COLLANA POMEZIA MEDIEVALE
. . . A C R E . C . . I . R O A T L U D R .... AL E P O I N O M I R T A P L DE
Il Borgo di Pratica di Mare Santa maria del le vigne
DI MARIO BIANCHI
VOLUME 2째
Caio Flavio Valerio Costantino Imperatore detto il Grande, figlio dell'Imperatore Costanzo Cloro e di Elena, la futura Santa innalzata agli altari, nel 206 d.C. liberò le Gallie dai Franchi; nel 310 sconfisse i Germani; nel 312 sbaragliò le legioni di Massenzio e Massimino, suoi rivali per il trono. Dice la leggenda che nella notte prima della battaglia, gli apparve in sogno una croce luminosa con le parole IN HOC SIGNO VINCES. Tale apparizione non lo fece convertire al Cristianesimo (Venne battezzato solo nelle ultime ore di vita dal Vescovo Eusebio di Nicomedia. ) , ma gli suggerì di adottare sulle proprie insegne il monogramma di Cristo. Nel 312 presso SAXA RUBRA sulle sponde del Tevere, sconfisse Massenzio che morì annegando nel Tevere e Costantino entrò trionfalmente in Roma. Nel 313, con l'editto di Milano, dichiarò il Cristianesimo fra i culti ammessi nell'impero. Nel 314 veniva eletto Papa Silvestro, un romano, che subì notevolmente l'influenza di Costantino, dal quale ottenne cospicue donazioni per la Chiesa (Su tali donazioni molti storici nutrono dubbi. Il Constitutum Constantini sarebbe infatti un falso redatto a Roma nel 753 con cui la Chiesa pretese di far risalire ad una legge di Costantino il fondamento del proprio potere, non solo religioso ma anche civile.) ." Il documento, asserisce Pinardi(1)
malgrado la sua autenticità, è di alto interesse storico, come espressione del punto di sviluppo della politica della Chiesa Romana che, verosimilmente sotto il pontificato di Paolo I , durante il quale Pipino donò l'Esarcato al Papa (755), si autonominò depositaria dei cospicui beni per i quali, l'autorità imperiale romana, con la estinzione graduale del culto pagano e l'affermarsi del cristianesimo, non aveva visto fin dai primordi, migliore destinazione di quella del loro naturale assorbimento da parte della Chiesa. In tal modo, vaste estensioni della Campagna Romana passarono nel patrimonio ecclesiastico a cui si aggiunsero le donazioni del patriziato romano e le terre dei proprietari minori che preferivano conservare il possesso di enfiteusi, cedendone la proprietà all'autorità religiosa che li avrebbe dovuti difendere dai soprusi non insoliti nel contado e, comunque, sollevare dal gravame fiscale. Tale forma di affitto consentiva, per lunghissimi periodi o addirittura in perpetuo, il diritto alienabile e trasmissibile del godimento pieno del terreno con l'obbligo, da parte dell'enfiteuta, di apportarvi migliorie e di orrispondere al proprietario un canone annuo in denaro o derrate. E fu con tale forma che le istituzioni religiose della Chiesa, cedettero le loro vaste proprietà agli enfiteuti, proprio nel periodo in cui la terra era la principale fonte di ricchezza e l'agricoltura l'attività predominante". 1 - (Oreste Giuseppe Pinardi - Itinerari Romani - Vol.1° - 1993 - appendice pag.4 e segg.)
Tra i primi atti di donazione ( 314 d.C.) citiamo quello fatto alla basilica di Santa Croce nell'Agro Sessoriano (La basilica di S. Croce in Gerusalemme venne costruita da S. Elena, madre di Costantino, dove depose un pezzo della croce di Cristo, da lei ritrovata in un viaggio in Terrasanta. ) alla quale venne assegnato il possesso di " Patras " (Patrica)....
Constantinus Augustus basilicam in palatio Sessoriano que cognominatur Hierusalem, in quo loco hoc constituit donum sub civitate laurentum possessionem Patras (2 ) . Da tale documento molto probabilmente l'antica Lavinium assunse il nome di Patras e a tal proposito il Trovalusci asserisce che tale trasformazione del nome fu molto probabilmente adottata per cancellare dalla memoria dei romani le costumanze religiose e i riti pagani che l'antico nome rammentava e che non si addicevano al nuovo nucleo cristiano insediatosi. Ma questa affermazione del Trovalusci discorda con quanto stabilito da Costantino nel 443, il quale con un editto dichiarava che ogni superstizione doveva essere posta al bando ma che, ad evitare i saccheggi dei Cristiani, tutti i monumenti dell'antica religione dovevano rimanere illesi, e che nessuno doveva danneggiarli. Certamente questo editto nel corso degli anni venne disatteso, considerando che molte chiese poggiano il loro basamento su antichi templi o edifici un tempo pagani.
Costantino e sua madre Elena ( Chiesa di Emali Kilise Sec. XI - Arte Monastico-bizantina)
Con questa ultima annotazione finiscono le notizie su Pratica relative all'EVO ANTICO (EVO ANTICO : dal 3300 a.C. al 476 d.C )
2 - Liber Pontificalis - ediz. Duchesne, I, 180 (.... il possesso di Patras sotto la cittĂ de' Laurenti)
Alto Medio Evo ( dal 476 d.C. al 1000 ) Considerando la documentazione riportata in precedenza, possiamo ritenere che intorno al 600 sia sorta la chiesa di Pratica di Mare come primo tempio Cristiano dell'Agro Romano e dedicata a S. Lorenzo, in quanto il Santo in questione era nativo della vicina Laurentum, . località a poche miglia da Pratica. L'orientamento della chiesa era diverso dall'attuale, era cioè disposta con la porta orientata verso il mare, come si può notare andando sul retro della chiesa, spostandosi sul lato sinistro guardando la fontana, si noterà la vecchia abside, in laterizio, inglobata nell'attuale . edificio, che per molto tempo ha ospitato la sacrestia. Recentemente, dopo alcuni restauri è venuto alla luce il frammento di un affresco.
Foto di Thomas Ashby (1900)
Secondo il Nibby (4) l'erezione della chiesa doveva aver tenuto conto dell'esistenza di un precedente manufatto, forse un tempio, che doveva pur esistere al centro dell'antica Lavinium, rivolto verso il centro sacrificale delle 13 are. Su queste fondamenta solide e certamente collaudate dal tempo, i Benedettini eressero la loro . chiesa. 4 - pag. 242 Antonio Nibby - Analisi Storico Topografico antiquaria della carta dei dintorni di Roma - 1849
Il pontefice Marino I (882-884), stimando gli abati benedettini come abili colonizzatori delle campagne, donò al Monastero di San Paolo Civitas Patrica. Quindi la Possessio Patras ( Fondo del Padre) assunse il nome di Civitas Patrica, e il termine Civitas (popolazione, comunità) venne usato in quanto il centro si era popolato. Nel 776 l'antico territorio dei Latini e dei Rutuli con i loro centri di Lavinium ed Ardea erano ormai deserti ed il Papa Adriano per rivitalizzare la zona, volle porvi una "colonia" istituendo il fondo Calvisianum a 15 miglia da Roma lungo la via di Ardea. Queste due tenute (Tignosa e Solforatella), ora riunite un'altra volta, corrispondono colla domus culta qui vocatur Calvisianum, fondata da Adriano I. (4a)
Era questa la prima Domus Culta istituita nella zona (5 ).
Mappa dei possedimenti dell’Abbazia di S. Paolo nell’anno 1000
4a - Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 41 5 - Bolla di Gregorio VII - Margarini - bollario Cassinense, Tomo II
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Basso Medio Evo (dal 1000 al 1492) Papa Gregorio VIII (Ildebrando degli Aldobrandeschi 1073- 1085) con una bolla confermava tali beni al monastero di San Paolo : ... Civitatem vero Patricam cum omnibus appendiciis et cum tota ecclesia S.Laurentii sicut beatus Marinus papa concessit monastero tuo .... ( la città di Patrica con tutte le appendici, e colla chiesa di S. Lorenzo siccome era stata concessa al monastero di S. Paolo dal beato Marino Papa) (6) .
Papa Gregorio VIII
E' da considerare la vastità territoriale dei Benedettini di S. Paolo che in quest'epoca raggiungeva i 18.500 ettari coprendo un territorio che dalla Massa Fonteiana ( ostia-CastelFusano) arrivava fino ad Anzio ed oltre, inglobando parte dei Castelli Romani.
Era questo un periodo in cui il papato e l'impero nelle persone del papa Gregorio VII e Enrico IV erano in netto contrasto, tanto da indusse il Papa non solo a munire Roma di sostanziali difese, ma creando una vera cerchia difensiva intorno a Roma utilizzando principalmente le strutture Benedettine, in modo particolare quelle di S. Paolo, e fu proprio in questo periodo che a Pratica venne innalzata la Torre e tutto il borgo venne munito di murate difensive. . Con tale fortificazione verso il litorale e con il controllo della via Ardeatina con il Casale Mandra e della via Laurentina con Castel di Decima Gregorio VII si era garantito una certa sicurezza anche sulle terre del Patrimonio. .
Papa Pasquale II (Raniero di Bieda) nel 1113-16 "confirmat ... possessionem ... in loco qui dicitur Patricae justa mara partis ecclesie cum pertinentì suis ..." all'Abbazia di Grottaferrata (7); ed in questo secolo secondo il Nibby è restaurata l'abside della chiesa di Patrica.
Papa Pasquale II
6 - Documento esistente nell'Archivio di S.Paolo pubblicata dal Galletti pag.65 e seg. 7 - B.Ap.Vat. Archivio Barberini, Studi e documenti di storia e diritto, VII 1886
Castrum Patricae Nel 1130 l'Abbazia di San Paolo aderisce alle iniziative dell'Antipapa Anacleto II, il quale con una bolla conferma loro i beni (8), e successivamente Papa Innocenzo II legittimamente eletto, non cambia quanto stabilito dai predecessori. Nel 1139 il termine civitas si trasforma in Castrum e tale documentazione l'abbiamo in una querela presentata al concilio lateranense tenuto davanti a Innocenzo II (1130-1143), con la quale l'abbate Azone rivendicava ai Baronzini una porzione della tenuta da questi occupata abusivamente "istanze fatte dal Monastero di San Paolo per ricuperare i castelli e beni, che gli erano stati tolti. . .. Primum ego adversus ... de Baronzinis qui detienent quandam partem in castro nostro quod . vocatur Patrica (una certa parte nel nostro castro chiamato Patrica). (9) Il castello tornò quindi in possesso dei monaci ma è da notare che il termine usato di CASTRO ha il preciso significato di " spazio chiuso e fortificato " il che significa che Pratica aveva già un muro di difesa e poteva considerarsi un vero centro . fortificato. Era questo il periodo in cui le invasioni dei saraceni, le scorrerie dei pirati e le lotte baronali avevano costretto i pochi rimasti dallo spopolamento delle campagne a ritirarsi nelle zone più sicure del loro territorio, circondandolo di mura e creando in tal modo un luogo fortificato che desse loro una maggiore, per quanto relativa, . sicurezza e tranquillità. Pratica aveva già adottato tale provvedimento e da questo l'appellativo Castrum Patricæ e i pochi resti di tale fortificazione sono visibili sul lato orientale della borgata.
8 - Bull.Cass. II) 9 - Galletti, Dissertazione sopra Capena - Trifone vol.XXXI)
Nel 1203 Innocenzo III dei conti di Segni (1198-1216) confermava con una bolla tali possedimenti al monastero di San Paolo ... Patrica cum ecclesiis et pertinentiis (...Patrica con le chiese e loro pertinenze), ed alla chiesa di San Lorenzo vengono probabilmente aggregati gli avanzi delle vicine domusculte Lauretum e Calvisianum con le loro chiese.
Bolla di Innocenzo III
Simboli di Innocenzo III in calce alla bolla La riconferma delle donazioni si ha poi anche con i successivi pontefici: Onorio III (1218); Gregorio IX (1236), e gli imperatori Arrigo VI e Carlo IV (1369) Nel 1236 Giordano di Giovanni Giordano de Petruciis... da mezza parte del castrum Patricae e del suo palazzo in Roma alla moglie. In un documento del 1330 dell'archivio di S. Maria in Via Lata, dove si indicano i confini del castro o casale Perottile (Petronilla), viene indicato il tenimentum castri PatricÌ. . Ci riferiamo nuovamente al volume di Oreste Pinardi "Itinerari Romani" per capire se Pratica è giusto definirla Feudo oppure Proprietà derivante da acquisti legali.
" Le prime infeudazioni, operate dal Papa o dai Vescovi suburbicari, delle quali si ha testimonianza, ancorchè sotto la figura giuridica dell'enfiteusi e prive della trasmissione ereditaria, furono: nell'anno 946, un monte presso Velletri, dal Vescovo a tale Demetrio; nell'anno 970, la città' di Palestrina da Papa Giovanni XIII . a sua sorella Stefania;" A. di Lello Gibelli del rione S.Angelo concede nel 1369 per un anno a C. Paulini, notaio, 2 rubbi di terra in "tenimentum castri Patrica" in cambio della metà del raccolto (10 ). Nel 1385, da un contratto (Notaio Vendittini Protocollo cop. 785 del 21 luglio 1385 ) di vendita di erbe e ghiande che l'Abate del monastero di S. Maria di Grottaferrata fece a un tal Giovanni Cerrone si legge ....Castri olim nunc reducti ad casale (Casale:Termine improprio dovuto forse ad una errata interpretazione del manoscritto) quod vocatur Patrica... ( ... tutte le erbe grosse e minute, le ghiande e le raschie di tre parti del castello ora ridotto a casale chiamato Patrica, fuori la porta di S. Paolo) risulta che Patrica non è più di proprietà di S. Paolo ma una parte della tenuta e del castello viene attribuita a Ludovico de Papazurri e l'altra all'Abbazia di Grottaferrata. Il 1400 a causa delle guerre dello scisma e dei baroni ribelli il patrimonio benedettino attraversa uno dei peggiori periodi e gli sconvolgimenti cui va soggetta a causa dell'assenza dei papi si ripercuotono anche sui dintorni. . Nel 1403 metà del castello ( forse l'altra parte citata sopra ) risulta appartenente a Gocio (figlio di ) di Nardo (figlio di ) Gocio de Granellis del rione Regola di Roma, il quale vende 5/6 della sua parte di proprietà al nobil uomo Jacovello, figlio del quondam (ll termine Quondam che significa " una volta" è forse un modo per indicare " qualche tempo fa ") Branca (figlio) di Gianni Judice appartenente anche lui al rione Regola per la somma di 537 fiorini ; in tale documento Pratica viene indicata ancora come castro : eiusdam castri quod vocatur PATRICHA ( lo stesso castello che viene chiamato Patrica - (11).
Arriviamo al 1417 quando a Costanza, nel corso del Concilio (12), si ritenne ormai concluso lo scisma e si iniziarono i preparativi per il conclave nel quale sarebbe stato eletto il nuovo Papa legittimo. Riunitosi il conclave l'8 novembre, dopo tre giorni si conclusero i lavori con l'elezione del Cardinale diacono Oddone Colonna nato a Genazzano nel 1368, che assunse il nome di Martino V, e la chiesa ritrovò . l'unità dopo 39 anni di discordie. Nel 1420 il Papa entrava in Roma, trovandola tra case e chiese distrutte, con carestie ed epidemie dilaganti. L'impegno principale del Papa era quello di ridare allo Stato Pontificio una forte monarchia unitaria, centralizzando in Roma quell'aggregato di municipi e provincie governate con diritti speciali e statuti eterogenei, servendosi per quest'opera di restaurazione dell'appoggio dei parenti, gli unici di cui si poteva fidare, combinando matrimoni con i vari signori delle province dello Stato Pontificio, ed elevando alla porpora Cardinalizia alcuni figli di questi tra i quali Bartolomeo Capranica, figlio di Camillo ( o Bartolomeo) Capranica che Martino V Colonna nel 1421, nominò signore di Pratica , mentre nella vicina Ardea infeudava il nipote Giordano Colonna al quale giurarono fedeltà i circa 700 abitanti del feudo (13) . 10 - B.Ap.Vat. Atti A.Scambi 11 - Documento dell'Archivio di S.Angelo in Pescaria 12 - Claudio Rendina - I Papi - 1993 13 - Luca Brasini - Orvieto 1993 - Riflessioni su documenti noti e meno noti riguardanti il villaggio di Pratica )
Pertanto con l'infeduazione di Pratica ai Capranica e di Ardea ai Colonna i Benedettini persero i loro diritti su questi i territori ponendo fine alla loro Possessio. Nel 1432 in un atto conservato nell'archivio dei Capranica, nel descrivere i confini della tenuta di Ardea, viene indicato il tenimentum casalis, quod vocatur Patrica illustris Bartholomaei de Capranica et aliorum ejus consortium ( la tenuta casale chiamata Patrica di proprietà dell'illustre Bartolomeo Capranica e di altri suoi famigliari ). In questo atto viene usato impropriamente il termine casale, forse . dovuto ad un linguaggio notarile. Da questo periodo, con l'introduzione del bestiame, l'agricoltura è pochissimo esercitata ed i diversi proprietari trovano più utile lasciare incolti i terreni, . traendone solo erba da pascolo. Nel 1484, in un atto relativo al taglio di una macchia presso Pratica, concesso a Giacomo Alberini e Girolamo Pichi o Picchi, avviene un errore ortografico che in . seguito muterà il nome di Patrica in Pratica. In questo secolo la Chiesa di Pratica venne elevata ad ARCIPRETURA in quanto il Parroco che assumeva quindi il titolo di Arciprete, aveva la giurisdizione sulle due Cappelle di Tor Paterno e Solforate. Non è invece da prendere in considerazione la notizia del Geli sulla esistenza di una iscrizione dichiarante che il nome Pratica è dato alla cessazione di una pestilenza, quando gli abitanti sono riammessi alla comunicazione (pratica) con i dintorni.
Pianta della chiesa di Pratica secondo i rilevamenti del Sangallo orientata verso il mare
Evo Moderno (dal 1492 al 1789 Rivoluzione Francese) Nel 1499 viene citato nel codice Ottoboniano (14) un atto di accordo fra Gabriele Cesarini e Antonio Frangipane, che risultava essere il proprietario di Pratica, circa un terreno della tenuta di Pratica che riprende il termine di castrum : terrae, sito in tenimentum castri Praticae. . Nel 1501 Pratica figura tra i feudi di G.Cesarini che Alessandro VII prende sotto la . sua protezione. (15) 1512 Domenico de Massimi, Marchese di Prossedi, Pisterzio e poi Pratica, compra dai Cesarini una parte del casale e del tenimento di Pratica posseduta dal Colonna ed altri soci: . . . certam partem casalis et eius tenimenti vocati Pratica". ( 16 ) . Nel 1512 o 1517; Domenico ne acquista la restante parte insieme ai casali di Pozzo Jordano, alla metĂ di Santa Procula e la terza parte di Camposelva: "Copia.. della vendita del castello o casale di Pratica fatta da Gio Cesarini a favore di Domenico Massimi per prezzo di 2000 ducati in oro..." (17 ). . Nel 1518 con un breve (Breve: scrittura papale che non porta bolla con piombo ma sigillo e non ha una datazione solenne. Venne istituito dal 1300 in poi.) del 2 maggio, Leone X Giovanni de' Medici nomina Prospero Colonna, Duca della Marsica, Commissario delle Cacce per aver saputo che molte persone " andassero a caccia tanto degli animali quadrupedi, che dei volatili servendosi degli schioppi, e che volendo provvedere a che gli animali non fossero distrutti con tale mezzo di caccia, e i nobili non ne rimanessero privi ".
Pratica nella carta di Eufrosino della Volpaia
14 - Codice Vaticano Ottoboniano n. 2550 15 - ASV Reg.Vat. 871 f.13 16 - AST Coli.Not. Cap. S.de Vannutiis prot.1828 f.141 17 - Arch.Massimo VI prot.353 nr.64
Nel 1540 Pratica viene a far parte della bandita riservata alla caccia (18) alla quale appartenevano anche il castello di Porcigliano, Ardea, Nettuno, e le località' fino a Cisterna, compresi i Castelli Romani nelle località di Rocca di Papa, Marino, Castel Gandolfo, Albano Ariccia e Genzano; i contravventori erano puniti con il pagamento di cento ducati d'oro ed altre pene da infliggersi ad arbitrio del Commissario delle cacce. E' significativa a tal proposito la carta di Eufrosino della Volpaia intitolata Mappa della Campagna Romana del 1547 che lo stesso autore dice di avere eseguita" a beneficio non ma(n)cho delli Cacciatorj che delli altri ".
il Marchesato di Pratica Nel 1526 Pratica risulta in possesso di Domenico de Massimi, Marchese di Prassedi, Pisterzio e Pratica, che l'aveva acquistata in parte il 20 aprile 1512 da Giovanni Giorgio Cesarini (19) . Domenico de Massimi, uno degli uomini più ricchi di Roma ma avarissimo (20 ) , nei giorni del Sacco di Roma (1527) perse tre figli trucidati e le figlie violentate dalle milizie imperiali, mentre il palazzo detto del Portico nel rione . Parione, venne dato alle fiamme. (21) Il palazzo venne ricostruito da Baldassarre Peruzzi e da allora l'edificio assunse il nome di Massimo alle colonne. Domenico de Massimi destinò in fedecommesso i Stemma dei Massimi possedimenti di Pratica (Vedi Federcommesso nota 22) . Alla morte di Domenico, i figli Angelo, Luca e Pietro decidono di dividere tra loro una parte dell'eredità del padre morto (23) : "Divisio Habitationum inter nobiles dominus Petrum, Angelurn, et Lucam..." e i possedimenti di Pratica andarono nel 1539 in eredità al figlio Luca. Luca de Massimi venne a far parte di quel gruppo di nobili che Paolo III Farnese incaricò per gli acquisti dei materiali occorrenti per terminare i lavori del palazzo Farnese a Roma e a Caprarola, lavori che erano stati affidati ad Antonio da Sangallo. . Dai continui contatti che Luca aveva con il Sangallo, scaturì l'idea di far restaurare il castello di Pratica e chiese quindi all'architetto di preparargli un progetto. . Antonio inviò il fratello Giovanni Battista da Sangallo detto il Gobbo a Pratica per effettuare tutti i rilievi cosa che avvenne, essendo anche Giovanni Battista 18 - Cesare De Cupis - La caccia nella Campagna Romana - Roma 1922 - pag 57 19 - (Prof.Giacomo Sercia - Relazione istruttore accertamenti Usi Civici di Pratica di Mare - 29-07-1947 ) 20 - Guicciardini - XVIII - 3 21 - Pastor - Storia dei Papi - vol. IV 22 - Disposizione testamentaria per la quale chi era istituito erede aveva l'obbligo di conservare e trasmettere l'eredità a terza persona con lo scopo di mantenere inalterata la potenza del casato 23 - (AST Coll Not. Cap. S.de Amannis vol. 83 - vol. 99 )
matematico, architetto e topografo. Sul disegno predisposto dal fratello, con tutti i rilevamenti degli edifici già esistenti, Antonio riportò la sua idea progettuale, impartendo al futuro castello una funzione di presidio militare piuttosto che una residenza patrizia. Questi disegni non vennero mai citati dai vari studiosi che in più epoche si occuparono della vita e delle opere del Sangallo, e solo l'attenta e scrupolosa intuizione dell'archeologo Ferdinando Castagnoli riuscì ad individuare nel gabinetto delle stampe degli Uffizi di Firenze alcuni disegni che su di un lato riportavano la dicitura Patrica di mess. Luca di Maximo e che lo stesso Castagnoli pubblicò per la prima volta nel suo volume (24).
Nella mappa del castello di Pratica disegnata da G.B. Sangallo, fratello di Antonio è riportato l'attuale composizione del Borgo
Il ritrovamento di questo documento è importantissimo per la storia di Pratica in quanto da essa abbiamo per la prima volta, l'esatta planimetria di Pratica a quell'epoca con i rilevamenti di tutti gli edifici allora esistenti.
