Speciale - Digital Innovation

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articolo di Laura Franconi

DIGITAL INNOVATION


SPECIALE

Il digitale: da mezzo a infrastruttura La digital transformation coinvolge ogni comparto della industry e ogni livello del processo di comunicazione. Sulle nuove tecnologie si innestano nuovi comportamenti che vengono a loro volta studiati, elaborati, misurati. Dal mobile alla brand safety, dall’intelligenza artificiale all’industria 4.0, l’innovazione diventa motore dello sviluppo sociale e economico del prossimo futuro.

C’è un gran vociferare di cambiamento di paradigma nell’industria della comunicazione ma, a mio parere, la realtà non va di pari passo al dibattito che si è sollevato nel nostro ambiente. Il grande cambiamento odierno è il digital che sta ridefinendo i confini delle campagne di marketing”, afferma Adrian Botan, Global Executive Creative Director McCANN Worldgroup. “A mio avviso, da semplice mezzo utilizzato nel mondo della comunicazione (e non solo), il digitale sta diventando l’infrastruttura all’interno della quale ogni business deve imparare a muoversi e orientarsi. Un’infrastruttura dalla quale non si

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Advertiser Communication Strategies

può prescindere, specialmente nel campo della comunicazione: solo incorporando i dati digitali all’interno dello storytelling, una campagna può diventare davvero responsiva verso i bisogni dei consumatori. Ciò che crea maggiore confusione, tuttavia, è che sia come industria creativa sia, ancor prima, come esseri umani, si tende a sovrastimare l’impatto della tecnologia a breve termine e a sottovalutare quello a lungo termine. È come se la percezione dello stravolgimento che la tecnologia può apportare nel breve tempo fosse esagerata: in questo modo molti trend tecnologici vengono esasperati e utilizzati in maniera inappropriata. Stando alla mia esperienza nel settore creativo


digital innovation

e pubblicitario, la mia impressione è che questo cambiamento non stia accadendo nell’immediato, ma sarà molto più forte del previsto nel lungo termine. Nell’arco di dieci o venti anni, ogni azienda sarà interamente costruita intorno al digitale e in virtù del digitale. Ma questa non è la realtà di oggi. Il grande cambiamento a cui stiamo assistendo riguarda in particolare i sistemi di distribuzione, raccolta e interpretazione dei dati. Questa tendenza sta generando pressione tra le agenzie e le aziende stesse che si trovano a dover modificare il loro consolidato modo di operare proprio nell’ottica di raccogliere e interpretare i dati al meglio e portare dei risultati. Negli ultimi anni, si è parlato anche di concorrenza tra agenzie creative e società di consulenza, le quali si trovano sempre più spesso a competere nei pitches soprattutto per le attività - inutile dirlo - collegate alla gestione diretta dei dati, per esempio il CRM. Vale la pena sottolineare, però, che la competizione non c’è quando i pitches coinvolgono altro, come il brand building e la risoluzione dei problemi in cui le agenzie creative lavorano indisturbate. Non escludo che arriveremo a una concorrenza in questo senso nel prossimo futuro, anche perché le società di consulenza hanno accesso a diversi tipi di dati aziendali che consentono loro di dare insights diversi e molto utili. Ma non va dimenticato che le agenzie creative si occupano anche dell’execution, e ciò rappresenta un vantaggio non da poco, considerando anche che i consulenti non gestiscono direttamente questa fase ma la lasciano ai clienti. Per dare un’idea di quanto il dibattito sul digitale sia vivace nel settore creativo e pubblicitario, di questi e altri cambiamenti si occupa quest’anno anche il Festival di Cannes, che rappresenta l’avanguardia nel settore advertising. Ebbene, anche il Festival si è evoluto, per rispecchiare i cambiamenti dell’industry creativa, attraverso l’introduzione di alcune categorie che tengono più conto dell’innovazione e dei risultati. Non solo: il Festival di Cannes ha scelto di separare le campagne di charity o beneficienza da quelle legate ai brand/ business, creando tra le altre anche la nuova categoria “Sustainable goods”, e i due filoni verranno giudicati autonomamente dalla prossima edizione del Festival. Ritengo che mantenere separati i due settori, causedriven marketing e purpose-driven marketing, sia in generale una buona idea. Infatti a un occhio

attento non sarà sfuggito che, negli ultimi tempi, molta comunicazione evidenzia un sapore sociale delle campagne, insomma c’è un’evidente tendenza da parte di molti brand a cercare di avere un impatto sociale o culturale. Sono gli stessi consumatori ad aspettarsi tale impegno dai loro brand di riferimento, di cui apprezzano le prese di posizione rispetto alle tematiche più attuali in termini di ambiente, diritti, politica sociale. I brand rispondono con progetti di comunicazione più responsabili e questo non solo è un fattore positivo, ma funziona: a riprova del fatto che il “meaning good” - il voler far del bene - è anche “good for business”. Una combinazione che insieme può dare degli ottimi risultati. Senza considerare che questo nuovo filone del marketing dà spazio a una maggiore libertà creativa: i professionisti del settore possono così ritagliarsi la possibilità di sperimentare nuove idee. Questa libertà si è manifestata negli ultimi anni in numerose campagne europee, siano esse italiane, francesi, tedesche o inglesi: sembra che oramai tutti i Paesi dell’Europa Occidentale siano in grado di produrre dei contenuti di eguale qualità. Nello specifico, Milano è il centro di molte campagne global che hanno ottenuto numerosi riconoscimenti nel corso del 2017. Un mercato che invece è ancora in evoluzione, ma di grande interesse, è quello dell’Est Europa: campagne che ancora posseggono un “local flavour” che, mescolato con i nuovi trend, può produrre dei risultati particolarmente interessanti da tenere d’occhio nel prossimo futuro. Riorganizzare la forza lavoro per competere Secondo una ricerca di Accenture, i fornitori di servizi di comunicazione (Communication Service Providers, CSP) devono riorganizzare e riqualificare rapidamente la forza lavoro, affinché sia in grado di collaborare con le tecnologie intelligenti, se vogliono sfruttare le importanti opportunità di crescita promesse dalle nuove tecnologie. Una sezione dedicata al settore delle comunicazioni dello studio “Reworking the Revolution: Are you ready to compete as intelligent technology meets human ingenuity to create the future workforce?” ha messo in luce che tre quarti (77%) degli alti dirigenti (“CXO”) del settore delle comunicazioni coinvolti nello studio ritiene che l’adozione delle tecnologie intelligenti e dell’intelligenza artificiale (AI) sarà fondamentale

