Tutt'a un tratto

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Il segno è una metafora meravigliosa Andrea Pazienza «Questo testo è un cammino nel mondo dei fumetti dalla parte degli artisti [...] il presupposto che mi ha portato alla scelta di un determinato gruppo di disegnatori è, semplicemente, analizzare il fumetto descrivendone le evoluzioni ed i parallelismi grafici, le principali caratterizzazioni e le rispettive influenze [...] per poter così analizzare più facilmente un determinato stile o un momento storico particolare».


Sergio Algozzino (Palermo, 1978), diplomato presso l'Accademia di belle arti della sua cittĂ natale, ha all'attivo diverse collaborazioni con Panini Comics, per la quale ha coideato con lo sceneggiatore Manlio Mattaliano e la colorista Cecilia Giumento - suoi concittadini - la striscia umoristica AniMarvel, e con Red Whale, che fra gli altri progetti lo impegna sulla collana Monster Allergy. All'attivitĂ di disegnatore e colorista affianca quella di insegnante presso varie scuole di fumetto e nelle scuole superiori. L'autore vive e lavora nel capoluogo siciliano.


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Sergio Algozzino

Tutt’a un tratto Una storia della linea nel fumetto Prefazione di Katja Centomo e Francesco Artibani

Lapilli. Segni 3


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I edizione maggio 2005 Copyright © Tunué Srl Via degli Ernici 30 04100 Latina – Italy info@tunue.com www.tunue.com Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi

ISBN: 88-89613-06-8 Progetto grafico: Daniele Inchingoli Estrodestro Srl V.le P.L. Nervi – C.C. Latinafiori 04100 Latina – Italy Copertina Grafica di Daniele Inchingoli ©Daniele Inchingoli Stampa e legatura: TipolitoGrafica CR2 Via Neghelli 23 04100 Latina – Italy


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INDICE

Prefazione, di Katja Centomo e Francesco Artibani . . . . . . . . . . . .IX Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3

Stati Uniti: 1895-1905 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7 I. Da Yellow Kid a Little Nemo (Outcault, Dirks, Knerr, McCay) Italia: 1908-1917 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13 II. L’Italia e il Corriere dei Piccoli (Rubino, Sto) Francia e Belgio: 1905-1929 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16 III. La linea (chiara) francofona (Pinchon, Saint-Ogan, HergÊ) Stati Uniti: 1913-1930 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .19 IV. Stelle e strisce (McManus, Foster, Godwin, Iwerks, Messmer, Young) Stati Uniti: 1931-1938 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .25 V. Eroe o supereroe? (Gould, Raymond, Shuster) Italia: 1937-1948 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .30 VI. Spaghetti Western (Albertarelli, Cossio, EsseGesse, Galep)


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Stati Uniti: 1934-1947 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .35 VII. Fumettisti si nasce… e lo si insegna (Caniff, Eisner, Barks, Hogarth) Giappone: 1947 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .44 VIII. Rivoluzione manga (Tezuka) Francia e Belgio: 1943-1959 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .48 IX. Galli e cavalli (Jijé, Jacobs, Uderzo) Italia: 1950-1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .51 X. Topi made in Italy (Bottaro, Scarpa, Cavazzano, Carpi) Argentina e Spagna: 1943-1971 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55 XI. Mafalda & Co. (Salinas, Breccia, Quino, De La Fuente, Maroto) Stati Uniti: 1950 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .59 XII. Noccioline (Schulz) Inghilterra: 1950-1960 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .61 XIII. Fantascienza quotidiana (Hampson, Jordan, Dickens) Italia: 1957-1978 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .63 XIV. L’Italia e le sue conquiste (Jacovitti, Battaglia, Pratt, Crepax, Toppi, Magnus) Stati Uniti: 1961-1973 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .72 XV. Meraviglie (Kirby, Ditko, Romita, Buscema, Adams)


