dalla torre Clementina alla torre del Vajanico
Questo volumetto sulle torri del litorale vuole essere un omaggio agli autori che nel corso degli anni hanno dedicato una parte del loro tempo a fare ricerche su questo argomento.
Il mio impegno è stato quello di riunire le varie notizie in vari capitoli dando in tal modo un senso logico ed immediato per ciascun argomento.
INDICE DELLA COLLANA Parte 1ª Introduzione T. Clementina T. Alessandrina Castello di Ostia T. Niccolina T. San Michele T. Boacciana T. Piastra T. Porcigliano T, Paterno T. Vajanico
Parte 3ª T. Astura T. Foceverde T. Fogliano T. Circeo T. Paola T. Falconara T, Cervia T. Fico T. Vittoria T. Olevola T. Badino T. Terracina T. Pescomontano T. Gregoriana T. Epitaffio Bibliografia
Parte 2ª Castello di Pratica Castello di Ardea T. San Lorenzo T. della Moletta T. Caldara T. S. Anastasio T. Materna T. Capo d’Anzio T, Costaguta Castello di Nettuno
PREFAZIONE Nei testi scolastici e storici manca, a mio avviso, un periodo molto importante per le civiltà del Mediterraneo: le incursioni e le guerre contro i pirati barbareschi. . Un motivo ci viene indicato da Salvatore Bono che nella prefazione del volume “Corsari del Mediterraneo” precisa: : “ .... La scarsa memoria collettiva sopravissuta e l’insufficiente attenzione degli storici possono forse, almeno in parte, spiegarsi con un processo di rimozione: non abbiamo voluto, noi europei, ricordare e conoscere in modo più approfondito una realtà spiacevole che poteva suscitare imbarazzo e vergogna...”. . I pirati nel Mediterraneo sono sempre esistiti, sin dal tempo dei Romani, combattuti in sanguinose battaglie, e nei secoli successivi i pirati delle coste d’Africa ripresero la loro attività tantè che nell’anno 846 pirati saraceni sbarcati a Civitavecchia, si spinsero fino a saccheggiare le basiliche romane di San Pietro e San Paolo. . Ma il periodo più triste per le nostre coste e per quelle delle nazioni del Mediterraneo fu quello compreso tra il 1500 e il 1830 , anno in cui si può decretare la fine della pirateria saracena. La mancanza di una cronaca storica dei fatti, dovuta principalmente da quell’ imbarazzo e vergogna ci lascia con poche notizie in quanto le numerose sconfitte e incursioni venivano sottaciute e poco descritte contrariamente alle poche vittorie che venivano celebrate con ampi resoconti. . Al centro di questi incresciosi fatti furono le Torri Litoranee, chiamate comunemente Torri Saracene, prime vedette contro gli sbarchi pirateschi, e in queste pagine, seguendo il mio stile che non è quello di romanzare, ma raccogliere la documentazione di fatti certi così come li ho potuti consultare, ho voluto “mettere in risalto” queste costruzioni che ancor oggi si possono far ammirare nella loro maestosità, silenziose interpreti di sconfitte e vittorie.
Le torri litoranee dal Tevere all’Epitaffio
L’autore al quale maggiormente ci riferiamo è il Padre Alberto Guglielmotti, dell’ordine dei Predicatori, teologo Casanatense che con la sua collana dedicata alla Storia della Marina Pontificia, ha trattato l’argomento con altre pubblicazioni : Storia delle fortificazioni nella spiaggia romana risarcite ed accresciute dal 1560 al 1570 La Guerra dei Pirati e la Marina Pontificia dal 1500 al 1560 scritte e pubblicate dal 1876 al 1893. Il Guglielmotti divide il litorale Romano, appartenente all’epoca allo Stato Pontificio, in due parti: la prima dalla Torre di Sammichele sul Tevere alla torre delle Graticciare ai confini con la Toscana; la seconda a sud del Tevere, dalla Torre La Piastra fino a quella dell’Epitaffio, ai confini con il Regno di Napoli. In questa nostra pubblicazione prenderemo in esame questa seconda parte, ovvero il litorale della Campagna Romana dal Tevere all’Epitaffio, non mancando di inoltrarci verso l’entroterra laddove i fatti e le storie ci condurranno in tali località.
Mario Bianchi
Montenovesi Ottorino: La difesa del litorale romano dal secolo XVI al XVIII L’idea di costruire torri difensive sul litorale stesso di Roma è merito essenzialmente di S. Pio V (1566-1572) che si valse del consiglio e dell'opera di Martino de Ayala, console dei marinai e mercanti; bisogna tuttavia tenere presente che anche Pio IV fino dal 1562 aveva sentito tale necessità e ne eresse infatti 8, mentre S. Pio V ne costruì 15: (emanando il 9 marzo 1567 una costituzione apostolica) il totale fu poi di 28: 17 da Ostia ai confini del regno delle Due Sicilie; 11 da Fiumicino ai confini del granducato di Toscana; le prime sulla costa orientale, le seconde su quella occidentale (la lunghezza di tutto il litorale romano raggiungeva oltre 140 miglia): queste ultime, esclusa la torre di Fiumicino, vennero edificate da S. Pio V. Dato il carattere difensivo delle medesime, specie contro i pirati, si dicevano regalia o de regalibus Principis: la Camera Apostolica sosteneva quasi l'intiero onere dei soldati e torrieri che le presidiavano, nonché della manutenzione di esse: finì infatti col prenderne alle sue dipendenze 22, spendendo scudi 3092,40 l'anno. A proposito di Pio IV, egli con un Breve dell'8 gennaio 1562 incaricò la famiglia Caetani di costruire torri nel distretto di S. Felice Circeo, e le concesse in cambio di esportare da Sermoneta liberamente ogni anno e per la durata di otto anni, 1000 rubbia di grano. L'assegno per i soldati (960 scudi, ridotti poi a 942) si doveva esigere dalle città del Lazio, della Campagna e della Marittima: i Caetani edificarono infatti quattro torri, come si è descritto sopra, in quel loro feudo, ma dal pagamento forzato dell'assegno rimase esclusa per intiero la città di Terracina, che doveva provvedere alle sue torri. Ne rimase escluso pure Marcantonio Colonna, duca di Tagliacozzo e domicello romano, che eresse alcune torri, compresa quella delle Caldane, nei suoi domini (1565); all'uopo furono tassate Vallecorsa, Sonnino e San Lorenzo, nella Campagna; Ardea, Civita Lavinia, Genzano, Nemi, Capranica, Ciciliano, S.Vito, Risciano, Montecompatri e Olevano, alienati da alcuni anni dallo stesso Marcantonio, e altre località da lui non alienate, per la somma di 100 scudi mensili, in modo da provvedere al necessario armamento fino a che non lo avesse fatto la Camera Apostolica. Marcantonio, due anni prima, aveva pure ottenuto l'abbuono annuo di 300 scudi d'oro che avrebbe dovuto pagare alla Camera per l'imposta detta del sussidio triennale di 300.000 scudi. stabilita da Paolo III per tutte le comunità dello Stato Ecclesiastico, e da lui ripartita tra Genazzano, Rocca di Papa e Genzano: a Genzano sostituì poi Ceccano, e infine Cave. Come si vede, dati i criteri amministrativi dei tempi, il Governo Pontificio, quando poteva, si serviva della opera dei signori padroni del territorio dove voleva edificare torri, concedendo loro qualche diritto sopra le medesime (per esempio quello di esserne i governatori o di nominare i torrieri), pagando i soldati, e provvedendo il necessario armamento; concesse inoltre il privilegio di esportare una certa quantità di grano, libera da ogni gravezza o gabella. La forma delle torri fu quasi sempre quadrangolare ma non ne mancarono di rotonde, per esempio quelle delle Caldane, di Paola, Moresca, Cervia, del Fico; quella di S. Michele era invece ottangolare, più larga di tutte le altre torri, e con interno rotondo. L'altezza variava da 8 canne e un palmo a 116 palmi e sulla sommità vi era la così detta piazza d'armi, con i casotti per il deposito della polvere (Santa Barbara) e la cappa per i fuochi che servivano "da segnali", e che si accendevano con frasche; vi era inoltre una campanella, che si adoperava soltanto per chiedere soccorsi.
