Le donne nel cinema d’animazione

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Le donne nel cinema d’animazione A cura di Matilde Tortora Contributi di: Massimo Becattini – Paolo Di Girolamo Ursula Ferrara – Andrea Fontana – Gibba – Marcel Jean Yves Josso – Regina Pessoa – Julie Roy – Davide Tarò Nunziante Valoroso – Mario Verger

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Le donne nel cinema d’animazione A cura di Matilde Tortora Contributi di: Massimo Becattini – Paolo Di Girolamo Ursula Ferrara – Andrea Fontana – Gibba – Marcel Jean Yves Josso – Regina Pessoa – Julie Roy – Davide Tarò Nunziante Valoroso – Mario Verger

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dalle autrici di film d’animazione Regina Pessoa e Signe Baumane.



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Le donne nel cinema d’animazione A cura di Matilde Tortora

Contributi di Massimo Becattini – Paolo Di girolamo – Ursula Ferrara Andrea Fontana – gibba – Marcel Jean – Yves Josso Regina Pessoa – Julie Roy – Davide Tarò Nunziante Valoroso – Mario Verger

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I edizione: febbraio 2010 Copyright © Tunué Srl Via Bramante 32 04100 Latina – Italy www.tunue.com info@tunue.com Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi.

ISBN-13 gS1 978-88-89613-82-5 Supervisione scientifica e revisione traduzioni: Marco Pellitteri Revisione redazionale e controllo coerenza: Fabio Bartoli Progetto grafico: Daniele Inchingoli Illustrazioni di copertina: Regina Pessoa / Signe Baumane

© Regina Pessoa

© Signe Baumane

grafica di copertina: Tunué © Tunué Stampa e legatura: Arti grafiche Civerchia S.r.l. Via Pantanaccio 82/B 04100 Latina – Italy


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Indice

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Introduzione, di Matilde Tortora Una coppia fatta di coppie In principio era Lotte Sui sentieri aperti da Simona Un cinema d’animazione oltre le differenze I

Le donne e il cinema d’animazione in Canada Un cinema dell’intimità di Julie Roy I.1 L’influsso del femminismo I.2 L’uomo racconta, la donna si racconta

II Quattro rivelazioni sonore di Marcel Jean II.1 Un cinema più muto degli altri II.2 The Tender Tale of Cinderella Penguin, un divertente collage musicale II.3 Le chapeau, una trama musicale esemplare II.4 Conte de quartier, dal realismo al fantastico II.5 When the Day Breaks, un’estetica sonora del primissimo piano II.6 Dal silenzio originale al sonoro III Leontina (Mimma) Indelli di Yves Josso


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IV

Le donne e La Rosa di Bagdad di Massimo Becattini IV.1 La nascita di un’avventura IV.2 Fiorella Domeneghini, la Rosa di Milano IV.3 Le voci di La Rosa di Bagdad IV.4 Le altre donne di La Rosa di Bagdad IV.4.1 Carmelita Rocchi Bioletto IV.4.2 Carla Ruffinelli IV.4.3 Le ragazze di Bornato IV.5 I personaggi femminili di La Rosa di Bagdad Appendice I Appendice II (testi delle canzoni)

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Le donne? C’erano e in numero piuttosto consistente di Paolo Di Girolamo

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Donne nell’animazione di Gibba (Francesco Guido)

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VII Le donne nell’animazione italiana di Mario Verger VII.1 Le donne nell’animazione italiana dalle origini al dopoguerra VII.2 Le donne nell’animazione italiana dal boom economico in poi VII. 3 Le donne nell’animazione italiana del nuovo secolo

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VIII Me, Animation and Life di Regina Pessoa

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Alcuni inconsapevoli maestri della mia tutta speciale passione per il cinema di animazione di Ursula Ferrara


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X

Anime di donna. L’animazione giapponese e le sue protagoniste femminili di Andrea Fontana X.1 Donne e anime X.2 Nuove generazioni X.3 Così lontani, così vicini: altri ambiti professionali X.4 Conclusioni

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XI Keiko Nobumoto o della vita come sogno senza fine di Davide Tarò

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XII Le donne leggendarie di Walt di Nunziante Valoroso

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XIII Mary Blair: il tocco femminile dell’arte di Walt Disney di Nunziante Valoroso XIII.1 Dal Sud America a Saludos Amigos e I tre Caballeros XIII.2 Ancora quattro film a episodi XIII.3 Sfondi animati per attori veri: I racconti dello zio Tom e Tanto caro al mio cuore XIII.4 I grandi lungometraggi animati: Cenerentola, Alice nel Paese delle Meraviglie e Le avventure di Peter Pan XIII.5 gli ultimi lavori fino a It’s a Small World

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XIV Il viaggio fantastico di Oriana Quando la Fallaci incontrò Walt di Nunziante Valoroso

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Riferimenti bibliografici

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Note sugli autori


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LE DoNNE NEL CINEMA D’ANIMAZIoNE

Alla memoria di Simona Gesmundo


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Introduzione di Matilde Tortora

Questo libro, trattando di donne e cinema d’animazione, si occupa necessariamente di cinema d’animazione tout court di ieri, oggi e domani; parla di ardite e magnifiche sperimentazioni, di esiti grandiosi, permettendoci – ogni volta che si discute di «donne nel cinema d’animazione» – di riferirci direttamente al cinema d’animazione in generale. Quanto questo connubio sia presente fin dagli esordi del genere con esiti brillanti, qui lo si constaterà in più di un intervento; dal mio canto, vorrei cominciare col ricordare un’opera che non è degli inizi, Le mariage du Hibou di Caroline Leaf, che narra di una leggenda eskimo alla quale l’evanescenza della sabbia animata conferisce un’atmosfera sospesa e fuori del tempo. I disegni del film vennero realizzati da una artista esquimese Nanogar, con la quale Caroline Leaf passò molto tempo nell’isola di Holman, nella parte ovest dell’Artico. Si trattava di farle capire le possibilità e i limiti della sabbia animata, in modo che i suoi disegni potessero prender vita senza problemi. Anche i dialoghi e gli effetti sonori, con le tonalità ora aspre ora dolci della lingua esquimese, vennero registrati in un villaggio eskimo.2

Una coppia fatta di coppie Il riuscitissimo, ardito e bellissimo Le mariage du Hibou viene chiamato in causa per evidenziare subito come questo libro parli di coppie: oltre 1 2

Caroline Leaf, Le mariage du Hibou, 7’38”, Canada 1974. Alfio Bastianich, «La diversità nella libertà. L’animazione del National Film Board», in Bruno Di


