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Ci sono tre grandi mezzi per tenerci informati su quello che succede a Washington: la carta stampata, i media elettronici e Doonesbury. Non necessariamente in quest’ordine. Gerald Ford, trentaseiesimo presidente degli Stati Uniti


Federico Vergari (Roma 1981), laureato in Scienze della comunicazione presso la cattedra di Comunicazione politica dell’università di Roma «La Sapienza» (2005). Ha lavorato nella comunicazione di alcune campagne elettorali (2006). Attualmente è impiegato presso una società che organizza eventi culturali nel settore editoriale. Scrive e collabora con mensili e riviste free press (Il giornale della Libreria, L’occhio che…, REV).


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Politicomics Raccontare e fare politica attraverso i fumetti Con un saggio di Pietro Scarnera

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I edizione: maggio 2008 Copyright © Tunué S.r.l. Via Bramante 32 04100 Latina – Italy www.tunue.com info@tunue.com Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi.

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ISBN-13 / GS1 978-88-89613-41-2 Progetto grafico: Daniele Inchingoli Grafica di copertina: Marco Marcucci © Tunué Illustrazione di copertina: Roberto Terrinoni © Roberto Terrinoni/Tunué Stampa e legatura: Tipografia Monti Srl Via Appia Km 56,149 04012 Cisterna di Latina (LT) Italy


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Indice

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Introduzione

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I. Politica e fumetti I.1 La politica e la comunicazione I.2 Che cos’è un fumetto politico? I.2.1 Telegrafici cenni storici su fumetto e politica I.3 I ruoli politici del fumetto I.4 Il fumetto nei flussi della comunicazione politica I.4.1 Il cittadino-(e)lettore I.5 La politica è ovunque. Anche nei fumetti che non ti aspetti I.6 Introduzione al fumetto reportage

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II. USA, 2 novembre 2004. Al voto con i fumetti II.1 Un fenomeno tutto stelle e strisce II.2 Il contesto politico americano del 2004 II.2.1 La campagna elettorale: Bush VS. Kerry II.2.2.1 La politica estera II.2.2.2 Verso il voto II.3 Doonesbury II.3.1 Doonesbury e la politica II.4 The Boondocks II.4.1 The Boondocks e la politica II.5 Il linguaggio di Doonesbury e The Boondocks II.6 Gli Stati Uniti al voto, secondo Doonesbury e The Boondocks II.6.1 Gli spot elettorali II.6.2 C’era una volta in America il voto di scambio…


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II.6.3 Pericolo Nader 58 II.6.4 Alla ricerca di critiche obiettive 60 II.6.5 Il deficit pubblico 61 II.6.6 La situazione in Iraq/1 61 II.6.7 Di nuovo Bush 63 64 II.7 Elezioni 2004: cento giorni prima 66 II.8 Doonesbury oggi II.8.1 Parola d’ordine: cambiamento 66 II.8.2 Yes, we can 66 II.8.3 La situazione in Iraq/2 69 73 III. Graphic novel e politica: tra giornalismo e autobiografia di Pietro Scarnera 77 III.1 Maus: il fumetto racconta la Shoah III.1.1 Dal fumetto underground a Raw 80 III.1.2 Dopo Maus 83 85 III.2 Joe Sacco e il giornalismo a fumetti III.2.1 Il fumetto «indipendente» americano 89 III.2.3 Reportage da Bosnia, Iraq e Stati Uniti 90 92 III.3 Persepolis: la Storia con la esse minuscola 97 III.4 Ancora sul giornalismo a fumetti: reportage, testimonianze, cartoline 105 IV. Il fumetto politico in Italia 105 IV.1 Ripartiamo dagli anni Sessanta: il fumetto, strumento di contestazione e non solo 106 IV.2 Linus, quarant’anni di politica e fumetti 108 IV.3 Il fumetto politico italiano. Pazienza e altre virtù 115 IV.5 Esiste (ancora) un fumetto politico italiano? IV.5.1 Lo Sherwood Comix Festival 119 IV.5.2 Becco Giallo. Un caso editoriale 123 IV.5.3 Genova, luglio 2001. La «testimonianza» a fumetti 126 di Claudio Calìa


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Conclusioni

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Riferimenti bibliografici

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L’uso politico del fumetto nell’Italia odierna Dalla politica raccontata alla politica esercitata Il rapporto della commissione sull’Undici Settembre 2001 Tre esempi V.3.1 ATTAC Italia, la Tobin Tax e i supereroi V.3.1.1 Un altro mondo è possible. Con i fumetti V.3.1.2 I tre albi sulla Tobin Tax V.3.2 Cofferati e Bologna V.3.2.1 Bologna capitale (del fumetto) V.3.3 PMA, un fumetto per quattro «Sì»


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Introduzione

Il punto di partenza di questo libro è un corto-circuito emozional-culturale causato dalla constatazione della fusione di due realtà, la politica e i fumetti. Vorrei che questa scossa colpisse anche i lettori, creando in loro gli stessi stimoli e la stessa curiosità che hanno portato me a unire due materie apparentemente non sovrapponibili (se non per il comune terreno di confronto che è la comunicazione) per approfondire un argomento in Italia meno esplorato di quanto meriti. Sto parlando del fumetto politico, ovvero di come sia possibile raccontare o fare (o raccontare e fare contemporaneamente) politica attraverso la creazione e l’utilizzo dei fumetti. Il fumetto, come ormai largamente noto, è un linguaggio universale, che riesce a parlare a tutti. È il primo libro che «leggono» i bambini che ancora non sanno leggere, perché là dove non arrivano le parole possono le immagini. È uno strumento che può parlare davvero di tutto, dall’argomento più banale alla storia più complessa, emotivamente coinvolgente e intricata. Può raccontare storie di pura fantasia, ma anche di cronaca e, come si cercherà di dimostrare in questo libro, di politica. Quello che avete tra le mani non è un testo sulla storia del fumetto politico, è invece un tentativo di contestualizzare storicamente e politicamente dei fumetti osservandoli attraverso gli strumenti di lettura forniti dalla comunicazione politica. I fumetti analizzati in questo testo riguardano soltanto una piccola parte dell’enorme spettro di possibilità presenti nel panorama mondiale. Nell’analisi mi sono concentrato prevalentemente su di un contesto spazio-temporale culturalmente e fisicamente vicino a noi. Da una parte, approfondendo il fumetto politico negli Stati Uniti basandomi soprattutto su due lavori, le strip di Doonesbury e di The Boondocks durante la campagna elettorale del