L'acqua necessaria al torriere e ai soldati si attingeva a pozzi esistenti nei luoghi, o vi si portava con otri. La spiaggia su cui sorgevano le torri aveva gli aspetti più vari: piana, a colline, irta di cespugli, coltivata, a prato, macchiosa; così i Caffarelli, per costruire la torre di S. Lorenzo, dovendo appunto disboscare il luogo, ottennero dalla Camera Apostolica, oltre quanto già si è narrato, il privilegio di poter esportare liberamente i prodotti della tenuta stessa di S. Lorenzo, senza tasse gravami, tranne il caso che servissero ai bisogni della città di Roma. Il clima della spiaggia era pure vario, insalubre in genere per la malaria, che infieriva sopratutto a Foce Verde. Alcune torri (d'Anzio, delle Caldane, Cervia, del Fico, Moresca) furono distrutte dalle navi inglesi durante il blocco dello Stato Pontificio nel 1813: quella del Fico fu riedificata da Pio VII. Le fortezze e torri del litorale romano dipendevano quasi nella loro totalità dal mons. Tesoriere Generale della Camera Apostolica, ma la promiscuità dì giurisdizione, uno dei lati deboli del Governo Pontificio, si faceva sentire anche in questo campo. Così, per dare qualche esempio, il baluardo S.Rocco a Nettuno, insieme con le mura, spettava a mons. Commissario Generale delle Armi. Per il governo delle torri vi erano disposizioni precise. Così in ognuna si doveva tenere nota annualmente del consumo della polvere, annotando appunto il giorno e il motivo dello sparo fatto o del segnale dato: questi elenchi, per il tramite dei castellani di Porto d'Anzio e Civita Vecchia, venivano poi trasmessi a mons. Commissario del Mare; in pratica sia i castellani che i torrieri da sempre avevano l’obbligo di inviare al loro ispettore generale, all’inizio di ogni mese, un rapporto sull’operato del mese precedente, pena la perdita da un quinto all’intera paga dello stesso mese. Solo nel 1774 fu anche fatto obbligo ai torrieri o capi delle torri di mutare sede ogni anno, col trasferirsi alla torre più vicina; uguale disposizione fu presa per i soldati, ma con ordine inverso: venne considerata cioè più vicina l'ultima torre della zona a cui appartenevano. Trascorsi 3 anni i soldati medesimi tornavano al presidio, e vi restavano per altri cinque. Norme per i due suddetti castellani furono stabilite da Clemente XIV (1769-1774), autore delle disposizioni surricordate, e sono riportate in un suo motu proprio del 30 maggio di due anni prima. In questo motu proprio il Papa fissò un nuovo piano per l'armamento delle torri del litorale romano. I castellani di Porto d'Anzio e Civita Vecchia furono obbligati, insieme con l'architetto della Camera Apostolica, ad anticipare la visita delle torri medesime, e vennero nominati soprintendenti di queste ultime, divise in due dipartimenti. I soldati che le presidiavano dovevano dipendere da mons. Commissario del Mare soltanto, e ricevere il soldo dalla Camera Apostolica. La fortezza di Civita Vecchia avrebbe fornito un capo e 2 soldati per ogni torre, da Fiumicino a Montalto; quella di Porto d'Anzio avrebbe fatto altrettanto dal forte San Michele alla torre Gregoriana, eccettuate le cinque torri del Monte Cercello, dove i capi e i soldati dovevano sempre essere arruolati tra i nativi della terra di S. Felice; malgrado tale clausola, la cui origine deve ricercarsi principalmente nella poca importanza, dal punto di vista difensivo, delle torri in parola, e nel desiderio di favorire la popolazione del luogo, queste ultime restavano aggregate anch' esse alla fortezza di Porto d'Anzio. In genere la paga per i capi fu stabilita in 4 scudi mensili; quella per i soldati in scudi 3,30, gravati di ritenuta, oltre il vestito. La carica di ispettore della spiaggia di Nettuno e l'altra di castellano di Porto d'Anzio vennero fuse in una: i due castellani di Porto d'Anzio e Civita Vecchia almeno una volta l'anno, insieme con uno degli architetti della Camera, dovevano visitare le torri della rispettiva giurisdizione. Il motu proprio di Clemente XIV si occupò anche dell'ufficiale che doveva condurre i soldati alle torri, e dell'architetto della spiaggia del novero di quelli della Camera Apostolica come è detto, che doveva visitare tutte le torri al principio di ogni inverno, con l'onorario fisso di 120 scudi
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l'anno, oltre “le tasse dei conti degli artisti”che avevano il compito di disegnare e trascrivere la relazione; si occupò infine dei capi delle torri stesse, dei torrieri o caporali e dei soldati. Questo nuovo ordinamento, proposto dal marchese De Rossi che a sua richiesta fu poi collocato a riposo dalla carica appunto di ispettore delle torri, venne dopo una lunga serie di abusi e di manchevolezze che riassumerò in breve. Bisogna tenere presente anzitutto che a causa della solitudine e dell’abbandono della spiaggia, infestata dalla malaria, dove le torri sorgevano, accadeva non di rado che i torrieri si facessero sostituire da persone inesperte e fornite di scarso senso del dovere, le quali, specie di estate, si allontanavano: pagate male, e persino non pagate affatto, esse si rifacevano favorendo il contrabbando e la così detta pesca a doppio, detta anche a coppia, (consistente in una rete tenuta alle estremità da due tartane o altro tipo di barche. Questo tipo di pesca era proibita dal giorno di Pasqua a metà settembre, al fine di non disturbare la posa delle uova e quindi il ripopolamento dei pesci), ricavando una buona quantità di pesce, accordando franchigie illegali e simili. Monsignor Giovanni Francesco Banchieri, Commissario Generale del mare, nel 1743 denunziava appunto con un suo editto del 21 novembre tali abusi, aggravati ancora dal fatto che i baroni proprietari di torri non spendevano per i soldati l'intera somma assegnata loro all'uopo della Camera