COLLANA POMEZIA MEDIEVALE
. . . A C R . CE . . I . R O A T L L U D R .... A E P O I N O M I R T A P DEL
SOLFORATA
La Domusculta Calvisiana Torri e Tenute Il Casale Il Lago Rosso Le Sorgenti Solfuree Il Lago Rosso La Grotta del Fauno Torre della Solforatella
DI MARIO BIANCHI
VOLUME 3째
La DOMUSCULTA CALVISIANA TORRI e TENUTE IL CASALE IL LAGO ROSSO LE SORGENTI SOLFUREE LA GROTTA DEL FAUNO TORRE DELLA SOLFORATELLA
G.Tomassetti Vol. II - pag. 438 e seg. Solforata e Solforatella - domusculta Calvisianum. - Le due tenute poste sul XV miglio, formano adesso una sola di ettari 603 spettante al principe Altieri. Il nome viene dalla sorgente sulfurea, che sta vicina al casale. Un bosco anticamente adombrava il cratere sulfureo; e v' era un lago, che fu riprodotto dall'AMETI nella sua carta del Lazio nel 1693. Il NIBBY (III, pag. 100) riconobbe nella spelonca di questo burrone e nel bosco circostante l'antichissimo locus Fauni re dei Latini, al quale VERGILIO dice che accedette il re Latino, per consultarne l'oracolo, luogo che saevam exhalat opaca mephitim (VERG., Aen., VII, 84). Quivi dovette stare nell'età romana una villa Calvisiana; ed ora ne dirò la prova. Intanto noterò che la famiglia Calvisia fu consolare, rinomata e ricca (v. CANTARELLI nelle Mem. dei prefetti dell'Egitto in Rendic. Lincei, 1906, p. 57). Seneca parlò dei banchetti di C. Calvisius Sabinus e dice: nunquam vidi hominem beatum indecentius (Epist. ad Lucil., 27). Un Calvìsianum è noto in Sicilia, un altro nel Viterbese, un altro fuori della porta Angelica. Ora noi troviamo nel Lib. Ponti/. (I, p. 502) che Adriano I (a. 772-795) istituì una domoscultam qui vocatur Calvisianum, cum /undis et casalibus, vineis, olivetis, aquimolis et omnibus ei pertinentibus posita via Ardeatina miliaria ab urbe Roma plus minus XV. La elevata posizione del sito, l'incontro, che quivi ha luogo, di cinque strade, l'essere stato questo latifondo proprio, nel medio evo, in parte dell'arcibasilica Lateranense, sono altrettante prove della corrispondenza di questo villaggio pontificio al sito della Solforata. Agli scrittori dell'argomento era tuttavia sfuggita un'altra prova, che io trovai nella nota bolla Onoriana di Sant' Alessio, ove, tra i possessi di quel cenobio, dopo Schizzanello si legge: ab aliis lateribus rivis circumdantur ubi dicitur curia de Calvisavis. Ciò corrisponde esattamente a questo luogo, essendo confinante con la suddetta tenuta di Schizzanello e con più, fossi. Né reca meraviglia che alla distanza di cinque secoli il nome Calvisianum fosse corrotto in Calvisavis. La qual forma fece venire in mente al NERINI che si trattasse di una famiglia romana dei Calvi! E' pure importante la qualità di curia che viene in quel passo attribuita alla domusculta; sapendosi, per molti esempi, che man a mano che quei villaggi sparsi vennero a restringersi, passarono allo stato di curiae e di curtes. Trattasi dunque di una splendida conferma alla convinzione che si aveva sul sito di questa domusculta, che ci dimostra la salubrità, l'abitato e la coltivazione di questo luogo adesso spopolato e ridotto a un deserto campo.
Che da curia divenisse castrum e prendesse il nome di Sulpherata, rilevasi dalla bolla di Gregorio IX del 1227 che conferma i beni dell'arcibasilica Lateranense. Che nel secolo XIV fosse divisò in Solforata e Solforatella ritraesi da un atto di Santa Maria in via Lata (Cod. Vat. 8050, anno 1314), donde si deduce che spettasse ad un Johannes Leonis, ricco proprietario di fondi rustici, e che vi fossero case e vigne ancora. Crederà il lettore che il nome di Calvisiano sia scomparso per sempre da questo suolo? Al contrario. Quando già era più che invalso il nome sulfureo, cioè nel 1660, nell'indice delle tenute di questa zona, nel catasto Alessandrino (in AST. vol. P. s. Seb.) si legge, dopo Casarossa, Casale Calvisiano. Singolare esempio di permanenza di un nome classico!
