Speciale Advertiser- Programmatic

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SPECIALE PROGRAMMATIC Articoli di Laura Franconi

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SPECIALE

PRO GRAM MATICA (MENTE) Il programmatic contribuisce all’aumento della spesa in media digitali, trainando i vari tipi di display e allargandosi a coprire tutti i media, dalla tv alla radio, dall’out of home al direct response. Con spazi evolutivi accresciuti dalle potenzialità dell’intelligenza artificiale. Ma anche con l’individuazione di alcune criticità legate alla complessità della materia, ai costi della filiera ai dubbi sulla trasparenza e la brand safety, alla necessità di riflessioni più ampie che coinvolgano l’intero ecosistema della comunicazione.

C

ontinua in Italia la crescita del mercato degli internet media. “La componente principale, come spiega Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano “è sempre quella legata ai ricavi pubblicitari, che vale 2,68 miliardi di euro, in crescita del 13%, e che rappresenta oltre un terzo dell’intero comparto pubblicitario italiano”. Questa componente, così rilevante per il settore, è controllata da Google e Facebook, in uno scenario in cui gli Over The Top detengono oltre il 70% del mercato. Tra i formati pubblicitari, il display advertising, prima componente del mercato pubblicitario online, cresce del 18%, sebbene l’incremento derivi soprattutto dalla componente video (+36%), più che da quella banneristica (+6%). In termini di device di fruizione, i canali mobile sono prossimi a

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Advertiser Communication Strategies


PROGRAMMATIC ARKAGE TECNOLOGIA BLOCKCHAIN PER SUPERARE LE CRITICITÀ

superare la soglia del 50% del mercato, con una crescita in valori assoluti dell’advertising su smartphone che ha raggiunto, a fine 2017, i 1100 milioni di euro. La percentuale di spesa su mobile da parte delle aziende sfiora il 60%, apprestandosi a pareggiare la quota del tempo che gli utenti impiegano nella navigazione su smartphone. In questo quadro d’insieme, il mercato del programmatic advertising, il cui valore in Italia a fine 2017 raggiungeva i 409 milioni di euro, in crescita del 30% sull’anno precedente, continua a evolvere, sebbene con un tasso più contenuto. La previsione è quella che vede un avvicinamento a un valore complessivo di 500 milioni di euro. Il programmatic, quindi, contribuisce all’aumento della spesa in media digitali, trainando tutti e tre i tipi di display: banner, video e social. Nel contempo, si vanno evidenziando caratteristiche, criticità e tendenze. Se è vero che per le agenzie il programmatic svolge un ruolo di facilitatore per una targettizzazione efficace ed efficiente delle audience e offre un supporto nell’elaborazione di creatività più mirate, tra operatori e marketer cresce la preoccupazione legata alle considerazioni circa la quota di budget pubblicitario che viene assorbita dalla filiera del programmatic. Proprio da questa preoccupazione deriva una razionalizzazione delle piattaforme sia demand-side sia sell-side. Secondo una ricerca effettuata da Pathmatics, nell’arco degli ultimi due anni, negli Usa gli investitori hanno ridotto del 40% il numero delle DSP attraverso cui effettuano i loro acquisti di spazi in programmatico. E nello stesso periodo la riduzione delle SSP utilizzate dagli editori è stata pari al 26%. Tra i dubbi che il programmatic alimenta tra gli spender, complice l’evidente complessità della materia, ci sono quelli inerenti ai temi della trasparenza e della brand safety. Il problema viene spesso risolto con l’esclusione automatica di inventory sulla base di url e keywords. Una soluzione che risulta particolarmente penalizzante per i publisher, ma finisce con l’essere riduttiva anche delle potenzialità della comunicazione per gli stessi investitori. Bloccare la pianificazione in pagine in cui sono presenti parole come “disastro”, “terrorismo”, “omicidio”, ad esempio, significherebbe eliminare da una potenziale delivery ogni editore di news, per quanto qualificato e interessante in termini di viewability. Nel contempo, il medesimo brand potrebbe comparire in piattaforme basate su UCG, accostato a contenuti di qualità talora dubbia e non in linea con i propri valori. E proprio gli user generated content ricoprono un ruolo fondamentale negli OTT. Diventa quindi sempre più importante per gli editori cercare di fare sistema, attorno a una più chiara catena del valore, investendo su contenuti di qualità e soprattutto gestendo in maniera congiunta, mettendo a volume e

Arkage è attualmente impegnata nel perseguire l’ottimizzazione della filiera, attraverso un proof of concept di implementazione della blockchain al media planning e buying. “Dopo una prima fase di approfondimento soprattutto teorico per capirne le ricadute sui vari attori del mercato in termini di business e di trust, inizieremo a cercare partner tecnologici per sviluppare concretamente la piattaforma”, spiega Pasquale Borriello, Ceo di Arkage. L’obiettivo è quello di intervenire per superare le criticità rilevate nel sistema, prima che le grandi piattaforme se ne assumano totalmente il merito. “Le criticità del programmatic, come di tutta la media supply, sono essenzialmente quelle connesse alla brand safety e alla transparency, in un mercato che diventa via via più complesso e difficile da controllare, in cui le metriche sono a volte disomogenee, il calcolo delle performance non è sempre coerente, i player sono troppi e le fee paiono poco trasparenti. La tecnologia blockchain può sicuramente risolvere problemi connessi ad aspetti tecnologici e di intermediazione, tagliandone i costi, aumentando l’efficienza della filiera. Non solo, il miglioramento del livello di servizio, grazie all’applicazione all’adv digitale della tecnologia già implementata in ambito fintech, andrebbe a beneficio anche della relazione tra aziende investitrici, agenzie, centri media, fornitori di tecnologia e, in ultima analisi, anche utenti. Tutto ciò in virtù di un ecosistema più sano, basato sulla crescente trasparenza del mercato pubblicitario e sulla conseguente accresciuta fiducia reciproca”. Allo stato attuale, esistono diversi esperimenti che vedono l’applicazione della blockchain alla pubblicità digitale. “Un esempio interessante, sebbene ancora in fase beta, è la “blockchainizzazione” dell’Ads.txt, dove la blockchain può validare in modo certo la lista dei seller autorizzati dall’editore. Un altro è XCHNG, che vuole standardizzare le fasi dell’acquisto media cercando di rendere validabile, proprio attraverso la blockchain, ogni transazione. Queste potranno, pertanto, essere totalmente automatizzate, dalla fase di negoziazione per la compravendita dello spazio pubblicitario, alla misurazione delle performance, fino al pagamento”. L’implementazione di piattaforme di blockchain per il media buying costituirà un importante momento evolutivo. Ma l’aspetto di maggiore rilievo sarà la condivisione, da parte di tutti i player, della necessità di un intervento innovativo e migliorativo sul sistema”.