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2004, della campagna per le primarie del 2008 e per lo stato di guerra permanente in Iraq e in Afganistan. Dall’altra, cercando di parlare della situazione italiana con un rapido excursus storico dagli anni Sessanta ad oggi, soffermandomi sui momenti salienti per il fumetto politico italiano, soprattutto quando questo è divenuto strumento di contestazione e inoltre sottolineando come nel nostro paese sia presente, in quali forme e con quali intensità, questo alternativo modo di comunicare la politica. Per i motivi appena spiegati è naturalmente maggiore la quantità di materiale e di argomenti che inevitabilmente sono rimasti fuori dal lavoro e sono molte anche le aree geografiche e i momenti storico-culturali che non hanno trovato lo spazio necessario per emergere. Chiunque volesse approfondire la tematica del fumetto politico anche al di fuori dei confini spazio-temporali da me trattati troverà in nota una serie di letture e link utili per espandere le proprie conoscenze sul tema.1 Il libro si compone di cinque Capitoli nei quali, dopo qualche nota storica e un accenno generale alle principali teorie della comunicazione politica applicabili al fumetto, si arriva a descrivere come questo sia divenuto sia uno strumento per raccontare la politica sia, in varia misura e in diversi modi, uno strumento per farla. Nei Capitoli II e III si mostra, grazie all’esame delle strisce quotidiane di due popolari serie statunitensi – Doonesbury di Garry B. Trudeau e The Boondocks di Aaron McGruder – e di diversi reportage anch’essi realizzati mediante il linguaggio dei fumetti, come questa forma di comunicazione e di espressione possa rac1 Per quanto riguarda l’America Latina e in particolare l’Argentina, Carlos Trillo – Guillermo Saccomanno, Historia de la Historieta. Storia e storie del fumetto argentino, Genova, Proglo Edizioni, 2007. Per il continente africano, che dalla fine dell’apartheid in Sud Africa sta vivendo un periodo di grandi produzioni a fumetti, è da evidenziare il volume a cura di Sandra Federici, Andrea Marchesini Reggiani e Massimo Repetti, Matite Africane (Sasso Marconi [BO], Lai-momo, 2002), che oltre a contenere saggi sul fumetto africano tratta argomenti di grande attualità politica (Islam, sanità, economia, guerre e rifugiati) attraverso vignette e strisce; è inoltre consigliabile visitare il sito di un progetto tutto italiano, Africacomics.net. Impossibile non citare le vignette satiriche danesi contro Maometto che causarono l’ira del mondo islamico nel 2006 (cfr. Dawmedia.it/blog/dan/vignette.htm e Diario.it/?page=w l06020300). Spostandoci in Inghilterra, è interessante osservare come il celebre fumetto V per Vendetta (Alan Moore e David Lloyd, 1982-’85 edito in Italia da Magic Press), per quanto si tratti di fiction riesca a far trasparire le forti sensazioni politiche di un paese oppresso da uno stato permanente di polizia, in una storia sempre attuale che strizza l’occhio al 1984 di George Orwell. La lista dei fumetti che si potrebbero citare è pressoché infinita poiché ovunque si sia sviluppato il medium fumetto è stato praticamente inevitabile che questo venisse utilizzato anche per trattare temi politici. Dall’Europa alle Americhe passando per l’Oceania, il Medio Oriente e l’India.


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contare di politica sia interna sia internazionale. Nel primo caso il lavoro è svolto attraverso un’analisi condotta sui contenuti delle due strip politiche appena richiamate proposti sui quotidiani americani nei cento giorni subito precedenti al voto per eleggere il presidente statunitense nella corsa elettorale del 2004. Nel secondo caso si parlerà, appunto, di fumetto reportage: un tipo di resoconto giornalistico che unisce, alla facilità di lettura con l’ausilio delle immagini in sequenza, la competenza dei rispettivi autori, che non sono solo fumettisti ma, spesso, anche veri e propri giornalisti investigativi o «etnografi». Dopo aver letto qualche accenno al Capitolo I, l’occasione per un approfondimento è fornita da un saggio di Pietro Scarnera al Capitolo III. Al Capitolo IV si descrive la situazione del fumetto politico italiano e soprattutto del clima in cui questo si è sviluppato in tempi relativamente recenti, vale a dire dagli anni Settanta. Erano quelli gli anni della contestazione giovanile, e il fumetto rappresentò uno dei linguaggi più usati dai contestatori dell’epoca. Quello fu insomma il momento esatto in cui il fumetto (ri)emerse con forza come strumento politico. Sempre nel Capitolo IV sono presentati vari esempi di come il fumetto politico sia ancora presente e attivo oggi in Italia all’interno di alcuni festival del settore e con numerosi lavori, spesso prodotti da case editrici dalle risorse limitate ma assai combattive. A tal proposito, si è colta l’occasione per osservare da vicino, a titolo esemplificativo, l’operato di una casa editrice attiva nella realizzazione di fumetti socialmente impegnati. Infine, nell’ultimo Capitolo si prova a evidenziare la nuova importanza strategica del mezzo, soprattutto alla luce delle più importanti occasioni elettorali e di sensibilizzazione sociale degli ultimi anni: dalla campagna elettorale di Sergio Cofferati in corsa per la poltrona di sindaco di Bologna nel 2004 all’opuscolo sul corretto utilizzo dei farmaci voluto dal Ministero della Salute del secondo governo Berlusconi nel 2005, per arrivare alla trasposizione a fumetti dei risultati investigativi a cui, ancora nel 2004, è giunta la commissione americana sull’Undici Settembre. L’intero lavoro è stato realizzato anche grazie al fondamentale apporto di varie interviste sottoposte ad addetti ai lavori ed esperti del settore, che hanno reso possibile l’approfondimento di diverse tematiche. Le interviste sono state realizzate attraverso l’utilizzo della posta elettroni-


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ca e del telefono e, quando possibile, sono avvenute faccia a faccia e registrate su supporto digitale.2 Si è già detto sopra dei limiti spazio-temporali che in questo libro ho dovuto tracciare sia per rendere la trattazione ben mirata ai miei scopi analitici, sia per evitare di dilungarmi oltremisura, data l’inevitabile vastità del tema. Ciò nonostante, anche tenendo sotto controllo i nostri argomenti, il materiale di cui parlare è ugualmente emerso in modo rigoglioso. Si è reso dunque necessario decidere quale rotta percorrere e cosa lasciarsi alle spalle. Ad esempio in questo lavoro non si parlerà, se non per pochissime righe, della vignetta satirica o del cartoon politico monovignetta (per esempio, chi non ricorda il famigerato episodio di cronaca delle «vignette di Maometto»?, cfr. Nota 1), a discapito dei quali si è preferito approfondire il tema del fumetto politico attraverso l’analisi di fumetti sequenziali, cioè strisce, albi, libri, riviste e reportage. In ogni caso, un argomento del genere è per ovvie ragioni aperto a sempre nuovi sviluppi e dunque, grazie anche al supporto fornitomi dall’editore, avrò modo e piacere di proseguire il discorso e di (ri)aprire un dibattito con i lettori interessati e con altri operatori del settore all’interno del mio blog in tema sulla piattaforma Komix.it: blog.komix.it/politicomics.

2 Le interviste sono state rilasciate da Marco Berrini, Eleonora Bonaccorsi, Giusi Bonsignore, Luca Boschi, Claudio Calìa, Andrea Pasini, Donata Piccioli, Emiliano Rabuiti, Lorenzo Sartori, Filippo Scòzzari e Massimo Semerano tra il 10 febbraio 2005 e il 14 marzo 2008. Maggiori dettagli sui vari intervistati sono forniti nel corso della trattazione.


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Ringraziamenti Grazie a Pietro Scarnera per il suo prezioso contributo e per aver condiviso con me idee e opinioni sul fumetto reportage e grazie a tutti gli addetti ai lavori che si sono resi disponibili per interviste o semplici chiacchierate sul fumetto. Voglio ringraziare la prof.ssa Sara Bentivegna, senza la cui approvazione di tesi qualche anno fa, forse oggi questo libro non esisterebbe. Infine un grazie immenso a tutte le persone e a tutti gli amici che nel periodo di realizzazione del libro non mi hanno mai fatto sentire solo e mi hanno sostenuto in ogni momento, in ogni modo. In particolare un grazie alla mia famiglia, a Claudia P., Flavio, Alessandro, Lorenzo, Serena, Mauro, Massimo e Ilaria. Ognuno di loro sa perchĂŠ.