Poco oltre la Calvisiana sorgeva, e per opera dello stesso Adriano I, un'altra domusculta, che portò il nome di domusculta S. Edistii (LP., p. 505). Il biografo pontificio, dopo aver detto ch' essa ebbe origine da tre once della massa Aratiana situata al XVI miglio di questa via, lasciata dall'estinto Leoninus, consul et dux, poi monaco, e che la chiesa di S. Edistio era contenuta in quella massa, e che altre sei once ne provennero da Petrus comes e da Agnite vedova di Agatone, scriniarius e da Teodota vedova Dominici, praefecturi (un addetto alla prefettura urbana), e che nella donazione di Leonino v'era compresa anche una vicina massa Acutiana, soggiunge che quel nome di Sant' Edistio rimaneva ancora a' suoi giorni cioè forse due secoli dopo. A quale tenuta moderna corrisponda questo villaggio non è facile il determinare, per quanto la distanza di 16 miglia e il nome dell' Ardeatina precisati nella biografia ne impongano la situazione tra la Calvisiana-Solforata e prima delle due tenute Sughereto e Tor Maggiore....
LE DOMUSCULTAE 1. La riorganizzazione agricola e la difesa del territorio Agli inizi dell'VIII secolo la produzione agricola dei dintorni di Roma era scarsa per lo stato di abbandono e degrado in cui versava l'agro romano, tanto da determinare la necessità di una sua riorganizzazione, per rispondere in positivo alla furia dei saccheggi e delle devastazioni abbattutesi sulle città ma anche sulle campagne: a conferma dei tramiti e dei legami che hanno, sempre, contraddistinto i rapporti che legano la vita delle città e il paesaggio delle campagne. Sono distrutte le città e deserte di coltivatori le terre. Il processo di riorganizzazione riparte dalla campagna seguendo le esigenze di una ripresa produttiva anche se degradata, ed il centro organizzativo del latifondo rappresenta la base economica per questa ripresa.
Le condizioni anormali e instabili in cui viene a trovarsi Roma e la molteplicità degli interessi svolti in ogni campo, dà sempre più prestigio all'unica autorità presente: il papa. Questi, che prima aveva soltanto un potere propriamente spirituale, assumerà sempre più quello amministrativo e politico. Le più cospicue attività papali, sia amministrative che economiche si svolgono in particolar modo nelle proprietà fondiarie, che restano le più estese della penisola, costituendo il vasto Patrimonium S. Petri. Nel 741, salito al soglio pontificio, papa Zaccaria (741-752) cerca di risolvere questa situazione critica puntando sui latifondi e mettendo a frutto le proprietà della Chiesa mediante la creazione delle domuscultae, sviluppate ed accresciute sotto il pontificato di Adriano I (772-795). Nell'agro romano le domuscultae: [...1 sono centri d'organizzazione della vita nelle campagne, per la varietà di rapporti personali, giuridici, economici, amministrativi, politici, religiosi, militari che in essi s'intrecciano [...] Non sempre, ancora, questo nuovo centro di organizzazione della vita nelle campagne è ridivenuto il centro di organizzazione di un'economia e di un paesaggio agrario. Ma in questo paesaggio, in questa economia, in questa società disgregata, la necessità comune della difesa introduce un primo elemento di unità e di coesione [-] (E. Sereni - Storia del paesaggio agrario italiano - Roma-Bari 1991).
Le domuscultae sono fondi patrimoniali direttamente amministrati da funzionari ecclesiastici per lo sviluppo della produzione agricola . Esse si presentano come una sorta di fattorie distanziate fra di loro, ogni nucleo comprende un agglomerato di abitazioni con mulini, magazzini di raccolta e tutto quanto è necessario per il buon andamento del centro agricolo. In definitiva si tratta di organismi dotati di mezzi autonomi di sussistenza posti strategicamente in prossimità delle vie più frequentate, tanto da formare nodi di comunicazione importanti e vitali nel frazionamento politico e amministrativo della regione. Non è da escludere che la istituzione delle domuscultae, sia determinata come risposta alla interruzione delle comunicazioni e dei traffici marittimi, per garantire l'approvvigionamento dell'Urbe e venire incontro alla domanda di consumi alimentari del gran numero di pellegrini.