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SPECIALE JCDECAUX PARTE VIOOH, PIATTAFORMA PROGRAMMATICA DI PIANIFICAZIONE E TRADING Dopo una gestazione di oltre due anni, è nata VIOOH, piattaforma globale indipendente e automatizzata di pianificazione e di trading, ideata per accelerare la crescita della comunicazione esterna e per collegare il settore all’ecosistema digitale programmatico. Il capitale di VIOOH è attualmente detenuto al 93,5% da JCDecaux e al 6,5% da Veltys, società specializzata nei dati e nella modellizzazione. Mentre le previsioni considerano la DOOH come il secondo tra i media a crescita più rapida tra il 2017 e il 2020, la piattaforma rafforzerà la capacità di JCDecaux di soddisfare le nuove aspettative dei propri clienti, sia brand sia agenzie, ed espanderà l’ecosistema del Gruppo. JCDecaux è convinta che questa possa far concorrenza alla pubblicità digitale, trasformando l’intera propria offerta attraverso campagne ottimizzate con l’utilizzo dei dati e della tecnologia. Per questo motivo il Gruppo ha deciso di creare internamente la piattaforma VIOOH, dandole una dimensione globale, e di aprirla alle società del settore della comunicazione esterna. “Questa piattaforma consentirà di avanzare, agli inserzionisti e alle loro agenzie, una proposta ad alto valore aggiunto per la comunicazione esterna, con pianificazione e trading al pubblico, che include la possibilità di collegare lo schermo digitale della comunicazione esterna allo schermo digitale del cellulare”, ha spiegato Jean-Charles Decaux, Presidente del Comitato esecutivo e Co-direttore Generale di JCDecaux. VIOOH ha sede a Londra e impiega un team di oltre 65 persone tra sviluppatori, programmatori, personale commerciale e funzioni di supporto. È in grado di aggregare numerose fonti di dati e si affida ad algoritmi di machine learning per migliorare il targeting e l’efficacia delle campagne pubblicitarie. A partire dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, la piattaforma sarà presto disponibile in Belgio, Spagna, Italia, Hong Kong, Australia, Danimarca, Finlandia, Germania, Singapore, Dubai, Norvegia e Paesi Bassi, per citare solo alcuni mercati.

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quindi a valore i dati, come è emerso durante il Publisher Day, l’evento annuale organizzato da 4w MarketPlace. Con la consapevolezza che la forza degli OTT, all’interno del mercato attuale, è fondata proprio sul potere del dato, sulla conoscenza dell’utente e sulla capacità di gestione della delivery. Peraltro, da Giuliano Noci viene anche un monito: “Il digital adv non potrà basarsi solo sul programmatic, dove Google e Facebook la fanno da padrone”. Innanzitutto perché questo approccio, che esaspera un real time marketing contestuale, non è in grado di entrare in maniera esaustiva nel “consideration set” dell’individuo. Inoltre, non riesce a dare conto a tutto tondo dello storydoing di una marca, che è fatto di multicanalità e inclusività, a partire da un mezzo come quello televisivo. Infine, il programmatic riesce solo in parte a espletare due condizioni fondamentali nel mercato del digital adv: la trasparenza e la reciprocità, unico presupposto affinché si possano accogliere messaggi contestualizzati, contingenti e pertinenti. L’IA a servizio del programmatic La maturità raggiunta a livello sia di calcolo computazionale, sia di analisi in real time di enormi masse di dati, consente il costante perfezionamento di programmi di intelligenza artificiale, che spingeranno l’automatizzazione verso stadi sempre più performanti, contestualmente al perfezionamento dei modelli di apprendimento che sono alla base del machine learning. L’utilizzo degli algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning, applicati in maniera incrementale nella gestione di chatbot sempre più efficienti, contribuiranno, infatti, a migliorare le attività di aggregazione e analisi dei dati, così da aiutare il marketer a individuare le strategie e le tecniche di comunicazione e di vendita più efficaci per target sempre più specifici. Tutto ciò sarà possibile grazie a una conoscenza millimetrica degli utenti e delle loro abitudini di comportamento, di fruizione delle informazioni, di acquisto. Proprio per capire come l’IA possa aiutare i brand a raggiungere obiettivi di business in termini di pubblicità digitale, IAB Europe, in collaborazione con Xaxis, ha realizzato l’indagine “Understanding the Current and Future Impact of Artificial Intelligence”. Dal sondaggio, che ha coinvolto oltre 1.000 intervistati tra inserzionisti, agenzie, editori e intermediari di 31 mercati, sia pan-europei sia globali, è emerso come l’AI non solo sia considerata uno strumento prezioso da tutte le parti interessate, ma l’80% degli intervistati ritiene che sarà il motore della prossima rivoluzione industriale. L’intero campione è d’accordo nel riconoscere l’importante ruolo svolto dall’AI nell’identificazione del giusto targeting, con conse-


PROGRAMMATIC

PLADWAY DOOH: IN ATTESA DI STANDARD PRECISI

L’obiettivo futuro: rendere questo mercato misurabile e dare ai buyer gli strumenti per comprare non solo uno spazio pubblicitario, ma anche e soprattutto la sua audience, sempre più qualificata. Con un’attenzione particolare al drive to store e alla misurazione della redemption.

che possano essere mostrate al pubblico

publisher che usano device Wi-Fi, altri

e questo inevitabilmente complica la

che usano telecamere con algoritmi di

componente real-time del programmatic.

machine learning e altre ancora in fase

Infine, a livello IAB, il DOOH è ancora un

di realizzazione. Pladway è agnostica nei

mercato in fase di regolamentazione: non

confronti della tecnologia utilizzata dal

sono ancora stati definiti standard precisi,

publisher, ma ne certifica l’affidabilità.

pertanto molti operatori hanno cercato di portare nell’out of home quanto fatto

Il mondo dell’OOH è sempre stato

sul web.

diversificato e frammentato; cosa comportano queste caratteristiche per

“L’Out Of Home è un mercato che ha da poco intrapreso un processo

Qual è la mission di Pladway?

un approccio automatizzato?

di digitalizzazione dell’offerta, grazie

Pladway nasce con l’idea di focalizzarsi

L’approccio automatizzato, per

all’introduzione di software, i Digital Signage, che permettono ai publisher di gestire playlist

fin da subito sul DOOH. A differenza degli altri operatori presenti sul mercato,

video, sia per i contenuti

non parte dal web, ma

sia per la pubblicità,

vuole costruire una

poter essere tale, ha bisogno di una standardizzazione del mercato, sia in termini di regolamentazione sia di misurabilità. Non è un cambiamento che avverrà dall’oggi al domani, ma ci

collegandosi a un

piattaforma fullstack

crediamo molto e siamo convinti che sia

adserver, esattamente

programmatica,

la direzione giusta da intraprendere.

come avviene su

tramite lo sviluppo di

web”, esordisce

una DSP e una SSP

Federico Fassina, Head

dedicata, che parli

of Operations presso Pladway. “Il programmatic è, quindi, un’evoluzione ovvia in questo settore, anche se le

il linguaggio dell’out of home facilitando la compravendita di questi spazi pubblicitari.

differenze con il web sono significative”.

