolleranza e alla solidarietà. Protagonisti la conigliettapoliziotto Judy e la volpe truffaldina Nick
Zootropolis La città aperta
di L.A.
a tutti gli animali del mondo C In alto: panoramica della città. Più sotto: la coniglietta Judy, anche nell’immagine qui a destra con la volpe Nick. Qui sotto: la folla di Zootropolis
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ome può una tenera coniglietta di campagna sopravvivere in una megalopoli popolata di animali di tutti i tipi, molto più grandi di lei e soprattutto feroci? Ce lo mostra Zootropolis, il cinquantacinquesimo Classico Disney, nelle sale a quasi ottant’anni da Biancaneve e i sette nani, primo lungometraggio d’animazione prodotto nel 1937. Nella grande città degli animali, prede e predatori vivono insieme, in pace e armonia, ognuno nei grandi spazi che ricreano i propri habitat naturali. La coniglietta protagonista della storia si chiama Judy ed è un tipetto di carattere. Il suo sogno di sempre è quello di entrare nel corpo di polizia della vicina Zootropolis. E con la sua grinta e determinazione ci riesce. Ma la giovane agente, fresca di Accademia, si scontra subito con la dura realtà. Non è facile infatti essere un piccolo animale in un corpo di polizia composto di giganteschi ippopotami, bufali e rinoceronti. Nella grande metropoli quindi le cose non saranno facili per lei. Anche perché Judy entra in polizia proprio mentre
in città si stanno verificando delle misteriose sparizioni. La tanto sbandierata armonia sta vacillando pericolosamente. Qualcuno sta facendo in modo che ogni animale rientri in possesso della sua vera natura: i predatori stanno tornano a essere predatori e di conseguenza le prede ricominciano a essere tali. Per Judy quello che dovrebbe essere un problema si trasforma invece in un’occasione. Chiede al suo capo di liberarla dal compito di multare le auto in sosta vietata e di darle altresì la possibilità di partecipare all’indagine. Anzi di condurla proprio lei, visto che grazie all’incontro casuale con Nick Wilde, una volpe disonesta ma dal grande cuore, è riuscita a in-
dividuare una pista. Con l’aiuto del suo nuovo amico, che conosce Zootropolis come le proprie tasche, Judy inizia a indagare sul caso e ben presto scopre che in questo sono coinvolte le più alte sfere della città. Il suo sogno di bambina finalmente comincia ad avverarsi... Il film diretto da Byron Howard e Rich Moore, con la collaborazione di Jared Bush, come Robin Hood, Bambi, Il re leone, Dinosauri e Chicken Little, è il sesto Classico in cui compaiono solo animali e nessun essere umano. Ma è un dettaglio, perché suspense e risate sono le stesse di un thriller o una commedia con attori in carne e ossa. E non manca pure un messaggio di tolleranza. !!! n.1 feb/mar 2016
A condividere con Abatantuono la passione per Il libro della giungla c’è Massimo Lopez, che in Zootropolis presta la voce al fiero Lionheart. «Confesso che quando mi hanno proposto di interpretare questo simpatico felino piuttosto vanesio - ha raccontato l’interprete ascolano non ho resistito. Nel plasmarlo ho cercato di non essere troppo protagonista. Faccio doppiaggio da tanti anni e preferisco non imporre la mia tonalità, ma piuttosto adattarla alle caratteristiche del ruolo». Uno che invece di esperienza di doppiaggio non ne aveva per niente è il comico rivelazione di Santa Maria Capua Vetere, il ventiseienne Frank Matano, diventato famoso pubblicando video di scherzi telefonici su YouTube. Con la risata assolutamente trascinante e quasi in falsetto che lo caratterizza, l’ideale per dar voce al personaggio di Duke, una piccola faina truffaldina, l’ex inviato delle Iene ha dichiarato: «È stato divertentissimo cimentarmi in questa veste, ho fatto tesoro dei consigli di veterani come Lopez e Abatantuono e ho capito che per riuscire ho dovuto imparare dodici cose insieme (ride, ndr), alitare, respirare, urlare... Comunque ai come in un film animato non vedo l’ora di rifarlo!». che ha per protagonisti degli Unica presenza femminile dell’inanimali, le voci dei doppia- contro stampa romano, Teresa Mantori assumono un ruolo fondamen- nino ha conquistato tutti con la sua tale. Non a caso quelle scelte per la ironia, tenendo