Apostolica; che nelle torri si tenevano bettole, biscazze e giuochi proibiti, ricettandovi persino contrabbandi, contrabbandieri, malviventi e contumaci; che vi si vendevano polveri e munizioni e vi si imprestavano armi, concedendosi da alcuni torrieri un gran numero di patenti a persone che avrebbero dovuto formare un ruolo ausiliario, ma che risiedevano invece anche in luoghi lontanissimi. Ecco i punti più salienti dell'editto: “Essendoci pervenuto a notizia, che molti torrieri del Littoral Ecclesiastico, tanto nel Mediterraneo che nell'Adriatico, non solo trascurino la loro personale residenza in esse torri, ma che inoltre ritenghino a supplire le loro veci uomini affatto incapaci alla custodia delle medesime et al buon servigio del Prencipe, con assegnargli tenuissime paghe, che non bastando per il loro congruo mantenimento li obligano quasi per necessità a vendere le polveri e monizioni consegnateli per la difesa del detto littorale, e molte volte anche ad abbandonare le dette torri per andarsi a procacciare il vitto quotidiano, come pure a ritenere specie di bettole e biscazze, et a dar ricetto ai malviventi nelle dette torri, con sommo disdoro del Prencipato, ed in gravissimo pregiudizio di quell'assiduo servigio che detti comandanti sono obligati di prestare alla Santa Sede, da cui sono largamente e puntualmente stipendiati di mese in mese, ecc.”. L'11 aprile 1770, pure con un editto, l'altro Commissario del Mare mons. Mariscotti richiamava l'attenzione sull'abuso invalso degli spari nelle torri per salutare personaggi di riguardo o nella ricorrenza di festività, mentre i mortaretti e le fumate dovevano servire soltanto per rispondere alle torri vicine o avvertirle, per richiamare all'obbedienza bastimenti sospetti o per farli allontanare se tentassero sbarchi. Già Paolo V del resto fino dal 16 marzo 1613, con un suo motu proprio aveva lamentato le manchevolezze dei torrieri che non dimoravano nelle loro sedi, e del numero dei soldati non corrispondente alle paghe versate all'uopo, e disposto che si provvedesse in proposito con energia, licenziando i torrieri e i castellani che per un mese si allontanassero dalla propria residenza o non tenessero il numero di soldati prescritto. Egli onerava a tal fine la coscienza di mons. Tesoriere, e comminava la scomunica, riservata a lui medesimo. Pure con un motu proprio, Benedetto XIV, il 15 settembre 1753, era ritornato sull'argomento, e in base a quanto si era praticato nell'anno trascorso nella torre delle Caldane, aveva ordinato che venendo meno i torrieri nelle varie torri si stabilisse in ciascuna di esse un presidio di tre soldati, dei quali uno avrebbe fatto da capo, inviati tutti dalla fortezza di Civita Vecchia, aumentata all'uopo di personale, e da rinnovarsi ogni anno. Mons. Commissario del Mare poteva anche, di sua iniziativa, mettere in pensione i torrieri con la solita paga mensile, detratto lo stipendio di due soldati. Il motu proprio non sortì l'effetto desiderato. Altri provvedimenti tentò di prendere nel 1790 il Tesoriere Generale della Camera Apostolica mons. Ruffo, poi cardinale celebre, avutone l'assenso da Pio VI fino dal 22 aprile dell'anno precedente. Egli, in vista anche della torbida situazione politica di allora, stabilì che ogni torre dovesse avere un capo, con 5 scudi mensili di paga, e 5 soldati con 4 scudi ciascuno, netti da ritenuta, oltre il vestiario. Fissò anche il numero di 5 sergenti ispettori, a cavallo, pagati con
10 scudi il mese, e di residenza nelle torri di S. Felice, Fiumicino, Palo, Montalto e a Nettuno: il primo avrebbe ispezionato 9 torri, il secondo 7, il terzo 2, il quarto 9, il quinto 3, dipendendo dal Tesoriere Generale e dai castellani di Porto d'Anzio e Civita Vecchia. Essi dovevano perlustrare il tratto di spiaggia loro assegnato; impedire lo sbarco e l'imbarco di generi vari in luoghi diversi da quelli stabiliti e la frode in proposito delle gabelle; sorvegliare le torri e presidii delle medesime; curare che si osservassero le norme dell'igiene, e che chiunque volesse fare commercio di qualsiasi natura, esportando dallo Stato, fosse fornito della necessaria licenza; tenere infine un giornale delle visite compiute. Ogni torriero alla sua volta doveva giornalmente fare eseguire la perlustrazione del suo tratto di spiaggia da 3 soldati, scrivere sopra un registro le ordinanze dei superiori, inviare ogni mese al castellano del proprio dipartimento un rapporto, dividere gli incerti tra i soldati presenti. Questi provvedimenti erano più che necessari se si pensi che il Castellano di Civita Vecchia, Guido Lante, cosi aveva riassunto i risultati della visita da lui compiuta durante il novembre 1789 nelle torri della sua giurisdizione: “ Ho ritrovato alcuni soldati che non avendo l'uniforme bianco indossano giornalmente la nuova montura verde, che anderà a rovinarsi se continueranno a farne questo sciatto. Trovo tutti i fucili arrugginiti in maniera che mi paiono quasi inservibili, onde sempre più mi confermo nella mia opinione che i fucili delle torri dovrebbero essere inverniciati, come sono quelli delle galere”. Inoltre le torri mancavano della copia degli editti che le riguardavano e dell’inventario di quanto vi si conteneva. Tutto ciò era vero: le torri, ridotte in pessimo stato, ripiene nei fondi di calcinacci e di lordure, con le mura coperte di erbe, offrivano un aspetto ben misero, ma da quanto ho narrato si può concludere a ragione che le cose non potevano andare in modo diverso: poste in luoghi per lo più malsani, povere, nel senso completo della parola, con presidii di soldati insufficienti, esse giustificavano appieno il giudizio espresso in proposito dal marchese De Rossi, nominato da Clemente XIII (1758-1769) ispettore del litorale dello Stato Ecclesiastico: “ La spiaggia è mal custodita, ed è