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SPECIALE

La forza dell’idea

Superare la frammentazione con campagne integrate

La visione dei professionisti del marketing sembra non concordare con quella dei consumatori Marketers view of strategy integration

Consumers view of campaign fit

89%

53%

46%

54%

48%

Desktop, mobile & TV

Across all

Between online and offline

Between different offline formats

Between different online formats

(58%) (48%)

(55%) (44%)

(59%) (50%)

(56%) (45%)

Global average W. Europe average

Same logo Logo, slogan e messaggio Same strapline/slogan sono considerati Same message il minimo per una Same visual theme Same brand personality/ character campagna integrata, Same celebrity ma gli sforzi Same kind of story non devono Same music/ soundtrack (audio-video content) Same overall style/ approach esaurirsi li

Same fundamental idea behind the ads Same color scheme Same joke/ type of humor Same website address Same person or person doing the voiceover (audio-video content) Same social media hashtag Something which is different from how all other brands advertise

39 35 31 24 18 18 17 17 16

20

12 7 6 5 5 5

“Il mondo connesso ha moltiplicato le op-

marketing e quella dei consumatori: sebbe-

connettivo tra tutti i contenuti e che deve es-

portunità di comunicazione e i consumatori

ne quasi il 90% dei primi, sia a livello globale

sere declinata in maniera integrata. Le cam-

si sentono oggi sopraffatti dalla pubblicità”,

che in Italia, ritenga che le proprie strategie

pagne con una forte idea centrale hanno una

afferma Stéphanie Leix, Creative Domain

siano integrate, solo la metà dei consumatori

performance migliore su tutti gli indicatori di

Lead - Insights, Kantar. “D’altra parte i re-

condivide questa valutazione. In realtà, una

brand (+ 64%), in particolare sulle associa-

sponsabili marketing cercano di sfruttare al

campagna su quattro tra quelle analizzate

zioni di immagine di marca (+ 91%). Poiché

massimo la moltitudine di canali e formati

non risulta essere ben integrata.

una comunicazione è definita dalla media di

pubblicitari per raggiungere i consumatori.

I consumatori si aspettano che le campagne

tutte le sue esecuzioni, e che ogni elemento

Purtroppo i risultati di questa proliferazione

multicanale forniscano elementi ricorrenti,

della campagna integrata contribuisce alla

di attività di comunicazione non sono sempre

che esista fil rouge evidente, oltre al logo

costruzione del brand, i responsabili mar-

positivi: l’ultimo report AdReaction di Kantar

e allo slogan. Ad esempio, la coerenza dei

keting dovranno individuare i canali più mi-

Millward Brown rivela una disconnessione tra

caratteri e della personalità dei protagoni-

rati in funzione del target e personalizzare i

il modo in cui i professionisti marketing e i

sti dei diversi comunicati della campagna

contenuti per ciascuno di essi, cercando un

consumatori percepiscono il successo della

contribuisce fortemente alla percezione del

equilibrio tra integrazione e specificità del

campagna”. Secondo lo studio, campagne

brand. Il report ha anche rilevato che tutti i

canale. Superando il rischio di frammenta-

pubblicitarie ben integrate e adattate ai di-

canali traggono vantaggio dalle sinergie, ma

zione. Una campagna integrata forte deve

versi canali accrescono l’efficacia della cam-

alcuni funzionano in modo particolarmente

essere abbastanza flessibile da consentire

pagna del 57%. Purtroppo, però, meno della

efficace l’uno con l’altro: ad esempio tv e Fa-

contenuti diversi e complementari, ma ab-

metà delle campagne testate sembra avere

cebook, o tv e outdoor.

bastanza coerente da collegare gli elementi

queste caratteristiche. Inoltre vi è discordan-

In ogni caso, le grandi campagne si distin-

chiave per salvaguardare l’unitarietà e la di-

za tra la percezione da parte dei responsabili

guono per una forte idea centrale che fa da

stintività della campagna.


digital innovation

per fare emergere la propria impresa sul mercato. Secondo le stime di Accenture, se i CSP investiranno appieno nell’Intelligenza Artificiale (IA) e nella collaborazione uomo-macchina, potrebbero vedere un incremento del 46% dei ricavi nei prossimi cinque anni, facendo inoltre crescere l’occupazione del 21%. Nonostante l’impiego dell’IA e dell’automazione tra i CSP sia in rapida crescita - con quasi i tre quarti (73%) dei CXO intervistati che prevede di automatizzare mansioni e processi nei prossimi 3 anni - la maggioranza (63%) pensa che le tecnologie intelligenti creeranno più posti di lavoro di quanti ne elimineranno. Inoltre, il 63% dei lavoratori presso i CSP ritiene che le tecnologie intelligenti avranno ripercussioni positive sul proprio lavoro, il 77% ritiene che le tecnologie contribuiranno a risparmiare tempo nell’esecuzione delle proprie mansioni e il 66% pensa che consentiranno di conciliare meglio lavoro e vita privata. Nonostante questo ottimismo, tuttavia, solo il 25% dei CXO ritiene che la forza lavoro sia pronta per lavorare con l’IA, e sia i lavoratori sia i CXO convengono che la riqualificazione rappresenti ancora una grande sfida. Solo il sei percento dei CXO intende aumentare significativamente gli investimenti in programmi di riqualificazione, mentre quasi la metà dei lavoratori (47%) e il 43% dei CXO vede nella mancanza di tempo da dedicare alla formazione durante la giornata lavorativa l’ostacolo principale allo sviluppo di nuove competenze. Si tratta di una sfida che i CXO dovrebbero affrontare immediatamente, poiché lo studio ha evidenziato che mentre fanno piani per la forza lavoro intelligente, i CXO stabiliscono già le priorità per la pianificazione avanzata della forza lavoro in base alle competenze necessarie per il futuro, ridefinendo i ruoli all’interno dell’organizzazione. In effetti, oltre la metà dei CXO (56%) ha iniziato a ripensare in parte i ruoli nelle proprie imprese e un ulteriore 32% lo ha già fatto in modo estensivo. “I CSP stanno adottando una serie di misure “no regret” per raggiungere l’efficienza, la velocità e la maggiore agilità organizzativa che sono ormai imperativi strategici,” ha affermato Michele Marrone, Senior Managing Director - Communication, Media & Technology Lead -