Il poter coniare moneta e possedere una leva militare conferisce loro un riconoscimento giuridico, tanto che esse trasformano una proprietà fondiaria privata in un ente territoriale politico, creano così le premesse all'attuazione del potere temporale del papato. Anche se le domuscultae hanno il loro piccolo contingente armato minima è la funzione militare di queste istituzioni, quindi non possono essere considerate come veri e propri luoghi fortificati. Un elemento va però considerato, la nascita delle domuscultae rese necessaria la creazione di un sistema di difesa visiva caratterizzato dalla presenza di posti vedetta, come ad esempio la torre di Tor di Quinto sulla Flamina, nel sistema di difesa della domusculta di S. Leucio. Queste torri di guardia generalmente situate su alture presso le domuscultae, hanno la funzione di salvaguardare l'incolumità e segnalare tempestivamente il pericolo, in modo da permettere l'armamento della militia dei vari centri agricoli, o la predisposizione di qualsiasi altra forma di autodifesa. Questa riorganizzazione del territorio ricorda, in qualche modo, quella della romanizzazione attraverso la deduzione di colonie, che godevano di una propria autonomia istituzionale e gestionale e che come le domuscultae rappresentano l'esercito di riserva militare in caso di guerra. Per di più questa organizzazione si trasforma, richiamandosi ai rapporti di sudditanza feudale, in una struttura di sostegno all'autorità papale fornendo occasionalmente mano d'opera per la realizzazione di opere edilizie promosse dalla Chiesa, come nel caso della costruzione della cinta difensiva della Città Leonina per la quale sono state chiamate maestranze provenienti da Capracorum e da Saltisine.
Quilici L. - Una domusculta della campagna romana: La Solforata, in Antichità nella campagna romana, in Bollettino Unione Storia e Arte, 1-2 (1968) p.5 Conti S. - Le sedi umane abbandonate nel patrimonio di S. Pietro - Firenze 1980
Nibby Tomo III pag. 99
Solfarata e Solfaratella oggi sono due tenute insieme unite, come un tempo furono disgiunte, e primieramente una sola ne formarono. Questo tenimento è fuori di porta S. Paolo, ed il casale è circa 15 m. distante da Roma , sulla via ardeatina: confina con quelle di Monte Migliore, Monte di Leva; Magione, Magionetta, s Procula, Capannone, Sughereto e Tor Maggiore : comprende rubbia 335 e mezza circa, divise nei quarti denominati del Casale, della Torre, e Quartaccio. Il suo nome data almeno fin dal principio del secolo XIII e deriva dalle cave di zolfo che ivi si trovano. Nella bolla di papa Gregorio IX. inserita nel Bullarium Lateranense p. 72, fra i fondi che si descrivono come spettanti allora a S. Giovanni Laterano, cioè l'anno 1227, leggesi notato il Castrum Solpheratae; ed allora sembra che uno solo fosse il tenimento, e che questo avesse un castrum, o casale cinto di mura secondo il costume di que'tempi. Ma questo tenimento in seguito si divise in due , denominati Castrum Sulfuratae Castrum Sulfuratella: e quello di Sulferata fin dal primo periodo del secolo XIV. apparteneva ai Leoni almeno per metà, mentre l'altro era del Capitolo Lateranense. Imperciocchè in un istromento esistente nell' Archivio di s. Maria in Via Lata, e riportato nel codice vaticano 8050 si legge che nell'anno 1314 la metà del castrum Sulferatae colla rocca, co' palagi, colle case, e co' vassalli fu da Giovanni di Leone, che n'era signore, venduta, e si dice che tutto intiero quel castro, con tutto intiero il suo tenimento era posto nella diocesi di Albano fra questi confini: il tenimento del castrum Montis Olibani, ( Monte di Leva ), quello del castrum Sulferatellae di s. Giovanni Laterano, quello del casale di Zalfardine de' Savelli, quello del casale la Masone di S. Maria Aventina, e quello del casale di s. Proculo del monastero di s. Paolo : confini sono questi analoghi a quelli de' due tenimenti oggi insieme uniti. Quel Giovanni di Leone possedeva allora da queste parti altre terre che pure vendette , come, la metà di Peronile, oggi s. Petronella, e la metà del casale de'Tineosis oggi Tor Tignosa. ( Nibby vol.3 pag 248) Una carta dell'archivio di S. Maria in via Lata pertinente all'anno 1334 mostra che la metà di questo fondo apparteneva allora ad un tal Giovanni di Leone e che fu da questo venduta in quell'anno insieme con altre terre vicine. Il fondo viene indicato in questi termini: Item et totam et integram medietatem ipsius Iohannis cuiusdam alterius casalis, quod olim fuit de Tineosis quod positum est in ipsa dioecesi albanensi. Inter hos fines, cioè il Castro di Solfaratella , il casale di s. Paolo di Albano, il Castro di Solfarata ,il casale di Zalfardina, ed il casale de' Savelli di Tor Maggiore.