F.V. Torino, marzo 2008


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I. Politica e fumetti

I.1 La politica e la comunicazione La comunicazione politica vive in equilibrio fra tre mondi che forse sarebbe più opportuno definire sistemi: quello politico, quello mediatico e quello del cittadino-elettore. Proprio grazie a questi tre sistemi è possibile definire la comunicazione politica come «lo scambio e il confronto dei contenuti di interesse pubblico-politico prodotti da sistema politico, dal sistema dei media e dal cittadino-elettore».1 Si può affermare che la nascita della comunicazione politica coincida, giocoforza, con l’inizio dell’attività politica da parte dell’uomo, anche se effettivamente ha iniziato a pesare, divenendo sempre più decisiva per il conseguimento del risultato finale, con l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa. Questi hanno cambiato il modo di comunicare e di divulgare le informazioni e di conseguenza è cambiato anche il modo di comunicare la politica. In quest’ottica alla metà del secolo scorso è stato cruciale il passaggio, tecnologico oltre che comunicazionale, dalle campagne elettorali condotte attraverso la stampa e la radio alla prima campagna elettorale affrontata televisivamente, con spot e confronti in diretta. È il 1960 e i due protagonisti di questo nuovo scenario politico sono Richard Nixon e John F. Kennedy. Si narra che la vittoria di Kennedy nel faccia a faccia fu dovuta più a elementi televisivamente rilevanti che alle argomentazioni sviluppatesi nel dibattito. JFK arrivò negli studi televisivi abbronzato, in perfetta forma e con un abito bianco che risaltava nello schermo del televisore, mentre Nixon comparve agli occhi del pubblico da casa troppo scuro (a causa del vestito) e abbondantemente sudato per colpa del calo1

Giampietro Mazzoleni, La comunicazione politica, Bologna, il Mulino, 1998, p. 34.


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re sprigionato dai riflettori dello studio. Il primo dibattito in diretta televisiva non siamo certi se se lo aggiudicò il politico più convincente nelle sue argomentazioni, ma di certo quello più scenicamente bello e adatto a interpretare il ruolo del Presidente degli Stati Uniti d’America. Giornali, radio, televisioni e computer sono divenuti nel tempo strumenti fondaFigura 1 – Il modello pubblicistico mentali per veicolare i messaggi politici e, dialogico. si potrebbe osare, per l’esistenza della comunicazione politica stessa. Il sistema mediatico è riuscito a penetrare talmente in profondità quello politico e a influenzare così pesantemente il sistema cittadino-elettore che se dovesse improvvisamente sparire, si potrebbe ipotizzare la scomparsa della stessa politica per come siamo abituati ad intenderla oggigiorno. Il sistema mediatico diviene così il contesto, lo sfondo davanti al quale si susseguono i fatti, un terreno di confronto, scontro ed interazione tra la politica e il cittadino.2 È possibile sintetizzare quanto finora detto attraverso il cosiddetto modello pubblicistico-dialogico: i tre sistemi (politico, mediatico e cittadini) entrano in contatto e si integrano tra loro; da questa interazione scaturisce una zona comune, quella della comunicazione politica mediatizzata, «ossia quando lo scambio comunicativo coinvolge tutti e tre gli attori della comunicazione politica».3 Il luogo in cui la comunicazione politica nasce, cresce, si compie e termina. Ed è qui, in questo luogo di intersezione, di confronto e di scambio nel quale opera la comunicazione politica mediatizzata, che trova la sua ragion d’essere il protagonista di questo lavoro, quel tipo di fumetto che racconta la politica, la società, i fatti e gli avvenimenti che quotidianamente regolano il mondo.

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Ivi, pp. 25-28. Ivi, p. 25.


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I.2 Che cos’è un fumetto politico? «Qual è l’argomento di oggi della striscia di Doonesbury?».4 Questa è una delle domande più frequenti che ci si pone ogni giorno all’interno degli uffici stampa dei palazzi politici statunitensi, del Congresso, del Senato e persino della Casa Bianca. Pare che negli anni Ottanta, durante la presidenza Reagan, non si iniziasse a lavorare al programma giornaliero senza prima aver letto la striscia del fumetto di Trudeau e senza aver studiato, quando necessario, le dovute contromisure. È esemplare a questo proposito una frase di George Bush pronunciata nel periodo di successione a Reagan, quando da vice presidente si candidò alla presidenza: «Il popolo americano voterà e vedremo se starà dalla parte di Doonesbury o dalla mia».5 E, sempre per restare in tema di ex presidenti americani, ecco una frase che è sicuramente in grado di rendere l’idea: «Ci sono tre grandi mezzi per tenerci informati su quello che succede a Washington: la carta stampata, i media elettronici e Doonesbury. Non necessariamente in quest’ordine». Gerald Ford, trentaseiesimo presidente degli Stati Uniti.6 Il fumetto può considerarsi a tutti gli effetti, per lo meno in ambito statunitense, un vero e proprio attore nel palcoscenico della comunicazione politica, in grado di generare opinioni, polemiche e dibattiti; di far sorridere, riflettere o semplicemente di riportare – nella maniera più fedele possibile – un evento di natura politico-sociale. E ha anche la capacità di riuscire là dove molti commentatori politici non arrivano, coinvolgendo emotivamente il lettore, ma anche conquistando sezioni del giornale un tempo riservate soltanto ai pareri di illustri columnist e commentatori politici, i cosiddetti pundit.7

4 Doonesbury di Garry B. Trudeau è forse la più famosa striscia politica al mondo, che da oltre trentacinque anni è presente su migliaia di quotidiani statunitensi e internazionali. Di questo fumetto e del suo modo di fare e raccontare la politica si parlerà in maniera più approfondita nel Capitolo II. 5 Linus speciale: Enzo Baldoni. Parole di un uomo di pace, Milano, Baldini Castoldi Dalai editore, settembre 2004. 6 Ivi. 7 Il termine pundit viene utilizzato nel linguaggio politico-giornalistico statunitense per indicare chi quotidianamente dalle pagine di un giornale parla, analizza e critica la realtà politica.


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Rispondere alla domanda che dà il titolo al Paragrafo non è il compito solo di questo Capitolo, ma di tutto il libro; in ogni caso le poche righe precedenti almeno un po’ dovrebbero aver reso l’idea o almeno dovrebbero aver iniziato a sgomberare il campo dai primi dubbi: sì, si parla di politica. Di politica vera; e lo si fa attraverso i fumetti. Un connubio sicuramente poco comune all’interno dei nostri confini nazionali, dove si tende a considerare l’insieme «fumetto + politica» soltanto nelle vignette delle prime pagine dei maggiori quotidiani. In attesa di riuscire a rispondere alla domanda di cui sopra, è importante focalizzare l’attenzione alla ricerca di una o più definizioni di fumetto prima e di fumetto politico poi. In modo tale, cioè, da potere collocarlo, e iniziare a studiarlo, all’interno del sistema mediatico della comunicazione politica, così da comprendere come questo alternativo modo di comunicare le vicende politiche riscuota, soprattutto al di fuori del confine italiano, un così ampio successo. È possibile far risalire la nascita del fumetto come forma linguistica e narrativa al 1827, con la realizzazione dei «Sette racconti per immagini» dell’illustratore ginevrino Rodolphe Töpffer, con i quali per la prima volta veniva usato in termini puramente narrativi/ricreativi l’espediente delle illustrazioni accompagnate a dei testi e poste in sequenza a narrare delle vicende, in questo caso umoristiche. Oltre mezzo secolo più tardi, nel 1895, fece la sua comparsa sul quotidiano statunitense New York World, di proprietà di Joseph Pulitzer, il celebre personaggio Yellow Kid di Richard Felton Outcalt. Yellow Kid prese il nome dal colore giallo della sua maglia e compariva sempre in un angolo delle tavole illustrate da Outcalt commentando gli eventi politici, culturali e sociali dell’epoca attraverso delle scritte che apparivano proprio sulla lunga maglietta che copriva il bambino da capo a piedi. Tali scritte erano, sempre, volutamente scorrette o sgrammaticate, a sottolineare l’ignoranza dei personaggi presi di mira. È quindi dai lavori di Outcalt e Töpffer che bisogna partire per cercare di capire che cos’è un fumetto e come questo possa a sua volta definirsi in un contesto politico. Considerati questi due storici esempi, è possibile fare un ulteriore passo indietro e tenere presente, com’è del resto noto a tutti, come il racconto grafico-sequenziale fosse stato a lungo utilizzato da civiltà oramai scom-


