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COLLANA POMEZIA MEDIEVALE

. . . A C R E . C . . I . R O A T L U D R .... AL E P O I N O M I R T A P L DE

DI MARIO BIANCHI

VOLUME 1


INDICE Campo Ascolano Capocotta Cerqueto Magiona Monachel le Petronel la Santa Procula Torre Ceffaldina Tor Tegnosa Torvajanica


Campo Ascolano Nel 1910 circa ( Tomassetti) risulta essere proprietario della tenuta il Principe Don Camillo Borghese per una estensione di 439.46 ettari.

CATASTO ALESSANDRINO 29-feb-1660 Pianta acquerellata. Legenda con suddivisione della proprietĂ e relativa amministrazione in conformitĂ dell'istromento rogato dal notaio dell'Agricoltura il 2 giugno 1625. Agrimensore: Paolini Carlo Antonio


24-apr-1660 Pianta acquerellata. In alto a destra stemma della famiglia Borghese; in basso a destar rosa dei venti orientata. disegnata dall'agrimensore Quranta Gio. Santi

Carta del Gell


CAPOCOTTA Prima del 1500 non si hanno notizie di questa tenuta mentre agli inizi di tale secolo risulta come proprietario Camillo Capranica di Roma.

Nella carta di Eufrosino della Volpaia ( 1547) Capocotta viene riprodotta come un casale con torre.

Nel 1660, nella pianta del catasto Alessandrino, realizzata dall'agrimensore Gentile Atanasio il 24 maggio 1636, la proprietĂ di Capocotta e Quarticciolo risulta in proprietĂ al principe Borghese Giovanni Battista ed era confinante con Porcigliano, il mare, Campo Ascolano, Monte di Leva.

Pianta acquerellata con disegno di casale, chiesa, fontane, peschiera, pantano, "formella","giardinetto", cervi in corsa nel bosco, macchia, mare. In alto al centro stemma della famiglia Borghese. Ai quattro lati indicazione dei punti cardinali.


Nel 1783, nel Catasto Annonario Capocotta risulta ancora proprietà dei Borghese e confinava con Campo Ascolano, Petronella dei Naro, Castel Romano, Monte di Leva, Porcigliano e per un tratto con il mare, ed aveva un’estensione dNibby - vol.II . pag.198-203

Nibby - vol.II . pag.198-203 .... ...... con questi dati positivi, quasi oso dire geometrici, seguendo sempre le tracce della via Laurentina,, che nella macchia dopo il casale di Decimo sono molto visibili, credo di avere riconosciuto il sito di questa metropoli primitiva del Lazio ne ' dintorni del casale di Capocotta, che da nome ad un tenimento vastissimo de ' Borghese, fertile, ameno, e fra quelle boscaglie ridente, circa 16 miglia distante dalla porta antica di Roma per la via Laurentina, 2 dal mare, sito ricco di acque, che oggi sono inalveate, la che ne ' tempi primitivi ristagnando davano origine alla vasta palus di Virgilio. È il casale in un sito eminente relativamente ai campi sottoposti verso Occidente: il suolo rigurgita di cementi stritolati dall ' azione dell ' aratro e del tempo, ed in un punto così solingo questa è una prova di fatto della popolazione che un tempo lo coprì.

......Ivi un sentiero a destra guida a tor Paterno, dove comunemente si pone Laurento, siccome fu notato di sopra, e di che parlerò più sotto. A sinistra le traccie delle ruote de ' carri, che hanno antecedentemente solcato la sabbia guidano dopo circa altre due miglia, cioè al XVI dalla porta antica al casale di Capocotta, dove fu Laurento, siccome venne indicato in principio di questo articolo, del quale altro avanzo non rimane che il sito, dove un dì sorse. ..... Nel determinare la situazione di Laurento a Capocotta notai, che ivi non rimangono vestigia antiche apparenti; ma di là non è distante più di 2 miglia verso

Carta dell’Ameti - 1693


Nel 1818 nel brogliaccio mappale redatto dal geom. Venanzio Funari, Capocotta risulta in proprietà al principe Don Camillo Borghese di Marco Antonio e al mappale 6, 9 e 23 risultano fontanili con corte, al mapp. 21 una casa ad uso della tenuta con corte. Nel 1910 circa ( Tomassetti) la tenuta risulta di proprietà della Real Casa per una superficie di ettari 1060.76

Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 46 Capocotta. Della storia e dell'origine del nome non si sa niente; sappiamo solo che sulla fine del quattrocento era già passato in possesso della famiglia Capranica; la sua storia è immedesimata con quella dei debiti della famiglia che incominciano col 24 Luglio 1543 (L. M. L.183: v. ivi, XVI, 274). Nel 1585 (21 Ott.) ne furono venduti dai fratelli Capranica, figli di Camillo Capranica, a Giovanni Battista e Pompilio Luraghi di Como, rubbia 407.38.348 a 24 scudi e 22 baiocchi per rubbio (P. Campana 486 ap. N. C. 26). Il primo però ne vendette 2OO 1/2 rubbia ad Antonio Maccarani il 15 Sett 1592 (Campana lib. instr. f. 626 ap. J. L.320), due delle figlie del quale erano maritate con Pompilio e Paolo Luraghi (T. ivi). Giovanni Battista Luraghi si interessò, pare, di antichità. Nell'Antiquarum Statuarum Urbis Romae Tertius et Quartus Liber, pubblicato da Giambattista Cavalieri nel 1594, f. 61, c'è una statua di Cupido puber in aedibus Io. Baptistae Luragi. La statua riapparve nella raccolta del Thomassin al tempo di Paolo V (lib. I, tav. 33) coll' iscrizione in aedibus..., cosicché allora aveva già cambiato padrone (L.S.S.. III, 223). Nell' indice del B si ha " Capreotta de Capranichi per due terzi, e un terzo del Lorago ". Poi passò ai Borghesi, come anche forse la statua. V. Cat. A, VI, 13.


Nibby (1837) vol.I pag 377 Vasto tenimento pertinente ai Cesarini, confinante colle tenute di Riotorto, Castagnola, s. Procula, Pratica, Campo Ascolano, e col mare, per metà macchioso, e da ciò trae la denominazione attuale. Esso si estende per rubbia 1270: è fuori di porta s. Paolo, circa 18. miglia distante da Roma, seguendosi la strada di Pratica. Nel registro di Cencio Camerario riportato dal Muratori nel Tomo V. delle Antiquitates Italicae Medii Aevi p. 835. si legge che Gregorio II circa l'anno 720. della era volgare diè in affitto a Giovanni console " ... fossam, quae dicitur Valanicum iuxta campum Veneris, miliario ab urbe Roma plus minus XX. ex corporae Fonteianae patrimonii Appiae .... " ( vallata detta Valanicum nei pressi del " campum Veneris" distante dalla città di Roma circa 20 milia già facente parte della [massa] Fonteiana del patrimonio dell'Appia). possessione, che rendeva alla chiesa romana 50. bizanti solidi di oro, i quali corrispondevano pel valore effettivo ad altrettante delle nostre doppie romane. Il nome Valanicum, che avea la fossa, e che communicò al fondo attinente trasse origine dalle quercie ghiandifere che balani dal greco in latino dicevansi, le quali vestivano questo tenimento, che per la stessa ragione oggi dicesi Campo Selva.

Nel 1564 la tenuta di Campo Selva, di cui Valanicum faceva parte, era di proprietà dei Cesarini di Ardea.


Nel 1567 era proprietaria di Pratica Virginia De' Maximi, tutrice del figlio minore Luca, il vero erede della proprietà. Virginia, come titolare della tenuta di Pratica, venne obbligata con la bolla di Papa Pio V "Constituzio de aedificandis turribus in oris maritimis " a contribuire finanziariamente alla costruzione di Tor Vaianica: " .... a la focecha fare una torre a la banda di ponente; ...... devono contribuire la Sig. Virginia de' Massimi per conto di Pratica et li Frangipani..... " Ma le forze economiche di Virginia non erano sufficienti per contribuire all'erezione della torre, che infatti venne costruita più tardi, nel 1580 dai Cesarini di Ardea . La costruzione fu eretta sotto la direzione dell'Architetto Giacomo della Porta. La torre era di forma quadrata di circa 13 metri per lato e sviluppava un' altezza di circa 17 metri. La base era a scarpa su cui poggiavano due piani sopra i quali era collocata la piazza d'armi recinta da smerli. Nelle capanne raffigurate nei disegni, alloggiavano i cavalli e i soldati della squadra che perlustrava il tratto di litorale assegnato. L'appellativo di Torre di Mezzavia gli venne dato per la sua collocazione, in quanto segnava la metà del tratto di costa fra il Tevere e Anzio. Il torriere riceveva dalla Camera Apostolica 10 scudi al mese con l'obbligo di tenere un soldato, e nella torre potevano dimorare 4 soldati a cavallo per perlustrare la spiaggia fino al casale detto del Baron del Nero, oltre Tor Paterno. 1624 - 8 agosto. Per un pericoloso contagio tutte le torri litoranee vengono chiamate in causa per effettuare un particolare servizio di vigilanza al fine di evitare sbarchi senza gli adeguati controlli. Il comandante del Forte di Nettuno, Bartolomeo Segnere, fu incaricato di controllare l'efficienza di questo servizio di vigilanza e nel controllare Tor Vaianica constatò che la torre era presidiata da un ragazzo che alternava la sua presenza con quella di un marinaio. Nell'attesa di ricevere ordini in merito, chiamò il vecchio custode della torre, un certo Alessandrino, che nel frattempo era dedito all'agricoltura, in un orto di meloni poco distante. 1631 - In quest'anno risulta responsabile della torre il custode Giacomo figlio di Lorenzo Fedeli


