Nota sulla situazione relativa al sequestro degli impianti di depurazione comunali a cura di Maurizio Spezzano e Tullio Berlenghi Il sequestro dei due depuratori del Comune di Labico è indubbiamente un evento di enorme gravità per la collettività labicana, le cui conseguenze, ambientali ed economiche, sono ancora da valutare e quantificare in modo esatto. Proviamo a fare un quadro della situazione, sulla base delle informazioni a cui siamo riusciti ad accedere.
Situazione sotto il profilo penale Secondo le valutazioni della magistratura le ipotesi di reato sono tre: 1. Lo scarico delle acque derivanti dal ciclo di depurazione sul suolo anziché in un corpo idrico superficiale. Questa è l’unica questione sulla quale ci possono essere delle attenuanti (ma non giustificazioni). Quello che prima, in base alla normativa, era considerato un corpo idrico, adesso potrebbe non esserlo più. Diverse possono essere le cause che hanno determinato la riduzione del numero di giornate/anno con presenza di acqua. Una di queste potrebbe essere proprio da individuare nell’alterazione idrogeologica causata dalle scelte edilizie ed urbanistiche. In ogni caso, a prescindere dalle cause, compito di ogni amministrazione è quello di verificare che tutto ciò che avviene nel proprio territorio sia conforme alle leggi vigenti e non crei danni all’ambiente e all’ecosistema. Questo sicuramente non è avvenuto e la situazione si è trascinata colpevolmente per anni, mentre l’unico pensiero della maggioranza labicana è stato quello di aumentare le case (e di conseguenza il carico di lavoro dei depuratori) senza curarsi delle conseguenze. 2. Gestione illecita dei fanghi di depurazione. Sotto il profilo normativo i fanghi di depurazione sono rifiuti, con una precisa codificazione a livello comunitario, e devono essere mandati in discarica. A quanto risulta questo non è avvenuto e solo una minima parte dei fanghi prodotti dai depuratori è stata conferita correttamente in discarica. Il resto è stato smaltito in modo illecito.
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3. La terza ipotesi di reato è strettamente connessa alla seconda. L’ipotesi di frode – a danno evidentemente della collettività labicana – derivante dall’illecito smaltimento dei fanghi lascia pensare che, per quello smaltimento, il gestore degli impianti di depurazione sia stato pagato. Resta da chiedersi come mai non siano stati effettuati i dovuti controlli da parte dell’amministrazione Tra l’altro molto spesso – sempre secondo la magistratura – le acque non venivano nemmeno trattate dagli impianti, come confermano i valori “stellari” dei colibatteri presenti nelle acque che avrebbero dovuto essere state depurate. Va rilevato che l’indagine della magistratura è nata a seguito di controlli da parte del Corpo Forestale dello Stato e dell’ARPA (Agenzia Regionale di Protezione dell’Ambiente). Dalle analisi eseguite dall’ARPA è emerso che “appare evidente come gli impianti di depurazione non depurino alcunché”. Inoltre “non esiste alcun corpo recettore nel quale avvenga lo sversamento delle acque derivanti dai depuratori stessi, ma in realtà sono i depuratori a generare lo stesso corso d’acqua poiché esistente solo a valle degli stessi”. Sempre la magistratura pone in evidenza un quadro molto chiaro. Il comune di Labico ha sottoscritto un accordo con la ditta SIL per la gestione degli impianti di depurazione e questo accordo prevedeva che a carico della ditta vi fosse lo smaltimento dei fanghi. A quanto risulta dalle indagini i fanghi non sono stati smaltiti e la ditta – grazie a questo inadempimento contrattuale (nonché illecito ambientale) ‐ ha conseguito un risparmio di almeno 176mila euro negli ultimi tre anni. Un’amministrazione che, non solo affida la gestione dei depuratori con una procedura di gara molto disinvolta, ma non si accorge di subire un raggiro di questa portata appare quantomeno del tutto inadeguata al proprio ruolo. In un rapporto del Corpo Forestale dello Stato si afferma che, in data 30 gennaio 2011, a seguito di un controllo – dal quale era emerso che il depuratore non era in grado di svolgere correttamente la sua funzione – era stata contattata la ditta, la quale, non solo aveva confermato “!a non capacità depurativa dell’impianto”, ma aveva anche aggiunto che “ne aveva dato più volte comunicazione al Comune senza avere risposte adeguate”. Sempre dal rapporto del CFS: “si è constatato che le acque fluenti nell’alveo del fosso suddetto, che attraversano anche i centri abitati, sono da considerarsi vere e proprie acque nere (cloaca)”.