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a quella principale menzionata in apertura, ci si riferisce anche a quelle di artisti, siano esse formate da due donne oppure da una donna e un uomo, a volte compagni non solo nel lavoro creativo ma anche nella vita; si pensi, per citarne solo alcune, a Ernest e gisèle Ansorge, Annette Tison e Talus Taylor – che durante i loro viaggi nel mondo hanno realizzato un enorme numero di disegni sulla natura confluiti nei loro lavori animati – John Halas e Joy Batchelor, Joan e Peter Foldes, Maria Lassnig Kantate e Hubert Sielecki, i produttori croati Helena e Zvonimir Bulaja. Nel 1930 Alexandre Alexeieff conosce Claire Parker, che diventa la sua compagna e inizia a lavorare con lui. Tre anni dopo presentano in una sala parigina il loro primo e originalissimo cortometraggio ispirato all’opera di Mussorgski, Une nuit sur le Mont Chauve (Una notte sul Monte Calvo, 8’). L’opera ottiene i giudizi più entusiasti e ad essa seguiranno negli anni una ventina di altre pellicole realizzate nella stessa maniera prima che la grande artista si spenga a Parigi il 9 agosto 1982. Questo libro parla sia delle coppie di lavoro più note, passate alla storia mondiale del cinema d’animazione, come Evelyn Lambart e Norman McLaren e Mary Blair e Walt Disney, sia di quelle nate dal connubio tra le grandi autrici e la loro stessa arte, capace di segnare la storia del cinema d’animazione a partire dalle origini e nei decenni a venire. Esso vuole inoltre rendere giustizia ad autrici per tantissimi anni ingiustamente dimenticate quali Wilma de Quiche,3 che mutò il suo cognome in Vilma de Kiss una volta stabilitasi in Francia, e Mimma Indelli, entrambe oggetto di un’esaustiva biografia redatta dal Centre National de la Cinématographie, che ha dedicato anche una rassegna ai loro film proiettati in una retrospettiva tenutasi alla Cinémathèque Française. Per quanto riguarda la Indelli, qui è riportato l’esaustivo testo che le ha dedicato Yves Josso, il suo mag-

Marino (a cura di), Animania. 100 anni di esperimenti nel cinema d’animazione, Milano, Il Castoro, 1988, p. 50. 3 Wilma de Quiche (Vilma de Kiss), di origine ungherese, cominciò la sua carriera lavorando per André Sarrut e Paul grimault. Iniziò nel 1936 con la collaborazione al primo progetto di grimault, Monsieur Pipe fait la peinture, per poi passare al film Phénomènes électriques, destinato all’Esposizione Internazionale delle Arti e Tecniche del 1937. Come animatrice partecipò nel 1938 anche a Le Messager de la lumière (Mazda, Lampes, 2’); come collaboratrice tecnica nel 1945 a Au pays de la fantaisie (13’); come sceneggiatrice a Cri-Cri, Ludo et l’orage (11’); come realizzatrice nel 1946 a Les enfants du ciel (10’), terminato poi da Antoine Payen. Si veda Jean-Baptiste garnero, «Wilma de Qui-


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giore studioso, il quale ebbe anche la fortuna di conoscerla personalmente e raccoglierne le testimonianze.4 Questo libro parla anche di donne sole capaci di farsi largo in un grande ambito per lo più maschile, tra cui Nina Shorina, descritta da Jayne Pilling «come l’unica donna animatrice dell’ex Unione Sovietica creatrice di un sostanzioso corpo di opere, che la annovera tra i pregevoli nomi (maschili) nell’animazione sovietica»,5 al cui sviluppo hanno contribuito fuor di ogni dubbio molte altre donne dell’epoca, occupando però mansioni non autoriali. Tra di esse a volte sono annoverate donne capaci di dire Bugie grosse così (1975, 13’), come recita il titolo della favola ambientata agli inizi dell’ottocento dall’artista ungherese Kati Macskassy, divisa in cinque episodi nei quali l’autrice utilizza lo stile di diversi pittori naïf ungheresi. Per la Macskassy vale lo stesso discorso della Shorina, sola in un ambiente maschile in cui le donne all’epoca rivestivano quasi sempre la funzione di gregarie. A cominciare dalle pioniere. In principio era Lotte Riguardo una di esse, Lotte Reiniger (1899-1981), scrive Rondolino: Nel 1919 la Reiniger si costruisce la prima attrezzatura tecnica per la realizzazione di film di silhouettes, un apparecchio piuttosto elementare che consentiva l’animazione delle figure di cartone ritagliato senza particolari effetti scenografici. Fu con questa attrezzatura che girò i suoi primi film del 191922, opere in gran parte sperimentali […] in cui alla cura estrema per i particolari formali, al tenue ma genuino lirismo della composizione narrativa si uniscono una precisione tecnica e un gusto per la rifinitura del prodotto.6 che (Vilma de Kiss)», in Jacques Kermabon (a cura di), Du praxinoscope au cellulo. Un demi-siècle de cinéma d’animation en France (1892-1948), con la collaborazione di Jean-Baptiste garnero, Paris, CNC, 2007, p. 257. 4 Yves Josso, «Mimma (Léontina) Indelli», in J. Kermabon (a c. di), op. cit., pp. 284-85. 5 Jayne Pilling, Women & Animation: A Compendium, London, British Film Institute, 1992, pag.103; cit. anche in Animation World Magazine, vol. 4, n. 8, novembre 1999, p. 12. 6 gianni Rondolino, Introduzione, in Alfio Bastiancich (a cura di), Lotte Reiniger, Torino, Assemblea Teatro – Compagnia del Bagatto, 1982, p. 6.


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Di grandissimo interesse riguardo la sua figura è il libro di Eric Woller White Walking Shadows: An Essay on Lotte Reiniger’s Silhouette Films,7 trascrizione di una lettura tenuta dall’autore l’anno prima alla Newport Film Society. Die Abenteuer des Prinzen Achmed della Reiniger è il primo lungometraggio nella storia del cinema che utilizza le silhouettes, le «ombre cinesi», figure semimobili ritagliate su cartoncino di solito nero e illuminate da sotto. Il film richiese tre anni di lavoro dal 1923 al 1926, 300 mila fotogrammi e un notevole finanziamento offerto da un banchiere, il giovane Louis Hagen. Sempre per Rondolino esso rispecchiava molto bene non soltanto la natura lirica e fantastica del testo letterario di partenza, trasferito in immagini raffinate, d’un gusto figurativo elegante, ma anche le possibilità espressive d’un mezzo che consentiva, a differenza del normale disegno animato, delle soluzioni narrative e spettacolari originali.8

Tali considerazioni lo portano a concludere che «non v’è dubbio che il cinema di Lotte Reiniger occupa un posto di rilievo nella storia del cinema d’animazione mondiale, ed anche per i suoi caratteri originali e per il successo di critica e di pubblico cha ha avuto, nella storia del cinema tout court». La presidente dell’ASIFA Sayoko Kinoshita, autrice e produttrice di film animati,9 ha scritto in un editoriale del 2009 sulla rivista dell’associazione: Che felicità applicare con talento una tecnica che anima l’inanimato, essere un artista sciamano che può fare apparire una luce in fondo al tunnel per altri! Dal canto mio, ho il grande piacere di lavorare allo sviluppo di questa arte molto speciale che è l’animazione in seno a una collettività che rispet7 Eric Woller White, Walking Shadows: An Essays on Lotte Reiniger’s Silhouette Films, London, Virginia and Leonard Woolf – Hogarth Press, 1931. 8 g. Rondolino, op. cit., p. 7. 9 La Kinoshita è anche presidente dell’ASIFA giapponese, dell’International Animation Library (IAL), dello Studio Lotus, Inc., ed è stata visiting professor presso la osaka University of Arts. È inoltre direttrice dell’Hiroshima International Animation Festival, il primo festival competitivo di animazione in Asia da lei prodotto e fondato nel 1985.