24 - Ferdinando Castagnoli - Lavinium I - De Luca Editore - Roma 1972. Gabinetto delle Stampe di Firenze i disegni UA 725/ UA 838/ UA 843 (1527 o 1539)
il progetto di Antonio da Sangallo Antonio da Sangallo era al servizio di Paolo III Farnese il quale, oltre al decadimento di tutto lo Stato Pontificio, era molto preoccupato delle continue incursioni dei pirati Turchi ed Algerini che potevano trasformarsi in una vera e . propria invasione. Pensò quindi di allargare le difese di Roma, già in parte garantite dalle mura aureliane e dalla fortificazione della città Leonina, fortificando i centri litoranei . che più frequentemente erano meta delle imprese piratesche. Per questa sua idea Paolo III consultò diversi architetti fra i quali Michelangelo, ma la scelta cadde sul progetto presentato dal Sangallo, tenuto conto della sua esperienza quale architetto militare nei restauri in Roma dopo l'invasione di Carlo V (con il sacco di Roma) e per la realizzazione del mausoleo dove trovò . sepoltura il precedente pontefice Clemente VII. Con il breve pontificio del 14 gennaio 1538 relativo alla fortificazione di Roma, iniziarono gli studi del Sangallo che nel suo progetto comprese anche i territori di Pratica e di Ardea. Ma vedremo in seguito che dei due solo per Ardea il progetto si materializzò con l'aggiunta di un bastione alle già esistenti mura ben fortificate. La funzione di Pratica nel progetto del Sangallo era quello di dare un supporto militare alla complessa difesa litoranea costituita principalmente dalle numerose Torri di avvistamento che. in caso di invasioni, potevano comunicare con la cittadella militare di Pratica per ottenere un rapido intervento a protezione dei territori. Si voleva pertanto, con Pratica, costituire un presidio militare fra quelli di Ostia e Nettuno, provvedendo nel frattempo a salvaguardare quella via di . accesso a Roma costituito dalla Laurentina. Dalla teoria si passò alla pratica e per effettuare tutti i rilevamenti topografici venne inviato Giovan Battista da Sangallo, fratello di Antonio, che essendo anch'esso architetto e topografo, misurò e riportò su carta tutti gli edifici e le . mura di cinta del borgo Sullo stesso foglio, il Sangallo completò il progetto che aveva le seguenti : caratteristiche: Come prima cosa vennero presi in considerazione i venti dominanti, che vennero riportati al centro del disegno in un cerchio attraversato da una linea principale rappresentante il Nord ed intersecato da altre che rappresentavano i diversi . punti cardinali. Tutta la collina doveva essere circondata da nuove mura bastionate che si estendevano oltre le precedenti fortificazioni (lato Nord-Ovest) moltiplicando in . tal modo lo spazio dell'intero presidio. Nella pane centrale del disegno sono rappresentati gli alloggiamenti per gli ufficiali superiori e per il comandante del presidio che necessariamente doveva trovarsi di fronte alla parte ancor più fortificata e già esistente contenente la torre.
La facciata dell'edificio centrale era formata da un elegante porticato che introduceva ad un ampio scalone centrale che si divideva sulla sommità in due rampe gemelle che conducevano al piano superiore alloggio del comandante. Alle spalle di questo edificio un secondo fabbricato diviso in 4 alloggiamenti che erano riservati agli ufficiali. La chiesa che in quel periodo era ancora dedicata a S. Lorenzo, era inglobata in questo complesso di edifici costituendo un unico . complesso architettonico. Sulla sinistra parallelamente a questo primo complesso, una seconda aggregazione di edifici conteneva altri 12 alloggiamenti riservati alle milizie con sottostanti stalle . per i cavalli. Sulla destra e alle spalle degli edifici appena descritti, appaiono i perimetri di altri otto complessi che probabilmente dovevano avere le stesse caratteristiche dei precedenti perciò la cittadella fortificata poteva contenere un totale di circa 60 . alloggiamenti. Ma il progetto non fu mai attuato, forse per gli alti costi che tale opera comportava, per questo Luca de Massimi si limitò ad un restauro delle parti già esistenti con abbellimenti che rendessero più confortevole la vita sia dei castellani che dei Marchesi titolari del castello. Alla sua morte, avvenuta nel 1549, la proprietà passò al primogenito Lelio e, alla morte di quest'ultimo, al suo figlio Luca. Nel 1567 appare nelle cronache come proprietaria di Pratica Virginia De' Maximi, che deve considerarsi come tutrice del figlio minore Luca, il vero erede della proprietà. Virginia, infatti, come titolare della tenuta di Pratica, viene obbligata con la bolla di Papa Pio V " Constituzio de aedificandis turribus in oris maritimis " a contribuire finanziariamente alla costruzione di Tor Vaianica " . . . a la focecha fare una torre a la banda di ponente; e' tutto il territorio di Messer. Angelo di Capranica; devono contribuire la Sig. Virginia de' Massimi per conto di Pratica et li Frangipani " Ma le forze economiche di Virginia non bastarono a contribuire all'erezione della torre, che infatti venne costruita più tardi, nel 1580 dai Cesarini di Ardea. Alla morte di Luca, la proprietà di Pratica passò a Pompeo, secondogenito di Domenico de Massimi in quanto Luca non aveva eredi.
La torre del Vajanico e l’ingresso del Borgo di Pratica
Un giorno indimenticabile 1588 - 5 maggio - Domenica
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I pirati erano padroni del Tirreno, e fra questi Hassan Agà, che si distingueva per la sua audacia. Venuto a conoscenza che Papa Sisto V nell'aprile aveva varato presso i navalia di Roma il S. Bonaventura (25), capitana della flotta istituita per difendere il litorale romano, decise di compiere una scorreria lungo le coste. Voleva, con tale impresa, mantenere un clima di terrore e reprimere gli entusiasmi delle popolazioni per la costituzione della flotta pontificia, prima che Orazio Lercari, luogotenente generale della squadra Pontificia, fosse pronto a prendere . il mare. Nella notte tra l'5 e il 6 maggio, Hassan Agà, con sette fuste algerine, approdava nottetempo presso Patrica e, spintosi nell'interno con 200 pirati, entrava nel borgo saccheggiandolo e catturando 103 persone (39 uomini e 29 donne residenti a Pratica e 35 lavoratori stagionali) dicendo loro, beffeggiandoli, che li avrebbe condotti su per il Tevere, alle vigne di Roma! Con le " vigne di Roma " i pirati alludevano alla Vigna di Papa Giulio (III) una tenuta con villa che il Papa raggiungeva in barca da castel S. Angelo fino a fuori porta Flaminia (26). . Così viene riportato l'episodio del rapimento nel manoscritto del Codice Urbinate . Vaticano 1056 dell'11 maggio 1588: Il Pontefice con rabbia incredibile intese ......., che sette fuste de corsari habbiano preso a Prattica Dom ca notte 150 anime, luogo distance dalla marina due miglia in q.ta spiaggia Romana di una di q.te S.re de Massimi con notabile buttino di robbe, et alla fiumara poco distante fatta altra preda d'anime et di barche, et robbe con prone di bandiera di riscatto, dimandando anco minutam de della galera cap.na del Papa quando sia per uscire facendoni q.ti inquieti gran disegno et fondamento. Il Guglielmotti (27 ) , riprendendo la notizia dal Codice Urbinate, così commenta (accusando quanti acclamano la bravura militare dei Turchi):.. . e con gran silenzio entrò nel paese. Trucidò i pochi levatisi in piè per contrastargli, saccheggiò le case, fece brutture nella chiesa, e si portò via tra maschi e femmine cencinquanta persone. Le lacrime di questi infelici devono prima contare, se è possibile, i moderni tollerantisti turcofili: prima devono porre le loro donne, gl'innocenti bambini, i congiunti, gli amici, e se stessi alla sentina, alla catena, al vilipendio, allo strazio, agli ergastoli di Barberia, tra gente che fa professione di violenza, di usurpazione, di poligamia, di schiavitù, di fatalismo, e di cento altre costumanze barbariche; e poi hanno a provarsi, se sanno, nei panegirici sulla bravura militare e marinaresca degli oppressori. Faccia altra sofistica pompa di scettica imparzialità: ma non l'aspetti mai da me. 25 - S. Bonaventura una galera del tipo " bastardella" capitana della flotta Pontificia 26 - Ancor oggi a Roma esiste il detto " La vigna di Papa Giulio " per indicare un periodo felice, di cuccagna ( Gaetano Hardouin di Belmonte - Un fulmine in piazza S. Pietro - 1977 - pag. 56 27 - P. Alberto Guglielmotti - Storia della marina Pontificia - 1887 - Vol. V / pp.460
Un commissario dell'Arciconfraternita del Gonfalone (L'Arciconfraternita del Gonfalone aveva come primaria istituzione il riscatto dei Cristiani dalla schiavitù dei pirati Algerini e Saraceni ) si recava a Pratica e compilava l'elenco delle persone catturate : Nomi et Cognomi delle persone prese da Turchi alli 5 di Maggio 1588 nel Castello di Pratica (28)
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Gio Batt. Sinesi alias bacchio huomo d'anni 40 grande magro con una
gamba corta · · · · ·
Lucia da mont'albotto d'anni 35 accuggiata dal lato dritto sua moglie Laura figlia del detto Gio.Batt. di quindici mesi Catherina da mont'albotto d'anno 35 piccola grassa et biancha Vincentio suo figlio d'anni dieci viso tondo molto sordo Franc.ca sorella ditta Catherina d'anni 30 donna magra di giusta statura con
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Pietro Antonio da mont'albotto fratello della ditta donna d'anni vinti senza
un signo in petto barba pieno di nitta et occhi bianchi · · · · · · · · · · · · · · ·
Menico suo fratello d’anni tredici grasso Fedirico di Santo da Tolentino d'anni 40 piccolo et grasso Massimilla sinese sua moglie d'anni 40 grande et grassa Thomaso suo figlio d'anni 15 ha male alli gambe Jacono figlio alla ditta Massimilla d'anni 12 magro et occhi bianchi Sabbatino d'Orvieto d'anni 30 magro non molto grande Drusilla di Cecco da Montifortino d'anni 20 moglie al ditto Sabbatino stroppiata d'un braccio signata da manniglioni Menico figlio di detto Sabbatino d'anni 3 tutti habitanti in Pratica Thomaso Fiorentino habitante in Pratica d'anni 50 Jollo figlio di ditto Thomaso d'anni 26 grasso in viso poca barba Andrea figlio di ditto Thomaso d'anni 20 magro Massaro figlio di ditto Thomaso d'anni 12 con pancia grossa Barbara figlia di ditto Thomaso d'anni 24 grande naso corto
28 - Archivio dell'Arciconfraternita del Gonfalone Tomo H fasc. 44 presso Arch. Segr. Vaticano
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Dionisio figlio di ditta Barbara d'anni cinq. viso tondo Nocenzia di Lavinia da Marino d'anni 35 ha mali alli gambe Joanna figliastra alla ditta Lavinia d'anni cinq. Brunetta Cathirina di Corso da Marino nipoti della ditta Lavinia d'anni 15 con segni di
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Giovanne della rocca Jabotti d'anni 40 grande magro con barba castagnaccia Renaldo fratillo al ditto Giovanne d'anni 45 barba nera mischia Ganda moglie di ditto Giovanne d'anni 40 piccola Virginia figlia alla ditta Ganda di anni 12 Franc.sco Albero Romano d'anni 25 piccolo barba nera folta Angela moglie al ditto Franc.sco d'anni 24 magra Orthensia di Menico Tifasino da Marino d'anni 25 olivastra con segno in fronte et nel
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Vincenzia d'Ancona d'anni 40 piccola con segni di morniglioni in faccia tutti abitanti in Pratica Battistino Piacintino habitanti in Pratica d'anni 40 piccolo gambi sottili et un
mormiglioni in faccia
braccio ritto
occhio guasto · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·
Santa moglie di ditto Battistino d'anni 40 magra et malsana Alessro figlio al ditto Battistino d'anni 3 viso tondo Mattheo Toscanise d'anni 40 magro barba nera et rada Catherina moglie al ditto Mattheo d'anni 36 magra Olimpia figlia al ditto Mattheo d'anni 13 Benedetto di Berto da Montilioni d'anni 18 senza barba magro con signi di merviglioni in faccia Margarita sorella al ditto Benedetto d'anni 15 brunetta con signi di moviglioni in faccia Giovanni d'atino d'anni 40 barba nera con dinti manco di vanti Lucia da mont'abbotto sua moglie d'anni 40 grande et magra Mariano figlio alla ditta Lucia d'anni 13 brunetto Ponzino Crimonesi d'anni 40 poca barba pallido in viso Margarita Crimonesa moglie d'anni 45 magra Giacomo Crimonesi suo nepote d'anni 14 Vittoria di simoni Corso d'anni 30 con un signo sopra il ciglio mancho Dianeva sua figlia putta piccola di misi 22 tutti habitanti in pratica Angelotto da mont'albotto d'anni 40 homo piccolo c. poca barba Polenia moglie del detto Angelotto d'anni 40 piena di nitta Fiore da mont'albotto sorilla alla ditta Polenia d'anni 20 amalata e brutta in viso
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Pallidoro da mont'albotto d'anni 45 sinza denti di vanti poca barba Gratiosa da mont'albotto d'anni 35 moglie al ditto Pallidoro donna grassa con signi
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Claudio figlio di Pallidoro ditto d'anni 7 panza grossa Antonio figlio al ditto Pallidoro putto d'un anno Angela di Pallidoro sua figlia brunetta d'anni dodieci Gio': maria da sinegalia d'anni 40 barba nera ha mali alle gambe Natalina figlia di Gio':maria d'anni 4 guardatura desta
con una criatura di cinq. Giorni di morniglioni in faccia
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Cencio di mea corso d'anni 12 con una pezza pittata in testa Paulo romano d'anni 35 grandi pallido in viso poca barba Gio': belardino norcino d'anni 20 piccolo poca barba con signo in faccia
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Titta figliastro di marc'antonio barboni Marc'antonio boscagligno fiorentino d'anni 40 Menico di pasquino d'anni 40 barba castagnaccia suilla nipote al ditto Menico d'anni 12 Claudio da Soriano d'anni 35 Lorenzo piacentino d'anni 35 poca barba
appresso al naso
habitanti in pratica
Nomi di forestieri lavoratori presi da turchi a pratica
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Peregrino di michele luchese · Vangelista luchese · Rinaldo luchese Belardino luchese · Fridiano luchese · Pirro luchese · Mariano luchese Marsilio luchese · Peregrino luchese · Agustino luchese · Mattheo luchese Jomo luchese · Mastino luchese · Oliverio luchese · Leonardo da Camerino Agabito da Camerino · Venantio da Camerino · Guido da Corinaldo Vitto della rocca la botte · Pirro di moro luchese · Mancino di Togno luchese Nando di Togno luchese · Menichino di nino luchese · Veniero di latantio luchese Giovanni d'odino luchese · Bartolo di michele Nando di michele di picho luchese Giovanni di michele di picho luchese · Giovanni di Cinisi luchese Panolo Calabrisi ortolano Venantio di Geronimo da Camerino Laudesio di Tadeo dal Castilluccio d'anni 27 un poco gobbo Marino di Baldisano la bolognola d'anni 25 brunetto Sidano da sezzo d'anni 20 giovane magro Camirata d'Anzio di anni 30 magro mal sano
Nel frattempo dalla Tor Vaianica, che non era riuscita a bloccare lo sbarco, partì il sistema di segnalazione esistente lungo la costa, facendo pervenire al Lercari, che stazionava a Civitavecchia, la notizia dell'avvenuto sbarco dei pirati. Con le poche navi già allestite Lercari prese subito il mare per contrastare la flottiglia pirata. Ma un vento contrario e la distanza non gli permise di raggiungere in tempo le navi nemiche, e solo una goletta, più lenta delle altre navi, fu catturata dalle navi pontificie con tutto l'equipaggio. Hassan Agà con il bottino e gli abitan. ti di Pratica si sottraeva all'inseguimento raggiungendo le isole Eolie. Solo il 2 ottobre del 1624 ( 36 anni dopo ) la flotta del pirata venne intercettata presso l'isola di S. Pietro in Sardegna e in parte venne catturata, in parte affondata, vendicando in tal modo la gente di Pratica, anche se non fu possibile la cattura del pirata Hassan che riuscì con uno stratagemma a dileguarsi.
Dopo questo grave fatto di pirateria, venne finalmente portata a termine la Tor Paterno, la cui ricostruzione era stata giĂ programmata nel 1567 con la bolla di Pio V, con lo scopo di avere una vedetta avanzata per i centri di Pratica e di Castel Porziano; solo successivamente, dopo il 1623, fu dotata di artiglieria. Degli abitanti di Pratica non si ha notizia, e dagli elenchi degli schiavi riscattati ( che fino ad oggi abbiamo rintracciato presso gli archivi) non appare nessun nome fra quelli sopraindicati.
Padre Alberto Guglielmotti autore di molti volumi sulla pirateria saracena
La notizia dell'invasione turca doveva aver creato un certo timore ed è probabile che per i Massimi non dovesse esser stato facile reperire mano d'opera per . coltivare i campi della tenuta. Forse per questo motivo il marchese Pompeo de Massimi ritenne opportuno dare : in affitto i terreni, come risultava dalle seguenti attestazioni (29): . . Pratica, del marchese Pompeo de Massimi. . . Sono in tutto rub. 442. Fu affittata, l'anno 1603 del mese di marzo, al Doni, per prezzo di scudi 1600 e fu giudicata buonissima tolta.. . . il Doni l'affittò a Pelliccia, pecoraro, per scudi 1900;. .l'affittò Domenico Cipriani de Conti, l'anno 1613 . . per scudi 1580 (30)
l'acquisto da parte dei Borghese Alla morte di Pompeo la proprietà passò al figlioletto Antonio di soli 13 anni, per il quale venne eletta tutrice la madre Clelia Rebiba. . Quest'ultima si trovò ad amministrare proprietà gravate da debiti e per evitare che il palazzo di Roma e la proprietà di Prassedi venissero pignorate con conseguente vendita all'asta, ottenne il 5 agosto 1617 l'autorizzazione a vendere il castello e la tenuta di Pratica, che Paolo V Borghese con chirografo in forma di Motu-proprio, spedito " sub data Roma apud S. Mariam Maiorem quinto Kal Augusti anno tertio decimo " dava il proprio benestare alla vendita, considerando che il castello aveva bisogno di seri restauri e le terre dovevano essere sottoposte ad una bonifica a . causa della malaria. : Nell'atto di vendita (31) era specificato: I venditori dichiarano mettere in possesso del P.pe Marco Antonio Borghese il tenimento di Prattica con tutti i vassalli e homini di detto castello . . . . e suoi annessi con il vassallaggio, homaggio, ed ogni altro jus di detto castello civile e criminale... per il prezzo di scudi 63000. 29 - Archivio Capitolare di S.Maria Maggiore - sec XVII n. 326 30 - ASV - Archivio Capitolare di S. Maria Maggiore n° 218 - fasc 9 31 - ASV - A. Borghese n° 818 - fas. 10 - Arch. Massimo - IV prot. 188 n°2
Le prime due pagine del contratto di vendita di Pratica dalla famiglia Massimi ai Borghese (32)
Per proseguire nella storia di Pratica e della sua Chiesa, occorre presentare la famiglia che dal 1618 fino ai nostri giorni ha mantenuto il possesso del Borgo di Pratica: la famiglia Borghese 32 - A.S.V. - Arch. Borghese - 818 tomo I - 1617
i Borghese Signori di Pratica di Mare La famiglia Borghese è una delle famiglie più illustri d'Europa, le cui origini risal. gono al 1200. Nel libro del camerlengo di Biccherna nel 1233, risulta che un tal Tiezzo da Monticiano, vissuto a Siena, fu padre di quattro figli: Bonaventura, Bencivenne, Benincasa e Benvenuto. . Bencivenne ebbe un figlio, Borghese, e considerando che i cognomi vennero istituzionalizzati tra il 1200 e il 1400, da tale Borghese discende il ramo dei Borghesi, che adottarono lo stemma dell'antica famiglia raffigurante un drago. Nel 1433 l'imperatore Sigismondo concesse ad Agostino Borghesi (1390 - 1462), uomo politico e condottiero, di inserire nello stemma di famiglia l'aquila imperiale, attribuendogli inoltre il titolo ereditario di cavaliere nonché Conte del Sacro Romano Impero; titoli che si aggiunsero a quello di Conte Palatino attribuitogli da Papa Pio II l'anno prima. Tali concessioni gli derivarono per le vittorie riportate sui Fiorentini quale Capitano e Commissario generale dell'esercito senese, vittorie tanto sentite anche dai suoi concittadini che lo acclamarono . " Padre della Patria " Sposò nel 1425 Madonna Agnesa di Agnolo di Azzolino Ugurgieri dalla quale ebbe . un figlio: Borghese. Questi sposò in prime nozze Madonna Jeromina Orsini del ramo dei signori di Bomarzo; nel 1459 in seconde nozze Giovanna Bandini e in terze nozze, nel 1471, . Margarita di Jacomo Saracini. Dal secondo matrimonio, quello con Giovanna, nacque Jacomo che nel 1497 sposò Margarita d'Alessandro e da questa unione nacque Marc'Antonio Borghese, . che mutò il cognome da Borghesi in Borghese. Possiamo quindi considerare Marc'Antonio il capostipite della famiglia Borghese.
Marco Antonio Borghese 1504 - 1574 Marc'Antonio Borghese nacque a Siena il 22 ottobre del 1504 e anziché vivere a Siena, dove si era instaurata la signoria medicea, nel 1541 si trasferì a Roma stabilendovisi definitivamente dando così origine al ramo romano dei Borghese. Lo stemma di questa casata araldicamente è così descritto: Arma : D'azzurro al drago alato d'oro, al capo dello stesso, caricato di una aquila di nero imbeccata, membrata e coronata di oro. Ornamenti Il manto. Motto : In utroque vigil.
Marc'Antonio venne stimato da ben otto pontefici che, nel corso della sua vita, si alternarono sul trono pontificio; fu onorato delle più alte cariche fra le quali " Avvocato dei Poveri " e " Decano degli Avvocati Concistoriali ". . Nel 1531 sposò in prime nozze la senese Aurelia Bargagli e in seconde nozze Flaminia degli Astalli, appartenente ad una delle più nobili famiglie romane. Da quest'ultima unione nacquero 8 figli: Orazio, Camillo, Margherita, Giovanni . Battista, Francesco, Giulio, Girolamo e Ortensia. Al primogenito Orazio Borghese ( 1552 - 1590) Marc'Antonio versò la somma di 70 mila ducati per farlo investire della carica di Auditore della Camera Apostolica e per reperire tale somma vendette alla famiglia Chigi di Camulia la villa di . Bibbiano vicino a Buonconvento. . Ma nel 1590, ancor giovanissimo, Orazio moriva . Camillo Borghese ( Papa Paolo V ) 1554 - 1621 Il pontefice Gregorio XIV, per lenire il dolore del padre, e per non far perdere di significato ai settantamila ducati versati, nominò Auditore l'altro figlio Camillo, già in carica prelatizia. . Per le sue virtù Clemente VIII il 15 giugno 1596 elevò Camillo alla porpora cardinalizia, ed ottenuta l'investitura, ottenne per i fratelli l'appalto del " sale" fonte di grandi profitti. . Alla morte di Leone XI, il cui pontificato durò solo 24 giorni, molti erano i porporati eminenti pronti ad assumere l'investitura papale, ma il 15 maggio 1605, all'età di 53 anni, con voto unanime del Conclave Camillo venne eletto Papa e il 29 dello stesso mese fu incoronato con il nome di Paolo V .
Alcune cronache o "pettegolezzi" dell'epoca narrano che, mentre era in corso il . di Gregorio XIII rafficonclave, sullo stemma gurante un drago, situato sul vicino castel S. Angelo, si posò un'aquila che il duca d'Altemps allevava. L'evento fu ritenuto di grande auspicio, in quanto era suggerita l'insegna dell'imminente papa.
Con l'elezione di un papa, la famiglia Borghese dal 1607 al 1637 dette inizio ad una serie continuativa di acquisti di fondi e beni rustici che il Papa assicurò alla casata per il tramite dei fratelli Giovan Battista e Francesco, del nipote Scipione Borghese, figlio della sorella Ortensia, che divenne Cardinale e Marcantonio, figlio del fratello Giovan Battista.
Bolla di Paolo V Borghese del 30 aprile 1619 ( A.S.V.)
Riprendendo la storia dei fratelli di Paolo V, Francesco ( 1557-1620), nel 1607 fu nominato Generale di S. Chiesa e comandante Generale delle galere pontificie destinate a sostenere i diritti dello Stato Pontificio contro la repubblica di Venezia. Fu duca di Rignano e sposò la nobildonna romana Ortensia Santacroce, dalla . quale non ebbe figli. Margherita ( morta nel 1595) andò sposa a Orazio Vettori, nobile bolognese, da cui ebbe una figlia, Diana, che in prime nozze sposò un “Cavalieri” ed in seconde nozze Girolamo Caraffa dal quale ebbe tre figli: Scipione, Carlo e Francesco . Gregorio. Scipione e Carlo furono adottati da Paolo V come se fossero della famiglia . Borghese e furono elevati al rango di Cardinali. Francesco Gregorio fu nominato Gran Maestro di Malta.
L'ultima figlia di Marcantonio Borghese Ortensia sposò Marc'Antonio Caffarelli, nobile romano, dal quale ebbe solo un figlio Scipione (1579 - 1633), che il 18 luglio del 1605 fu elevato a Cardinale dallo zio Camillo ( Papa Paolo V), che lo adottò nella . sua famiglia assegnandogli il cognome e lo stemma dei “Borghese”. Scipione, interpretando anche i desideri dello zio, edificò Villa Borghese, nella quale raccolse le più interessanti opere pittoriche, fra le quali " il Bacchino Malato" di Michelangelo Merisi da Caravaggio, togliendolo dagli occhi di Milano nel 1592 e trasferirlo . a Roma Realizzò l'eremo di Frascati e la facciata di S. Gregorio al Celio e per le sue eminenti qualità fu chiamato " delizia di Roma ". Il 16 dicembre del 1626 Scipione Borghese acquista per 50.000 scudi d'oro 8 parti e mezzo ( pari a 621 rubbia) (33 ) della tenuta di Carroceto. .