sempre stata per lo passato”. Certo tra i soldati in genere la disciplina lasciava a desiderare, e a volte non esisteva affatto, capi compresi: oltre a ciò che ho detto ricorderò a tale proposito che i 4 soldati Corsi e un caporale preposti sua custodia delle porte di Nettuno volevano dipendere soltanto dal caporale medesimo, esclusa qualsiasi altra autorità locale: un caporale anzi tolse persino in affitto una vigna a Porto d'Anzio, e non si recò quasi mai a Nettuno, ( prendendo l'impiego quasi per beneficio semplice ); e sì che vi entravano di frequente fuorusciti delle tenute di Conca e Campomorto, i quali rifiutavano persino di depositare le armi nel corpo di guardia. Il piccolo presidio dei Corsi, che avrebbe dovuto essere formato di non meno di 10 uomini, inviati dalla Sacra Consulta, finì col ridursi persino a uno, e i suoi componenti erano quasi sempre vecchi e malati. Quali le funzioni specifiche di queste torri? L'ho già accennato: aggiungo ora qualche altra notizia. Esse non appartenevano alla categoria delle fortezze, e non facevano quindi saluti con le bocche da fuoco di cui erano armate: solo per le galere era dovuto un tiro di cannone: avvistato naviglio nemico, si dovevano sparare invece due mortaretti: le fumate si eseguivano soltanto nel caso di bastimenti in pericolo. Certo il compito essenziale delle torri restava sempre la difesa del litorale contro le incursioni dei pirati mussulmani, e la repressione del contrabbando, ma si estendeva anche al campo della polizia sanitaria e a quello più propriamente amministrativo. A proposito della lotta contro i pirati, nel maggio 1748 la torre di Palidoro si segnalò contro una galeotta barbaresca, richiamando sul luogo, con i segnali suoi propri e di altre torri, la flotta pontificia, che si impadronì quasi senza combattere della nave. I torrieri poi dovevano verificare la patente di sanità dei bastimenti che approdavano presso le rispettive torri, percependo un compenso non superiore ai 40 baiocchi: a quelle di Corneto e di Montalto l’approdo di solito avveniva per caricare il grano. Era fatto divieto assoluto di chiedere il pagamento degli spari di mortaletti e cannoni per costringere appunto le navi a fermarsi per la verifica delle patenti: un bastimento a tre alberi pagava di solito per quest'ultima 30 baiocchi; a due, 20; a uno, 10; una nave, 40; una barca da pesca un giulio all'Avvento e un giulio a Quaresima; una barchetta un paolo ogni sei mesi, o la quantità di pesce equivalente.
Il 2 maggio 1739 il cardinale Giuseppe Firrao, a conferma di un editto emanato il 4 ottobre 1673 dall'altro cardinale Paluzzo Altieri, dispose che qualsiasi bastimento approdando alla spiaggia romana dovesse esibire, prima dello sbarco, le fedi di sanità, sotto pena della condanna capitale per chi sbarcasse, per il castellano o il torriere: le fedi medesime, bagnate nell’aceto, sarebbero state inviate al commissario di sanità più vicino, e pure nell'aceto sarebbero state messe le monete ricevute. . I torrieri percepivano inoltre prestazioni in denaro, elencate in apposita tariffa (fallancaggio) da ogni nave per un motivo qualsiasi approdasse sul litorale: carico, scarico pesca, ecc.: queste prestazioni o diritti variavano da 10 a 50 baiocchi, secondo la qualità delle navi medesime, e ne erano esclusi solo i trabaccoli della Camera Apostolica: dai pescatori si poteva accettare pesce, ma non oltre la quantità spontaneamente offerta. Un’ordinanza in proposito fu pubblicata dal cardinale Segretario di Stato, Lazzaro Opizio Pallav icini, il 1° giugno 1775. Quanto si è detto rientrava a grandi linee nell'ancoraggio, diritto cioè che si pagava al principe dalle navi che entravano nei suoi porti, secondo tariffe che variavano da luogo a luogo, e che nello Stato Pontificio fu poi limitato a Civita Vecchia, Fiumicino e Porto d'Anzio, esclusa Terracina, onde accadde che buona parte dei bastimenti, per non pagare appunto l'ancoraggio, prima di approdare a Porto d'Anzio toccavano il porto stesso di Terracina, e qui, col pagamento di 30 baiocchi, a vantaggio esclusivo di quel Commissario di Sanità, si fornivano di nuova patente. L'ancoraggio in certe circostanze fu raddoppiato: per esempio sotto il pontificato di Innocenzo XII, allorché, per estendere il molo di Anzio, il Papa, con un chirografo del 6 novembre 1697, stabilì che a Roma (Ripa), Nettuno, Astura, Foce Verde, Caldane, S. Lorenzo, e dovunque fossero in vigore gli ancoraggi, questi ultimi venissero appunto raddoppiati, escluse le barche da Gaeta a Ostia, le feluche, e le barche peschereccie mentre pescavano. Così in un anno furono incassati oltre 1106 scudi. Editti sulle fedi di sanità e di carico risalgono anche al cardinale Paluzzo Altieri, già ricordato, alla Sacra Consulta (2 maggio 1739), e al cardinale Lazzaro Opizio Pallavicini (23 novembre 1771). Concludendo, il sistema difensivo e di polizia insieme delle torri sul litorale romano fu bene ideato, ma reso meno efficace in pratica dalle scarse qualità militari dei torrieri e dei soldati chiamati a presidiarle: ciò non toglie niente tuttavia, tenuto conto dei tempi, alla bontà originaria di quel piano di difesa.
La torre si trovava su via della Torre Clementina alla foce del canale di Fiumicino, antistante il ponte mobile . pedonale. Venne distrutta dai tedeschi nel 1944 durante la ritirata. Fu fatta costruire da papa Clemente XIV nel 1773, un anno prima della morte. . Di forma quadrata, misurava 10 metri per lato, ed una altezza di circa 20 metri compresa la base a scarpa. L'ingresso era rialzato posto al di sopra della base a scarpa raggiungibile con una scala in muratura interrotta nell’ultimo tratto dove un piccolo ponte levatoio consentiva l’accesso alla torre. . Sui quattro lati del terrazzo sporgevano le bocche dei cannoni a difesa del porto. .