testa alle battute dei versione italiana di Zootropolis, l’ul- colleghi, in prima fila il toscanaccio tima pellicola targata Disney, diretta Paolo Ruffini, attore e conduttore tv dai maghi dell’animazione made in che doppia il personaggio di Yax, il Usa Byron Howard e Rich Moore bovino più illuminato e pacifico di e codiretta da Jared Bush, apparten- tutta Zootropolis. «Mi hanno fatto gono a nomi molto popolari dello fare Fru Fru - ha precisato l’interprete showbiz nostrano. Cinecorriere ha siciliana - e come poteva essere altriincontrato a Roma alcuni di loro in menti visto che si tratta di un toporaoccasione della presentazione del gno? È proprio vero che al peggio film. «Lo so, fa impressione vedere non c'è fine. Del resto con un naso imuno della mia stazza doppiare un vol- portante come il mio e tanti capelli pino topato - ha detto Diego Abatan- non potevo certo fare Cenerentola o tuono che fa parlare Finnik - ma Biancaneve». Chissà se Teresa ha ofcome potevo dire di no? I cartoni ani- ferto alla figlia Giuditta un’anteprima mati volenti o nolenti, i padri sono del personaggio. «Certo, penso che i costretti a vederli e io che ho tre figli cartoni siano fondamentali per l’edume ne sono propinati parecchi». Ma cazione dei bambini, a maggior raquali sono i cartoon preferiti dell’at- gione uno come Zootropolis, che tore milanese? «In cima alla lista Il spazza via tanti pregiudizi». Ma non libro della giungla dove spicca l’orso quello di far fare a una siciliana la fiBaloo che adoro. E poi diciamoci la glia del padrino... «Cosa volete, certi verità, i cartoni contribuiscono a te- cliché sono duri a morire anche per nere unite le famiglie, vi pare poco?». le pellicole politically correct». !!!
A Zootropolis
si parla pure italiano A tu per tu con Diego Abatantuono, Massimo Lopez, Teresa Mannino, Frank Matano e Paolo Ruffini, tra i doppiatori nostrani del nuovo film Disney di Silvia Gambirasi Sopra, in piedi da sinistra: Teresa Mannino, Diego Abatantuono, Rich Moore, Byron Howard, Jared Bush e Massimo Lopez. In ginocchio: Paolo Ruffini e Frank Matano. Qui accanto: una scena di Zootropolis n.1 - feb/mar 2016
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BERGAMO
Film Meeting
Cinema Europa, ora! di Rodolfo Masi
Fra concorso, retrospettive, omaggi e personali, la 34. edizione della rassegna, in programma dal 5 al 13 marzo, continua a essere nel segno del Vecchio continente Dall’alto, in senso orario: il manifesto del 34° Bergamo Film Meeting, una scena di This Is England di Shane Meadows, un’immagine di un film di Petr Zelenka, un altro film di Meadows, Na Putu di Jasmila Zbanic
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ove giorni e 140 film, tra corti e lungometraggi in rassegna, il Bergamo Film Meeting, la cui 34. edizione è in programma dal 5 al 13 marzo, continua a proporsi come crocevia del cinema internazionale. Tra omaggi (Anna Karina) e retrospettive (Miklós Jancsó), l’attenzione principale del festival è per i nuovi autori. Sono sette quelli della Mostra Concorso, provenienti da Polonia, Repubblica Ceca, Finlandia, Turchia, Serbia, Belgio e Bulgaria. La grnde La grande vivacità del nuovo cinema europeo, oltre che nella sezione competitiva, è testimoniata dallo spazio Europe, Now! La scelta, quest’anno, è caduta sulla bosniaca Jasmila Žbanić, sul ceco Petr Zelenka e sull’inglese Shane Meadows. Dei tre registi vengono presentate le personali complete.
Jasmila Žbanić è autrice tra gli altri de Il segreto di Esma (2006), vincitore dell’Orso d’oro a Berlino, e de Il sentiero (2010). Petr Zelenka, già vincitore qui nel 1997 con il suo Bottonieri, ha firmato I fratelli Karamazov (2008). Shane Meadows, erede della tradizione realista del cinema inglese, è noto soprattutto per aver narrato le vicende di un gruppo di skinheads nell’Inghilterra degli anni ‘80, con This Is England (2006). A Vladimir Leščiov il Festival dedica il percorso riservato al cinema d’animazione. Contrario alla computer animation, il regista lettone si avvale di svariate tecniche, dal disegno a matita ai colori a olio, fino ai pigmenti di tè nero su carta. Il suo cinema è un perfetto equilibrio fra tradizionale narrazione e astrazione poetica. !!!
