Il nostro Marketing. Il tuo Portale. Con una graďŹ ca rinnovata e nuovi contenuti, raccontiamo il futuro del marketing. Scoprilo insieme a noi
BUZZ 6
Attualità
PEOPLE 14
Men (and Women…) at work!
SPECIALE PROGRAMMATIC 33 40
FOCUS 10
Tendenze / Sacral Now. La contemporaneità come nuova religione progettuale
17
WORLD
42
International news
44 46
Scenario / Programmatica(mente) Adasta Media / Approccio win-win Clear Channel / Aumentano i frutti delle Automatic Sales Teads Italia / Il giusto equilibrio tra qualità e quantità Tradelab / La flessibilità nel DNA
COMMUNICATION 20 23 24 28 30
News 77Agency / Dai motori di ricerca al punto vendita Terzo Settore / Uno storytelling sempre più “emozionale” Cultura del Dato / I rischi di una prossima “Data-Base Society” Biblioteca Bilancio Sociale/ Sostenibilità nella scacchiera del business: Pedone o Regina?
MEDIA FOR GOOD 49 50 52
2
Advertiser Communication Strategies
News Parmalat - Preti 1851 - Banco Alimentare / Il gusto di una colazione solidale Websolute - Fondazione Aristide Merloni - Fondazione Vodafone Italia / Scopri, assaggia, vota
Agosto 2018 Questo numero è stato chiuso in redazione il 2 Agosto
ACADEMY 54 56 58
News Osservatorio Unicom / Industry 4 a 0, all’andata Legal & Interactive / Il “caso Fedez” e i nuovi sviluppi nell’ambito della regolamentazione dell’influencer marketing
ENTERTAINMENT 62 66
Puma Basketball / Il ritorno di un marchio storico tra i giganti della palla a spicchi Youtuber & Influencer / Web Side Stories
DOSSIER 72
MARKETING
82
Il Cloud come IAAS / Gestire flussi di milioni di utenti Cultura + Impresa / Comunicare on the road, con la street art
87
My ADVertiser
80
Cyber Security / Corsa agli armamenti
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Qual è il senso dell’Innovazione?
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#NudiCome Nudi come San Francesco, che si spogliò degli abiti e delle ricchezze del demonio, e nudi come tutte le creature del suo Cantico delle Creature: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra” e per queste nuove creature della Città Futura che neppure Giotto seppe pre-vedere e disegnare. Non più creature di città dolenti di macchine e di cemento, di acciaio e di polvere, qui ci sono nove pezzi, unici e tuttavia uguali, di un’umanità che presto inchioderà il vecchio mondo al suo odore scorante di materia in decomposizione e di roba smessa. Pupille di luce che brillano come in un arcobaleno, e pelli colorate che si mischiano, questi nove figli nostri sono frate Sole e sora Luna finalmente abbracciati e confusi: creature giovani di roccia fertile, di pietra morbida della quale ci si potrà finalmente fidare. Grazie a loro i colori torneranno innocenti: non ci sarà più la strega nera che offre la mela avvelenata rossa alla fanciulla bianca-neve. Non più la guerra delle razze ma il miracolo etnico con la ricchezza delle sue reminiscenze pacificate. Forse qui la pelle scura è anche quella dei beduini del monte Sinai, e ci sono tracce d’Asia persino nelle sopracciglia; e magari negli occhi di blu-chiaro c’è il freddo della Svizzera mentre nel blunero c’è il caldo della Grecia madre d’Europa, e forse nel naso scuro e sottile c’è l’Etiopia somala; vedo ricordi imperiali nei capelli di seta e accenni tribali nel riccio indomabile, un tocco d’Italia profumata nelle ciglia lunghe. C’è persino il ritmo cubano nell’immagine, che è ferma, è vero, e tuttavia le creature sembrano muoversi nel Cantico della successione: spostamenti, toccamenti, aggrappamenti con balenii di Africa e di Cina e di gialli e di rossi da pittura creativa. È la foto delle Metamorfosi che sono tipiche delle civiltà imperiali, della Roma degli Augusti come dell’America dei Presidenti, della Globalità dove ogni cosa passa in un’altra, si tramuta nel suo contrario. Davvero in quest’immagine c’è Michael Jackson che sbiancava il nero e c’è l’evoluzione dei Lumumba, dei Senghor e dei Frantz Fanon che annerivano il bianco, ma anche dei Lenin e dei Lin Piao, c’è la rivoluzione che diventa con-fusione perché toglie l’identità certa all’Oriente e all’Occidente e li con-fonde, c’è il pavone dello Zoroastrismo che assimila la Croce di Roma, il Ramadan che diventa banchetto pasquale, il latte di cammella che si tramuta in succo di vite, il burqa trasparente sul corpo di Venere, e c’è Fatima, figlia di Maometto, che prende le fattezze di Maria, madre di Cristo. Contro le guerre civili, contro le mafie e le violenze urbane dell’identità, contro i feroci conflitti etnici, contro le guerre di faglia e di religione, contro il terrorismo e contro tutti i razzismi risorgenti c’è la gioiosa con-fusione come valore, il Cantico delle Creature che avvicina al Cielo e sottomette il mondo.
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77AGENCY
DAI MOTORI DI RICERCA AL PUNTO VENDITA Dopo una prima fase di consolidamento e il passaggio da desktop a mobile, il crescente utilizzo di intelligenza artificiale porterà a una nuova profonda evoluzione del search marketing. Nel segno della convergenza sui contenuti. A cura di Laura Franconi 77Agency nasce nel 2003 a Londra con un
YouTube, GoogleMaps, Waze. Un motore
di target specifici, definiti da caratteristiche
organico di 5 persone; 15 anni dopo, è un
di ricerca, infatti, deve saper rispondere
comportamentali che li rendono ideali per
gruppo di oltre 160 persone, divise tra gli
alle persone, offrendo ciò che serve, dove
quei contenuti e quella precisa modalità di
uffici di Londra, Milano, Riga, Roma e Los
e quando lo cercano, nel minore tempo,
contatto. La DMP consente una maggiore
Angeles. “Nati con una focalizzazione sui
semplificando loro la vita. È quanto
precisione, in quanto mette ordine nelle
motori di ricerca e quindi in ambito SEM e
accade anche con Google Flight. Ciò che
informazioni di cui l’azienda dispone e le
SEO, oggi ci occupiamo di comunicazione
interessa maggiormente a Google, più
incrocia con i dati delle big data company:
digitale a 360 gradi”, spiega Amedeo
che fare concorrenza ad altri operatori, è
Google, Facebook, Linkedin, Amazon,
Guffanti, Partner e General Manager di
capire gli individui, cosa vogliono e come
eccetera. Il problema che sorge è legato
77Agency. “Nel 2016 abbiamo lanciato GotU,
interagiscono con i vari contenuti. Per
alla diversità dei metodi di tracciamento e
il brand di tecnologia proprietaria utile per
questo motivo vengono raccolti dati e si
dei sistemi di interfaccia che si trovano a
un impiego intelligente della pubblicità
cerca il modo di mantenere e incrementare
confronto. In ultima analisi bisogna compiere
digitale volta a generare e incrementare
le proprie revenue future, quando occorrerà
un atto di fiducia rispetto alla qualità del
business verso i punti di vendita fisici”.