Cronologia atti e autorizzazioni. 3 dicembre 2008. La provincia di Roma, con det. dir. n. 7456, rilascia autorizzazione allo scarico “nel corpo idrico superficiale denominato Cento Gocce” per il depuratore sito in località Pantano (documento mancante, ma citato in altri atti). 21 dicembre 2010. La provincia di Roma rilascia autorizzazione n. 9647 allo scarico delle acque reflue urbane in corpo idrico superficiale per il depuratore di Fontana Marchetta (documento mancante, ma citato in altri atti).
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31 gennaio 2011. Relazione idrogeologica prot. n. 14413. “E’ sempre assicurata una portata anche se minima, è quindi possibile utilizzarlo quale fosso recettore per le acque trattate da tali depuratori”. 10 maggio 2011. La provincia di Roma, con nota n. 75443, comunica – a seguito della relazione 14413 ‐ l’obbligo del rispetto dei limiti delle tabelle 1 e 3 dell’allegato V del TUA (documento mancante, ma citato in altri atti). 28 luglio 2011. L’ARPA Lazio invia una nota a Provincia, Comune, ASL, ATO 2 e alla Procura della Repubblica, nella quale si evidenzia il superamento dei valori limite di molte sostanze inquinanti, nella quale si allega la richiesta di indagini da parte della Procura della Repubblica. 11 ottobre 2011. La provincia di Roma chiede al sindaco di Labico una verifica idrogeologica per stabilire la qualità del corpo idrico superficiale (per capire se vi sia il rischio che venga superato il limite di 120 giorni di portata nulla), per entrambi i depuratori. 18 novembre 2011. Nuova relazione idrogeologica, prot. N. 176444. con la quale “non si esclude che il limite dei 120 giorni di portata nulla possa essere superato”. 6 dicembre 2011. La provincia di Roma avvia il procedimento di modifica dell’autorizzazione n. 9647 del 21 dicembre 2010 allo scarico di acque reflue urbane per il depuratore di Fontana Marchetta, visto “il sopralluogo effettuato… nel quale è emersa la mancanza di acqua nel corpo recettore” e vista la relazione idrogeologica integrativa del 18 novembre 2011. 15 dicembre 2011 (prot. Comune Labico 16 dicembre 2011). La provincia di Roma, con det. dir. n. 193458 – ribadisce l’obbligo del rispetto dei limiti della tabella allegata al DM 185 del 2003 di cui al punto 1.b, paragrafo a) e annulla la nota del 10 maggio 2011. 29 dicembre 2011. Richiesta di proroga di 180 giorni da parte del Comune di Labico (documento mancante, ma citato in altri atti). 16 gennaio 2012. La provincia di Roma, in risposta alla richiesta di proroga del comune di Labico, ribadisce che la normativa vigente non prevede possibilità di deroga ai limiti tabellari. 14 febbraio 2012. La provincia di Roma annulla il procedimento di modifica dell’autorizzazione n. 9647 del 21 dicembre 2010 (sulla base di una non meglio precisata nota della Regione Lazio). 17 marzo 2012. L’ARPA chiede chiarimenti in merito all’annullamento del procedimento di modifica dell’autorizzazione n. 9647. Molto interessante il rapporto stilato dall’ARPA il 30 gennaio 2012 e successivamente inviato anche al Comune di Labico (2 aprile 2012). I verbalizzanti hanno affermato che: il corpo recettore è da considerasi “suolo a tutti gli effetti”; non è installato un campionatore automatico; la ditta non è in possesso dell’autorizzazione allo scarico; la persona presente all’ispezione per conto della ditta – Simon Gabbanella – non ha voluto effettuare il prelievo in contemporanea; copia del verbale sarebbe dovuta essere consegnata al Sindaco di Labico, ma agli atti non risulta.