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FilMart 2016 Il mercato più grande dell’Asia La 20. edizione dell’Hong Kong International Film & TV Market si tiene dal 14 al 17 marzo. Per l’Italia ci sono Fandango, Rai Com, Intramovies, L’immagine ritrovata e Slingshot Films
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Hong Kong International Film & TV Market è ai nadi Luigi Aversa stri di partenza. Quest’anno la manifestazione, in programma dal 14 al 17 marzo presso l’Hong Kong In alto: Convention and Exhibition Centre, veduta aerea della non coincide con l’HKIFF, che baia con l’Hong prende il via qualche giorno dopo, il Kong Convention 21 marzo. La ventesima edizione del and Exhibition FilMart, quindi, si concentra escluCentre in primo sivamente sul mercato, che l’anno piano. Sotto: scorso ha prodotto numeri da record gli stand del con oltre 7.100 compratori presenti FilMart dello al Festival, che si è confermato il più scorso anno grande del suo genere in Asia.
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Anche quest’anno, l’Italia è presente con un drappello di espositori. A cominciare dai maghi del restauro, i bolognesi de L’immagine ritrovata, che a giugno del 2015 hanno aperto un laboratorio proprio qui a Hong Kong. Fandango, non nuova da queste parti, porta al mercato diverse produzioni. Tra queste, Era d’estate di Fiorella Infascelli, Viva la sposa di Ascanio Celestini e Italian Race di Matteo Rovere, quest’ultimo ancora in fase di post-produzione. Intramovies, società fondata da
Paola Corvino e attiva da oltre quarant’anni nella produzione e distribuzione internazionale, e Rai Com, con i suoi prodotti per il cinema e la tv, rinnovano la loro partecipazione anche in questo 2016. La novità tricolore, invece, è rappresentata da Slingshot Films, agenzia di vendita con sede a Trieste, specializzata in documentari e film d’essai. Al FilMart arriva con un catalogo che comprende diverse pellicole. Tra queste, due chicche: Dancing with Maria e Zoran, il !!! mio nipote scemo.
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Veronica Pivetti
«Io contro l’omofobia» All’apice del successo con la fiction Provaci ancora prof, l’attrice milanese ha deciso di rimettersi in discussione debuttando qualche mese fa dietro la macchina da presa con una storia di omosessualità di Silvia Gambirasi
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erma Veronica Pivetti non ci sa proprio stare. Smette i panni di Camilla Baudino su Raiuno in Provaci ancora prof 6 ruolo che con ogni probabilità tornerà a interpretare nella settima serie - ed ecco che ci stupisce indossando quelli inediti di regista. Né Giulietta, né Romeo è il titolo della sua opera prima, una commedia dove interpreta una mamma liberal che va in crisi quando il figlio adolescente le confessa di essere gay. Veronica, perché hai sentito il bisogno di girare questo film? «Perché era importante raccontare cosa succede in una famiglia apparentemente aperta e progressista quando un figlio adolescente gli rivela le proprie tendenze. Dovrebbe essere la cosa più naturale
del mondo, invece madre e padre, vanno in tilt. Ho anche partecipato alla sceneggiatura, che nasce da un’idea di Giovanna Gra». Perché hai scelto di trattare il tema con i toni della commedia? «Troppo spesso l’omosessualità viene associata al dramma, io ho preferito il sorriso, un po’ perché mi piace fare la commedia come attrice e un po’ perché per cimentarmi nella regia avevo bisogno dei ritmi di questo genere. Ti dà la possibilità di raccontare momenti durissimi e di fare un’inversione a U tornando al comico. E poi si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto». Possibile che nel 2015 l'omosessualità sia ancora un tabù? «Temo che lo sarà anche nel n.1 feb/mar 2016
2030. Il nostro è un Paese omofobo, dove l’omosessualità è vissuta come un problema. Abbiamo fatto pochi passi in questo senso, così come siamo fermi con l’emancipazione femminile». E la colpa? «È di una società fatta da famiglie che con i figli sono troppo spesso coercitive. Poi c’è anche la Chiesa che ci mette un ulteriore carico». Che adolescente era Veronica? «Come tutti ho avuto le mie inquietudini. Chi di noi non ha vissuto incomprensioni con i genitori? Sono cose che ci si porta dentro per tutta la vita, ma è normale. Con loro ho un ottimo rapporto». Non ti sembra che di omosessualità se ne parli parecchio? «E allora? Con tutte le storie sull'eterosessualità che si raccontano, nessuno dice mai che sono troppe. Perché scandalizzarsi per la mia?». Ma chi te l'ha fatto fare di rimetterti in discussione proprio mentre eri all’apice del successo con Provaci ancora prof? n.1 feb/mar 2016