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Stati Uniti: 1964-1982 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .78 XVI. Sotterranei (Toth, Crumb) Francia e Belgio: 1963-1980 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .81 XVII. Urlo metallico (Druillet, Giraud, Mœbius, Gir, Bilal, Tardi) Argentina e Spagna: 1968-1990 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .88 XVIII. Pupe e pallottole (Gimenez, Torres, Muñoz) Giappone: 1959-1977 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .93 XIX. Gekiga e oltre (Shiratô, Matsumoto, Nagai, Takahashi, Punch) Italia: 1975-1985 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .99 XX. Tutto ricominciò… (Manara, Pazienza, Altan, Milazzo) Stati Uniti e Inghilterra: 1970-1991 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .105 XXI. I nuovi supereroi (Byrne, Miller, Davis, Gibbons, Windsor-Smith, Adams) Italia: 1980-1986 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .113 XXII. Riviste, che passione (Mattioli, Liberatore, Giardino, Eleuteri Serpieri, Baldazzini, Stano) Stati Uniti: 1980-1985 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .118 XXIII. Tigri e topi (Watterson, Spiegelman) Giappone: 1982-1991 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .120 XXIV. Squadra speciale manga (Fujishima, Hôjo, Ôtomo, Toriyama, Katsura)


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Stati Uniti: 1987-1998 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .124 XXV. Generazione Novanta (McFarlane, Lee, Mignola, Romita Jr., Wieringo) Italia: 1992-1997 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .130 XXVI. Homo homini topo (Mari, Toffolo, Vinci, Ortolani, Barbucci) Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .137 Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .138 Indice delle immagini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .143


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Prefazione

Non capita di frequente che in Italia un autore realizzi un testo critico su quegli stessi fumetti che per lui rappresentano la passione e il lavoro di tutti i giorni. Quando questo accade è certamente un piccolo avvenimento che va salutato favorevolmente. E quando poi l’autore, oltre ad essere un artista competente è anche un amico, ecco allora che la prefazione finisce per scriversi da sola. In questo genere di brevi testi introduttivi è inevitabile parlare bene del volume e di chi l’ha scritto ma nel caso di Sergio Algozzino e del suo saggio è impossibile non farlo. Sergio qui interpreta e commenta qualcosa che conosce e, con i tempi che corrono, non è davvero poco; il segno fumettistico lo pratica, sa analizzarlo con sensibilità e precisione e riesce a comprenderlo e ad illustrarlo. È estremamente discreto nel suo approccio a una Storia del Fumetto raccontata attraverso il tratto degli autori; questo punto di vista è la prova della sua originalità e del suo eclettismo, due qualità queste con cui riesce a sorprenderci costantemente. Chi, come noi, ha infatti la fortuna di lavorare con lui e di conoscerlo un po’, sa con quanta abilità riesca a dominare e perlustrare la materia artistica che maneggia quotidianamente; è un talento inventivo e creativo poliedrico capace di trovare risvolti inediti e originali in tutto quello che fa. Possiamo poi dire che è autore di fumetti sensibile, che sa riconoscere il valore e l’importanza di ogni parte del processo creativo e produttivo di un fumetto proprio perché le pratica tutte: da tecnico, da appassionato, da fruitore e da vero fan.


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PREFAZIONE

Questo saggio sul tratto è lo specchio dell’autore perché, come lui, fornisce al lettore una prospettiva pratica, diversa e corretta sul fumetto e sul suo linguaggio visivo, senza pregiudizi verso un genere o una scuola creativa. In Tutt’a un tratto il fumetto è veramente, letteralmente, visto da vicino; la closure e tutte quelle altre cose lì vengono subito dopo. Che altro aggiungere? Seguiamo tutti Sergio in un tuffo, lì dove la china è più nera. Katja Centomo e Francesco Artibani


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Il segno è una metafora meravigliosa Andrea Pazienza


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Introduzione

Durante le mie prime appassionate letture del Topolino settimanale ero assolutamente convinto che i fumetti fossero realizzati da un’unica persona; immaginavo il signor Disney, o chi altro, al tavolo da disegno, anzi no, facciamo una scrivania, pronto a sfornare due, magari tre storie al giorno, comprese di colore e testo scritto. Finite dieci o quindici storie in una settimana, di almeno dieci pagine l’uno, tutto veniva immediatamente stampato per la gioia di noi piccini. Altro che lettering e supervisioni. Non avevo la minima idea di quanti passaggi potessero servire anche per un episodio di una pagina (non «tavola»: all’epoca il termine tavola suscitava in me soltanto visioni da Mastro Geppetto). Lo choc definitivo arrivò con un albo dell’Uomo Ragno (altro che «Spider-Man»!) dove, grazie ad enormi credits non più ai piedi della pagina, ma all’interno del disegno stesso, prendevo coscienza del mestiere di sceneggiatore, del disegnatore (anzi, matitista), del letterista, del colorista, del redattore e, chiaramente, dell’inchiostratore! Pazzesco! Ma ci pensate? Uno che di mestiere ripassa a penna i disegni degli altri! Incredibile. Così, grazie a dei semplici credits, iniziai da quel momento a disegnare prima a matita, ripassando poi a pennarello le mie pagine. Anzi no, tavole. Acquistai un bel pennino, una boccetta di china, emozionandomi nel vedere come, con una semplice pressione di questo meraviglioso strumento, riuscissi a ricordare la modulazione dei fumetti che leggevo. Inoltre, più inchiostravo, più mi rendevo conto di quanto fosse affascinante questo passaggio, e quanto il disegno ci guadagnassse alla fine dell’operazione. Facendo un passo indietro, quando ancora le tavole erano pagine,