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Procedure d’appalto e aggiudicazione 30/12/2008 delibera di Giunta n° 98. La giunta municipale approva il prospetto di assegnazione dei capitoli di spesa ai responsabili del servizio per l’esercizio 2009. 22/01/2009 con determina dirigenziale n° 10 viene approvato il bando di gara per un importo complessivo di € 1.200.000,00, con PROCEDURA APERTA, per l’affidamento del servizio integrato di gestione degli impianti di depurazione comunale, degli impianti di acquedotto e di fognatura del Comune di Labico, con durata 2009/2013. 23/02/2009 viene pubblicato sull’Albo Pretorio del comune il bando di gara. 16/04/2009, alle ore 12,00 scade il termine stabilito per la presentazione delle offerte. Partecipano in tutto tre ditte: ditta SERVER TRENT ITALIA A.p.A: di Desenzano sul Garda (BR) ditta ATI SMECO LAZIO s.r.l. Roma (poi Società Consortile SIL SCARL srl, con capitale sociale € 10.000,00, SMECO LAZIO 32,70%; ELETTROMECCANICA GABBANELLA sas 67,30%) ditta MELFI s.r.l. Pettorello di Molise 20, 23 aprile e 7 maggio 2009, vengono aperte le buste per le procedure di rito e per l’aggiudicazione dell’appalto. Vince la ditta SMECO LAZIO s.r.l. Roma, con un ribasso del 2%, pari a 1.176.000,00, ma con un’offerta tecnica complessiva (referenze, migliorie, organizzazione) giudicata migliore dalla Commissione rispetto alle altre due, che per la parte economica avevano un’offerta più vantaggiosa: ditta SERVER TRENT ITALIA A.p.A: di Desenzano sul Garda (BR) 6%
pari a € 1.128.000,00
ditta MELFI s.r.l. Pettorello di Molise 25,400%
pari a € 895.200,00
15/05/2009, determinazione dirigenziale N° 135, viene approvato il verbale di aggiudicazione ed approvazione schema di contrattto. 22/06/2009, è costituita la società consortile SIL SCARL srl, come precedentemente dichiarato, le cui quote societarie sono pari a quelle presentate per la partecipazione all’appalto. 25/06/2009, viene emessa polizza fideiussoria di € 117.600,00, pari al 10% dell’importo complessivo dell’appalto aggiudicato. 15/09/2009, firma del contratto d’appalto per l’affidamento del servizio e accettazione del Capitolato Speciale d’Appalto.
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Contratto d’Appalto e Capitolato Speciale d’Appalto Nell’art. 2, I comma, si dichiara che sono parte integrante del contratto, pur non allegati, a) il Capitolato Speciale d’Appalto; b) i piani di sicurezza previsti del D. Lgs n° 81/2008 L’art. 2, II comma, del contratto d’appalto riporta che esso, “viene conferito ed accettato sotto l’osservanza piena, assoluta, inderogabile e inscindibile delle norme, condizioni, patti, obblighi, oneri e modalità dedootti e risultanti dal Capitolato Speciale d’Appalto, che l’impresa dichiara di conoscere e di accettare e che qui si intendono integralmente riportati e trascritti con rinuncia a qualsiasi contraria eccezione”. L’art. 3 riporta le stesse condizioni. Nell’art. 4 si dichiara che i pagamenti saranno effettuati bimestralmente alla ditta ATI, come da atto consortile nella misura del 32,70 alla ditta SMECO e il restante 67,30 alla ditta Gabbanella sas. All’art. 9 è contenuta la clausola secondo cui “l’ATI assume la responsabilità di danni a persone e cose, sia per quanto riguarda i dipendenti e i materiali di sua proprietà, sia quelli che essa dovesse arrecare a terzi in conseguenza dell’esecuzione dei lavori e delle attività connesse, sollevando il comune da ogni responsabilità al riguardo”. All’art. 5, del Capitolato Speciale d’Appalto al IV comma, si dichiara che “Gli obblighi che l’Appaltatore assume con il presente Capitolato dovranno essere garantiti per tutta la durata del contratto senza interruzioni o sospensioni di sorta”. All’art. 7, che disciplina l’esecuzione dei servizi di gestione, si dichiara che “Durante tutto il periodo della concessione in cui gli impianti gli saranno affidati, l’appaltatore dovrà farne uso in modo adeguato alle loro POTENZIALITA’ e DESTINAZIONE e salvo casi di forza maggiore, dovrà custodirli e mantenerli costantemente nella migliore efficienza, rispettando pienamente ed integralmente tutte le leggi e le norme statali e/o regionali vigenti in materia – quali D.P.R. n. 236/1988 (Decreto Presidente della Repubblica 24 Maggio 1988, n. 236, recante Attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n.183) e la legge n. 36/1994 (Legge 5 gennaio 1994, n. 36. Disposizioni in materia di risorse idriche) – e le loro eventuali successive modificazioni, integrazioni. [Il riferimento normativo è improprio poiché la legge Galli (36/94) è stata abrogata e sostituita prima dal d.lgs. n. 152 del 1999 e poi dal Testo Unico Ambientale (d.lgs. n. 152 del 2006)]. Art. 7, parte C, parte del capitolato speciale relativa alle reti di fognatura ed ai suoi impianti (sollevamento e depuratori), il IV comma recita: “ad effettuare (l’appaltatore) tutte le analisi necessarie per controllare il funzionamento degli impianti di depurazione nel loro insieme e nelle varie stazioni che lo compongono. L’appaltatore sarà tenuto ad effettuare il controllo delle caratteristiche chimico‐fisico‐biologiche degli affluenti e degli impianti di depurazione con la frequenza necessaria”. Comma 8, “a sollevare il Committente da ogni responsabilità e danni diversi”.