Solfarata venne fin dal secolo XVII. in potere degli Altieri, unitamente a Solfaratella che fu loro venduta dal Capitolo Lateranense, e così di nuovo si venne a ridurre ad un solo fondo. Ho notato poc' anzi che allorquando Giovanni di Leone vendette la metà di questo tenimento esso era un castro con rocca , palazzi, e case, era in sostanza un castello abitato; oggi però non vi sono che quattro case poste sopra un ripiano di un colle dirupato, e vestito di arbusti imminente alla via ardeatina circa il XV. m. distante dalla porta antica ; ed a questa distanza medesima nella stessa direzione leggesi in Anastasio Bibliotecario nella vita di Adriano I, che quel papa fondò un aggregato di case rustiche, che allora apellavano domus culta , e che fu distinto col nome di Calvisianum, perchè‚ antecedentemente ivi era un fundus Calvisianus già proprieta' della gente Calvisia: e quella domusculta secondo lo stesso Bibliotecario fu da quel papa donata alla basilica lateranense. Questo fatto ci fa conoscere la origine del dominio del Capitolo Lateranense sopra questa tenuta. E tale è la situazione di questo casale, che reca meraviglia come non vi si sia mantenuto un villaggio : esso è in una situazione elevata ed amena nel nodo di parecchie vie, una che da Albano vi porta per Tor del Vescovo, e Tor Tignosa: l' altra che è la via ardeatina antica, oggi abbandonata, la quale uscendo da porta S. Sebastiano vi conduceva passando per la Cecchignola, S. Anastasio, Falcognano, e Tor. di Nona: la terza è la strada moderna di Ardea che uscendo dalla porta S. Paolo di Roma passa per Schizzanello e Monte Migliore la quarta è quella che da questo punto devia a destra per Pratica, o Lavinium , e la quinta è quella che da questo punto medesimo conduce direttamente ad Ardea, e da Ardea a Tor s.Lorenzo e Nettuno. Dinanzi a questo casale verso occidente è una specie di cratere dove si cava il solfo, cratere che presenta traccie evidenti di essere stato un tempo imboschito ed una verdura piuttosto fosca, sopra un suolo biancastro pregno di zolfo: sotto il casale è un antro : ed un laghetto oggi scomparso ivi formava ne'tempi passati una caduta, che ancora può tracciarsi: nè quel laghetto è una supposizione, poiché‚ a'tempi di Ameti, esisteva ancora, ed egli lo delineò nella sua Carta. Riconducendoci pertanto ai tempi primitivi del Lazio, questo cratere di un vulcano allora non ancor bene estinto, coperto da un' alta selva, dovea incutere rispetto e terrore, quindi le italiche genti ne fecero la dimora del nume loro nazionale , Fauno,che in quell' antro rendeva i suoi oracoli per mezzo di sogni , onde Virgilio nel settimo della Eneide lo fa consultare dal re Latino, e mirabilmente descrive il luogo in que' versi, che stimo di qui inserire: Carta dell’Ameti - 1693
At rex sollicitus monstris oracula Fauni Fatidici genitoris adit, lucosque sub alta Consulit Albunea, nemorum quae maxima sacro Fonte sonat, saevamque exhalat opaca Mephitim. Hinc italae gentes, omnisque Oenotria tellus In dubiis responsa petunt.