Cosa vi aspettate dal mercato nel prossimo futuro, in termini evolutivi? E, in particolare, voi che prospettive avete? L’obiettivo è sicuramente quello di rendere questo mondo misurabile e di dare ai buyer gli strumenti per comprare non solo uno spazio pubblicitario, ma

Quali sono le fonti di dato e di quali

anche e soprattutto la sua audience.

Che problematiche vive ancora il

sistemi di rilevamento vi avvalete?

Lo step successivo sarà poi quello di

programmatic in ambito out of home,

Lavoriamo a stretto contatto con i

qualificare questa audience, in termini

rispetto ad altri comparti in cui

publisher per implementare sistemi

socio-demografici, pur rispettando la

l’automatizzazione della compravendita

di “people counting”. La metrica a

privacy dell’utente, quindi utilizzando

di spazi è più avanzata?

cui facciamo riferimento è la OTS

dati in forma anonima. Infine, iniziative

Innanzitutto, non sempre gli schermi sono

(Opportunity To Sell) e misura le

speciali volte al drive to store e

connessi a internet, inoltre la legislazione

persone che sono potenzialmente

misurazione della redemption. Le

in ambito OOH è molto più restrittiva per

esposte al messaggio pubblicitario per

idee non ci mancano, prima o poi le

i publisher, quindi è richiesto un controllo

tutta la sua durata. La rilevazione può

realizzeremo tutte, con un occhio anche

molto accurato delle creatività, prima

avvenire in diverse modalità: ci sono

alla scalabilità sui mercati esteri.

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SPECIALE

Fonte: Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano

guente ottimizzazione e crescita del business, nonché nell’individuazione di un pubblico più qualificato. L’evoluzione dell’IA, pertanto, rafforza la consapevolezza delle potenzialità del programmatic per un ulteriore futuro sviluppo. Se, infatti, in passato questa metodologia si basava sostanzialmente sulla conoscenza di quanto già avvenuto, ora è possibile assumere decisioni relative alla pianificazione della comunicazione in tempo reale, individuando modelli di comportamento dei consumatori sempre più predictive. Già oggi il miraggio di ogni uomo marketer di offrire il giusto messaggio al giusto consumatore, nel luogo più idoneo, nei temi e modi più efficaci, risulta a portata di mano. Con le piattaforme di IA che mutano tattica al volo in base a microcalibrazioni e agli strumenti a esse connessi, questo obiettivo sarà pressoché realizzabile. Come puntualizza Sizmek l’impatto dell’intelligenza artificiale sul settore si misura su diversi fronti. Innanzitutto sarà possibile comprendere e sfruttare la quantità ridondante di dati, mettendovi ordine e dandovi senso. Il marketer “smart” riuscirà, così, a fare ciò che nessun uomo potrebbe: decidere in un millisecondo dove deliverare un’adv, analizzando 300 miliardi di segnali di dati giornalieri in tempo reale. In secondo luogo, la capacità di analizzare questa mole di dati è accresciuta dalla capacità di imparare da essi e quin-

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di di giungere a formulazioni di raccomandazioni tattiche e strategiche e, in previsione, di intuizioni originali. I risultati di una pianificazione che parte da queste premesse non possono che essere di perfezionamento delle strategie di marketing, di raggiungimento di nuovi consumatori, di aumento delle conversioni, di crescita del ritorno sugli investimenti. Infine, invece di affidarsi a segmentazioni e dati di terze parti, è possibile ottimizzare la targettizzazione così da individuare gli utenti più interessati a un prodotto o servizio, identificare anticipatamente gli elementi funzionali di una campagna, definire chi sono i consumatori, dove si trovano e cosa vogliono in quello specifico momento. In sostanza l’IA fornisce un contributo fondamentale al programmatic e a tutto l’ecosistema della comunicazione. Rimane la consapevolezza che, accanto a questa evoluzione tecnologica, non potrà mancare l’intelligenza umana, a elaborare i contenuti e studiarne la creatività. È la sintesi finale a cui giungono anche le riflessioni di IAB Europe: per quanto l’impatto dell’intelligenza artificiale sui principali obiettivi commerciali e di pubblicità digitale stia diventando sempre più importante e integrante nelle operazioni quotidiane dell’intera industry, sarebbe un errore perdere di vista il valore di una collaborazione produttiva tra AI e forza-lavoro umana.


PROGRAMMATIC

KINETIC PROGRAMMATIC: OLTRE I LIMITI DEL DOOH

“L’Out of Home è il mezzo più antico,

ad esempio la “quattordicina”: tramite

ma ormai da qualche anno è in corso

l’acquisto in DSP degli impianti di Digital

un processo di digitalizzazione che ha

Out of Home non si è più obbligati a

rinnovato l’intero segmento diffondendo

comprare un periodo predeterminato di 7

il Digital Out of Home in tutti gli ambienti

o 14 giorni, ma si può andare on air anche

e in tutti i formati”, afferma Alberto

solo per un giorno o in una specifica fascia

Cremaschi, Managing Director di Kinetic

oraria della giornata intercettando uno

Italia. “Gli schermi sono presenti non più

specifico target on the go presente nel

solo in luoghi chiusi come metropolitane,

contesto. L’automazione porta con sé

aeroporti, stazioni, centri commerciali

l’ulteriore valore aggiunto di poter gestire

ma anche per le strade cittadine, in

più soggetti creativi all’interno della

particolar modo a Milano. La crescita

stessa campagna dando, così, ai clienti

dell’offerta ha intensificato l’interesse dei

l’opportunità di creare una sequenza

clienti che ha determinato un incremento

nei messaggi e realizzare uno storytelling

degli investimenti sul Digital Out of

dinamico e coinvolgente”. I clienti che

Home. Questa evoluzione ha portato non

hanno provato il prodotto appartengono a

solo una qualità superiore ai messaggi

diversi settori merceologici - abbigliamento,

dei nostri clienti ma, soprattutto, delle

automotive, turismo solo per citarne alcuni

possibilità di pianificazione mai realizzate

- e hanno colto e sfruttato le potenzialità

prima. Le concessionarie si sono dotate

andando a selezionare ambienti e momenti

di infrastrutture tecnologiche che

della giornata più affini ai rispettivi target.