Accenture Italia. “I CSP si trovano di fronte a una grande opportunità: utilizzare l’IA e gli advanced analytics per guidare una nuova crescita. Devono, però, imparare a gestire la cosiddetta “intelligenza applicata”, l’implementazione rapida di nuove forme di collaborazione tra tecnologie intelligenti ed esseri umani. È per questo che per i business leader è di fondamentale importanza allineare il proprio personale a nuovi modelli di business e investire in programmi di riqualificazione innovativi per aiutare i propri dipendenti a creare nuovo valore”. Nello studio, Accenture offre tre consigli chiave per i CSP che si accingono a intraprendere l’avventura della trasformazione digitale: Ripensare il lavoro. Analizzare i compiti, non i ruoli, per poi ripartirle tra macchine ed esseri umani trovando il giusto equilibrio tra l’esigenza di automatizzare il lavoro e quella di potenziare le abilità delle persone. Un terzo (32%) dei responsabili di CSP coinvolti nello studio ha ripensato i ruoli all’interno delle proprie realtà e circa la metà (47%) ritiene che i profili professionali tradizionali stiano diventando obsoleti. Orientare il personale. Per competere con i disrupter digitali che stanno acquisendo le quote di mercato dei CSP, questi ultimi devono concentrarsi su aree che liberino nuove forme di valore, facendo evolvere la cultura aziendale da un modello transazionale a uno basato sull’innovazione. Potenziare le “nuove capacità”. Investire in forme innovative di riqualificazione affinché i dipendenti di ogni livello siano in grado di lavorare con le macchine intelligenti. “Mentre la maggior parte dei CSP sta investendo in tecnologie intelligenti, solo all’incirca uno su sei intende aumentare significativamente le risorse destinate a programmi di formazione per creare nuove competenze”, ha dichiarato Marrone. “Questo indica che si stanno lasciando sfuggire una grande opportunità di fornire ai propri dipendenti le capacità necessarie per lavorare con le macchine intelligenti e perseguire una crescita competitiva”.

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SPECIALE

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Connexia

Tecnologia creatività e dati Innovazione è apertura verso una nuova dimensione, chiave imprescindibile per accreditarsi verso i nuovi consumatori. Un processo che parte, in primo luogo, dal cambiamento del mindset aziendale.

Paolo D’Ammassa

Massimiliano Trisolino

CEO

Chief Strategy Officer

Cosa significa parlare di digital innovation oggi? D’Ammassa - Oggi l’innovazione digitale è pervasiva e abbraccia tutti gli ambiti aziendali, i modelli di business, di processo, di comunicazione, e non può non procedere di pari passo con lo sviluppo di una nuova visione aziendale. Marketing automation, hackaton, Intelligenza Artificiale, voice control, big & small data, blockchain, machine learning, internet of things, biometrics technology, solo per citare alcune delle keyword più attuali e più frequentemente oggetto di discussione e confronto, finite nel giro di pochi anni sui tavoli di molte organizzazioni aziendali. Tematiche nuove, che intervengono come naturale conse-

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guenza, nel determinare il cambiamento a più livelli. Innovare significa aprirsi a una nuova dimensione e “innovare” rappresenta la sola e unica chiave imprescindibile per chi punta ad accreditarsi verso i “nuovi” consumatori. Prendiamo spunto, per esempio, dal tema dell’Intelligenza Artificiale: dati e algoritmi stanno diventando rapidamente la nuova intelligenza comune, condivisa, scalabile e dannatamente precisa. L’AI è già una presenza tangibile nella nostra realtà quotidiana e si appresta a rivoluzionare processi e dinamiche organizzative. Ambiti di applicazione più business sono già on air: i bot, in piccolo, iniziano a settare una prima possibilità di utilizzo dell’AI per ogni tipologia di business,

calibrando alla perfezione i terrori di utilizzo e sfruttandone le vere potenzialità. Lo sdoganamento nella quotidianità comune è il prossimo passo. In particolare, voi su quali tematiche indirizzate maggiormente la vostra attenzione? Trisolino - In Connexia crediamo che l’innovazione sia prima di tutto un processo che parte dal cambiamento del mindset aziendale. Per questo, oltre a studiare, sperimentare e applicare nella logica “lean thinking” tutti i principali trend innovativi che vanno a impattare in maniera importante in ambito marketing, comunicazione e business, adottiamo metodologie di lavoro innovative e di condivisione immersiva con tutti i nostri clienti: organizziamo hackaton, sfidiamo le loro logiche di business con competition che coinvolgono i nostri professionisti, coordiniamo regolarmente vision meeting. A livello organizzativo d’agenzia, poi, una unit di Innovation dedicata lavora trasversalmente su tutti i progetti, con un approccio agile e un focus sulle industry che stanno attraversando processi di digital transformation significativi: il nostro obiettivo resta quello di accelerare processi di comunicazione e business dei nostri clienti, aiutandoli a mixare tecnologia, creatività e dati con un approccio strategico e fortemente orientato agli obiettivi. Come mutano le modalità di studio e di analisi dei comportamenti delle audience di riferimento? Trisolino - Social media, digital environment, cross-channel context, solo per citarne alcuni, sono i pilastri di studio e di analisi delle audience che consentono di trarre insight rilevanti. I dati sono ovunque e, potenzialmente, infiniti: il valore distintivo è rappresentato dall’analisi e dalla correlazione con indicatori di business e di arricchimento dei dati già in possesso delle aziende, per le quali uno degli obiettivi primari resta