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ta la ricchezza del cuore, dell’anima e dell’ingegno, piuttosto che la semplice prosperità materiale.10

Sono passati parecchi decenni, direi senza indugio un secolo, tra questa frase scritta di recente dalla Kinoshita e il 1911, anno in cui la Reiniger ritagliò la sua prima ombra all’età di dodici anni dandole il titolo Das tapfere Schneiderlein versucht Mus,11 che per la sua audacia messa subito in pratica, la sua ironia nei riguardi del presuntuoso mondo maschile e la sua preveggenza, ci piace assumere a emblema di questo libro, scritto da valentissimi studiosi di animazione italiani e stranieri e da grandissime autrici di animazione riconosciute a livello internazionale quali Regina Pessoa (Portogallo), Ursula Ferrara (Italia) e Signe Baumane (Lettonia/USA). Sui sentieri aperti da Simona Un libro, questo, che ci fa proseguire in quei Viaggi nell’animazione12 intrapresi su spunto di Simona gesmundo,13 giovane studiosa d’intelligenza artificiale applicata al cinema che purtroppo non è più tra noi, ma Sayoko Kinoshita, in ASIFA Magazine, vol. 22, n. 1, estate 2009. Traducibile letteralmente come ‘Il giovane sarto coraggioso prova la purea di frutta’, ma noto in italiano, per lo più, come ‘Il piccolo sarto coraggioso assaggia la marmellata’. La storia è tratta da una fiaba dei fratelli grimm, Das tapfere Schneiderlein. 12 Matilde Tortora (a cura di), Viaggi nell’animazione. Da Émile Reynaud a Second Life, Latina, Tunué, 2008. 13 Simona gesmundo (Napoli 1976-2005), studiosa di intelligenza artificiale applicata al cinema, è venuta a mancare nel 2005 non avendo ancora compiuto 29 anni. È autrice del saggio, pubblicazione postuma della sua tesi di laurea, Molloy: dall’intelligenza artificiale al cinema, edito nel 2005 e premiato come «Migliore libro per il cinema» alla LX edizione dell’International Film Festival di Salerno. Molloy, l’agente pedagogico da lei creato con un programma di IA, è anche protagonista di corti d’animazione indipendenti. Un altro suo progetto è stato selezionato nel 2007 al «Pitch-Me! Pierluigi De Mas», XI edizione di Cartoons on the Bay. Sempre nello stesso anno un altro suo libro, Molloy da attraversare, è stato pubblicato postumo dalle edizioni PulcinoElefante. Nel 2005 si è costituita l’associazione che porta il suo nome e l’anno seguente è stato bandito il «Premio Simona gesmundo Corti d’animazione» (realizzato dall’associazione con il supporto, fin da subito, del laboratorio sperimentale g. Losardo di Cetraro), assegnato da una giuria internazionale, tra i cui illustri membri vi è Robert Kalman, membro del Comitato Esecutivo dell’UNESCo (Premiosimonagesmundo.com). Il NapoliFilmFestival tra l’altro annovera la Sezione «I corti del “Premio Simona gesmundo”». Nel 2008 il Comune di Napoli ha decretato l’attribuzione del suo nome alla scuola materna di via Aquileia e il 21 aprile 2009 il Presidente della Repubblica giorgio Napolitano ha decretato l’attribuzione della Medaglia d’oro alla memoria di Simona gesmundo, benemerita della Cultura. 10 11


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che grazie alla sua passione e al suo impegno ci ha trasmesso il desiderio di affrontare il tema «donne nel cinema d’animazione». Non perché abbiamo mai lontanamente creduto, né noi né Simona, a tali differenze di genere nell’arte, quanto piuttosto per proseguire nei nostri già richiamati itinerari e farlo con alcune protagoniste del nostro fecondo presente. A partire – è ovvio – dalle pioniere, con alcuni excursus storici demandati a grandi specialisti di varie nazioni, delle varie epoche e delle varie cinematografie, fino ad affacciarci sul presente, con uno sguardo sul futuro che vede già all’opera le artiste che hanno contribuito a questo volume. Esso si avvale anche della preziosa testimonianza di due grandi padri storici dell’animazione italiana, gibba (Francesco guido) e Paolo Di girolamo, i quali con generosità ci hanno aperto i loro archivi, consentendo di ricordare a noi e al lettore le compagne con cui hanno condiviso a vario titolo il loro lavoro in questo campo: le inchiostatrici, le coloritrici, le scompositrici, le caporeparto, le sceneggiatrici, le animatrici e le registe che con loro hanno lavorato a film che sono parte ormai della storia dell’animazione, oltre che ai Carosello e alle sigle animate per il cinema e la televisione. Dal Canada due autorevoli studiosi, Marcel Jean e Julie Roy, ci hanno fatto dono di loro importanti scritti e, fatto meritevole di speciale menzione, il National Film Board canadese ci ha fornito le foto di grandi autrici e immagini dei loro film. Importanti immagini, di cui alcune inedite, ci sono pervenute anche dall’Archivio della famiglia Indelli/de Roubaix, grazie a Patricia de Roubaix, nipote di Mimma Indelli. Massimo Becattini, col suo saggio su La rosa di Bagdad, di cui rivela interessanti retroscena, e Mario Verger, egli stesso un autore di film d’animazione, ripercorrono la storia delle donne impegnate nell’animazione italiana e le commistioni frequenti tra arte, sperimentazione e cinema d’animazione; Andrea Fontana e Davide Tarò tracciano per la prima volta un quadro introduttivo alle animatrici giapponesi; Nunziante Valoroso convoglia in questa sede una panoramica delle donne che hanno contribuito a fare grandi i film di Walt Disney, in cui è inclusa la giornalista e scrittrice oriana Fallaci, la quale rese in un’intervista un appassionato omaggio al maestro americano e al cinema d’animazione in generale.


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Un cinema d’animazione oltre le differenze oggi in tutto il mondo moltissime donne operano nel cinema d’animazione distinguendosi per ingegno, originalità di temi, esiti d’arte e poesia, autorialità e invenzioni stilistiche, in numero decisamente più ampio rispetto all’esiguo numero delle «pioniere» del genere e alle grandi autrici nei molti decenni a seguire e anche rispetto alle molte donne che da sempre sono state occupate nell’animazione in ruoli per lo più subordinati come inchiostratrici, coloritrici ecc. Inoltre ci sono donne che ricoprono ruoli di primo piano anche nel campo delle produzioni di film d’animazione, di serie televisive e nella direzione di importanti scuole d’animazione. Ed è proprio per questo che non ci interessa soffermarci sulle «differenze», quanto piuttosto essere presenti anche come «storiche» in questa nostra epoca così colma di accadimenti, così feconda di splendidi passati e splendidi futuri annunciati nel cinema d’animazione. È gerardo Sasso in Tempo evento divenire14 ad affrontare il senso dell’essere e del rapporto con l’esperienza dove, posto l’assunto che «l’essere è le differenze»15 e viceversa, afferma con Parmenide che «le differenze non sono che nomi, perché non si dà che l’essere»; proprio quanto affermato in apertura riguardo il grande percorso storico del cinema d’animazione. Non è quindi un caso che tre grandi conclamate autrici dell’animazione mondiale, Regina Pessoa (Portogallo), Ursula Ferrara (Italia) e Signe Baumane (Lettonia/USA), abbiano per questo libro disegnato delle opere originali che vedono la luce nella doppia copertina, dandole un enorme valore aggiunto, e che al centro (o «cuore» che dir si voglia) di esso si collochino il racconto per immagini fatto da Ursula Ferrara su Alcuni inconsapevoli maestri della mia tutta speciale passione per il cinema di animazione (un incanto di petite histoire, di ironia, di disegni, di colori, di arte) e il racconto di Regina Pessoa Me, Animation and Life, un testo luminoso, intenso, necessario e bellissimo come i suoi film animati.