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Art. 7, parte C, comma 10, parte 6, inoltre l’appaltatore dovrà “Provvedere alla supervisione, controllo, coordinamento relativamente allo smaltimento dei fanghi accertando la regolarità di tutte le procedure”; parte 7, “Sono a carico dell’impresa tutte le operazioni e le attrezzature necessarie alla raccolta ed al trasporto dei fanghi prodotti dagli impianti al sito di trattamento finale. …..” Art. 8, Sorveglianza del Committente, “Il committente nominerà un proprio tecnico che sarà incaricato della sorveglianza del corretto andamento dell’appalto, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello economico. Il suddetto tecnico è autorizzato a chiedere all’appaltatore ogni informazione e documentazione riguardante il servizio e ad accedere presso le opere oggetto dell’appalto”. (Mantarro?) Art. 11, Responsabilità civile e penale. Comma I, “L’amministrazione viene sollevata da ogni responsabilità per danni alle persone ed alle cose che dovessero risultare da imperizia, disattenzione e negligenza del personale dell’impresa addetta agli impianti e da inosservanza delle norme antinfortunistiche in vigore”. Comma IV, “L’Impresa appaltante, pertanto dovrà controllare che tutto il complesso impiantistico sia in regola e venga mantenuto tale per tutto il periodo di gestione nel rispetto di tutte le leggi vigenti e segnalare le eventuali difformità”. Risulta che siano state segnalate, ma quale è stata la risposta da parte dell’amministrazione comunale? Comma V, “L’impresa appaltatrice è obbligata a stipulare con primaria compagnia di assicurazione una polizza contro i rischi R.C.T e R.C.O. per un importo non inferiore a € 1.000.000,00 (un milione) e per tutta la durata del contratto”. Agli atti non c’è traccia della polizza. Art. 12, Assicurazione di responsabilità civile inquinamento, “Per tutto il periodo di gestione degli impianti, l’impresa appaltante dovrà contrarre, a sue spese, una polizza assicurativa che garantisca il risarcimento di danni, dei quali essa sia tenuta a rispondere quale civilmente responsabile ai sensi di legge, involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di inquinamento dell’ambiente causato dall’attività ….” Art. 15, Penalità, “Qualora gli impianti non fossero condotti, per il periodo di durata dell’appalto, con le prescrizioni riportate nel presente capitolato e non fornisse l’efficienza depurativa di cui all’art. 7 per constatata negligenza da parte dell’Impressa appaltante, verranno applicate le sanzioni, anche penali, previste dalle leggi vigenti. Nel caso di inosservanza degli obblighi contrattuali accertate dall’Ente appaltatore (committente), verranno applicate le seguenti sanzioni: a) Per omissione anche di una sola operazione giornaliera prevista si applicherà una pena pecuniaria di € 150,00 al giorno. b) Per la mancata esecuzione anche di una sola operazione di cui al punto 7.2, previa formale contestazione da parte dell’Ente appaltatore (committente) verrà applicata una sanzione pecuniaria di € 500,00”
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Art. 17, Rescissione del contratto. “L’Ente appaltante (committente) ha la facoltà di rescindere il contratto di appalto senza indennizzo se l’impresa appaltatrice non rispetta le norme contrattuali e non ottemperi ai relativi ordini di servizio inviati almeno tre volte dai tecnici preposti alla sovrintendenza della gestione e previa messa in moro, soprattutto per quel che riguarda eventuali scarichi accertati fuori dai limiti di legge”.