L'opera venne realizzata per sostituire le altre torri non più idonee alla sorveglianza a seguito dell'arretramento della linea di costa, come indicato nell’iscrizione posta sulla torre stessa:
CLEMENTI XIV P.O.M. QUOA ANTIQUIS TURRIBUS OB ARESCENTIA MARIS LITTORA MINUS IDONEIS ELEGANTISSIMAM HANC IN IPSO RIPAE SUPERCILIO A FUNDAMENTIS EXCITARI IUSSERIT ANNO A PARTU VIRGINIS MDCCLXXIII
Questa torre aveva anche una funzione pubblica: i torrieri controllavano le merci delle navi attraccate in porto e riscuotevano le tasse.
papa Clemente XIV
Nel 1808 due navi inglesi, dopo averla cannoneggiata per tre giorni di fila, furono messe in fuga dai colpi dell’artiglieria della torre.
E' una delle tante torri erette sulle coste dello Stato Pontificio per proteggere il territorio dalle invasioni nemiche. A causa del continuo avanzare della costa, nel 1773 papa Clemente XIV dovette realizzare una nuova torre, che dal suo nome fu detta Clementina. . Torre Alessandrina perse così il suo ruolo di posto di guardia. Verso il 1818 le venne affiancato un palazzetto a due piani per il servizio di dogana. . In seguito, tra la Torre Alessandrina e la Torre Clementina, nacque il nuovo borgo di Fiumicino. . Oggi Torre Alessandrina è inglobata tra due costruzioni. Recenti studi storici e strutturali sostengono tuttavia che l'edificio attuale costituisca semplicemente un elemento ornamentale del palazzo della dogana. Questo, infatti, non era a ridosso della Torre Alessandrina, ma solo collegato ad essa da un corridoio. Inoltre grandi differenze nella posizione della torre rispetto al fiume hanno portato gli studiosi a ritenere che Torre Alessandrina non sia quella che si trova sul palazzo della dogana. .
La torre era di forma quadrata, con la base a . scarpa, disposta su due piani. Sulla sommità raggiungibile con una scala a chiocciola la terrazza con una guardiola per le sentinelle ed un ripostiglio per le polveri e . le munizioni. L’ingresso e la prima camera erano posti sopra la base a scarpa raggiungibili con una scala in muratura che terminava, prima dell’ingresso, con un piccolo ponte levatoio che la guarnigione ritirava per impedire l’accesso ad eventuali . assalitori.
Ritagli di vari autori che attestano come il mare si sia allontanato dalla costa rendendo in tal modo la torre inservibile per gli scopi che l’avevano fatta costruire.
Carta dell’Ameti
Nel 1705 responsabile della torre era Cristoforo Regiputi pagato 8 scudi al mese. La guarnigione era composta da un caporale con 5 soldati.
Papa Alessandro VII
La Rocca di Ostia (Castello di Giulio )
II
Agli inizi del '400, papa Martino V (1417-1431) fece costruire, una torre rotonda circondata da un fossato per il controllo dei traffici doganali e per la presenza delle saline il cui monopolio spettava alla Curia. . Tra il 1483 e il 1487 durante il pontificato di Sisto IV, il cardinale Giuliano della Rovere (futuro papa Giulio II) finanzia la costruzione del Castello affidando i lavori all'architetto fiorentino Baccio Pontelli che usufruì in notevole quantità di materiale proveniente dalle rovine di Ostia Antica. La pianta di forma triangolare della Rocca, la . cui funzione primaria era quella di controllo e di difesa, fu ideata al fine di inglobare la torre preesistente che divenne il mastio del nuovo complesso difensivo. . Tutto il complesso venne circondato da un ampio fossato. . Con l'assedio del duca d'Alba (1556) e l'inondazione del Tevere (1557) la Rocca di Giulio II terminò la sua primaria funzione. . Nei secoli successivi vennero fatti lavori di ordinaria manutenzione fino al 1736 quando Pio VI, nell'ambito di un vasto piano di bonifica finalizzato allo sfruttamento delle saline, restaurò i danni che la Rocca aveva subito nel corso dell'occupazione spagnola. . Altri lavori di manutenzione all'edificio furono eseguiti prima sotto Pio VII (1800-1823) e poi sotto Pio IX (1846-1878), che divenne alloggio dei forzati utilizzati negli scavi archeologici di Ostia Antica.
1482
1494
1692 - Nel corso della ispezione che Miselli detto Burattino fece per conto di Papa Innocenzo XII così viene descritta la situazione della torre: Ostia Gionto nella torretta d’Ostia della R.C. Vi ho trovato in assenza del Castellano Giuseppe di Tomasso Torreggiano, che guarda e tiene conto del detto Castello situato dentro la Città vecchia d’Ostia. Per entrare in torretta si passa per un Ponte di legname, lungo palmi 40, e largo 10 in circa,a causa della Palude, che le sta invicino, che gli rende aria poco buona: Alla fine del ponte si trova la prima Porta, che sta alla banda da Greco, che conduce in un corridore, nell’estremità del quale a’ dritta vi è la porta per entrare nel primo piano del Castello,in cui sono molte stanze d’ogni parte, quindi a mano dritta si trova le scale, che ascende al Maschio, dove ho riconosciuto le sottoscritte armi, monizioni, et altre cose necessarie alla sua difesa, che tiene in consegna il Castellano chiamato Di Girolamo provisionato di scudi .... Il mese con patente dell’e.mo ...... E promette tenerle sotto bona custodia, e renderne conto, in fede di che il detto Torreggiano in luogo del Castellano ha dato comissione di sottoscrivere il p.nte foglio non sapendo egli scrivere Questo dì 7 luglio 1691
Armi e Monizioni Un quarto cannone da lb 16 con arma di Paolo 3 Moschetti n: 13 con loro bandoliere e forcine Mortaletti di metallo n: 2 Cucchiare e garagolle per il detto Palle di ferro da lb:16 num: 30 Palle da moschetto num: 50 Polvere Due campanelle di metallo una grossa e l’altra piccola in campanile di legno Bisogni In questa torretta d’Ostia vi sono li seguenti bisogni cioè p° Polvere della quale non ne è ne trovata niente 2 Mutare i 2 mortaletti,che non sono più buoni a niente Mutare li 15 moschetti che sono parimenti inutili Risarcire di nuovo la Porta del Maschio, altrimente minaccia rovina in Maschio med imo Rifare i fusti di legno alla Porta maggiore del Castello Rifare il Campanile della Campanella più grossa Giuseppe Gavini scrisse di Com mane
La Torre Niccolina o Torre di Fiumicino fu costruita, in appalto, da Ludovico Mattei, Bruto Della Valle e Filippo Serlupi, per la somma di 2147 scudi: la Camera dava facoltà di “ cavare in tutti quelli contorni a sei miglia appresso il mare ogni sorte di pietra e mattoni atti a murare dette torri, che siano "d'edifitii vecchi”, e aggiungeva: . “ Nell'edificare stiano all'ordine del soprastante deputato da Nostro Signore, con un bello epitaffio degno del luogo”. (Montenovesi Ottorino) Poco prima del ponte levatoio Due Giugno, in una proprietà privata, è visibile Torre Niccolina o "Diruta" o "Torraccia dello Sbirro".