individuare alternative alla pubblicità push.
dato e ai meccanismi che permettono
Come è cambiato il mondo
Possiamo individuare dei trend
determinati utenti. Sebbene tutto ciò
dei motori di ricerca?
in ambito social media?
abbia indubbiamente portato maggiore
I motori di ricerca hanno vissuto due gradi
Vedo due grandi trend. Il primo è quello
efficienza nel mercato, ha anche prodotto
fasi: una prima fase di consolidamento,
di Facebook, la cui capacità di visione l’ha
due deviazioni: l’illusione che il dato avrebbe
seguita da una seconda che ha evidenziato
portato all’acquisto di Instagram, Whatsapp,
risolto tutto e la nascita delle black box. Ora
il passaggio da desktop a mobile. Oggi si
Messenger, rendendolo per eccellenza il
il problema è capire se il costo dello spazio,
assiste al crescente utilizzo di intelligenza
social network delle persone. Non solo,
maggiorato del costo del dato, produca un
artificiale e di modalità di interazione in
pensando agli sviluppi futuri, si può dire che
ritorno sull’investimento maggiore rispetto
vivavoce con i device. Tutto ciò modifica
oggi il maggiore competitor di Google sia
all’acquisto del puro spazio.
profondamente il search marketing e pone
rappresentato proprio dai sistemi di instant
una serie di domande: se si interagirà con
messaging: i sistemi di intelligenza artificiale,
Il programmatic offre una soluzione
la voce, come evolveranno gli annunci
offrendo accesso ai contenuti in modo più
a questi dubbi?
sponsorizzati? E come cambieranno le
veloce e immediato, renderanno superfluo
In realtà, il programmatic non è direttamente
espressioni semantiche che nel linguaggio
il ricorso ai motori di ricerca, portando i
correlato al dato: è una modalità di scambio
parlato sono inevitabilmente diverse rispetto
social media a erodere quote di mercato
di ordini attraverso una piattaforma, che, se
a quello scritto? 77Agency sta cercando
alla search. La seconda tendenza in ambito
usata sistematicamente, si avvale di logiche
di capire cosa accadrà nei prossimi anni.
social è rappresentata da Linkedin, che è
mirate di distribuzione della comunicazione.
Abbiamo un team interno che sviluppa
diventato un punto di riferimento per le
I dati sono informazioni aggiuntive che
chatbot, software che permettono di
community professionali. Pur non ponendosi
vengono caricate sulla piattaforma,
interagire via chat con una controparte di IA,
come competitor di Facebook in ambito
consentendo una maggiore segmentazione
dando vita a una conversazione che si adatta
generalista, Linkedin permette di pubblicare
degli utenti. È però importante e complesso
automaticamente a ciò che viene chiesto
contenuti di sicuro interesse che porteranno
valutare le fonti dei dati. E, soprattutto,
e che impara dalle interazioni precedenti.
il social network a crescere fortemente nel
in che misura la comunicazione che ne
In un’ottica evolutiva, quello dei motori di
prossimo futuro.
consegue sia più efficace rispetto a una
di vendere e comprare impression su
ricerca è un segmento maturo e internet
pianificazione più generalista del messaggio.
ha già dimostrato la propria capacità di
Abbiamo accennato all’importanza
La risposta va misurata sul punto vendita,
fagocitare settori maturi, aiutando le aziende
dei dati: come vengono usate oggi
in termini di velocità di riassortimento
a fare convergenza tramite l’aggregazione
le Data Manager Platform?
dello scaffale. Per questo è importante che
di elementi apparentemente lontani tra
Il mondo dei dati è estremamente
oggi il marketing manager abbia una forte
loro. In particolare, credo che il motore
complesso. Oggi, grazie alla rete, un
competenza nel digitale, ma anche in tutto
di ricerca convergerà sui contenuti, come
brand può comunicare in maniera non più
quell’ambito che ancora non è tracciabile ma
Google che, con lungimiranza, ha acquisito
generalista ma mirata, rivolgendosi a gruppi
che contribuisce al risultato finale. www.advertiser.it
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COMMUNICATION
Sostenibilità nella scacchiera del business: Pedone o Regina? Biblioteca Bilancio Sociale apre l’edizione 2018 del Premio BBS all’insegna della coerenza. Leggere i bilanci di sostenibilità, un’impresa ancora troppo difficile.
Articolo di Mirta Barbeschi, Founder BBS www.bibliotecabilanciosociale.it
P
artendo dal presupposto che la rendicontazione non finanziaria delle imprese dovrebbe raccogliere e raccontare fatti rilevanti, noi che siamo tra i rarissimi a leggerli (se non tutti, una gran parte) restiamo per lo più a bocca asciutta. Così come, sempre noi, nel rilevare “sostenibilità” attraverso “alert” e rassegne di ogni tipo, troviamo quintali di comunicati da cui non traiamo quasi mai delle informazioni. A sostegno di questa tesi c’è un documento dell’Unione Europea “Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario” che offre spunti e suggerimenti per rendere questi 30
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documenti congrui, utili e leggibili. Innanzitutto, la sostenibilità deve essere coerente con il “core business” di chi la applica. Un ragionamento ben strutturato e legato a triplo filo al proprio ambito produttivo e quindi alla sfera di impatto (che sia sociale o ambientale). Da qui ne consegue la rilevanza delle informazioni contenute. Se una squadra di calcio ci comunica il trasporto dei propri atleti tramite mezzi ibridi tralasciando ogni notizia su come mitigare l’influenza sociale, sinceramente ci viene da sorridere. Tra azioni benemerite, esaltazione del rispetto di questioni già normate per legge e benefici verso stakeholder che avrebbero senso se riferiti ad Adriano
Olivetti e ai suoi tempi, spesso si mena un pochino il can per l’aia. Insomma, dai nostri censimenti vediamo ancora troppi concentrati a costruire una bella reputazione fine a sé stessa. Queste informazioni oltre a essere rilevanti dovrebbero rivolgersi per comprensibilità e lessico alle parti interessate intese come investitori - certo - ma anche e soprattutto lavoratori, consumatori, fornitori, clienti, comunità locali, autorità pubbliche, gruppi vulnerabili, parti sociali e società civile. Il ruolo del pubblico sentire Ma così non è, anzi. Oltre alla corposità del documento, c’è il modo ostico
BBS: IL PREMIO
ENTRA NEL PROGETTO
APERTE LE CANDIDATURE AL PREMIO BBS 2018
Le iscrizioni al premio chiuderanno il 12 ottobre: gli interessati possono visitare il sito www.bibliotecabilanciosociale.it per avere ulteriori informazioni. La Biblioteca del Bilancio Sociale è il punto di raccolta che valorizza e rende possibile la consultazione a livello nazionale dei bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità prodotti dalle imprese italiane. È un progetto patrocinato dal Ministero dell’Ambiente, Unioncamere, Confindustria, Luiss Business School, Federdistribuzione e Fondazione Symbola. Si tratta di un progetto unico nel suo genere, che ha come scopo primario la diffusione dei dati e delle notizie pubblicate nel bilancio al più ampio pubblico possibile. Insieme ai partner, la Biblioteca progetta azioni di sensibilizzazione, promuove campagne informative, organizza confronti periodici con le istituzioni per il percorso di recepimento della direttiva UE, organizza eventi di “global view” e ogni anno realizza il Premio BBS.