Nel 1818 nel brogliardo della mappa n. 10 - Agro Romano - redatta dal Geom. Paolo Finocchi contenente, fra l'altro la tenuta Solfarata ed annessi, risulta in proprietà al Principe Don Paluzzo Altieri di Emilio di Roma al mapp. 5, 6, 7 indica cava sulfurea; al 14 e 16 indica casa ad uso di granaio ed al 15, 17, 18,19 cortile, stazzo, forno; al 20 casa; al 21 fienile; al 22 e 23 casa ad uso abitazione mentre al 24 grotta, mentre il terreno residuo è indicato come pascolivo, pascolo cespugliato, prato, seminativo. Indicato con la lettera "A" è la chiesa intitolata a S. Pietro Martire. La superficie totale della tenuta è di 603.8.65 Rubbia Nel 1910 circa ( Tomassetti) risulta come proprietario di Solfarata e Solforatella Don Ludovico Altieri per una superficie di 603.87 ettari.
Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 41 Solferata. È la torre medioevale ad O. dell'attuale Casale della Solforatella, descritta dal T. IX, 438 sgg. Queste due tenute, ora riunite un'altra volta, corrispondono colla domus culta qui vocatur Calvisianum, fondata da Adriano I. Il nome, oltre ai casi citati dal T., viene fuori anche nel 1330 quando fu dei Tineosi (e perciò vi rimane ancora il nome di Casale di Torre Tignosa), che ne vendettero alcune parti ai de Rubeis (v. Castei di Lio e N. A. III, 249), che cita una carta di S. Maria la Via Lata del 1334, la quale indica il nostro fondo come appartenente ad un tale Giovanni di Leone. Questi vendette in quell'anno la metà di un Casale, quod olim fuit de Tineosis, quod positum est in ipsa diocesi albanensi: i confini furono Zolforatella, il Casale di S. Paolo di Albano, Zolforata, Cirfaldina e Tor Maggiore). E' curiosa la permanenza del nome di Calvisciano fino al 1660 (Cat. A. V. 71, 72; VI, 51, 52). Il nome attuale di Zolforata viene fuori per la prima volta nel 1227: e le tenute già furono divise nel 1314. Per il periodo susseguente ho trovato diverse altre notizie oltre quelle citate dal T. che esporrò brevemente. Nel 1458 (6 Giugno) Girolanio Lorenzo Altieri comprò il castro e la tenuta della Zolforata da Bandino de Montania (A. Cap. Lorenzo dì Paolo 234 ap. J. A. 423).
Nel 1477 (2 Genn. ) Sabba e Bartolo, figli ed eredi del q. Giacomo Carelli vendettero erba, grano e spiga, della quarta parte della Solforatella (A. Cap. A. Martini 60 ap. ) Nel 1478 (10 Nov.) le monache di S. Sisto furono proprietare del Casale Turris Zulfuranae, e lo affittarono a Battista Margani (A. Cap. A. Martini 60 ap. N.C.4). Nel 1491 (10 Maggio) vi fu una concordia fra gli eredi Altieri e Tommaso Palosci sopra i Casali di Solfatara e Monte di Leva (A. Cap., not. cit., ap. j. A. 434) Nel 1493 Nicola Caffarelli vendette un Casale di Zolforata ad Elisabetta Orsini (P. N. de Paciflcis ap. J. V, 652: citato pure dal T. ): ma i Caffarelli ancora ne tennero una parte nel 1495 (si parla dei Casali di Solfurata e Mascione). Nel 1501 i Caffarelli vendettero una parte ai Rustici, e nel 1513 ai Margani (T. cìt.) Nel 1525 (4 Sett.) il Casale Solforata fu liberato dall'obbligo di dote in favore di Laura vedova di Antonio Gaffarelli (A. Cap. Tullio Casparis 123, D. C.) Ci sono parecchi documenti relativi nell'archivio Madaleni Capodiferro. Citiamo una « misura del 4 Maggio 1534 delli Casali di Torre Maggiore, della Cirfaldina e di Torre Tignosa » (Mazzo C. 39), ed un'« istrom(en)to di quietanza del 1500 (28 Sett), fatto da Costanza Tribisonna de Podiani a Monsig(no)re Prospero Santacroce, e p(er) esso a Pier Domenico Madaleni Capodiferro di Sc(udi) 15 per l'affitto della tenuta di Tor Tignosa » (Mazzo C.65).