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parse per narrare avvenimenti di natura sociale, politica o addirittura per riportare direttamente dal fronte notizie di natura bellica. Il primo utilizzo del «fumetto» non fu dunque quello di entertaining medium come la maggior parte di noi è abituata a considerarlo oggi: la sua funzione originaria fu proprio quella di raccontare fatti e storie reali. A pensarci bene la spiegazione è più ovvia di quanto sembri, dato che la comunicazione visiva (per diversi e naturali motivi) ha avuto la meglio per molto tempo su quella scritta e parlata. È allora possibile oggi poter raccontare Figura 2 – Yellow Kid di Richard la politica, i fatti e gli avvenimenti di Felton Outcalt. importanza internazionale utilizzando vignette e nuvolette e cercando di far riflettere (magari rubandogli anche il tempo per un sorriso) il lettore? Il fumetto politico, soprattutto al di fuori dei confini italiani, gode di grande considerazione, è qualcosa che va oltre la semplice vignetta satirica ed è fondato su basi giornalistiche e sociologiche. La vasta eco di importanti e numerosi lavori a fumetti pubblicati negli ultimi anni inizia ad arrivare anche sugli scaffali delle nostre librerie, tanto da lasciar sperare in un incremento, sia delle vendite sia della considerazione che questi lavori riscuotono in giro per il mondo. Sto parlando, ad esempio, dei lavori di Joe Sacco, di Art Spiegelman e della pubblicazione in albi di selezioni delle strisce di Doonesbury o di The Boondocks, che saranno trattati a seguire. È ora possibile introdurre due definizioni di fumetto politico date da addetti ai lavori. «Il fumetto politico è quel tipo di fumetto che affronta argomenti sociali (e appunto politici), sia in forma di reportage che in forma di commento/denuncia. Il fumetto, in quanto linguaggio, ha dimostrato ormai di essere in grado di poter affrontare qualsiasi tema, così come il giornalismo, il romanzo, il cinema ed il teatro.»


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«Il fumetto, come tutto, è politico nel momento in cui mette in discussione dei rapporti di gerarchia, specialmente se questi sono percepiti e vissuti come “regola”.»8

Nel fumetto politico è possibile distinguere e seguire due filoni: il fumetto che parla di politica e che interpreta i ruoli tipici del sistema informativo, commentando, criticando e calandosi nel ruolo di «cane da guardia» (watchdog, nel gergo mediologico e giornalistico anglosassone) a tutela del cittadino; e il fumetto che fa politica, sfruttando il flusso della comunicazione politica dal sistema politico al cittadino-elettore, sempre più utilizzato da movimenti e partiti per diffondere e rendere più «digeribili» determinati messaggi che difficilmente troverebbero spazio e conquisterebbero l’attenzione del pubblico, se divulgati dal tradizionale sistema informativo. Quindi all’interno del concetto stesso di fumetto politico è presente un’evoluzione del mezzo, che passa da strumento per raccontare a uso più propriamente giornalistico/narrativo, a strumento per fare, calandosi in prima linea e divenendo esso stesso l’artefice del contesto politico in cui dovrà operare. I.2.1 Telegrafici cenni storici su fumetto e politica Il connubio fumetto e politica esiste ovunque poiché, come si è avuto modo dire anche in precedenza, il fumetto è da considerarsi un mezzo di comunicazione a tutti gli effetti ed è quindi più che normale che venga utilizzato per parlare anche di politica. Il fumetto risulta inoltre legato alla politica in varie epoche e in vari paesi: si pensi all’Argentina di Mafalda descritta da Quino tra il 1964 e il 1973; al Sud Africa raccontato da Stephen Francis, Harry Dugmore, Rico Schacherl con Madam & Eve che dal 1992 racconta, dalle pagine del giornale Weekly Mail & Guardian, il cambiamento del paese attraverso il rapporto tra una ricca donna bianca e la sua colf nera; o al 8 Stralci dalle interviste a Emiliano Rabuiti, esperto di fumetti e curatore dello Sherwood Comix Festival di Padova, e Marco Berrini, autore e sceneggiatore di fumetti.


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Giappone, che con la sua smisurata produzione di manga ha nella politica uno dei principali temi trattati; per passare poi per la maggior parte dei paesi europei, fino ad arrivare allo scandalo e alle gravi conseguenze causate dalle vignette su Maometto e pubblicate nel settembre del 2006 dal quotidiano danese Jillands Posten. Cerchiamo ora di ricostruire una breve storia del fumetto politico italiano e americano (i due territori più centrali per le analisi di questo libro), iniziando dai primi anni del Novecento. In Italia nel 1908 nasce il Corriere dei Piccoli, che rappresenta la prima testata di fumetti pubblicata in Italia. Capace di attraversare periodi storici delicatissimi come la Prima guerra mondiale, il ventennio fascista e la Seconda guerra mondiale, ha cessato le pubblicazioni solo nel 1995. Sulla scia del Corriere dei Piccoli videro la luce in quegli anni tanti altri periodici a fumetti, tra cui Il Giornalino, di ispirazione cattolica, nel 1924, e L’intrepido nel 1935. Nel primo dopoguerra fecero la loro comparsa sulla scena periodici rivolti a un pubblico di bambini il cui pressoché unico scopo era quello di fare propaganda e plasmare ideologicamente le menti dei piccoli lettori. Il riferimento è a testate come Il Giornale dei Balilla (1923) e La Piccola Italiana (1927). Fece la sua comparsa nel 1924, in uno scenario a lui decisamente avverso, Il Becco giallo, che si distinse come una delle riviste più marcatamente antifasciste dell’epoca. Resistette appena due anni in Italia, per essere poi riaperta in Francia, dove continuò il suo lavoro di satira e attacco al potere mussoliniano fino al 1931. Nel 1937 vide la luce Il Vittorioso, voluto dalla Gioventù Italiana d’Azione Cattolica per conto del mondo cattolico, che si era reso conto dell’influenza che il medium poteva generare su di un pubblico giovane. Nel 1939 fu abolita la riproduzione e la distribuzione di tutti fumetti di provenienza estera o a essa ispirati. Aumentarono i testi a discapito delle illustrazioni, tutte le storie trattavano tematiche riguardanti l’eroismo militare italiano e furono bandite storie con tematiche equivoche, paradossali o criminali. L’autarchia mussoliniana arrivò così anche nei fumetti. Al termine della Seconda guerra mondiale riprese l’attività editoriale, anche se i primi lavori editi altro non furono che riproposizioni di vecchie storie. Il Vittorioso riprese la sua ascesa – nel 1948 è da segnalare l’inizio