«È la mia natura, sono una donna inquieta e pure parecchio. Ho un bellissimo rapporto col pubblico da vent’anni, ma penso che sedersi è noioso e così ho detto “ecco, sono un bersaglio, volete sparare? Accomodatevi”. Sapevo di rischiare tante frecce avvelenate...». Però anche positive, il film in sala è piaciuto. «Sono quelle che mi aiutano. Io le critiche le accetto, fa parte del gioco, ma spesso certe cose vengono dette per motivi che esulano totalmente dal prodotto. Ho imparato a capire quando la critica è costruttiva e quando invece nasce da pregiudizi». E come ti difendi? «Sono sensibile, soffro lo stesso, ma poi vado avanti, dopotutto ho cinquant’anni, un po’ ci ho fatto il callo». Di aver compiuto cinquant'anni lo ribadisci spesso in pubblico. «Certo, che problema c’è? Non vedo perché dovrei tacere, è una bella età, non me ne importa niente
di invecchiare». Come ti sei trovata dietro la macchina da presa? «Purtroppo bene (sorride, ndr). In realtà era una cosa che meditavo di fare da tanto tempo, in passato ho fatto qualche cortometraggio. Arrivare fino in fondo è stata un’impresa titanica, tra pregiudizi perché ero esordiente, difficoltà a trovare i soldi, il film è nato e morto almeno tre volte. Per resistere bisogna avere un’ottima salute, nervi da chewing gum e tenacia». Però ci hai preso gusto? «Proprio così, la regia mi ha contagiato come un virus e vi annuncio che sto già pensando di fare il secondo film, anche se non so ancora quale». Quali sono le pellicole sull’omosessualità che hai amato? «Amici complici e amanti è bellissimo, poi Almodovar in blocco, è un tale genio che si può permettere di essere estremo e rimane sempre credibile». !!!
In apertura: Veronica Pivetti, regista e protagonista di Né Giulietta né Romeo; sopra, l’attrice milanese è con Pia Engleberth che interpreta sua madre Amanda, mentre nell’altra pagina è con Andrea Amato, che veste i panni del figlio adolescente
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Accademia Griffith
A lezione di colonne sonore All’interno del Corso di Musica da Film della scuola di cinema e tv diretta da Vincenzo Ramaglia, per il secondo anno uno dei docenti è il nostro direttore Renato Marengo di L.A. In alto: lo scenografo Marco Dentici. Qui accanto: il musicista e compositore Sotto, da sinistra: il music supervisor Marco Testoni, Renato Marengo con il percussionista Tony Esposito
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er il secondo anno, Renato Marengo, assieme al direttore dell’Accademia Griffith, Vincenzo Ramaglia, tiene una serie di lezioni sulle colonne sonore all'interno del Corso di Musica da Film e Sonorizzazione Video. Come nella passata stagione, tra gli ospiti ci sono alcuni famosi compositori e musicisti: da Andrea Guerra a Stelvio Cipriani, da Vince Tempera a Tony Esposito, fino a Claudio Simonetti e Marco Testoni. Inoltre, non mancano appuntamenti con importanti operatori del settore, come lo scenografo Marco Dentici, il direttore della Cinevox Franco Bixio, il professor Lello Savonardo, il regista e sceneggiatore Italo Moscati. Il corso Griffith si sta imponendo come punto di riferimento nella didattica della musica applicata e di tutte le sue declinazioni. Tra l’altro,
è l’unico con Certificazione Ufficiale Midiware Educational. Una delle sue innovazioni consiste nell’inserimento a pieno titolo della musica elettronica nella didattica della musica cinematografica e televisiva, accanto all’orchestrazione. Inoltre il corso, sin dalla sua prima edizione, si è configurato come una proposta formativa che permette di avere contatti diretti con realtà e personalità del settore, che offrono agli allievi specifiche occasioni di visibilità, promozione e sbocchi. Renato Marengo - produttore discografico e talent scout, giornalista, autore e conduttore radiofonico - costituisce un valore aggiunto per gli allievi, portando direttamente in classe i protagonisti della musica da film, del cinema, della tv e dell’editoria. Ogni settimana con lui c’è un ospite diverso, per offrire una rete capillare di sti!!! moli e di contatti.
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cinema&fiction
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Anno 69 - numero 1 Febbraio-marzo 2016 - 2,00
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