Catasto Alessandrino ( 1660)

Pianta acquerellata con scene di mietitura, trebbiatura con cavalli aggiogati, pascolo con pastori e buoi, pesca nel mare con reti, carico di some di pesce sui muli, caccia a volatili con reti e cane, caccia con fucili alle anatre in volo su uno stagno, caccia al cinghiale con cavalli e cani, disegno di viandanti con sacco in spalla, donna con soma sul capo e bambino, barche a remi all'ancora e sul mare, case e capanni, torre sulla spiaggia. In alto a sinistra stemma della famiglia Cesarini. Agrimensore: Belenzona Giovanni (autore dell'originale); Vannucci Eliseo (autore della presente) 10 aprile1660

1665 - Nel corso delle ispezioni che Francesco Petti stava effettuando lungo le coste del litorale, così descrisse nel rapporto la torre ed il suo contenuto: .... torre del Vaianico, e vi si è trovato un falcone da lb. 4 sfoconato con arme di Paolo III. doi moschetti sfoconati et inabili; doi mortaletti di metallo; polvere vi è barili uno e lib 30. custode è un tal Cesare d'Acquino con un soldato, con patente dell'Ecc.mo Don Mario Chigi....


1692 - Nel corso della ispezione che Miselli detto Burattino fece per conto di Papa Innocenzo XII così viene descritta la situazione della torre: Vaianico Gionto nella torre del Vajanico vi ho trovato Marcantonio Cesare torriero provvisionato di (scudi) 10 il mese con Patente di Mons. Imperiale, e Giuseppe di Cesare suo soldato: Questa Torre e' situata su' la Marina lontano dall'acqua passi 102, ben condizionata, tiene sua porta alta da terra 30 palmi in circa per l'ingresso, con sua scala di legno per salirvi amovibile venendo l'occorrenza, nel p.o piano vi sono due camere a volta , sopra le quali ve ne' un altra parimente a volta con quattro fenestre una per ciascheduna parte, e sopra questa la Piazza dell'Artiglieria con suoi merli attorno con una buona scala di Pietra a' Lumaca, e vi sono tutte le sottoscritte armi, monitioni, et istromenti necessarij alla sua difesa quali il suo Torriero promette tenere in bona custodia, e renderne conto, et in fede ha sottoscritto il presente foglio di sua propia mano questo di'26 Giugno 1691 Armi e Monitioni Un cannone da lb 10 con arma di Urbano 8° un cannone da lb 4 con arma di Paolo 3° moschetti num. 2 di metallo moschetti num. 2. spingarde con suoi cavalletti num 2 Cucchiare, e Perigalli per li Pezzi Palle di ferro da lb 10 num 16 Palle di ferro da lb. 4 num. 28 Palle da spingarda num. 30 Palle da moschetto num. 50 Polvere barrili num: 1 Bisogni In questa torre del Varanico vi sono li seguenti bisogni cioe' p.° Mutare li due moschetti che vi sono perche non possono servire piu' 2 Rifare i grani a i due mortaletti di metallo Marc'Antonio Cesare m:ano proprio


1733 - Il torriere Francesco Morbiducci venne implicato in una vertenza giudiziaria con i pescatori del vicino villaggio. L'avvocato Leonardo Innocenzi, inviato dalla Camera Apostolica, si rese conto che il Morbiducci e suo figlio Alessandro avevano inventato una serie di accuse per vendicarsi dei pescatori che non volevano soggiacere alle ingiuste richieste di una parte del loro pescato. 1776 - Su segnalazione di Tor Vaianica, un gruppo di pirati Algerini, approdati nottetempo, venne catturato nei pressi della tenuta di Camposelva. Alla fine del 1700 la torre ospitava una guarnigione di sei uomini al comando di Giovenale Diofebbi. L'armamento consisteva in: 2 cannoni da 7 con 30 palle; 30 casse di mitraglia e 140 di polvere. 1800 - 22 marzo. In una nota di lavori ordinati al falegname Filippo Amiraglia cosĂŹ si legge: Torre del Vaianico Rinnovare una ruota ad uno delli cannoni con ferramenti vecchi da rifarcegli Per li letti dei soldati occorrono n. 4 tavole Per li medesimi soldati e Capo vi vogliono due tavolini con tiratori Alle due finestre del corpo di Guardia farcci due telari nuovi con loro sportelli foderati di tavola, con telaretti e vetri, ed un altro telaro simile alla finestra dello stanzino contiguo Nel vano della porta dello stesso stanzino vi si deve fare il fusto nuovo di una partita con guarnizione smussa, che manca Nella stanza del Capo mancano tutti li telari nelle finestre, che occorre di farci n. 4 telari nuovi simili all'altri con telaietti e vetri Alla porta della S.ta Barbara manca il fusto, che per custodia della Polvere vi si deve fare il fusto nuovo tutto foderato Occorreva il fusto nuovo alla porta d'Ingresso del Corpo di Guardia per essere mancante affatto il quale non era stato descritto nella nota mandata in Roma dal sigg. Ispettore, cio' non astante per essere necessarissimo e' stato fatto di nuovo senza ordinanza e pagato nel conto.

Nel 1818 il geom. V. Funari nel brogliardo della sez. di mappa n. 30 contenente, fra l'altro la tenuta di Campo Selva, al mapp. N. 12 indica torre ad uso dei soldati ( Tor Vaianica) mentre al mapp. 19 e 20 riporta casa ad uso della tenuta.. casa con corte e grotte, al 21 fontanile. Il terreno viene indicato come prato acquastrino, valle algosa, tumoleto, prato, pascolo, bosco ceduo forte e bosco ceduo con piante di alto fusto. Viene inoltre indicata una chiesa dedicata a S. Angelo. La proprietĂ di 1120.65 Rubbia risulta essere del Duca don Salvatore Cesarini di Francesco.


1870 circa: Disegni della torre effettuati dal Capitano del Genio Guglielmo Meluzzi con (sotto) tavola a colori

(Intervista tratta dal volume POMEZIA di Antonio Sessa - pag 17-18 - A.Capriotti editore 1990)

Luigi Di Giovanni arrivò nel 1923 a Torvaianica e fu ospitato dallo zio Pietro Di Giovanni, che all'epoca era il guardiano della torre e per tale mansione era soprannominato Pietro " della torre". Luigi cosÏ ricorda la sua casa-torre: Era alta 17 metri circa, di pianta quadrata e larga alla base 12,50 metri. Si entrava salendo una scala esterna di 36 scalini, su due rampe, appoggiata alla torre. Questa era disposta su tre piani. L'entrata era al primo piano e vi si arrivava attraverso la scala esterna. Una scala interna a chiocciola portava sia al piano terra che a quelli superiori e di qui proseguiva fino al terrazzo.


Al primo piano vi era l'ingresso, una cucina grande e due camere. Le finestre erano tre, larghe 2x1,20 metri, di grossa profonditĂ dato lo spessore del muro, di circa un metro e mezzo. La chiusura era a due battenti di legno. Con una scala (interna) si scendeva al piano sottostante. L'area interna era inferiore al primo piano, perchĂŠ lo spessore del muro era superiore e risultava di circa tre metri. Le finestre del piano terra avevano le dimensioni di 80 x 80 centimetri. Dal primo piano, tramite la scala a chiocciola, si saliva al secondo piano, identico al primo. Dal secondo, sempre attraverso la scala a chiocciola, si arrivava al terrazzo che per meta' era coperto da una casupola dove vivevano cinque marinai (un capo, un sottocapo, tre militi). Avevano cinque o sei grossi cannocchiali di avvistamento, il piĂš grande dei quali era lungo circa tre metri. Nella torre non esistevano servizi igienici. Vi era un telefono e la luce veniva ottenuta con cannelle a carburo. La torre era di colore grigio. La torre era visibile da lontano e sopra la porta vi era apposta la scritta Torre del Vajanico e una data che purtroppo non ricordo. Poco prima dello sbarco delle truppe alleate ad Anzio, tutto il territorio circostante, dove sorgeva l'aeroporto, venne fatto oggetto di intensi bombardamenti, e dalle foto aeree scattate dalla RAF poco prima dello sbarco, si notano una miriade di profonde buche prodotte dalle bombe. Riguardo alla distruzione della torre stessa non si sa bene se fu colpita da una bomba alleata o minata dai tedeschi prima della ritirata.

