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USA: LA STRADA MADRE
from N.232
Così gli americani chiamano la prima grande via di comunicazione tra Est e Ovest, nata quasi cento anni fa, poi lasciata morire, quindi riportata a nuovi fasti. Alla guida di un Freightliner lungo
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la mitica Route 66
di Fergus g. Flaherty
PRIMA
PUNTATA
Se la strada è uno dei simboli degli Stati Uniti, il simbolo per eccellenza è la Route 66, la “Strada Madre”, come la chiamano gli americani. La Route 66 è stata la prima direttrice a collegare, poco meno di 100 anni fa, la costa Ovest con quella Est, 3670 chilometri, da Chicago a Los Angeles. Per anni la “66” è stata il grande simbolo della frontiera, la grande via di comunicazione per il West, per quei territori che, novanta, cento anni fa, erano considerati ancora terra promessa e, dalle caotiche e disumane Interstates. La “66” parte da Chicago, nell’Illinois e si snoda per sette Stati. Dall’Illinois passa per il Missouri, per l’Oklahoma, per il Texas, poi il Nuovo Messico, l’Arizona e finalmente la California, Los Angeles, dove la 66 diventa il Sunset Boulevard (il famoso Viale del Tramonto) e poi fino al mare. Seguirla tutta, oggi, è assai difficile anche perché alcuni tratti, soprattutto nella parte più a Nord, praticamente non esistono più e si capisce di esserci sopra soltanto perché attaccato a un palo solitario c’è un cartello arrugginito che porta la caratteristica scritta: “Historic 66”.
La Strada
per certi versi selvaggia, così diversi da quelli già industrializzati della costa Est. Poi, verso la fine degli anni Settanta, con la realizzazione dell’ultimo troncone di autostrada di collegamento, una delle tante Interstates, la Route 66 è andata lentamente, ma inesorabilmente morendo. Tutto il tourbillon di luci, di neon, quel via vai di camion, di vetture, è piano piano sparito quasi del tutto. Si sono spente le luci, i camion sono diventati sempre più rari, mentre l’asfalto cominciava a rompersi e a essere intervallato da qualche ciuffo d’erba.
UNA SORTA DI MUSEO ALL’APERTO
Fino a quando, una quindicina di anni fa, un vero movimento d’opinione ha fatto sì che la Route 66 diventasse una sorta di museo all’aperto, un sito storico da onorare, visitare e, perché no, da usare ancora come via di collegamento, magari per tratti brevi, ma comunque fuori
Tommy Edwars, i suoi bambini e il suo
Freightliner. Con il suo camion abbiamo percorso una parte della “Strada Madre”.
DA CHICAGO A LOS ANGELES
Tommy Edwards è un ragazzone di 35 anni, ha due bei bambini ed è quello che da noi si chiama “un padroncino”. Ha un bel camion, un vecchio (forse troppo) Freightliner bianco e azzurro a cabina avanzata, con un motore da 500 cv. Lavora per un’azienda di Springfield, nel Missouri, e trasporta materiali agricoli, soprattutto per le grandi fattorie del Texas. Tommy è iscritto a uno dei tanti club di “adoratori”
Madre
Dopo anni di abbandono hanno riaperto i caffè, i truck stop e i motel. La maggior parte è a forte vocazione turistica, ma è comunque un segno di vita della Strada.
della Route 66 e, non fosse altro che per questo, spesso esce dalla Intestate e imbocca la “Strada”, soprattutto nel tratto che attraversa l’Oklahoma, il Texas, il Nuovo Messico, l’Arizona e la California. E Tommy, accetta di prenderci a bordo a Oklahoma City, fino all’Oceano Pacifico, fino a Los Angeles. Dopo le presentazioni, la foto di rito con i bambini e una classicissima bistecca “Tbone” alta due dita, in un truck stop della Texaco, partiamo per il nostro viaggio. Tommy parla, ci racconta, della sua scelta di vita, di quando, lasciata una famiglia della buona borghesia di Chicago abbracciò la vita un po’ errabonda ma molto “vera” del camionista. “Comprai un vecchio Kenworth – racconta – e riuscii anche a ottenere qualche buon contratto. Lavoravo a Nord, tra Montana, Wyoming e Nebraska, trasportavo bestiame. Era un lavoro faticoso ma non si guadagnava male. Un giorno ho avuto un incidente, non era colpa mia, uscii di strada e fu un disastro. La maggior parte delle bestie che trasportavo morirono. Quando uscii dall’ospedale vendetti quello che restava del camion, trovai un’azienda che mi prese a lavorare e decisi che era meglio fare il dipendente, meno rischi e la possibilità di saltare da un’azienda all’altra, inseguendo il miglior salario. Ma ci ho ripensato e l’anno scorso ho comperato questo bestione. Sono tornato proprietario. La vita è dura, sto molto tempo lontano da casa, ma mi sento libero e padrone di me stesso. È vero però – continua Tommy – che oggi, negli Stati Uniti a chi vive nel trasporto converrebbe lavorare per una grande azienda. Anzi, c’è una sorta di guerra tra loro, per accaparrarsi gli autisti migliori. Di veri professionisti siamo rimasti in pochi. Oggi il mercato é dominato dagli immigrati, soprattutto messicani e sudamericani in generale. Per chi ha la mia esperienza non ci sarebbe che l’imbarazzo della scelta”.