Carmelo Costantino Mantarro Mantarro è consulente per il nostro comune da decenni, mantenendo inalterata nel tempo la somma di 20.000.000 di lire prima e 10.400,00 Euro dopo, fino a quando noi dell’opposizione non abbiamo cominciato a fare le pulci anche ai contratti di consulenza. Gente che ha approfittato della “generosità” dei nostri amministratori incuranti del fatto che i soldi sono i nostri, così come il servizio; ma sia nel primo che nel secondo caso, la collettività ci ha sempre rimesso, pagando le consulenze e pagando gli errori dei consulenti. La stessa identica cosa dicasi dell’urbanistica. Ma la storia di Mantarro è singolare. Tralasciando ciò che è successo prima del 2007, quando vi era un’altra opposizione, proviamo a ricostruire la vicenda a partire dal 2008, quando per la prima volta votammo i criteri generali per l’affidamento degli incarichi esterni. Come opposizione, facemmo una durissima battaglia, perché avevamo capito già allora che qualcosa tra questi consulenti non andava. Sollevammo il problema con il programma degli incarichi esterni nell’anno 2008, perché il nome di Mantarro non era né menzionato né richiesto, ma scoprimmo dopo, attraverso la lettura della determina 21 del 23/06/2008 che il nostro comune aveva speso ben 10.400 Euro per questa consulenza. Il Consiglio Comunale si era tenuto il 06.06.2008, ma non ne faceva menzione. Dal disciplinare di incarico di consulenza del 26.06.2008 si può leggere che questo signore, tra le tante competenze per il comune di Labico, tutte legate all’ambiente, essendo un chimico industriale abilitato alla professione, aveva anche quella di “consulente tecnico‐analitico relativo alla conduzione dell’impianto di depurazione comunale da parte degli operatori comunali a ciò preposti o di aziende fiduciarie appaltatrici del servizio, con prelievi e controlli analitici dei liquami in ingresso e in uscita del depuratore, per l’esecuzione dei quali il professionista si potrà avvalere dei suoi collaboratori di fiducia; eventuali sopralluoghi ed indagini in concomitanza a controlli da parte degli organi a ciò preposti”. Ebbene sì, aveva il compito di controllare anche i fanghi del depuratore. Nel 2009, la giunta comunale, con atto 3 del 12.01.2009, individua Mantarro nuovamente consulente, dimenticandosi di indicare la somma stanziata. Spesso le delibere della passata amministrazione per “distrazione” omettevano di indicare cifre o circostanze che potessero darci una traccia per investigare. Con determina n° 4 del 22.01.2009, viste le qualità professionali del chimico industriale, è “ritenuto necessario ed opportuno incaricare il dott. Carmelo Costantino Mantarro, con studio in via …….., per l’anno 2009, per la consulenza settore ambientale al fine di assolvere tutti gli adempimenti di cui il comune è tenuto nel rispetto della normativa vigente in ordine alla tutela delle acque, all’inquinamento, allo smaltimento dei liquami e dei fanghi e quant’altro attiene alla
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salvaguardia ambientale”. Costo? 10.400,00 Euro. Il 2009 è l’anno in cui viene effettuato il bando di gara del servizio idrico integrato e la gestione degli impianti di depurazione. Con disciplinare di incarico del 22.01.2009, viene ribadito che, tra le tante mansioni, c’è quella citata prima, cioè “consulente tecnico‐analitico relativo alla conduzione dell’impianto di depurazione comunale da parte degli operatori comunali a ciò preposti o di aziende fiduciarie appaltatrici del servizio, con prelievi e controlli analitici dei liquami in ingresso e in uscita del depuratore, per l’esecuzione dei quali il professionista si potrà avvalere dei suoi collaboratori di fiducia; eventuali sopralluoghi ed indagini in concomitanza a controlli da parte degli organi a ciò preposti”. Nel 2010, la storia si ripete. Con delibera di giunta n. 44 del 27.05.2010, si individua il consulente, dimenticando la somma. Con determina n. 23 del 28.05.2010, si conferisce l’incarico alla cifra di 6.100 Euro. Un abbassamento del costo? Non esattamente, la cifra copre il periodo che va dal 1.06.1010 al 31.12.2010. Anzi, in proporzione ci sono 58 euro di aumento. IL disciplinare di incarico, del 31.05.2010, prevede le stesse mansioni degli anni precedenti. C’è una novità, per la prima volta da quando ricopre l’incarico di