Martinori Lazio Turrito 1929


Augusto Jandolo, nella sua raccolta di poesie dedicate alle Torri del Lazio, cosĂŹ recita di TORRE VAIANICA

Jeri me so' inzognato che, in premio de 'st'amore pe' le torri, un principe m'avesse arigalato 'na torre in riva al mare: fa conto Tor Vaia'nica. Piantata a pochi passi da la spiaggia, ch'e' deserta e servaggia, pareva quasi un cero sull'altare. Oggi chi fa regali a li poeti, l'essere piu' boni e piu' discreti che a contentalli basta cosi' poco!? Si fossimo nell'epoca d'Augusto o ar tempo de li Papi potrei spera' ch'er sogno s'avverasse... ma oggi ... solo un principe romano, sfuggito all'esattore de le tasse, potrebbe fa 'sto gesto soprumano ! E me contenterei d'una torretta peggio piu' assai de questa e scarcinata, magari piccoletta che' la rinforzerei da capo a fonno pe' passacce tranquillo er po' de tempo che m'arimane ancora de sta' ar monno.


La Chiesa "Beata M.Vergine del Vaianico” Di questa chiesa o meglio cappella non si hanno notizie recenti. Fu probabilmente fatta costruire dal Duca Cesarini nei primi anni del 1600 tenuto conto che l'erezione della Torre presso la quale fu eretta questa Chiesa avvenne nel 1580 sotto la direzione dell'arch. Giacomo della Porta. I motivi che indussero il Duca Cesarini all'erezione di questo luogo sacro fu dettato probabilmente dalle insistenti richieste dei pescatori del luogo, dei viandanti e dei marinai che avevano soprannominato la torre del Vaianico " Torre di Mezzavia" in quanto a metà del percorso tra Ostia ed Anzio. Testimonianze più recenti raccontano che prima del 1943 esisteva una cappella ricavata da alcuni locali di una casa sempre nei pressi della torre, ma dopo la distruzione della torre stessa, probabilmente anche il caseggiato andò distrutto. Ma notizie più precise sul contenuto della chiesa e sulla sua dedicazione, l'abbiamo dalle Visitatio ed in particolare in quella del 1686 che così cita:

Beata Maria Vergine detta Vaianico edificata lungo il litorale marino in prossimità della Torre denominata Vaianico recentemente costruita dall'Ecc.mo Duce De Cesarini. Ha un solo altare con l'immagine della Beata Maria Vergine, dei Santi Andrea Apostolo, Antonio, Abblasio, Barbara Vergine e Martire, e Beata Serafina Sforza de Cesarini. Tutta la Chiesa è illuminata da una sola finestra ovale sopra la porta che è composta da due ante in legno con ferramenti in ferro. Per raccogliere le confessioni degli uomini e dei pescatori e delle loro mogli abitanti in detta torre c'è un confessionale accostato alla parete.

Su questa Chiesa aveva giurisdizione il Parroco di Ardea, in quanto la torre, i terreni e la stessa città di Ardea erano del Duca Cesarini. Nel disegno della torre effettuato dal Capitano del Genio Guglielmo Meluzzi (proposto poco sopra, risalente a poco prima del 1870), l'edificio posto accanto alla torre non ha la piccola croce sulla sommità della facciata, come invece si può riscontrare in altre stampe di altre torri dello stesso periodo, il che potrebbe essere giustificato che in quei momenti, tutte le torri del litorale furono requisite per scopi militari perciò il presunto edificio della Chiesa fu utilizzato come ricovero per i cavalli delle truppe che perlustravano il litorale.


Maggione Maggionett a Maggionetta Dal Tomassetti a pag 440 vol II - Via Ardeatina - apprendiamo che nel 1495 la tenuta di 380 ettari era di proprietà di Prospero Caffarelli, Vescovo di Ascoli ( Istr. Caffarelli, vol. V f. 103 Arch. Stato ). Nel 1501 mons. Gian Andrea Caffarelli e fratelli vendettero parte di quelle tenute a G.B. Rustici e nel 1513 altra parte a Girolamo Margani. (Istr. Caffarelli, vol. III f. 34 e 66 Arch. Stato) 4 maggio 1660 è datata la mappa del Catasto Alessandrino riferita alla tenuta Magiona e Magionetta di proprietà del marchese Riccardi Gabriele. E' una pianta acquerellata con disegno di casale.


Nibby - 1837 - Vol. II pag 284- ... Tenuta dell'Agro Romano pertinente ai Riccardi, situata a destra della via Ardeatina 19 miglia lungi da Roma: comprende 154 rubbia divise ne' quarti denominati del Casale, del Sughereto, e terzo quarto: e confina colle tenute di Pratica, Santa Procula, Solfarata e Petronella. Questo fondo col nome di Masone è ricordato in un istromento esistente nell'archivio di Santa Maria in Via Lata, appartenente all'anno 1330, nel quale apparisce essere stato allora proprietà di Santa Maria Aventina. Nelle vicinanze di questo casale è una sorgente che si scarica nel fiume Numico, la quale è la famosa fons Iuturnae, di cui si è trattato di sopra nell'articolo Lavinium.. Sembra, che ivi formasse una piccolo stagno, il quale viene indicato da Ovidio nel lib. II de ' Fasti Quae simul ac tetigit Iuturnae stagna sororis Effuge ait ripas : dicta refertque Iovis

Nel 1818 nel brogliardo della sez. di mappa U.T.E. n. 28 contenente, fra l'altro la tenuta di Maggiona, al mapp. N. 88 viene indicata casa ad uso della tenuta.., al 91 fontanile. Il terreno viene indicato come prato, pascolo, bosco ceduo forte e seminativo. La proprietà appartiene al Marchese Vincenzo Riccardi di Francesco di Firenze. Il mappale 92 coltivato a pascolo comune di rubbia 1.1.06 è cointestato a: Marchese Pietro Ricci di Roma; al Conte Pietro Girani di Roma; al Principe Don Altieri Saluzzo di Emilio di Roma.

Nel 1910 circa ( Tomassetti) risulta come proprietario di Maggiona e Maggionetta Clarini Giuseppe per una superficie di 280.97 ettari.


LA TORRE TORRE LA Giovanni Maria De Rossi - Torri e Castelli Medievali - De Luca Ed. - 1969 - pag. 58. 81. Torre della Magione

Era situata a circa 900 m. dal km. 25 della Laurentina moderna, sulla destra. Il Casale la Masone è indicato tra i confini della Zolforata in un documento del 1334: era allora di proprietà della Chiesa di S. Maria dell'Aventino. In un documento del 1427 si parla di una vendita di un Casale la Mascione extra portam Sancti Pauli in partibus Latii et maritime confinante con il ten(imentum) castri Patrice, il ten(imentum)castri Ardee, il ten(imentum)Casalis Petronelle e il ten(imenturn) Casalis Soforatae.. Attualmente il Casale della Magione non presenta tracce di costruzioni medievali. La torre è però rappresentata nel Catasto di Alessandro VII con il nome di " Torre della Magionetta " : si trattava di un'alta torre rettangolare di tre piani con due finestre per ogni piano; alla base si scorgono i resti di quello che doveva essere un antemurale. Nella stessa pianta del Catasto è disegnato anche il vicino Casale di S. Procula: vi si scorge l'antica Chiesa con l'alto campanile. La torre della Magione occupava una posizione strategica a cavaliere tra l'Ardeatina antica e la via che dalla Zolforata raggiunge Pratica di Mare, venendo così a costituire uno dei più vicini posti di vedetta del Castello di Pratica.

NOTA DI MARIO BIANCHI: La torre riportata sulla mappa del Catasto Alessandrino ritengo trattasi di un errore del disegnatore, nel porre la didascalia, giacché dalla raffigurazione è più somigliante a Tor Maggiore sia per l'altezza che per la disposizione delle finestrelle. Da una indagine sul posto sembra che sia esistita una torretta difficilmente individuabile, ma situata alla fine dell'odierna Via di Campobello, utilizzata anche dai Templari.