Niccolò V
Fatta edificare nel 1450 per volere di papa Niccolò V, da cui deriva il nome, la torre sorgeva in prossimità del canale artificiale di Fiumicino (ora a circa . due chilometri dal mare). L'appellativo di "Torraccia dello Sbirro" deriva dal fatto che i torrieri incaricati dalla Reverenda Camera Apostolica spesso la cedevano ad altri, che tiranneggiavano gli abitanti in cambio di protezione. Per il continuo avanzamento della costa, la torre fu abbandonata e si ridusse ad un rudere: comparve così . l'appellativo di "Diruta". Fu completamente ristrutturata nel 1567 quando fu decisa la ristrutturazione generale delle torri di guardia, sotto il pontificato di papa Pio V.
Nel 1579, 25 vascelli algerini approdarono a Fiumicino proprio mentre papa Gregorio XII dimorava ad Ostia. Dalla torre partirono i segnali convenzionali di pericolo ( fumate e suono della campana) e le milizie capitanate da Paolo Giordano Orsini, dal vicino Castello della Magliana si precipitarono sulla costa mettendo in fuga i pirati.
Carta dell’Ameti
Nel 1500 le continue scorrerie dei pirati Saraceni indussero il Papa Pio V a costruire questa torre che assunse il nome di S.Michele in onore di San Michele Arcangelo, protettore dello stesso Pio V. Per tale realizzazione venne dato l'incarico a Michelangelo ma, alla morte del Buonarroti fu portata a termine da Giovanni Lippi che concluse i lavori nel 1568. Una targa posta sulla torre riporta la seguente iscrizione: PIUS PONT. MAX. ET BENIGNUS TURRIM HANC SANCTI MICHAELIS CUN ALIIS QUINDECIM IN LITORE MARIS PRO COMUNI SECURITATE A FUNDAMENTIS ERIGI MUNIRI ET CUSTODIRI MANDAVIT ANN. SAL. MDLXVIII PONT. EIUS III.
1589 - agosto - Tre navi pirata Tunisine entrarono di notte nella foce del Tevere che, per il pessimo stato delle artiglierie della torre di S. Michele, s'impadronirono di due bastimenti da carico, uno pieno di vino greco, l'altro di granaglie. La torre lanciò i segnali d'allarme che immediatamente furono raccolti e ritrasmessi di torre in torre fino a Terracina. I pirati affondarono il primo battello alla foce del Tevere, trascinando a rimorchio il secondo. Il Lercari, appena avvertito, prendeva subito il mare e dopo un inseguimento fino al confine dello Stato Pontificio intercettò le tre fuste pirate le quali, però, con il favore della notte, riuscivano a dileguarsi, abbandonando la preda. 1691 - Nel corso della ispezione che Miselli detto Burattino fece per conto di Papa Innocenzo XII così viene descritta la situazione della torre: Torre di San Michele Gionto al Torre di san Michele della R.C. vi ho trovato Antonio Pellucchi torriero provvisionato di (scudi) 8 il mese con Patente dell'E.mo Cybo Becano, e Giuseppe Carocci suo soldato. Questo torre e' situato lontano dal fiume grande 100 passi in circa dalla parte di Levante, discosto un' miglio dalla Marina, a causa del ritiro che da molt'anni in qua' ha fatto il mare, et e' fatto a' guisa d'un' Colisieo antico : Tiene sua porta da Tramontana con sua scala per entrare nel primo piano, dove sono molte stanze d'habitare, quindi a' mano dritta ascendendo p una scala a' lumaca de mattoni molto commodasi v… dentro al Maschio, in cui si conservano le sottoscritte armi,
monitioni, et altre cose necessarie alla sua difesa, che sono in consegna al sud. Torriero, il quale promette, tenerne, e renderne conto, et in fede ha sottoscritto il p'nte foglio di sua propria mano: questo di 7 luglio 1691 Armi e Monitioni Un falcone da lb. 8 con arma di Pio 4째 un falconetto da lb. 4 con arma simile Mortaletti di ferro num: 2 moschetti num: 2 Cucchiare e garagolli p li pezzi Palle di ferro da lib 8 num: 2
palle di ferro da lb. 4 num: 20 palle da moschetto num: 60 Polvere barrili dua, e mezo bar.li 2.1/2 sua Campanella di metallo con arma di Caraffa in camp. le di legno
Bisogni In questo Torre San Michele vi sono li seguenti bisogni cioe': p째 Il garagollo del falcone da 8 2 mandarvi una cucchiara a' proposito, che quella che vi e', e' troppo grossa 3 Mutare li due mortaletti suddetti perche' non sono pi첫 boni a niente 4 rifare l'occhietto d'attaccare il patacchio alla Campanella che s'e' rotto Bandoliere e forcine num: 2 Fare accomodare i canali, che portano l'acqua alla Cisterna, i quali per essere rotti diffondono p le volte del torre con danno notabilissimo di quelle Antonio Pellucchi mano p.pria
Artiglierie che sono nel Torre di San'Michele
Carta dell’Ameti Carta del Cingolani 1690
Il nome di Torre Boacciana deriva da Cencius Bobazanus che nel 1200 la ricostruì probabilmente sui resti romani dell’antico faro di Traiano di Ostia All’inizio del Quattrocento fu restaurata da Innocenzo VII e successivamente da Martino V. Nel 1557 lo straripamento del Tevere causò una deviazione del percorso del fiume e per i detriti trasportati e depositatisi sulla costa, causò anche un arretramento del mare, e per questo la torre cessò la propria attività di difesa litoranea. 1550 Tre ladroni, sciolti dalla brigata di Dragut, eransi messi in società tra loro, e in busca pel Tirreno: chiamavasi l'uno Camello, l'altro il Bagascia, e l'ultimo il Bollato. Ladri nomi, come ognun sente, e certamente imposti dai nostri e loro amici, conforme ai meriti. Essi venivano con tre legni, due fusto e un brigantino: e insieme di notte al primo abbordo presso Napoli cattivarono una grossa nave carica di vini, che il viceré don Pietro mandava in Africa a don Garzia suo figlio. Fecero schiavi il capitano e i marinari, e mandarono alla Gerbe marinatoil bastimento e il carico. Poi volsero all' isola di Ventotiene per racconciarsi e dividere i guadagni minuti. Dopo cinque giorni alzarono la vela alla volta del Circeo : ma sorpresi da grosso fortunale rifugiaronsi a Ponza, dove stettero dieci giorni a ridosso. Indi ripigliata la via per maestro, presto ebbero l'incontro di una tartana con venti passeggeri, usciti anche essi al buon tempo da Gaeta , e volti cheli cheti alla Fiumara di Roma ed alle indulgenze del giubilèo. Pensate rubalderia di Turchi ! Presero a un tratto pellegrini, marinari e tartana;e consegnarono ogni cosa al Bollato, perchè col suo brigantino di scorta menasse gli schiavi e il naviglio al mercato della Maometta. Le due fuste vennero avanti alla foce del Tevere, cercando se altri volesse entrare od uscire senza spese di rimburchio: ma scoperti dalla torre Bovacciana, allora più propinqua al lido, e salutati di alcune cannonale, tirarono oltre.