“Il Bacchino malato”
Gian Lorenzo Bernini “Ritratto del Cardinal Scipione”
Stemma del Cardinale Scipione Borghese
Poco si sa degli altri due figli di Marcantonio Borghese Giulio e Girolamo ( 1555-1578). 33 - Tofani Bernardino - Aprilia e il suo territorio - 1 rubbio = 1,84.84 ettari
Giovanni Battista Borghese (1558 - 1609) Giovanni Battista nel 1584 fu nominato da Gregorio XII " Sollecitatore Apostolico" e nel 1588 aveva sposato Virginia Lante, nobile romana oriunda di Pisa, e con l'elezione del fratello Camillo a Papa, venne da questo investito del titolo di . Castellano di S.Angelo e Governatore di Borgo. Nel 1609 acquistava dai creditori dei Conti Cevoli il feudo di Vivaro per 20 mila scudi (34) acquistandone anche il titolo di Principe del Vivaro. . Con la morte del fratello primogenito Orazio e con l'elezione di Camillo a Papa, sia il titolo che le proprietà dei “Borghese” spettavano a lui, che a sua volta li lasciò alla sua morte nel 1609 al figlio Marc'Antonio (II°), avuto il 3 luglio del 1601, . dopo tredici anni di matrimonio. La vedova Virginia si ritirò nel convento delle Clarisse a S. Lorenzo in Panisperna. Marco Antonio Borghese 2° ( 1601 - 1658) Marc'Antonio II ( 3.7.1601) per intervento del Papa zio, ottenne da Filippo III, re di Spagna e delle due Sicilie, l'investitura del principato di Sulmona, con il titolo di Grande di Spagna. . Nel 1612 diventava proprietario di parte delle tenute di Capocotta e Campo Ascolano (35) che all'epoca erano un'unica tenuta dei Capranica. Occorre a questo punto fare un breve inciso per spiegare in che modo la famiglia Borghese divenne proprietaria di Pratica. . Clelia Rebiba Massimi, vedova di Pompeo e madre del figlioletto Antonio, ottenne il 5 agosto 1617 dal tribunale l'autorizzazione a vendere il castello e la tenuta di Pratica. . Venne pertanto indetta un'asta che fu aggiudicata a Marc'Antonio Borghese, che depositò nelle mani del notaio Giovanni Rotoli la somma di 63.000 scudi (36) . Per poter dar corso all'atto d'acquisto lo stesso Papa Paolo V liberò Pratica dal fedecommesso. . Il Principe Borghese, proprietario di diritto del Castello, ebbe piena ed assoluta giurisdizione civile e criminale sui vassalli che passavano sotto il suo potere, nonché la facoltà di esigere gabelle ed altro, sia per via ordinaria che straordinaria. Ricevette inoltre il giuspatronato ( il diritto di conferire benefici ecclesiastici come, ad esempio, la designazione del parroco nell'ambito dei suoi possedimenti) sulle chiese e sui benefici sia curati che semplici. . Entrò inoltre in possesso di una mola e di una fornace.
34 - A.S.V. - n° 2886 , p. 249 35 - ASV - n° 2886 pp. 21-23 36 - ASV - Tomo I, n° 10 : Istromento di vendita del Cast.o di Prattica fatto dal sig. Pompeo e Ottaviano Massimi al P.pe Borghese
Breve di Paolo V Anno 1618 sub die 26 Maj Paulus V huic Ecclesiae Parrochia li simplex Beneficium sub invocatione S.Mariae de Lacu Tiburis Dioecesis cum reservatione Iuris Patronatus favore dictae Domus univit et incorporavit omnesque fructus ejusdem Archipresbiteri pro tempore exigebant imo illud locabant, ut legitur locasse R.D. Franciscum Medaglia Cosentinum Archipresbiterum Pratticae latifundum ad hoc benefìcium pertinens Principi Marco Antonio Borghesio pro scutis 83 per acta Angelucci not.A.C. sub die 15 Octobris 1642 quam locationem prorogavit per alium triennium pro scutis 96 libere persolvendis dicto Archipresbitero, et suppoirtatis omnibus, scilicet Cathedratico, decimis, Taxa Seminarii, Triremium, sed multis ab hinc annis Princeps predictus retinet, et administrat dictum Beneficium, solvit Onorarium Archipresbitero, et Cappellano, Ecclesiarn…… .tectam conservat, et de omnibus suppe lectilibus etiam sacris providet. . (37) Al Castello di Prattica -Feudo un giorno di Ascanio Massimi Barone a titolo dì
congrua pagava 40 scudi annui all'Arciprete pro tempore della Chiesa parrocchiale di esso Feudo, e con l'obbligo ancora della manutenzione della Chiesa, e manutenzione e l' amministrazione dell'occorrente; con questi pesi passò il Feudo di Prattica all'Ecc.ma Casa Borqhese, conforme ricavasi dalle S.Visite degli Em.mi Sig.i Card.li Vescovi di Albano :L'Em.mo Alessandrino 1694 ; l'Em.mo Cavalchini 1759. . Pose la Divina Provvidenza sulla Sede di Pietro Paolo Papa V Borghese, che conoscendo la tenue congrua della Chiesa Parrocchiale di Prattica, con Breve 26 maggio 1618 un semplice beneficio posto nella Diocesi di Tivoli sotto il Titolo di S.Maria del Lago Oscuro unì ed incorporò all'Arcipretura e Chiesa Parrocchiale. Paolo V , memore dell'invasione che Pratica subì ad opera dei pirati algerini, con lettere del 10 febbraio 1618, 30 aprile e 3 novembre 1619, ordinò al suo tesoriere generale Mgr. Patrizi di consegnare al principe Marcantonio : 2 falconetti di bronzo, 50 archibugi, 25 picche ferrate, 6 spingarde, 4 codetti con relative munizioni per la guardia del castello, che doveva avvenire con dei soldati scelti dal Principe e pagati dalla Camera Apostolica. Marc'Antonio Borghese nel 1619 sposò Donna Camilla Orsini, figlia del Duca di Bracciano, alla presenza del Papa Paolo V che benedì le nozze. . Con il matrimonio Marcantonio ereditò le sostanze degli Orsini, a cui si aggiunsero l'eredità dello zio Francesco, quella del cardinal Scipione e alla morte di Paolo V (1621) quelle dello zio-papa. Accumulando tutti questi beni, diventò il maggior proprietario terriero del Lazio, sorpassando le stesse proprietà degli Orsini e dei Colonna. 37 - Dal "BULLARIUM" -Volume XVI p. 790 e ss. Pratica di Mare
Dal matrimonio nacque il 20 gennaio 1624 un solo figlio, Paolo e nello stesso anno giungeva la notizia della sconfitta definitiva del pirata Assan Agà, che nel 1588 portò lutti e rovine in Pratica catturando inoltre 150 abitanti e operai del borgo. . Nel 1630 Marcantonio acquistava la contea di Vallinfreda dei Theodoli per 39.000 scudi (38 ). . Nel 1631 , da un documento pubblicato dal Cerasoli, risulta che " ... la torre di Pratica è congiunta con la terra, discosta dal mare tre miglia, il custode di essa è amovibile dall'Ecc.mo Signor Principe Borghese al quale la Camera paga ogni mese scudi 10 et ogni anno se gli consegna del mese di aprile un barile di polvere di munitione di libre 150 netto di tarra; non è visitata da nessuno officiale. Vi sono due pezzi d'artiglieria, con molta quantità di moschetti et altre armi". Nel 1637 Marc'Antonio acquistava per 385.000 scudi il ducato di Palombara. Nel 1642 Domizio Cosentino risulta essere l' Arciprete della Chiesa di Pratica e il Principe Marc'Antonio Borghese concede all'arciprete l'affitto della tenuta " del Lago" fra Monte Porfirio e Civitella nella diocesi di Tivoli per 85 scudi all'anno per il sostentamento della chiesa. Nel 1643 Arciprete di Pratica è D. Francesco Medaglia Nel 1644 con un contratto per semina una parte dei terreni di Pratica vengono ceduti in affitto a tal Francesco Cino. (ASV - Tomo 326 fasc. 15) . Ma il 24 giugno 1646, dodici anni prima della morte del padre - che avvenne il 29 gennaio 1658 - moriva Paolo. Pratica nel frattempo subiva una parziale trasformazione agraria ed il Principe Marco Antonio Borghese, rendendosi conto che non si era ancora spenta l'eco dell'incursione dei pirati algerini, cercò di invogliare varie famiglie di contadini a stabilirsi in Pratica, concedendo loro, in enfiteusi perpetua, vari appezzamenti di . terreno per essere bonificati e coltivati. Tra le condizioni stabilite spettava al Principe il rimborso delle spese incontrate per il trasferimento, inoltre gli enfiteuti venivano esentati per 4 anni dal pagamento del canone, ma se negli anni successivi non veniva versato, decadeva per gli . enfiteuti qualsiasi diritto. Di particolare interesse è il documento ( ASV - Tomo 818 fasc. 1 ) con il quale 13 famiglie di Vallinfreda (che Marcantonio acquistò dai Theodoli), accettarono di trasferirsi a Pratica pattuendo particolari condizioni tra cui: " disporre di una casa e di un terreno per la vigna e l'orto; di poter pascolare i buoi aratori; di poter raccogliere legna per uso domestico; di dover corrispondere le quote di grano, vino ecc. al Principe Borghese nella stessa misura già stabilita per gli abitanti già residenti in Pratica, in modo da essere a loro equiparati nei diritti e nei doveri". 38 - ASV - n° 2886 fasc. 181
Malgrado le concessioni fatte per incrementare la ripopolazione di Pratica, non furono molte le famiglie disposte al trasferimento, per cui si ripiegò nuovamente . alla cessione dei terreni in affitto. Nel 1652 con un contratto per semina una parte di Pratica venne ceduta in affitto a Simone Neri. (ASV - Tomo 818) Alla morte di Marc'Antonio la famiglia Borghese possedeva: nel regno di Napoli il Principato di Sulmona; nel Lazio le terre di Mentana, Palombara, Canemorto, Morlupo, Olevano, Montecompatri, Monteporzio, Montefortino, Norma, Torre Tarquinia, Piano d'Arcione, i castelli di Vivaro, Vallinfreda, Scarpa e Pratica, le ville Tuscolana, Borghese, Pinciana, Mondragone, e il palazzo di Campomarzio. A tutto questo si aggiungevano i possedimenti degli Aldobrandini, essendo Olimpia, moglie del figlio Paolo, unica erede. Donna Camilla Orsini, rimasta vedova e priva dell'unico figlio, si ritirò a vita monastica fondando il monastero delle Turchine, ove mori il 14 marzo 1685 alla veneranda età di 82 anni.
Paolo Borghese 1624 - 1646 Paolo, nato nel 1624, sposò Donna Olimpia Aldobrandini, principessa di Rossano, nipote di Clemente VIII, unica figlia del principe Giovan Giorgio Aldobrandini principe di Rossano. Ebbe cinque figli : Giovan giorgio ( 1640), Camillo (1641), Giovan Battista, Virginia e Francesco (1644). Giovan Giorgio morì all'età di 5 anni, Camillo a 8 anni, Francesco a 5 anni. Paolo Borghese morì nel 1646 e Donna Olimpia, rimasta vedova, deposto il lutto sposò in seconde nozze Camillo Pamphilj, nipote di papa Innocenzo X. Virginia (10 ottobre 1642 - 2 marzo 1718) sposò nel 1658 il principe di Farnese Agostino Chigi, nipote di Papa Alessandro VII. Essendo morti Giovan Giorgio e Camillo, titoli e proprietà passarono al terzogenito Giovan Battista.
Giovanni Battista Borghese 2° (1639 - 1717) Giovanni Battista (2°), nato il 14 ottobre 1639, dopo la morte del padre Paolo e del nonno Marcantonio che avvenne nel 1658, subentrò nella linea diretta di successione dei Borghese con il titolo di Principe di Sulmona, Duca di Palombara, ereditando inoltre da sua madre il principato di Rossano con la primogenitura di casa . Aldobrandini. Non avendo voluto prestare giuramento di fedeltà all'Austria contro il partito della Spagna, tutti i beni che possedeva a Napoli gli furono confiscati.
Restauro del Borgo Nel 1650 circa il castello di Pratica venne nuovamente restaurato da Carlo Rainaldi (Carlo Rainaldi - Nato a Roma nel 1611 da Girolamo, allievo di D. Fontana. Morì nel 1691. Fra le sue opere la Chiesa di S. Maria in Campitelli, il palazzo Salviati, S. Maria del Suffragio, S. Maria Maggiore.) molto probabilmente su disegni di Giovanni Battista Sangallo detto il Gobbo , fratello minore di Antonio, (progetto realizzato nel 1538 circa per conto dei Massimi) rafforzando con muri e terrapieni i lati di levante e mezzogiorno, sacrificando in tal . modo una parte del piano terra. Decorò alcune sale, inserì un fabbricato sulla porta d'ingresso, consolidò la torre restaurandone gli archi delle finestre e il cornicione. All'inaugurazione del neo-restaurato palazzo prese parte tutto il patriziato romano, che partecipò con gusto alle feste ed ai giochi organizzati per l'occasione. Anche la chiesa assunse un nuovo orientamento e fu decorata con pilastri e finti marmi ed il borgo fu ristrutturato per accogliere il tentativo del principe Borghese . di valorizzare il territorio con l'agricoltura. Con l'agricoltura venne ad aumentare anche la popolazione contadina che raggiunse le 300 unità, fatte venire dalla Toscana e dalle Marche, che ricevettero in enfiteusi perpetua con un modesto canone il terreno da coltivare. In un disegno del Catasto di Alessandro VII è raffigurato in modo scheletrico l'intero borgo con la chiesa, il recinto con una torre, ed in gran risalto il portale, da poco ristrutturato. Daria Borghese, cui si devono le ricognizioni su C. Ralnaldi a servizio della Casa Borghese, ha ritrovato, negli Archivi Vaticani, degli elenchi (estimi) relativi ad . opere da lui realizzate per i Borghese. Nel 1656 la peste bubbonica proveniente dal napoletano decimò le popolazioni di Frascati, Marino, Nettuno e Pratica non rimase indenne da questo terribile . morbo. Lo spopolamento fu inevitabile e forse per questo motivo fu rafforzata la politica degli affitti con concessioni in enfiteusi perpetue a canone per le vigne ed arboreti (terreni nei pressi del castello chiamati Vigne di Pratica) e con stipule di affitti veri e propri di durata di circa 12 anni per i terreni posti in località Crocette di Pratica, posti proprio di fronte al castello.
Il 10 febbraio 1656 è istituita la Compagnia del SS. Sacramento, aggregata a quella della Minerva di Roma con il compito di provvedere a tutte le necessità . dell'Altare Maggiore della Chiesa di Pratica. Il 6 marzo 1660 Giambattista acquistava da Massimiliano Caffarelli, lontano parente di Scipione, la tenuta di Campo del Fico, vicino ad Ardea.
La Chiesa di Pratica nel frattempo viveva la sua vita parrocchiale e fra le tante incombenze c'era anche quella di render conto al Vescovo di Albano delle neces. sità della Chiesa e di tutto ciò che possedeva. Il Vescovo, periodicamente ( in genere ogni 3-5 anni) effettuava una visita in tutte le Chiese della Diocesi, faceva i dovuti controlli ed in fine veniva redatto un verbale che raccoglieva tutto ciò che era stato riscontrato in ciascuna Chiesa. Questi verbali assumono il nome di " Visitatio ", cioè "visite" o meglio ancora ispezioni, e proprio da questi verbali abbiamo utilissime notizie storiche sia sulla consistenza dei beni della chiesa che su come erano disposti gli arredi e quant'altro esistente nella Parrocchia.
Visitatio 1661 De Altaribus … ed ha in una icona una tela dipinta con l'effige di S. Francesca Romana e sulle pareti leterali l'immagine di S.Pietro e Paolo… La confraternita del SS. Corpo di Cristo provvede alla cura dell'Altare, dell'olio per le lampade e della cera per le candele. L'altare è provvisto di baldacchino Sulle pareti di lato all'altare maggiore vi sono immagini dedicate a S. Marco e a S. Antonio. Altro altare è dedicato a S. Maria del Divino Rosario. De Sacro Fonte Baptesimali Il Battisterio è posto sull'angolo destro dell'ingresso. Un vassoio era sostenuto da un piedistallo a forma di piramide, sormontato da una immagine di S. Giovanni Battista. Sulle pareti di lato all'altare maggiore vi sono immagini dedicate a S. Marco e a S. Antonio. De Campanile Attiguo alla chiesa è posto il campanile che sulla sommità mantiene riparate dalle intemperie due campane. De Sacristia In " cornu epistola" dell'Altare maggiore è posto l'ingresso della Sacrestia. De Confettionalibus Vi sono inoltre due confessionali con bolla e tabella. De Visitatione Personali Archipresbiteri Arciprete di Pratica è Giovanni Guglielmo Romano ordinato sacerdote nel 1656 che fu presentato dal Principe Borghese . Lo assiste il Cappellano Francesco Chersio .
Nel disegno Vergine SS. Che accoglie sotto il suo manto le Confraternite
Con editto del Monsignor Presidente delle Strade, Alessandro VII il 31 gennaio 1660 istituiva il Catasto .... che da esse se ne possa cavar una regola infallibile per poter ripartir dette tasse e distribuzione... (C.Pascarella - I catasti Pontifici dell'Agro Romano Riv. Catasto IX, 1941)
Pratica entrò così a far parte del Catasto Alessandrino ma le mappe furono presentate dopo il 1671. . Nel 1661 la piccola comunità di Pratica entrava in contrasto con il Tesoriere della Camera Apostolica circa alcune gabelle che, secondo le loro affermazioni, non spettava loro di pagare. Nel documento (ASV - Tomo 819 fasc. 90 ) si affermava che in d.to luogo non vi è corpo di Communità, non vi si elegono perciò Procuratori ne Massari, ne altri officiali.
Catasto Alessandrino - 9 agosto 1661
Pianta acquerellata con disegno del centro abitato di Castel di Pratica, edicola di S. Maria, capanni, piscine, "greppa macchiosa", selva, pascolo, prato, orto, vigna. In alto a sinistra stemma della famiglia Borghese e rosa dei venti orientata. Ai lati effigie dei quattro venti.
Nel 1670, il Governo Pontificio incominciò a concedere ai proprietari, che volevano liberarsi delle servitù civiche, un diritto di riserva dei terreni ius restringendi affinché vi esercitassero la coltivazione, e a Pratica si registrarono 5 contratti di affitto (ASV - Tomo 821 fasc. 350 ) con altrettanti abitanti di Pratica per la semina di 25 rubbia di terreno, con la clausola di corrispondere la quarta al Principe Borghese, il quale prometteva un prestito di 100 scudi per l'acquisto dei buoi aratoij che dovevano essere marchiati con il marchio di casa Borghese, oltre al seme con il . patto della restituzione dei prestiti al raccolto del 1671. Nel 1671 il castello di Pratica venne nuovamente restaurato da Carlo Rainaldi. Per i terreni non ceduti in enfiteusi, il Principe Borghese adottò il sistema di affittanza dei terreni seminativi e contratti di vendita per erbe e legnatico. Un primo contratto redatto in tal senso è del 7 febbraio 1684 in cui Petronio Zabboni, soprintendente del principe Borghese, vendeva a Loreto De Paolis ed a Felice Matteo, carbonari di Cascia, tutta la legna cedua per far carbone della macchia Pascolare, al prezzo di 30 scudi il rubbio.
Nel 1686 in occasione della visita Pastorale del Vescovo Flavio Chigi effettuata il 12 maggio la chiesa è retta dall'Archipresbiterum R.D. Mario Ricciardi, e dalla relazione fatta in tale circostanza si hanno notizie sugli arredi interni della chiesa.
Visitatio 1686
De Visitatione Sacramentorum et& Reliquarum
Il SS Sacramento è custodito nel tabernacolo in due Pissidi d'argento internamente dorati, ben conservati. De Visitatione Personali R.D. Archipresbyteri et eius Cappellani
Questa Chiesa Parrocchiale di Pratica possiede una tenuta che si chiama del Lago, posta fra li territorij di Monte Porfirio e Civitella Diocesi di Tivoli; da essa si raccoglie grano, spelta, et altri sorte di Biade. Fu la detta tenuta nell'anno 1642 affittata alla do: me: dell'Ecc.mo Sig. Principe Marc'Antonio Borghese per scudi 85 annui, come appare per instumento publico rogato per l'atti dell'Angelucci Notaro
A.C. sotto li 15 ottobre dell'anno sopracennato nella 4' parte dell'istumenti fol. 10 e fatto dal qm Francesco figlio del quondam Domino Cosentino Arciprete in quel tempo. Essendosi poi indi a tre anni renovato l'affitto crebbe sino a scudi 96, e vi si aggionse la conditione che il detto Sig. Prencipe dovesse ancor soddisfare all'obbligo e peso delle Decime, delle Galere, e del Seminario pro tempore occorrenti. Io poi non hò altro peso, che di celebrare 15 Messe basse in suffragio dell'Anima del qm Tomaso di Domenico, e per esse mi vien contribuita l'elemosina pro eguali portione dalle Compagnie del Santissimo Sagramento e Santissimo Rosario, com'heredi del predetto quondam Tomaso; sono in oltre obligato à fare in ciascheduna prima Domenica del mese una Processione, et in ricompensa mi contribuisce la Compagnia del medesimo Rosario giulj 15 l'anno. Altre 12 Processioni faccio per la Compagnia del Santissimo Sacramento, che parimente mi somministra ogn'anno altri 15 giulij. Interrogato quindi fu il Cappellano sul suo nome, cognome, età, patria, oneri e ricompense. Rispose: . Il mio nome è Giuseppe Ingullato, sono nato nella città di Bitonto; tengo d'età anni 46 e da otto mesi in qua venni in questa terra di Pratica per Cappellano e coadiutore di questo sig. Arciprete. Sono stipendiato dall'Ecc.mo Sig. Principe Borghese, che in ciaschedun mese mi somministra 4 scudi e non tengo altro peso, fuorchè attendere alla cura dell'Anime, et aiutare al detto Signor Arciprete. De Visitatione Societatis Sanctissimi Sacramenti
….. Io mi chiamo Domenico Caffero, sono in quest'anno Priore Camerlengo della Compagnia del Santissimo Sacramento, e fui eletto con li voti della Compagnia. Il mio officio è di dirigere la Compagnia, e custodire li beni di essa; riscuotere e far le spese necessarie. Possiede la nostra Compagnia alcune Vigne che s'affittano, e vi sono certe limosine incerte, quali si fanno per il castello e con la Bussola. La nostra Compagnia del Santissimo Sacramento fù nell'anno 1656 sotto li 10 febraro aggregata a quella della Minerva di Roma. Li conti si rendono ogn'anno alli Sindici, con l'assistenza del sig. Arciprete. E' obbligata la nostra Compagnia à far celebrare in ciaschedun anno 15 messe per l'anima del quondam Tomaso di Domenico, e fare una processione ogni terza domenica di ciaschedun mese, et in essa si somministrano diece o otto torcie. All'altar maggiore, nel quale sta eretta la nostra compagnia si somministra per tutto l'anno la cera che bisogna, come anco nell'esposizione, che inesso si fa, in tutti li venerdi di marzo, del Santissimo Sacramento, tiene parimente l'obligo di fare il Sepolcro e tenervi li lumi accesi, di comprar ancora il Cereo, le candele per il triangolo, et altresi l'incenso; di far la Candelora così alli fratelli, come al Popolo, d'accompagnar li morti con quattro torcie, da' quali però, se sono fratelli, ne riceve la Compagnia 3 giulij, se sono Ragazzi, 15 baiocchi, e se forastieri 13 paoli. In occasione di darsi il Viatico all'infermi, è tenuta d'accompagnar il Santissimo con 8 torcie accese, di pagar per conto delle Processioni di sopra riferite al sig. Arciprete 15 giulij l'anno, et altrettanti per le messe del sig. Tomaso di Domenico.