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gerardo Sasso, Tempo evento divenire, Bologna, Il Mulino, 1996. Ivi, p. 21.


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VII. Le donne nell’animazione italiana di Mario Verger

VII.1 Le donne nell’animazione italiana dalle origini al dopoguerra Fra i pionieri dell’animazione tout court troviamo proprio un’italiana, che visse e operò a Parigi, Leontina (Mimma) Indelli, la quale fu tra le prime a essere autrice di un film d’animazione e di diversi altri disegni per l’animazione (cfr. il Capitolo III). Altra personalità formatasi in quegli anni è Luciana Pensuti, figlia del grande pioniere italiano Luigi Liberio Pensuti nonché moglie di un maestro del fumetto italiano quale Vittorio Cossio. Nonostante la regia di importanti filmati in animazione alla fine del secondo dopoguerra, ella iniziò giovanissima come doppiatrice presso gli studi della Metrogoldwyn-Mayer, prestando la voce alla farfalla de La vispa Teresa (1931), il cortometraggio animato che suo padre concepì insieme al celebre poeta romanesco Trilussa, conosciuto già dai Pensuti nei loro atelier durante il soggiorno a Civita Castellana del 1928. Infatti, Pensuti e Trilussa, fieri della loro opera, dopo aver avuto già sensibili consensi dalla critica, decisero di presentare La vispa Teresa al Ministero della Cultura. All’epoca Trilussa era già sulla lista nera del fascismo, poiché si era rifiutato di sottostare alla dittatura che lo voleva «poeta del regime» e Pensuti, che aveva aggiunto sulla carta intestata al suo nome di battesimo, Luigi, quello di Liberio, in seno al suo spirito liberale ed anarchico, non trovarono grandi riscontri. Infatti, dopo aver visionato il film, il Minculpop (Ministero della cultura popolare) scatenò la fine del mondo giudicando La vispa Teresa osceno e nocivo alla «sacralità della famiglia» e, inoltre, stabilì che il testo altro non era


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che un invito alla prostituzione, tanto che anche i precedenti film di TrilussaPensuti furono ritirati dalla distribuzione cinematografica e distrutti.1

Vale la pena ricordare, sempre di Pensuti, la sua validissima collaboratrice Emy Minucci la quale, insieme all’architetto gino Anania e talvolta al più noto Ugo Amadoro, partecipò dal 1938 come scompositrice a diversi cortometraggi didattici e scientifici. Fra questi si possono ricordare i filmati commissionati da Mussolini sulla campagna antitubercolosi. Nel 1942 a Roma, in pieno periodo bellico, in onore a Maccus – nel quale molti vi hanno visto il progenitore della nota maschera partenopea – venne fondata la Macco Film, diretta dal pittore umorista Luigi giobbe e dai due fratelli Carlo e Vittorio Cossio, per la realizzazione di una serie di corti su Pulcinella. Il soggetto originale era di giobbe coi disegni preparatori dei fratelli Cossio; la base era di gianluigi Bignozzi (detto Ciambi) e la sceneggiatura di Isabella Coletta, prima donna a firmarne una. I due filmati realizzati, precisamente i cortometraggi Pulcinella nel bosco e Pulcinella e il temporale, furono ripresi dalla stessa Luciana Pensuti. Alla Macco c’era anche un’animatrice scompositrice, Tris (Beatrice) Dattari, la quale dopo la guerra cambiò occupazione. Nello staff romano si aggiunse il ligure gibba, grande pioniere dell’animazione italiana allora agli esordi, il quale, tornando ad Alassio per la realizzazione del primo documentario animato del dopoguerra, L’ultimo sciuscià (1946), un gioiello della cinematografia a passo uno, ebbe fra i suoi collaboratori anche la pittrice Maria Schiavon. Vicino a Milano, dove sorgeva a Bornato la Città del Cartoon IMA Film capitanata dal Commendator Anton gino Domeneghini, per la travagliata realizzazione di La Rosa di Bagdad (1949) – un grande capolavoro animato – notevole importanza la ricoprì Carla Ruffinelli (cfr. il Paragrafo IV.4.2), le cui illustrazioni di fiabe furono tradotte un ventennio dopo in mezzo mondo. Luciana Pensuti, forte dell’esperienza dei filmati scientifici e didattici realizzati dal padre un ventennio addietro per la Cineteca Scolastica 1 Mario Verger, «Luigi Liberio Pensuti, Pioniere del Cartone Animato Italiano», Cinemino, 2006, Cinemino.info/?p=4164.


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dell’Istituto Luce, nel secondo dopoguerra realizzò da sola due cortometraggi quali La Fissione Atomica e L’Atomo. Successivamente codiresse assieme al marito Vittorio il mediometraggio L’acciarino magico (1958), il quale, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ottenne il premio per l’animazione (cfr. il Capitolo VI). VII.2 Le donne nell’animazione italiana dal boom economico in poi Se nei decenni precedenti v’era stata soltanto Mimma Indelli come unica rappresentante del cinema disegnato in Italia, con altre animatrici impiegate nei ruoli secondari, dagli anni Sessanta in poi avrebbe avuto luogo l’inizio dello sviluppo della componente femminile all’interno del settore animazione. Ciò ebbe conferma nei maggiori centri di produzione di film d’animazione in Italia: Milano, Firenze e Roma. Terminato il difficile dopoguerra, diverse case di produzione misero su interi reparti di inchiostratura e coloritura di celluloidi. A Roma il professor Ezio gagliardo, titolare della Corona Cinematografica, già attivo dalla fine degli anni Quaranta nel campo del documentario per i Premi governativi, dopo i primi quattro cortometraggi del 1958 diretti da Ansano giannarelli impiantò negli uffici Corona di Via delle Alpi un vero reparto animazione, diretto da gibba, per procedere a un primo mediometraggio a tecnica mista, Centomila leghe nello spazio (1960), con protagonista – nei brani dal vero – il giovane Roberto Chevalier; questo filmato diede inizio a una serie ininterrotta di documentari in animazione della gloriosa casa di produzione italiana. Nel neonato staff Corona venne affiancato un reparto colore diretto da Fausta D’Eufemia con altre collaboratrici, fra lucidatura e coloritura rhodoid, le quali il più delle volte si alternarono fra gli stabilimenti gagliardo e le sedi INCoM. Fra queste non si possono tacere i nomi di gianna Foschi, Rita Ciucci e Franca Brachini. A Milano, invece, l’industriale Robero gavioli mise su una piccola Hollywood del disegno animato. già attivo dal secondo dopoguerra assieme al fratello gino, presentò il mediometraggio La pentola miracolosa, con al fianco una giovanissima Bambina Jeri galimberti, promos-


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Da destra: Bambina Jeri galimberti, Rita Pavone, Teddy Reno, Roberto gavioli. © gamma Film.