Non si hanno molte notizie su questa torre, che venne comunque riportata dal Cingolani sulla sua carta del 1696
Il Padre Alberto Guglielmotti cosÏ la ricorda: .... vicende di ruine e di casotti ha toccato la torre di Piastra, che nel decennio (1560-70) era l’ultimo anello della catena sulla sinistra del Tevere. ( P.A.Guglielmotti - Fortificazioni ‌.. pag.482) ...Il volgo di quei luoghi invece di Piastra dice Fiastra...
E.Martinori - Lazio Turrito - 1929 Mappa del Catasto Alessandrino - 1660
Carta di G.F.Ameti- 1693
La costruzione originaria di questa torre dovrebbe risalire al sec. IX (800 circa) come posto di vedetta sulla costa detta anche " Cacio Cavallo". Nel 1567, in ordine alla bolla di Pio V ( De Aedificandis Turribus … ) la torre venne completamente restaurata affidandone l’incarico a Marcantonio Colonna. Questi avendo chiamato Tor Materna la torre nei pressi di Anzio in onore della madre Giovanna d’Aragona, decise per il nome di Tor Paterno in onore del padre Ascanio. Fu nominato un custode, Antonio Marasi, che abitava nella torre con 3 soldati Nell’ Inventario officiale dei posti di guardia lungo le coste datato 1631, così riferisce circa questa torre ( G.M. De Rossi - Torri e castelli medievali della Campagna Romana - Ed. De Luca) : .... questa è giurisdizione dei sigg. Neri, non fa fazione alcuna, per essere posta due miglia e più infra terra, non se gli dà munitione alcuna, né meno ci sta artiglieria... e nel 1652, in un rapporto del Sergente Giuseppe Morelli, abbiamo conferma che la torre ... è del sig. Alessandro del Nero, .... con poca monitione.. ed è a mezzo miglio dentro terra. E’ da osservare che le due precedenti dichiarazioni si contraddicono circa la distanza dal mare, ma sono dichiarazioni che si riferiscono non tanto alla localizzazione del sito, quanto allo stato di conservazione e al grado di difesa che la torre poteva sostenere. Nel catasto Alessandrino del 1660, la torre è rappresentata di forma quadrata, di quattro piani e piazza d’armi con merli. Accanto alla torre è rappresentata una casetta che alcuni ritengono sia stata una piccola chiesa. Questa particolarità si può notare anche nelle rappresentazioni grafiche di molte torri del litorale, e venivano costruite come riparo per gli animali che il torriere allevava o come stalla dei cavalli delle pattuglie che percorrevano le spiagge.
La torre di Paterno esisteva ancora ai tempi del Cingolani, si come da lui la vediamo scritta e disegnata nella preziosa topografia della campagna romana ( P.A.Guglielmotti - Fortificazioni… pag. 482)
De Bonstetten nel 1800 circa così riferisce ... La casa di Torre Paterno, appartenente a ricca famiglia fiorentina, è costruita attorno ad una di quelle vecchie torri medioevali che si vedono di tratto in tratto in tutta la campagna romana. La torre stessa, un poco restaurata e intonacata, serve da belvedere. Io vi salii per poter ammirare a mio agio da lassù il panorama che vi si scopre. ..... Seguiamo ora il nome di Laurentum: abbiamo da prima il villaggio di Laurento, distante un quarto di lega da Torre-Paterno; ... (C.V. De Bonstetten - Voyage sur les scènes des six derniers livres de l’Eneide - 1805)
Carta dell’Ameti
Carta di Eufrosino della Volpaia
Antonio Nibby nel suo volume Viaggio Antiquario nei contorni di Roma, cita che nel registro di Cencio Camerario (riportato dal Muratori) risultava che nell'anno 720 circa Gregorio II concedeva in affitto al console Giovanni " ... fossam, quae dicitur Valanicum iuxta campum Veneris, miliario ab urbe Roma plus minus XX. ex corporae Fonteianae patrimonii Appiae .... " ( vallata detta Valanicum nei pressi del " campum Veneris" distante dalla cittĂ di Roma circa 20 milia giĂ facente parte della [massa] Fonteiana del patrimonio dell'Appia). Il nome "Valanicum" derivava da una deformazione del termine greco "balani" che significava ghiande, il che ci fa immaginare come il territorio fosse una selva rigogliosa costituita principalmente da querce ghiandifere. La costruzione fu eretta sotto la direzione dell'Archi tetto Giacomo della Porta. La torre era di forma quadrata di circa 13 metri per lato e sviluppava un' altezza di circa 17 metri. La base era a scarpa su cui poggiavano due piani sopra i quali era collocata la piazza d' armi recinta da smerli. Nelle capanne raffigurate nei disegni, alloggiavano i cavalli e i soldati della squadra che perlustrava il tratto di litorale assegnato. L'appellativo di Torre di Mezzavia gli venne dato per la sua collocazione, in quanto segnava la metĂ del tratto di costa fra il Tevere e Anzio. Il torriere riceveva dalla Camera Apostolica 10 scudi al mese con l'obbligo di tenere un soldato, e nella torre potevano dimorare 4 soldati a cavallo per perlustrare la spiaggia fino al casale detto del Baron del Nero ( v. Porcigliano), oltre Tor Paterno.