di porlo al pubblico ed estraneo dal racconto che connota ogni sostenibilità, poiché quando si ben esprime, genera storie meravigliose. La sostenibilità, fuori da una èlite, oggi non ha un pubblico. Purtroppo. Ci viene da dire che abbia un difetto congenito, che soffra di una ambiguità derivante dall’ampiezza del significato del termine. Dalla chiusura della centrale a carbone alla fotocopia fronte-retro. Le politiche di sostenibilità si dividono spesso tra “super-serio” e “faceto” dove il faceto è appunto la visione autoreferenziale a forte impatto reputazionale che non mette però in discussione la governance nel suo complesso. Quest’anno il nostro Premio, che da sempre valorizza
i contenuti e la loro attinenza con l’ambito produttivo di chi li scrive, rilancerà con grande fermezza questi principi. Poiché aziende virtuose e che corrispondono al nostro formato culturale - evviva - ce ne sono e ogni anno le selezioniamo. L’Unione Europea non è una curiosona: queste informazioni (e quindi questi fatti) sono fondamentali per gestire la transizione verso un’economia globale sostenibile, accettabile e pertanto difendibile. L’insostenibilità ha le gambe corte e il CEO di BlackRock Laurence Fink lo fa capire molto chiaramente nella comunicazione annuale ai propri amministratori delegati: “la capacità di gestire aspetti ambientali, sociali e di
governance è una dimostrazione delle qualità sul tema del governo societario tanto essenziale per la crescita sostenibile, motivo per cui integriamo sempre più spesso questi aspetti nel nostro processo di investimento”. Che tradotto in soldoni significa che questi elementi sono indicatori di prospettive a lungo termine e solvibilità, se non si intravede una solida governance in questa direzione si disinveste. E se lo dice un gruppo da 6.000 miliardi di dollari di investimenti c’è da riflettere. Non esiste azienda che abbia agito o agisca irresponsabilmente senza saperlo, fare coming out e iniziare un processo di rimedio è il più apprezzabile segnale di cambiamento. www.advertiser.it
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ACADEMY
Il “caso Fedez” e i nuovi sviluppi nell’ambito della regolamentazione dell’influencer marketing Il tema dell’influencer marketing è uno degli argomenti di maggiore attualità nel mondo della pubblicità: già affrontato da questa rivista in occasione di un breve riepilogo dello stato dell’arte a seguito delle novità introdotte dall’AGCM e dallo IAP, questo tema torna nuovamente a far parlare di sé grazie a una recente decisione del Giurì della pubblicità, la cui motivazione è stata resa disponibile lunedì 16 luglio 2018.
Articolo di Lapo Curini Galletti e Anna Maria Lorito
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LEGAL & DIGITAL
I
l precedente articolo (n°8 dell’ottobre 2017) sull’argomento ci aveva lasciato con i recenti aggiornamenti della Digital Chart dello IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria), la quale ha previsto la necessaria esplicitazione del rapporto esistente tra influencer e titolare del marchio celebre ogniqualvolta un messaggio, avente natura e finalità commerciale, venga postato su internet o sui social. Lo IAP, nell’ambito delle sue linee guida, ha suggerito l’inserimento, all’interno del contenuto del post, in maniera ben distinguibile e nella parte iniziale, di apposite diciture (a mero titolo di esempio: “Pubblicità /Advertising”, o “Promosso da… brand/ Promoted by… brand”), richiedendo inoltre che, laddove il marchio in questione abbia soltanto inviato all’influencer occasionalmente dei beni, gratuitamente o per un modico corrispettivo, almeno un riferimento del tipo “prodotto inviato da… brand”. Tali indicazioni erano inoltre state recepite dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nel 2017: l’Autorità ha suggerito inserimenti di hashtag a inizio post del tutto simili a quelli proposti dallo IAP, inviando inoltre lettere di moral suasion sia ad alcuni personaggi influenti - e molto attivi all’interno di social network e altri canali - sia ad alcuni advertiser. L’AGCM, attraverso tali lettere, si era posta l’obiettivo di sollecitare gli operatori coinvolti, affinché tutti rispettassero le prescrizioni di legge in vigore in materia pubblicitaria e, in special modo, il divieto di pubblicità occulta, ossia uno dei pilastri della normativa in materia di pubblicità e applicabile indipendentemente dallo strumento utilizzato. A un anno quasi esatto, il Giurì, organo dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria che giudica la comunicazione commerciale, riprendendo i concetti già espressi da IAP e AGCM, ha proposto altresì nuove e interessanti interpretazioni del concetto di pubblicità occulta, applicato al fenomeno degli influencer. Le regole IAP si applicano anche alle Instagram Stories Oggetto della pronuncia è un video pubblicato dal celebre rapper italiano Fedez, mediante lo strumento delle Instagram Stories (opzione del social network che permette di pubblicare contenuti destinati ad “autodistruggersi” dopo 24 ore dal caricamento), in occasione della visita allo stand dedicato al marchio Peugeot durante gli Internazionali di Tennis, di cui la casa automobilistica www.advertiser.it
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ACADEMY
è sponsor ufficiale. In particolare, l’artista aveva condiviso un video nel quale, inquadrando il logo del brand e l’ultimo modello Peugeot, riportava ai suoi followers: “(…) mi stanno presentando tutte le nuove Peugeot che stanno uscendo e adesso ve le faccio vedere tutte, una a una (…)” e “vedi, tu vieni agli Internazionali di Tennis, ti chiudi nella macchina in esposizione e metti il massaggiatore del sedile e sei a posto”. Gli elementi più interessanti della decisione del Giurì, da tradursi anche in spunti da tenere in considerazione nella predisposizione di contratti in quest’ambito, sono sostanzialmente due: la riconducibilità al brand della violazione realizzata dall’influencer e l’inglobamento anche di strumenti quali le stories - caratterizzate dall’elemento della temporaneità - all’interno dei mezzi che devono adeguarsi alle indicazioni di IAP e AGCM di cui sopra. Mentre Fedez - e la società Newtopia Srl, che gestisce la sua immagine - sono rimasti estranei agli effetti della decisione, non essendo vincolati al rispetto del Codice di Autodisciplina (l’adesione al quale avviene su base volontaria), Peugeot Automobili Italia Spa (PAI) è stata invece ritenuta imputabile della comunicazione pubblicitaria, avendo “deciso e gestito l’iniziativa”. Non valida la difesa del brand Questo nonostante il “disconoscimento” di PAI relativamente alla stories pubblicata dall’artista in quanto, ad avviso del brand, questa rappresentava soltanto un “racconto privato della celebrity”, in merito alla quale Peugeot non aveva “potuto esercitare alcun controllo e/o intervento”. Tale attività era peraltro prevista ai sensi del contratto di sponsorizzazione sottoscritto con Fedez, che prevedeva una clausola di accettazione “delle normative in materia pubblicitaria”, la quale obbligava l’artista a segnalare, “mediante, ove possibile, adeguati hashtag”, che quelli che avrebbe pubblicato sarebbero stati “contenuti sponsorizzati”, nonché “a condividere con PAI, prima della loro pubblicazione, tutti gli IG post e gli IG video post per approvazione”. Il Giurì, al contrario, ha riconosciuto non solo che le attività del rapper abbiano avuto luogo nel corso di un evento la cui partecipazione costituiva adempimento dell’obbligazione assunta da Fedez nell’ambito del contratto di pubblicità e sponsorizzazione tra le parti, ma, soprattutto, 60