Di somministrare altri giulij 15 al Predicatore dell'Avvento e di pagarli la piggione della casa e del letto, come anco le legna et olio necessario; Le medesme cose si somministrano al Predicatore della Quaresima e di vantaggio se li donano 8 scudi. Al Sagrestano per parte della Compagnia si pagano 10 giulij l'anno, et altre spese si fanno per la cultura delle vigne, biancatura di camici e tovaglie e per mandare . all'ospedale di Roma l'infermi forastieri. De Visitatione Soietatis Sanctissimi Rosarij
….Io sono il Priore e mi chiamo Ascentio Bellucci e l'altro qui presente è il Camerlengo e si chiama Alessio Fedele. Il nostro officio dura un'anno e siamo obligati assistere all'interessi della nostra Compagnia e far le spese necessarie com'anco accudire alla buona direttione di essa circa lo Spirituale, in conformità del nostro Istituto; Fu la detta nostra Compagnia aggregata a quella di Santa Maria supra Minervam di Roma, come per bolla d'aggregazione spedita sotto li 21 ottobre dell'anno 1660 con li statuti della quale ci regoliamo. Fu fatta l'erettione di essa in questa Chiesa e nell'Altare del Santissimo Rosario. L'entrate consistono in 34 scudi che provengono da certe piggioni di case e censi. Le spese sogliono ascendere a scudi 15, con le quali si comprendono 15 Messe che si fanno celebrare per l'Anima del q.m Tomaso di Domenico, et alcune Processioni, che si pagano al sig. Arciprete. Li conti si rendono ogn'anno dal Camerlengo al sig. Arciprete. Terminate le esposizioni delle due Confraternite, al fine di evitare controversie . amministrative si decretò: 1° - che in ciaschedun anno s'elegga un Camerlengo per essigere et amministrare le rendite d'ambedue le Confraternite del Sant.mo Sacramento e del Sant.mo Rosario il quale sappia scrivere altrimente sia obligato sin da principio dichiarare alcuno che scriva per Lui e questi tenga un libro nel quale deva distintamente notare tutti . li debiti, riscossioni e spese delle predette Confraternite. L'istesso Camerlengo sia tenuto ogni 6 mesi, convocata la congregazione de' fratelli, coll'intervento del Signor Arciprete, rappresentare lo stato dell'Entrata, Uscita e debiti. 2° - Tutto lo che dal detto Camerlengo verrà riscosso, tanto per l'una, quanto per l'altra Confraternita, si dovrà da lui medesimo subito consegnare in potere d'un Depositario da nominarsi dal Rev. mo Vicario Generale che per questa volta nomina sua eminenza Giuseppe Pallotti fattore dell'ecc. mo Sig. Principe Borghese appresso del qual Depositario stia una cassetta, et in essa si riponga e conservi tutto il denaro, e si serri con 2 chiavi differenti, et una resti all'istesso Depositario e l'altra si consegni all'Arciprete pro tempore. Nel fine poi dell'anno doverà il Camerlengo render conto dell'intiera sua amministratione, giusta la dispositione delli Decreti Sinodali e pagar tutto ciò in che resterà debitore, e detto conto dovrà esser reso al sig. Arciprete, et à due fratelli Sindici, che a tal effetto doveranno esser deputati in piena Congregazione.
3° - Le spese straordinarie che tal hora occorressero farsi, oltre le consuete si proibiscono al Camerlengo il quale dovrà prima pigliarne il consenso dalla Con. gregazione. 4° - Tutte le resoluzioni che si faranno nella Congregazione di dette Confraternite e nella quale dovrà sempre assistere il sig. Arciprete, et in caso di suo impedimento il Cappellano, dovranno registrarsi in un libro a parte e speciale, ch'à quest'effetto dovrà tenersi. . mo 5° - L'oglio per lampada del Sant. Sacramento egual dovrà con ogni esquisita diligenza conservarsi sempre accesa, si compri della miglior qualità che sarà possibile, et all'ingrosso per maggior risparmi. . 6° - Le ricevute di coloro a' quali si pagheranno li danari delle Confraternite, si conservino con ogni vigilanza e quando il Camerlengo rende conto, se ne facci una filza e si consegni al successore. . 7° - Si descrivano nel principio del Libro à parte e speciale di sopra ordinato, tutti gl'effetti e debitori delle medesme Confraternite e si rinovino le di loro polize che non comparissero. . 8° - Con tutta premura e diligenza si proceda all'esattione delle partite non riscosse, et indietro tralasciate, et il sig. Vicario foraneo presti ogni assistenza contro li debitori o qual'hora sia necessario, si ricorra in Albano al Rev. mo Sig. Vicario Generale. . 9° - Il Camerlengo nell'ultimo periodo del suo officio, deva consegnare al di lui successore tutti li libri, Polize de debitori e scritture spettanti alle dette Confraternite e se ne facci dar ricevuta. . 10° - Vien'asserito dal Sig. Vito Ricciardi, che tiene in affitto dalla Confraternita del Santissimo Rosario 2 vigne grandi unite in faccia allo stradone della Madonna, et anco un'altra piccola in faccia ……… di Pratica e tutte per scudi 23 l'anno e soggionge che detto affitto fu principiato in quanto ad una delle dette vigne nell'anno 1680 e quello dell'altre con le case nel 1682 e che fu fatto per 3 anni quali quantunque siano scorsi, nulla imeno si continua nell'istesso affitto. Vuole l'Eminenza Sua che il detto Vito affittatore paghi tutto quello in che và debitore per ragione dell'affitto mpredetto e perche il sig. Arciprete fratello del menzionato Affittatore pretende esser creditore tanto della Compagnia del Sant. mo Sacramento quanto del Sant. mo Rosario di scudi 24 per 8 annate decorse, nelle quali non si sono pagati tre scudi annui che le dette Compagnie sono obligate à contribuirli, quindi intende che la detta somma vengli compensata in diminutione del debito di detto suo fratello. S'ordina pertanto, che entro al termine d'un mese si riconosca la verità del preteso credito del sig. Arciprete avanti il sig. Vicario generale d'Albano e qual'hora in tutto ò in parte apparisca reale, se ne facci in scriptis l'atto della compensatione et il di più in che il Ricciardi affittatore verrà a restar debitore deva indefettibilmente pagarlo. 11° - Nel fine dell'anno corrente cioè à S. Martino, si deva fare nuovo affitto per instrumento publico delle suddette vigne e delle case a' persone che faranno miglior partito à vantaggio delle Confraternite, nel che si donerà haver consideratione non solo alla maggior quantità dell'offerta, ma alla miglior habilità dell'offerente e principalmente che sia idoneo per mantenere in buono stato et ottima cultura le vigne; et in caso di controversia tra gl'offerenti, si ricorra in Albano al sig. Vicario generale, alla di cui deliberatione si dovrà stare.
12° - La persona a' chi si darà l'affitto paghi compita e puntualmente d'anno in anno in mano del Camerlengo pro tempore, il quale doverà riponere il denaro nella cassetta, come si sopra s'è disposto, con riportarne dal Depositario la quietanza; e qual'hora l'affittuario ritardasse il pagamento, sia il predetto Camerlengo obligato à praticare tutte le diligenze possibili per costringerlo à pagare, altrimente sia . tenuto del proprio. 13° - Il denaro che si riponerà nella cassetta si doverà, volta per volta, notare in un libro speciale da farsi a' questo preciso effetto.
Altro contratto è del 30 aprile 1688, stipulato fra l'amministrazione del principe Lorenzo Romini e Giovanni Rinaldi unitamente a Salvatore Flamini i quali facevano obbligo di maggesare i vocaboli Linare e Pozzo Giordano per la quantità di rubbia 42, e di corrispondere la quarta parte di grano al Principe. Si conveniva inoltre che il principe Borghese concedeva ai due contraenti il pascolo per i bovi aratori e l'imprestanza gratis di scudi 170 ed il seme, tutto da restituirsi al raccolto. Un altro contratto è del 18 febbraio 1689, con il quale Joanni Rinaldo Nicolae, abitante nel castello di Pratica, si obbliga di lavorare rubbia 15 di terreno in località denominata quarto del Pantano Rocco, mantenendo sempre la clausola di corrispondere il quarto del raccolto ai Borghese, ricevendo in prestito denaro e semenza da restituirsi al raccolto. . 1690 - In quest'anno risultano Arcipreti Hiacintus Blondus e successivamente . Joanne Baptista de Sanctis Ancora un contratto del 5 maggio 1692 stipulato tra Giovanni Rainaldi abitante in Pratica, e Francesco Tintisona, amministratore del principe Borghese, per la coltivazione di rubbie 12 di terreno in località quarto delli Linari; specifica che la corrisposta doveva essere di 2 rubbia di grano per ogni rubbio di terreno, essendo lo stesso più fertile degli altri, mantenendo sempre la clausola di corrispondere il quarto del raccolto al Borghese ricevendo in prestito denaro e semenza da restituirsi al raccolto.
Visitatio Castri Pratticae Die 6. Junij 1693 Giovanni Battista de Santis Arciprete e Parroco Hyacinto Blondo Cappellano Curato
De Visitatione Personali R.D. Archipresbyteri
Io fui provisto di questa casa Parochiale et Arcipretato di Prattica dal Card. di Buglione Vescovo di Albano nell'anno 1690 come apparisce dalle lettere patentali speditemi e sottoscritte da S.E. e mo sigillate con il suo solito sigillo e fui presentato dall'Ecc. Principe Borghese che pretende sia suo IusPatronato la collazione di questo Beneficio. Io non ho fatto la professione della Fede dopo che sono stato provisto di questo beneficio, ma si bene la feci quando fui provisto della cura parrochiale di Ardia, e questa ho creduto che mi suffragasse per ogn'altro Beneficio Parochiale. Tengo li libri parochiali cioè de Battesimi, de Morti e de Matrimonij e sono questi . che esibisco a S.E. Io esercito la cura delle anime nel meglio modo che posso, e con la maggio diligenza che devo, fo anco l'esercizio della Dottrina Cristiana ogni Domenica e nel presente anno à suo debito tempo ho fatto lo stato dell'Anime della mia Parochia e l'ho mandato in Albano in mano di Nicola Rotondi Cancelliere Vescovale et è il medesmo che originalmente hora presento à V.E. in questo libro, e le feste qualche volta fò un poco di sermone al Popolo sopra l'Evangelo che si è letto nella Messa e questa io l'ho applicata per il medesmo Popolo solamente le Domeniche e non l'altre Feste perché l'ho creduto non essere . obligato. mo Per l'esercizio della Cura Parochiale ricevo e mi sono pagati dall'Ecc. Sig. Prencipe Borghese scudi 8 il mese quali mi paga perché esso tiene in affitto una tenuta che spetta a questa Chiesa Parochiale posta nella Diocesi di Monte Porfilio e Civitella del quale affitto lo' inteso, vi sia l'Instromento rogato per li . atti dell'Angelucci Not. dell'A.C. sotto il di 15 ottobre 1642. et in quanto alli beni occupati io so solo esservi una certa stanziola terrena vicino m la mia Chiesa Parochiale indebitamente usurpata dal q. Pompeo Perillo che ora si trova derelitta servendo solo p. ricetto d'immondizie, sopra le ragioni della quale essendo stati esaminati 2 testimonij per l'atti della Cancelleria Vescoviale mo sotto il p. giugno 1687 e li 18 giugno 1688 fò istanza mi sia conceduto il ta mandato de manutenendo et quatenus opus sit de reintegrando alla s. stanciola, ad effetto che la Chiesa resti reintegrata e si rimuova d'inconveniente dell'immondizie che ridonda in grande indecenza della Chiesa. Vi sarebbe ancora un m legato del q. Gio Battista Bonelli di scudi 32 per la celebrazione di tante messe m come apparisce dal suo ultimo Testamento rogato dal q. D. Mauro Ricciardi ti Arciprete mio antecessore sotto li 6 aprile 1685 ma perche li sud. scudi 32 si
dovevano conseguire da un tal Carlo Ficarola debitore del sud. to Giovanni Battista non essendosi per ogni diligenza fatta ritrovato robba per poterli conseguire non se ne puol fare assegnamento alcuno, e per ciò resta non adempito. m Dico di più, che la q Margarita moglie di Michel Cangi dispose nell'ultimo suo testamento che si vendesse dal suo erede la robba che possiedeva in Rocca di Papa ad effetto che la metà del prezzo di essa spetti al suo erede e dell'altra metà una porzione la lassa alla Cappella del SS. Crocifisso esistente in questa Chiesa Parochiale e l'altra per tante messe da celebrarsi per l'Anima sua nel medesmo to Altare, come per testamento rogato dal sud. D. Mauro sotto il di 3 giugno 1684 publicato da Bernardino Porcaroli notaro e Canc.re Vescovale. In quanto alla pensione io ho questo beneficio libero è ben si gravato di 3 scudi annui di tassa mo per il Seminario d'Albano e quarte 2 di grano per Categratico all'Em. Vescovo et applicato al medesmo Seminario, come anco di giulij 3 per il mantenimento delle Galere Pontificie et altri giulij 3 per la composizione dello Spoglio questi pesi però li deve pagare il medesmo Sig.re Pnpe Borghese in adempimento de patti convenuti to . nel sud. Instrom.to d'affitto. Nella mia Parochia vi sono 2 donne cioè Caterina moglie di Carlo Melone et Elisabetta moglie di Tiburzio Tenerini: la prima fa pratica scandalosa con Bartolomeo Capi e benche da me più volte ammonita di lasciare il peccato, particolarmente nel tempo della S. Pasqua con proibirli che non si accostasse alla S. Communione, nondimeno non si è da esso ritirata, benche ne mostrasse qualche segno d'emendatione con confessarsi e communicarsi nel tempo di Pasqua, ma poi è . ritornata al nominato. L'altra chiamata Elisabetta fa pratica peccaminosa con Francesco Campi e questa parimente avvertita da me non ha dato altro segno di mutatione che l'adempimento del Precetto Pasquale doppo di che è tornata alla medesma cattiva pratica. Circa l'abusi dico che havendo li fratelli dell'una e l'altra Compagnia da vestirsi per l'accompagnamento del SS. Sacramento et altre funtioni con il Sacco ricusano d'intravenirvi, benche da me molte volte ammoniti e chiamati. De Visitatione Soietatis Sanctissimi Sacramenti
Sono presenti il Priore Giovanni Serangeli e Matteo Mariano Camerlengo
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Fossimo eletti ( riferisce Giovanni Serangeli) Officiali del SS. Sacramento nel principio dell'anno corrente dalla Congregazione de fratelli coadunati nella Sacristia della Chiesa Parochiale con l'assistenza del sig. D. Gio. Battista de Santi Arciprete. La nostra Compagnia haverà d'entrata ogn'anno scudi 50 in circa consistenti in censi, pigioni di case et affitti di vigne si come apparisce dalli libri dell'introito et esite che si sono già consegnati. Le spese sogliono ascendere quasi all'istessa somma perche si paga il Predicatore della Quaresima e gli si danno p helemosina scudi 8 oltre la legna che possono bisognargli per tutto detto tempo e più baiocchi 50 per il pasto et altri baiocchi 50 per il letto et olio quanto bisogna et a quello dell'Avvento scudi 1 e baiocchi 50 al Sig. Arciprete per Messe.
Al medesmo per Processioni scudi uno e baiocchi 50 e per altre spese cioè olio per la lampada avanti il SS. Sacramento nella Chiesa Parochiale, imbiancatura di biancarie et habiti, incenso, cera, provedimento d'utensilij Sacri che bisognano . per l'Altar Maggiore della detta Chiesa e di S. Antonio. Non so che vi sia stabile alcuno occupato indebitamente spettante alla nostra Compagnia, ma si bene devo dirgli che fra beni stabili possiede una stanza superiore ed un'altra di D. Filippo Bernasconi habitante in Roma posta nella piazza di Prattica vicino da una parte li beni del medesmo D. Filippo dall'altra una casa della Compagnia del SS. Rosario et altri confini quale stanza haccessa per una scala dalla parte della piazza di Prattica e questa scala alcuni de fratelli della Compagnia dicono essere stata levata d'ordine del Sig. Prencipe Borghese et altri che sia caduta da per se, et in questa diversità d'assertioni potrebbe E.za Ill.ma sentire quello che dice il sig. Arciprete D. Gio. Battista de Santi qui presente, che forse sarà meglio informato. L'Arciprete così riferisce: . Non è stato per avanti rappresentato al sig. Prencipe Borghese il pregiudizio che riceve la Compagnia con haver S. Ecc.za fatto rimuovere detta scala perche havendogliene io parlato, m'ha risposto che l'havrebbe proposto nella sua privata Congregatione e pensato al risarcimento del supposto danno cagionato per il . passato et al rimedio per l'avvenire. Prosegue quindi il Priore Giovanni Serangeli: . Inquanto alli mobili che possono mancare della nostra Compagnia sappia Vs. Em.mo che Matteo Mariano qui presente molti anno sono hebbe libbre 80 di ottone vecchio per cambiarlo in Roma in una muta di Candelieri nuovi con la sua Croce in servitio dell'Altar Maggiore et ancora ciò non ha adempito. Risponde Matteo Mariano: Eminentissimo che io ho havuto le 80 libbre di ottone vecchio e le ho consegnate ad un ottonaro del quale non mi ricordo il nome, il quale habita per andare a strada Giulia vicino le Carceri nuove, et in effetto ha in ordine li candelieri ma non li ho potuti pigliare perche pretende scudi 12 di più e questi la Compagnia non ha havuto ancor commodità di pagarli, prometto però di pigliarli dentro tutto il mese di Agosto prossimo venturo. . Viene chiesta quindi al Camerlengo il resoconto dell'amministrazione: . Li Camerlenghi della nostra Compagnia non rendono li conti ogn'anno e frà gl'altri devono render conto della loro amministratione Matteo Mariano per anni 5 cioè dall'anno 1687 à tutto l'anno 1691 et Alessandro Fedele per l'anno 1692 e quando si rendono li conti, si fa con eleggere li sindici e questi devono riconoscere le partite dell'introito et esite alla presenza del sig. Arciprete e noi non habbiamo prestato il giuramento di fedelmente esercitare la nostra carica. Vi sono poi diverse partite di crediti che si devono riscuotere da debitori della Compagnia e sono li seguenti, per quanto si raccoglie dalli libri dell'introito e lindicazioni de Camerlenghi.
Antonio Stilio scudi 8 Carlo Montorio scudi 5 Cicco Sprega scudi 10 Pionannino scudi 2 Bellucci - residuo scudi 1:40 Chiatta scudi 2 Pionanni Papi scudi 2 Matteo Mariano scudi 0:40 il medesmo censo scudi 34 o il medesmo: Pigione sc. 2 Andrea Ferrari sc. 1:50 Bartol. Campi sc. 13:32 L'inventario de beni stabili l'habbiamo in un libro della Compagnia che è intitolato Libro dell' Introito et Esite della Compagnia e facciamo le funzioni ordinarie della medesma vestiti con l'Habito nostro solito cioè con il sacco di tela bianca. Avete statuto, regole per il buon funzionamento? Noi non habbiamo regole o Statuto di sorte alcuna. La Vostra Società è aggregata a qualche Confraternita dell'Urbe? Siamo aggregati all'Arciconfraternita di S. Lorenzo in Damaso. Terminata l'esposizione si stabilisce: di inviare al Ministro dell'Ecc.mo Principe Borghese una lettera per la richiesta dei danni per la rimozione della scala ; 2° - ….. Visitatio Soietatis Sanctissimi Rosarij die 9 junij 1693
Viene ascoltato quindi D. Andrea Ferrario Priore Società SS. Rosario ed Erminio . Caffaro Camerlengo. Siamo stati eletti Officiali della Congregazione de fratelli della Compagnia secòdo il solito. L'officio mio che sono Priore è di sopraintendere all'interessi della medesma e l'Officio del Camerlengo qui pres.te è di riscuotere tutte l'entrate della . medesma Comp. e fare le spese necessarie per la medesma. L'entrate della nostra Compagnia sogliono ascendere ogn'anno a scudi 34 in . circa quali si ricavano da pigioni di case e da frutti d'alcuni censi. Le spese ordinarie sogliono ascendere a scudi 15 in circa che si spendono in cera, olio et alcune Messe che si fanno celebrare al Sig. Arciprete p. soddisfatione . di Legati Pij che sono in tabella. Vi è una certa Nota de Beni Stabili nelle libri della Compagnia e questi per quello che io so, si possiedono pacificamente. Il nostro Camerlengo rende conto ogn'anno della sua amministrazione al sig. Arciprete et alli Sindici deputati dalla Congregat.ne de fratelli, ma non si possono esigere intieram.te le partite de crediti per la povertà de debitori, quali è necessario in qualche modo compatire. . Li libri e le scritture spettàti alla nostra Compagnia le tiene appresso di se il Camerlengo, perche nò havemo Archivio dove custodirle. . Il nostro obbligo è di procurare che si reciti ogni settimana il SS. Rosario nella Chiesa Parocchiale dal Sig. Arcip.te ò suo Cappellano e fare le Processioni solite ogni seconda Domenica del mese, e che l'Altare della Madonna SS. del Rosario nella sdd.ta Chiesa sia provvisto di tutto quello che gli bisogna pp. il culto Divino, il che si fa à spese della nostra Compagnia.
In quanto poi all'essere aggregati ad altra Arciconfraternita nòne habbiamo notitia alcuna ne habbiamo regole o statuti.
Pratica nella carta del Cingolani ( 1692)
Il 22 marzo 1694 veniva rinnovato, dopo 10 anni, il contratto con i carbonari De Paolis e Matteo di Cascia. Con tale contratto si vendeva tutta la legna della macchia del Pascolare di rubbia 27 al prezzo di 30 scudi il rubbio. . Giovanni Battista Borghese sposò Donna Eleonora Boncompagni, figlia di Ugo Boncompagni, duca di Sora e di Donna Maria Ruffo nipote di Gregorio XIII. Dal matrimonio nacque Anna Camilla e il 20 maggio 1660 Marc'Antonio (III), successivamente Paolo (1663-1701) e Scipione (1666-1692). Il 22 aprile del 1697 Innocenzo XII nel suo viaggio verso Anzio, si fermava nella tenuta di Carroceto, acquistata nel 1626 dal Cardinal Scipione Borghese; il principe Giovanni Battista organizzò un ricevimento di benvenuto così sfarzoso che rimase negli annali dell'aristocrazia romana. Intorno al 1700 si scrive di Pratica: "...questo memorabile, e per qualche stagione dell 'anno, delizioso castello, poco lontano dal mare, Marchesato de Borghesi, ... È celebre per così famose ed erudite memorie ... La chiesa parrocchiale di questo
castello, che già fu della nobilissima famiglia de Massimi, indi passato al Principe Borghese, sotto il quale ha rialzato il capo dalle sue quasi estinte memorie e rovine, è dedicata a S Francesca Romana, la quale essendo stata canonizzata da Papa Paolo V, ne rimase a questa nobilissima famiglia la divozione, e di essa il patrocinio. Qui pure è numerosissima la Compagnia del SS Sacramento, canonicamente eretta. Ha di entrata l’Arciprete scudi 80, e là anime sono in tutto 130. Santa Maria, detta delle Vigne, chiesa campestre, lungi un miglio dal castello che si mantiene dalla Compagnia del Rosario, dove processionalmente si va tutto il popolo…."
Nel 1702 venne nominato ambasciatore a Roma del re di Spagna Filippo V e gli fu assegnato il titolo di Grande di Spagna e cavaliere del Toson D'Oro. In questo periodo Papa Clemente XI con chirografo del 1 ottobre 1704, tolse dalle mani dei baroni tutti i poteri giurisdizionali affidando alla Congregazione del Buon Governo (Istituita da Clemente VIII con Bolla del 15 agosto 1592) il controllo delle . comunità baronali. Il 7 settembre 1706 veniva stipulato un contratto di vendita tra il fattore Domenico Tintisona e Domenico Arrigoni di Roma per tutta l'erba d'inverno dei prati e monti del territorio di Pratica di rubbia 240 in circa, ad haverla e goderla per tre anni prossimi futuri al prezzo di 2 scudi il rubbio con i seguenti patti: -che la macchia esistente dentro la tenuta doveva essere compresa nella vendita delle erbe; -che facendosi le semine, all'affittuario delle erbe doveva essere concesso il defalco pro rata, e che doveva essere riservato al principe il pascolare per le . rompiture. Ma nel 1707 la trasformazione agricola tanto voluta da Giovanni Battista subì un duro colpo. I contadini che si erano stabiliti a Pratica, a causa della malaria, abbandonarono vigne e terreni lasciandoli in eredità alla Confraternita del SS. Sacramento esistente in Pratica, fermo restando il diritto del quarto in favore del Principe. In quest'anno risulta come Arciprete di Pratica Carolus Ioseph Orsattoniy Nel 1711 subentra in Pratica l'Arciprete Antonio De Laurentis. Il 24 gennaio 1715 si registra un contratto per la semina tra il fattore di casa Borghese Domenico Tintisoma e Giuseppe Paoletti romano, al quale si concedeva rubbia 95 di terreno da coltivarsi a maggese in località quarto dei Linari nella tenuta di Pratica e nella tenuta di Campo Ascolano, per la durata di 2 anni con la clausola di corrispondere 2 rubbia di grano per ogni rubbio di terreno al Principe, ricevendo in prestito denaro e semenza da restituirsi al raccolto oltre al pascolo per i buoi. Giovanni Battista Borghese morì nel Castello di Pratica l' 8 maggio 1717.