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INTRODUZIONE

avevo già delle preferenze specifiche su alcuni disegni piuttosto che altri, riuscendo, con una impulsività innata in tutti i bambini, a distinguere le piccole differenze nel modo di disegnare i paperi. Più avanti seppi che i miei disegnatori preferiti erano Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano e Massimo De Vita, ma da bambino, per quanto mi riguarda, erano semplicemente segni differenti sul mio settimanale preferito. Questo testo è un breve cammino nel mondo dei fumetti non attraverso gli stessi, bensì dalla parte degli artisti, e nemmeno una storia dei fumettisti; difatti, più di un autore normalmente incluso in quel tipo di testi non troverà spazio su queste pagine; il presupposto che mi ha portato alla scelta di un determinato gruppo di disegnatori è, semplicemente, analizzare il fumetto descrivendone le evoluzioni ed i parallelismi grafici, le principali caratterizzazioni e le rispettive influenze; per ovvi motivi, non troverete alcun cenno agli artisti che hanno fatto del fumetto un uso specificatamente cromatico e pittorico. I ventisei Capitoli del libro sono suddivisi in ordine cronologico ma su piani paralleli (paesi e autori) e per periodi di tempo irregolari, per poter così analizzare più facilmente un determinato stile o un momento storico particolare, come accade in alcuni libri di storia dell’arte, slegandosi perciò dal limite dell’analisi per decenni, ciò che avrebbe creato in questo caso maggiore confusione; in realtà il mio intento è sempre stato quello di creare una piccola «controparte» a quei testi, analizzando a grandi linee i fumetti come si farebbe per la pianta di una basilica (pianta logitudinale, simmetria bilaterale, una grande navata mediana e due laterali minori…), risultando a volte, volutamente, freddo e conciso. In piccoli prospetti inseriti qua e là troverete invece alcuni parallelismi o brevi approfondimenti più o meno connessi al tema portante, aneddoti in cui non riuscivo a contenere la mia voglia di parlare più informalmente, quel tipo di notizie che appena giunsero alle mie orecchie la prima volta mi fecero sorridere per avere appreso qualcosa in più su questo meraviglioso mondo. E forse, il concetto di fondo di tutto il libro potrebbe essere anche questo.


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INTRODUZIONE

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Ringraziamenti In primis, a Gianna Di Piazza, che come prima lettrice di questo testo ha dovuto sorbire decine di mie telefonate, aiutandomi nell’impostazione generale; il periodo di stesura e quelle discussioni sono fra i ricordi più belli di quel periodo. A Marco Pellitteri, che ha creduto nell’idea fin dall’inizio, e che mi ha decisamente spinto a rendere più completa questa piccola fatica. A Emanuele Di Giorgi e tutta la Tunué, che, dando fiducia a Marco, hanno automaticamente approvato il mio lavoro, per poi colpirmi nel nostro fugace incontro ad Angoulême 2005 con la loro simpatia, professionalità e passione. A Cecilia Giumento, inimitabile aiuto e appoggio morale (compresa la sopportazione dei miei continui lunatismi), oltre che braccio destro in campo scansioni e nell’agevolare le ricerche bibliografiche. Colora la vita in maniera meravigliosa, e se vi capita di sfogliare qualche albo con la sua collaborazione, sentirete una vocina che canta «fucsia fucsia fucsia in ogni dove, fucsia fucsia fucsia a profusione». Eheheh. A Quirino, disposto a concedermi il lungo prestito di un volume essenziale per la mia ricerca, e al mitico Max Brighel, metodico e appassionato redattore del mio arrampicamuri preferito, da me più volte disturbato per piccoli aiuti, di natura tecnica o storiografica. Ai miei genitori, a mio fratello, alle mie due nonne e a tutti i miei parenti, che mi vedranno finalmente parlare in questo libro come non ho fatto mai, dato che sto sempre chiuso in stanza a lavorare… Ai miei amici, i miei colleghi, la Red Whale, ai Giullari di Corte, al Gruppo Trinacria e al liceo artistico Eustachio Catalano. La mia vita ha bisogno di continui stimoli e voi mi aiutate a sognare. E all’Agricantus, ufficio, sala esposizioni e palco per le nostre esibizioni musicali. Non certo ultimi, a Katja e Francesco, per la meravigliosa prefazione e, soprattutto, per avermi fatto sentire molte volte più importante di quel che sono, realizzando gran parte dei miei sogni di bambino.