Advertiser Communication Strategies
che Peugeot “fosse perfettamente in condizione di intervenire per verificarne la conformità con il precetto di trasparenza, e bloccare la pubblicazione della stories in via preventiva o immediatamente successiva”, avendo gli addetti al suo stand partecipato attivamente al video e avendo Fedez stesso “taggato” il brand all’interno della stories. Interessante spunto per una migliore regolamentazione dei contratti di sponsorizzazione risulta essere la nota del Giurì, per cui l’omissione di precauzioni quali “meccanismi specificamente sanzionatori e deterrenti” per il caso della violazione delle clausole richiedenti il rispetto delle indicazioni dello IAP e dell’AGCM, “costituisce un’imprudenza e, nel caso di specie, […] un’ulteriore ragione per imputare a Peugeot l’eventuale violazione […] contestata”. Infine, in merito alla natura del comunicato, il Giurì ha reiterato un principio ormai consolidato, per cui “è altamente probabile che il consumatore medio creda davvero” che un contenuto, quale una Instagram stories, costituisca un racconto privato della celebrity e che questa, al contempo “per il suo contenuto, [abbia] un obiettivo, per quanto non dichiarato, effetto promozionale, a prescindere dai motivi e dalle intenzioni del suo autore” in quanto “la natura pubblicitaria di una comunicazione apparentemente d’altro tipo può essere accertata […] anche con una valutazione che attiene al contenuto della comunicazione e che prescinde dalla posizione soggettiva e dalle intenzioni dell’autore della comunicazione”. Quanto sopra ha inoltre solitamente luogo nell’ambito dei social network, i quali “generano comunicazione orizzontale, peer-to-peer, che si caratterizza per un più elevato rischio di confusione fra pubblicità, informazione e comunicazione non commerciale rispetto ai tradizionali mezzi di comunicazione verticale”. Nel reiterare questo principio ha inoltre aggiunto che il carattere di temporaneità delle stories non impedisce l’integrazione della violazione di cui sopra, in quanto “la cessazione di una campagna pubblicitaria o la dichiarazione dell’inserzionista di non avere intenzione di reiterarla, non comporta cessazione della materia del contendere e non fa venir meno né la competenza del Giurì a decidere, né l’interesse delle parti e più in generale del sistema pubblicitario a che si giunga a una decisione nel merito”. La decisione n.45/2018 del Giurì può quindi
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essere considerata un nuovo - e fondamentale - tassello nella definizione di un approccio più attento alla protezione del consumatore rispetto a un fenomeno che sta vedendo negli ultimi tempi una sempre maggiore diffusione e, al contempo, una più ampia attenzione non solo delle autorità ma anche del Legislatore. Proprio quest’ultimo, nel giugno 2017, durante l’esame del cd. Ddl concorrenza, ha approvato un ordine del giorno con cui ha impegnato il Governo a intervenire “affinché l’attività dei web influencer sia regolata, permettendo ai consumatori di identificare in modo univoco quali interventi realizzati all’interno della rete costituiscano sponsorizzazione”. Nel frattempo, le autorità competenti hanno già fatto un primo passo. È di poche settimane fa, infatti, la notizia della sottoscrizione di un accordo quadro tra AGCM e IAP, al fine di una migliore co-regolamentazione della materia in oggetto, non solo da un punto di vista normativo, ma anche formativo e di prevenzione: dovremo quindi essere pronti a nuovi - e interessanti - sviluppi sul tema dell’influencer marketing nel prossimo futuro.
L’AUTORE IL DIPARTIMENTO ICT&IP DELLO STUDIO DGRS Il dipartimento ICT&IP dello Studio DGRS si occupa prevalentemente di diritto internet e in particolare di normativa di legge e regolamentare in materia di internet, editoria online, protezione dei dati personali, pubblicità, telecomunicazioni, diritto d’autore, marchi e domain name, eCommerce, information technology e outsourcing. Il dipartimento possiede uno specifico know-how tecnico/business relativo al mondo web ed è legal advisor di importanti player del mercato italiano della pubblicità online e dell’eCommerce, nonché dello IAB.
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ENTERTAINMENT
Web Side Stories
Come in tutto ciò che è impattato dalla tecnologia, anche nel consumer marketing i cambiamenti negli ultimi tempi sono stati evidenti. La crescita degli influencer e degli Youtuber apre nuove opportunità di ingaggio per i brand, ma la loro gestione corretta e il loro potenziale sono ancora temi oggetto di accesa discussione. Articolo di Massimo Bolchi e Monica Gianotti
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YOUTUBER & INFLUENCER
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egli ultimi anni si è assistito a un cambiamento drammatico nell’attitudine dei consumatori verso le tradizionali tecniche di marketing, con un numero crescente di persone che si sono gradualmente allontanate dalla pubblicità, di marca e di prodotto. In parallelo si è assistito alla crescita degli influencer, che hanno attirato i consumatori che erano alla ricerca fonti indipendenti e fidate di divertimento, consiglio e - in senso più in generalmente inteso - guida. Il risultato alla fine è stato l’affermazione di un’industria dell’influencer marketing, che vale oggi globalmente circa due miliardi di dollari, e con il 70% delle marche che lavorano regolarmente con gli influencer per ingaggiare e intrattenere le loro audience online. “L’ironia nascosta in tutto questo”, sottolinea però Gareth Leeding, Direttore Creativo di We Are Social UK, “è che mentre gli influencer sono valutati dei loro follower in funzione dell’onestà e dell’indipendenza dei loro consigli, i rapporti commerciali con le marche rischiano di dare visibilità a contenuti che autentici non sono più”. Da questo punto di vista, i maggiori tra gli influencer, quelli i cui follower si contano a milioni, sviluppano rapporti con una pluralità di marchi, in cui l’aspetto economico assume sempre maggiore rilevanza, per cui il peso del brand rischia di determinare anche il taglio dei contenuti. In alcuni casi, si evidenzia un engagement rate inversamente promozionale al numero dei follower, per cui i milioni di seguaci si traducono in un mero 1,5/1,6% di engagement sui post sponsorizzati. Al contrario, sull’altro estremo della scala, le marche che scelgono di lavorare con i “microinfluencer”, quelli con meno di 10.000 follower, possono spesso contare, per i contenuti brandizzati, su tassi di engagement che superano il 4%. “Ma questa divergenza a che cosa è dovuta?”, si domanda Gareth Leeding. “L’influenza è strettamente legata alla fiducia che si è guadagnata. I fan seguono volentieri l’influencer, insieme con gli altri milioni di follower, ma se questi pubblica i suoi nuovi device “favoriti” ogni giorno, con #ad ben nascosto dopo punti fermi e un’altra mezza dozzina di hashtag, è improbabile che il suo suggerimento conti qualche cosa al momento dell’acquisto. È molto più probabile che abbia un impatto l’influencer con solo 10.000 follower, ma con una community molto coesa, che segua le sue orme e abbia davvero fiducia in quello che suggerisce”.