Anna Camilla ( 1661-1715) sposò il principe Francesco M. Pico della Mirandola e alla morte di questo, sposò Antonio del Giudice, principe di Cellamare.
Marcantonio Borghese (1660 - 1729) Marc'Antonio (3°) subentrò al padre nei titoli e possedimenti. Il 24 gennaio del 1691 sposò Maria Livia Spinola, figlia di Carlo Spinola, principe di S. Angelo. Dal matrimonio nacquero 12 figli: Flaminia (1692-1718), Vittoria Teresa (1695-1769), Francesca Eleonora (1696-1739), Francesco (1697-1759), Giacomo (1698-1766), Camillo 1693-1763), Teresa Martina (1699 ), Marianna (1700-1714), Maria Maddalena (1703), Paolo (1704-1792), Olimpia (1707-1766), Violante Maria (1709). 1718 Arciprtete di Pratica è Antonio Felice Moratti. Carlo VI imperatore restituì a Marc'Antonio tutti i possedimenti di Napoli tolti precedentemente al padre e nel 1721 venne nominato Viceré di Napoli. In questo periodo Pratica non godeva di frequenti visite da parte del Principe ed era gestita direttamente dal fattore della tenuta il quale provvedeva a stipulare contratti di affitto dei terreni da semina e da pascolo e vendite di legname ed erbai. Altro contratto è del 31 dicembre 1721 in cui Giovanni Diotallevi si obbligava a lavorare e seminare 25 rubbia di terreno in località detta quarto di Pantano Rocco, corrispondendo alla proprietà Borghese 2 rubbia di grano per ogni rubbio di terreno, il prestito del seme e del denaro da restituirsi al raccolto, il pascolo per i bovi aratori. Il principe Marc'Antonio si spegneva il 22 maggio 1729. .
Francesco fu elevato alla porpora cardinalizia nel 1729. .Giacomo rinunciò alla primogenitura Camillo ereditò titolo e sostanze. A Paolo Borghese, fratello cadetto di Camillo, nel 1767 andarono tutti i titoli secondogeniali della famiglia Borghese che da allora si tramandarono alla secondogenitura di casa Borghese, nonché il titolo di principe Aldobrandini.
Giacomo Borghese (Pleone Ghezzi)
Flaminia sposò nel 1717 Baldassare Erba Odescalchi, duca di Bracciano che, rimasto vedovo, chiese in nozze l'altra sorella Maria Maddalena che sposò nel 1721. .
Teresa Martina sposò Adriano Carafa Olimpia sposò Benedetto Pamphilj.
Camillo Borghese 2° (1693 - 1763) Camillo (2°), principe ereditario nato il 7 aprile 1693, nel 1723 sposò Donna Agnese Colonna, figlia di Don Filippo Colonna principe di Paliano e gran connestabile del Regno di Napoli. Da questa unione nacquero: Eleonora (1724-1789), Flaminia (1726-1726), Maria Camilla (1728-1728), Maria Vittoria (1729-1732), il 14 luglio ( o settembre) 1730 Marc'Antonio (IV), Livia (1731-1802), Giovan Battista (1733-1802), Scipione (1734-1782), Ippolito (1735), Orazio (1736-1818). Dal 1734 al 1751 annoveriamo i seguenti Arcipreti alla guida della Chiesa di Pratica: 1734 1736 1736 1738 1738
Libonius Rhaeli Benedictus Testa Giovanni Luca Vincenti Antonio Boccaccio
Giuseppe Salvetti
1742 1745 1747 1751 1751
Gius. Gregorio Crocetti Thomas Cherubini Bernardino Bedini Feliciano Corsatonj Angelo Pasqualini
Nella tenuta di Pratica si continuava a mantenere la produzione agricola con il . sistema delle affittanze. Il 14 agosto 1753 Domenico Fontana, fattore generale del principe Camillo, affittava per 3 anni a Pietro Paolo Lepri tutto il tenimento di Pratica per il solo uso di pascolo, cioè tutti i larghi e le macchie da godersi con il bestiame vaccino e cavallino fino a ( al giorno di) S. Angelo di settembre 1756 al prezzo di scudi 850 all'anno, rispettando le seguenti condizioni: -rimaneva escluso dall'affitto il quarticciolo della Mola, che era riservato al Principe; -che fosse lecito all'affittuario, di fare il legname necessario per fare le fratte e le staccionate, da farsi nelle spallette della tenuta senza però toccare gli alberi matricini e le sughere matricine; -che fosse vietato all'affittuario di tagliare le pedagne nel quarto di Selvapiana esistente nella tenuta; -che fosse vietato all'affittuario di tagliare legname nel pascolare della tenuta già venduto a Giuseppe Rosatelli, -che fosse lecito a detto affittuario di cioccare e stemare la zona di terreno che vorrà, purché la spesa non superi gli scudi 50 ogni anno; -che fosse lecito all'affittuario di fare seccarelle e legna morta, ed ancora tagliar legna nei luoghi sopra descritti per fare il fuoco per servizio del procojo e degli uomini addetti all'azienda; -che fosse vietato all'affittuario di introdurre a pascere nella tenuta porci, bufali e capre.
E' del marzo 1754 un memoriale (ASV - Tomo 818 fasc. 29) rivolto a S.E. la p.ssa Agnese Colonna Borghese affinché i contadini di Pratica possano vendere il vino da loro stessi prodotti, in deroga alle privative sottoscritte per contratto. Il18 agosto 1754 l'amministratore del principe Borghese concedeva, con un contratto, 30 rubbia di terreno seminativo in località Valle Linara a Giovanni Maria Campi di Albano, con la clausola di corrispondere 2 rubbia di grano per ogni rubbia di terreno. All'affittuario veniva garantito il pascolo per i buoi e il prestito del seme, che doveva restituirsi al raccolto. Veniva inoltre concesso al Campi di fare rotticioni nel terreno, seminare la biada, corrispondendo 2 rubbia di biada . per ogni rubbia di terreno. Il 24 settembre 1756 si registra un'altro contratto di vendita di erbe a favore del Marchese Giovanni Battista Piccaluga, per la durata di un anno, per tutta l'erba d'inverno da falce, la fronda e la foglia della macchia detta il Pascolare nella tenuta di Pratica, ad eccezione del quarto detto della Mola riservato al principe Borghese, al prezzo di 1000 scudi per una estensione di circa 335 rubbia. Fra le condizioni stabilite, si faceva divieto all'affittuario d'introdurre al pascolo bufali e porci, concedendogli peraltro la facoltà di fare legna morta o seccarelle per uso della masseria nei luoghi da destinarsi dai ministri del Principe. 1760 Arciprete di Pratica è Francesco Saveoni La terribile carestia del 1763 che colpì duramente tutto lo Stato Pontificio non creò grandi perdite per la famiglia Borghese che chiuse i propri bilanci con una rendita netta di circa 1000 scudi (Guido Pescosolido pag 133 ) Il 16 settembre del 1763 Camillo si spegneva. Eleonora andò in sposa a Michele Imperiali; Livia sposò Emilio Altieri; Scipione divenne cardinale nel 1770.
Marco Antonio Borghese 4° (1730 - 1800) Marc'Antonio (IV) ereditando titoli e sostanze della famiglia Borghese, portò qualche cambiamento nella conduzione . del suo patrimonio. Nel 1764 in occasione del passaggio delle consegne ad un nuovo amministratore, in un documento si elenca gli arredi ed allo stesso tempo non è nascosto il degrado in cui si trova il palazzo un secolo dopo che G.B. Borghese si era tanto impegnato per quel centro, uno dei possedimenti terrieri tra i più vasti di Casa Borghese.
"L 'inventano del Palazzo ed altri annessi in Pratica" ci fa così conoscere come è il castello prima della sua trasformazione della fine del 1800: un massiccio edificio che mantiene la concezione di edificio fortificato in quanto mantiene l'antica torre ed ha al piano terra un muro bastionato distaccato tramite un toro dall'edificio abitativo. Al piano terra vi sono i servizi: cucina, dispensa, lavatoio etc. con ingresso diretto dall'antico cortile interno, mentre una scala a chiocciola immette al primo piano, una scala più antica, del 1400, al secondo.
Dalla loro unione nacquero Camillo (1770-morto alla nascita), Camillo (1775-1832), Francesco (1776-1839), Agnese ( 1780) e Scipione (1789). Marcantonio sposò il 1° maggio 1768 Donna Anna Maria Salviati figlia ereditaria del duca Salviati, che in tal modo fece confluire nella famiglia Borghese titoli e beni dei Salviati di Firenze. 1768 L'Arciprete di Pratica è Francesco Chiffoni
I confini della tenuta di Pratica si modificarono come descritto nell'atto di permuta del 2 aprile 1769 in cui il Principe Borghese ed i fratelli Giraud, proprietari della confinante S.Procula, si scambiavano porzioni di terreno per rendere più omogenee le due proprietà. Nell'atto si specificava che i terreni erano liberi ed esenti da ogni canone, censo, livello, risposta, servitù e da ogni e qualunque altro peso e gravame. Il 22 dicembre del 1770 veniva stipulato un contratto di affitto per la durata di 9 anni a Pietro Paolo Amici da Cogogna, diocesi di Spoleto, al prezzo di 1200 scudi all'anno per tutta l'erba d'inverno, da falce e di estate, come pure l'erba fronda o foglia della macchia detta del Pascolare a riserva del quarticciolo della Mola e Pascolare ossia Sughereto. Era concessa all'affittuario la facoltà di fare legna per realizzare staccionate e per uso della masseria, senza però toccare gli alberi matricini e gli alberi della macchia del Pascolare e di Selvaprica, e gli si vietava di rompere i prati e i terreni del tenimento per fare maggesi e di introdurre . nei pascoli animali nocivi. Infine si conveniva che l'affittuario del forno di Pratica, di proprietà del Principe, potesse tagliare e far tagliare nel quarto della Selvapiana, riservata come sopra, tutta la quantità di legna necessaria per il forno, ed uguale facoltà poteva esercitare il ministro del Principe in Pratica per la legna Anna Maria Salviati con i figli ( Coll. Artini) necessaria al servizio del Castello. 1776 Arciprete di Pratica è Carlo Gradoni Il 14 giugno 1777 in un contratto a favore di Andrea Giorgi e Ascani Picchiorri si vendeva il legname delle sughere esistenti nel quarto grande di Pratica al prezzo di 700 scudi, per farne carbone. Rimanevano riservate al Principe la macchia di Selvaspina, occorrente per far cascine per il forno di Pratica, per l'Osteria di proprietà del Principe e le sughere che si trovavano sugli stradoni tra la vigna e il quarticciolo della Mola. Gli affittuari potevano tagliare il selvaticume di ginestra, scopiglio e perazzi esistenti tra le sughere vendute, ma non gli spini, che dovevano servire per costruire le fratte del procojo dell'affittuario delle erbe Pietro Amici. . Seguono poi altre condizioni da osservare per fare carbonaie e per il trasporto del carbone. 1780 in quest'anno Angelo Pasqualini è l'Arciprete di Pratica 1782 Tomaso Leonelli risulta essere l'Arciprete di Pratica
Pio VI con motu proprio del 25 gennaio 1783 stabiliva il nuovo catasto e Pratica è compresa nei confini dell'Agro Romano Con la rivoluzione francese del 1789 termina l'Evo MODERNO
Dal 1783 al 3 ottobre 1793 la tenuta di Pratica veniva affittata al Principe Luigi Pallavicini, ad averla, goderla, ed usufruttuarla ad uso di pascolo di bestiame, ed a tutto frutto di erba, per 9 anni e per il prezzo annuo di scudi 1400. Tra le tante condizioni si ripetevano, come in precedenti contratti, i divieti di tagliare nella macchia di Selvapiana, di fare entrare porci e bufale, di riservare per gli usi del Principe Borghese il quarticciolo della Mola e gli stradoni confinanti con le vigne, mentre si concedeva il taglio di sughere in alcune zone. Per ordine del Prefetto dell'Annona di Roma Mons. Valentini Mastrozzi, il 21 novembre 1795 il perito agrimensore Giovanni Battista Barbarelli stilava una relazione allo scopo di determinare le modalità per la lavorazione della tenuta per i bisogni di Roma. Il perito prese in considerazione le parti di terreno più fertile per complessive 120 rubbia che divise in 4 parti da 30 rubbia ciascuna, stabilendo in tal modo una alternanza lavorativa di una sola parte per ciascun anno. Altre 88 rubbie vengono lasciate in parte per i bovi aratori, in parte come inutilizzate perché acquitrinose come la riserva di Selvapiana, mentre la parte boschiva rimaneva di 61 rubbia. Da tale relazione risulta che l'estensione della tenuta di Pratica si era ridotta a 269 rubbia, che unite alle 61 occupate dai terreni dei contadini dava un totale di 330 rubbia. L'agrimensore dichiarava inoltre che mentre nel catasto annonario del 1783 i sedivi di Pratica erano pari a 269 rubbia, dopo la controversia tra il principe Borghese e il principe Pallavicini affittuario del tenimento di Pratica, gli agrimensori Sperandio e Sardi effettuavano una nuova misurazione constatando che i sedivi . risultavano di 208 rubbia. . Il 18 marzo del 1800 il principe Marc'Antonio moriva. Camillo ereditò proprietà e titoli che alla sua morte si trasferirono al fratello Francesco Camillo Borghese (1775-1832) Camillo III, nacque il 19 luglio 1775 e all'età di venticinque anni ereditò i titoli paterni e coltivando da tempo le nuove idee di libertà, fraternità e uguaglianza, si arruolò nell'esercito francese per seguire Napoleone. Bonaparte, volendo creare un vincolo più duraturo della sua famiglia con la nobiltà romana, assecondò le nozze della sorella Paolina, rinomata per la sua bellezza, con il principe Camillo Borghese, nozze che si celebrarono a Parigi il 9 novembre 1803 officiate dal cardinal Giovanni Battista Caprara. Nel 1804, avvenuta la proclamazione dell'impero, i principi Camillo e Paolina Borghese furono insigniti dei titoli di Altezza Imperiale e Reale.
Paolina Borghese ( Ritratto di Francois Joseph Kinson)
Napoleone approfittando della simpatia e della fiducia che Camillo riponeva in lui, per coprire i debiti del cognato ( fatti per assecondare le vanità di Paolina), si fece vendere 154 statue, 160 busti, 170 bassorilievi, 30 colonne e vari vasi della Galleria Borghese (di cui Camillo era in pieno possesso per l'eredità lasciata dal pro-zio Scipione ) che portò in Francia, collocandoli in bella mostra al Louvre. Tra le ope: re più significative ricordiamo: Il Gladiatore combattente; l'Ermafrodito Borghese; il Marte Borghese; il Centauro . Borghese; l'Ara Borghese dei 12 dei.
Il Gladiatore combattente
l'Ermafrodito Borghese
Camillo, che era già stato nominato Capo di squadrone della Guardia Imperiale, prese parte alle campagne d'Austria, di Prussia e di Polonia. Pratica in questo periodo contava solo 80 abitanti (F.Casragnoli - Lavinium - pag. 46 ) e fu presso ché abbandonata da Camillo, il quale poco si curò del suo patrimonio, preso dalla mondanità dei tempi e dagli interessi politici. Nel 1802 gli abitanti di Pratica fanno ricorso al fattore di casa Borghese Giacomo Rossignoni contro l'affittuario del pascolo per alcuni soprusi (ASV - n° 823 fasc. 459 ). Anche la malaria cominciava a dare i suoi effetti e nel 1803 Nicola Maria Nicolai in una delle sue opere (Memorie leggi ed osservazioni sulla campagna e sull'annona di Roma - pag. 164 ) così scriveva di Pratica: .... Questa tenuta composta di terreno magro ed arenoso é sempre stata addetta a pascipascolo di procoi di vacche che vi pascolano tutti i tempi, e che quindi lascia nello stato in cui trovasi, non convenendo, attesa la qualità suddetta, prescrivere in conto alcuno la lavorazione di essa. .
1806 Francesco Casticoni è Arciprete a Pratica
Per i suoi meriti e per la parentela, il 30 marzo 1806 Napoleone con decreto imperiale investì Camillo del principato e del ducato sovrano di Guastalla;
Nel 1807 (fino al 1814) Camillo fu nominato Governatore dei Dipartimenti Transalpini, carica che equivaleva a quella di Viceré di Piemonte. Tale incarico gli comportò il trasferimento di tutta la sua corte a Torino. Nel frattempo il castello di Pratica veniva eretto a "marchesato" da Pio VII con Breve del 1808. Nel 1810 con legge 31 dicembre, la Consulta Straordinaria del governo napoleonico annoverò Pratica fra i comuni e villaggi del territorio rurale di Roma, dopo aver abolito la feudalità nella città di Roma e del suo territorio. Nel 1813 Camillo nomina l'architetto di origine ticinese Virgilio Fontana soprintendente ai lavori di casa Borghese. Anche il castello di Pratica subì qualche intervento da parte di questo architetto, ma i lavori non furono di gran rilevanza altrimenti si sarebbero trovate opportune citazioni. Il 28 settembre 1813 Pratica viene ceduta in affitto a Nicola Laici (ASV - Tomo IV fasc. 469) e dal si hanno notizie sul borgo di Pratica: .. "il casino Pallavicini, una foresteria con albergo e tinello, molti magazzini situati ai piani terra dei fabbricati, nessuna stalla al centro del paese se non quella accanto al palazzo per i cavalli dei Principi una hosteria, una pizzicheria, un fornaio, il Casino per il Ministro, un fabbricato detto "Carceri", un casino detto "Ghettarello", un forno, la foresteria del palazzo, un pozzo sulla piazza principale incontro al palazzo, un granaio, una mola situata un po' fuori dall'abitato e lo scarico delle immondizie". L'11 giugno 1814 tutta la tenuta di Pratica viene data in affitto a Nicola Laici per 12 anni per 1500 scudi l'anno, convenendo che nell'affitto era compreso il taglio di tutta la legna esistente in tutta la tenuta cioè Selva Piana, macchiozze, spallette e fossi. Con motuproprio del 6 luglio 1816 il Papa era ben lungi dall'abolire le "Comunità Baronali" ma di fatto le trasformava in proprietà fondiarie, addebitando però ai baroni le spese per l'amministrazione della giustizia e il mantenimento delle forze . di polizia. La comunità di Pratica non era configurata come Comunità Amministrativa, comunque il 12 ottobre 1816 Camillo Borghese giurava la rinuncia feudale su tutti i propri feudi ( ASR - Notaio Nardi - 1816-1818 - vol.1344, cc. 37)
Rinuncia Giurisdizione Baronale L'anno milleottocentosedici, e questo dì quattordici del mese di Settembre. . In Firenze, Capitale del Gran Ducato di Toscana. Io sottoscritto Principe Don Camillo Borghese figlio del fu Principe Marco Antonio Borghese, di mia libera e spontanea volontà, prevalendomi del permesso e facoltà accordata ai Baroni dal moto-proprio di Nostro Signore Pio Papa VII felicemente regnante, sull'Organizzazione Pubblica dato li sei luglio prossimo 1816, segnatamente sotto il Titolo 1° Art. 19, cioè di rinunziare alla Giurisdizione Baronale, anco per i futuri chiamati e compresi nelle investiture, senza bisogno di alcuna formalità per Supplire al loro consenso; dimanieracchè appresso tale rinunzia cessino tutti i diritti e pesi baronali, conservando per loro e per i successori il titolo onorifico; quindi è che non tanto in nome proprio, quanto di tutti i miei successori e di tutti i futuri chiamati, compresi nelle Investiture, e che in qualunque modo e tempo avvenire, potessero avervi diritto o speranza di vocazione, liberamente e totalmente ho rinunziato e rinunzio ad ogni Giurisdizione Baronale in tutti i Feudi e luoghi giurisdizionali in tutto lo Stato Ecclesiastico, intendendo che appreso tale rinunzia, dal giorno che verrà accettata ed approvata dalla Segreteria di Stato, cessino tutti i diritti e tutti i pregi relativi all'esercizio della Giurisdizione Baronale, confermando però sempre per me medesimo e per tutti i successori, come sopra, il titolo onorifico a norma in tutto e per tutto del citato articolo del sovra-lodato Moto-proprio; promettendo in nome mio proprio e dei Successori e futuri chiamati di avere sempre rata e ferma questa amplissima rinunzia e di non mai contravvenire o reclamare sotto qualunque causa o motivo, ed in fede Principe Camillo Borghese Al Nome di Dio Amen questi dì quattordici Settembre 1816 In Firenze S.E. Il Signore Principe Don Camillo Borghese, proprietario, nativo di Roma ed abitante in Firenze in via del Palagio, ha confermato in tutte le sue parti il presente atto di Rinunzia, e lo ha firmato di sua propria mano in mia presenza. In fede Antonio del fu Iacopo Chelli Notaio a Firenze.
Ricevuta dell’Arciprete Conficoni per 4 sottovaglie per la Chiesa di Pratica
Finito il regime feudale, inizia per Pratica un lungo periodo di affittanze. Si legge di Pratica: "Il villaggio moderno di Pratica si estende su parte dell 'area occupata dall'antica acropoli di Lavinium, mentre la restante area della antica città è ora occupata da vigne e pascolo. Il villaggio è cinto da "mura di case" da ogni parte, costruite intorno ad una piazza nel centro della quale vi è la chiesa, esterna al castello in modo che il popolo vi poteva in passato accedere senza entrare nel castello stesso, ed il tutto è dominato dal Palazzo Baronale, residenza di campagna dei Borghese. Pratica è in decadenza ma non come Ardea, le strade non sono pavimentate ma coperte di paglia. Per lo più vi abitano contadini, e vi è la malaria ma la Famiglia Borghese hanno contribuito a migliorarla". Verso il principio del secolo, quando la visita il Bonstetten, Pratica ha una ventina di case con mura cadenti. Intorno al 1815/1819 Antonio Nibby ebbe l’occasione di visitare la chiesa e così la descrive: .... La chiesa non offre per l’arte alcun oggetto degno di osservazione: girando attorno ad essa di fuori sio riconosce che la tribuna originale, opera del secolo VI (500), restaurata poi nel sec. XIII (1200), è nella direzione dell’oriente vernale secondo l’antico costume... 1818 Antonio Jaffeius è l'Arciprete di Pratica 1822 Serafino Moreschi è l'Arciprete di Pratica . Di Pratica in quest'anno (1825) così si legge: Lavinium è la tomba dei suoi abitanti
Con il tramonto dell'astro Napoleonico, Camillo si separò dalla moglie Paolina, (che si trasferì a Roma in una villa a Porta Pia, senza aver dato a Camillo nessun figlio) e sì ritirò a vita privata in Firenze, dove morì il 9 maggio 1832 nel palazzo Salviati.
Francesco Borghese (1776-1839) Alla morte del fratello Camillo, Francesco, nato il 9 giugno 1776, subentrò nel titolo e nei beni dei Borghese, abbandonando il titolo di principe Aldobrandini. Anche Francesco, fu un seguace di Napoleone partecipando a diverse campagne tanto che fu elevato al titolo di Gran Scudiero dell'Imperatore. Anch'egli, per assecondare i progetti di Napoleone, sposò l'11 aprile del 1809 Adelaide de la Rochefoucauld, appartenente ad una delle più antiche famiglie ducali di Francia. Fu decorato dal Pontefice della Gran Croce dell'Ordine di S. Gregorio.