II TEMPLARI TEMPLARI Dalla nota di Giulio Silvestrelli " Le chiese e i feudi dell'ordine dei Templari e dell'ordine di S.Giovanni in Gerusalemme" pubblicato nei " Rendiconti della reale Accademia dei Lincei - n° 5-6 vol. XXVI del dicembre 1917" così apprendiamo: ( Cap. II - pag. 510) - L'ordine di S.Giovanni di Gerusalemme fu fondato intorno al 1048 da mercanti d'Amalfi che ebbero dal Califfo d'Egitto la concessione d'un terreno a Gerusalemme, dove edificarono un ospedale pei pellegrini dedicato a S. Giovanni Battista, l'Ordine divenne ricco e potente dopo la prima Crociata, alla quale prestò valido concorso. ( Cap. I - pag. 492) - Nel 1118, Ugo des Payens ( de Paganis), Goffredo di St. Omer e sette altri crociati che avevano preso parte alla conquista di Gerusalemme fondarono un Ordine militare e religioso avente per missione di provvedere alla sicurezza dei pellegrini ed alla difesa del S. Sepolcro. Baldovino re di Gerusalemme concesse loro una chiesa vicina al luogo dell'antico tempio di Salomone; e da questo l'Ordine prese il nome di TEMPLARI o Milizia del Tempio di Gerusalemme. San Bernardo gli diede la regola, che fu approvata nel 1128 dal concilio di Troyes ( Mansi, Sacrorum Conciliorum Collectio ( Zatta, Firenze, 1759) vol. 21, pag. 358 ) Il Magisterio Generale dell'Ordine rimase a Gerusalemme sino a che la città fu ripresa dai Saraceni (1187). Condannato dal Concilio di Vienne (Mansi citato, vol. 25 pag 369-426) l'Ordine fu soppresso colla bolla di Clemente V del 2 maggio 1312 (Arch. Vat. - Reg. Vat. 59, doc. 244, col n. 245) che diede i suoi beni all'Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme. Il Codice Vaticano 10372 della Biblioteca Vaticana riporta l'inventario dei beni compilato nel 1334 tra i quali è riportato: 2 - Beni della casa di S. Maria dell'Aventino, e perciò, come essa, pervenuti all'Ordine dei Templari. b) tenuta di S. Eramo di 100 rubbia, che dai confini indicati corrisponde all'attuale tenuta denominata MAGGIONE ( riunita nel catasto di Pio VI a Maggionetta e insieme allibrate per rubbia 154) NOTA - Ai primi del sec XV ( 1400) La Mascione apparisce posseduta per 1/3 da Martino di Lello de Lenis; 1/3 da Giacomo del fu Giannotto di Giovanni Bonanni; 1/3 ( ??) da Gioacchino del fu Paolo di Giovanni Bonanni; 1/3 ( ??) Da Battista Bonanni fratello di Gioacchino.

Con atti del 9 ottobre 1427 e 4 luglio 1428 riprodotti integralmente dal prof. Lanciani nel suo studio (4) Gioacchino e Giacomo Bonanni vendettero le loro parti a Antonio Prospero e Edoardo Colonna, e i confini che figurano negli istrumenti sono esattamente quelli di S. Erasmo che indica l'inventario e cioè: Pratica ( Puteus Jordanus, que tenuta est de tenimento Patrice); S. Procula ( S. Pictuli); Solfarata; Petronella. (4)Lanciani - Patrimonio Colonna a tempo di Martino V - Arch. Soc. Romana di St. Patria vol. XX pp. 418-437


Monachel Monachel le le (o(o Sugar o)o) Sugaret et Nibby vol.III pag. 130 SUGHERETO. Tenuta dell'Agro Romano a sinistra della via ardeatina circa 18 m distante da Roma, che appartiene ai monastero di Tor de' Specchi e confina con quelle di s. Procula, Cerqueto, Cerquetello, Capannone, Tor Maggiore, e Solfarata: comprende rubbia 190 circa divise ne' quarti denominati del Cerqueto , del Casale e dell'Ara. Ha nome dall' abbondanza de' sugheri, la quercus suber de'Bottanici. G.Tomassetti - vol. II pag. 441 e seg. .....e prima delle due tenute Sughereto e Tor Maggiore, l'una, di ettari 346.87 degli eredi Ferri, l'altra di 559.21 del marchese Serlupi Crescenzi, perché queste si trovano al miglio XVIII. La prima toglie nome dall'abbondanza del sughero, quercus subor, e porta anche l'altro di monachelle, perché spettò alla Casa delle oblate di Tor de' Specchi. Della chiesa di Sant'Edistio non si trova più alcuna traccia.

Nella carta sopra riportata è indicato il sito dove esisteva un convento di suore definito " casetta delle Monache". Questo termine nel corso degli anni ha dato il nome della località che tutt'oggi si chiama " Monachelle". Dell'antico convento oggi non rimane altro che un casale ristrutturato ( vedi foto) nel corso dell'appoderamento di Pomezia ( 1938-39) che ha inglobato parte delle strutture appartenenti al convento delle Monache.


Osservando bene la cartina dell’IGM F. 150,(i cui rilievi risalgono al 1872 ed aggiornata nel 1931 e 1940 ) si nota che la via che attraversa la tenuta, parte dal Casale delle Solforate e si dirige verso Ardea. Secondo alcune testimonianze, fino a poco dopo l’ultima guerra, gli abitanti della zona per raggiungere Ardea, percorrevano quella strada che si innestava nell’attuale via di Valle Caia, dopo aver attraversato un ponticello. Quel ponticello era conosciuto da tutti come ponte di epoca romana, ma non risulta evidenziato in nessun trattato o mappa.

Orbene tutte queste osservazioni stanno a testimoniare che l'attuale via delle Monachelle Vecchia non è altro che un tratto dell'antica via romana " Ardeatina", via di cui si son perse le tracce dalla tenuta della Cecchignola. Molti sono gli studiosi moderni che propendono per questa tesi. Ed a sostegno di tale tesi sono le torri, che in genere venivano erette in prossimità di strade, come quella denominata Torre Spaccata o Tor Tignosa, oggi sommersa dai residui della lavorazione dello zolfo, e dalla Torre della Cirfaldina che doveva sorgere poco prima del Casale delle Monachelle, come riportato nel Catasto Alessandrino, della quale rimangono alcuni tufi che son ben visibili nel periodo invernale, quando scarseggia la vegetazione, le cui macerie sono state utili per la costruzione di un capannone lì vicino.


Santa Procula Gualdus Lapigio

Nibby- vol.2 - pag.663 ...due tenute dell'Agro Romano confinanti fra loro e poste fuori di porta san Paolo sulla strada di Ardea circa 19 miglia lontano da Roma porta questo nome. La prima, già dei Giraud, confine con quelle Castagnola, Riotorto, Muratella, Vittorie, Sughereto, Capannone, Solfarata, Maggione, Maggionetta, e Pratica; essa comprende rubbia 436. Io non so, se in origine queste tenute una sola ne formassero; certo è però che ambedue trassero nome da una Chiesa dedicata a san Proculo, della quale rimane ancora la tribuna, opera della secolo VIII a destra della strada nel primo di questi due fondi. E ivi dappresso chiare vestigia rimangono di un bosco che un tempo coprì queste terre, e che insieme colla chiesa sovraindicata appartenne almeno per quattro secoli al monastero di san Paolo; imperciocchè nel privilegio emanato da Gregorio VII l'anno 1074 e riportato dal Margarini nel Bollario Cassinense II pag. 109 si nomina totum gualdum, qui vocatur Lapigio in integrum cum ecclesia s. Proculi; così Innocenzo III nella conferma di questo privilegio data l' anno 1203 ripete la ecclesiam s. Proculi cum gualdo Lapigio .


Nel 1330 questa selva era stata distrutta, poiché in una carta esistente nell'archivio di Santa Maria in via Lata non si nomina più il gualdus, ma il tenimentum Casalis s. Proculi, e vi si aggiunge quod est monasterii s. Pauli. Quindi fino a quella epoca continuava ad appartenere a quel monastero. Nel secolo XV venne alienato.

Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 41 S. Abrocolo Il nome non è che una corruzione di S. Proculo: resti della chiesa esistono ancora . S' incontrano pure le forme Sant'Abrotila e Santa Broccola. L'ecclesia Sancti Proculi è nominata insieme col Gualdus Lapigio (una foresta) nella bolla di Gregorio III per San Paolo (APa. 1). Nel 1330 la selva era distrutta (v. T.). Il 13 Genn. 1456 l'intera metà della tenuta di S. Proculo fu venduta da Giacomo ed Antonio Colonna a Cristoforo, Giacomo e Paolo Rosci . Nel 1470 (19 Ott.) Gregorio Cesarini vendette a Falcone e Stefano CapogalIì pescivendoli, il diritto di uccellagione dei palombi silvestri nelle tenute di Camposelva e S. Brouilo [Sic] (A. Cap. Lorenzo Festa, 72 ap. J. C. 379). Nel 1483 Girolama, vedova del sopra citato Giacomo Rosci, locò il Casale di S. Proculo a Girolamo di Ceccho de' Picchis (A. Cap. Massimo Oleario, 32 ap. J. P. 741) e nel 1456 (26 Aprile) essa, allora moglie di Battista Arcioni, ne diede la metà a Paolo de Magistris, Iacobella sua moglie, ed Agapito loro figlio (id. not. 49 ap. J. A. 796). Nel 1489 (25 Febbr.) vi fu una concordia in riguardo ad una parte di S. Procolo fra Stefano Pierleoni e Giovanni Amolaria (A. Cap. G. Michele ap. J. M. 1092). Il 23 Giugno 1512 (o 1517) Domenico Massimi comprò i casali di Pratica, Pozzo Jordano. la metà di S. Proculo, e la terza parte di Campo Selva da Giovanni Gregorio (o Giorgio) Cesarini (A. Cap. S. Vannucci, 141, 239 ap. N. C.19, J. C. 963. M. 738,741), e figurava per 435 rubbia nella divisione dei beni del fu Angelo Massimi nel 1564 (AST. prot. 1522 C. Saccoccia 425).

Carta di Seuttero - 1600

Carta di Eufrosino della Volpaia Carta dell’Ameti - 1693


1570 - Una curiosa notizia ... G.Tomassetti - La campagna Romana Vol.2° - pag 332

Tenuta di S. Broccola di proprietà di De Massimi Mario Pianta acquerellata con disegno del casale e della vigna di S. Broccola, torre della Magionetta, "selva", "selvotta", sughereto, pantano. Disegnata dall'agrimensore Galassi Marcantonio(autore dell'originale); Cordiale Orazio (autentica le misure) il 26-nov-1588 (redazione); 27-mar-1660 . Superficie 436 rubbia, 8 scorzi.

Nel 1818 nel brogliardo della sez. di mappa n. 29 - Agro Romano - redatta dal geom. Giuseppe Simelli, S. Procula risulta in proprietà al Conte Pietro Giraud di Ferdinando. Al mapp. 3 indica casa con fienile e corte mentre il terreno residuo è indicato come bosco ceduo misto, seminativo e pascolivo a vicenda, pascolivo cespugliato . La superficie totale della tenuta è di 790.2.58 Rubbia.

Nel 1910 circa ( Tomassetti) la tenuta viene divisa in due proprietà: una parte per ettari 274.84 risulta di proprietà di Clarini Giuseppe; l'altra di ettari 515.42 risulta di proprietà di Serafini Giuseppe.


La chiesetta di S. Procula

Vittorie Nibby- vol.2 - pag.663 L' altra tenuta di Santa Procula ha pure il cognome di Vittorie, e ricorda la Massa Victoriolae menzionata da Gregorio II circa l' anno 715 nella bolla che leggesi inciso in marmo nel portico di san Pietro, massa che comprendeva i fondi Rumelliano ed Ottaviano, e le conteneva oliveti, i quali per intiero furono destinati all' uso de' lumi che ardevano sul sepolcro de ss. Apostoli Pietro e Paolo: essa faceva parte del patrimonio dell' Appia : idest in patrimonio appiae mass victoriolas olibetu in fund rumelliano in integro olibetu in fund octabiano in integro. Tal denominazione di Victoriolae trasse probabilmente origine da qualche monumento rappresentante Vittorie. (di proprietà) de' Carpegna confina colla precedente, e con quelle di Sughereto, Cerqueto, Pescarella, Pian de' Frassi e Muratella: e comprende 175 rubbia. Nel 1818 nel brogliardo della sez. di mappa n. 29 - Agro Romano - redatta dal geom. Giuseppe Simelli, S. Procula-Le vittorie risulta in proprietà a Bartolomeo Brugnano di Carlo. Al mapp. 66 è indicato casa per uso della tenuta mentre il terreno residuo è indicato come seminativo e pascolivo a vicenda. Con una lettera “A” viene indicata una chiesa intitolata a S. Maria del Buon Consiglio La superficie totale della tenuta è di 312.7.01 Rubbia.

Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 41 Che il nome delle Vittorie dato ad una parte della tenuta viene dalla famiglia dei Vittori è giustamente detto dal T. (p. 445); ma la famiglia era in possesso di essa già nel 1530, poiché il 26 Febbraio di quell'anno Bernardino Vittori confessò aver ricevuto da Giacomo Antonelli dall'Aquila ducati 83 per il prezzo dell'erba del casale di S. Broccolo


Il resto di quella parte era delle monache di Tor de' Specchi le quali locarono il casale di S. Proculo al predetto Bernardino, il 12 agosto 1540.

Nel 1910 circa ( Tomassetti) risulta proprietario della tenuta Grazioli Lante della Rovere per una superficie di 312.70 ettari. Per quanto riguarda la denominazione “ Le Vittorieâ€? alcuni asseriscono che deriva dal titolare della proprietĂ il marchese Lorenzo Roberto Vettori che la possedeva nel 1660.

Tenuta di S. Broccola di Ruberti Vittorii Lorenzo di 175 rubbia Pianta parzialmente acquerellata, disegnata dall'agrimensore Vannucci Eliseo il 12-apr-1660.


Alla fine del XII secolo, esattamente nel 1195, i figli di Iohannis Iacovaci rinunziarono, in favore dei canonici di S.Pietro, ai propri diritti sulla quarta parte del Cerreto all'infuori della turre maiore cum claustro, ortis et casalinis iuxta dictam turrem.

In un altro atto, datato 1295, si indica fra l'altro, possessiones in Sancti Proculi et Cerqueti casalibus . Nel 1818 nel brogliardo della mappa n. 10 Agro Romano - redatta dal Geom. Paolo Finocchi contenente, fra l'altro la tenuta Solfarata ed annessi, Cerqueto risulta in proprietà alle Reverende Monache dei Santi Domenico e Sisto di Roma al mapp. 84 indica granaro di Cerqueto; all'85 indica torre ad uso di abitazione ed all'86 e seg. stazzo, mentre il terreno residuo è indicato come pascolo, pascolo boscato con fontanile, prato, ripa macchiosa. La superficie totale della tenuta è di 492.6.35 Rubbia La tenuta di Cerquetello viene indicata in proprietà al Marchese Camillo Zacchia Rondanini di carlo di Castel Bolognese per una superficie totale di Rubbia 122.2.97 ed il terreno è indicato come arativo e pascolivo a vicenda, prato.


G.Tomassetti - vol. II pag. 443 e seg. Parlerò adesso di Cerqueto, che abbiamo già nominato, e si trova alla medesima distanza, cioè ad un chilometro a sud di Tor Maggiore. Appartiene ora, come Casal Bruciato, alla Falcognana. I monaci di San Paolo vi possedevano vigne, come rilevasi dall'indice dei loro beni (Arch. cit., v. 241). Che nel 1517 spettava ai Gapizucchi risulta dall'atto Colonnese di Giulia vedova Margani citato di sopra. Nel 1660 era delle monache di San Domenico e Sisto (Gai. Alese. in AST.). Le rovine di esso meritano esame. Domina una piccola valletta. Presenta un insieme di casali moderni, chiusi da una cinta e con una torre centrale. Però per la sua posizione strategica si mostra subito per un piccolo castello medievale (fig. 104). Difatti il muro deve corrispondere all'antica cinta rialzata: vi si scorge ancora la costruzione a tufetti non regolari, frammenti di marmo e qualche fenestrina chiusa da mattoni: ha una forma poligonale. La torre, alta circa 20 metri, è quadrata con la base sporgente. Il suo rivestimento di calce lascia scorgere la costruzione a tufetti irregolari come il muro di cinta. Ha fenestrine quadrate di peperino chiuse con mattoni. La parte superiore è priva di una parte dei lati di nord-ovest e sud-est ed è ricoperta da un tetto moderno. il fortilizio nel lato di sud-ovest è a picco sopra una valletta.

A sud-ovest di Cerqueto, sopra una collina a circa 80 metri dal piccolo castello vi è una parte del lato sud-est di una torre a tufi più grandi, irregolari. Vi sono due feritoie e i buchi delle travature: vi si scorge la piattaforma su cui la torre era costruita. (Trattasi della Torre Ciffaldina)

Nella stessa direzione verso sud-ovest a circa 800 metri da Cerqueto sopra un' altra collina più alta che domina la valletta, vi è l'avanzo di un'altra torre quadrata; è di costruzione simile alla precedente. Sono i quattro lati; di circa 4 metri di lato e circa 4 metri di altezza. Nei tempi moderni deve essere stata trasformata in abitazione, perché vi sono state praticate delle aperture più o meno grandi ed irregolari, tra le quali un grande arco rotondo nel lato di sud-est e perché tanto questo lato quanto 1' opposto, sono tagliati a cono sulla cima, evidentemente per appoggiarvi il tetto. (Trattasi della Torre della Solforatella)

Nel 1910 circa ( Tomassetti) Cerqueto risulta di proprietà dei Ferri eredi di Camillo con una superficie di ettari 492.64 a cui si unisce Cerquetello con una superficie di 122.30 ettari.


Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 41

Nel 1195 (12 Agosto) Stefano, Obicio e Pietro, figli quondam Iohannis Iovaci, rinunziarono in favore dei canonici di S. Pietro a tutti i diritti sollevati contro di loro per la quarta parte di Cerreto e dell'aquimolo di Ursa, e di tutti i beni che furono di Giovanni di Stefano di Pietro excepta Turre maiore cum claustro. Ortis et casalinis iuxta dictam turrem (ABV. 81).

Non credo di poter riferire ad esso la rinunzia per diritto di divisione fatta da Cecco e Leone de Maximo al fratello Guidone, di un cerqueto ed un querquiitellum, fuori della Porta Lateranense o della Porta Appia, nel luogo detto Quintus, 1° per la distanza assai maggiore di cinque miglia; 2° per la menzione fra i confini della Strata Albanensis (AMN.159).

I monaci di S. Paolo vi avevano beni . Già prima del 1477 era dei Capizucchi, poiché in tal anno (6 Luglio) Ludovico di Battista Capizucchi investì Margherita sua madre del Casale e del tenimento. Nel 1512 Riccardo Mazzatosti ne comprò un quarto dai Camerali dopo il delitto di Bruto Capizucchi. Nel 1515 (10 Genn) Troilo (o Tacito) Savelli comprò il Casale chiamato Cociaglie o Cerqueto da Marcello di Pietro di Ludovico Capizucchi : ma una parte restò ai Capizucchi (T. IX, 425). Nel 1525 Bruto Capizucchi vendette una parte di Cerqueto a Francesco Salamoni.


Nel 1550 (16 Giugno) Tiberio Nari rinunziò ai diritti sopra Cerqueto, Boccabella (v. P i g n o t ti) e quarto di Torre Maggiore in favore di Camillo Savelli, in virtù della delegazione fattagli da Cencio Capizucchi ed Ettore Mutini. Nel 1553 (23 Giugno) Cencio di Emilio Capizucchi vendette Cerqueto, Boccabella e parte di Torre Maggiore ai figli ed eredi di Angelo Massimi. Tre giorni dopo Ettore Mutini vendette una parte di Cerqueto ai medesimi ed alla madre loro Attilia Mattei. Nella divisione dei beni dei Massimi eseguita nel 1564 (30 Giugno) la tenuta di Cerqueto figura per 241 rubbia. Nel 1660 era delle monache de' Ss. Domenico e Sisto. Il Casale ancora esiste (v. la fotografia nel T IX, 443).

Edoardo Martinori - Lazio Turrito - 1933 - pag. 173

Cerqueto (Torre di). - Ad un chilometro al Sud di Torremaggiore si trova la tenuta di quel nome e la torre medioevale che ancora è in piedi. Il nome le proviene dalla boscaglia di querce che ivi esisteva. La torre domina il fosso delle Muratelle. E' alta circa venti metri. Ha la base sporgente, ed è stata in parte rivestita di calce, ed in parte mostra ancora l'antica costruzione a tufetti irregolari. Le finestrine sono quadrate e rivestite di peperino; alcune sono state chiuse con mattoni. Il tetto è moderno (TOM., II, 443). Altra torre isolata, a tufi più grandi con feritoie e buchi per le travature, trovasi al sud-ovest, sopra una piattaforma; è in rovina. Altro rudero di torre si vede sulla collina che domina la valletta, è di costruzione simile alla precedente. Sono vedette il di cui numero aumenta sempre, a mano a mano che ci avviciniamo al mare. L'insieme di Cerqueto si presenta come un bell'avanzo di castello medioevale. Appanenne ai monaci di S. Paolo, che distrutte le boscaglie vi piantarono la vigna. Nel XVI secolo troviamo Cerqueto in possesso dei Capozucchi e poi nel XVII delle monache dei Ss. Domenico e Sisto. Nell'archivio della Basilica Vaticana troviamo che, nel 1195, i figli di Giovanni Jovaci rinunciarono tutti i loro diritti, in favore dei canonici, della parte loro spettante di Cerqueto e dell'aquimolo di Ursa excepta Turre maiore cum claustro ortis et casalinis iuxta dictam turrem (ASHBY p. 41).


Giovanni Maria De Rossi Torri e Castelli Medievali De Luca Ed. - 1969 - pag. 45 e seg.

L'interessante complesso di Cerqueto si trova sulla sinistra della moderna via Ardeatina, a circa 1300 m. dal km. 24. 48. Tor Cerqueto

Le prime notizie risalgono alla fine del secolo XII: nel 1195 i figli di un tal Iohannis Iovaci rinunziarono, in favore dei canonici di S. Pietro, ai propri diritti sulla quarta parte di Cerreto, all'infuori della Turre maiore cum Claustro, ortis et casalinis iuxta dictam turrem. In un atto del 1285 si parla di possessiones in Sancti Proculi et Cerqueti casalibus. Da queste notizie si deduce che Cerqueto era una tenuta di una certa importanza e ricca di abitazioni agricole che gravitavano intorno alla torre recintata. Nel secolo XV passò, dai Monaci di S. Paolo, ai Capizucchi; nel 1660 era di proprietà delle Monache dei SS. Domenico e Sisto. Il complesso, anche se più volte restaurato, mostra chiaramente la sua origine medievale: vi e un' alta torre (circa 20 m.) quadrata e con la base rinforzata a sperone, costruita in blocchetti di tufo più o meno regolari. Ha ancora le finestre originali con stipiti in peperino. La torre era circondata da un antemurale sul quale è stato in seguito costruito il recinto attuale composto da una serie di caseggiati. In alcuni punti si scorgono però murature originali in tufetti frammisti a scaglie marmoree. Il piccolo castello, ora disabitato, sorge su di una collinetta in posizione strategica: insieme a Tor Maggiore doveva garantire, nel Medioevo, il completo controllo della viabilità per Ardea. 49-50. Torrette di guardia I resti di una torretta sono visibili circa 80 m. a SO di Cerqueto, su di un'altura: attualmente sono conservati solo pochi tratti di muratura a fior di terra. Un'altra torre si trovava, sempre verso SO, a circa 800 m. da Cerqueto: ora è stata incorporata in un cascinale. Ambedue costituivano delle validissime vedette per il Castello di Cerqueto.


( Nibby vol.III pag 248) Una carta dell’archivio di S. Maria in via Lata pertinente all'anno 1334 mostra che questo fondo apparteneva allora ad un tal Giovanni di Leone e che fu da questo venduta in quell’anno insieme con altre terre vicine. Il fondo viene indicato in questi termini: Item et totam et integram medietatem ipsius Iohannis cuiusdam alterius casalis, quod olim fuit de Tineosis quod positum est in ipsa dioecesi albanensi. Inter hos fines, cioè il Castro di Solfaratella , il casale di s. Paolo di Albano, il Castro di Solfarata ,il casale di Zalfardina, ed il casale de' Savelli di Tor Maggiore. Nel 1549 (23 Agosto) Livia Casali, madre di Marco ed altri Madaleni, locò i Casali di Tor Maggiore, Cirfaldina, Solforatella, Tor Tignosa e la Valle delle Comunanze a Raimondo Albertoni e Costanza de Tribìscentiis o Tribisunto (ASS. IV, i, 6, D. C) Nel 1569 i fratelli Madaleni vendettero ai Serlupi una piccola parte della tenuta di Tor Maggiore, Tor Tignosa, Cirfaldina e Solforatella (« Decis. S. Rotae coram Molinis Romana Comniunantiarum » 24 Genn. 1701, D. C)