Far crescete gli influencer, non acquistarli “Lo abbiamo visto quando abbiamo iniziato a lavorare con adidas alla campagna sulla Tango Squad, qualche anno fa: abbiamo scelto tra i teenager quelli che avevano davvero un seguito tra i coetanei, e abbiamo visto che non erano le social media star, ma i capitani delle squadre locali, gli allenatori degli spogliatoi dismessi, che facevano la differenza”. Lavorando poi con questi gruppi, unendoli fino a formare un network globale su Facebook Messanger, dove ormai si genera il 70% delle condivisioni social, WeAreSocial è riuscito a fornire al cliente dei contenuti esclusivi e delle esperienze da condividere sui propri canali, costruendo così un gruppo di influencer molto efficace e costituito da veri “brand advocates” che raccontavano storie autentiche. Alla fine di questo percorso, molti di questi influencer “locali” sono cresciuti, diventando maggiormente conosciuti, alcuni arrivando alle centinaia di migliaia di follower, ma questa espansione è avvenuta senza andare a incidere sul loro DNA Sociale, con la marca sempre alle loro spalle a sostenerne la credibilità e l’interesse, non semplicemente a sponsorizzare i loro post. La lezione da apprendere da questa storia ha una validità che va oltre l’ambito sportivo: nella ricerca di influencer efficaci si possono anche trascurare le “social media star”, ma quello che conta è lavorare insieme con i proprio influencer, ideare strategie di ingaggio efficaci, o lasciarli liberi di commentare usando il proprio unico stile. I risultati otte-
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ENTERTAINMENT
FOCUS L’ENGANGEMENT CONTA PIÙ DELLE VISUALIZZAZIONI “Siamo in un momento storico in cui la pubblicità, in particolare quella digitale, è vissuta dagli utenti come invasiva”, sostiene Laura Gusmeroli, Client Director Show Reel. “Si presenta, quindi la necessità, per i brand di trovare nuove leve di comunicazione, da integrare a quelle più tradizionali on e offline, per poter coinvolgere attivamente il proprio target. Il branded content è uno di questi, in quanto permette di produrre un contenuto di intrattenimento e, contemporaneamente, di veicolare i valori e i messaggi di marca. Si tratta di una scelta vincente quando si riesce a mantenere in equilibrio e a rispettare diversi fattori chiave: gli obiettivi di comunicazione del brand, il tono di voce e la pianificazione editoriale del creator o del canale editoriale ospitante, qualora il brand scelga di comunicare a una specifica community, e l’engagement dell’utente”. Come si verifica l’autorevolezza di un influencer? L’autorevolezza di un influencer è determinata da diversi fattori. Innanzitutto, a seconda della specifica area di competenza, è importante valutarne il background, la preparazione e le competenze specifiche. Nella sua attività quotidiana, un influencer ci “mette la faccia” ogni volta che si espone pubblicamente nei confronti di una tematica o anche di un prodotto, perciò si presume che ciò di cui parla gli piaccia e ci creda veramente. Sia agli occhi dei brand sia della community, un influencer deve perciò avere un tono di voce appropriato, deve ispirare fiducia, correttezza e sincerità rispetto ai temi di cui tratta. Questo fa sì che i messaggi che trasmette siano percepiti come positivi e validi. È in questo contesto che un brand vuole e ha bisogno di inserirsi. Un esempio di influencer autorevole nella Factory di Show Reel è AliceLikeAudrey. Nel campo Beauty, Alice viene percepita come una delle principali e più autorevoli voci del web in grado di parlare in modo anche tecnico su temi relativi al make up e alla skincare, di presentare stress test sui prodotti beauty, di fare tutorial di make up. Questo perché è diplomata alla prestigiosa BCM (Beauty Center of Milan) di Milano come make up artist professionista e su questa base ha costruito poi la sua carriera di creator del web. Come si misura il valore di un contenuto? Spesso erroneamente si pensa che l’unico fattore da tenere in considerazione per la valutazione dell’andamento di un video sia il numero di visualizzazioni. Da non sottovalutare, invece, sono i minuti visti del video e l’engagement generato. Ci si può ritenere soddisfatti dell’andamento di un contenuto quando, ad esempio, è stato visto nella sua interezza oppure quando il contenuto genera in loro una reazione spontanea, come un commento o un like. È altrettanto importante andare ad analizzare il sentiment ovvero la qualità del commento, più sono pertinenti e di natura positiva rispetto al contenuto più abbiamo raggiunto il nostro obiettivo di comunicazione.