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Avvertenza dell’autore Pur consapevole delle esperienze protofumettistiche ottocentesche di autori quali, fra gli altri, Rodolphe Töpffer in Svizzera o di Wilhelm Busch in Germania, ho scelto convenzionalmente di iniziare il mio percorso con Richard Felton Outcalt perché fu negli Stati Uniti di fine Ottocento, nei grandi quotidiani, che il fumetto cominciò ad acquisire uno statuto autonomo e a distaccarsi dall’illustrazione, dalla caricatura e dalla satira politica. Inoltre, nel corso del libro vi sono dei box in grigio contenenti piccoli paragrafi: si tratta di inserti informativi che ho pensato di utilizzare per dare al lettore qualche notizia utile, parallela all’andamento del testo principale.


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Stati Uniti: 1895-1905

I. Da Yellow Kid a Little Nemo (Outcault, Dirks, Knerr, McCay)

Quando Hogan’s Alley di Richard Felton Outcault iniziò ad essere pubblicato sul New York World, a partire dal 7 luglio 1895, l’impronta stilistica di quelli che in seguito sarebbero stati soprannominati comics era ancora fortemente illustrativa: ambientato nel vicolo di una città povera, compositivamente si risolveva in grandi riquadri (panel) popolati da una moltitudine di bambini, intenti nelle azioni più disparate. Nel 1880 i quotidiani statunitensi inaugurano l’edizione della domenica e Joseph Pulitzer, proprietario del New York World, in preda ad un’ispirazione di carattere competitivo decide di allegare al giornale domenicale un supplemento illustrato, interamente a colori, palcoscenico per i primi fumetti. Altri giornali, col tempo, intuendo l’enorme prospettiva commerciale dell’operazione, seguiranno a ruota, ed i «teatrini psichedelici» si moltiplicheranno a vista d’occhio. Dunque, se il tratto subiva ancora le influenze degli illustri predecessori, il mezzo di comunicazione era notevolmente diverso, e le nuove potenzialità vennero a galla ben presto.

Successivamente la grande vignetta iniziò ad essere dominata dalla figura di un bambinetto calvo, che comunicava con l’ausilio di frasi trascritte sul suo camicione. Dal 1896 il suddetto camicione divenne giallo, il bambino fu facilmente soprannominato Yellow Kid, Outcault introdusse la suddivisione in vignette e cominciò autilizzare gli speech balloon – le nuvolette di testo, già in uso da tempo presso altri autori in Europa – e gettò così le basi narrative e grafiche del fumetto (Figura 1). Certo, spezzare il tema di un’illustrazione in più riquadri non è che fosse una gran novità, così come far parlare le figure attraverso qualcosa di diverso da una semplice didascalia, ma Outcault fu il primo a gestire


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STATI UNITI: 1895-1905

1. Richard Felton Outcault, Yellow Kid, 1895 © Comic Art

le intuizioni contemporaneamente, attraverso un mezzo che non voleva più essere di semplice accompagnamento per un racconto o un articolo. Di contro, dal punto di vista stilistico, il simpatico Yellow Kid non offriva molto di nuovo nei confronti della classica vignetta quotidiana, al momento il format più vicino all’appena nato comic. Il tono generale era umoristico, le caratterizzazioni semplici ma arricchite da tratteggi tipicamente illustrativi, verticali, orizzontali, diagonali ed incrociati, mirati dunque più ad un’idea generale di volume (l’ombra portata di un personaggio, le venature di una trave di legno…), dunque spesso e volentieri di «riempimento», che ad un utilizzo specificatamente grafico (e per questo si dovrà aspettare Milton Caniff, cfr. il Capitolo VII). Il segno è perciò morbido e modulato, i contorni chiusi e precisi.