consulenza Mantarro produce per iscritto le prime relazioni. Per metterci al corrente delle disfunzioni del depuratore o delle fogne? No, per ricordarci che il Servizio Idrico Integrato funziona correttamente e che le acque sono potabili, senza produrre a prova le analisi effettuate. Si sarà fatto prendere dallo scrupolo per la somma e avrà scritto qualcosa. Non vero. Ha scritto perché quell’anno abbiamo chiesto di avere le relazioni prodotte, che all’epoca della richiesta non c’erano. Nel consiglio comunale del 2.05.2011, atto n. 6, non ci siamo limitati a contestare l’affidamento dell’incarico a Mantarro, ma abbiamo preteso di votare le consulenze nominalmente e abbiamo votato contro il suo incarico. La delibera di giunta n. 38 del 19.05.1011, in modo del tutto anomalo, affida l’incarico di consulenza a Mantarro, invertendo la prassi fin qui adottata: prima la giunta e poi il Consiglio. Con una piccola novità: nelle delibera viene indicata la somma, 2.500 Euro. La determina n. 8 del 9.05.2011, oltre a ribadire le stesse mansioni, indica il periodo, dal 1/01/2011 al 31/12/1011 (con una singolare retroattività del contratto). A differenze di tutte le altre volte, manca agli atti il disciplinare di incarico, per cui dobbiamo presumere che le mansioni per conto del comune siano sempre le stesse, visto che gli atti sono tutte fotocopie dello stesso atto. Del 2012 non si hanno ancora notizie della consulenza. Beffa delle beffe, con delibera di giunta n. 32 del 5.06.2012, viene approvato il progetto preliminare per l’ampliamento dell’impianto di depurazione in località Pantano, per la cifra di 1.140.000,00 Euro. Una delibera destinata ad essere superata dai fatti, visto che l’amministrazione
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con atto di giunta n. 44 del 09.07.2012, approva la proposta di messa in opera moduli di ossigenazione e sistema filtrante adeguamento depuratore. Ma indovinate chi era il progettista dell’ampliamento del depuratore? Il figlio del dott. Mantarro, chimico industriale. E quanto ci è costato quel preliminare di progettazione? 2.500 Euro più iva. Considerazioni sull’appalto Dall’analisi degli atti citati e dagli articoli previsti sia dal contratto di appalto che dal capitolato speciale d’appalto emerge una certa leggerezza di chi doveva controllare che l’appalto fosse applicato secondo regole sottoscritte dai contraenti. Evidentemente ci possono essere state facilonerie nella gestione dell’intero appalto e una certa superficialità n egli eventuali controlli, ma che agli atti non risultano. Malgrado tutto quello che è successo, si ha l’impressione che l’appalto una volta affidato non fosse più un problema dell’amministrazione, ma che tutte le responsabilità ricadessero sulla ditta appaltatrice. Eppure, la pubblica amministrazione aveva il compito, oltre che il dovere, trattandosi di denaro pubblico, controllare periodicamente sul campo la perfetta conduzione dell’appalto da parte della ditta. La nomina di Mantarro a “consulente tecnico‐ analitico relativo alla conduzione dell’impianto di depurazione comunale da parte degli operatori comunali a ciò preposti o di aziende fiduciarie appaltatrici del servizio, con prelievi e controlli analitici dei liquami in ingresso e in uscita del depuratore, per l’esecuzione dei quali il professionista si potrà avvalere dei suoi collaboratori di fiducia; eventuali sopralluoghi ed indagini in concomitanza a controlli da parte degli organi a ciò preposti” era incaricato a eseguire per conto del comune quanto citato nell’art. 8 (Sorveglianza del Committente) del capitolato speciale, altrimenti non si capirebbe la sua nomina a tecnico alla conduzione dell’impianto di depurazione comunale. La verità è che si è preferito affidare l’appalto a una società che ha offerto un ribasso a dir poco comico, privilegiando talmente tanto la qualità, come voce rilevante del servizio, da trovarci pieni di liquami, per non dire altro, fino agli occhi. Per l’ennesima volta, un appalto pubblico è stato gestito con faciloneria e senza i dovuti controlli, previsti dalla legge, ma ignorati dagli organi preposti. Così anche in urbanistica. La polizza fideiussoria è ancora in vigore o è scaduta? Se è scaduta è stata mai rinnovata? Esiste la polizza prevista dal Capitolato Speciale d’Appalto di 1.000.000,00 (un milione) di Euro?