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nuti saranno incomparabilmente superiori rispetto a pagare semplicemente qualcuno, non importa quanto posa essere famoso, per fare un ben retribuito “copy, paste & publish”. Influencer e trasparenza: l’uso degli hashtag #ad e #adv È passato più di un anno (era il 24 luglio 2017) da quando l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha raccomandato a VIP e creator l’uso di hashtag specifici per rendere più chiara la partecipazione ad attività sponsorizzate e di influencer marketing. Anche IAP dal giugno 2016 ha varato la Digital Chart (rieditata nel 2017) nella quale, oltre alla mappatura delle principali forme di comunicazione commerciale digitale, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria fornisce, per ciascuna di esse, indicazioni su come renderle trasparenti. Per capire, quindi, l’impatto avuto sul mercato italiano da questa azione di moral suasion, Buzzoole, influencer marketing solution provider in grado di connettere i brand ai content creator attraverso l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, ha analizzato l’uso dei due hashtag più utilizzati in questo tipo di attività, ossia #ad e #adv, dal 1° febbraio al 30 giugno 2018 su Instagram, Twitter e Facebook. In questi cinque mesi i post in italiano contenenti questi “hashtag della trasparenza” sono stati 55.000
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generati da 15.200 account e hanno suscitato 42 milioni di interazioni sui social media. Il dato interessante è che nell’ultimo mese si è registrata una crescita di questi post del +45% rispetto al mese precedente. Un dato che segnala un incremento inedito che lascia ben sperare e che può essere frutto anche dell’azione combinata di diversi soggetti che hanno abbracciato la bandiera della trasparenza: autorità, associazioni, aziende del settore. Il luogo principale in cui vengono condivisi i messaggi promozionali è Instagram dove è stato prodotto il 50% dei post totali. Segue Twitter con il 39% e Facebook con l’11% (quest’ultimo è sicuramente un dato sottostimato dato che il social è prevalentemente chiuso, dunque difficile da monitorare). Ma se si guarda all’engagement generato dai post si scopre che il 98% di tutte le interazioni legate alle campagne analizzate avviene su Instagram. I settori nei quali si è riscontrato il maggior uso degli hashtag “ad” e “adv” sono l’abbigliamento (e scarpe) per il 35%, il beauty (cosmetici, profumi) per il 22%, accessori (gioielli e orologi) il 13% e Food & Beverage 12%. Gli influencer che hanno partecipato a campagne trasparenti e che hanno generato il maggior numero di interazioni sono stati: Cecilia Rodriguez che con 17 post nel periodo, ha generato 1,4 milioni di interazioni, Paola Turani che con 37 post ha ottenuto 1,3 milioni di like e commenti, Beatrice Valli che con 23 post ha ricevuto 1,1 milioni di interazioni. Dentro la soglia del milione seguono Ludovica Pagani e Ludovica Bizzaglia. “La nostra esperienza ci insegna che la scelta del creator è fondamentale per riuscire a raggiungere il giusto target e, soprattutto, stimolare le interazioni con i consumatori. Nell’ottica di un approccio consulenziale che da sempre ci contraddistingue, consigliamo di porre attenzione anche agli aspetti formali nella scelta del content creator, e quindi di privilegiare chi applica gli hashtag di trasparenza che il mercato richiede e che vanno a portare benefici a tutta la filiera. Il creator capace di aggiungere un tocco personale e creativo è senz’altro apprezzato, ma grazie alla nostra tecnologia, si possono facilmente individuare i profili che, oltre alla creatività, sanno anche rispettare le regole”, dichiara Vincenzo Cosenza, Head of Marketing Italy di Buzzoole. “Inoltre, dall’analisi emerge che spesso le aziende preferiscono puntare sulle celebrity lasciando in secondo piano il concept creativo della campagna e la brand affinity. In questo modo si ottengono molti like, ma si rischia di penalizzare il prodotto che non
rimane adeguatamente impresso nella memoria dei follower”, aggiunge Cosenza. “Uno degli aspetti più importanti che, come Unione Nazionale Consumatori, abbiamo riscontrato è una nuova attenzione per la trasparenza da parte dell’influencer marketing ma ancora non basta, come dimostra la stessa analisi condotta da Buzzoole”, dichiara Massimiliano Dona, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Dal nostro osservatorio possiamo affermare che lo scenario è ancora in continua evoluzione: da un lato troviamo influencer più scrupolosi che utilizzano l’hashtag #ad, ma d’altro canto sono ancora molti coloro che trascurano questa regola. La strada per una totale trasparenza è ancora lunga e passa attraverso iniziative di monitoraggio utili per rafforzare la compliance alle nuove esigenze di rispetto dei consumatori”. Come orientarsi nel web entertainment Come abbiamo visto il mondo dell’entertainment, grazie alla diffusione
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ENTERTAINMENT
dei social network e delle loro dinamiche, non è più appannaggio di pochi ma riguarda tutti coloro che creano e trasmettono contenuti, tra cui gli stessi brand. Orientarsi in questo universo in divenire non è semplice e per questo può essere utile fare chiarezza su alcune parole chiave. A tale proposito Show Reel, agenzia di branded content pioniera nell’individuazione e produzione di nuovi formati di intrattenimento, propone un approfondimento in 6 punti sulle terminologie più usate e a volte “abusate” del settore. 1. Branded Content VS Branded entertainment Anche se spesso vengono equiparati, il Branded Content e il Branded Entertainment non sono la stessa cosa: il branded content fa riferimento esclusivo alla produzione di contenuti, mentre il branded entertainment riguarda tutta la sfera dell’intrattenimento, da eventi e festival fino a film e libri. Entrambi sono leve di comunicazione complesse perché si tratta sempre di progetti che richiedono l’integrazione di diverse divisioni e il principale sforzo nella realizzazione di questo tipo di attività è proprio a livello di cultura aziendale. Sia il branded content sia il branded entertainment hanno come obiettivi principali quello di agevolare la costruzione dello storytelling e di migliorare l’engagement, con il fine ultimo di raggiungere il consolidamento dei valori di marca. 2. Brand storytelling VS Brand experience Lo Storytelling è il tono di voce e l’approccio del brand nel comunicare i suoi valori e nella capacità di costruire attorno a loro una narrazione convincente e coinvolgente. Quando si parla di Brand Experience si intende il contatto che l’utente ha con il brand e come lo vive: l’experience comprende lo storytelling ma va oltre. Con Experience si intende sia quello che il brand fa come “editore” sia tutto ciò che avviene nella parte più commerciale, ovvero dai video, agli eventi all’esperienza in store. 3. Community VS Target Con community si intende un gruppo di persone che hanno interessi e valori comuni che si incontrano, discutono e si scambiano informazioni. Quando si parla di target a livello marketing si fa generalmente riferimento a un’utenza passiva come semplice destinatario della comunicazione. Parlare di community implica invece che il brand assume il ruolo di interlocutore all’interno di una conversazione già esistente. Questo significa creare dei contenuti/dinamiche che prevedono una partecipazione attiva degli utenti che parlano il loro linguaggio e condividono passioni o