hanno permesso la nascita e l’affermarsi

“Siamo i primi in Italia a dimostrare un

dell’acquisto automatizzato degli spazi in

approccio strutturato e solido verso il

logica programmatica”.

programmatic DOOH e stiamo lavorando,

In questo scenario Kinetic, agenzia

a beneficio dell’intera industry, con tutte

specializzata in Out of Home del

le concessionarie che possiedono spazi

gruppo WPP, insieme a Xaxis, l’outcome

digitali, affinché l’inventory in piattaforma

media company di GroupM, ha creato

(SSP e DSP) cresca e si arricchisca di

RealDOOH, un prodotto che consente ai

formati e location che possano garantire

clienti di acquistare spazi DOOH tramite

ai clienti un’offerta sempre più qualitativa

Demand-Side Platform. “La rivoluzione consta nell’acquisto automatizzato degli impianti digitali portando nella pianificazione efficienza e

e capillare sul territorio. A livello di sviluppo di prodotto, ci sono due aree calde: la definizione di uno standard per il tracking e la misurazione delle opportunity to see (OTS)

flessibilità.

attualmente rilevate con diverse

Il programmatic applicato al

tecnologie, dalle telecamere

Digital Out of Home offre il vantaggio di superare alcune caratteristiche della pubblicità esterna considerate a

agli impianti Wi-Fi, e l’inserimento di feed/ trigger (es. meteo) ai quali agganciare l’erogazione del messaggio”.

volte limitanti,

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SPECIALE

Adasta Media

APPROCCIO WIN-WIN L’approccio di tipo data-driven mediato da piattaforme da parte dei media buyer ha accresciuto l’efficienza nella gestione dell’investimento pubblicitario. Purché non si traduca in una rincorsa verso il basso nella valorizzazione delle singole ad impression.

IL CASO BRICOIO INTERCETTARE L’UTENTE IN MOVIMENTO La campagna Bricoio, veicolata tramite agenzia su network Adasta in contemporanea all’uscita dello spot televisivo, aveva lo scopo di intercettare l’utente transitato sul

Simone Chizzali

sito del cliente attraverso sistemi di

CEO Adasta Media

retargeting e moduli di prossimità per il consumatore in movimento. Il formato scelto è stato il video, in

“In ambito advertising, il programmatic ha dimostrato la valenza del protocollo RTB, la cui applicazione si sta allargando verso ambiti prima inesplorati, quali gli spazi outdoor e le inventory audio”, esordisce Simone Chizzali. “Il processo è ancora agli albori ma è sicuramente destinato a diventare uno standard, così com’è successo per la display e per il video. eMarketer stima che entro il 2020 l’86% della spesa pubblicitaria negli Stati Uniti sarà transata in programmatic. Aggiunge inoltre che nei prossimi 2 anni entrerà nell’ecosistema un nuovo flusso di 19 miliardi di USD di ad spend, il più di essi gestiti in asta privata (PMP). Questo dimostra la grande capacità del sistema di attirare nuove quote e segmenti di budget che hanno fin qui cercato un

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virtù di un coordinamento con lo spot in erogazione sui broadcaster della TV. La pianificazione ha coinvolto verticali con un grado di affinità del 100% sul target group di Bricoio (aggiustatutto.it) e siti ad alta frequentazione (Meteogiornale.it) per il raggiungimento della massima reach con l’utente che aveva già visitato il sito del cliente. Il video ad di durata inferiore ai 30 secondi è stato erogato via preroll e video skin. Quest’ultimo formato ha raggiunto le performance migliori con un Click-Through Rate (CTR) superiore

invece raggiunto un Completion Rate

al 2% e un Interaction Rate pari al 23%.

attorno al 75% che di fatto determina

Il video preroll, con una distribuzione

un’elevata esposizione dell’utente

più ampia rispetto alla video skin, ha

intercettato con l’advertising.


PROGRAMMATIC

maggiore valore nella loro allocazione. Il programmatic sta rispondendo secondo aspettative a questa esigenza del mercato pubblicitario”. Cosa comporta per voi l’approccio programmatico? L’evoluzione dei media buyer verso il data-driven mediato da piattaforme ha sicuramente portato efficienza nella gestione dell’investimento pubblicitario, che però non deve tradursi in una rincorsa verso il basso nella valorizzazione della singola ad impression. L’approccio programmatico è per noi una condizione win-win che semplifica il raggiungimento dei KPI richiesti dalle marche alle agenzie media ma che, allo stesso tempo, riconosce il giusto valore ai formati che il publisher integra in pagina al suo prodotto editoriale digitale. Quali sono i limiti di questa metodologia che, secondo molti, è più utile agli OTT rispetto alle altre realtà del mercato? Il modello second-price che ha fin qui governato le auction mediate da protocollo RTB ha creato falsi miti soprattutto laddove la densità di buyer all’interno dell’asta non raggiunge quantità minime da produrre l’efficienza che il publisher o la concessionaria perseguivano. Un utilizzo troppo puntuale del dato (soprattutto collegato alle audience) a volte condiziona l’erogazione della campagna riducendone l’effettiva capacità di reach che era stata stimata in fase di media planning. Le piattaforme non si parlano ancora in modo perfetto tra loro e i processi di sincronizzazione dei cookies con cui si identificano i singoli individui non hanno ancora raggiunto la maturità che aggiungerebbe perfezione all’ecosistema. Avvertite la necessità di una unione di forze che coinvolga tutti i publisher di piccole e medie dimensioni e le concessionarie, per mettere in comune e quindi

valorizzare dati e progetti, facendo “sistema”? C’è ancora una sorta di linea di demarcazione tra editori premium e la cosiddetta long-tail di testate digitali che sembrerebbe rispecchiare il passato più che l’adeguamento alle logiche del data driven. Sicuramente il piccolo-medio contenitore di advertising deve rispondere a determinati requisiti di brand safety e viewability che nella fascia premium sono di fatto una commodity. Deve inoltre tenersi lontano da tecniche fraudolente per poter avere quel riconoscimento che di solito il buyer nega per motivi diversi. Rispettate queste caratteristiche è sicuramente interessante creare un tavolo di discussione col quale publisher medio piccoli e concessionarie che li rappresentano possano confrontarsi sulla sostenibilità data dall’advertising in ambito editoriale digitale. Troppi progetti, infatti, non raggiungono livelli di maturità perché l’advertising non riesce a valorizzare al giusto prezzo il prodotto che viene collocato sul mercato. Quali garanzie offrite agli inserzionisti rispetto ai timori in materia di trasparenza e brand safety? Siamo compliant con ciò che il mercato ha richiesto per il raggiungimento di un regime di completa trasparenza e brand safety. Adasta crea e mantiene relazioni dirette con i propri editori che sono chiamati all’integrazione del prodotto o stack tecnologica alla base delle nostre soluzioni di monetizzazione delle inventory. Gli exchanges e le piattaforme in cui mettiamo in vendita le ad impression dei siti in nostra concessione sono sempre elencate e raggiungibili attraverso il file ADS.txt che è ormai diventato uno standard nell’ecosistema programmatico. La brand safety, così come metriche di viewability, sono raggiunte attraverso sistemi che il mercato ha adottato quali entità certificanti la bontà del contenuto e