Considerazioni sul quadro emerso dall’esame degli atti La documentazione disponibile è parziale e non tutto è sufficientemente chiaro. A cominciare dall’iter autorizzatorio, al quale mancano molti tasselli importanti. Non si capisce bene, ad esempio, quanto i protagonisti della vicenda fossero consapevoli del problema della mancanza di portata del fosso di Centogocce, da cui dipende una parte del problema, anche se la questione è di gran lunga più ampia e rilevante. In ogni caso, anche dando per buona la tesi del “declassamento”
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del fosso, è evidente che la principale causa del mutamento è ancora una volta da ricercare nella dissennata politica di governo del territorio ed edilizia della stessa amministrazione. Da una parte, infatti, con la cementificazione ed impermeabilizzazione dei suoli si sono create le condizioni per sottrarre il naturale deflusso delle acque verso il fosso a monte degli impianti di depurazione, dall’altra con la creazione di una rete fognaria non a norma – non bisogna dimenticare che il quadro normativo vigente impone l’obbligo della doppia rete (acque chiare e acque scure); in particolare il Piano di Tutela delle Acque della Regione Lazio stabilisce la necessità che “nelle zone di nuova urbanizzazione e nei rifacimenti di quelle preesistenti” si debba “prevedere il sistema di rete fognaria delle acque nere separato dal sistema di raccolta delle acque meteoriche.” (art. 25, comma 3) – si è fatto in modo da bypassare il fosso, portando la miscela delle acque chiare e scure direttamente al depuratore, aumentandone inevitabilmente il carico di lavoro. Su questo aspetto le relazioni tecniche di gestione da parte della ditta ‐ che, fino a dicembre 2011, non segnalavano alcun problema – a partire da gennaio 2012 hanno iniziato a rilevare che “a causa delle eccessive portate in ingresso (fognatura di tipo misto) e degli scarichi anomali la resa depurativa dell’impianto potrebbe non assicurare con costanza il rispetto dei limiti allo scarico di cui alla tabella 1 dell’allegato 5 del Testo Unico Ambientale. Si badi bene: non è in discussione la tipologia del corpo recettore (l’allegato 1 fa riferimento ad un corso d’acqua), ma proprio l’efficienza intrinseca dell’impianto. In buona sostanza la ditta fa capire che se qualcosa non va la responsabilità è da attribuire alla non corretta realizzazione dell’impianto fognario e, di conseguenza, all’amministrazione comunale. E’ chiaro quindi che l’impianto non è a norma anche nel caso in cui il fosso di Centogocce sia considerato corpo idrico e, di conseguenza, poter fare riferimento alla Tabella 1 (o alla tabella 3, in caso di presenza di scarichi industriali nella fognatura). Ad aggravare la situazione c’è il secondo illecito riscontrato in sede di indagine: il mancato o non corretto smaltimento dei fanghi di depurazione. In questo caso non è né un problema di caratteristiche del corpo recettore né di tabelle di riferimento. In questo caso si viola palesemente e consapevolmente la normativa in materia di rifiuti (anch’essa contenuta nel Testo Unico Ambientale). La responsabilità della ditta sembra piuttosto chiara, mentre bisogna capire se e quanto sia responsabile l’amministrazione. Si tratta solo di capire se vi sia del dolo, perché la colpa – per omissione di controllo – c’è tutta. La responsabilità dell’amministrazione è aggravata dall’incompletezza e incongruenza della documentazione. E’ molto difficile ricostruire in modo chiaro l’intera vicenda, sia per quanto riguarda gli iter procedurali per le autorizzazioni, sia per quanto riguarda i rapporti tra l’amministrazione e la ditta, a cominciare dalla procedura di affidamento della gestione dell’impianto, della quale stupisce il modesto ribasso con la quale la ditta è riuscita a vincere la gara. Un’altra incongruenza riguarda i dati sulle analisi delle acque di scarico. Tutti perfettamente in regola fino alla fine del 2011, ma improvvisamente “sballati” a partire da gennaio 2012. Fino al 2011 non risulta che passassero neppure dal protocollo generale, mentre quelli del 2012 sono stati inviati – ancorché tutti insieme per il trimestre gennaio‐marzo 2012 – al protocollo generale “dopo” la notizia dell’avviso di garanzia. Il solo fatto che siano state cambiate le modalità di comunicazione tra ditta e amministrazione è da considerarsi sospetto.