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di un atteggiamento chiaramente anticomunista – per cessare poi l’attività nel 1966. E negli anni Sessanta, tra l’inizio del declino de Il Vittorioso e la prima pubblicazione della rivista Linus (1965), di cui si parla in seguito, iniziò a comparire in Italia una prima forma di saggistica sul fumetto a opera di autori quali Umberto Eco e Roberto Giammanco. Passando agli USA, a partire dai primi anni del XX secolo il political cartoon divenne negli Stati Uniti parte integrante delle pubblicazioni periodiche e quotidiane, tanto da rendere i primi cartoonist delle verie e proprie celebrità nazionali.9 Il fumetto politico ha accompagnato passo dopo passo, in effetti, tutti i principali periodi storici degli Stati Uniti. Dalla Prima guerra mondiale, quando vari disegnatori di comic strip venivano considerati dai soldati al fronte alla stregua degli eroi di guerra per il buon umore che riuscivano a portare in trincea, alla depressione degli anni Venti, in cui le principali tematiche affrontate furono quelle economiche. Durante la Seconda guerra mondiale tanto i fumetti in madrepatria, nella finzione, quanto i soldati al fronte, respinsero la minaccia dell’Asse, mentre si avvertì una flessione della produzione durante gli anni della Guerra fredda e in particolar modo nel periodo maccartista, in seguito alla nota persecuzione censoria nei confronti dei fumetti da parte dei benpensanti. Si arriva così al periodo più denso della storia del fumetto politico americano: siamo negli anni Sessanta e tutti i principali lavori a tema politico e civile sono indirizzati verso il Vietnam. Per la prima volta i fumettisti faranno i conti con la prima guerra mediatizzata, quindi il fumetto politico americano non dovrà più pensare soltanto a rappresentare quello che gli americani già vedono in televisione, ma dovrà/potrà svilupparsi divenendo un’ancora più sottile arma di commento politico.

I.3 I ruoli politici del fumetto È ora opportuno introdurre e definire una tipologia orientativa di alcuni tra i più importanti ruoli interpretati dal fumetto nella comunicazione politica. 9 Cfr. Harry Katz, «A Historic Look at Political Cartoons: The Future of Editorial Cartooning In America Is Uncertain, but the Past Holds Lessons for Us All», Nieman Reports, Winter 2004.


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I RUOLI POLITICI DEL FUMETTO

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Il fumettista watchdog (si è già accennato al significato del termine watchdog) dà vita a un genere «ibrido», sintesi di fumettistico e di giornalistico: il riferimento alla funzione di watchdog, come già segnalato, è alla tendenza dei media giornalistici – diffusa soprattutto negli Stati Uniti – di svolgere il ruolo di «cane da guardia» nei confronti dell’operato delle agenzie governative e in generale dei poteri forti. Anche un certo numero di fumettisti, al pari dei colleghi giornalisti, hanno ritenuto giusto ergersi a garanti della tutela del cittadino, divenendone portavoce e facendosi carico di impegni come il controllo dell’operato delle istituzioni, giudicando e naturalmente non risparmiando critiche. Il fumettista watchdog è facilmente individuabile nel disegnatore di vignette. L’americano Matt Bors,10 ad esempio, riesce con i suoi lavori a mettere in risalto e a contestare le assurdità e i controsensi della politica e della cultura americana non cercando forzatamente la battuta ad effetto, ma facendo attenzione in primis a raccontare e criticare.11 Inoltre, parlando di fumetti e fumettisti watchdog, c’è un esempio di una striscia quotidiana italiana, anche se un po’ datata, che vale la pena riportare. Si tratta de Il Laureato di Luca Novelli, pubblicato quotidianamente tra 1974 e il 1978 sulle pagine de Il Messaggero e de Il giorno e in cui l’autore commentava, con un linguaggio a metà strada fra la satira e la critica sociale, gli accadimenti politico-culturali italiani di quegli anni. Il fumettista pundit è colui che, attraverso i disegni e i suoi personaggi, quotidianamente parla della realtà politica dalle pagine di un quotidiano, di una rivista o, come sempre più spesso accade, da siti internet. Esistono, come già indicato, varie sfumature del termine pundit e quella che forse più si addice alla realtà analizzata in questo contesto è sicuramente quella del bardo, che in comunicazione politica è definito come colui che analizza la politica parlando un linguaggio popolare, guardando con sospetto a chi ha il potere e facendo dello humour una delle sue maggiori armi retoCfr. Comics.com/editoons/bors/index.html. In Figura 3: «I sussidi all’etanolo fanno aumentare prezzo del cibo. – Non chiedetevi cosa il cibo possa fare per voi, bensì per l’industria automobilistica». Il bambino nella vignetta fa la parodia di un celebre discorso di J.F. Kennedy: Ask not what your country can do for you, ask what you can do for your country (Washington, 20 gennaio 1961). La vignetta si riferisce a una polemica nata sulle pagine dell’Economist, secondo il quale nel 2008 un terzo del mais raccolto sarà destinato alla realizzazione di carburante ecologico. Cfr. Economist.com/opinion/displaystory.cfm ?story_id=10252015. 10 11


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Figura 3 – Una vignetta di Matt Bors. 14 marzo 2008. Comics.com. © Matt Bors / United Features Syndicate.

riche. Due fumettisti pundit sono proprio Garry B. Trudeau e Aaron McGruder, che con i loro Doonesbury e The Boondocks verranno abbondantemente analizzati in questo libro. Il fumettista-giornalista è una nuova figura che sta prendendo sempre più piede. Si tratta di veri e propri giornalisti che raccontano i loro pezzi attraverso disegni, realizzando reportage a fumetti apprezzati dal pubblico e premiati dalla critica – per il momento, per lo più nel settore dei fumetti, ma si contano anche diversi premi giornalistici veri e propri. Un esempio su tutti (questo discorso sarà ripreso nel Capitolo III) è il reportage sulla Palestina e la striscia di Gaza da parte di Joe Sacco, vincitore, proprio grazie a quest’opera, di un premio Pulitzer. Un esempio tutto italiano, relativamente nuovo in questo contesto, può essere rappresentato dai lavori di Gipi per il settimanale Internazionale. In un’apposita rubrica chiamata «La settimana di Gipi», l’autore commenta disegnando uno o più fatti avvenuti in Italia e nel mondo nei sette giorni precedenti la pubblicazione del settimanale. Lo spazio in cui si sviluppa questa rubrica è una colonna laterale che consente facilmente il collegamento tra il fumetto in questione e gli articoli di commento scritti dai columnist del giornalismo statunitense e anglosassone.


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Figura 4 – Una striscia de Il Laureato. © Luca Novelli

Infine, sono attivi fumettisti che, in collaborazione con enti e associazioni per la salvaguardia dei diritti dei cittadini, operano un uso politico del fumetto, con il chiaro intento di informare – e non di rado di provare a convincere – su temi di natura socio-politica. Validi esempi a riguardo sono le iniziative della regione Toscana, che attraverso un fumetto rivolto ai ragazzi ha spiegato il lavoro della Giunta Regionale, o la campagna di sensibilizzazione dell’associazione ATTAC Italia per promuovere la Tobin Tax, la tassazione delle transazioni finanziarie. Questa tipologia sommaria, da tenere a mente durante la lettura del libro, verrà in seguito scomposta nei suoi vari aspetti, con la trattazione di molti fra gli esempi a cui qui si è accennato.