del traffico che l’editore genera attraverso i propri prodotti editoriali. Adasta è completamente allineata con tali metodologie al fine di raggiungere il miglior livello di soddisfazione degli inserzionisti che si affidano alle nostre inventory. Attualmente quali sono i progetti su cui siete maggiormente impegnati? Siamo impegnati nel raffinamento della nostra soluzione di Header Bidding sulla quale siamo arrivati tra i primi nel nostro mercato. Stiamo, inoltre, migliorando ulteriormente il nostro prodotto video In-stream che da sempre genera interesse per le sue caratteristiche altamente qualitative. Infine, stiamo predisponendo una nuova dashboard per i nostri editori, con la quale avranno molti più dati a disposizione ai fini della trasparenza, un requisito che a volte è carente anche nei contratti di concessione diretta. Che prospettive e che aspettative avete per il prossimo futuro? Le prospettive di Adasta sono collegate alla crescita del mercato del programmatic in quanto la concessionaria si posiziona con un focus specifico nel raccoglimento della spesa pubblicitaria transata via piattaforme. Innegabile che Adasta deve raggiungere tassi di crescita in linea con quelli previsti dagli analisi per l’ecosistema programmatico. Stiamo, inoltre, ridefinendo il prodotto attraverso l’onboarding di testate e publisher collocate in una fascia premium del mercato, coi quali sta prendendo corpo l’ipotesi di una nuova offerta di progetti e operazioni speciali. Le aspettative si riconducono ovviamente a tutto ciò che ruota attorno al protocollo RTB e alla sua applicazione in ambiente advertising. L’utilizzo della blockchain in ambito automazione potrà essere in un prossimo futuro la modalità prevalente per il raggiungimento della massima trasparenza nelle relazioni delle entità che formano questo ecosistema.

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SPECIALE

Clear Channel

AUMENTANO I FRUTTI DELLE AUTOMATIC SALES Il mercato italiano può essere leader grazie all’evoluzione e alla crescita di nuovi player programmatic-oriented, che stanno maturando la consapevolezza che trasparenza e controllo sono i punti di forza del programmatic.

Carlo Rinaldi Marketing and Innovation Director Clear Channel Italia

“Tecnologia, dati e cultura digitale, questi gli ingredienti su cui stiamo facendo leva e grazie ai quali il mezzo OOH sta attirando l’attenzione del mercato sia in chiave digitale sia programmatica”, spiega Carlo Rinaldi. “In ambito DOOH, il programmatic, o come lo chiamiamo noi automatic sales, risulta essere una importante leva strategica di posizionamento commerciale che permette ai clienti di evolvere il media mix e pianificare le proprie campagne seguendo una logica legata a specifici parametri di targeting anziché a specifici spazi”. Quali sono gli spazi di integrazione tra logiche programmatiche e out of home?

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Crediamo che programmatic e Out Of Home stiano rivoluzionando il mercato dei media e, grazie a questo, tutto l’ecosistema potrà accelerare per sfruttare al massimo le peculiarità proprie del digitale. Il mercato italiano può essere leader proprio grazie all’evoluzione e alla crescita di nuovi player programmaticoriented, sempre più numerosi, che stanno maturando una nuova consapevolezza, cioè che trasparenza e controllo sono i punti di forza del programmatic. È quindi necessaria una maggiore standardizzazione e anche un grande lavoro di formazione per consentire a tutti gli attori della filiera di conoscere le dinamiche digital. Bisogna lavorare perché aumenti sempre più questa con-

sapevolezza culturale e far in modo che il programmatic venga considerato, non solo in termini di performance, ma anche come strumento per raggiungere obiettivi legati alla flessibilità, misurabilità ed efficacia delle pianificazioni. In particolare, cosa rappresenta per voi l’approccio automatizzato? Preferiamo definirlo approccio di automatic sales, non solo per distinguerlo dal programmatic lato web/mobile, ma anche perché nel mondo OOH le pianificazioni sono “1 a molti” anziché “1 a 1” e l’inventory, per prendere in prestito questo termine dal mondo online, è rappresentata da un numero fissato di impianti. Per noi rappresenta una grande oppor-


PROGRAMMATIC

tunità per innovare il mezzo e renderlo sempre più competitivo oltre che flessibile e misurabile. Nel 2017 in Italia sono iniziati i primi test e oggi, sia a livello di partner tecnologici che di agenzie media sia di clienti, si vedono i frutti legati a questo tipo di programmazione. Crediamo molto in questo approccio e, proprio grazie alla forza dell’ecosistema, potremo accelerare la crescita. Quali vantaggi potrà conseguire il vostro comparto dall’applicazione di questa metodologia? Uno dei punti su cui siamo fortemente focalizzati è l’innovazione perché, in un ambito come il DOOH, rappresenta chiaramente una spinta molto importante per la nostra crescita. Riteniamo che il programmatic costituisca una straordinaria opportunità di trasformazione per l’out of home e, per Clear Channel, un nuovo approccio che tiene conto delle esigenze dei propri clienti in quanto la sua flessibilità semplifica enormemente l’acquisto dell’out of home, dà ai clienti una soluzione tailor-made costruita ad hoc sulle proprie audience di riferimento e consente un’attendibile e accurata misurazione della campagna adv nelle sue tre fasi: prima, durante e dopo. Non si deve, però, incorrere nell’errore di considerare il DOOH un’estensione del programmatic o delle automatic sales. Stiamo facendo leva per sfruttare al massimo le opportunità del digital con l’obiettivo di innovare l’OOH. In questo caso, le automatic sales rappresentano per il nostro mezzo un ulteriore supporto tecnologico che consente di utilizzare pienamente il digital. Inoltre, l’applicazione del programmatic consentirà il superamento di alcune impostazioni tipiche dell’outdoor classico: non più periodi predeterminati di pianificazione (14gg), si può andare on air anche solo per un giorno o in una specifica fascia oraria o specifico momento, intercettando il target on the go presente in determinati luoghi. L’automazione porta con sé l’ulteriore valore di poter gestire più soggetti creativi all’interno del-