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Andamento dei dati comunicati dalla ditta (in rosso i valori fuori norma) sett. 2011 ott. 2011 nov. 2011 dic. 2011 gen. 2012 feb. 2012 mar. 2012 solidi sospesi totali 18,6 22,7 24,8 16,7 102,3 87,5 79,2 COD 84,3 89,4 93,5 75,2 183,6 162,4 168,6 BOD5 10,7 12,6 11,4 9,6 62,8 39,6 42,7 Azoto ammoniacale 6,85 7,09 7,59 6,33 25,2 19,3 18,2 Azoto nitroso 0,26 0,32 0,18 0,22 0,82 0,41 0,42 Azoto nitrico 7,35 9,26 6,94 7,14 23,13 13,1 15,13
I valori riguardano esclusivamente il depuratore “Pantano” e le analisi sono state effettuate da un laboratorio al quale la stessa ditta ha portato il campione. Non sarebbe stato certo difficile diluire il campione in modo da alterare il responso delle analisi. Il “salto” tra dicembre 2011 e gennaio 2012 è ben evidenziato dal seguente grafico, in cui le curve rappresentano l’andamento dei valori dei singoli parametri:
Prime conclusioni Le domande da farsi sono molte. Intanto bisogna capire per quale ragione una questione così delicata e importante sia stata sottaciuta e, nella migliore delle ipotesi, non adeguatamente considerata o non affrontata tempestivamente. A partire dall’affidamento del servizio attraverso una gara non sufficientemente pubblicizzata e con scarsa attenzione all’interesse economico dell’attore pubblico (prassi purtroppo già riscontrata in passato nell’operato dell’amministrazione e oggetto di altre indagini da parte della magistratura), per poi considerare quanto poco si sia fatto
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in termini di controlli e verifiche sull’operato della ditta, che si è potuta permettere il lusso di non smaltire i fanghi, senza che nessuno si prendesse la briga di chiedere un riscontro. Da notare che, mentre nelle relazioni da ottobre a dicembre non si fa menzione dello smaltimento dei fanghi, in quella “cumulativa” del primo trimestre del 2012 si afferma che si è proceduto, in soli due giorni, allo smaltimento di circa 55 tonnellate di fanghi, ossia più di quante non ne siano state smaltite nel triennio precedente. Che il depuratore non funzionasse era evidente da anni e anche il solo sospetto che ci fossero delle anomalie sarebbe dovuto essere sufficiente anche per la più pigra e indolente delle amministrazioni per avviare dei controlli (ad esempio dopo le interrogazioni presentate dall’opposizione). Perché, invece, l’amministrazione, anche quando è stato resa pubblica l’inchiesta della magistratura, ha cercato non solo di minimizzare l’accaduto derubricandolo ad un mero problema burocratico‐amministrativo, ma ha addirittura “garantito” per il buon operato della ditta? Per quale ragione manca un campionatore automatico? Quale ruolo ha avuto il consulente dell’amministrazione, ing. Mantarro, in tutti questi anni e come mai non è mai stato in grado di rendersi conto della gravità della situazione? Come mai è stato immediatamente affidato proprio all’ing Mantarro l’incarico di redigere il progetto preliminare per l’ampliamento dell’impianto di depurazione? Perché mancano – nella delibera di giunta in cui si approva il progetto preliminare di ampliamento dell’impianto di depurazione – sia una chiara e circostanziata motivazione di un atto che comporta un onere di oltre un milione di euro sia il visto di regolarità contabile dello stesso? Domande sulla gestione dell’emergenza. Quali sono i costi finali sostenuti dall’amministrazione? Qual è la situazione attuale? Per quale motivo è stato sospeso il trasporto dei liquami ad altri impianti per un certo periodo di tempo? I depuratori sono ancora fermi? E, in tal caso, stiamo sversando liquami non trattati direttamente sul suolo? Chi si assume la responsabilità del rischio di disastro ambientale? A chi va attribuita la responsabilità del danno ambientale ‐ che riguarda una più estesa porzione di territorio attraversata dal fiume Sacco, in cui si immette il fosso di Centogocce ‐ causato fino ad ora? Non vi sono dubbi sul fatto che il reato sia stato commesso e che il danno – anche economico – per il comune sia stato enorme. Non bisogna dimenticare che, secondo il combinato disposto degli articoli 304 e 305 del d.lgs. n. 152 del 2006, chi, violando la legge, provoca un pericolo di inquinamento ambientale è tenuto a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali è derivato il pericolo. L’amministrazione dovrebbe rivalersi su chi ha le responsabilità di tutto questo. Dobbiamo proporre che il comune si costituisca parte civile nei confronti dei responsabili, chiedendo il risarcimento economico del danno subito. In caso contrario dobbiamo farlo noi, annunciando da subito la costituzione di un comitato di cittadini. Inoltre, sempre attraverso il comitato, bisognerà chiedere – sempre sulla base delle previsioni normative del Testo Unico Ambientale – che il Ministero dell’ambiente adotti le misure di messa in sicurezza e ripristino ambientale, assumendosi in prima persona il diritto di rivalsa nei confronti di chi ha causato un danno così grave alla collettività. Labico, 16 luglio 2012
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