Questo si spiega col fatto che nel 1549 (23 Agosto) Livia Casali, madre di Marco ed altri Madaleni, locò i Casali di Tor Maggiore, Cirfaldina, Solforatella, Tor Tignosa e la Valle delle Comunanze a Raimondo Albertoni e Costanza de Tribìscentiis o Tribisunto (ASS. IV, i, 6, D. C) Nel 1551(25 Febbr.) Girolamo di Mariano Altieri vendette una parte della Solforata a Vincenzo Frangipani (A. Cap. B. Conti ap. j. A. 446): e nel 1556 (2 Sett.) lo stesso vendette 43 rubbia al Card. Cesi, e nel 1558 (26 Marzo) altre 45 (A. Cap. C. Saccoccia 309, 158 ap. J. C. 993; L.S.S.. IV, 111, che dà la data 1550), ma nel 1557 (29 Dicembre) ne furono ricomprati 55 (id. not. D.C.). Nel 1569 i fratelli Madaleni vendettero ai Serlupi una piccola parte della tenuta di Tor Maggiore, Tor Tignosa, Cirfaldina e Solforatella (« Decis. S. Rotae coram Molinis Romana Comniunantiarum » 24 Genn. 1701, D. C)
Il 15 Giugno 1574 vi fu una divisione dei Casali della Solforata e Mascione fra Emilio Altieri e Silvia sua figlia ed erede del fu Mario Antonio Altieri (A. Cap. C. Saccoccia). Il 3 Agosto del medesimo anno Giovanna Muti, come tutrice di Silvia Altieri, ne vendette una parte a Giovanni Serlupi (A. Cap. C. Saccoccia. 559. 118 ap. J. A. 452). Nell'Archivio Madaleni (Mazzo D. n. 16, v. il Rubricellone, p. 101) ce il documento seguente: 1576 (10 Ottobre). ÂŤ Nota del Testamento d'Evangelista Madaleni, e dell'acquisto da esso, e da Lorenzo suo fratello fatto del Casale della Solforatella e di Tor Tignosa Âť .
E. MARTINORI - LAZIO TURRITO - 1929
Giovanni Maria De Rossi - Torri e Castelli Medievali De Luca Ed. - 1969 - pag. 57 e seg. 80. Il Casale della Zolforata Il Casale della Zolforata si trova a circa 1000 m. dal km. 24 della Laurentina moderna, sulla sinistra. Fu il centro della domusculta Calvisiana fondata da Papa Adriano I (772-795). Così si esprime al proposito il " Liber Pontificalis "... domocultam qui vocatur Calvisianum, cum fundis et casalibus, vineis, olivetis, aquimolis et omnibus ei pertinentibus posita via Ardeatina miliaria ab urbe Roma plus minus XV. E' ricordata in una bolla di Onorio III (1216-1227) tra le proprietà del monastero di S. Alessio: ab aliis lateribus rivis circumdatur ubi dicitur curia de Calvisavis (corruzione del nome Calvisianum)... La definizione di curia ci fa intendere come la domusculta fosse ormai in decadimento e avesse perduto la sua originaria estensione. La trasformazione in castello avvenne proprio in questi anni: infatti nella bolla di Gregorio IX del 1227 si parla del castrum Su!pberate. Nel 1314 quando tutto il territorio fu diviso nelle due tenute di Solforata e Solforatella il Castrum Sulforatae, che è indicato come munito di rocca e circondato da caseggiati, era allora di proprietà di un tal Iohannes Leonis: fra i confini sono citati il castrum Montis Olibani (Monte di Leva), il castrum Sulfuratella di S. Giovanni in Laterano, il casale Zalfardine de' Savelli, il casale la Masone (La Magione attuale) di S. Maria Aventina e il casale di S. Procula del monastero di S. Paolo. Nel 1458 il castrum e la tenuta della Zolforata furono acquistati da Girolamo Lorenzo Altieri. Già alla fine del secolo XV il castello era in rovina: infatti in un documento del 1466 la Zolforata che spettava allora in parte agli Altieri e in parte ai Caffarelli, è indicata come castrum dirutum; da questo momento la Zolforata comparirà nei documenti con il nome di " Casale ". (G.Tomassetti Vol. II - pag. 438 e seg.) Dopo ciò mi mancano notizie fino al 1478, 10 novembre, quando le monache di San Sisto appaiono proprietarie del casale Turris Zufuranae (ecco l'ultima fase censuaria della domusculta), e lo affittano a Battista Margani Nel 1479, 5 marzo, l'ospedale di Santo Spirito cedeva il casale Solforata alla chiesa di Sant' Apollinare, che vuol dire al Collegio Germanico, per un altro casale e un pezzo di Gogna presso il mare . Nel 1493, ai 29 settembre, trovo il casale Sulpheratae in proprietà di Nicola Caffarelli, che lo vende ad Elisabetta Orsini moglie di Orso duca d'Ascoli e conte di Nola . Nel 1495, 21 giugno, si dichiara da Battista Tomarozzi che i Casali Solfurata e