la stessa campagna dando così ai clienti l’opportunità di creare uno storytelling dinamico ed engaging. Siamo convinti che tutto ciò porterà i brand a includere maggiormente l’out of home nelle pianificazioni media. Il mondo dell’OOH è sempre stato diversificato e frammentato; cosa comportano queste caratteristiche per un approccio automatizzato? Il riconoscere la frammentazione del mondo dell’OOH ha determinato la necessità di regolamentare questo processo. In Italia, attraverso il tavolo di lavoro con IAB, si riuscirà a dare ulteriore concretezza e standard condivisi. In attesa delle linee guida IAB, stiamo lavorando per presentare al mercato delle novità in questo campo, con l’obiettivo di arrivare a elaborare dei modelli e approcci per rendere la commercializzazione degli impianti digitali più automatizzata e semplice da parte sia delle agenzie media sia dei clienti diretti. Esiste un problema legato alla raccolta, gestione e integrazione dati? Un altro aspetto importante di questo ambito riguarda il lavoro sulla gestione dei dati: serviranno investimenti importanti per creare DMP sulla base delle quali ogni operatore andrà poi a valorizzare e a differenziare la propria offerta. Perché quando tutti gli schermi saranno collegati in rete e quindi tutti utilizzabili in ottica di automated sales, dai bancomat ai totem nei premium malls, saranno i dati sull’audience di ciascuno a qualificare il valore di ogni impression. Il DOOH è il secondo media destinato a crescere più velocemente entro il 2020; la comunicazione esterna potrà essere concorrenziale rispetto alla pubblicità digitale? Quello dell’advertising digitale è un mercato sempre più concentrato, con un peso fortissimo dei grandi player. Gli investimenti in pubblicità digitale sono tornati a crescere a doppia cifra e

hanno registrato quest’anno un aumento del 12%. A spingere l’incremento della raccolta pubblicitaria è stato l’advertising sui social network e, in particolare, l’advertising video sui social. Per questo, essendo il DOOH di per sé un mezzo “aperto” che da “one to many” può essere anche “one to you”, se ben studiato da un punto di vista creativo, può diventare virale in modo naturale e così permettere la partecipazione di tutti i pubblici in base al contesto. Questa è una peculiarità che lo fa essere estremamente concorrenziale rispetto alla pubblicità digitale e per questo vogliamo far leva sulla creatività per abilitare a questa partecipazione. Su che progetti state lavorando oggi? Dopo l’avvio e il successo del primo test, nel primo semestre del 2017, sul mercato belga e a seguire su quello della Gran Bretagna, Clear Channel Outdoor sta gradualmente effettuando il roll-out in altri Paesi europei di un sistema proprietario di prenotazione e acquisto automatizzato delle campagne out of home. Clienti diretti e agenzie media possono avere accesso e acquistare pacchetti, creati in funzione dell’audience, di tutto il circuito Digital OOH di Clear Channel, attraverso piattaforme specifiche. Il sistema è alimentato da una serie di dati esistenti sulle audience di proprietà di Clear Channel integrati a dati di terze parti. La piattaforma permette l’acquisto dell’inventory selezionato su base automatizzata garantita: gli advertiser possono quindi accedere e acquistare volumi definiti di spazi (premium, come detto) a un prezzo fisso e prestabilito. In Italia, Clear Channel ha introdotto la commercializzazione degli spazi pubblicitari digitali out of home in modalità data-driven. Questa innovazione consente la valorizzazione degli impianti DOOH, con la possibilità di pianificare in realtime luoghi fisici in modalità digitale. Attraverso la vendita in automatic sales, Clear Channel ha la possibilità di garantire al cliente flessibilità di pianificazione e misurabilità della sua campagna.

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SPECIALE

Teads Italia

IL GIUSTO EQUILIBRIO TRA QUALITÀ E QUANTITÀ Disporre di dati di qualità è indispensabile. Ma lo è anche trovare il giusto connubio tra qualità e quantità, in un mercato che sta evolvendo verso una crescente scalabilità per gli acquisti su base dati. E, soprattutto, occorre avere strumenti di misurazione dell’audience appropriati.

Lucio Mormile Head of Business Development Teads Italia

“Il mercato programmatic sta evolvendo sempre più verso un concetto qualitativo, basato su contesti premium e formati creativi ingaggianti per gli utenti”, osserva Lucio Mormile. “L’obiettivo è quello di spostare i meccanismi di fruizione pubblicitaria da un’impostazione di tipo televisivo/passivo a un’esperienza digital al 100%, che sfrutti a pieno le potenzialità dei device di erogazione. Per dare un ordine di grandezza, più del 40% dei contenuti video e display erogati da Teads in programmatic, nella prima metà dell’anno, sono stati ottimizzati

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dalla nostra piattaforma Teads Studio per arricchire le creatività di partenza con elementi interattivi. Essendo Teads anche una SSP, l’approccio programmatico è il cuore della nostra offerta e tutti gli sviluppi vanno pertanto in questa direzione”. Ne vedete dei limiti? In che modo potrebbero essere superati? Gli unici limiti che riscontriamo attualmente sono da ricercarsi nella molteplicità e frammentazione del mercato degli enti certificatori terzi che, spesso, hanno

standard diversi gli uni dagli altri oppure non riescono a stare al passo con le innovazioni tecnologiche del mercato. Avere standard e metodologie di misurazione unificate permetterebbe al mercato di aumentare le performance e crescere in maniera scalabile, in un contesto altamente competitivo. Per essere davvero efficiente, su cosa deve basarsi un ecosistema che coinvolge gli interessi di brand, publisher e utenti? È necessario rispettare tutti i KPI dei