1830 Arciprete di Pratica è Andrea Vacchiroli 1831 Subentra nell'Arcipretura Ambrosio Giacchini 1833 In quest'anno è Arciprete Colombo Piccioni Francesco prese visione del latifondo di Pratica solo due volte, occupato dalla gestione del suo immenso patrimonio, lasciando all'amministratore la più ampia . facoltà di gestire al meglio la proprietà. Dopo il Laiesi, nel 1832 veniva ceduta in affitto la tenuta della Crocetta con il castello di Pratica al Senni con la seguente clausola: . Sono esclusi dal presente affitto tutti i diritti baronali aboliti dal Motuproprio della SM di Pio VII del 6 luglio 1816, ma i signori affittuari potranno prevalersi, e godere dei locali della Pizzicaria, Osteria, e Macello che formavano una volta privative dell 'Ecc. ma Casa Borghese
il Catasto Gregoriano Pio VII con motu proprio del 6 luglio 1816 ordinò la realizzazione del Catasto delle tenute, ma attivato solo nel 1835 sotto il pontificato di Gregorio XVI da cui prese il nome. La mappa contenente i disegni di seguito riportati, è la n° 118 contenente " Le vigne di Pratica " denominazione che molto probabilmente il rilevatore assegnò considerando la consistente coltivazione della vite nel terreno circostante. Nella tabella che segue pertanto vengono indicati i mappali che nel caso specifico corrispondono ai numeri indicati sopra i caseggiati riportati in mappa: Casa per uso di abitazione Principe Don Camillo Borghese Casa per uso di abitazione " " Casa per uso di abitazione " " Casa per uso di abitazione " " Forno Venale " " Casa ad uso d’affitto " " Casa ad uso di stalla " " Casa di proprio uso " " Casa di proprio uso " " Casa ad uso di legnare " " Casa ad uso di fienile " " Casa di proprio uso “" Casa di proprio uso Compagnia SS Sacramento e Rosario enfiteuta perpetuo Casa di proprio uso Viti Giovanni di Giuseppe enfiteuta perpetuo Casa di proprio uso Compagnia SS Sacramento e Rosario enfiteuta perpetuo Casa per uso abitazione Arcipretura di Pratica enfiteuta perpetuo Casa per uso abitazione Zoppini Bartolomeo enfiteuta perpetuo . Casa ad uso di granaio Principe Don Camillo Borghese Casa per uso abitazione Zoppini Bartolomeo enfiteuta perpetuo Casa per uso abitazione Salvatori Gaspare enfiteuta perpetuo Casa per uso abitazione Fedeli Giuseppe e Luigi enfiteuta perpetuo Casa per uso abitazione " " enfiteuta perpetuo Casa per uso della Chiesa Arcipretura di Pratica nfiteuta perpetuo Casa per uso abitazione Colonna Antonelli Caterina enfiteuta perpetuo Casa per uso abitazione Laici Nicola enfiteuta perpetuo
Casa per uso abitazione Casa ad uso di fienile Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa diruta Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso della Chiesa Casa per uso abitazione Casa diruta Pomponi Casa per uso abitazione Casa diruta Pomponi Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa ad uso di granaio Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa di proprio uso Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione Casa per uso abitazione
Compagnia SS Sacramento e Rosario Arcipretura di Pratica Carminati Antonio Principe Don Camillo Borghese Principe Don Camillo Borghese Compagnia SS Sacramento e Rosario Principe Don Camillo Borghese Compagnia SS Sacramento e Rosario Compagnia SS Sacramento e Rosario Grassi Anna Arcipretura di Pratica Laici Nicola Costantino Guiducci Nicola Costantino Mingoli Vincenzo Compagnia SS Sacramento e Rosario Compagnia SS Sacramento e Rosario Principe Don Camillo Borghese Principe Don Camillo Borghese Barbetta Gioacchino Pomponi Costantino Vittori Pietro Compagnia SS Sacramento e Rosario Principe Don Camillo Borghese Arcipretura di Pratica Paolini Gio. Battista Paolini Gio. Battista
ad uso di stalla Casa di proprio uso Casa di proprio uso Casa di proprio uso Casa di proprio uso Palazzo di Delizia
Principe Don Camillo Borghese " " " " " " " " " “
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Il 12 marzo 1835 il rappresentante delle famiglie di Pratica Costantino Pomponi, Sindaco, inviava al Principe Borghese una lettera nella quale lamentava che da quando la tenuta era passata sotto la gestione dei fratelli Senni, non veniva più rispettato il patto da sempre esistito, di concedere alle famiglie abitanti nel castello una certa quantità di legna, da tagliare nelle macchie, secondo il numero delle rispettive famiglie; il che è stato sempre scrupolosamente osservato da tutti gli affittuari non che dal sig. Ministro dell'ecc. ma Casa fino all'ultimo giorno, che questo Territorio, e Castello amministrò per conto dell 'Eccellenza Vostra. Ora il Sig. Senni affittuario non dà ordine che si dia la legna, il subaffittuario dice che non ha quest'obbligo, cosicché qualunque siasi la raggione o dell'uno o pur dell'altro, il fatto si è che la popolazione ne soccombe, e ne risente gravissimo incomido non essendovi mezzo onde procacciarsela.
Nel 1836 anche Pratica venne coinvolta dall'epidemia del colera scoppiata ad Ancona e Cesenatico e che invase tutta la Campagna Romana, mentre Gregorio XVI faceva stendere un cordone sanitario alle porte di Roma tanto che il Confaloniere di Albano con una lettera pregò Don Francesco Borghese di far costruire delle capanne sulla spiaggia dove ricoverare gli ammalati, liberando in tal modo dal contagio il castello di Pratica limitando nel contempo la diffusione dell'epidemia.
COMARCA Governo di Albano Comune di Albano
Per disposizione superiore è stata attribuita a questo Comune la formazione di due Capanne lungo la spiaggia del Mediterraneo, e precisamente nell’estensione del Territorio della Frazione di Prattica soggetta a questo Comune per garantire ogni sbarco, od approdo clandestino di provenienza dal limitrofo Regno di Napoli infetto dal morbo Asiatico. . Trattandosi di un soggetto cotanto importante, mi sono dato subito la cura di mandare colà persona incaricata per la costruzione di dette due capanne, ma non essendoci altri luoghi in cui provvedere il legname, o paglia, che la macchia di spettanza all’Ecc. za V. ra si .... da quei Guardiani ostilità col procedere anche all’oppignorazione, ed è perciò, che mi faccio a supplicare la benignità dell’Ecc.nza V.tra perché si degni .... gli ordini opportuni ad ... possa l’Incaricato liberamente fare ciò che occorre, conforme ed è permesso alle altre comuni incaricate per simile oggetto. Nella lusinga che la somma bontà di V.tra Eccellenza ....... A Sua Eccellenza Il Signor Principe D. Francesco Borghese
Sempre nel 1836, anno del colera, Francesco Borghese fonda la prima Cassa di Risparmio presso la sua abitazione romana diventandone . Presidente.
Nel 1837 Antonio Nibby nel corso delle sue perlustrazioni, per aggiornare le notizie pubblicate nel suo volume, trovava residenti a Pratica solo 12 famiglie.
Una pagina degli appunti del Nibby con il disegno della collinetta su cui sorge Pratica
Francesco alla sua morte, avvenuta il 29 maggio 1839, lasciò quattro figli: Maria Luisa (1812-1838), che andò sposa al Duca di Mortemart Henri de . Rochechouart e che morì nel 1838, poco prima del padre; Camillo (1816-1902), colonnello onorario dei pompieri, insignito dal Papa dell'Ordine di Commendatore di S. Gregorio, al quale andò il titolo di principe Aldobrandini, divenendo in tal modo capostipite di questa famiglia; Scipione (1823-1892), che ereditò il titolo di duca Salviati divenendo anch'egli . capostipite di questa famiglia; Marco Antonio, il primogenito, ereditò titoli e proprietà.
Marco Antonio Borghese (1814-1886) Marcantonio IV, il primogenito maschio, nato a Parigi il 23 febbraio 1814, continuò la dinastia dei Borghese. L' 11 maggio 1835 sposò lady Caterina Guendalina Talbot degli Earls of Shrewsbury, una delle più antiche famiglie nobili d'Inghilterra. Dal matrimonio nacquero : Giovanni, Camillo, Francesco e Agnese. Nei primi mesi del 1840 Marc'Antonio dà incarico allo svizzero Rausbanner di costruire la prima trebbia meccanica, iniziativa che rivoluzionerà il sistema della trebbiatura fino ad allora fatta a mano o con l'aiuto di cavalli. La macchina venne sperimentata presso la tenuta di Villa Taverna sotto Frascati, e successivamente nella tenuta di Pratica. Ma il 27 ottobre 1840 Caterina, donna di preclare virtù e d'illibati costumi moriva, lasciando in molti popolani un profondo cordoglio. Del funerale così narrano le cronache del tempo: quindi mentre il suo cadavere veniva portato nella carrozza per tumularsi dentro la basilica Liberiana ( S. Maria Maggiore), nella sontuosa cappella gentilizia de' Borghesi, essendo tirata da due cavalli, parecchi cittadini romani, decentemente vestiti di nero, in ulterior conferma dell'interesse preso a sì grande perdita, vollero spontaneamente anche essi tirare la carrozza, che via facendo fu coperta di corone di fiori, niuno dubitando dell'eterna salute della defunta: spettacolo inusitato, e così commovente, che provocò lagrime sensibili dagli occhi di tutti. Nel Diario di Roma ( n.45 del 5-11-1840) venne pubblicata la seguente dedica: "Al principe d. Marc'Antonio Borghese acerbamente dolente per la improvvisa perdita della consorte” Non piangere. Ti consola Non morì la tua sposa: Ella per le sue doti Vive gloriosa nel mondo, Per le sue limosine, E per le orazioni de' poveri, Vive beata nel cielo. Di pratica in quell'anno si diceva: Pratica è un miserabile castello dove il sacerdote d'estate emigra e non viene che la Domenica. Ma le disgrazie continuarono per la famiglia Borghese. Nel seguente mese di novembre morivano Giovanni, Camillo e Francesco, i tre figli maschi avuti con Caterina. Dopo tre anni di solitudine, il 2 dicembre del 1843 Marc'Antonio sposava in seconde nozze sua cugina Teresa . de la Rochefoucauld.
Nel 1844 Pratica viene affittata per la seconda volta al Senni.
1844 Angelo Moriggi è l'Arciprete di Pratica
Roma 5 luglio 1845 Nota di Biancheria che S. E. la Sig.ra Principessa Donna Teresa Borghese manda in dono alla Chiesa Parrocchiale di Pratica da consegnarsi al M.to Rev.do Sig. D. Angelo Moriggi Arciprete N. Due Camicie Due Tovaglie guarnite di merletto Due Cingoli Due Corporali Due Palle Dodici Purificatori Sei Ammitti Sei Fazzoletti per le Ampolle Il tutto nuovo Si sono ricevuti da me sottott. i sopraindicati oggetti di biancheria per uso di questa Chiesa Parrocchiale di Pratica . In Fede Pratica 4 agosto 1845 Angelo Arcip.te Moriggi
Per conoscere la consistenza numerica degli abitanti di Pratica, torna utile una lettera che l'Arciprete Angelo Moriggi inviava nel 1847 al principe Marcantonio, dalla quale si apprende che nel castello dimoravano 15 famiglie senza però indicare il numero complessivo degli abitanti.
Noi appiè sottoscritti Affittuari del Castello di Prattica abbiamo ricevuto da S. E. il Sig. Principe D. Marc’Antonio Borghese la Copia del Catasto del suddetto Castello di Prattica fatto dall’Agrimensore Sig. Filippo Rondelli, sotto il di 30 Agosto milleottocentoquarantasei, legato in Carta pecora, con sua Mappa annessa in ottimo stato, per restituirlo . nel fine del vigente affitto. In fede Roma in questi dì 21 Gennaio 1847 Giuseppe Senni
1849 Filippo Biagioli è Arciprete in Pratica
Nel frattempo Angelo Celli, nella sua opera, asserisce che nel 1850 Pratica si stava spopolando per effetto della malaria. Nel 1852 Pio IX ordina l'istituzione dei nuovi catasti e Girolamo Pieri chiede al principe Marcantonio il permesso di mettere un segnale trigonometrico sulla torre di Pratica. Essendosi degnato il S. Padre d’incaricarmi della descrizione geometrica dei contorni di Roma, mi trovo dal seguito dei miei studi costretto a pregarLa del favore di concedermi il permesso di accedere alla Torre di Pratica nel Suo Palazzo e di far vi collocare un segnale trigonometrico da servire durante il corso delle operazioni. Conoscendo per ... quanta sia la sua gentilezza e l’interesse che portate a tutto ciò che può trovare in decoro del nostro paese, confido che vorrà secondare questo mio desiderio mentre colla più devota stima e sincera ricono. scienza ho l’onore di presentarmi. 13 maggio 1852
Catasto del Castello di Pratica ( 1852) Appodiato alla città di Albano fra quelle tenute dell'Agro Romano che giaciono sul littorale del Mediterraneo sorge il Castello di Prattica appartenente a S. E. il sig. Principe D. Marco Antonio Borghese, il di cui limitato territorio appartiene interamente alla lodata Ecc.za Sua, essendo costituito da tanti terreni ristretti parte liberamente goduti da S.E. e parte concessi in enfiteusi a varj particolari, che ne corrispondono l'annuo canone in ragione di scudi sei per ogni rubbio alla lodata E. V. L'esigenza di questi però restava confusa att.so i passaggi avvenuti e le concessioni da vario tempo accordate per cui l'Ecc.mo Sig. P.npe proprietario è venuto nella determinazione di . riformarne il catasto dando a me sottoscritto l'ingiunzione di effettuarlo. In ragione di tale incarico sono acceduto nel menzionato Castello di Prattica, ove con l'opera de' miei giovani ssggi Gregorio Giardini e Giuseppe Zampi, mediante l'assistenza del subaffittuario sig. Paolo Finocchi e l'indicazione dei prattici ssig. Giov. Battista Leonetti e Pietro Pittori, ho rilevato la pianta che qui inserisco, ed indi sono venuto alla redazione del catasto seguente. La superficie di questo territorio è confinata a Levante dalla Tenuta di Petronella appartenente all'ecc.ma Casa Altieri, a Mezzogiorno dalla tenuta della Crocetta che a S.E. il Sig. Principe Borghese appartiene, a Ponente la Tenuta di Campo Selva di S.E. il sig. Duca Cesarini, e finalmente a Tramontana l'altra Tenuta di Campo Ascolano egualmente appartenente al lod.to sig. Principe Borghese. ……Finalmente dichiaro ancora che dei fabbricati spettanti all'E.S. in questo catasto, ne ho riportata una sola nota indicativa atta a dimostrare la situazione respettiva di ciascuna fabbrica, poiché la dettagliata descrizione di essi rilevata dall'Architetto sig. Benedetti già esiste presso l'Ecc.ma Casa Borghese.
Castello di Prattica Nota indicativa coi numeri riportati in mappa per denotare la località dei fabricati di proprietà di S. E.za il sig. Principe D. Marco Antonio Borghese distinti con color carminio, avendo lasciato in bianco l'area occupata dai fabricati attinenti a varii particolari del Castello. 79. Palazzo con torre che ha l'ingresso sulla pazza mediante la cordonata 80 e si estende sopra la porta d'ingresso al castello 81, cortile interno 82 e rimessa con un piano di abitazione superiore 83. 84. Fabricato detto la Foresteria con sottoposte scuderie e Tinello Grande. 85. Casa composta di un piano terreno in due ambienti, uno ad uso di tinello, e l'altro di cucina, con abitazione superiore di una sola camera. 86. Casa di un solo ambiente terreno 87. Fabricato detto il Casino composto di piano terreno ed un piano superiore unito all'affitto di Campo Ascolano. 88. Casa di affitto di un piano terreno ed altro superiore con piccola lapide in cui è scolpito il N° XV 89. Due case di affitto riunite di piano terreno e piano superiore distinte coi N° XVII e XVIII 90. Fenile portante il N° XVI 91. Altra fabrica d'affitto con piano terreno e piano superiore portante i Numeri XII . XIII. XIV. i 92. Altro fabricato simile distinto coi N. IX. X. e XI. 93. Forno distinto coi numeri con camera una ad uso di spaccio e l'altra di i legnara distinte coi N. VII e VIII 94. Casa smantellata. 95. Fabrica detta il Ghettarello composta di quattro case di affitto ognuna i di un piano terreno ed altro superiore demarcato coi N. I. II. III. IV con recinto di muro. 96 in cui si sono rovinati pilastri che sostenevano il tetto di un capannone coperto con tetto soltanto sopra i primi due pilastri formante una stalletta. 97. Casino composto di piano terreno e piano superiore con sottoposte cantine. 98. Recinto murato con alcuni pilastri diruti detto il Rimessone. 99. Fenile che va' unito con l'affitto di Campo Ascolano. 100. Torretta 101. Casa abitata dall'Arciprete. 102. Fabricato di piano terreno e piano superiore che comprende la norceria e l'osteria con grotta, la casa detta del Guardiano, e le carceri con casa d'affitto superiore e cantina sottoposta. 103. Casa d'affitto composta di piano terreno ed altra superiore. 104. Granari a piano terreno e piano superiore attinenti all'affitto di Campo Ascolano. 105. Tinello. 106. Altro tinello controverso con l'Arcipretura. 107. Altro tinello. 108. Camera al piano superiore spettando il piano terreno all'Arcipretura. 109. Camera al piano terreno essendo il piano superiore di Pietro Pittori. 110. Tinello grande incontro al Palazzo con granari superiori. 111. Casa d'affitto completa di piano terreno cioè tinelletto ed altro ambiente e due camere superiori. 112. Chiesa parrocchiale di giusPatronato di S.E. il sig. P.npe Borghese con campanile. 113 e casa di abitazione pel Cappellano. 114. 115. Cisterna in mezzo la piazza di figura ottagonale con parapetti di pietra e gabbia sopra di ferro per la girella.
1854 Risulta in Pratica l'Arciprete Francesco Da Milano e di Pratica si diceva : …. il palazzo è in stato deplorevole, ma il vino conserva ancora qualche bontà malgrado la trascurata coltivazione. Nel 1855 in una petizione della popolazione di Pratica al principe Borghese, viene indicato che gli abitanti del castello si erano ridotti a solo 8 famiglie oltre all'Arciprete, evidenziando in tal modo lo stato di decadenza in cui versava Pratica. Forse per questo motivo terminò l'affittanza dei fratelli Senni, e accogliendo la petizione degli abitanti venne iniziata un'opera di risanamento di tutti gli edifici, fu costruito un nuovo fontanile che successivamente, nel 1856-57, vennero affittati, unitamente alla tenuta della Crocetta, a Francesco Arquati, il quale si assunse l'onere di risolvere le numerose controversie contrattuali che si erano venute a creare con i precedenti affittuari provvedendo alla riscossione dei vari canoni. Nel 1857 a causa del degrado di case e castelloviene fatta una straordinaria manu tenzione su questi, restaurando anche la chiesa ed ammodernando sagrestia ed abitazione del cappellano, ed è di questo periodo un nullaosta del Principe che permette di accogliere nella chiesa di San Pietro la Confraternita del SS. Rosario. Il 27 gennaio 1861 in tutta l'Italia si svolgono le elezioni per la formazione del nuovo parlamento e il 14 marzo Vittorio Emanuele II viene proclamato Re d'Italia, e nel 1866 i Francesi lasciano Roma. . Il 1 maggio 1866 viene autorizzato il cav. Giuseppe Maria De Gama a fare scavi archeologici a Pratica. MINISTERO DEL COMMERCIO E LAVORI PUBBLICI Li 24 maggio 1866 I Ministri Doganali della Porta S. Paolo lasceranno liberamente introdurre in questo Dominante un busto, alcune iscrizioni e frammenti di marmo provenienti dalle escavazioni eseguite dal Sig. Cav. De Gama nella Tenuta . di Pratica. I suddetti oggetti saranno depositati nel Palazzo di S. E. il sig. Principe Borghese per essere esaminati dal sig. Commissario delle Antichità. . Il Ministro P.D. Cast. Baldini . . . V I T . E’ pure da osservarsi che nella cornice della med.ma in piccole lettere si legge il nome dell’artista come segue: M. V. STE. F. vi sono pure gli avanzi di altre lettere. In altro cavo poi nella riserva chiamata = la Vignaccia = si è rinvenuto un busto di grandezza oltre il naturale, bastantemente conservato ed un Cippo colla iscrizione LAVINIA LATINI FILIA
Ma un'altra epidemia di colera, che nel solo mese di giugno colpì 19 mila italiani, s'accanì sugli abitanti di Pratica e il 13 novembre 1867 la Sagra Consulta inviò una supplica al Principe affinché contribuisse contro il grave male che aveva attaccato Pratica. Marcantonio Borghese intervenne immediatamente stabilendo che un terzo delle sue spettanze derivanti dall'affittanza di Pratica sarebbero state utilizzate per curare i malati del Castello.
1868 Celebra in Pratica l'arciprete Vincenzo Pace
La conduzione dell'Arquati migliorò anche le condizioni degli abitanti di Pratica, e nel 1869 l'Arciprete Raffaele Lattanzi scriveva al Principe che la popolazione era aumentata raggiungendo 21 famiglie.
1870 E' in Pratica l'Arciprete D. C. Lolli
Nel frattempo le vicende storiche nazio nali si mutano, il papato perde la sua egemonia su gran parte dei territori sancita da quella che fu l'unità d'Italia del 1870.
Nel 1871 viene dato il nome Lazio alla regione omonima da Pietro Maestri. Vengono quindi a cadere le vecchie denominazioni topografiche quali " Patrimonio di S. Pietro, Campagna Romana, Maritima, Territorio di Roma, Comarca, ecc. "
Nel 1872 l'Arciprete di Pratica Cesare Lolli invia una lettera al principe Borghese chiedendogli istruzioni circa la sua posizione clericale dopo l'emanazione delle nuove leggi del neo-stato Italiano, tenuto conto che fino ad allora i rapporti fra l'Arcipretura e la proprietà dei Borghese si reggeva osservando la bolla pontificia di Paolo V Borghese che istituiva con motu- proprio il subpatronato nella tenuta di Pratica. 1873 Celebra in Pratica l'Arciprete Giuseppe Santini Nel frattempo l'Arquati lascia Pratica che nel 1873 viene data nuovamente in affitto a Luigi Mancini e fratelli. 1875 Domenico Lenzi è Curato in Pratica Dal secondo matrimonio di Marcantonio nacquero altri 10 figli: il 19 settembre 1844 Anna Maria, che sposò il marchese Antonio Germi; Paolo, che alla morte del padre ereditò i titoli; il 21 gennaio 1847 Francesco, che sposò la cugina Francesca Salviati; il 19 dicembre 1847 Giulio, che sposò Anna Maria Torlonia, figlia ed erede unica del Principe di Torlonia. Con tale matrimonio Giulio assunse il nome ed i titoli dei Torlonia continuando in tal modo il ramo Principesco ditale casata; nel 1849 Pio che morì nello stesso anno; il 17 gennaio 1851 Felice, che sposò Maria Grazioli figlia del Duca Grazioli; il 2 marzo 1853 Camillo, che entrò in possesso di Pratica a seguito del "patto di Famiglia", argomento che tratteremo più avanti; il 26 ottobre 1855 Giovanni Battista, che sposò la contessa Alys de Riquet; il 23 giugno 1859 Ludovica, che sposò Antonio Ruffo principe della Scaletta; e Giuseppe, fratello gemello, che in prime nozze sposò Stefania Statella principessa di Mongiolino e in seconde nozze Maria Covoni figlia del conte Covoni già Pandolfini; Agnese, figlia nata dal primo matrimonio, sposa nel 1854 Rodolfo BoncompagniLudovisi principe di Piombino e duca di Sora; 1880 Arciprete di Pratica è Andrea Nardi
il Patto di Famiglia Nel 1880 Marcantonio Borghese, considerando la realtà dei tempi in cui non era più possibile avere quella supremazia economica che aveva caratterizzato la famiglia Borghese nel corso dei secoli, decise di suddividere tutto il patrimonio fra i 6 figli maschi, escludendo Giulio che aveva acquisito il titolo ed i beni dei Torlonia, e le figlie alle quali era stata già data sostanziosa dote, cercando in tal modo di mantenere le proprietà ancora esistenti suddividendone i rischi causati principalmente dalla vastità del patrimonio. A tal fine venne istituito un " Patto di famiglia " in cui si teneva conto della primogenitura di Paolo, che si assumeva, unitamente agli altri fratelli, l'onere di un vitalizio a favore del genitore. Le proprietà vennero così suddivise: a Don Paolo Borghese, principe di Sulmona, vennero assegnati la metà di tutti i beni fidecommessi come diritto di Primogenitura, per un valore patrimoniale di £ 11.298.700, a cui si aggiungevano la quota parte del patrimonio libero pari a cir. ca 2.750.000. Entrò pertanto in proprietà dei seguenti fondi: Torrenova, Tor Bella Monaca; terreni a Fiano, Rignano, Morolo, Capocotta, Pantano, Morlupo, Faleria, Mentana, Nettuno, Porto d'Anzio; tenute di Acquasparta, Campo del Fico, Tufello; signoria di Monte Porzio, Petescia, Pozzaglia, Montorio, Castel di Tora; principato di Montecompatri, di Orvinio; vigneti e oliveti in Rieti, Molara, Frascati, Fossombrone; beni urbani a Roma alla Lungara, in V.Monte Brianzo, fuori Porta Flaminia. Don Francesco Borghese, duca di Bomarzo, entrò in possesso di: . Marchesato di Monticelli; principato di S.Angelo in Capoccia, di S.Polo; ducato di Bomarzo; signoria di Mugnano; contea di Chia; baronia di Attigliano; beni e terreni in Perugia, Monte Petriolo, Petrafitta, Ariccia, Pian d'Arcione e Tarquinia; beni urbani in Anzio (villa Adele), a Tordinona. Don Felice Borghese, principe di Rossano, divenne proprietario di: ducato di Giuliano: signoria di Olevano, Licenza Norma; tenute di Torrecchia, Castellone, Valle Borgia, Cantalupo, S. Eleuterio; beni in Civitanova, Piperno; case in Roma. Don Camillo Borghese, entrò in possesso di: principato di Vivaro; signoria di Scarpa; contea di Vallinfreda; Tenute di Inviolata e Muratella, Campo Ascolano, Crocetta, Pratica, S.Maria di Potenza; beni urbani a Roma in Passeggiata Ripetta, Via Brunetti, Bocca della Verità, via del Corso, granai al Foro Romano. Don Giovanni Battista Borghese, acquisì il marchesato di Percile, di Civitella, di Moricone; il ducato di Poggio Nativo, di Castel Chiodato, di Palombara; la signoria di Montefortino, Cretone, Stazzano, Poggio Moiano; beni in Scandriglia e Valmontone; case in Roma. Don Giuseppe Borghese entrò in possesso di: tenuta di Carroceto, di Tor di Quinto; fattoria a Montevettolini; case in Roma a P.zza Borghese e rendite varie.