sa in seguito caporeparto lucidatura e colore, passando prima per La lunga calza verde (cfr. il Capitolo V) nonché per l’impegnativo lungometraggio della gamma Film, Putiferio va alla guerra (1968). Il reparto INCoM di Roma, che si occupò dai primi anni Sessanta di alcuni cortometraggi a soggetto nonché delle committenze milanesi di Carosello per la realizzazione settimanale dei vari Tic-Tac e intermezzi con gli episodi di Ulisse e l’ombra sempre per la gamma Film, venne affidato da Pallavicini al capostipite italiano di Monte olimpino: osvaldo Piccardo (fratello di Marcello, autore con Bruno Munari negli stessi anni di importanti film sperimentali e astratti), già attivo a Milano negli anni Trenta con Biraghi e in seguito alla Milion Film coi due fratelli Cossio. Al reparto animazione INCoM venne organizzato al più presto un sussidiario reparto colore, diretto da Elena Boccato, la quale dopo una lunga relazione sentimentale col caporeparto animazione Corona Francesco guido alias gibba, lo avrebbe sposato molti anni dopo. Sempre alla INCoM, sotto la direzione della Boccato troviamo operanti diverse coloritrici, oltre ad alcune provenienti dall’esperienza coi gagliardo, quali


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Luciana Arca – che sposò l’operatore Aldo Mafera – Adonella De Rossi, Francesca Bolic e le sorelle Bassotti, Rita e Sandra; come troviamo ancora Licia gildezza, sorella di Elena Boccato e futura moglie del bravissimo animatore della Bozzetto Film Fabio Pacifico, nonché in seguito cognata di gibba. È da ricordare anche Eva La Rocca, moglie di Piccardo e sorella dell’importante direttore della fotografia Memmo la Rocca, la quale realizzò diversi studi animati fra i quali Big Bang, un interessantissimo progetto in animazione pubblicato un decennio fa e corredato da diverse illustrazioni originali dell’autrice. Sempre a Milano non si può tacere il nome di Margherita Saccaro, la quale contribuì ai filmati sperimentali del veterano giulio Cingoli per il trailer animato di Giulietta degli spiriti di Federico Fellini e del successivo Fellini Satyricon. A Firenze, nella seconda metà degli anni Sessanta, il grande animatore italiano giuliano Cenci – talento di levatura internazionale – aiutato dal fratello Renzo, mise su la Cartoons Cinematografica Italiana. Dopo aver realizzato nel decennio precedente le primissime pubblicità per Carosello, ideando l’abbinamento tra prodotto da reclamizzare e disegno animato alla base del più famoso programma della TV del nostro paese, tramite il celebre personaggio radiotelevisivo Corrado poté trovare i soci finanziatori per realizzare un kolossal della storia dell’animazione italiana che non ha veramente precedenti nella storia del cinema, il primo lungometraggio animato fedele al testo di Collodi, Un burattino di nome Pinocchio (1971) – uscito in seguito in tutto il mondo come The Adventures of Pinocchio nella versione americana e in quella spagnola come Las Fantasias de Pinocho. Il Pinocchio di Cenci, un classico dell’animazione italiana del XX secolo – un lungometraggio in full animation di straordinaria qualità tecnica e artistica che si avvale della consulenza dei nipoti di Collodi, Mario e Antonio Lorenzini – fu doppiato dai più importanti attori/doppiatori dell’epoca, diretti da Lauro gazzolo nello studio di Riccardo Paladini, con la partecipazione, come narratore, di Renato Rascel. La lavorazione fu lunga e travagliata: furono impiegati tre anni per la progettazione e quattro per la lavorazione effettiva. Cenci fu il primo a mettere le donne alla pari degli uomini, togliendo quei ruoli decisamente noiosi e subalterni che fino allora le avevano re-


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legate alle coloriture, integrandole a pieno titolo in diverse e importanti mansioni professionali. All’interno dello studio, con una cinquantina e oltre di tecnici, vi era un apposito dipartimento coloritura, diretto dalla moglie (anch’ella animatrice), Albertina Rainieri Cenci. Il fratello Renzo fece da direttore della fotografia, ideando inoltre numerosi e innovativi effetti speciali, mentre come operatore alla macchina troviamo il figlio Alessandro, a sua volta affiancato da una giovanissima Mara Agliata. Fra le donne si trovavano alla supervisione ai costumi Rosanna Androni e, come segretaria di produzione, Margherita Dini Fanetti. La stessa Tina Cenci era nel gruppo fra le anigiuliano e Albertina Cenci. © Cartoons Cinematografica matrici-intercalatici e coloriItaliana. trici oltre a Valeria Pronti, Rossella Del Turco, Rosaria Palazzolo, Anna gianni, Fernanda giomi, Fiorenza Margherini, Lina Cherubini, Laura Foschi, Pia Lizzadro. Terminato il lungometraggio alcune di esse furono presenti nell’atelier fiorentino dello Studio 4 di Italo Marazzi, uno degli animatori principali del film, mentre altre lavorarono nello Studio Misseri, sempre a Firenze, specializzato nell’animazione in plastilina. Torniamo alla metà degli anni Sessanta a Roma. La Corona Cinematografica, che per prima istituì un reparto animazione e coloritura anticipando la INCoM, trovandosi a realizzare documentari animati per i


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Premi governativi, fece emergere in qualità di registe diverse donne, spesso mogli di autori che già avevano realizzato cortometraggi animati. Ad esempio è da ricordare Maria grazia Hay, moglie di Manfredo Manfredi, la quale realizzò per conto dei fratelli gagliardo due cortometraggi quali Homo Rosa Foschi Patella, Ma Femme, 1969, © Corona Sapiens (1966) – una satira del- Cinematografica. la civiltà odierna vista attraverso la folla, continuamente preda delle varie sollecitazioni – e il successivo La costola di Adamo (1969), in cui propone una rapida cavalcata attraverso i tempi con l’ossessione dell’uomo per la donna, la quale, fino ai giorni nostri, prorompe sotto forme e significati diversi da ogni aspetto della civiltà moderna. Altra importante personalità femminile della Corona è Rosa Foschi, moglie dell’artista Luca Patella, la quale già aveva partecipato ai film del marito e che contribuì attivamente alla realizzazione del primo, Littera Antiqua, in cui scorrono episodi di vita medievale attraverso uno stile lineare e colto, come anche al successivo e più complesso Vedo, Vado!, un’elegantissima sperimentazione. Rosa Foschi Patella firmò in proprio, nel 1969, Amour du cinéma, un’intelligente parodia animata ispirata al vecchio cinema, descrivendo con interventi surrealisti la moda dell’epoca sino a quella attuale. Sempre nello stesso anno l’artista urbinate portò a termine Ma Femme, appassionato omaggio di un uomo verso la propria donna, il quale vede in lei la vita. Produzione seguita dal successivo Il bosco magico, pellicola caratterizzata da sovrimpressioni di luci e ritagli a découpage. Del 1971 è invece L’amore di Don Perlimplino con Belisa nel giardino, la storia di un nobile spagnolo che sposa una giovane donzella attraverso una rappresentazione i cui fili sono mossi da un certo Federico Fellini, omonimo del grande regista. Ma il lavoro più riuscito della Foschi resta probabilmente Amore e Psiche (1978), di cui opera una rilettura in