Mascione (tenuta Magione con Maggionetta, 380 ettari, oggi di Giuseppe Clarini) spettano a Prospero Caffarelli vescovo di Ascoli (Istr. Caffarelli, vol. V, f. 103 in AST.). Quindi, nel 1501 mons. Gian Andrea Caffarelli e fratelli vendettero parte di quelle tenute a G. B. Rustici, e nel 1513 altra parte a Girolamo Margani (ivi, vol. 3, f. 34 e 66). Giovanni Maria De Rossi - Torri e Castelli Medievali Va osservato che il nome originale della domusculta non fu completamente soppiantato tanto che nel Catasto di Alessandro VII il Casale della Zolforata è chiamato ancora Calvisciano. Il Castello, che dovette sorgere sui resti di costruzioni romane, come grossi blocchi di tufo regolarmente squadrati e altro materiale sparso fa chiaramente intendere, è stato completamente sostituito da un piccolo agglomerato dì cascinali e quasi nulla rimane delle strutture medievali. Solo l'ingresso originale, nel lato O è parzialmente conservato: si notano alcuni tratti di parete in laterizio e altri in blocchi di peperino irregolari. La via antica, che da Pratica di Mare raggiungeva Albano, transitava più a valle rispetto a quella attuale e doveva attraversare il castello: in tal modo l'importante arteria era costantemente sotto controllo dei proprietari del castrum. Nel 1818 nel brogliardo della mappa n. 10 - Agro Romano - redatta dal Geom. Paolo Finocchi contenente, fra l'altro la tenuta Solfarata ed annessi, risulta in proprietà al Principe Don Paluzzo Altieri di Emilio di Roma al mapp. 5, 6, 7 indica cava sulfurea; al 20 , 22 e 23 casa ad uso abitazione
Indicato con la lettera "A" è la chiesa intitolata a S. Pietro Martire. L'ingresso della Chiesa è costituito da un ampio atrio coperto, che probabilmente ha cambiato forma dall'originale a seguito di passati restauri. Si accede all'aula ad unica navata tramite l'unica porta che è sovrastata da una lapide marmorea che riporta la seguente dedica:
LA SANTITA DI ns PAPA CLEMENTE X HA CONCEDUTO INDULGENZA PLENARIA E REMISSIONE DI TUTTI LI PECCATI A CIASCHEDUNO FEDELE DEL UNO E LALTRO SESSO CHE VERAMENTE PENTITO CONFESSATO E COMMUNICATO VISITERA' DIVOTAMENTE QUESTA CHIESA NEL GIORNO DELLA FESTA DI S. PIETRO MARTIRE O IN UN GIORNO DELLA SUA OTTAVA DALLI PRIMI VESPRI DELLA PREDETTA FESTA SINO AL TRAMONTARE DEL SOLE DI CIASCHEDUNO DELLI PREDETTI GIORNI E QUIVI PREGHERANNO PER LA CONCORDIA DELLI PRINCIPI CRISTIANI PER L ESTIRPAZIONE DELLE HERESIE E PER LA ESALTAZIONE DELLA SANTA MADRE CHIESA SI COME APPARISCE DAL BREVE DI SUA SANTITA' SPEDITO SOTTO LI VENTI DI APRILE M D C L XX III Superato l'ingresso si entra in un ambiente sufficientemente ampio illuminato da tre finestre. Un unico altare sovrastato dall'immagine del SS. Crocifisso e di San Pietro Martire occupa la parete di fondo. Di lato è presente un confessionale. Sul lato sinistro esterno un piccolo campanile sporgente dal corpo del fabbricato ospita una campana di modeste proporzioni. Originariamente questa chiesa era sotto la giurisdizione di Pratica, quindi passò sotto quella di S.Benedetto di Pomezia ed attualmente è sotto la giurisdizione di parrocchia Romana.