digital innovation

Case study: Welcom Travel Group #ReThink Travel CompetitioN Pensato per innovare business

ader del mercato viaggi come

sare e riprogettare il modello di

lante per i team di lavoro, ma an-

model, customer experience e

Alpitour World e Costa Crociere,

business di Welcome Travel in

che un tool scalabile su qualsiasi

comunicazione aziendale, il ser-

abbiamo costruito una business

un’ottica nuova, ci ha permesso

organizzazione che, in questo

vizio #ReThink è stato messo a

competition con il coinvolgimen-

di individuare una shortlist dei

specifico caso, ha permesso di

punto da Doxa e Connexia per

to di 20 team di lavoro, formato

tre business concept con il re-

generare dati e indicazioni in-

facilitare i soggetti aziendali nel

da 5 professionisti cadauno. Il

spiro creativo più ampio e l’ap-

teressanti su quello che sarà il

cambiamento di approccio al

gruppo con l’idea più originale,

proccio innovativo più originale.

futuro del mondo dei viaggi, un

mercato di riferimento e nella

efficace e sostenibile, si è aggiu-

Una speciale giuria ha infine de-

“valore” decine di volte superio-

ri-definizione di una mentalità

dicato un premio finale. Una pri-

cretato il progetto vincitore as-

re al valore del premio in palio.

strategico-operativa aperta ai

ma valutazione intermedia delle

soluto, rispetto al quale l’azienda

Il premio per i componenti del

nuovi trend.

proposte progettuali, condotta

ha tratto spunti di riflessione e

team vincitore: un soggiorno di

Group,

secondo i parametri di fattibilità,

insight significativi per il futuro

quattro giorni a New York, in li-

distribuzione

innovazione e disruptive thin-

sviluppo del proprio business.

nea con lo spirito delle innova-

turistica partecipato da due le-

king, ovvero la capacità di ripen-

Si è rivelata un’occasione stimo-

tion competition.

Per

Welcome

operatore

della

Travel

misurare e migliorare la customer experience. Con tutto il supporto che ci proviene dal Gruppo Doxa abbiamo, inoltre, la possibilità di integrare costantemente ricerche e digital insight, per fornire ai manager delle aziende nostre clienti strumenti decisionali impattanti. Aumentano i touchpoint, nuove funzioni agevolano la comunicazione mobile, le strategie diventano social ... I sistemi di integrazione e di misurazione evolvono di pari passo? Trisolino - In un contesto che evolve e si arricchisce in maniera sistematica di touchpoint e nuovi modelli di comportamento, la misurazione assume un ruolo ancora più essenziale. Misurare non significa solo valutare gli scostamenti tra gli indicatori di partenza e quelli finali. Misurare significa fornire strumenti che consentono di realizzare una misurazione quasi in real time. L’Intelligenza Artificiale e gli algoritmi di machine learning, ad esempio, possono aiutare a creare dinamicamente metriche di valore e a costruire operazioni di comunicazione e business pressoché istantanee. Lato piattaforme e strumenti di data measurement, siamo ormai a livelli di

dettaglio elevatissimo: la vera differenza risiede nella capacità di interpretazione del dato e nell’abilità nel creare modelli consistenti di correlazione tra le diverse metriche in funzione degli obiettivi di singole campagne o progetti. Come è possibile e che ruolo ha la strategia a lungo termine, in un’epoca in cui tutto avviene in real time? D’Ammassa - Ogni strategia messa a punto da Connexia ha un primissimo fondamento, che è il vero cuore di ogni nostro approccio ai progetti: il dato. Contesti, scenari, comportamenti, trend e prediction: la base dati, sia statica sia real time, necessita di competenze specifiche di analisi, interpretazione e visione. Lavorando fianco a fianco con Doxa abbiamo la possibilità di accedere a metodologie di integrazione tra analisi del dato, strategia e creatività unica nel panorama italiano: team multidisciplinari integrati Doxa e Connexia ogni giorno disegnano strategie di comunicazione e di business misurabili. La frequenza del dato non deve essere vissuta come un’ossessione, anche se viviamo in una logica dei “micromoments” e del realtime: bisogna conoscere quali sono gli indicatori

che possono diventare le fondamenta di un approccio strategico, quasi come se, in un contesto di straordinaria abbondanza di dati e informazioni, fosse più rilevante lavorare in sottrazione. Si può dire che tecnologia e creatività non siano mai state tanto connaturate quanto oggi? D’Ammassa - Viviamo un momento eccezionale per quel che riguarda l’ambito della comunicazione, un contesto unico per le aziende giovani che vogliono crescere rapidamente, ma anche per quelle che hanno costruito la marca decenni fa, quando i paradigmi del marketing erano lontanissimi da oggi, e che sono pronte a innovare. La tecnologia ha cambiato, e sta cambiando, molte regole, smontando convinzioni consolidate e diventando argomento accessibile e trasversalmente “desiderato”, non più un’esclusiva prerogativa degli IT manager. La creatività, dal canto suo, vive un momento molto delicato ed è sotto l’occhio attento dei decisori aziendali e degli addetti ai lavori. Eppure la scintilla tra queste due “anime” è definitivamente scoccata: sta a noi comprenderne il vero valore e saper creare esperienze uniche per le marche e i consumatori.