Nel 1564 la tenuta di Campo Selva, di cui Valanicum faceva parte, era di proprietà dei Cesarini di Ardea. Nel 1567 era proprietaria di Pratica Virginia De' Maximi, tutrice del figlio minore Luca, il vero erede della proprietà. Virginia, come titolare della tenuta di Pratica, venne obbligata con la bolla di Papa Pio V "Constituzio de aedificandis turribus in oris maritimis " a contribuire finanziariamente alla costruzione di Tor Vaianica: " .... a la focecha fare una torre a la banda di ponente; ...... devono contribuire la Sig. Virginia . de’ Massimi per conto di Pratica et li Frangipani.....” Ma le forze economiche di Virginia non erano sufficienti per contribuire all'erezione della torre, che infatti venne costruita più tardi, nel 1580 dai Cesarini di Ardea . 1624 - 8 agosto. Per un pericoloso contagio tutte le torri litoranee vengono chiamate in causa per effettuare un particolare servizio di vigilanza al fine di evitare sbarchi senza gli adeguati controlli. . Il comandante del Forte di Nettuno, Bartolomeo Segnere, fu incaricato di controllare l'efficienza di questo servizio di vigilanza e nel controllare Tor Vaianica constatò che la torre era presidiata da un ragazzo che alternava la sua presenza con quella di un marinaio. Nell'attesa di ricevere ordini in merito, chiamò il vecchio custode della torre, un certo Alessandrino, che nel frattempo era dedito all'agricoltura, in un orto di meloni poco distante. 1631 - In quest'anno risulta responsabile della torre il custode Giacomo figlio di Lorenzo Fedeli 1660 - La torre del Vaianico nella mappa di Campo Selva del Catasto Alessandrino
1665 - Nel corso delle ispezioni che Francesco Petti stava effettuando lungo le coste del litorale, . così descrisse nel rapporto la torre ed il suo contenuto: .... torre del Vaianico, e vi si è trovato un falcone da lb. 4 sfoconato con arme di Paolo III. doi moschetti sfoconati et inabili; doi mortaletti di metallo; polvere vi è barili uno e lib 30. custode è un tal Cesare d’Acquino con un soldato, con patente dell’Ecc.mo Don Mario Chigi.... 1692 - Nel corso della ispezione che Miselli detto Burattino fece per conto di Papa Innocenzo XII così viene descritta la situazione della torre: Vaianico . Gionto nella torre del Vajanico vi ho trovato Marcantonio Cesare torriero provvisionato di (scudi) 10 il mese con Patente di Mons. Imperiale, e Giuseppe di Cesare suo soldato: Questa Torre e' situata su' la Marina lontano dall'acqua passi 102, ben condizionata, tiene sua porta alta da terra 30 palmi in circa per l'ingresso, con sua scala di legno per salirvi amovibile venendo l'occorrenza, nel p.o piano vi sono due camere a volta , sopra le quali ve ne' un altra parimente a volta con quattro fenestre una per ciascheduna parte, e sopra questa la Piazza dell'Artiglieria con suoi merli attorno con una buona scala di Pietra a' Lumaca, e vi sono tutte le sottoscritte armi, monitioni, et istromenti necessarij alla sua difesa quali il suo Torriero promette tenere in bona custodia, e renderne conto, et in fede ha sottoscritto il presente foglio di sua propia mano questo di'26 Giugno 1691 Armi e Monitioni Un cannone da lb 10 con arma di Urbano 8° un cannone da lb 4 con arma di Paolo 3° moschetti num. 2 di metallo moschetti num. 2. spingarde con suoi cavalletti num 2 Cucchiare, e Perigalli per li Pezzi Palle di ferro da lb 10 num 16 Palle di ferro da lb. 4 num. 28 Palle da spingarda num. 30 Palle da moschetto num. 50 Polvere barrili num: 1 Bisogni In questa torre del Varanico vi sono li seguenti bisogni cioe' p.° Mutare li due moschetti che vi sono perche non possono servire piu' 2 Rifare i grani a i due mortaletti di metallo
Marc'Antonio Cesare m:ano proprio
1733 - Il torriere Francesco Morbiducci venne implicato in una vertenza giudiziaria con i pescatori del vicino villaggio. L'avvocato Leonardo Innocenzi, inviato dalla Camera Apostolica, si rese conto che il Morbiducci e suo figlio Alessandro avevano inventato una serie di accuse per vendicarsi dei pescatori che non volevano soggiacere alle ingiuste richieste di una parte del loro pescato. 1777 - Su segnalazione di Tor Vaianica, un gruppo di pirati Algerini, approdati nottetempo, venne catturato nei pressi della tenuta di Camposelva. Alla fine del 1700 la torre ospitava una guarnigione di sei uomini al comando di Giovenale Diofebbi. L'armamento consisteva in: 2 cannoni da 7 con 30 palle; 30 casse di mitraglia e 140 di polvere. 1800 - 22 marzo. In una nota di lavori ordinati al falegname Filippo Amiraglia cosĂŹ si legge: Torre del Vaianico Rinnovare una ruota ad uno delli cannoni con ferramenti vecchi da rifarcegli Per li letti dei soldati occorrono n. 4 tavole Per li medesimi soldati e Capo vi vogliono due tavolini con tiratori Alle due finestre del corpo di Guardia farcci due telari nuovi con loro sportelli foderati di tavola, con telaretti e vetri, ed un altro telaro simile alla finestra dello stanzino contiguo Nel vano della porta dello stesso stanzino vi si deve fare il fusto nuovo di una partita con guarnizione smussa, che manca Nella stanza del Capo mancano tutti li telari nelle finestre, che occorre di farci n. 4 telari nuovi simili all'altri con telaietti e vetri Alla porta della S.ta Barbara manca il fusto, che per custodia della Polvere vi si deve fare il fusto nuovo tutto foderato Occorreva il fusto nuovo alla porta d'Ingresso del Corpo di Guardia per essere mancante affatto il quale non era stato descritto nella nota mandata in Roma dal sigg. Ispettore, cio' non astante per essere necessarissimo e' stato fatto di nuovo senza ordinanza e pagato nel conto. 1870 circa: Disegni della torre effettuati dal Capitano del Genio Guglielmo Meluzzi
Augusto Jandolo, nella sua raccolta di poesie dedicate alle Torri del Lazio, cosĂŹ recita di TORRE VAIANICA
Jeri me so' inzognato che, in premio de 'st'amore pe' le torri, E me contenterei d'una torretta un principe m'avesse arigalato peggio piu' assai de questa e scarcinata, 'na torre in riva al mare: magari piccoletta Oggi chi fa regali a li poeti, fa conto Tor Vaia'nica. che' la rinforzerei da capo a fonno pe' passacce tranquillo er po' de tempo Piantata a pochi passi da la spiaggia, l'essere piu' boni e piu' discreti che a contentalli basta cosi' poco!? che m'arimane ancora de sta' ar monno. ch'e' deserta e servaggia, Si fossimo nell'epoca d'Augusto pareva quasi un cero sull'altare. o ar tempo de li Papi potrei spera' ch'er sogno s'avverasse... ma oggi ... solo un principe romano, sfuggito all'esattore de le tasse, potrebbe fa 'sto gesto soprumano !