Sorgenti di acqua solfurea fredda risalgono dalla terra formando caratteristici laghetti con fanghi biancastri
Uno dei laghetti della Solforata che assume un caratteristico color rosso per la reazione fra l'acqua solfurea e i minerali ferrosi del terreno
Ma quel nome di Albunea fu un inciampo pe' grammatici del V. secolo, e pe' dotti moderni, che andarono a porre quel luco e quell'oracolo presso la Solfatara, o il lago delle acque Albule sulla via tiburtina. Il luogo però così poco corrisponde alla descrizione di Virgilio, che perfino il Volpi, seguace di quella opinione ne rimase sorpreso. D' altronde io credo assai naturale, che essendo Carta archeologica del Lanciani stato Fauno un re degli Aborigeni, che occuparono sopra i Siculi il Lazio marittimo, ossia l'Agro Laurente, fosse sepolto in una caverna in questo medesimo tratto, dove poi fu stabilito il suo oracolo. Il modo di consultarlo viene da Virgilio stesso indicato come una oneiromanzia: sagrificavansi pecore, e sopra le pelli lanute delle vittime uccise si poneva a dormire quello che consultava il nume, il quale faceva conoscere le sue predizioni, o per mezzo de' sogni, o per mezzo delle voci che udivansi romoreggiare nel bosco. Albunea si chiamava la selva profonda, e tetra, selva alta, vastissima, che copriva il cratere ed univasi con quelle immense che allora vestivano intieramente, come oggi tuttora ricoprono in gran parte il littorale latino. La caduta che faceva il fonte di acque calde e sulfuree dava un suono che accresceva il mistero: l' antro che ancora rimane, forse quello del sepolcro di Fauno, ricorda una delle antichità primitive del Lazio, dove ponevasi a dormire colui che aspettava risposte dal nume. La ceremonia eseguivasi di notte, sub nocte silenti dice Virgilio, perché nella notte maggiore è il mistero.
La grotta del Fauno
Solfarata e Solfaratella oggi sono due tenute insieme unite, come un tempo furono disgiunte, e primieramente una sola ne formarono. Ma questo tenimento in seguito si divise in due , denominati Castrum Sulfuratae Castrum Sulfuratella: e quello di Sulferata fin dal primo periodo del secolo XIV. apparteneva ai Leoni almeno per metà, mentre l'altro era del Capitolo Lateranense. Imperciocchè in un istromento esistente nell' Archivio di s. Maria in Via Lata, e riportato nel codice vaticano 8050 si legge che nell'anno 1314 il tenimento del castrum Sulferatellae era posto nella diocesi di s. Giovanni Laterano. Nel 1477 (2 Genn. ) Sabba e Bartolo, figli ed eredi del q. Giacomo Carelli vendettero erba, grano e spiga, della quarta parte della Solforatella (A. Cap. A. Martini 60 ap. N. C.2,60) Nel 1488 (12 Ott.) Girolamo Lorenzo Altieri comprò una parte defla Zolforatella da Domenico di Girolamo di Giacomo Lelli Cenci (A. Cap. Gio. Michele ap. J. A. 432). Nel 1495 (5 Nov.) Paolina Clarelli vendette a Marc'Antonio Altieri una parte della Solforatella (A. Cap. Andrea Carusi not. ap. J. A. 435). Nel 1512 (13 Marzo) Valerio Dolci di Venezia vendette a Hieronimo di Gottifredi tutte le vacche esistenti nel Casale di Evangelista Mattei e fratelli nominato la Solforatella (Cod. Vat. lat. 7953 f. 118 estratto dall'archivio di S. Apollonia. D. C) Nel 1569 i fratelli Madaleni vendettero ai Serlupi una piccola parte della tenuta di Tor Maggiore, Tor Tignosa, Cirfaldina e Solforatella (« Decis. S. Rotae coram Molinis Romana Comniunantiarum » 24 Genn. 1701, D. C) 1576 (10 Ottobre). « Nota del Testamento d'Evangelista Madaleni, e dell'acquisto da esso, e da Lorenzo suo fratello fatto del Casale della Solforatella e di Tor Tignosa » (v. Cat. A. VI. 71. 72; VII. 51, 52). Nel 1910 circa ( Tomassetti) risulta come proprietario di Solfarata e Solforatella Don Ludovico Altieri per una superficie di 603.87 ettari
Mappa Catasto Alessandrino
(Foto di Thomas Ashby 1900)
casale della Solforatella che ha inglobato l'omonima Torre