I.4 Il fumetto nei flussi della comunicazione politica Come è stato osservato, il fumetto è un vero e proprio attore nel mondo della comunicazione politica. È quindi possibile, anche sulla base della tipologia sopra delineata, osservarlo muoversi ed evolversi all’interno dei flussi della comunicazione politica identificando le varie forme che assume a seconda della direzione assunta dalla comunicazione. DAL SISTEMA POLITICO AL SISTEMA DEI MEDIA. All’interno del sistema politico nel suo insieme si intende non solo la politica istituzionale costituita dai partiti, dal Governo, dal Parlamento e dai gruppi parlamentari, ma anche il sistema dei movimenti di tipo politico non istituzionale che oggigiorno sono sempre di più e sempre meglio organizzati in network


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Figura 5 – La colonna settimanale di Gipi. 14 marzo 2008. © Gipi / Internazionale

cooperanti tramite il web. Il sistema politico così inteso si rivolge al sistema mediatico con produzioni fumettistiche aventi come scopo quello di informare la stampa, e non solo, riguardo le attività in atto e quelle future. DAL SISTEMA POLITICO AL CITTADINO-ELETTORE. È altrettanto diffuso, per quanto riguarda i movimenti e i partiti, l’utilizzo del fumetto diretto ai cittadini; attraverso questo è possibile stabilire un contatto diretto con il singolo individuo, rendendolo partecipe della vita politica, delle iniziative che potrebbero interessarlo o delle iniziative che sta portando avanti un determinato organo politico. Il flusso della comunicazione che parte dal sistema politico (costituito sia da enti politici istituzionali, sia da movimenti politici non istituzionali) ed è diretto verso il cittadino-elettore scavalca direttamente i mass media e stabilisce un contatto diretto con il cittadino-elettore. Sia la politica istituzionale, sia quella di movimento utilizzano questo tipo di flusso della comunicazione politica per rivolgersi ai cittadini attraverso comizi, riunioni, manifestazioni, distribuzione di volantini, manifestazioni organizzate dal basso come i cosiddetti flashmob, blog, mailing list e le operazioni di sensibilizzazione note come guerrilla marketing. Il fumetto in questo caso viene consegnato dal produttore direttamente al consumatore senza subire alcun passaggio intermedio attraverso i mass media. Questo tipo di flusso si verifica soprattutto in momenti politicamente «caldi», durante una campagna elettorale o una lunga battaglia parlamentare, o nel mezzo di una protesta, di uno sciopero o di una campagna di sensibilizzazione su particolari tematiche sociali.


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IL FUMETTO NEI FLUSSI DELLA COMUNICAZIONE POLITICA

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DAL SISTEMA DEI MEDIA AL SISTEMA POLITICO. In questo caso la comunicazione parte dai media e si dirige idealmente verso i centri di potere. Questo tipo di comunicazione politica, nel caso specifico del fumetto, si produce (1) nel lavoro di informazione e commento critico; (2) nella vigilanza sull’operato del sistema politico e sul corretto svolgimento delle proprie funzioni. DAL SISTEMA DEI MEDIA AL CITTADINO-ELETTORE. Il fumetto – per ovvi motivi, limitiamoci al nostro argomento, per non estendere troppo il discorso – si rivolge ai lettori fornendo loro i requisiti necessari per essere informati e al tempo stesso intrattenuti. Per quanto riguarda questo flusso, è possibile ricondurre a due le azioni che il fumetto può compiere, e sono quelle di (1) informazione e (2) infotainment, cioè un’informazione mista all’intrattenimento. Meritano un discorso a parte, che sarà affrontato nel prossimo Paragrafo, i due flussi che hanno nel cittadino-elettore il punto di partenza: dal cittadino-elettore al sistema politico e dal cittadino-elettore al sistema dei media. I.4.1 Il cittadino-(e)lettore È verso il cittadino-elettore che sono rivolti gli sforzi maggiori del sistema politico e di quello mediatico. È per certi aspetti un nuovo tipo di cittadino quello che non solo è attento nella lettura dei fatti di cronaca politica nei giornali, ma che inoltre legge i fumetti politici nelle pagine dei commenti dei quotidiani e presta attenzione alle campagne di informazione politico-sociale, siano esse disegnate o meno. Questa persona ha trovato nel voto un’arma potente nonché un efficace feedback tramite cui cercare di esercitare il proprio potere, oltrepassando lo status di semplice cittadinoelettore e trasformandosi in un cittadino-(e)lettore a cui spettano due importanti compiti: leggere e poi, naturalmente se lo riterrà opportuno, far valere il suo diritto di voto. Questo nuovo cittadino, lettore anche di fumetti, attento e interessato alla politica, diviene un elemento essenziale e centrale nei flussi della comunicazione. Viceversa, la comunicazione dal sistema dei media al cittadino(e)lettore prevede una reazione classica di feedback da parte del


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POLITICA E FUMETTI TABELLA 1

IL FUMETTO E IL FUMETTISTA NEI FLUSSI DELLA COMUNICAZIONE POLITICA

Flusso

Ruolo del fumetto e del fumettista

Ruolo del cittadino-(e)lettore

Dal sistema politico al sistema dei media

Informare il sistema mediatico riguardo alle attivitĂ presenti e future di movimenti e partiti

Prestare attenzione agli scambi comunicativi che intercorrono tra il sistema politico e quello dei media

Dal sistema politico al cittadino-elettore

Stabilire un contatto diretto con il cittadino e informarlo

Leggere e valutare il contenuto del messaggio giunto dal sistema politico

Informazione/commento critico e vigilanza

Prestare attenzione agli scambi comunicativi che intercorrono tra il sistema dei media e quello politico ricavandone delle informazioni e creandosi delle opinioni

Dal sistema dei media al cittadino-elettore

Informazione, infotainment, vigilanza

Prestare attenzione agli scambi comunicativi che intercorrono tra il sistema dei media e quello politico ricavandone delle informazioni e creandosi delle opinioni

Dal cittadino-(e)lettore al sistema politico

Il fumettista in quanto cittadino-(e)lettore può almeno ipoteticamente inviare comunicazioni fumettistiche ai politici

Esercita il potere di voto

Dal cittadino (e)lettore al sistema dei media

Il fumettista in quanto cittadino-(e)lettore può almeno ipoteticamente inviare il suo operato al sistema dei media

Feedback

Dal sistema dei media al sistema politico


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LA POLITICA È OVUNQUE. ANCHE NEI FUMETTI CHE NON TI ASPETTI

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l’(e)lettore, in questo caso meglio definito come pubblico. La Tabella 1 riassume i ruoli del fumetto e del cittadino-(e)lettore nei flussi della comunicazione politica.