Anche il ricchissimo Archivio Borghesiano venne monetizzato. Fu infatti ceduto per 300 mila franchi al Papa Leone XIII che lo inserì fra i documenti conservati nell'Archivio Segreto Vaticano.
Marc'Antonio Borghese, il Principe che istituì il " patto di famiglia" moriva a Villa Taverna, vicino Frascati, il 5 ottobre 1886. Come già detto erede dei titoli e delle sostanze di primogenitura dei Borghese fu Paolo, che sposò la contessa Ilona Appony da cui ebbe 5 figli : Camilla, Scipione, Livio, Paola e Rodolfo, principe di Nettuno.
Da questo punto in poi non tratteremo più dell'asse ereditario della famiglia Borghese, in quanto non hanno più avuto attinenza con la tenuta di Pratica, che andò invece in eredità a Camillo, sesto figlio di Marc'Antonio, che ebbe particolarmente a cuore sia la tenuta che i suoi abitanti.
Don Camillo Borghese
Camillo Borghese, principe del Vivaro, quinto figlio di Marcantonio IV e di Teresa riceve Pratica come eredità nel 1881.
1882 Arciprete in Pratica è Giuseppe Giaccaglia Borghese Cura di Pratica
Con decreto di S.E.il Sig. Principe Borghese si è stabilito per la suddetta Parrocchia l’assegno annuo di £1.193,25 realizzabili come appresso: da Gennaio a Maggio £ 122,95 da Giugno ad Ottobre £ 66,52 Novembre e Dicembre £ 122,95
Molto probabilmente l’assegno mensile dei mesi estivi fu inferiore tenendo conto che la Parrocchia usufruiva dei raccolti di alcune proprietà.
Camillo, già deputato al Parlamento Nazionale, sposa nel 1885 in Belgio Margherita Brugmann, che però lo lascia vedovo nel 1887 mentre stava per dare alla luce il secondogenito frutto dell'unione. Ma anche il primo figlio, poco dopo, colpito . da scarlattina, moriva alla tenera età di 4 anni.
Fra i primi atti compiuti da Camillo entrando in merito della proprietà di Pratica, fu quello di chiarire e definire con la Curia di Albano quelle proprietà che i Parroci avevano sempre dichiarato di possedere ma che in effetti non avevano mai potuto constatarne la reale disponibilità. A tal fine abbiamo il seguente documento:
1883 - Risposta al Foglio della Curia di Albano concernente chiarimenti circa la Cura di Prattica Il Principe D. Marco Antonio Borghese comprò gli ex feudi di Civitella, Monte Percile e il Castello diruto e tenuta di S. Maria del Lago dai signori Livia Vestri vedova di Settimio Orsini e dai deputati dei creditore di Settimio Orsini e finalmente da Carlo Orsini, come il tutto si ricava dall'istromento rogato dal Notaro Luca De Carolis li 12 Marzo 1612 n. 24. In questo Castello diruto, o Villa era eretta una Chiesa rurale donominata S. Maria del Lago, perché vicina ad un laghetto, e in d.ta Chiesa vi era eretto pure un beneficio semplice e senza cura d'anime di Giuspatronato delle fratelli Orsini signori della …… , comprata anche dall'Ecc.ma Casa Borghese. Questo beneficio era posseduto da Gaspare Tusci, il quale per far piacere a Paolo V lo rinunziò, e allora Paolo V applicò le rendite di d.to beneficio alla cura di Pratica, ma nel modo seguente, cioè due terze parti all'Arcip.te e una terza parte al Cappellano di Prattica, come il tutto rilevasi dalla Bolla in Supremo l'anno 1617 cioè cinque anni dopo che il Principe aveva acquistato la Tenuta del Lago. Quali fossero le rendite di d.to Beneficio, di che natura non si ricava dalla Bolla, mentre nomina fructus abventiones cupitenneque generis. La presunzione però è che fossero decime, mentre in d.ta Tenuta vi decina per una parte il Parroco di Percile e il Parroco di Scarpa ha giurisdizione sino alla metà della Tenuta, conferma questa congettura l'affitto fatto da D. Francesco Medaglia Parroco di Prattica al Sig. Principe D. Marc'Antonio Borghese delle rendite di beneficio 3 giugno 1643 n° 411 perché troppo difficile riusciva al Parroco una esigenza tanto lontana in d.to contratto si dice che il Parroco affitta al Principe omnes et singulos fructus frumenti, spelte et alberius ….. …… generis in Tenuta … del Lago inter terris Montis Perciti et Civitelle. Queste parole non chiare hanno dato luogo all'errore di credere che tutta la Tenuta era stata applicata alla Parrocchia di Prattica, e di fatti quasi tutti i Parrocchi di Pratica alle risposte della S. Visita rispondono che la Parrocchia possiede la Tenuta del Lago. Detto affitto poi era stabilito per la …. di 96 anni da pagarsi in rate mensili. Il Sig. Cancelliere Vescovile di Albano con lettera del 14 ottobre 1872 dimandava chiarimenti come alla tenuta del Lago fosse stato surrogato un Beneficio di Monte Fortino. E fu risposto che la Rurale del Lago non era mai stata dell'Arciprete di Prattica e che il beneficio di S. Michele Arcangelo di Monte Fortino solamente per una generosità del Principe era stato unito per la metà solamente all'Arcipretura di Prattica, onde rendere migliore la condizione dell'Arciprete e fu unito con rescritto del 1883 n. 495 = 240,
Nel frattempo nella Chiesa di Pratica si alternarono:
1888 l'Arciprete Norberto Fiori 1888 Giovanni Fraticelli e nel 1889 l'Arciprete Alessio Luigi Persichilli Come abbiamo già riscontrato nelle pagine precedenti, le Arciconfraternite del SS.Rosario e del SS. Crocifisso erano entrate in possesso di beni immobili a seguito di lasciti fatti da contadini abitanti di Pratica. Ma amministrare e mantenere le case e i terreni ricevuti era oltremodo oneroso per le due confraternite tanto . che venne deciso di devolvere il tutto all'Arcipretura di Pratica. Ma anche gli Arcipreti pro tempore si trovarono in difficoltà e ad evitare che i beni ricevuti andassero completamente in rovina, sentito il parere del Vescovo, si decise di fare un accordo con il Principe Borghese, accordo che prevedeva la cessione dei beni immobili e terreni in cambio di un vitalizio per l'Arcipretura di Pratica. Ecco i termini dell'accordo tratti dal Bullarium XVII (pag. 341) Nel Nome Ss.mo di Dio, così sia. . -Atto privato fra Sua Eminenza Raffaele Cardinale Monaco La Valletta Vescovo di Albano e Sua Ecc.za Don Camillo Borqhese Principe di Vivaro per la cessione . dei goduti beni dell'Arcipretura di Pratica di Mare. -Sua Ecc.za Don Camillo Borghese Principe di Vivaro dalla Chiara Memoria di Marc'Antonio, avendo manifestato all'Ecc.mo Cardinale Raffaele Monaco la Valletta Vescovo di Albano il desiderio di acquistare i fondi rustici e urbani spettanti all'Arcipretura del Castello di Pratica di Mare e quei spettanti alla disciolta Compagnia del SS.mo Sacramento e del Rosario ed ora posseduti e goduti dalla stessa Arcipretura, e questo desiderio essendo stato ben accolto non meno dal lodato Em.mo, che dall'attuale Economo Curato Don Luigi Persichilli, si pensò che ad evitare le difficoltà che sarebbero occorse per la piena validità del contratto di fronte alle leggi vigenti, si sarebbe potuto ottenere l'intento, lasciando cadere i fondi rustici in devoluzione per mancanza di pagamenti di canone dovuti all’Ecc.mo Principe Direttario, e domandando alle autorità competenti l'effettuazione di un enfiteusi per i fondi urbani, che sono di libera proprietà, concordando però contemporaneamente un canone da pagarsi alla Parrocchia di Pratica, che rappresentasse la rendita netta, non solo dei fondi urbani, ma ancora dei rustici che andranno in devoluzione. Stabilito pertanto questo accordo preliminare dopo varie trattative condotte all'uopo tra Sua Eminenza il Cardinale Raffaele Monaco La Valletta Vescovo dì Albano non che il Reverendo Don Luigi Persichilli Economo Curato della Chiesa di Pratica, autorizzato dal S.Padre Leone XIII felicemente regnante ad eseguire il Rescritto della S.Congregazione del Concilio in data 28 Marzo 1882 da una parte e S.E. Camillo Borghese del fu Marc'Antonio dall'altra, . si conviene e si concorda quanto segue: ………omissis……………..
1890 - Il Principe Don Camillo fa conoscenza dell'inglese Thomas Ashby, direttore dell'Accademia Britannica che un po' per passione e un po' per motivi professionali, si dedica a riprendere immagini fotografiche di tutte i monumenti storici ed archeologici della cam. pagna romana. Per questa sua professionalità e passione Don Camillo invita Ashby a voler catalogare tutti i reperti archeologici che man mano affiorano dal terreno durante le arature vengono raccolti e custoditi nel castello. Durante questo incarico di lavoro Ashby scatta delle foto di Pratica, una delle poche testimonianze fotografiche dell'epoca. 1892 Candido Cantus De Angelis subentra nell'Arcipretura di Pratica coadiuvato dal Curato Giuseppe Cima.
Nel 1892 appare nei registri Parrocchiali la firma di Olimpiade Tomassi, parroco di Ardea, che probabilmente intervenne in mancanza del parroco titolare di Pratica. Nel 1894 Camillo Borghese sposa in seconde nozze a Castel Gandolfo Maria Monroy dei principi di Belmonte di Sicilia discendenti dei Borboni di Spagna, nata il 6 dicembre 1871. Da ambedue i matrimoni nessun figlio garantì la continuità del ramo e Camillo si dedicò allora alla cura particolare delle sue proprietà. Un medico di Ardea nel 1895 scriveva: "In una visita a Pratica dopo aver segnato nel registro sei malarici aprii una parentesi e scrissi etc etc per non aver tempo di segnare tutti, giacché di circa 200 coloni, nuovi venuti, non si può dire chi non è malato di febbri malariche". . Nel 1900, da un censimento fatto dal Curato Giuseppe Cima, i nuclei famigliari di Pratica erano 39 per un totale di 219 residenti. 1902 Sui registri della Parrocchia appare la firma di Giuseppe Fabrizi, parroco di Ardea, che nel … fu ritrovato morto presso il fosso di Pratica .
Foto di Thomas Ashby (1900)
1904 Maurizio Zappi celebra in Pratica Giovanni Battista Trovalusci s’inserisce nella successione dell'Arcipretura nel 1904, e rimarrà in questa parrocchia fino al 1925. Pratica, abbandonata da tempo, con un borgo che si era riempito di costruzioni abusive e malmesse, si presentava con notevoli segni di decadenza. Camillo intervenne immediatamente nel restauro, demolendo le baracche costruite abusivamente, ridando al borgo l'aspetto omogeneo e pulito di un tempo. Ci sembra opportuno citare il Cimitero di Pratica, che ha sempre avuto la stessa collocazione, sulla via di Pratica, da quando veniva citato come cimiterio rusticus ( cimitero agricolo). Nel 1905 si ha notizia che a curare questo luogo fosse Umberto La Bella di 21 anni. . Nel 1905, il giovane Arciprete Giovan Battista Trovalusci di 26 anni continuava ad elencare i nuclei famigliari che erano 34 per un totale di 171 residenti. Nucleo
Nome
ANGELINI GIOACCHINO BALDINI FERNANDO BARTOLETTI PIETRO BOCCI SALVATORE CARABINIERI CINI GIOACCHINO COLAFRANCESCHI GIUSEPPE CRISPINI AUGUSTA DE ANGELIS SERAFINO FILZI NATALINA FOCO PIETRO GENTILI MARIO GIANFERRO FILOMENA LA BELLA FILOMENA LECCESE BENEDETTO MACIOCCHI ROSA MARINELLI ANTONIO MARSIGLIA PASQUALIE NAVISSE NAZZARENO PAOLETTI ANGELO PAOLETTI LUIGI PAOLUCCI DOMENICO PARIS VINCENZO PASSAPONI VINCENZO PERFETTI GIACOMO PERSICHILLI CONCETTA PERSICHINI GIUSEPPE PERUGINI NICOLA ROSSI GIOVANNI SANTARELLI LEOPOLDO SIMONI ANTONIO SUORE FIGLIE DELLA CROCE SUSI PANFILO TROVALUSCI G. BATTISTA
età 29 30 49 44 46 64 62 63 40 52 52 34 60 26 41 67 70 62 65 32 53 57 60 50 41 36 42 52 26
Qualifica
Luogo provenienza
FORNACIARO GUARDIA COLONO CARABINIERI CALZOLAIO DISPENSIERE COLONO COLONO MASSARO COLONA LEVATRICE VACCARO CASERTA COLONO MURATORE COLONO CAPO COLONO COLONO COLONO OSTE MURAT. / OSTE FABBRO GUARDAROB.RA COLONO COLONO VACCARO CALZOLAIO CARPENTIERE SUORE ORTOLANO ARCIPRETE
MACERATA PORTO D’ANZIO PISTOIA FONDI CIVITANOVA ROMA ROMA RECANATI LORETO FABRIANO M.TE VESPIGNO LORETO
CIVITANOVA PRATICA CIVITANOVA LORETO POTENZAPICENO POTENZAPICENO PRATICA PRATICA ASCOLI ROCCASECCA FABRIANO CIVITANOVA RECANATI MACERATA MACERATA ENTRO D’ACQUA MARINO
comp 2 6 7 2 6 7 6 7 7 5 6 2 7 2 1 2 4 8 9 4 6 11 6 6 1 1 5 9 7 1 7 4 4 3 171
Nel 1906 i nuclei famigliari scendevano a 30 per un totale di residenti pari a 158 unità, mentre nell’anno successivo i nuclei ritornavano ad essere 36 per complessive 170 unità. . Nel 1909 Pratica contava 40 famiglie con 188 residenti e 23 operai giornalieri. L’adattamento fatto da Camillo nel 1910 circa pose termine a quella confusione di alloggi fatiscenti che occupavano lo spazio antistante l’ingresso del castello all’interno del borgo, per cui demolì quelle due file di caseggiati dando in tal modo più spazio che meglio evidenziava sia la chiesa che il portale del castello.
La chiesa venne restaurata e venne collocato l'altare che fu donato da Giulio Borghese, figlio di Marcantonio, che sposando Anna Maria Torlonia, figlia ed erede unica del Principe di Torlonia, assunse il nome ed i titoli dei Torlonia. L'altare era situato nella casa dei Torlonia che venne demolita per costruire il palazzo delle Assicurazioni nel rifacimento di tutto il complesso attorno al Mausoleo al Milite Ignoto. L'altare era dedicato alla Vergine Maria come tutt'oggi appare nella dedica sulla sommità dello stesso Altare. Con l’ausilio dell’architetto ed ingegnere Filippo Galasso, che realizza per Camillo Borghese 1907 sicuramente il villino sul Lungotevere Marzio, avrebbe dovuto far assumere al palazzo stesso una nuova identità stilistica romantica dettata dalla formazione francese del Principe, uniformandosi però alle antiche vestigia superstiti quali la torre medievale. Così nuove torri angolari, delle quali ne è realizzata solamente una, avrebbero dovuto contornare quella esistente secondo l'immagine appunto di castello medievale, ma nessun grafico ci è pervenuto del progetto. I lavori sono inoltre interrotti e ciò porta a varie discrepanze tra l'edificio del 600 e le parti trasformate in stile goticizzante, ed ad eccezione della torre angolare realizzata il lavoro si limita a cambiare il solo aspetto esteriore dell'organismo preesistente con una fodera di cortina di mattoni e l'inserimento di motivi neogotici quali gli archi acuti su porte e finestre. Prima della distruzione del 1944 le murate costituenti l'antiporta del palazzo e contenenti la scala esterna che conduceva al grande salone del primo piano subiscono ancora una trasformazione. Demolendo infatti la scala si ricava una grande stanza voltata e si costruisce l'androne, anche esso voltato. Poco è invece alterato l'interno del palazzo, anche se si tenta di migliorare la distribuzione delle stanze aprendo passaggi e ricavando bagni. Più felici sono invece gli altri restauri ed il Principe compra i fabbricati sparsi, demolisce i tuguri e restaura le case, per lo più i tetti, secondo 4 file facenti ala al palazzo baronale, impianta un allevamento di cavalli arabi, una vaccheria, importa da Marche, Friuli, Veneto e Toscana famiglie di coloni e con l'aiuto di concimazione chimica e coltura intensiva debella gli acquitrini e la malaria ed arriva ad una produzione di 32 ettolitri di grano per ettaro e 100 quintali di fieno. Inoltre fornisce il centro di acqua potabile, vi stabilisce una casa di suore, le Figlie di Maria, per l'educazione dei bambini e l'assistenza ai malati, impianta un ufficio postale, un telegrafo ed un telefono, una stazione sanitaria ed una di carabinieri, fornisce l'energia elettrica, impianta una fabbrica di ceramica artistica ed intraprende la bonifica delle tenute. Ai già esistenti collegamenti con Roma ed Albano aggiunge
un magnifico viale alberato; in gran parte abolito per la costruzione dell'Aeroporto di Pratica di Mare e di cui ne rimane solo il primo tratto, che conduce al Casino di Caccia dei Borghese sulla riva del mare. Camillo ornò Pratica con ombrosi platani, gli stessi che vennero utilizzati per tutto il Lungotevere di Roma. Con il restauro gli alloggi vennero posti su due piani: al pian terreno era la stalla, attraverso la quale si accedeva ad una scala, alcune volte in legno, che portava all’alloggio costituito da una o più camerette con la cucina. Non esistevano i servizi igienici, come nella maggior parte delle case rurali dell’epoca, ed i bisogni corporali venivano raccolti in " vasi da notte " ospitati sotto il letto o nel comodino, che venivano "svuotati " di notte dalla finestra o nella sottostante stalla. L’odore caratteristico del borgo era ben lontano dal profu. mo degli alberi che oggi si respira, come possiamo ben immaginare. Le donne avevano modo di parlare fra loro dei problemi più comuni frequentando il lavatoio che era stato costruito fuori del borgo, vicino al fosso di Pratica. Anche un allevamento di cavalli di razza araba e una vaccheria modello furono impiantati nella tenuta ed il latte raccolto veniva lavorato secondo i sistemi svizzeri. I risultati non tardarono ad arrivare: biondi campi di grano ed erbai rigogliosi occuparono il posto delle ginestre selvatiche e degli acquitrini e la stessa produzione di Lavatoio grano salì a 32 q.li/ettaro quando era impensabile raccoglierne almeno 10, mentre il foraggio risultò pari a 100 q.li/ettaro di fieno. Ben 6 ettari di vigna furono impiantati, e l'energia elettrica fu un'altra novità per il borgo come lo fu l'apertura di una stazione sanitaria ed una della R.R. Carabinieri a cavallo. In una lettera del 23.4.1910 Don Camillo Borghese scriveva: "Pochi abitanti formavano tutta la popolazione, che sapendo i pericoli della malaria abbandonava il luogo all 'inizio della estate. Tutto in quel tempo si rivestiva di quello squallore proprio della campagna romana ... Compresi fin d'allora che Pratica poteva risorgere all 'antica tradizione... e perché una sola fosse la mente direttiva e tutte le opere convergessero ad un medesimo fine comprai tutto ciò che era di piccole proprietà, eliminai i fannulloni, e a questi sostituì dei mesatari che vigilassero alla produzione e selezione accurata di cavalli arabi, e misi alla testa di una vaccheria persone che sapessero far apprezzare i prodotti confezionati ad uso svizzero. Tentai la colonizzazione ed importai da Cineto Romano le prime due famiglie coloniche. A queste aggiunsi le famiglie di un muratore, un guardiano, una levatrice, tuttora esistenti. Volendo poi che alla popolazione non venissero a mancare; se non le comodità, almeno le cose necessarie portai con una spesa di 70000 lire acqua potabile, e volli che un piccolo nucleo di suore, le Figlie della Croce, curassero l 'educazione di quei piccoli esseri che un giorno dovranno formare la popolazione laboriosa della borgata, e provvedessero alla assistenza sanitaria, e cooperassero alla educazione morale. Ai bambini dell 'asilo ogni giorno era data una razione di carne... il 1890 segnò per Pratica un primo grande passo sulla via della
bonifica In quell'anno importai dalle Marche 51 persone... ma lo stesso man mano che gli acquitrini si mutavano in prati ridenti non si veniva attenuando l 'eterno pericolo della malaria. . Dal 1901 in poi la Croce Rossa concorse al compimento della mia bonifica, e la cura preventiva unita al risanamento completo del terreno rese Pratica una località quasi immune dalla malaria. Fu allora che io diedi principio alla coltura intensiva a sistema moderno. Perché poi i coloni apprendessero dai loro compagni il modo migliore di coltivare il terreno importai dal Veneto e dal Friuli 8 famiglie.... e oggi chi va laggiù, in mezzo ad una landa così fertile come tuttora incolta, ammira un lembo del Belgio agricolo trasportato come per incanto a Pratica di Mare”. Nel 1913 si raggiunse la punta massima di residenti con 227 persone.
L’Ufficio Postale e i Carabinieri Camillo ottenne quindi l’apertura di un ufficio postale e venne istallata una linea telegrafica e telefonica con Roma. . L’energia elettrica fu un’altra novità per il borgo come lo fu l’apertura di una stazione sanitaria ed una della R.R. Carabinieri a cavallo. La caserma era composta da un ambiente che aveva la funzione di uffici, comandata da un brigadiere, che abitava nell’appartamento soprastante, mentre i cavalli erano custoditi nella stalla attigua agli uffici. Il pattugliamento che i militi dovevano effettuare andava dalla Solforata fino al mare. Nel 1900 e nel 1905 i componenti del presidio erano: L’Ufficio Postale 1900 Dante Stefanini Antonio Portuari Mario Gentilini Angelo Lancia Secondo Troiani Giuseppe Gioacchino
1905 Giuseppe Morabito Pompeo Gentili Antonio Colagrossi Luigi Sinibaldi Secondo Troiani Angelini
Brigadiere Carabiniere " " " Domestico
Fra i vari comandanti della stazione viene ricordato, poco prima della guerra, il Maresciallo Angelicchio, che aveva una moglie molto giovane, tanto che i paesani solevano dire che il marito l’avesse tenuta a battesimo. . Il maresciallo Tommassino sostituì successivamente Angelicchio nel comando della stazione.
La caserma e le stalle
La fabbrica di ceramiche Il Principe Camillo incrementò l’artigianato impiantando una fabbrica di ceramiche artistiche ancor oggi in funzione. il primo funge anche da sala esposizione, che a sua volta si apre su una lunga stanza dove una volta era ospitato il reparto verniciatura. Questa fabbrica è costituita da 5 ambienti: Da questo ambiente si accedeva alla sala dove la creta veniva lavorata o al tornio azionato con un piede o pigiata dentro stampi di gesso, riproducenti piatti , tazzine, oggetti ornamentali e molte, molte bomboniere.
Gli stampi venivano realizzati su originali che la Principessa era solita portare al rientro dei suoi numerosi viaggi all’estero.
Il tornio
Gli stampi
Alla fine di questo lungo stanzone era situato il forno alimentato a legna, che veniva acceso almeno 18 ore prima per poter raggiungere la temperatura ottimale. Esso era costituito da due parti: quella inferiore, che si raggiungeva scendendo alcuni gradini, ospitava la fornace che a sua volta aveva al di sopra una camera dove venivano alloggiati gli oggetti pronti per la cottura. Dopo " l’infornata" la porta della camera superiore veniva chiusa e sigillata con creta impastata con sterco di cavallo, ad evitare che bave di fumo potessero invadere la camera, il che comprometteva la cottura stessa degli oggetti. Nelle stanze a fianco veniva ammassata e lavorata la creta che, dopo essere stata spezzettata, veniva introdotta in grossi barili di ferro insieme a grossi ciottoli, ed il tutto veniva fatto ruotare elettricamente per 9 ore, fino ad ottenere un impasto omogeneo che successivamente veniva ancora battuto a mano e trasformato in pani pronti per essere lavorati.