Mappa Catasto Alessandrino

della torre sono rimasti pochi ruderi come indicato nel foglio 150 IMG


.... Sopra una collina che domina il laghetto della Solforata veggonsi gli avanzi di una robusta torre quadrata, con una sola parete conservata, in modo da sembrare da un punto la figura di due corna. Alta circa 12 metri e larga 7 metri per lato, è costruita in tufi, selci e scaglie di marmo; ha feritoie e sei file di buchi per le travi. Dal lato nord in basso vi sono avanzi di un antemurale. Questa fu certamente la torre che difese la domusculta Calvisiana, quando essa era decaduta e passata allo stato di curtis o curia, come sopra si è detto. Nibby Tomo III pag. 99 ... in un istromento esistente nell' Archivio di s. Maria in Via Lata, e riportato nel codice vaticano 8050 si legge che nell'anno 1314 .... Giovanni di Leone possedeva allora ....altre terre che pure vendette , come, la metà di Peronile, oggi s. Petronella, e la metà del casale de'Tineosis oggi Tor Tignosa. Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 41 È la torre medioevale ad O. dell'attuale Casale della Solforatella, descritta dal T. IX, 438 sgg. Il nome, oltre ai casi citati dal T., viene fuori anche nel 1330 quando fu dei Tineosi (e perciò vi rimane ancora il nome di Casale di Torre Tignosa), che ne vendettero alcune parti ai de Rubeis .... .... e in una carta di S. Maria la Via Lata del 1334, la quale indica il nostro fondo come appartenente ad un tale Giovanni di Leone che vendette in quell'anno la metà di un Casale, quod olim fuit de Tineosis, quod positum est in ipsa diocesi albanensi. .... ed un'« istrom(en)to di quietanza del 1500 (28 Sett), fatto da Costanza Tribisonna de Podiani a Monsig(no)re Prospero Santacroce, e p(er) esso a Pier Domenico Madaleni Capodiferro di Sc(udi) 15 per l'affitto della tenuta di Tor Tignosa » (Mazzo C.65) Nel 1569 i fratelli Madaleni vendettero ai Serlupi una piccola parte della tenuta di Tor Maggiore, Tor Tignosa, Cirfaldina e Solforatella (« Decis. S. Rotae coram Molinis Romana Comniunantiarum » 24 Genn. 1701, D. C) 1576 (10 Ottobre). « Nota del Testamento d'Evangelista Madaleni, e dell'acquisto da esso, e da Lorenzo suo fratello fatto del Casale della Solforatella e di Tor Tignosa » (v. Cat. A.VI.71.72;VII.51,52).


....... alcuni versi del poeta Augusto Jandolo


PETRONEL LA LA PETRONEL La denominazione " Petronella " deriva molto probabilmente dall'esistenza di alcune cave di pietra che in epoca remota dovevano esistere in loco, altre fonti invece fanno risalire la denominazione alla vergine e martire Santa Petronilla, che si fece cristiana dopo essere stata guarita da San Pietro e fu sepolta sulla strada d'Ardea, ov'erano anticamente chiesa e un cimitero che portavano il suo nome ( al Quo Vadis). Il castello, di cui oggi rimane solo un troncone di torre, giĂ esisteva nel sec. XIII, come indicato nella bolla di papa Innocenzo IV nella quale confermava all'abate Raynaldo, priore del monastero di San Lorenzo fuori le Mura, possessiones castrum Petronille cum ecclesia S.Maria et Oratorio S.Angeli. Attualmente esiste solo una torre spezzata, a guardia del Fosso di Pratica, e il casale in pessime condizioni, venne utilizzato come parte del podere assegnato ad una famiglia di coloni, dopo la costruzione di Pomezia. Su una colonna dell'ingresso al casale rimane una targa in parte spezzata, con dedica in latino, come segue:

IN HONO ... NDI VIC RIVITATIS SS FRANCISCO XVERIO AC PETRONILLAE VIRG MCM FABRITI NARUS CSI L CAVALER UXORA FUND EREXT ETHVMIL CORDE DICA A.R.S. MDCLXXXII


Secondo alcune testimonianze sembrerebbe che sotto gli attuali caseggiati, vi siano ampi stanzoni interrati, forse ambienti o fondamenta dell'antico castello, e sono state trovate tracce di una chiesetta, mentre lungo la parte scoscesa che costeggia il Fosso di Pratica, vengono sovente alla luce alcune tombe di epoca non accertata, alcune a camera naturalmente saccheggiate da archeologi improvvisati. Le tombe di età romana o preromana, alcuni frammenti di sarcofagi, pezzi di marmo decorati fanno pensare ad un sito individuabile con il tempio ad Anna Perenna, divinità del fiume Numico, che secondo narrazioni doveva sorgere alla confluenza di due fiumi ( Fosso di Pratica con il Fosso Petronella), vicino ad una sorgente, che tutt'ora esiste. La stessa denominazione della località (Perenna - Petronella) potrebbe far pensare ad una deformazione del nome stesso come è avvenuto per Patrica trasformatosi in Pratica. Testimonianze di epoca più recente narrano di un fantasma di donna che sembra si aggiri presso la torre, ma non infastidisce nessuno malgrado le sue ripetute presenze.

Eufrosino della Volpaia

Nibby Tomo III pag. 99 ... nell'anno 1314.... fu.... di Giovanni di Leone... la metà di Peronile, oggi s. Petronella In un documento del 1330 riguardante Pratica , viene citato come uno dei confini castrum Perottile Verso la fine del 1400 la proprietà apparteneva alla famiglia Frangipane, e le località con cui confinava erano: Mascione, Pratica, Monte Olevano e Solfarata. Verso la fine del sec. XVI ( 1500) la tenuta Petronella risulta in parte di proprietà dei Frangipane ed in parte del conte Fabrizio Nari. Nibby - vol. II - pag. 559 due tenute di questo nome esistono nell'Agro Romano circa 15 miglia lontano da Roma presso l'antico Lavinium oggi Pratica: una appartiene al marchese Naro Patrizj, l'altra al conte Bonarelli della Rovere, ambedue sono confinanti fra loro.


Petronel la la Naro Naro Petronel Nari o Naro di Roma Antica ed illustre famiglia romana, investita del marchesato di Mompeo e della contea di Mustiolo, ha dato tre Cardinali alla S. Chiesa Romana : Gregorio, Vescovo di Rieti, morto nel 1634; Benedetto, Arciprete di S. Maria Maggiore morto nel 1832 e Costantino Vescovo d'Ostia e Velletri morto nel 1876. Per il matrimonio contratto da Francesco Naro con Porzia, figlia ed erede di Maria Virginia, ultimo rampollo della Casata " Patrizi" , tutti i beni, l'arma ed il nome di questa illustre famiglia passarono nella casata Naro. Il 31 maggio del 1532 il conte Fabrizio dei Nari acquistò una parte della tenuta pari a 238 rubbia. All'inizio del 1700 risulta ancora in proprietà ai Nari. Nel 1818 nel brogliardo della sez. di mappa n. 28 - Agro Romano contenente, fra l'altro la tenuta Naro, risulta in proprietà alla Marchesa Ponzia Patrizi Montorio di Giovanni, ( del ramo dei Chigi, moglie di Francesco Naro, vesillifero di S.Chiesa,fratello del card. Benedetto Naro) al mapp. 12 indica casa ad uso della tenuta ed al 13 capanna murata ad uso della tenuta, ed al 39 casa ad uso della tenuta con corte, mentre il terreno residuo è indicato come bosco ceduo forte, pascolo di riserva, pascolo cespugliato forte. La superficie totale della tenuta è di 423.1.31 Rubbia.

Nibby - vol. II - pag. 559 E Petronella-Naro che è la più occidentale confina con le tenute di Monte di Leva, Capocotta, Campo Ascolano, Pratica, Petronella Bonarelli; comprende 240 rubbia, divise ne' quarti di Montedoro, Muracciola e Macchia. E di questa tenuta si trattò pure nell'articolo Lavinium p. 240, dove si parlò del Luco di Giove Indigete, e del Fano di Anna Perenna da alcuni ivi mal collocati. Nel 1910 circa ( Tomassetti) indica come proprietario Patrizi Francesco con una estensione di 423.13 ettari Thomas Ashby - La campagna Romana al tempo di Paolo III - pag. 46 S. Petronella. La forma Peronila appare nel 1330 (doc. cit.: T. IV, 82). Nel 1489 (7 Apr.) vari membri della famiglia Frangipani divisero fra loro il Casale di Petronella; i confini sono così indicati:


da una parte la Mascione, da un'altra il Casale di Pratica, da una parte quello di Monte Olevano, e da un'altra quello di Solforata (A. Cap. P. P. Benincasa f 97' .ap NC. 57). Il 30 Maggio 1547 Curzio e Mario Frangipani locarono a Tiberio Nari, per nove anni, a 500 scudi annui, il loro casale chiamato Petronella, confinante da un lato con un altro Casale dei Frangipani, pure chiamato Petronella, da un altro con Pratica, che era di Luca Massimo, da un'altro con la Mascione oppure Maggione, ora Casale della Maggiore, che era dei Leni, da un'altro con la Solforata che era degli Alberini (A. Cap. B. Conti ap. N. C. 34). Il Nari comprò questa parte il 31 Maggio 1582 (Atti di Curzio Saccoccia ed Ovidio Erasmo, citati sulla pianta della tenuta, che fu fatta il 16 di Novembre di quell' anno e copiata nel Cat. A. VI, 52). Da questa compra viene la divisione del fondo in Petronella Nari e Petronella Frangipani (Cat. A. VI, 51, 52). Nel 1584 (9 Maggio) vi fu una misurazione delle due tenute (A. Cap. C. Saccoccia 348 ap. J. F. 359). Secondo L.S. S.III,82 vi erano pure i Mattei nel 1555: ma non ne ho trovato altro ricordo. La nostra carta non indica altro che una chiesa con alto campanile, ora scomparso. Il casale ha resti di fortificazioni del sec. XIII (N. A. II, 242) Non è segnato qui il laghetto, che è pure indicato da Mat., Am. e Cing., e fu situato a N. O. del Casale.