PROGRAMMATIC

componenti della filiera. Per i brand è rilevante vedere esposti i propri contenuti in contesti safe, per i publisher diventa fondamentale vedersi riconosciuta la qualità dell’inventory, che molto spesso fa fatica a emergere, mentre per gli utenti è importante non vedere rovinata l’esperienza di navigazione, durante il consumo di contenuti editoriali. Alla base di tutto c’è l’esigenza di disporre di dati di qualità, un requisito che fa la differenza. Sarebbe opportuna una maggiore trasparenza a tal riguardo? La trasparenza è uno degli elementi fondamentali sui quali deve basarsi un ecosistema virtuoso. Senza questo presupposto, viene a mancare la fiducia necessaria da parte dei brand per spingere i canali d’acquisto in programmatic e affidare una quota sempre maggiore di investimenti pubblicitari. Avere a disposizione dati di qualità è una condizione necessaria per la riuscita di una pianificazione strategica, tuttavia è necessario anche trovare il giusto connubio tra qualità e quantità. Il mercato sta evolvendo verso una crescente scalabilità per gli acquisti su base dati, anche a fronte delle diverse realtà tecnologiche che stanno facendo il loro ingresso sul mercato italiano. La trasparenza rimane un punto cardine, così come la necessità di avere strumenti di misurazione dell’audience appropriati e al passo con l’offerta del mercato digitale attuale. Qualità vuole anche dire garanzie di viewability; cosa sta evolvendo in merito a questo aspetto? La viewability è un concetto cruciale per Teads, basti pensare che tutto il business è incentrato sul nostro concetto di formati viewable by design. Un advertiser non dovrebbe accontentarsi di pagare per una pubblicità che non sia del tutto viewable, proprio come un consumatore non dovrebbe accontentarsi di acquistare un’auto e vedersene consegnare solo la metà. Uno degli obiettivi è quello di aumentare la consapevolezza e la condi-

visione di standard unici da parte di tutti gli operatori di mercato. Approccio programmatico e valorizzazione dei contenuti: esiste il rischio che questa relazione sia inversamente proporzionale? Il rischio c’è, per la situazione del mercato attuale e per tutto quello detto sopra, tuttavia l’interpretazione da parte nostra è che contenuti di qualità porteranno a risultati di qualità. Pertanto, il programmatico dovrà aiutare gli editori a massimizzare la monetizzazione dei propri contenuti premium in modo da chiudere una sorta di circolo virtuoso. Sono recenti gli studi, anche di gruppi internazionali, che sottolineano la qualità delle audience premium in termini di performance (brand safety e ad fraud). Teads è partner dei più prestigiosi editori italiani e crede moltissimo nella necessità di aggiungere qualità in un mercato rapido e in continua evoluzione come quello programmatico. In un mercato dominato dagli OTT, come vi posizionate e in che modo avvalorate la vostra complementarietà nelle strategie degli inserzionisti? Il valore aggiunto di Teads è dare modo agli inserzionisti di raggiungere i propri potenziali utenti in maniera scalabile e rilevante, durante tutte le fasi della giornata. Con il nostro modello di business, legato ad ambienti editoriali premium, li raggiungiamo in uno dei momenti chiave ovvero durante l’informazione, quando l’attenzione è massima e la concentrazione è riversata sulla lettura dell’articolo. Con questi presupposti, e con la possibilità di raggiungere una reach in Italia del 91%, riusciamo a essere complementari rispetto a quelle che possono essere le strategie dedicate a OTT o ambienti Social. In che modo l’Intelligenza Artificiale sta apportando nuove potenzialità alla vostra attività? L’intelligenza artificiale sta rendendo

le nostre attività sempre più efficienti e capaci di adattarsi ai cambiamenti. Teads AI è in grado di prendere decisioni in tempo reale, in merito alla tipologia di pubblicità da mostrare a un utente, facendo in modo che venga erogata la creatività giusta, nel momento giusto e soprattutto nel contesto editoriale più adatto. Tutto questo avviene analizzando una serie molto ampia di dati, attraverso un meccanismo di deep learning che continua, giorno dopo giorno, ad apprendere dalle casistiche reali, trasformandole in ulteriori dati da analizzare e utilizzare per rendere più efficienti le future decisioni. Tutto questo ci permette di continuare a innovare ed essere in grado di proporre ai nostri clienti strumenti sempre più efficaci per comunicare in ambito digital. Attualmente quali sono i vostri progetti? Su cosa state lavorando in particolare? Proprio grazie alla continua innovazione e all’utilizzo della Teads AI abbiamo rilasciato da poco i nostri primi prodotti performance. Si tratta di un passo fondamentale che ci aiuta a essere un partner full funnel per i nostri clienti: che essi si trovino nella fase più alta, legata a un concetto di awareness, oppure nella parte di consideration o addirittura conversion, Teads rappresenta un partner credibile ed efficace per il raggiungimento degli obiettivi di comunicazione del cliente. Spendendo qualche parola in più sull’efficienza, tanti studi ci supportano nel dire che la buona riuscita di una campagna è legata alla creatività stessa. Diventa di fondamentale importanza per noi dialogare con i clienti e fare in modo che siano sempre più consapevoli del valore di erogare creatività diverse in base ai contesti di distribuzione. Il nostro obiettivo è dunque quello di fornire un vero e proprio “creative code” da seguire in fase di brief. Una maggiore attenzione su questo fronte permette, con pochi accorgimenti creativi, di aumentare notevolmente le performance di una campagna.

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SPECIALE

Tradelab

LA FLESSIBILITÀ NEL DNA Tutti i problemi in cui ci si può imbattere sono già risolvibili attraverso le tecnologie esistenti. Il nostro ruolo è di lavorare su queste per costruire intorno ai clienti degli ambienti programmatici specifici alle loro esigenze.

Gaetano Polignano Country Manager Tradelab

“Il programmatic è in costante evoluzione, come se avesse un Dna che lo rende mutevole ed estremamente adattabile”, esordisce Gaetano Polignano. “Questa caratteristica ne consente il continuo miglioramento, con l’espansione su ulteriori canali e device, e con l’applicazione in nuove strategie. Tutto ciò che diventa digitale e quantitativo può essere gestito in programmatic, pertanto, ormai, quasi ogni ambito viene raggiunto da questo processo di automazione e di connubio con le fonti di dato”. Quali sono, oggi, i limiti del programmatic? I limiti tecnici del programmatic sono

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veramente pochi: tutti i problemi in cui si possono imbattere operatori o utenti, in realtà, sono già risolvibili attraverso le tecnologie attualmente sviluppate sul mercato. Ci sono strategie e tipologie di performance, che si basano su modelli di attribuzione last touch, per le quali al programmatic sono preferibili altri strumenti, come la search, il retargeting, l’affiliazione. Ma non si tratta di un limite del programmatic, bensì del modello di attribuzione. Poi ci sono esigenze che possono essere soddisfatte essenzialmente attraverso canali offline, che prevedono soluzioni al di fuori dello spettro del programmatic. D’altra parte, crescono le attività di CRM effettuate in negozio che adesso possono essere

facilmente “cookizzabili” e quindi rientrare nella misurazione digitale. I limiti sono per lo più imputabili a scarsa conoscenza o a opportunismo. In che misura il programmatic ha contribuito all’attuale sensibilizzazione del mercato verso tematiche quali la trasparenza e la brand safety? La possibilità di tracciare tutto, di convogliarlo in una unica piattaforma e di prefiltrare poi l’acquisto di inventory con strumenti di scoring sulla qualità fa sì che il programmatic sia l’unico mezzo per controllare e garantire viewability, brand safety e sistemi anti-frode. Con i metodi