Il vecchio forno dietro gli scaffali
L’impastatrice
La creta proveniva da una piccola cava scavata nei pressi del borgo, ma la qualità era scadente e con il tempo si preferì acquistarla altrove. Le ceramiche venivano spedite in quasi tutto il mondo, e spesso alla spedizione assisteva la Principessa, che si preoccupava di controllare che ogni pezzo realizzato avesse sul retro il simbolo stilizzato della fabbrica, l’aquila, il drago e la P di Pratica. Fra i fornaciari occupati in questa fabbrica si ricordano un certo Baldini e ( nel 1932) un tal Venanzi di Marino, che oltre a dirigere la stessa fabbrica era anche vice amministratore della tenuta. Altri 11 operai erano occupati in questa attività
fra i quali Vittori, Burberi, Rufa, Rossi, Cardinali, Navisse e Bortolotti Fervido, che prese il posto del fratello nel 1932 e vi rimase per 34 anni. Molti sono stati i visitatori "eccellenti " che hanno voluto rendersi conto di persona di questo lavoro artigianale e fra i tanti vengono rammentati Maria Josè del Belgio, Umberto I°, e con una visita privata a sorpresa il Presidente della Repubblica Einaudi.
L’osteria L’unico passatempo era l’osteria, che era attigua all’unico spaccio esistente, dove oggi esiste un bar, superato l’ingresso di Pratica. Prima della guerra era gestita dai Paris e dai Passaponi, successivamente dai Celori, ma il vero titolare della licenza era un prete, un certo don Camillo, che sovente frequentava il borgo, e che aveva la passione del gioco delle carte, inteso come vero e proprio passatempo, e qualche partitella era solito farla non certo all’osteria, ma a casa dei Celori. All’osteria il gioco più praticato era il tresette. Qualcuno dice che il più praticato era la marafona, ma questo gioco venne importato dai Romagnoli dopo la costruzione di Pomezia.
La Scuola A fianco dello stabile che occupavano le Suore, venne istituito un asilo infantile che successivamente accolse . anche le prime tre classi elementari. Agli inizi del 1900 le suore che svolgevano il compito di maestre erano Suor Giulia Margherita di 49 anni e Suor Adele Paolina di 36 anni.
I collegamenti con Roma Con i primi del ‘900 fu istituito un servizio di collegamento con Roma per mezzo di una " corriera " che partiva da Roma, da Via Marsala, nel tardo pomeriggio, pernottava nel borgo in un deposito posto sotto la Caserma dei carabinieri, vicino alle stalle dei cavalli dove era custodita anche la trebbiatrice, per ripartire il mattino seguente per Roma.
I ricordi di Gaetano Hardouin di Belmonte Gaetano Hardouin di Belmonte, nipote della Principessa Maria, nel suo volumetto di ricordi " Sveglia Marforio … e dacce da beve" , così ricorda un momento della sua vita a Pratica: Ricordo il carro con due cavalli che di notte partiva per Roma. Allora ero ragazzo ed il popolo di Roma era il più allegro se non il più felice d'Italia. I milanesi cominciavano ad immusonire, forse già intossicati dall'inizio dello smog, i veneziani impoveriti ed avviliti campavano senza troppo scialo rimpiangendo i bei tempi andati, i torinesi per quel doveroso ed innato senso della parsimonia mantenevano il ritmo di sempre ed i napoletani restavano più che mai attaccati a quelle intonazioni tipiche e malinconiche delle loro canzoni. I romani erano sempre gli eroi rumorosi del « panem et circenses » del loro carnevale che univa in un solo vortice tutte le classi sociali. Il calendario romanesco accomunava tutte quelle feste, che pur avendo una origine cristiana, si allacciavano ed imponevano un carattere meravigliosamente pagano nella loro espressione carnascialesca, in quel contorno mirabile della loro campagna, da cui traevano quasi una purificazione gaudiosa. Ricordo la festa della Madonna del Divino Amore con gare di barrocci in un frastuono assordante di tamburelli, di sonagli e di strilli di bambini. Da Pratica al Divino Amore, attraverso la macchia era una sola galoppata che non infastidiva le vacche macchiarole, dalle enormi corna, al pascolo. Ritornavo a tarda sera con il cavallo, bianco di sudore odoroso e non ubbidivo a mia zia che mi diceva di lavarmi le mani prima di andare a tavola. Mia zia Mary era sorda ma aveva perfettamente conservato il senso dell'olfatto ed era inutile spiegarle che l'odore del cavallo a me piaceva portarlo a letto nella mia stanza in fondo al corridoio. La stessa storia si ripeteva quando tornavo dalla dispensa; avevo un bel trattenere il fiato quando entravo nel salone rosso, lei dal salone giallo, dalla sua scrivania mi bloccava: « Gaetano puzzi di vino e l'arciprete mi ha detto che servendo la Santa Messa ti sei bevuto anche il vino consacrato ». Avrei voluto dirle che non si puzza di vino, e che faceva lo stesso errore di Marziale quando diceva: « Hesterno foetere mero qui credit Acerram fallitur, in lucem semper Acerra bibit! » (sbaglia chi crede che Acerra puzzi di vino da ieri sera, Acerra non ha smesso di bere fino al mattino) e avrei voluto ricordarle quel poeta greco che sognando di essere baciato da Anacreonte ne sentiva il profumo di vino. Ma sono certo che si sarebbe scandalizzata. Povera zia mia, vorrei averti vicino ora che ho cinquant'anni suonati, in questo stesso brandello di campagna romana, forse l'unico ancora incorrotto. È per te che nel bagliore purpureo del tramonto autunnale trovo qualunque pretesto per svuotare con Babbo, Aldo e gli amici di allora Bello, Gianferro e Casagrande un numero senza fine di boccali dorati ricordando fatti e misfatti del nostro passato. Anche noi allora abbiamo avuto un morto ammazzato, venne ucciso sui gradini della dispensa da Pomponi con un grosso chiodo piantato al centro della testa, ed era giusto che fosse cosf perché si imponeva la nota tragica in queste feste dei
boccaletti, feste che senza «l'ammazzata non riusciva «bona ». In quella chiesa di Pratica, che a me sembrava più bella e ricca di un San Pietro, ero convinto che don Roberto avesse doti sovrannaturali. Come fa, mi chiedevo, a vedermi quando tra tanta gente io alzo gli occhi all'Elevazione? Ero certo che don Roberto facesse suonare il campanello quando qualche fedele alzava lo sguardo. In compenso mi rallegravo assai nel vedere monsignor Trovalusci che per arrivare ad aprire il tabernacolo, doveva arrampicarsi su di una scaletta che gli portavano da dietro l'altare. Un giorno venne da Artena la principessa Alyce a fare una visita a zia Mary ed io passavo i pasticcini fatti da Clementina: per ogni pasticcino che offrivo me ne mangiavo due; ricordo che si chiamavano « madeleine » ed erano molto buoni. Le due cognate si volevano un bene da sorelle ma c era un punto nero: la politica. Zia Mary era antifascista e Alyce adorava letteralmente il duce. « Il est beaux! » disse quest'ultima che era belga, « ne dit pas des betises » rispose zia Mary ed io non sentii più altro perché mi arrivò un violento schiaffone, caddi sulla ghiaia con il viso immerso nella bordura di trifoglio. La principessa Alyce mi spiegò poi che non potendo prendere a schiaffi zia Mary che lei tanto devotamente e affettuosamente amava prendeva a schiaffi me che ero di zia Mary il nipote preferito. La spiegazione non mi convinse ma mi ritirai in buon ordine da Clementina in cucina per dare fondo alle « madeleine ». A distanza di anni posso dire che zia Mary aiutò Valerio, pur non condividendone le idee, durante il processo di Milano e Alyce lasciò la sua Artena al nipote adorato. Ricordo di avere raccontato questo episodio a Valerio ormai vecchio ed esule; ora anche lui ha raggiunto le due zie in Santa Maria Maggiore, ed a me non resta di lui che questa dedica ed il rimorso di non essere andato all'hotel Velasquez di Madrid quando egli mi chiamò, prima di morire.
Sempre attraverso gli atti che la Chiesa conserva gelosamente, abbiamo relazioni dei Parroci attraverso le quali ci è facile capire in che modo si svolgeva la vita di tutti i giorni in quell'epoca:
Relazione della Parrocchia di Pratica di Mare fatta nel dicembre 1920 Secondo lo stato d'anime fatto nella quaresima del 1920, questa parrocchia conta 238 abitanti fissi, cifra che ora è alquanto in aumento per l'immigrazione di alcune famiglie discese dal Friuli. Sono tutti cattolici, e curano che i loro bambini siano battezzati generalmente entro la prima quindicina dalla nascita. E' sconosciuto il malthugianismo. La parrocchia non ha che un Sacerdote, il parroco, una chiesa pubblica, la parrocchia, una casa di religiose, le Figlie della Croce, - ove risiedono 4 suore che si occupano dell'educazione civile e religiosa dei bambini, dell'assistenza dei malati, e prestano l'opera per il decoro della Chiesa. Non possiede beni temporali, fatta eccezione della casa parrocchiale, poiché per l'istrumento di transazione fatto nel 1888 fra S.E. il Principe Don Camillo Borghese e la parrocchia, rappresentata dal parroco pro tempore Don Luigi Persichilli, autorizzato da S.E. il Cardinal Parrocchi Vescovo della Diocesi, venivano ceduti a detto Principe tutti i beni urbani e rustici, provenienti dalle soppresse confraternite del
Rosario e SS. Sagramento, dietro un corrispettivo annuo di £ 641,70 che aggiunte alle £ 798,24 corrisposte da Casa Borghese in dipendenza di Bolla del Pont. Paolo V ( 25 giugno 1618) formano la somma di £ 1439,94 che costituisce l'assegno parrocchiale. Però in quest'ultimo tempo, dato l'enorme costo della vita, l'assegno fu elevato da questa Ecc. ma Amm. a £ 3300 senza però nessun impegno formale e duraturo. Riguardo poi alle Sacre suppellettili esse sono inventariate e se ne conserva l'indice nell'archivio parrocchiale insieme agli altri documenti e libri ove sono esattamente registrati gli atti parrocchiali e la regolare applicazione delle messe pro populo e dei legati. Data la vita semplice dei campi e l'isolamento, la parrocchia si trova immune dagli errori che serpeggiano fra le masse riguardo la fede e alla morale; e dato ancora il relativo benessere che procede da un giusto contratto di mezzadria, non sente il bisogno di coalizzarsi in partiti per il conseguimento di un miglioramento economico. Il culto divino viene esercitato liberamente e con lodevole concorso da parte del popolo, a lode del quale si registra una media di circa 3000 comunioni annue. Tuttavia in alcuni periodi dell'anno, e cioè nei maggiori lavori, è da lamentarsi qualche deficienza nell'osservanza della santificazione della festa; come pure genera apprensione la crescente indifferenza in materia religiosa nei giovani reduci dal servizio militare. Nell'adempimento poi del precetto pasquale, solo tre o quattro abitualmente si astengono, gli altri compiono il loro dovere o in parrocchia o fuori di essa. Disgraziatamente si ha da lamentare un concubinato, per togliere il quale nulla si può tentare. Del resto è una famiglia avventizia che non fa parte di questa azienda. L'istruzione religiosa ai fanciulli e la spiegazione del Vangelo viene fatta regolarmente in ogni festa, solo si omette l'istruzione catechistica agli adulti per mancanza di locale adatto, dopo che fu proibito l'uso delle proiezioni in chiesa. Mancano pie associazioni e società, né di esse si sente il bisogno. Riguardo poi alla questione politica regna un completo disinteresse, né stimo opportuno per ora agitarla in mezzo ai miei parrocchiani per non compare fra essi animosità e dissidi. Pertanto nella eventualità del voto, essi faranno in buona parte …al parroco. Pratica di Mare 28 Dicembre 1920
Alla data del 17 novembre del 1925 le trascrizioni sono firmate dal parroco Vigilius Del Degan e nel 1927 da Beltrami Roberto.
Camillo muore a Roma l'8 dicembre del 1926 e nel suo testamento lascia a tutti i suoi contadini una donazione di 1000 lire per ciascuno dì loro.
La principessa Maria Alla morte di Camillo, le proprietà venivano amministrate dalla principessa Maria Monroy Borghese del Vivaro. La principessa Maria soggiornava nel castello di Pratica due volte all’anno, da maggio alla fine di giugno, luglio e agosto andava in Germania dalle nipoti, che si erano coniugate con notabili tedeschi. A settembre rientrava a Pratica per rimanervi fino ai primi di novembre, quindi rientrava a Roma, nell’abitazione di via Monti di Brianza. La sua presenza era annunciata dalla bandiera giallo-azzurra di casa Borghese che veniva issata sulla sommità della torre. Durante il soggiorno in Pratica, spesso veniva da Nettuno un venditore ambulante di vestiario, un certo Flamini, che era solito visitare queste località un po' isolate per rifornire gli abitanti delle loro necessità. In tale occasione la Principessa usciva dal castello accompagnata dalla guardarobiera Marsiglia e si lasciava prendere da una singolare forma di beneficenza, acquistando pantaloni per quel tal contadino, una camicia per la moglie del talaltro, vestitini per i bambini, merci di modesto valore, godendo nel regalare loro quanto aveva acquistato. Durante l’assenza della Principessa, tutti i poteri erano nelle mani dell’amministratore Carlo Toso da Sodano, che abitava nella prima casa a destra appena entrati nel borgo. Il capoccia dell’azienda era all’epoca Navisse, che soffriva di una forma acuta di sciatica per cui aveva una camminata claudicante. Per poter raggiungere gli operai che lavoravano vicino alla Sughereta, la Principessa gli regalò una somarella, ad evitargli di raggiungere a piedi il posto di lavoro. Nel 1928 inizia l'opera di bonifica, che per questi luoghi è affidata al Consorzio di Bonifica Idraulica delle Zone Paludose tra Pratica di Mare ed Anzio; e l'impegno del Consorzio fa si che nessuna proprietà degli Sforza Cesarini e dei Borghese venga espropriata e data quindi all'Opera Nazionale Combattenti (ONC). Compito principale dell'ONC era quello di promuovere il sorgere di colonie agricole e nuovi centri abitati, e ciò tramite espropri, inserimento di nuovi nuclei familiari e creazione di nuove città. Sono cosi costruiti canali principali e secondari, collettori, strade, centri urbani, borghi, e case coloniche.
Il 20-10-1934 viene inaugurata la stazione sanitaria di Pratica di Mare
Nel 1938 è costituito il nuovo Comune di Pomezia, ed in attesa della costruzione dei suoi edifici è Pratica che diviene, in via provvisoria, il centro operativo del nuovo Comune, ed appena fuori dal borgo, nella ex stazione sanitaria meglio ricordata come caserma dei carabinieri, sono sistemati gli uffici comunali.
Una cartolina dell'epoca inviata dal notaio Cinque alla famiglia indicando, nei bordi, varie località e in alto la prima sede del Comune di Pomezia
Nella Guida Monaci del 1938/39 si legge che "Pratica di Mare è una borgata dell 'Agro Romano a 28 km fuori da Porta San Paolo. Ha 1700 abitanti, un pubblico servizio automobilistico giornaliero con Roma, una dispensa di generi alimentari e di monopolio con forno e osteria, una stazione dei carabinieri, una posta, una fabbrica di ceramiche della Principessa Maria Borghese del Vivaro, una stazione sanitaria, ufficio telegrafico e telefonico; e comprende le tenute di: Campo Ascolano, Campo Jemini, Campo Selva, Capocotta, La Crocetta, Maggione, Maggionetta, Monte di Leva, Orfeo, Petronella Bonarelli, Petronella Naro, Pratica di Mare, S.Procula, Solforate Altieri, Solforatelle, Solfirate, Tor Vaianica". Nel 1940 Pratica "fa parte del nuovo Comune di Pomezia. Oltre ai servizi sopra elencati vi è la Parrocchia di San Pietro e le scuole, privata a Pratica e dell 'Ente Autonomo a Campo Selva, S.Procula e Monte di Leva. Alle tenute si aggiungono Cerqueto, Monachelle e S.Palomba".
Alle ore 15 del 28 dicembre 1944, sei mesi dopo lo sbarco d’Anzio, Don Benvenuto Cocuzza arriva nel borgo di Pratica di Mare, chiamato dal Card. Gennaro Granito Pignatelli di Belmonte, Vescovo di Ostia e di Albano, a reggere la parrocchia che da 6 mesi era chiusa dopo l’evacuazione forzata di tutti gli abitanti, voluta dalle truppe tedesche che sfollarono tutti i centri abitati del circondario, ivi compreso il suo parroco Arciprete Don Flavio Silvio, che, dopo gli orrori della guerra, aveva rinunciato all’incarico.
Entrato nel borgo, gli apparve fra un gran cumulo di macerie, la chiesa e la canonica completamente distrutte, conseguenza della deflagrazione avvenuta per l’abbattimento della torre del castello.
Trovò ad accoglierlo Suor Alessandrina e Suor Delfina che avevano ripreso possesso della loro convento, e dopo un breve giro dello stesso borgo, entrò in quella che doveva costituire la chiesa provvisoria, allestita nell’aula scolastica del convento. Due vecchie casse di legno per munizioni sorreggevano una tavola imbrattata di minio rosso. Questo era il primo altare allestito da Don Benvenuto, che coprì con le tre tovaglie di rito su cui poggiò la Sacra Pietra e illuminato da due candelieri dati in prestito dalla Parrocchia di Pomezia, benedisse l’ostia magma confezionata dalle stesse suore, officiando la prima messa in Pratica. La stanza era priva di porte e finestre e Don Benvenuto, ottenuto il permesso dall’Ordinario Diocesano, conservò per diverso tempo la Pisside nella sua stanza, che alla meglio venne allestita da casa Borghese. Il 15 gennaio del 1945, Don Benvenuto si recò ad Anzio dai PP. conventuali che gli donarono un tabernacolo. Immensa fu la gioia di don Cocuzza che non vide l’ora di far ritorno alla sua Parrocchia e caricato il prezioso oggetto sulla sua bicicletta, percorse i 30 chilometri praticamente a piedi e stanco ed infreddolito, attraversando un territorio denso di terribili testimonianze di guerra, giunse nella sua chiesetta, e posato il tabernacolo al centro dell’altare, s'inginocchiò in raccoglimento dimenticando la fatica. Poco dopo anche le porte e le finestre furono ricostruite e ricollocate al loro posto, e Silvio De Bardi, presidente della F.I.A.C. costruì un nuovo altare con tavoloni di legno spessi 5 cm. che furono ricoperti con un raso rosso. Il tabernacolo occupò la parte centrale dell’altare e sopra di esso venne collocata l’immagine della Vergine Immacolata di Lourdes. Nei mesi successivi il Genio Civile iniziò la ricostruzione della chiesa e della canonica e il giorno di S. Giuseppe del 1946 la chiesa venne riaperta al culto, benedicendo la statua di S. Giuseppe Sposo (che i parrocchiani e la Principessa Maria Monroy Borghese avevano acquistato) che venne portata in processione per le vie del borgo, e da quell’anno seguirono i festeggiamenti esterni. La comunità di pratica si stava ricostituendo, gli abitanti sfollati avevano fatto ritorno alle loro case ed anche la Parrocchia riprese la sua attività.
In un primo testamento la proprietà di Pratica venne assegnata a Giangiacomo Borghese, governatore di Roma e nipote di Giuseppe, fratello di Camillo, principe del Vivaro, ma poiché Giangiacomo morì prematuramente, la principessa Maria rinnovò il testamento e lasciò l’eredità al pronipote Pier Francesco Borghese, figlio di Giangiacomo. All’età di 93 anni il 1° agosto 1964 a Roma la Principessa Maria moriva.
La moglie del Gen. Fossati, il Card. Pizzardo e la Principessa Maria Borghese dopo la cerimonia di inaugurazione della Chiesa di Torvaianica ( luglio 1957).
I ragazzi di Pratica (20 luglio 1947)
I ragazzi di Pratica si avviano per la colonia estiva a Torvaianica
Fausto Coppi transita sulla salita di Pratica in una tappa del giro d'Italia
Un ricordo particolare a Mons. Giovanni Trovalusci, parroco del Borgo dal 1904 al 1925 autore del volumetto
Attraverso il quale abbiamo attinto notizie sulle origini del Borgo di Pratica di Mare, dall’antica Lavinium fino ai primi del 1900
Bibliografia consultata
2010
Santa Maria del le Vigne
A circa 1 km. dal Borgo di Pratica di Mare, nel bel mezzo della tenuta, poco distante dalle 13 are e dalla Tomba di Enea, si erge solitaria la Chiesa di S. Maria delle Vigne, ridotta ormai ad un rudere, che gli archeologi reputano di scarsa importanza, ma che al contrario andrebbe protetto e restaurato. Questo sito viene menzionato nel Liber Pontificalis allorchè Papa Gelasio I ( 492 - 496) fecit autem basilicam Sancte Mariae in via Laurentina, in fundo mo Crispini, miliario ab urbe XX . La costruzione di questa chiesa venne eretta per far dimenticare alla comunità cristiana di Lavinio, gli antichi riti pagani che avevano fatto dell'antica Lavinium la città sacra dei Romani. Successivamente la chiesa assunse il nome di S.Maria delle Vigne in quanto tutt'intorno era stata impiantata un'intensiva coltivazione della vite. Anche con il toponimo la Madonnella veniva identificata questa località .
Mappa del catasto Alessandrino - 1660
L'edificio sorge su un precedente manufatto di epoca romana, ed è singolare per la forma della sua pianta ottagonale, preceduto da un nartece mancante della copertura. La chiesa è illuminata da due finestre orientate grossomodo a est ed a ovest verso il mare, mentre la porta guarda a Nord-Ovest. " Si tratta di un edificio a pianta ottagonale, orientato a N/NO, coperto a cupola, preceduto da un narcete a forcipe che comunica con l'aula per mezzo di una porta la cui soglia è costituita da due blocchi scorniciati in peperino. L'aula è illuminata attualmente da due finestre a doppia strombatura, che si aprono contrapposte nei due lati mediani dell'ottagono. L'edificio è notevolmente interrato rispetto al piano di campagna ( circa m.1,05)." La muratura è costituita da materiale di reimpiego, reperito nella zona per l'abbondanza di edifici romani ( terme, fabbriche, ecc.) . Una cornice di mattoncini triangolari disposti a dente di sega segna l'inizio della cupola a 8 spicchi come la pianta dell'edificio. All'interno di fronte all'entrata è situato l'altare in muratura che si sviluppa lateralmente con due mensole di marmo ed è sormontato da due ripiani a gradino. Le pareti e la volta erano evidenziate da riquadrature e cornici dipinte.
Dalla relazione della visita Pastorale del 12 maggio 1686 " De Visitatione Ecclesiae Ruralis Cappellae Beatae Virginis SS.mi Rosarij dal volgo detta delle Vigne "
Circa la Visita della Chiesa Rurale e alla sua cappella intitolata alla Beata Maria Vergine del SS. Rosario ....... Nello stesso 12 maggio 1686, nel corso della visita al titolare della Parrocchia di Pratica, il Rev. Arcidiacono Giovanni Battista Barbetta si eseguì la visita alla Chiesa Rurale il cui altare è intitolato al Santissimo Rosario, che la popolazione contadina locale la chiama col termine ""delle vigne"" e che è distante dallo stesso castello di Pratica circa un miglio, dove esiste un solo altare del quale daremo di seguito illustrazione. Questo altare ha una " icona" dipinta sulla parete riproducente l'effigie della Beatissima Vergine e sul lato destro l'immagine di S. Blasio Martire. Questo stesso altare è sotto la cura e giurisdizione della Società del SS. Rosario, la quale non riceve nessun compenso né parimenti alcun compenso viene richiesto.
Risulta inoltre che in questa chiesa la S. Messa viene celebrata saltuariamente, maggiormente nelle solennità, come è conveniente, sistemando tutti gli ornamenti possibili, come richiesto dalla solennità. Riferito quanto sopra, il Parroco pose innanzi tutto la Sacra Pietra sul piano dell'altare, unitamente alle ampolle, senza coprire il piano con paramenti. Quindi sistemò le tavole del Gloria in Excelsis, del Credo, dell'inizio del sacro Vangelo secondo Giovanni ed il salmo del lavaggio delle mani, i paramenti come di solito si celebra nei giorni feriali, tirando fuori lo sgabello da mettere sotto i piedi, che poteva essere tolto per occupare meno spazio. Per tutto ciò che ulteriormente serve per la celebrazione della S. Messa, provvede la Società del SS Rosario, compreso banchi e sedie, che vengono poi riposti e conservati nel castello, in ambiente chiuso a chiave. Al fine di controllare se fossero stati compiuti atti di negligenza, venne mostrato al Rev. Vicario il quaderno dell'Amministratore della Società dove con cura erano annotati le somme incassate per le elemosine e le offerte versate per le messe.
Appena percettibile è l'affresco della Madonna con il Bambino incorniciato da 15 quadretti riproducenti i misteri del Rosario e nelle stesse condizioni, sulla parete a destra dell'altare, l'altro affresco, rappresentante l'apparizione della madonna al Santo. Sono quasi completamente svaniti, corrosi dalla salsedine, dalle intemperie, dall'abbandono.