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interessi. Proprio l’affermazione e la crescita di specifiche community ha trasformato anche i contenuti a esse rivolti che sono sempre più verticali e rappresentano quasi dei “canali tematici”. Il topic di riferimento in questo caso può essere più stretto o più ampio ma riguarda sempre una passione o un set di interessi ben delimitato. 4. Engagement VS Call to Action Con Engagement si intende un consumo attivo e partecipato di un contenuto da parte degli utenti e costituisce una cartina tornasole per capire il successo di un’attività. In pratica, un contenuto ha successo nel momento in cui genera, da parte degli utenti che lo fruiscono, una reazione spontanea come un commento o un like o quando viene effettivamente seguito nella sua interezza. In questo caso i parametri di riferimento sono differenti: per i contenuti testuali si parla di tempo di permanenza mentre per i contenuti video di watch time o percentuale di completamento che indica quanti minuti sono stati visti. La Call to Action, in italiano “chiamata all’azione”, è un meccanismo di engagement nonchè un elemento fondamentale delle campagne di branded content e influencer engagement. La call to action è una richiesta esplicita fatta alla community in modo da stimolare in loro un’attivazione a supporto del contenuto e/o del brand, come ad esempio: creare contenuti, utilizzare un hashtag, commentare un post, partecipare a un concorso, effettuare un acquisto etc. 5. Storytelling VS Piano editoriale Storytelling è un concetto estremamente di moda nel mondo della comunicazione, forse uno dei più utilizzati e allo stesso tempo più fraintesi. Esso implica la capacità di costruire una comunicazione basata su una narrazione che racconta valori, caratteristiche e tratti discriminanti di un brand. Per risultare credibile, coerente ed efficace, non può esistere un’unica strategia di storytelling, ma diverse declinazioni basate sulla community di riferimento. Nel campo del web entertainment, lo storytelling fa sì che la comunicazione del brand non interrompa la normale fruizione ma diventi il contenuto stesso. L’obiettivo è catturare l’attenzione dell’audience di riferimento, caratterizzando la storia come unica e inimitabile. Il piano editoriale, invece, è un documento strategico che aiuta a organizzare e programmare i contenuti in base agli obiettivi di comunicazione e rappresenta uno strumento fondamentale per la strategia di storytelling che accomuna editori e content creator. Quando si progetta un contenuto brandizzato o un’attività di branded entertainment, il piano editoriale dei diversi
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attori coinvolti sul progetto è la base di partenza per definire l’attività e gli indicatori di performance. 6. Content Creator vs Influencer vs Ambassador vs Testimonial Contrariamente a quanto molti pensano, questi termini non sono assolutamente sinonimi. Con Content Creator si intende chiunque produca contenuti. Si usa una definizione così ampia perché il digitale prevede che una stessa figura ricopra più ruoli e necessiti di più competenze specifiche. Chi produce video per il proprio canale YouTube o pagina Facebook, ad esempio, incarna contemporaneamente le figure di social media manager, regista, autore, montatore e spesso protagonista. Risulta quindi difficile includere questa attività nelle definizioni specializzate tipiche di altri media. Spesso ci si riferisce ai content creator come Influencer, ovvero come degli opinion leader in grado di influenzare la propria community di riferimento. Se si guarda la definizione in sé, appare chiaro come i content creator (ma non solo) diventano influencer capovolgendo il punto di vista da cui li osserviamo e prendiamo quello dei marketer e degli advertiser. Di fatto loro, creando dei contenuti di interesse per la community, sono dei veri e propri aggregatori. Questo li rende credibili e autorevoli e, nel caso dei content creator digitali, percepiti come “vicini” “relatable”. Queste loro caratteristiche li rendono “influencer” nel momento in cui, in collaborazione con un brand, creano contenuti capaci di creare un’influenza positiva. Lo stesso vale per la definizione di Ambassador. In questo caso ci riferiamo, però, a una collaborazione più strettamente di comunicazione: ovvero il creator/personaggio ha il compito di raccontare i valori di brand in quanto affini ai suoi e a ciò che condivide con la propria community. Le attività di comunicazione si svolgono su piani paralleli e spesso si protraggono nel lungo periodo: talvolta è l’ambassador che si presta per attività o contenuti propri del brand, mentre in altri casi si fa lui portavoce della comunicazione sui propri canali. Il termine Testimonial fa riferimento, tra tutti, al rapporto talent-brand più tradizionale nel panorama pubblicitario: si tratta di un personaggio, di solito molto noto al grande pubblico, che presta il proprio volto per promuovere un prodotto o un servizio, facendosi indirettamente garante della credibilità del messaggio pubblicitario e, dunque, anche della qualità del prodotto o servizio. L’attività di comunicazione, in questo caso, si svolge esclusivamente sui canali e sui supporti di comunicazione del brand, avvalendosi dell’immagine del personaggio.
LUCIANO SPINELLI A BORDO DI MSC CROCIERE IN CROCIERA PER DIVENTARE NUOVE STAR DEL WEB Luciano Spinelli, giovanissimo Youtuber e Influencer idolo dei ragazzi, ha iniziato una collaborazione con MSC Crociere con l’obiettivo di aiutare grandi e piccoli presenti a bordo a catturare i momenti migliori della vacanza per condividerli attraverso foto e video. Un corso per diventare nuove star del web in poche parole, o per imparare a creare contenuti “strappa like” sui canali social. Luciano Spinelli 18 anni, adorato dagli adolescenti, con 480.000 mila fan su Youtube e 1 milione di fan su Instagram trasmetterà ai ragazzi a bordo delle navi la sua passione per il web, attraverso workshops totalmente innovativi ideati per intrattenere le famiglie nella creazione di contenuti multimediali che raccontano la vacanza in crociera. Postare contenuti sui social network è ormai un must irrinunciabile per tutti i turisti, in modo da condividere le proprie esperienze con il resto del mondo. Realizzando una serie di video divertenti e informativi, Luciano regalerà ai ragazzi di Young e Teen Club suggerimenti ad hoc per scattare splendide foto da pubblicare su Instagram; consigli su come girare video perfettamente sceneggiati per YouTube, nonché dritte su come muoversi su Musical.ly. I partecipanti si sfideranno in un gioco a squadre divertente e interattivo e metteranno alla prova la propria creatività - oltre a produrre contenuti personali di qualità e a vincere emozionanti premi firmati MSC Crociere. “In MSC Crociere desideriamo regalare un’esperienza assolutamente unica ai nostri giovani ospiti, che comincia a farli sognare già a casa prima di partire e prende forma a bordo attraverso le diverse esperienze innovative a loro dedicate e amate anche dai genitori. In qualità di azienda a conduzione familiare, ci impegniamo ogni giorno per far vivere al massimo ogni momento passato a bordo e a terra e siamo sempre alla ricerca di nuove sfide per creare attività innovative con l’obiettivo di intrattenere bambini e genitori a bordo delle nostre navi. Sappiamo quanto sia importante per le famiglie immortalare con foto e video i momenti speciali trascorsi insieme, e speriamo che queste
fantastiche
“classi di social media” possano ispirarli”, commenta Matteo Mancini, Youth Activities Manager di MSC Crociere.