PROGRAMMATIC

classici, la fiducia era l’unico metro di misura e l’unica garanzia; oggi noi possiamo, in maniera matematica, controllare, escludere e mettere in competizione le fonti di traffico e di dato con degli standard di brand safety. Si può dire che la grande focalizzazione sulle modalità di veicolazione del brand abbia in parte distolto l’attenzione dai contenuti della comunicazione? Sì, sebbene ciò accadesse in parte anche in passato. Spesso la tecnologia ha ritenuto che la creatività non fosse rilevante. E ancora di più oggi, disponendo di algoritmi automatizzati di ottimizzazione. Ma è sbagliato, perché dalla fusione dei due aspetti e dal lavoro a quattro mani nascono campagne che hanno un valore aggiunto ben maggiore rispetto alla somma delle parti. Per questo, noi tendiamo a collaborare con le agenzie creative, sia perché hanno uno stretto rapporto con il cliente in funzione di strategia e posizionamento, sia perché il creativo, ricevendo dati molto precisi sugli utenti, viene posto nelle condizioni di studiare messaggi veramente ad hoc. La sinergia tra tecnologia, formati e contenuti può dare vita a esperienze di intrattenimento e campagne pubblicitarie maggiormente efficaci. In che modo è possibile piegare le tecnologie a misura dei clienti e delle loro specifiche esigenze? Innanzitutto bisogna conoscere le tecnologie, capirne le dinamiche, aprirle e smontarle per poi modificarle in modo che siano al servizio dei clienti. È ciò che noi facciamo, in controtendenza rispetto al mercato i cui maggiori attori hanno tecnologie e piattaforme potentissime ma molto scalabili e generaliste. Il ruolo di operatori come noi è quello di “sporcarsi le mani”, lavorare sulle tecnologie esistenti e costruire intorno ai clienti degli ambienti programmatici specifici. La tecnologia lo permette, bisogna avere la volontà e la competenza per farlo. Il nodo cruciale è sempre quello dei dati: che garanzie hanno gli

inserzionisti circa l’esattezza, l’attualità e il valore dei dati che stanno alla base dei propri messaggi e della loro pianificazione? Ci sono vari livelli di conoscenza e di comprensione. Se si ha la volontà, il dato lo si può trovare, analizzare, lavorare e infine integrare e usare. Questo rientra nel nostro modus operandi, sapendo che la trasparenza dei dati di terza parte non è sempre certa, e non fidandoci delle black box. Noi sfruttiamo innanzitutto il CRM del cliente, che offre un dato fresco alla fonte, poi creiamo partnership con i publisher, aiutandoli a raccogliere, raffinare e monetizzare il loro dato. Assieme al publisher e al cliente decidiamo le discriminanti per l’inserimento degli utenti in determinati cluster. Infine, abbiamo sviluppato una tecnologia che ci permette, tramite la lettura delle bid request, di intercettare l’utente nel momento in cui ha una intenzionalità manifesta: tramite il sito in cui si trova, il servizio che ricerca, il comportamento che assume, possiamo conoscere il suo bisogno in quel particolare momento. Pertanto, se si va a fondo nella conoscenza del dato, la trasparenza e la garanzia di qualità sono assicurate. Se si prende comodamente ciò che si trova sul mercato, il rischio esiste. Il programmatic cresce in ottica omnichannel e ormai coinvolge tutti i media, dalla tv alla radio, dal DOOH al direct response. Dove porterà questa evoluzione? L’evoluzione avrà due aspetti quasi antitetici. Da una parte sarà omnicomprensiva: non si parlerà più di canali online e offline ma di pubblicità, in un contesto in cui tutto sarà digitalizzato e quindi tutto farà parte di un unicuum, guidato dal programmatic. Dall’altro lato, grazie alla disponibilità di analisi sempre più profonde e puntuali, avremo informazioni iper-granulari e una clusterizzazione iper-precisa che ci permetteranno di essere sempre più specifici e vicini ai comportamenti dell’utente. Su quali progetti state lavorando voi, oggi, in particolare? Ci stiamo focalizzando sempre più sul

dato. Possiamo identificare tre tipi di dato: quello sociodemografico, che fornisce poche indicazioni, il dato di interesse, che offre qualche informazione in più, e il dato intenzionista, che ci dice ciò che sta interessando l’utente e cosa vuole in quel momento. In un futuro prossimo, trovare questo tipo di dato sarà fondamentale: sia in termini di performance, per performare meglio e in maniera più veloce, sia in termini di branding, per eliminare gli sprechi ed essere più efficaci nella divulgazione. La tecnologia di cui ci avvaliamo riesce a creare dei segmenti molto precisi, freschi e performanti. Dall’altro lato, stiamo cercando di essere sempre più verticali in termini di prodotto. In particolare, in Italia stiamo operando molto su alcuni comparti, quali movie, gaming, entertainment, moda, lusso & design, food e travel, perché sono settori con un potenziale enorme nel nostro Paese. Soprattutto, riteniamo molto importante specializzarsi in settori specifici perché ciò consente di creare degli ambienti programmatici fatti su misura, con dmp su misura, algoritmi su misura, metodologie di analytics e reportistica elaborate su misura, con formati e creatività studiati su misura. Se il mercato cerca la scalabilità e l’industrializzazione a tutti i costi, noi vogliamo essere più una boutique per ogni settore con cui collaboriamo. Infine, ci stiamo focalizzando sul superamento dei modelli di attribuzione che vengono usati attualmente. Se si parte da un assunto sbagliato, infatti, le successive strategie non potranno che essere fuorvianti. È, quindi, importante coinvolgere tutti gli operatori in una analisi approfondita del comportamento degli utenti, in termini di acquisto e di coinvolgimento con il brand, i prodotti e le campagne pubblicitarie. È un tema complesso ma fondamentale, in quanto l’attuale struttura del mercato è una conseguenza diretta del modello di attribuzione che vene usato. Quanto più questo è impreciso e lontano dalla realtà, tanto più saranno imprecise e lontane dalla realtà anche la visione del mercato e le strategie digitali che verranno adottate.

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Fascicolo speciale di ADVERTISER Communication Strategies

estratto da

Advertiser Communication Strategies N°5 - Agosto 2018 www.advertiser.it Registrazione roc:17898 Registrazione Tribunale di Milano n°886 del 14/12/1989

Editore

TVN srl Corso Magenta, 85 20123, Milano (MI)

Direttore Responsabile Massimo Bolchi


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