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SPECIALE

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Publicis Media Italy

La sfida della rilevanza Il native adv è una delle tendenze più interessanti degli ultimi anni. Ma native advertisting, adv blindness, adv blocker sono tutti sinonimi di un mercato in grande evoluzione o la fine di un’era?

Alessandro Tomaiuolo Content Practice Lead Publicis Media Italy

“Si parla spesso ultimamente di native adv proponendolo come una possibile soluzione per contrastare l’utilizzo degli adv blocker e, più in generale, l’adv blindness ossia l’indifferenza nei confronti della pubblicità”, esordisce Alessandro Tomaiuolo. “Quest’ultima in particolare è un chiaro segnale di indebolimento dell’attenzione verso i formati pubblicitari. Le persone, ormai abituate a usare quotidianamente Internet, hanno una capacità sempre maggiore di identificare gli spazi pubblicitari contenuti nelle pagine web e la loro attenzione si focalizza in maniera spontanea, quasi inconscia, esclusivamente sul contenuto d’interesse. Inoltre, in seguito alla moltiplicazione

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dei touchpoint e alla proliferazione degli annunci a cui giornalmente siamo esposti, declinati con formati sempre più piccoli per adattarsi ai device o viceversa molto impattanti per colpire l’attenzione, si manifesta una crescente repulsione alla pubblicità. In questo contesto, dove alle criticità legate all’economia dell’attenzione si sommano quelle inerenti il tema della privacy, la creatività si trova a non essere più la sola padrona dello spazio pubblicitario. La rilevanza diventa il vero mantra. Il native adv rappresenta una possibile soluzione in quanto risponde alle necessità dei brand rispettando la fruizione dei contenuti da parte degli utenti”.

Il native adv è la soluzione a questo calo di attenzione? È questo a guidare la sua crescita? Il native adv è una delle tendenze più interessanti degli ultimi anni con Facebook e Google player di primo piano per gli investimenti di mercato e lo sviluppo del comparto. In Italia, nel 2017, il native adv è cresciuto del +27% rispetto all’anno precedente e il trend a doppia cifra sembra confermato anche dalle previsioni 2018 (fonte: Osservatorio Internet Media Politecnico di Milano e IAB Italia). Alcuni dei motivi di questa crescita sono esogeni: dalla crisi della display tradizionale, considerata troppo invadente, alla crescita del fenomeno dell’ad-blocking; dal tema dell’adv blindness alla richiesta da parte dei brand di viewability e brand safety. Tutte queste esigenze del mercato hanno trovato una risposta nei formati native adv, a cui si è aggiunta una crescita di investimento in content marketing da parte dei clienti, sviluppi tecnologici implementati dagli operatori del settore (come ad esempio il programmatic) e la pianificazione data-driven (DMP). Un altro driver importante per il native adv nel 2018 è sicuramente il mobile dove sempre di più si concentrano il traffico online e le opportunità di accesso al dato. Anche in questo ambito, Facebook e Google si confermano come player di primo piano per gli investimenti del mercato e lo sviluppo del native adv. Native e contenuti viaggiano quindi insieme di pari passo? Il native adv si inserisce come prima leva del content marketing con l’obiettivo di selezionare gli utenti veramente interessati e portarli ad atterrare sui contenuti del brand. Si tratta di uno strumento molto efficace e flessibile come veicolo di traffico in quanto il livello di gradimento presso il pubblico è elevato. La sfida vera


digital innovation

Il nostro approccio L’anno del Content On Demand Un approccio native corretto

delle soluzioni che prevedono

necessita di un mix di compe-

l’ottimizzazione di tutti i formati,

tenze difficili da trovare sul mer-

combinando dati e creatività per

cato: un analista che si occupi di

ottenere le massime performan-

keywords, un motore semantico

ce sui contenuti. Inoltre il 2018 è

in grado di funzionare corretta-

l’anno del lancio di Content On

mente, una creatività e un copy

Demand, prodotto Publicis Me-

stimolanti dotato di una delive-

dia già attivo in diversi mercati

nerati dalle campagne. Un unico

al cliente una vera scalabilità dei

ry che segua una strategia data

europei e internazionali. Si tratta

contenuto, creato e approvato in

propri contenuti e agli utenti una

driven. Per queste ragioni, come

di una soluzione evoluta di native

accordo con il brand, deliverato

fruizione degli stessi in canvass in

Practice Content all’interno di

advertising, che sfrutta la qualità

simultaneamente in contextual

linea con i propri interessi. Insom-

Publicis Media Italy, stiamo pun-

degli editori, la visibilità dei for-

advertising su di un network

ma un prodotto tecnologico che

tando sullo sviluppo di piatta-

mati in feed e permette inoltre di

premium di publisher. Una solu-

siamo sicuri porterà dei vantaggi

forme proprietarie. Abbiamo già

avere controllo totale dei dati ge-

zione che permette di garantire

ai clienti del gruppo.

consiste nell’ideare contenuti nativi ad hoc, tenendo conto di alcuni aspetti fondamentali: la rilevanza del contesto e del messaggio, l’inserimento all’interno di una strategia di contenuto e la scelta di criteri qualitativi per la valutazione. Costruire messaggi rilevanti significa personalizzare e contestualizzare il contenuto, inserire parole chiave e immagini che possano intercettare l’attenzione del target facendo leva sui suoi interessi e sui trend del momento. Il concetto di creatività dinamiche applicato ai contenuti nativi offre soluzioni concrete da questo punto di vista: è possibile costruire decine di messaggi pensati su misura per i diversi cluster, come se fossero tanti punti di vista sullo stesso contenuto del brand. Alcune piattaforme sul mercato hanno già sviluppato la possibilità di generare creatività dinamiche che si modificano in base al contesto e al singolo utente. La tecnologia permette di pianificare anche una strategia real-time, legando i messaggi del brand a fatti di cronaca o trend online.