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chiave femminista corroborata dal testo tratto dalle quartine di omar Khayyam, oggi di difficile visibilità e conservato come gli altri nel Fondo Corona, presso gli archivi cinematografici della Cineteca di Bologna, diretta da gianluca Farinelli. Sempre alla Corona passò alla prima metà degli anni Settanta Claudia Cossio, figlia di Vittorio Cossio e Luciana Pensuti. Praticamente autodidatta ma forte dell’esperienza familiare, la Cossio realizzò per i gagliardo un unico cortometraggio animato, Fantasnaso (1973), ricco di interessanti risvolti sociali, descrivendo l’impossibile convivenza in un pianeta deserto tra fantastici personaggi extraterrestri. Ancora alla stessa casa di produzione arrivò gianna gelmetti, il cui cugino Vittorio vi prestava già assistenza come consulente alle musiche documentaristiche. Nel 1975 propose uno storyboard per una fiaba da realizzare assieme a Lorenzo Taiuti, che stava allora collaborando come regista di cortometraggi; tale fiaba doveva essere inserita nel progetto delle Favole Europee, la serie che coinvolgeva gran parte dei paesi membri e che poi non andò in porto vista la triste dipartita del suo promotore, Ezio gagliardo. La gelmetti però aveva già realizzato nel 1973, grazie al produttore Alberto Chimenz, dei corti sul tema dell’educazione stradale per conto dell’Istituto Luce. Essi sono caratterizzati da notevole ingegno tecnico e si avvalgono di un design grafico in voga in quegli anni, con notevoli richiami all’arte contemporanea dal sapore vagamente hippy. La gelmetti, attiva soprattutto come scenografa e costumista teatrale, è tornata recentemente all’animazione con il digitale, ideando nuove sperimentazioni tecniche e artistiche. A Milano invece, attraverso la formazione dell’ISCA (Istituto per lo Studio e la Diffusione del Cinema d’Animazione), capitanato dallo studioso e critico cinematografico Massimo Maisetti, con accanto – non dimentichiamolo ancora una volta – una donna, giusy Quarenghi, che un tempo si occupava di critica e organizzazione mentre oggi è affermata scrittrice, si mise in rilievo la studiosa Annette Heidenreich, la quale diede vita a un interessante cortometraggio sperimentale intitolato Man and Phon (1972). Non sono da scordare le sperimentazioni in plastilina, soprattutto per Carosello, della scultrice Fusako Yusaki, una giapponese naturalizzata


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italiana. La sua vastissima opera è ben conosciuta, ma non lo è altrettanto un servizio ugualmente degno di nota del Luce, che riporta l’animatrice nipponica al lavoro con una cinepresa 35 mm a scatto singolo, dal titolo (ahinoi!) Le origini del cinema di animazione (1971), segnalatomi da un superappassionato e grande competente di cinema d’animazione, il professor Rosario Scollo. Sempre fra le singole animatrici bisogna citare il nome di Pia Lizzadro, la quale, forte dell’esperienza iniziale dai Cenci e in seguito da Misseri, ha recentemente realizzato diversi interessanti filmati in plastilina animata, come ad esempio, per la casa di produzione milanese, lo short promozionale Post Office Reloaded, animato in sabbia a passo uno; Baciapile, degli Apeiron – oggi Esterina – risuonato e remixato, è il brano della compilation che funziona maggiormente, il cui video, girato da Swan (regista di numerosi clip di Vasco Rossi), è stato scelto agli inizi del 2007 da MTV come video brand new alternative. Bisogna senz’altro aggiungere il nome di grazia Nidasio, che oltre ad aver preso parte negli anni ottanta a storici spot del Mulino Bianco realizzati da Cavazzuti & Fuzellier, ideò il personaggio della Stefy, apparso per molti anni sul Corriere dei Piccoli e oggi protagonista di una serie animata. VII. 3 Le donne nell’animazione italiana del nuovo secolo Ultimamente, con lo sviluppo del digitale e l’inevitabile sostituzione della tecnica tradizionale, diverse animatrici-registe hanno potuto più facilmente emergere, portando a termine film personali o d’autore (d’autrice). Soprattutto la generazione più recente ha direttamente appreso la tecnica video, realizzando numerosi filmati molto definiti sul piano tecnico anche se a scapito – va sottolineato – di una certa artigianalità propria del 35 mm. È doveroso mettere in testa fra tutte Elena Cenci, figlia di giuliano e Albertina, la quale, formatasi dapprima nello studio familiare della grafilmars, si occupò, appena ragazza, delle animazioni di Grisù il draghetto per i Pagot e di tantissime altre serie, curando fra l’altro con il


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Elena Cenci, Uomini Soli, 1993. © Elena Cenci.

padre soggetto e sceneggiatura di La notte dei desideri, tratto dal romanzo di Michael Ende. L’opera che più la rappresenta è il videoclip Uomini Soli (1993), tratto dalla canzone dei Pooh vincitrice al Festival di Sanremo, realizzato in giovanissima età e rigorosamente in 35 mm, nel quale compaiono i personaggi del famoso complesso musicale toscano, resi con incredibile realismo nei movimenti e accompagnati da un simpatico e dolce coro di animaletti del bosco. Sul versante femminile d’autore, invece, la prima a segnalarsi è stata Ursula Ferrara, la quale ha all’attivo oltre vent’anni di produzioni di alto livello. La sua carriera iniziò per caso nel 1984, complice l’incontro a Parigi con la mostra Portrait d’un studio d’animation, che presentava il lavoro del National Film Board of Canada. Ispirandosi a Viviane Elnécavé (cfr. il Paragrafo I.2) alle prese con il suo film Luna, Luna, Luna, l’autrice toscana iniziò a lavorare a Lucidi folli (1986), un’espressione lineare ma decisa, dal sapore risalente alle prime


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Ursula Ferrara, Lucidi folli, 1986. © Ursula Ferrara.

sperimentazioni di Émile Cohl (cfr. il Capitolo III) con richiami al Liberty. Nei successivi Congiuntivo futuro (1988) e Amore asimmetrico (1990) sono maggiormente evidenziate la ricerca stilistica di tipo espressionista, specialmente nel secondo, in cui l’autrice evidenzia l’eros fra due esseri umani; il tutto realizzato a lapis su carta, con continue modificazioni nello stile, in cui risultano evidenti le influenze dell’arte visiva contemporanea, da Picasso al Cubismo. Seguono Come persone (1995), Quasi niente (1997), Cinque stanze (1999), La partita (2002) e News (2006). Dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, sotto la guida di giulio gianini sono uscite in questi ultimi due decenni diverse autrici. Preferisco citarle in ordine anche per un fatto stilistico, dal momento che le ultime generazioni, essendo passate al digitale, hanno modificato il taglio cinematografico modernizzando il linguaggio espressivo. Fra queste, Francesca Ravello De Santi, ancora allieva di Pino Zac, portò a termine diversi interessanti filmati, tra cui vanno ricordati Ferrocarrillo, realizzato sotto la guida di giulio gianini ed Emanuele Luzzati e Parigi 900, do-


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Francesca Ravello De Santi, Tanze vor Angst, 1989. © Francesca Ravello de Santi.

cumentario in animazione prodotto dalla RAI sulle avanguardie parigine del primo Novecento. A quest’ultimo fa seguito l’eccezionale Tanze vor Angst (1989), realizzato in collaborazione col musicista Roy Zimmerman e che prende spunto da un quadro di Paul Klee, giungendo ad un perfetto sincronismo fra musica e immagine nonché ad atmosfere artistiche assai garbate ed estetiche. Cartanimontologia (1995) è invece un omaggio all’opera di Luigi ontani e usa diverse tecniche eterogenee, similmente ad Andando Controvento (1995), prodotto dalla galleria Toselli di Milano e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Il film, che si avvale delle musiche di Franco Battiato, è dedicato all’opera di Carla Accardi, la quale ha collaborato alla sua stesura. Antonella Abbatiello, dopo esser stata anche assistente di gianini, si è messa in rilievo con il film realizzato a découpage Magic Circus (1989), al quale ha fatto seguito Icaro (1990), dove sono evidenti le influenze del cinema di gianini e Luzzati nonché la sua esperienza avuta anni prima con Toti Scialoja.