I.5 La politica è ovunque. Anche nei fumetti che non ti aspetti Come visto per sommi capi al Paragrafo I.2.1, la politica è entrata nei fumetti a più livelli fin dai primordi di questa forma espressiva. Però in tempi più recenti la politica a fumetti ha assunto toni e registri molto diversi. Infatti, tornando all’oggi, è possibile verificare facilmente come temi di natura politica, espliciti o impliciti, siano presenti non solo nei fumetti più dichiaratamente «impegnati» ma anche in quelli più insospettabili. Basti pensare a fumetti statunitensi come Spider-Man, o la serie supereroica Marvel Civil War,12 il fumetto anch’esso a tema supereroico The Authority e, infine, il francese Astérix. Lavori come Civil War e The Authority ad esempio basano le loro storie su un contesto sociale fittizio, ma completamente politicizzato. Da una parte, in Civil War, la presidenza degli Stati Uniti d’America impone ai supereroi l’obbligo di registrare la loro reale identità in una sorta di anagrafe, dando così vita a due opposte fazioni, una formata da supereroi fedeli alla bandiera e alle sue imposizioni e l’altra da ribelli che non vogliono rivelare la loro identità. Dall’altra, in The Authority, il governo statunitense è addirittura il datore di lavoro di una supersquadra costituita appositamente a salvaguardia della pace e della tranquillità dell’intero universo.13 In quest’ultima serie i protagonisti politici sono tratteggiati in modo realistico, e il presidente degli Stati Uniti è ad esempio una copia esatta di Bill Clinton; nell’episodio Natività14 compare inoltre l’ex presidente George Bush, e vengono ricordati fatti di natura socio-politica e di importanza storica, come la caduta del Muro di Berlino. 12 Cfr. Mark Millar – Steve McNiven, Civil War, New York, Marvel Comics, maggio 2006 – febbraio 2007; ed. it. Modena, Panini Comics – Marvel Italia, marzo 2007 – settembre 2007. 13 Cfr. Warren Ellis – Bryan Hitch, The Autority, New York, DC Comics – Wildstorm Comics, maggio 1999. 14 Cfr. Warren Ellis – Bryan Hitch, The Authority, vol. 2, «Nuova Gestione», Ariccia (RM), Magic Press, 2005.


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In entrambi gli esempi appena riportati non sono comunque i nomi, le citazioni o i fatti storici evocati a farne fumetti politicamente interessanti, quanto le condizioni in cui i protagonisti operano. La politica è in ogni azione che compiono: si avverte e si percepisce la presenza di una forza che regola le loro azioni, che li spinge a combattere e a rischiare la vita. In questi fumetti la politica è uno sfondo che fa da contesto e da pretesto allo svolgersi dell’azione. Non si parla apertamente di politica, è vero, ma si compiono delle azioni a essa correlate e da essa richieste. Restando in tema di supereroi occorre citare le serie Ultimate15 della Marvel, le cui riletture in chiave moderna di vecchie storie offrono lo spunto per un’attualizzazione a 360 gradi e quindi anche per un riammodernamento in chiave politica. Sempre all’interno dell’universo Marvel (in questo caso siamo tornati nell’universo standard), sono ambientate tre opere dedicate interamente agli attacchi terroristici dell’Undici Settembre. La data dell’attentato al World Trade Center16 è il titolo della storia in tal senso più rappresentativa e ne è protagonista l’Uomo Ragno, che si ritrova a soccorrere i feriti, ma al contempo inizia una sorta di viaggio all’interno della propria coscienza: «Non potevamo essere qui prima che succedesse. Non potevamo impedirlo. Ma siamo qui ora»; e poi ancora: «Noi con i nostri costumi e i nostri poteri impallidiamo al confronto con i veri eroi. Quelli che sfidano il fuoco senza paura né armature e si addentrano nell’oscurità senza garanzia di uscirne». Ha scritto il giornalista Dario Olivero: «È una lunga riflessione tavola per tavola. In parte è retorica, certo. Ma non tutto… Ci sono anche dubbi, silenzi, domande senza risposte. I fumetti sanno cogliere aspetti che forse vanno perduti nella concitazione e nel panico».17 15 La linea narrativa Ultimate riprende i personaggi classici della Marvel Comics (l’Uomo Ragno, Capitan America, i Fantastici Quattro ecc.) rileggendoli in un universo parallelo, simile a quello standard, ma che ne differisce per vari particolari atti a rendere questi personaggi, con ormai oltre quarant’anni di storia editoriale alle spalle, più attraenti per gli adolescenti di oggi; ma anche per lavorare, a vantaggio di un pubblico adulto, su temi più crudi e che sarebbero poco coerenti con il cosmo marvelliano «titolare». 16 L’albo è uscito in Italia con questo titolo. Cfr. J. Michael Straczynski – John Romita Jr., L’Uomo Ragno: 11 Settembre 2001, Modena, Panini Comics – Marvel Italia, 23 marzo 2002; mentre negli Stati Uniti l’albo è uscito senza titolo e con una copertina totalmente nera. Cfr. Amazing Spider-Man, vol. 2, n. 36, dicembre 2001. 17 Cfr. Dario Olivero, «New York, 11 settembre e l’Uomo Ragno pianse», la Repubblica, 28 marzo 2002.


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Figura 6 (a sinistra) – La copertina dell’albo di Astérix preso in esame. © Albert Uderzo / Eredi René Goscinny Figura 7 (a destra) – L’Uomo Ragno davanti alle macerie del World Trade Center. © Marvel Comics

In Heroes,18 il primo dei tre lavori Marvel in questione a venire pubblicato dopo il crollo delle torri, gli autori hanno ritratto i supereroi affiancati ai nuovi eroi americani, vale a dire gli uomini appartenenti alle forze dell’ordine, i pompieri e i soccorritori. In A Moment of Silence,19 albo completamente privo di testo dove gli autori hanno preferito fossero soltanto le immagini a parlare, è da sottolineare la prefazione scritta dall’allora sindaco di New York, Rudolph Giuliani. Penso che ormai sia chiaro a tutti che non abbiamo bisogno di leggere opere di finzione per trovare esempi di eroismo. I veri eroi americani sono sempre stati tra noi. I vigili del fuoco, i poliziotti e tutti gli altri componenti 18 19

Autori vari, Heroes, New York, Marvel Comics, dicembre 2001. Autori vari, A Moment of Silence, New York, Marvel Comics, febbraio 2002.


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delle squadre di soccorso che quotidianamente mettono a repentaglio la loro vita per proteggerci.20

La politica, come si anticipava in avvio di Paragrafo, per quanto singolare possa sembrare ha raggiunto anche Astérix. Il celebre piccolo abitante dell’antica Gallia minacciata dai romani di Giulio Cesare, dopo quasi cinquant’anni di avventure a fumetti e in animazione, ha sorpreso un po’ tutti con una storia nella quale sembra quasi essere sceso in campo politicamente, proponendo una storia che evidenzia, con lo stile ironico e tagliente classico dei lavori di Albert Uderzo, paradossi e limiti imposti dalla globalizzazione americana. In Quando il cielo gli cadde sulla testa21 Astérix e il suo fido compare Obélix si trovano a combattere contro un misterioso e perfido conquistatore piovuto dal cielo, tale Hubs, che anagrammato non è altro che il cognome del più discusso presidente degli Stati Uniti della storia recente: (George W.) Bush. «Ciò che sta accadendo agli americani durante l’epoca di Bush mi ha portato a disegnare qualcosa su di loro», ha dichiarato l’autore.22 Tutti conosciamo e abbiamo letto le storie di Astérix e Obélix, o almeno una volta ci sarà capitato di soffermarci qualche minuto davanti a uno dei tanti film d’animazione con protagonista il gallico e i suoi concittadini, per comprendere quanto particolare sia la situazione appena descritta. Se un autore come Uderzo, solitamente dedito alla realizzazione di storie a fumetti umoristiche, sente l’esigenza di inserire all’interno di un suo lavoro, facendo trasparire anche commenti e punti di vista propri, una situazione politica con protagonista l’alter ego di uno degli uomini politici più influenti al mondo, allora probabilmente qualcosa all’interno del mondo dei fumetti sta davvero cambiando, sia nel modo in cui gli autori pensano al fumetto come strumento per veicolare contenuti politici, sia nel modo in cui il fumetto viene recepito dal pubblico. 20 Stefanie Diekmann, «Hero and Superhero», prefazione di A Moment of Silence, cit., in The Guardian, 24 aprile 2004. 21 René Goscinny – Albert Uderzo, Le ciel lui tombe sur la tête, Paris, Les Editions Albert René, 2005 (ed. it. Quando il cielo gli cadde sulla testa, Milano, Mondadori, 2005). 22 «La svolta politica di Asterix. Nel nuovo fumetto affondo a Bush», la Repubblica, 15 ottobre 2005, Repubblica.it/2005/j/sezioni/spettacoli_e_cultura/asterix/asterix/asterix.html.