Ma come si creano messaggi rilevanti? Innanzitutto inserendo il native adv all’interno di una strategia di contenuto data-driven: attraverso l’analisi della rete e i dati della search è possibile individuare i cluster semantici da presidiare, i territori di interesse per loro più rilevanti e i trend di stagionalità a cui sono sottoposti. Il risultato è un set di keyword che guidano non solo la creazione degli annunci native e del contenuto del brand, ma permettono inoltre di selezionare il contesto editoriale più adatto. L’approccio semantico è fondamentale anche in termini di brand safety: keyword positive e negative permettono alle piattaforme di delivery di escludere contenuti indesiderati. In questo contesto, rispetto alla display classica, una campagna di native adv deve essere guidata da KPI essenzialmente qualitativi (come ad esempio il CTR, il tempo speso sulla pagina, le interazioni con il contenuto) che permettano di valutare l’interesse del lettore e

l’efficacia non solo del messaggio ma anche del contenuto stesso. La maggior parte delle piattaforme di native adv presenti sul mercato è in grado di tracciare le performance qualitative e ottimizzare la delivery nel corso della campagna seguendo l’utenza che si dimostra più interessata. L’approccio data-driven e la metrica qualitativa rendono quindi il native adv il primo step ideale di una strategia di contenuto soprattutto in un’ottica di comunicazione always-on del brand. Il tracciamento delle performance qualitative permette la costruzione di cookie pool di cluster altamente qualificati in termini di engagement, che possono essere utilizzati per strategie di retargeting via native, in programmatic, o anche sui social, attraverso custom audience di Facebook ad esempio. In termini di CTR, gli utenti esposti a campagne di retargeting registrano performance fino a 6 volte superiori rispetto a un annuncio standard, un risultato molto promettente se pensato in una strategia di medio-lungo periodo.

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Teads

Andare oltre il funnel Il vecchio modello lineare del funnel è morto. Le scelte del consumatore si contrappongono, si intersecano e si aggrovigliano aprendo nuove sfide per i brand.

Dario Caiazzo Managing Director Teads Italia

“Se c’è una cosa che non manca nel panorama digitale di oggi, sono le innovazioni”, esordisce Dario Caiazzo. “Blockchain, intelligenza artificiale, strategie data driven hanno ancora il sapore di un’evoluzione futuristica quando, in realtà, fanno a tutti gli effetti parte della nostra quotidianità. Ma dietro a tutti questi concetti così rivoluzionari, c’è un motore comune, che secondo me rappresenta la vera innovazione: finalmente publisher, advertiser, utenti

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Advertiser Communication Strategies

stanno iniziando a prestare attenzione e ad avere a cuore la qualità. Da due anni a questa parte, Teads sta promuovendo una campagna di Clean Advertising per sensibilizzare il mercato e creare una coscienza comune. Da ben più a lungo, evangelizziamo sull’importanza della sostenibilità dell’advertising. La vera innovazione si è messa in moto e sarà un dovere di tutte le tech company lavorare sodo per far sì che la qualità sia il nuovo standard minimo”.

Qual è oggi la sfida più importante che i brand devono fronteggiare? La sfida più ardua per i brand è quella di riuscire a stare dietro a un percorso d’acquisto che cambia forma e orientamento a un ritmo quasi quotidiano. Il vecchio modello lineare, quello del funnel, è morto da tempo, sostituito da un modello decisionale circolare, in cui il brand è sottoposto a un continuo giudizio da parte del consumatore. Ma oggi, ogni innovazione ridisegna il percorso da capo, crea nuovi touchpoint, che generano un’entusiasmata confusione nel consumatore. Le sue scelte sono un continuo andare e venire e poi tornare, le strade percorse nel processo decisionale si intersecano e si aggrovigliano, per districarsi solo nel momento dell’acquisto finale. Quello tra brand e consumatore è diventato un tango: bruschi cambi di direzione di chi guida, il consumatore, intervallati da momenti di fluidità in cui il brand riesce ad avere l’attenzione del suo partner. Per questo oggi pensare una strategia pubblicitaria rilevante non è più un’opzione, è un imperativo. Da parte degli advertiser sta crescendo la richiesta di brand safety; nelle nuove tecnologie c’è una risposta a questo bisogno? Se è vero che proteggere il brand ha sempre rappresentato un interesse molto vivo per gli advertiser, è altrettanto vero che il bisogno si è fatto più intenso al moltiplicarsi dei pericoli, con l’online. Gli ultimi scandali hanno rischiato di provocare una profonda frattura nel rapporto di fiducia tra gli inserzionisti e la industry. Per mantenere integro questo delicato equilibrio, chi mette a disposizione la tecnologia deve fare uno sforzo in più, impegnandosi a garantire, non solo a promettere, sicurezza. Teads ha particolarmente a cuore il tema. Per questo, tutti i nostri sforzi in direzione


digital innovation

Sustainable Advertising Clean Advertising, sinonimo di qualità Clean Advertising è la campagna

Clean Advertising è, comples-

di esposizione all’annuncio insuf-

che Teads promuove dal 2017 e

sivamente, sinonimo di qualità.

ficiente a stimolare un vero inte-

che ruota attorno a tre concetti

L’ecosistema pubblicitario onli-

resse da parte dell’utente. Teads

chiave: brand-safety, viewabili-

ne è esposto a pericoli ormai

si impegna nella missione di “ri-

ty e assenza di frodi. Si tratta di

noti, quali frodi, posizionamento

pulire” il web da queste proble-

un’evoluzione del concetto di Su-

in ambienti editoriali ambigui,

matiche, garantendo il 100% di

stainable Advertising, primo mo-

associazione con concetti che

viewability, meno dell’1% di frodi

tore della filosofia dell’azienda e

rischiano di compromettere la

e un ampio numero di soluzioni a

della nascita dell’inRead stesso.

reputazione del brand e tempo

favore della brand safety.