OKLAHOMA, “TERRITORIO INDIANO”
Così, mentre dalla radio esce una musichetta country e Tommy racconta la sua vita, ci immergiamo nel grande
Anche i grandi camion che avevano abbandonato la Route 66 in favore delle più scorrevoli “interstates” di tanto in tanto ritornano a percorrerla.
paesaggio dell’Oklahoma. La più alta percentuale di nativi americani vive qui; naturalmente oggi non ci sono più riserve, ma tra il 1834 al 1889 l’intero territorio era chiamato il “Territorio indiano”. Il governo deportò migliaia di persone in Oklahoma. La pista che gli indiani percorrevano è nota oggi come la pista delle lacrime, per i tanti morti che causò quell’azione di forza. Nel 1889 lo stesso Governo favorì l’insediamento di allevatori bianchi; quarantacinque anni dopo, però,
The Trucker News
È nato come una pubblicazione settimanale oltre 25 anni fa, poi è diventato un quotidiano distribuito gratuitamente in moltissimi truck stop sulle interstates, le autostrade americane. Da qualche anno la versione cartacea non esiste più e Trucker News si è trasferito in internet (www.truckersnews.com).
Ci sono notizie di tutti i tipi, praticamente copre tutti gli interessi di chi vive sulla strada; aggiornate in tempo reale ci sono offerte di lavoro, novità normative, novità di prodotto, consigli sulla salute, addirittura consigli su come evitare che un matrimonio soffra troppo per la lontananza del trucker. Ma su Trucker News ci sono anche gli indirizzi da dove poter mandare i fiori da una parte all’altra degli Usa, o dove trovare un regalo per i propri figli. C’è naturalmente anche una banca carichi on line e una sorta di agenzia di collocamento. Da una decina d’anni Trucker News si è legato a un grande network radiofonico, dando vita a Midnight Trucking, che oggi si chiama Red Eye Radio (www.redeyeradioshow. com); trasmette, in diretta, e su tutto il territorio nazionale musiche, informazioni, rubriche di servizio solo ed esclusivamente per camionisti. Recentemente, attraverso accordi con le grandi società petrolifere o con le catene di fast food, ha impiantato in molti truck stop dei punti internet gestiti direttamente. questi ripresero la strada, cacciati dalle tempeste di sabbia e soprattutto dalle banche che ne avevano espropriato i terreni. Si calcola che furono 300mila le persone, le donne, i bambini che si incamminarono sulla “66” per arrivare alla nuova terra promessa, la California. “Di nativi ce ne sono ancora tanti – ci conferma Tommy – la maggior parte è brava gente, molti sono colleghi, ce ne sono alcuni, però, che non mi piacciono affatto. Sembrano degli eterni disadattati, girano con dei pick up che fanno schifo e spesso sono ubriachi”.
TEXAS, L’AMERICA DEI SOGNI DELL’INFANZIA
Tommy guida e parla. Di tanto in tanto incrocia un collega e lancia un colpo di sirena, quello risponde e Tommy è contento. Lungo la strada non c’è niente solo terra arsa dal sole. Di
Gli Hobos sono delle figure quasi mitiche nella filosofia “on the road” che pervade tutti gli Stati Uniti. Da noi sarebbero considerati “barboni” o “senza tetto”, in America sono monumenti viventi all’individualismo e alla libertà. Classicamente seguono le grandi linee ferroviarie, saltano sui treni merci per andare verso l’infinito ma si vedono anche lungo le grandi arterie nazionali. All’inizio erano braccianti che lavoravano a cottimo, a metà dell’800, alla costruzione delle linee ferroviarie ma, con l’avvento della manovalanza cinese a più basso costo, ne furono estromessi. Continuarono però a seguire la costruzione della ferrovia o delle grandi strade, forse per amore del progresso, forse per mancanza di altri orizzonti forse, semplicemente, perché non sapevano dove andare. Oggi la tradizione è ancora viva e gli hobos sono considerati dagli americani un po’ come i cantori erranti erano visti dagli antichi greci: portatori di saggezza e di notizie, venuti da lontano.
tanto in tanto qualche villaggio, non più di una decina di case ai bordi della strada. “Chi nasce qui – dice Tommy, indicandoci due bambini che guardano a bocca aperta il camion passare – è destinato a rimanerci. È l’orizzonte, sempre uguale, piatto angosciante, che li blocca, li incolla a questa terra”. Subito fuori della cittadina di Groom c’è una croce gigantesca (“la più grande
Lontano dalla strada, sulle colline, è ancora possibile intravedere un cavaliere solitario che galoppa verso l’orizzonte.
del West” dice un cartello); Tommy racconta che nel 1896, 300 agricoltori si radunarono ai piedi di quella croce e pregarono per due settimane intere che Iddio facesse piovere e, miracolo, venne giù un acquazzone che ridiede vita alla campagna e agli animali. Qui siamo lontani dalla parte bella del Texas, dalla “Regione dei ranch”, nel triangolo Houston-Dallas-San Antonio, dove bestiame al pascolo, cowboys e balle di fieno fanno da cornice alla strada. Anche qui c’è l’America dei sogni e dell’infanzia: lontano, verso l’orizzonte un uomo a cavallo, solo, contro il sole, ci saluta. Ci fermiamo, proprio vicino alla croce. C’è un mercato: è in corso un’asta di veicoli usati, il banditore con il suo cappello da cow boy urla e incita i presenti a fare un’offerta. Anche qui ci perseguita la musica country. Tommy ci presenta un collega e scambiamo quattro chiacchiere: “Trucker News – dice – sconsiglia di acquistare mezzi qui”. E ci mostra, sul telefonino il sito Truckers News. “Una volta – dice – era un quotidiano distribuito sulle Interstates. Oggi è diventato un sito e poi c’è Red Eye Radio, che ti segue su tutte le principali strade e autostrade”. Siamo affascinati dall’idea di una radio interamente dedicata a chi vive sulla strada. Perché da noi queste cose non avvengono? Fine prima puntata www.trasportale.it TRASPORTARE OGGI 65