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Paola Piozzi, A Walk in the Park, 1995. © Paola Piozzi.

Negli anni Novanta troviamo Paola Piozzi, la quale, dopo esser stata assistente all’animazione del film di giulio gianini La casa dei suoni per la parte dell’opera in cui è presente questa tecnica, ha portato a termine Viktor (1992), film diploma per il Festival di Stoccarda; poi è stata la volta di Una giornata in campagna (1996), realizzato a quattro mani con gisella Penazzi – un’altra allieva del Centro, dotata di una formidabile mano e di un segno quasi «maschile». A questo cortometraggio è seguito A Walk in the Park, un film estremamente raffinato, pieno d’atmosfere dal tratto spesso accennato e dalle tonalità acquerellate. Prodotto dai belgi e doppiato in inglese, è stato presentato in Canada nella cineteca di Montréal. La Piozzi si è poi trasferita all’estero e ha lavorato con molte importanti produzioni, tra cui il seguito di Kirikù e la strega Karabà (1999) di Michel ocelot, cioè Kirikù e le bestie selvagge (2005), insegnando inoltre cinema d’animazione in Belgio, germania, Taiwan e perfino in Burkina Faso, prima di tornare in questi ultimi anni in Italia. Verso la fine degli anni Novanta dal Centro Sperimentale è uscita Luisa Nisco, che come saggio finale di diploma ha portato a termine Fi-


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nis Terrae (1996), uno splendido cortometraggio evocativo fatto di ricordi e di evanescenze, attraverso l’ausilio di diverse tecniche: la pittura a fasi, modificata nel movimento con le dissolvenze incrociate e gli effetti di silhouette azzurre realizzate con un lieve strato di plastilina in bassorilievo. Scenografa e costumista, ha anche modo in seguito di collaborare con lo Studio Misseri. Discorso simile nel tema, ma diverso nei contenuti, è quello affrontato dall’urbinate Annalisa Corsi nel suo Il vascello fantasma (1997), realizzato anch’esso come saggio finale e selezionato nei più importanti festival del cinema d’animazione internazionali; opera, questa, ricca di colori caldi e violenti, senz’altro con richiami agli espressionisti tedeschi e accenni alla pittura olandese e fiamminga, con senso di pathos nei toni e nella miscelatura dei colori. In seguito, proseguendo come poche l’attività, ha realizzato gli inserti in animazione per L’ora di religione di Marco Bellocchio, suo professore al Centro Sperimentale; per il film di Livia giampalmo State zitti per favore, con giovanna Mezzogiorno; e, fra gli altri lavori, per il documentario diretto da Mario Sesti e Matteo Cerami La voce di Pasolini. Chiusa la sezione del Centro Sperimentale a Roma, a Torino (precisamente a Chieri) è stato aperto il Dipartimento d’Animazione della Scuola Nazionale di Cinema coordinato da Chiara Magri, studiosa di enorme competenza sul linguaggio del cinema disegnato e grande organizzatrice. Ella ha apportato notevoli miglioramenti, sul piano sia tecnico che didattico, per la formazione artistica degli studenti di animazione attraverso l’ausilio di nuove tecnologie, sia per l’animazione tradizionale 2D sia per il 3D. A questo punto va ricordato anche il nome di Laura Fiori, la quale è stata una fra le primissime donne a occuparsi, sin dal 1986, di tecnologie digitali fino al 3D. Fra i suoi lavori ricordiamo il filmato in animazione interattiva Trash Story (1997) per il Museo dell’Automobile di Torino e Il mito dell’androgino (1998), cortometraggio in animazione per Mondo 3 – RAI Sat, selezionato al Festival di Annecy del 1999. Fuori dall’ambito della Scuola Nazionale di Cinema, sempre alla fine degli anni Novanta, si è fatta strada Claudia Muratori. Nata a Bolzano, diplomata all’Istituto d’Arte di Urbino e laureata al DAMS di Bologna, ha ottenuto numerosi riconoscimenti e premi grazie ai suoi brevi e interessanti


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corti d’animazione, tra cui vanno citati: Potentiae (1996), dove descrive degli esseri che fluttuano, sparendo e riapparendo, avvolti in un fluido atemporale; Due (1997), con musica di Eric Satie, in cui esprime l’incontro fra due persone con tutto il bagaglio di emozioni che portano dentro; Rouge (1997), che visualizza le dimensioni che ci avvolgono quando si ama, realizzato a penna su carta e modificato in dominanze di rosso in fase di montaggio; elementi frequenti anche nel successivo Sospesa (1998). Nell’ambito più sperimentale si sono messe in evidenza Betta Benassi e Valentina Coccetti, soprattutto per i film astratti realizzati in collaborazione con Alberto d’Amico. E, indipendentemente, Flavia Ruotolo, autrice di Micromantra (2000), realizzato a partire da riprese dal vero rielaborate con disegni ad acrilico e pastelli a olio, con musiche di Andrea Martignoni. Dalla Di.gi. International diretta dal veterano INCoM Paolo Di girolamo sono uscite diverse allieve e animatrici (cfr. il Capitolo V), alcune di esse oggi… permanentemente oltreoceano. Fra queste, Silvia Pompei, nipote dello scenografo Mario e figlia della studiosa d’arti visive Paola Pallottino, che dopo aver lavorato al fianco di Vito Lo Russo è partita per gli Stati Uniti d’America, dove è rimasta per partecipare al celeberrimo lungometraggio Chi ha incastrato Roger Rabbit di Robert Zemeckis; la Pompei collabora ormai da anni con la Walt Disney e la Fox. Come anche Emanuela Cozzi, la quale, dopo l’esperienza inglese con Richard Williams, è andata a lavorare ai lungometraggi DreamWorks. Più recentemente è stata la volta di Maria Teresa Scarponi, che ha partecipato a The Road to El Dorado (2000). Fra quelle rimaste in Italia, invece, si ricordi Flavia Confaloni, oggi a Torino ad occuparsi di 3D. Anche la celebre diva del cinema pornografico Moana Pozzi si è occupata di cinema d’animazione, firmando insieme a me nel 1994 la regia del corto Moanaland. Recuperato negli archivi RAI e mandato in onda a più riprese, assieme a I Remember Moana (1995), da parte soprattutto di Marco giusti ed Enrico ghezzi in diverse puntate monografiche e non, oggi è oggetto di numerose richieste, difficilmente accontentabili, dal momento che è chiuso a chiave negli archivi delle Teche RAI. Esiste a Palermo un gruppo molto affermato, vale a dire grafimated – composto da Antonino Pirrotta, giampiero Randazzo e Alessandra Ra-


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Claudia Marini Maggi, Human Rights, 2008. © Claudia Marini Maggi.

gusa – che ha collaborato lungamente a serial e lungometraggi e realizzato inoltre diversi cortometraggi personali, presentati a importanti festival internazionali, fra i quali il bellissimo Saudades du Sud (1995). E, facendo un salto da un capo all’altro del paese, a Torino operano i coniugi Francesco Testa e Cristina Lastrego, illustratori di vecchia data, da molti anni attivi soprattutto nel campo dell’illustrazione, personale e creativa, i quali, dopo una ricchissima produzione di libri per l’infanzia, hanno recentemente portato al successo «Il Drago Tommasone» per il noto programma RAI per bambini La Melevisione. Inoltre vanno segnalate Francesca ghermandi, legata a gianluigi Toccafondo, illustratrice di fumetti dal gusto simpaticamente quasi retrò, che ha realizzato la sigla del Festival del Cinema di Venezia nel 2005, e Simona Mulazzani, figlia del bravissimo scenografo della Bozzetto Film giovanni e in passato moglie di Toccafondo, già collaboratrice dei primi film del marito per la Mix Film e oggi affermata illustratrice.