(Giovanni Maria De Rossi - Torri e Castelli Medievali - De Luca Ed. - 1969 pag. 65 e seg..) 99. Santa Petronella Il Casale fortificato di S. Petronella è posto su di un'altura tufacea a circa 500 m. di distanza dal km. 28 della via Pontina, sulla destra. Il nome deriva da un'antica Chiesa dedicata a S. Petronella: la prima menzione è in un documento del 1005 dal quale sappiamo che il Papa Giovanni XVIII concesse al Monastero Sublacense ecclesiam sancte Petronelle Positam in Mlaritimam. Il castello vi compare già alla metà del XIII secolo: nel 1244 Innocenzo IV confermò a Ravnaldo abate del monastero di S. Lorenzo fuori le mura possessiones castrum Petronille cum ecclesia S. Maria et oratorio S. Angeli. Nel 1489 la famiglia Frangipane era proprietaria del Casale di S. Petronella: tra i confini sono citati la Mascione il Casale di Pratica, Monte Olevano e Solforata. Il Casale ha una forma alquanto massiccia tipica di un Casale fortificato: non sono però più visibili i resti dell'antemurale che lo circondava e che furono visti dal Nibby. Accanto al Casale è conservata una torre di guardia del secolo XIV, in tufetti e materiale di recupero: è mozza alla sommità e presenta tracce di numerosi restauri . Nel Catasto Alessandrino è raffigurata, oltre al Casale, anche la torreta di guardia a tre piani con la base a sperone e la terrazza superiore con merlatura. Il castello costituiva uno degli anelli di quella catena di fortilizi, fiancheggianti la via Laurentina, che aveva inizio a Castel di Decima e proseguiva con Castel Romano e Monte di Leva per concludersi poi con Pratica di Mare e Ardea.


(Giovanni Maria De Rossi - APIOLAE Vol. IX pag 142 ( Collana Forma Italiae) 1970 De Luca Editore Nella carta archeologica di Giovanni Maria De Rossi al punto contrassegnato con il numero rosso 484 è indicato "

484. Luogo del supposto santuario di Anna Perenna " con la seguente descrizione: Il Casale di S. Petronella, arroccato su di un picco tufaceo, 600 m. a destra del km.29 della Pontina, sorge probabilmente sui resti di un complesso romano: il rinvenimento di framenti fittili , lastre marmoree, blocchi di peperino e materiale vario parzialmente riutilizzato nella torre medievale, sembrano confermare l'ipotesi. L'altura di S.Petronella si suole identificare, in base ad una tradizione originatasi nei secoli XVII XVIII, con il luogo ove sorgeva il santuario di Anna Perenna. L'identificazione, che si fonda principalmente sull'affinità del nome con quello della mitica sorella di Didone, potrebbe trovare conferma nella vicinanza del fiume Numico, sicuramente identificato con il fosso di Pratica. Altra ragione per l'identificazione è data dall'esistenza di una fonte nelle immediate vicinanze di S.Petronella mentre molto dubbia rimane la presenza di uno stagno, a S. di monte di Leva, identificato dagli eruditi dei secoli XVII-XVIII, con il laghetto di Turno e successivamente con la fonte di Giuturna ( La fonte è chiaramente segnata da Eufrosino della Volpaia). Queste coincidenze, pur notevoli, credo non assicurino, almeno per ora, in mancanza di materiale archeologico reperibile sul terreno, l'identificazione con il santuario di Anna Perenna: certo la presenza di un antico luogo di culto, legato al ciclo mitologico di Enea, lungo la direttrice di una strada che ci ha già dato testimonianze di epoca arcaica ( Trigoria ) sarebbe notevolmente suggestiva ed interessante. 480. Area di frammenti fittili Ristretta area di scarsi frammenti di mattoni, tegole e fittili vari. 481-482. Aree di frammenti fittili Aree di mattoni, tegole, framenti fittili vari e strutture cementizie spezzate. 483. Area di frammenti fittili Area di minuti frammenti di mattoni, tegole e ceramica sigillata e di tipo comune. 485-486. Ville Vaste aree di mattoni, tegole, frammenti di ceramica di tipo comune, avanzi di dolii e strutture cementizie spezzate.


Mappa

del

Catasto Alessandrino 1 ( 660)

Pianta acquerellata con disegno del casale, torre, bosco e cippi di confine. Sulla destra rosa dei venti orientata. Legenda sormontata dallo stemma della famiglia Nari. Legenda con confini, destinazione d'uso del suolo e relative misure parziali. Riferimento all'atto di vendita del casale del 31 maggio 1582 da Fabrizzio Pirro ed eredi Frangipani a Fabrizio Nari, rogata per gli atti di Curzio Saccoccia, notaio capitolino, e Ovidio Erasmo, notato dell' "Auditor Camere". Nari Bernardino (proprietario al 1660); Nari Fabrizio (proprietario al 1582); Pirro Fabrizio ed eredi di Scipione Frangipane (proprietario fino al 31 maggio 1582) Agrimensore: Appiano Lodovico

La Chiesa di S.Francesco Saverio & Petronil la Anche in questo caso per meglio conoscere i particolari di questa Chiesa, dobbiamo ricorrere alle " S.Visitatio" ed in particolare a quella del 1720 che così riporta:

… accompagnati dall'Arciprete di Pratica, procedemmo per la visita alla Chiesa dei SS. Francesco Saverio & Petronilla, presso il casale del Marchese Nari, sotto la giurisdizione della Parrocchia di Pratica. Questa Chiesa è di forma quadrangolare, piccola ma decente, e sufficiente per soddisfare le necessità del luogo. Ha un solo altare, due porte e due finestre. Sopra una porta c'è una iscrizione che asserisce che la Chiesa venne costruita nel 1682 dal Marchese Fabrizio Naro ed ai suoi eredi spetta il mantenimento e la conservazione della stessa. L'Altare è dedicato ai Santi Francesco Saverio e Petronilla e le S. Messe vengono celebrate dal Parroco di Pratica in occasione di feste.


Poche righe ma sufficienti per avere una visione di come si presentava questa Cappella. Era senz'altro una cappella in quanto gli attuali abitanti del casale, in un locale situato sulla sinistra del complesso, durante lavori di restauro hanno trovato elementi che facevano presupporre l'esistenza di una cappella.

Petronel la Bonarel li

24 marzo 1660 Proprietario: FrangipaniFrancesco, marchese Pianta acquerellata con disegno del casale di Petronella, torretta, peschiere, querceto,chiesa e fontanile, ruderi, centro abitato di Pratica e cippi di confine. Al centro della pianta segno di orientamento. Agrimensore: Gentile Mario da Lugnano (autore dell'originale); Legendre Domenico (autore della presente copia)

Nel 1607 apparteneva ai Frangipane, misurava 257 Rubbia e confinava con Petronella dei Nari, Monte di Leva, Pratica, Mascione, Mascionette e Solforata. All'inizio del 1700 la tenuta apparteneva alla Reverenda Camera Apostolica. Alla metà del sec. XVIII ('700) risulta proprietario il conte Bonarelli della Rovere. Questa Famiglia discenderebbe da un secondo ramo dei Bonarelli di Ancona risalente al 1400 allorché un tal Leonardo Piersante fu uno dei regolatori della Repubblica anconetana; per tale ragione nel 1533 fu fatto decapitare insieme ad altri patrizi, per ordine del famoso cardinale Accolti legato di Clemente VII allorché si impadronì della città e vi si spense la Repubblica.


Dopo questo fatto, Giacomo appartenente a questo ramo, si trasferì in Urbino ed entrò a servizio di: quel principe. Il figlio di lui, Pietro fu il favorito e l'onnipotente ministro di Guidubaldo II che lo creò conte d' Orciano e marchese di Barchi e gli concesse il privilegio di inquartare lo stemma dei della Rovere, aggiungendone anche il cognome. Sicché da allora in poi i suoi discendenti si dissero Bonarelli della Rovere

Nibby - vol. II - pag. 559 L'altra confina con Monte di Leva, Petronella Naro, Pratica, Maggione e Solforata: è divisa in quattro quarti, che non hanno un nome particolare: comprende circa rubbia 257 e mezzo, e non conserva oggetto degno di particolare menzione.

Nel 1910 circa ( Tomassetti) indica il nuovo proprietario della tenuta Don Ludovico Altieri con una superficie di 462.79 ettari.


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