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DA YELLOW KID A LITTLE NEMO

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2. Rudolph Dirks, The Katzenjammer Kids, 1897 © King Features Syndicate

In maggior misura che con Outcault, il fumetto inizia a prendere coscienza di sé grazie all’apporto creativo di Rudolph Dirks e dei suoi The Katzenjammer Kids (in Italia, Bibì e Bibò), pubblicati dal 12 dicembre 1897 sulle pagine del supplemento illustrato del New York American Journal. Dirks semplifica il disegno, elimina molti tratteggi di troppo, si preoccupa più del contorno e delle forme, disegna meno di Outcault, e non bene come lui, ma si preoccupa di far muovere i suoi personaggi esasperando le espressioni del viso e la gestualità del corpo, introducendo la teatralità tipica del fumetto, nella fattispecie quello umoristico (Figura 2). Nel 1912 Dirks volle abbandonare le pagine del New York American Journal, per trasferirsi, insieme alle sue creature, sotto l’ala protettiva di Pulitzer e del suo New York World. Un processo stabilì che l’autore avrebbe potuto continuare la serie, sulle pagine del World, con un altro titolo, The Captain and the Kids, e che il Journal era libero di far proseguire The Katzenjammer Kids ad un altro artista. A prendere le redini del nuovo corso dei The Katzenjammer Kids fu Harold Knerr, tanto capace al punto da non far rimpiangere troppo il suo illustre predecessore, almeno come disegnatore. Con Knerr il tratto si ammorbidisce ulteriormente, elimina le ultime sporcizie superflue (Figura 3) e, stilisticamente, raggiunge il prototipo perfetto per le future fatiche di Pat Sullivan e Ub Iwerks (cfr. il Capitolo IV).


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3. Harold Knerr, The Katzenjammer Kids, 1913 © King Features Syndicate

Il vero innovatore, colui che influenzerà artisti per decenni a venire, anche se più silenziosamente di altri, è senza ombra di dubbio Winsor McCay. McCay s’impone al grande pubblico con Little Sammy Sneeze (sul New York Herald, 1904) e con Dreams of the Rarebit Fiend (sull’Evening Telegram, 1905), ma è con Little Nemo (New York Herald, dal 15 ottobre 1905) che realizza il capolavoro assoluto; certamente influenzato dall’Art Nouveau e da Alfons Mucha in particolare, McCay è titolare di un segno pulitissimo, preciso ed impeccabile. Nonostante egli lavori prevalentemente per campi lunghi, la composizione della tavola si fa sfrenata; ogni puntata di Little Nemo è un’appassionata ricerca svolta ad intarsiare vignette circolari, quadrate, allungate, con soluzioni originalissime, senza mai complicare il senso di lettura. Il disegno, fino ad allora, non era mai stato così gustoso, strabordante in ognuna delle sue sfaccettature; figure (uomini, donne o animali), costumi, fondali, oggetti: tutto è reso con la stessa cura, armonia e ricerca del movimento. Inquadrando sotto i riflettori una delle centinaia di tavole di questa straordinaria opera (Figura 4), possiamo aiutarci con un’attenta per quanto breve analisi. La data di pubblicazione è il 7 gennaio 1906: sedici vignette, suddivisibili in due sezioni; quella superiore contiene nove vignette,


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4. Winsor McCay, Little nemo, 1905 © Winsor McCay

quella inferiore sette; in genere, e sino all’episodio del 22 luglio 1906, le tavole di Little Nemo venivano aperte da una vignetta di presentazione stretta e lunga, a volte frazionata in tre riquadri, come in questo caso. La sezione superiore conta tre righe orizzontali con uno schema tre-quattrodue perfettamente regolare e simmetrico; la sezione inferiore è tagliata da una diagonale discendente, che forma due triangoli rettangoli contenenti rispettivamente tre e quattro vignette, irregolari nelle dimensioni. Ho già accennato all’espressione movimento nel lavoro di McCay: grazie al sapiente utilizzo di vignette in sequenza, come si fosse un film d’animazione (McCay fu uno dei massimi pionieri del disegno animato), disegna i passaggi fondamentali, l’occhio ricostruisce automaticamente l’azione, e mai un fumetto fu così fumetto prima d’allora. In realtà, il concetto è ben più sottile di quanto sembri: non siamo di fronte soltanto a una serie di immagini riportate in successione. Nei disegni di McCay