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Clara Castoro, Film Astratto, 2005. © Clara Castoro.

Non potendo essere questo uno studio esauriente, è almeno doveroso ricordare en passant i nomi: Achtoons (giovanna Bo e Anna Lucia Pisanelli), gaia Bracco, Simona Bursi, Tiziana Cervi, Elena Chiesa, Laura Federici, Anna Ferrandes, Stefania gallo, Magda guidi, Camilla gulini, Maria Pezzedi, Chiara Rapaccini; di esse si sono già occupati i lavori di giannalberto Bendazzi e Sara Fumagalli nel bel libro Pantere Rosa. Passiamo alle autrici più impegnate sotto il profilo sperimentale. Non si può tacere l’art director Claudia Marini Maggi, già autrice di diverse opere esposte al MACRo (museo di arte contemporanea di Roma), che affronta lo scottante tema dell’integrazione culturale, sociale ed etnica in Italia col film d’animazione Human Rights (2008), dove vengono rievocati il Presidente dell’oNU Kofi Annan e il sacerdote riminese recentemente scomparso don oreste Benzi, noto soprattutto per il suo impegno nel togliere le prostitute nigeriane dalla vita di strada. Va ricordata anche Clara Castoro, artista e scultrice di Altamura da poco tragicamente scomparsa, la quale, dopo aver approfondito gli studi con un artista del calibro di Michelangelo Pistoletto, portò a termine due opere d’animazione: Film in Cinepittura (2002), proiettato alla Biennale di Venezia, e Film Astratto (2005), di cui diresse parte delle sequenze, lavoro dal sapore estemporaneo e fresco, un po’ un misto fra i film di Veronesi e quelli di Munari.


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L’artista visiva più completa nel settore del cinema d’animazione sperimentale resta probabilmente un’originale cineasta, ospite al Festival del Cinema di Roma 2009 con una live performance di cinepittura, o – come lo chiama lei – «Manucinema». Il suo nome è Tuia Cherici, la cui opera racchiude tutte le esperienze cine-pittoriche che vanno da Veronesi a Munari a Luca Maria Patella, fino ai successivi film sperimentali di grifi e Baruchello, con in più un tocco ancestrale a richiamare le esperienze delle avanguardie europee, fino al cinema cecoslovacco di Karel Zeman e di Jirí Trnka. Le tecniche che hanno fatto da ispirazione ai film della Cherici sono state in qualche modo riaggiornate e perfino migliorate – mantenendo integri il fascino e il linguaggio cinematografico – attraverso una semplice videocamera miniDV. Nei siti che la riguardano, così viene definito il suo modo esperienziale: Manucinema è un neologismo ricavato dall’idea di cine-manufatto: qualcosa di impastato con le mani ed esposto alla lente di una videocamera. Un metodo versatile, economico ed essenzialmente empirico per esplorare la vita, i suoi fenomeni, i materiali che offre, ed i fatti che la rendono stupefacente. Le tecniche utilizzate spaziano tra animazione a passo uno, collages, sculture mobili, prese dirette di fenomeni, azioni su liquidi, luci, solidi, e corpi vivi. Le immagini vengono assemblate senza ulteriori elaborazioni effettistiche, mantenendo la freschezza ed il valore conoscitivo dell’esperienza diretta. Il Manucinema è il tessuto simbolico e immaginifico che dà vita ad un evento di musica istantanea ed irripetibile, in cui ancora una volta l’improvvisazione e la sperimentazione diretta costituiscono le regole principali del gioco.2

Autodidatta, nel 1999 la Cherici acquisisce i primi elementi di scenotecnica e macchinistica lavorando con una compagnia teatrale d’avanguardia, la Societas Raffaello Sanzio di Cesena, e sviluppa in seguito una personale tecnica di animazione di ombre e oggetti ispirata ai film dei Fratelli Quay, Jan Svankmajer, guy Maddin e ad alcune sperimenta2

Http://cinemautonome.org/it/manucinema.html.


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Manucinema. © Tuia Cherici.

zioni di Alberto grifi. Lavora per lo più da sola, con mezzi di recupero, in una casa in campagna. Il suo Manucinema, per quanto abbia un fascino arcaico capace di rievocare nientemeno che gli albori del cinema da Méliès ai fratelli Lumière con semplici ma efficaci trucchi cinematografici, trova la sua modernizzazione passando per il cinema sperimentale degli anni Sessanta-ottanta. Attraverso nuove possibilità espressive adattate al linguaggio della regia cinematografica, sempre condiviso da giochi tonali e spesso rosati con eloquenti vedute prospettiche, è arricchito da effetti anamorfici comprendenti biglie e sfere di vetro (vedansi i film sperimentali della Corona Cinematografica firmati da Luca Patella, quali Vedo, Vado!), terriccio, pennelli e cacciaviti, interventi diretti su pellicola, fantocci animati che rievocano la scuola sovietica, animazione a carta ritagliata che trae ispirazione dai maestri cecoslovacchi, vivificato inoltre dall’alternanza fra scene dal vero con elementi animati a scatto singolo, con notevole maturità registica nei campi visivi cinematografici. In esso v’è un formidabile rapporto fra cinema e musica; lei


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stessa è un’appassionata musicista, di clarinetto, e ci tiene, se possibile, a musicare dal vivo ed in diretta le proiezioni dei suoi film animati.


Le donne nel cinema d’animazione A cura di Matilde Tortora

® Quando qualcuno ci nomina il cinema d’animazione, siamo abituati subito a collegarlo a nomi maschili, che si tratti di autori o di personaggi: Walt Disney, Hayao Miyazaki, Michel Ocelot, Bruno Bozzetto; Topolino, Lupin III, Kirikù, il Signor Rossi. Però questa forma espressiva, come ci rivela questo volume antologico curato dalla studiosa del cinema Matilde Tortora, ha vissuto e vive anche grazie al talentuoso contributo e alla grande creatività di uno stuolo di artiste, poetesse e artigiane del disegno, della macchina da presa e della narrativa audiovisiva. Disegnatrici, animatrici, pittrici, intercalatrici, scrittrici, registe: tutti i mestieri dell'animazione vengono declinati al femminile, in una prestigiosa antologia di contributi incentrati sulle maggiori artiste e professioniste del cinema d’animazione internazionale del passato e del presente. Un libro che raccoglie interventi di grande livello, come l’intervista di Oriana Fallaci a Walt Disney, corredato di foto e documenti provenienti da importanti archivi (tra cui quelli di due padri fondatori dell’animazione italiana: Gibba e Paolo Di Girolamo e molti altri dall’archivio del National Film Board of Canada) e delle opere originali disegnate da tre grandi autrici dell’animazione mondiale: Regina Pessoa (Portogallo), Ursula Ferrara (Italia) e Signe Baumane (Lettonia/USA).

Copertina: Illustrazione di Regina Signe Baumane Pessoa Regina Signe Baumane Pessoa

Euro 16,50


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