brand safety sono supportati da partner di terze parti come Double Verify, che identifica il traffico fraudolento, e Grapeshot, che attiva un keyword targeting negativo. Insieme, ci permettono di garantire un tasso di ad-fraud minore dell’1%, un risultato particolarmente positivo rispetto agli standard di mercato Come si coniugano qualità e viewability? Per rispondere a questa domanda è doveroso fare una premessa: non credo che gli standard attuali corrispondano a una viewability di qualità. Lo standard dei due secondi è completamente insufficiente a dimostrare un effettivo interesse nell’annuncio da parte dell’utente. Molto più indicativo è, secondo noi, il concetto di completion rate, cioè view complete / start, che Teads si sta impegnando a valorizzare. In questo caso, il risultato indica la percentuale di tempo che l’utente ha speso sull’annuncio, verosimilmente a seguito di una scelta e di un certo grado di interesse. A questo punto si può parlare anche di un rapporto di causa-effetto tra qualità del contenuto e viewability. Se il contenuto rispetta certi canoni di qualità e il contesto soddisfa gli stessi standard, allora

l’intera esperienza di navigazione ed esposizione pubblicitaria sarà qualitativamente gratificante per l’utente. Questo si traduce in automatico in un maggiore tempo di permanenza sul contenuto pubblicitario e anche in una permanenza migliore, più benvoluta e più interessata. Come viene utilizzato e come sta evolvendo l’outstream video? L’outstream video è stata una vera rivoluzione di cui siamo stati i primi promotori e ideatori. Si tratta di una soluzione tecnologica che viene utilizzata per valorizzare una inventory dove non sono presenti altri video, pensata per offrire agli editori revenue addizionali e incrementali. L’outstream advertising è un modo nativo per garantire alti livelli di viewability, ad recall, memorability. Tra contenuto e contesto esiste, infatti, un legame che deve essere pensato in maniera strategica: tra i due ci deve essere coerenza semantica e lo stesso deve avvenire con gli interessi del target. È uno strumento di branding non instrusivo per gli utenti e tendenzialmente viene venduto a CPCV, che a oggi rappresenta il 30% del mercato italiano e il 53% del mercato UK.

NESSUNO PAGAREBBE PER UN'AUTO A METÀ, PERCHÈ FARLO PER LA PUBBLICITÀ?

100% viewability garantita teads.tv/viewable-marketplace

Non si può parlare di innovazione senza pensare all’intelligenza artificiale: come vedete il prossimo futuro in tal senso? Credo che l’innovazione più potente legata all’intelligenza artificiale sia il ritorno massiccio all’umano, che non prescinde dalla tecnologia, come faceva un tempo, ma si sviluppa a partire da essa. Ne abbiamo già avuto un assaggio. Si pensi ai chatbot e agli assistenti vocali, che si sono intrufolati anche nel mondo dell’advertising e che, pur essendo l’essenza della “macchina”, riproducono la natura dialogica di rapporti tipicamente umani come quello tra commesso e cliente. O agli esempi di trailer costruiti artificialmente, ma nel rispetto di una certa chiave emozionale. O ancora alla tendenza immancabile alla personalizzazione, che si manifesta nelle sue forme più estreme nella DCO e nella precisione di targeting delle tecnologie programmatic. Siamo nell’era delle pubblicità capaci di auto-assemblarsi per rispecchiare gli interessi, i gusti, oserei dire quasi le personalità degli utenti. Una rivoluzione simile costringerà a ripensare i processi creativi, che andranno incontro a una sempre maggiore automatizzazione, ma che non potranno comunque mai fare a meno del khow how creativo umano.

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SPECIALE

go to website

VANGOGH

Orientarsi in un mondo fluido Ci sono pittori che dipingono il sole come una macchia gialla, ma ce ne sono altri che, grazie alla loro arte e intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole.

Max Galli CEO vanGoGh

“Trasformare macchie gialle in Sole è quello che facciamo tutti i giorni e dovrebbe essere l’obiettivo di ogni persona che lavora in ambito digitale, creativo e di marketing”, esordisce Max Galli. “Questa metafora è facilmente applicabile all’innovazione digitale e al momento storico, che amo definire “fluido”. Saper innovare non significa solamente inventare nuove tecnologie, nuovi device, ma capire come usare meglio, trasformare e semplificare ciò che la tecnologia ci mette a disposizione. L’evoluzione tecnologica deve essere direttamente proporzionale alla semplicità di utilizzo e all’essenzialità che le interfacce dei device odierni e futuri dovranno avere, per favorire l’accesso alle informazioni all’eterogeneità di persone che ne usufruiranno. Proprio parlando di persone, varrebbe la pena di aprire un dibattito interessante per

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Advertiser Communication Strategies

affrontare ciò che recentemente negli stati uniti è stata definita una bomba a orologeria, il “silver tsunami”, cioè l’invecchiamento globale della popolazione. Nel 2050 le persone con più di 65 anni saranno più di 2 miliardi e mezzo. Quanti di noi, oggi, progettano un’interfaccia tenendo conto delle difficoltà che una persona anziana ha nel relazionarsi con un contenuto complesso da individuare, difficile da cliccare, o troppo piccolo per essere letto? Una discriminazione verso una popolazione sempre più anziana. In Italia, questa circostanza ha un nome: “ageismo”. E, come definisce in maniera eccellente Nicola Palmarini, “ci sarà vietato essere vecchi”. Anche la comunicazione può e deve contribuire ad abbattere questa forma di discriminazione evitando l’errore di credere che questo evento avrà impatto solo sul prossimo futuro”.