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MARKETING
Gestire flussi di milioni di utenti Una piattaforma innovativa per l’erogazione di contenuti Web,multimediali e di eCommerce a oltre 22 milioni di utenti: questo il presente di NetAddiction, società tutta italiana che abbisognava di una particolare elasticità nella gestione delle risorse elaborative e di storage destinate ai propri canali, esposti a grandi fluttuazioni nella domanda di contenuti. Articolo di Giulio Mazzetti
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ultiplayer.it, HDMotori. it, Bigodino.it, iFood.it, legaNerd.com, Movieplayer.it, Dissapore. com, HdBlog.it: sono alcuni dei siti web di NetAddiction, una media company italiana che da 19 anni produce contenuti per il web, e con Con Casa Surace opera anche nel settore della produzione di video creativi e virali. Inoltre, questa azienda fondata a Terni nel 1999 con il primo sito specializzato sui videogiochi in Italia, (Multiplayer.it), opera nel settore del commercio elettronico con multiplayer. com, il grande negozio virtuale dedicato all’intrattenimento elettronico, ed è anche editore cartaceo con l’etichetta Multiplayer Edizioni, iFood e Dissapore. È inoltre distributore esclusivo in Italia di prodotti per l’intrattenimento, nonché agenzia creativa e concessionaria pubblicitaria. Un’audience in continua crescita Un insieme diversificato di attività, parecchi siti e blog in continuo aggiornamento, un pubbico in costante crescita: NetAddiction raggiunge mediamente ogni mese un’audience di circa 22 milioni di utenti unici attraverso i siti Web, con oltre 62 milioni di pagine viste e 9 milioni di utenti attraverso le 80
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community Facebook. È una bella sfida per chi deve gestire i sistemi informatici che consentono di erogare al pubblico una massa di contenuti così ampia e diversificata. “La parte più sfidante sono i picchi che si registrano negli accessi a determinati siti o servizi”, spiega Daniele Minciaroni, Responsabile Sistemi Informativi di NetAddiction. “Da diversi anni, per esempio, Multiplayer.it è Internet media partner per l’Italia delle principali fiere internazionali dedicate al mondo del digital entertainment, da Los Angeles a Colonia e Tokyo. In occasione di quelle manifestazioni gli accessi al sito possono anche triplicare, e noi dobbiamo essere pronti”. Essere pronti significa avere la connettività e i server, ordinarli, avviare il leasing, approvvigionarli, configurarli, farli funzionare con le necessarie applicazioni: possono volerci settimane. E poi? Passato il picco e ritornati a una situazione normale non resta che spegnere le macchine che non servono più. La soluzione è nel cloud Nel tempo NetAddiction ha trovato diverse soluzioni sistemistiche per avere sempre a disposizione le necessarie risorse elaborative, in housing, in hosting, in co-location. La svolta si è verificata con la virtualizzazione e con il ricorso
ai servizi cloud per la componente di hosting, in modalità IaaS. Per quanto riguarda l’offerta cloud, NetAddiction ha trovato in OVH un partner in grado di salvaguardare la complessità applicativa e architetturale di una realtà composita nata agli inizi degli anni 2000. “Dopo aver provato la virtualizzazione del cloud di OVH abbiamo capito che per noi è impossibile tornare indietro”. Il perché è presto detto. L’architettura
IL CLOUD COME IAAS
dei servizi virtualizzati di NetAddiction è molto simile a quella dei corrispondenti server fisici, con la differenza che è possibile scegliere per ogni server le risorse da allocare. Quando un sito passa da poche centinaia di migliaia di utenti a diversi milioni in pochi giorni, basta allocare più risorse o aumentare il numero delle macchine virtuali. Ci vogliono pochi minuti, per questo tornare indietro è impossibile. Se la domanda
diminuisce, basta regolare i sistemi opportunamente, senza alcuno spreco di risorse. I vantaggi non si esauriscono nella facilità e rapidità di provisioning, ma si estendono alla semplicità di gestione, dato che un team di sole due persone gestisce le risorse elaborative e di storage che abilitano tutta la complessità dei servizi erogati da NetAddiction a milioni di utenti. Oggi NetAddiction ha completato una nuova migrazione, sostituendo i precedenti server con nuove macchine basate su processori Intel, più moderni e performanti. Si è trattato di trasferire sistemi, servizi e applicazioni di circa 180 macchine: un lavoro imponente completato in poche settimane dal team di NetAddiction in collaborazione con OVH. “Abbiamo dovuto pianificare la migrazione perché avevamo bisogno di maggiore potenza di calcolo”, ricorda Minciaroni. “Le problematiche a cui siamo andati incontro erano principalmente dovute al fatto che alcuni server avevano versioni di sistema operativo vecchie e abbiamo approfittato per operare anche un aggiornamento dei sistemi. L’obiettivo che abbiamo centrato è stato quello di poter contare ora su una maggiore potenza di calcolo per affrontare nuove sfide. Il tutto è stato pianificato da due sole persone: io e il mio sistemista e braccio destro Luca Pimpolari, a cui va il mio ringraziamento per l’impegno e la disponibilità”. NetAddiction sta inoltre testando dei sistemi di orchestration VMware per effettuare il provisioning dei server da script. “In futuro vorremmo approfondire l’uso dei tool di orchestration in modo da poter rendere i nostri sviluppatori autonomi nella creazione di macchine virtuali in relazione alle attività di testing e deployment delle applicazioni”, continua Minciaroni. “Stiamo ancora in fase di software selection, non abbiamo individuato il prodotto che fa per noi. Stiamo cercando un sistema che ci possa aiutare a dispiegare un intero progetto, magari formato da 10 server, con pochi comandi”. Un’operazione, quest’ultima, con cui NetAddiction ha posto le basi per la propria crescita futura, nel segno di un Software-Defined Data Center.
OVH
UNA RETE GLOBALE DI DATA CENTER 27 datacenter distribuiti in tutto il pianeta, di cui 2 fra i più grandi al mondo: dal 2003, anno della costruzione del suo primo datacenter a Parigi, OVH continua a innovare nella progettazione, implementazione e manutenzione delle infrastrutture di hosting dei propri server. Grazie al concept globale ideato per i suoi datacenter, di cui gestisce tutti gli aspetti, l’azienda dispone di un know how unico in materia di alta disponibilità, sicurezza e prestazioni energetiche. Soltanto i dipendenti accreditati possono accedere fisicamente ai server ospitati, poiché l’accesso ai datacenter è consentito esclusivamente tramite badge, ed è sottoposto sorveglianza video e umana 24/7. Le sale sono dotate di sistemi di rilevamento di particelle di fumo, mentre il personale tecnico presente 24 ore su 24, 7 giorni su 7. I server dispongono di doppio collegamento per le linee elettriche, con alternatori da 250KVA ciascuno: i gruppi elettrogeni hanno autonomia di ben 48 ore, mentre sono almeno due i collegamenti rete al datacenter, all’interno due sale di rete gemelle che garantiscono la continuità di servizio. Il 98% delle sale server sono senza impianti di climatizzazione, poiché il watercooling permette di disperdere il 70% del calore emesso dal processore, mentre l’aircooling smaltisce il restante 30%. I consumi energetici risultano così dimezzati. I datacenter OVH offrono servizi equivalenti tra loro e si trovano a oltre 200 km di distanza l’uno dall’altro per assicurare ridondanza e continuità di servizio. Inoltre, oltre alla possibilità di attivare protocolli DRP/BCP, i datacenter OVH sono localizzati in territori non vincolati al Patriot Act.
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N°5 - Agosto 2018
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Hanno collaborato a questo numero: Maurizio Audone, Mirta Barbeschi, Lucia Chrometzka, Lapo Curini Galletti, Laura Franconi, Andrea Granelli, Anna Maria Lorito, Giulio Mazzetti, Francesco Moneta, Francesco Morace, Virginia Piazza, Marco Vettoretti.
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