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INTRODUZIONE AL FUMETTO REPORTAGE

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I.6 Introduzione al fumetto reportage23 Il fumetto può considerarsi politico non soltanto qualora segua con occhio critico e vigile le vicende e le tematiche politiche che stiano a cuore ai relativi autori, ma anche quando affronti argomenti legati all’attualità nazionale e internazionale, e vincolati alle decisioni politiche prese sullo scacchiere mondiale. È il caso dei fumetti reportage. Il reportage è considerato una delle più nobili forme di giornalismo e si basa su una presenza/ricerca sul campo da parte del giornalista. Spesso viene svolto in paesi che si trovano in guerra o nei quali vige una situazione eccezionale; se il reportage avviene all’interno del territorio nazionale riguarda sovente avvenimenti di portata straordinaria, ovvero notizie di grande rilevanza che meritano di essere approfondite e analizzate in loco. Andare, vedere e raccontare è il motto che meglio di tutti rappresenta l’essenza del reporter, del giornalista che entra in contatto con la realtà e dopo averla attentamente osservata, dopo aver capito le dinamiche da cui è regolata, decide di descriverla usando parole, fotografie e fumetti. II fumetto, nel caso dei reportage giornalistici – che ipso facto in qualche misura raccontano eventi in senso lato politici – è un linguaggio in cui nella maggior parte dei casi il fumettista narra i fatti a cui assiste, o in cui si trova coinvolto, in prima persona. In questo senso, la soggettività dell’autore/disegnatore è elemento essenziale della strategia narrativa e di riferimento dei fatti. Il fumettista, in questi casi, non disdegna peraltro di inserirsi in versione cartoon all’interno del racconto, facendo meglio comprendere che ciò che si sta leggendo è visto attraverso i suoi occhi. Una sorta di «avviso di soggettività» molto meno scontato di quanto si pensi. Di opere oggettive non ne esistono: ogni essere umano, per quanto si sforzi del contrario, tenderà sempre (ed è normale che sia così) a far uscire parte di sé, in un articolo, in un servizio televisivo, in un discorso pubblico o in una ripresa televisiva. Nel fumetto politico/giornalistico questo è chiaro già dall’inizio. «Ciò che vedete voi è quello che ho visto io e ve lo sto raccontando», sembrano voler dire autori come Ted Rall e Joe Sacco nei loro lavori. Dichiarando aperta23

Per una lettura più approfondita dedicata al fumetto reportage cfr. il Capitolo III.


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mente il proprio sguardo soggettivo, soprattutto in circostanze particolarmente critiche o eccezionali, il giornalista non fa altro che accrescere la propria credibilità nei confronti del lettore. Il reportage a fumetti si distingue per il suo linguaggio testuale, simile a quello del tradizionale giornalismo a mezzo stampa, ma al tempo stesso diretto e immediato grazie all’utilizzo delle immagini, che sono meno invasive delle fotografie, poiché non distolgoFigura 8 – Il numero 586 di Internazionale porta in copertina no l’attenzione dal testo scritto – essendo con il reportage a fumetti in terra ira- esso integrate – e hanno il compito di complechena di Joe Sacco. tare e aggiungere qualcosa alla narrazione. I © Joe Sacco / Internazionale tempi di realizzazione per un reportage a fumetti sono, nella maggior parte dei casi, decisamente più dilatati rispetto al tradizionale svolgersi dell’attività giornalistica. Eccetto casi specifici di reportage a fumetti su commissione, non ci sono scadenze se non quelle fissate dal disegnatore. I tempi sono di norma più ampi e consentono all’autore una maggiore possibilità di elaborare le informazioni raccolte, trasformandole soltanto successivamente in tratti di matita. Dai primi anni Novanta a oggi sono comparsi sugli scaffali delle librerie di molti paesi reportage a fumetti riguardanti le più importanti vicende di politica internazionale. Si è iniziato con un caso invero particolare, la raccolta completa di Maus24 di Art Spiegelman, sulla vera storia dei suoi genitori scampati allo sterminio nazista. Anche se non si tratta apertamente di un reportage poiché è la storia dei genitori di Spiegelman imprigionati in un campo di concentramento, l’opera conserva una fortissima valenza storica e documentale che la rende unica nel suo genere. Nel 1993 è stata la volta di Palestina, lavoro di Joe Sacco sul conflitto israelo-pale24 Art Spiegelman, Maus: A Survivor’s Tale, New York, Pantheon Books, 1973-1991 (ed. it. Maus – Capitolo I: Mio padre sanguina storia, Milano, Milano Libri, 1987; Capitolo II: E qui sono cominciati i miei guai, Milano, Milano Libri, 1991).


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INTRODUZIONE AL FUMETTO REPORTAGE

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stinese e di cui si parla meglio al Capitolo III. Sono stati editi inoltre, qui in Italia, fumetti diaristici sui caldi giorni del G8 di Genova del luglio 2001 (cfr. il Capitolo IV). E poi c’è stato l’Undici Settembre, che per il mondo (e naturalmente anche per quello dei fumetti) ha rappresentato un enorme choc, che ha generato una cascata di nuovi lavori sul conflitto in Afganistan, sulla guerra in Iraq, sulle elezioni americane del novembre 2004 e diverse riflessioni su come siano cambiati la città di New York, gli USA e buona parte del mondo dopo il crollo delle torri. In Francia e Belgio, per esempio, è pubblicata già da qualche anno la rivista Bang!, interamente realizzata con articoli a fumetti, a dimostrazione che il reportage disegnato può realmente trattare ogni genere di argomento. Un vero e proprio caso nel nostro paese è la rivista settimanale Internazionale, che da alcuni anni dedica molto spazio ai fumetti politici e al medium fumetto come strumento narrativo in generale, e lo fa tanto sulle pagine cartacee quanto su quelle elettroniche del suo sito, mostrando vignette e fumetti provenienti da tutto il mondo e proponendo in anteprima gli ultimi lavori dei più famosi political cartoonist come Art Spiegelman, Joe Sacco e Marjane Satrapi.


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Federico Vergari

Politicomics

Raccontare e fare politica attraverso i fumetti

®

Con un saggio di Pietro Scarnera

I giochi di ruolo sono sempre più diffusi fra i giovani di tutto il mondo.

Illustrazione di Roberto Terrinoni Copyright © Roberto Terrinoni / Tunué

Euro 15,50


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