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IL DORSALE

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LET EXPO

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di Gian Paolo Pinton

Oggi la criminalità organizzata non ha più bisogno di sparare, ha acquisito la capacità di muoversi sottotraccia, senza suscitare clamore o allarme, “ dilagando, apparentemente senza freni. Nelle regioni del Nord, le mafie raramente sono giunte con le armi in pugno. Si sono piuttosto presentate con il volto rassicurante di figure professionali in grado di offrire servizi e soluzioni a basso costo, a partire dallo smaltimento dei rifiuti fino a una sorta di welfare di prossimità, più efficace rispetto a quello spesso carente dello Stato”. Evidenziano Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, nel loro libro “Complici e colpevoli”. I 46 “locali” di ‘ndrangheta finora scoperti al Nord, i 5 consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose e le 169.870 imprese riconducibili a contesti di criminalità organizzata dimostrano che nessuna zona d’Italia può ritenersi impermeabile alla penetrazione dei clan. Per troppo tempo si è voluto credere alla “metafora del contagio”, come se le mafie fossero un virus che infettava territori

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Non perdete il libro dal quale abbiamo preso lo spunto per questo articolo: Complici e colpevoli di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso. Mondadori. Euro 18

Le radici della criminalità organizzata nell’economia italiana

sani. Tutt’altro. Nelle nuove realtà in cui dettano legge, hanno goduto di una lunga e colpevole sottovalutazione da parte sia del mondo imprenditoriale sia di quello politico, che hanno troppo spesso aperto loro le porte finendo per giustificarne la condotta e diventarne consapevoli complici in nome del denaro e del potere. Se si potesse fotografare l’attuale situazione socioeconomica italiana, andremmo a leggere che gli stakeholder protagonisti dell’economia nazionale avrebbero un protagonista in più: la mafia, nelle sue varie “specializzazioni”: ’ndrangheta, camorra, sacra corona unita, massoneria deviata. Queste terribili realtà criminali affiancano i tradizionali protagonisti economici rappresentati dalle imprese, dalle banche, dai consumatori. A circondare questo incalzante e pericoloso scenario socioeconomico in realtà c’è il silenzio assordante dell’opinione pubblica dei rispettivi territori infettati. Vi riporto come esempio drammatico, di infiltrazioni criminali organizzate nell’economia, una regione che assieme alla Lombardia e all’Emilia Romagna forma un territorio economico florido e industrialmente proattivo: il Veneto. Regioni appetibili che rappresentano il 41% del PIL italiano. Scrivono De Francisco, Dinello e Rossi nel libro “Mafia a Nord Est” che in particolare “la ‘ndrangheta gode di importanti disponibilità economiche e ha la possibilità di prestarsi quale ‘ammortizzatore sociale’ illegale, per soggetti e imprese in difficoltà”. Tra i settori più a rischio c’è quello ambientale, essendo il Nord est tra le destinazioni principali di rifiuti solidi urbani che dal Centro-Sud giungono al Nord per il compostaggio e il successivo smaltimento. I segnali non mancano: dal 2013 al 2018 ci sono stati 27 incendi ai danni di aziende del settore in una regione che, con il 68% di raccolta differenziata nel 2014 almeno sulla carta, è tra quelle più virtuose nella gestione dei rifiuti in Italia. Il Veneto è anche la seconda regione per rifiuti speciali prodotti, con circa 16,4 milioni di tonnellate nel solo 2018, soprattutto CSS (combustibile solido secondario) e rifiuti da costruzione e da demolizione. Un settore, dunque, nel quale le mafie hanno messo gli occhi da tempo, ’ndrangheta in particolare, che nel 2021 ha dimostrato di trarre parte dei suoi profitti proprio dallo smaltimento illegale dei rifiuti, spesso in combutta con imprenditori collusi. Nell’ultimo rapporto sulle ecomafie, in Italia il numero delle denunce dei reati ambientali nel 2019 è quadruplicato rispetto all’anno precedente. Preoccupano le infiltrazioni mafiose nel settore edilizio. Per la Commissione Antimafia la lotta alle mafie in questa regione, per decenni, non è stata considerata una priorità, mentre ora risulta la regione con più aziende “contaminate”. In uno studio (Parbonetti), l’edilizia è risultata il settore più infiltrato dalle mafie (26,5%) seguito dal commercio (17,3%) dalle attività immobiliari (11,1%) da quelle professionali (8,6%) dall’agricoltura (5,7%) ma anche quelle della ristorazione e della logistica. La ricerca conclude mettendo in risalto come durante questo momento di grande difficoltà dovuto alla pandemia, la criminalità organizzata ha affinato gli strumenti per penetrare all’interno delle aziende, trasferendo denaro, per esempio, attraverso false fatturazioni, per acquisire imprese in difficoltà. Insomma, un quadro del genere va fatto conoscere all’opinione pubblica e soprattutto ai giovani. œ

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