Che impatto avrà l’evoluzione tecnologica sulla quotidianità degli individui? In tema di innovazione non possiamo non tener conto dell’impatto che hanno e che avranno quelle tecnologie chiuse sotto il cappello dell’Artifical Intelligence, cioè sistemi hardware e software dotati di capacità tipiche dell’essere umano: interazione con l’ambiente, apprendimento e adattamento, ragionamento e pianificazione. Non vedo limiti né confini nell’applicazione dell’AI: auto che si guidano da sole, elettrodomestici che ci segnalano le necessità famigliari, robot che assisteranno gli anziani, assistenti personali che ci consiglieranno quali prodotti acquistare. Mentre dovremmo interrogarci su quale sarà il ruolo della comunicazione in questi scenari futuri. Il tema alimenta molte domande. Servirà ancora avere un sito? Oppure l’accesso ai 50 miliardi di oggetti interconnessi che si prevede ci saranno nei prossimi duetre anni renderanno futili le piattaforme di distribuzione di contenuti come le intendiamo oggi? Cosa cambierà per le aziende che dovranno necessariamente comunicare i propri servizi e/o prodotti? Dovremmo probabilmente immaginarci nuove piattaforme di distribuzione di contenuto di brand e di prodotto, e dialogare in maniera più verticale con le persone, rilasciando informazioni e servizi sempre più mirati e in linea con le esigenze dei nostri interlocutori, grazie alla mole di dati che noi utenti giornalmente, a volte anche inconsapevolmente, rendiamo disponibili. Quali sono le implicazioni etiche di questa evoluzione? Dare in pasto miliardi di informazioni dei consumatori a nuove Intelligenze Artificiali in grado di condizionare i comportamenti d’acquisto attraverso proposizioni mirate, rappresenta una deriva etica controversa che


digital innovation

Il “Digital Thinking” di Max Galli in un libro Passioni ispirazioni e utopie di un comunicatore visionario Un

iniziato

rarci e allora può diventare qual-

rienze, d’innovazione, di cultura

verso la metà anni ‘90. Una mis-

percorso

cosa di infinitamente più grande.

digitale, di fallimenti, successi e

sione da compiere, divulgare

E io avevo un sogno, creare la

sogni, raccontati in 200 pagine.

il verbo digitale. Utopie? Amo

miglior agenzia di comunicazio-

Il libro è intitolato “Digital Thin-

le utopie. Olivetti diceva che “il

ne con un’anima digitale. Un’a-

king”, Passioni ispirazioni e uto-

termine utopia è la maniera più

genzia con le persone al centro,

pie di un comunicatore visio-

comoda per liquidare quello che

dove l’efficacia, la cura e il rag-

nario. Io dico spesso che nulla

non si ha voglia, capacità o co-

giungimento degli obiettivi del

accade se prima non c’è un

raggio di fare”.

cliente passano attraverso la

sogno. Per me è stato così.

Un sogno sembra un sogno, fino

soddisfazione e il benessere del

Mi auguro che questo libro,

a quando non si comincia a lavo-

team. Venticinque anni di espe-

possa alimentare i vostri.

divide l’opinione pubblica. L’etica, parola spesso incompresa, può anche essere definita come la ricerca dei criteri che consentano all’individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri. Di quale libertà godremo in futuro se una qualche intelligenza artificiale, magari guidata da un brand, sceglierà per noi? Dovremo abituarci a pagare un prezzo per godere dell’utilizzo dell’AI e correre il rischio che un software possa manipolare i nostri desideri e il nostro comportamento d’acquisto, dando voce alle indicazioni di un brand. A proposito di voce, questo è un altro ambito in continua evoluzione... Siamo ancora nell’epoca delle interazioni consapevoli, il tocco sul tablet e sullo smartphone, il click con il mouse. Il futuro presente, vede “l’interazione vocale” come strumento di comunicazione con i nostri device,

digitale

ambito in cui tante aziende, tra cui Google, stanno facendo grandi investimenti. A mio avviso però sarà “l’interazione inconscia” a guidare la comunicazione del futuro. I nostri sempre più numerosi wearable device comunicheranno con noi e per noi con altri device, interagendo con l’ambiente circostante, suggerendoci informazioni, luoghi, prodotti, comunicazioni pensate su misura per le nostre esigenze, senza che noi lo si chieda in anticipo. Il concetto di “su misura” è uno di quelli su cui si focalizzano le vostre tecnologie digitali... Abbiamo avuto modo di creare, testare e comunicare un progetto pluripremiato, di “customizzazione digitale in 3D” legato al mondo dell’occhialeria: PQ by Ron Arad, un’azienda americana con un creativo d’eccezione, l’archistar Ron Arad. Abbiamo messo in atto una strategia di comunicazione multicanale,

partendo da indagini sul sentiment del brand e sulla percezione dei consumatori, abbiamo analizzato la concorrenza e individuato una strategia di comunicazione coerente con gli obiettivi dell’azienda. Una strategia Social con piani editoriali differenti per canale e country. Abbiamo creato video in 3D e un sito all’avanguardia www.pqbyronarad.com che aveva il compito di raccontare il brand, il prodotto ma soprattutto spiegare ai consumatori come sarebbe stato possibile customizzare un paio di occhiali rendendoli di fatto unici. Ne è nata un’applicazione, disponibile per ora solo negli Stati Uniti, che permette, una volta scansito il volto in 3D, la scelta del modello di occhiali preferito e la sua customizzazione, andandone a modificare forma, dimensione, lenti, inclinazione, fino ad arrivare alla stampa in 3D del modello scelto, di fatto rendendo ogni occhiale unico e adatto alle imperfezioni di ciascun viso. Un progetto meraviglioso che ha visto la nostra agenzia in prima linea con una sperimentazione continua e un approccio omnicanale alla comunicazione. Ancora una volta gli “Innovative Thinkers” di vanGoGh sono riusciti a “trasformare una macchia gialla in un sole”.

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Fascicolo speciale di ADVERTISER Communication Strategies

estratto da

Advertiser Communication Strategies N°1 - Febbraio 2018 www.advertiser.it Registrazione roc:17898 Registrazione Tribunale di Milano n°886 del 14/12/1989

Editore

TVN srl Corso Magenta, 85 20123, Milano (MI)

Direttore Responsabile Massimo Bolchi


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