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il movimento è sempre presente, anche nelle vignette sgombre di azione; dalla quarta alla nona vignetta assistiamo ad un continuo cambio di scena (interno, esterno, interno, esterno, esterno 2, esterno 3), ma la sensazione di continuità, di dinamismo è sempre presente. Per questo motivo, da adesso in poi, alzeremo definitivamente un muro fra il fumetto e l’illustrazione, che, in genere, non nutre grande interesse nel rendere continuativa un’immagine rispetto ad altre. Le illustrazioni di un libro, per esempio, sono slegate fra di loro, l’azione ed il movimento sono fine a sé stessi; nel fumetto, invece, dobbiamo avere ben chiaro di stare raccontando una storia nei suoi passaggi fondamentali. Movimento. Paradossalmente l’influenza stilistica di McCay, forse proprio perché troppo innovativa, sarà quasi assolutamente ignorata in patria, almeno inizialmente, dove si preferirà come modello il realismo di Tarzan o l’umorismo di Felix the Cat (cfr. il Capitolo IV). Solo George Herriman, nel 1910, col suo geniale Krazy Kat, comporrà tavole domenicali dalla meravigliosa struttura, debitrici dell’impostazione di Little Nemo, anche se con un disegno decisamente diverso, pieno di segni e tratteggi, con una inchiostrazione svelta e incisiva, dalle composizioni dark e surreali, cui attingeranno certamente in seguito artisti del fumetto, come Patrick McDonnell (autore dei Mutts), o del cinema, come Tim Burton (ad esempio per il suo Nightmare Before Christmas). McCay fu anche uno dei maggiori pionieri dell’animazione americana, autore nel 1914 di uno dei cortometraggi emblematici della nascita di questa forma d’arte, Gertie the Dinosaur, e di numerosi altri esperimenti con protagonista lo stesso Little Nemo. Esiste anche un simpatico filmato di dieci minuti in cui l’autore realizza alcuni disegni per alcuni amici: memorabile la sequenza nel suo studio dove viene rifornito di barili di inchiostro e giganteschi pacchi di carta.


Una storia della linea nel fumetto

GRAFICO:

Prefazione di Katja Centomo e Francesco Artibani

PROGETTO

Tutt’a un tratto

È raro che un fumettista, oltre a scrivere e disegnare storie, produca anche contributi critici sulla propria professione. Sergio Algozzino è una di codeste rarità. Ammiratore dichiarato di una leggenda del fumetto quale Will Eisner, scrittore di ben due libri sull'arte sequenziale, e rispettoso lettore di autori che del fumetto hanno fatto oltre il loro mestiere, anche un ambito di riflessione - quali Scott McCloud, Laura Scarpa o Davide Toffolo - Algozzino ha seguito tali illustri esempi e s'è impegnato in un'originale ricerca sull'itinerario che la linea ha percorso in oltre un secolo di storia della letteratura disegnata. La linea è uno degli elementi fondativi del fumetto in quanto linguaggio grafico-narrativo. Arte iconica per antonomasia, casa prediletta della sintesi visuale, il fumetto - specie quello in bianco e nero - è il luogo prescelto in cui pochi, sapienti tratti di pennello o pennino possono riuscire a descrivere, a raccontare in modo efficace e suggestivo personaggi, scene, azioni. Sergio Algozzino è un disegnatore di talento e in Tutt'a un tratto, grazie alle sue competenze di fumettista e al suo vivace spirito d'osservazione, ci fornisce un pratico excursus su come fumettisti di ogni tempo, scuola e nazionalità hanno usato la linea per disegnare le loro storie. Un manuale per studenti, disegnatori, appassionati lettori, che con argomentazioni agili e sintetiche dice qualcosa di nuovo nel settore della saggistica italiana sul fumetto. ISBN 88-89613-06-8

9 788889 613061 >

Euro 12,50

ESTRODESTRO

Sergio Algozzino

Edizione italiana: Tunué, 2005 Copyright © Tunué info@tunue.com www.tunue.com In copertina: Illustrazione di Daniele Inchingoli Copyright © Daniele Inchingoli


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