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IL PERSONAGGIO
one della prima comunità a el 1831, nell’edificio della , che ora ospita l’Opera a, fu molto travagliata. Pur so energie e risorse dovette la dopo quattro anni. Anche la ne di parroco a Rovereto durò no. Le sue iniziative pastorali gradite al governo, mentre la ne aveva grandi benefici ed econom ici. Ne sono nza i luoghi che nel trascorrere sono stati dedicati a lui. Sia il o che gli altri luoghi dedicati a niano la stima verso di lui frutto sua opera benefica in città: il lo, l’Oratorio, il Liceo. La via Francesco Paoli, e la via ebora ricordano due sacerdoti eccellenti. La costruzione otto de llo Spino fu accelerata buona reputazione diffusa tra la une, quale il mugnaio di Spino la sorgente al Comune a patto osmini a stabilire il prezzo. a che ha toccato tante famiglie zione toccò anche lui.
Prepositura, che ora ospita l’Opera universitaria, fu molto travagliata. Pur avendo speso energie e risorse dovette abbandonarla dopo quattro anni. Anche la sua missione di parroco a Rove t d ò solo un anno. Le sue iniziative non erano gradite al governo, m popolazione ne aveva grandi spirituali ed econom ici. N testimonianza i luoghi che nel tr del tempo sono stati dedicati a monumento che gli altri luoghi d lui testimoniano la stima verso di anche della sua opera benefica i Corso, l’Asilo, l’Oratorio, il Lice dedicata a Francesco Paoli, Clemente Rebora ricordano due rosminiani eccellenti. La co dell’acquedotto de llo Spino fu a grazie alla buona reputazione diff gente comune, quale il mugnaio che cedette la sorgente al Comun che fosse Rosmini a stabilire il pre il Liceo. La via dedicata a Francesco Paoli, e la via Clemente Rebora ricordano due sacerdoti rosminiani eccellenti. La costruzione dell’acquedotto dello Spino fu accelerata grazie alla buona reputazione diffusa tra la gente comune, quale il mugnaio di Spino che cedette la sorgente al Comune a patto che fosse Rosmini a stabilire il prezzo.
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L’esperienza che ha toccato tante famiglie nell’emigrazione toccò anche lui. Nel 1835 dovette attendere ben cinque mesi prima di avere il passaporto per ritornare da Rovereto a Stresa. Nel frattempo, comunque, preparò un libro di filosofia. Si fece costruire appositamente uno scrittoio di legno di larice semplicissimo, neppure verniciato, ben diverso da altri scrittoi e tavoli di legni pregiati che ci sono ancora adesso nella Casa Natale. Egli era ormai religioso, col voto di povertà, e quindi viveva con poco lavorando molto Dai suoi scritti è venuto per tutti un beneficio grazie anche alla sua dottrina giuridica. La persona è messa da lui al primo posto, lo Stato non è la sorgente, ma è il regolatore dei diritti delle persone, delle famiglie, delle associazioni. Il suo pensiero giuridico era ben presente tra i componenti che prepararono la Costituzione italiana, stimata come una delle migliori nel mondo. Dovunque siate voi italiane e italiani, ricordatevi che, anche se è stato necessario emigrare, l’Italia è grande nella capacità di incontro con tutte le culture. e ben cin o per rito tempo, co . Si fece o di legno niciato, be egni pregi sa Natale povertà, o molto scritti è venuto per tutti un benefic anche alla sua dottrina giuridica. L a p messa da lui al primo posto, lo Stato sorgente, ma è il regolatore dei dir persone, delle famiglie, delle associ suo pensiero giuridico era ben prese componenti che prepararono la Cos italiana, stimata come una delle mi mondo. Dovunque siate voi italiane ricordatevi che, anche se è stato n emigrare, l’Italia è grande nella ca incontro con tutte le culture.
L’esperienza che ha toccato tante famiglie nell’emigrazione toccò anche lui.
II grandi uomini non spuntano dal nulla.
Antonio Rosmini, un grande trentino, ha messo a frutto i doni offertigli nel suo territorio, ed è diventato un grande uomo formatore di altri grandi uomini.
Ora «emigra» ovunque è conosciuta la sua opera e la sua famiglia religiosa.
I I g r a n d i u o m i n i n o n s p u n t a n o d A n t o n i o R o s m i n i , u n g r a n d e t r e n m e s s o a f r u t t o i d o n i o f f e r t i g l i t e r r i t o r i o , e d è d i v e n t a t o u n g r a n d f o r m a t o r e d i a l t r i g r a n d i u o m
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Nel 1835 dovette attendere ben cinque mesi prima di avere il passaporto per ritornare da Rovereto a Stresa. Nel frattempo, comunque, prepa rò un libro di filosofia. Si fece costruire appositamente uno scrittoio di legno di larice semplicissimo, neppure verniciato, ben diverso da altri scrittoi e tavoli di legni pregiati che ci sono ancora adesso nella Casa Natale. Egli era ormai religioso, col voto di povertà, e quindi viveva con poco lavorando molto Dai suoi scritti è venuto per tutti un beneficio grazie anche alla sua dottrina giuridica. L a persona è messa da lui al primo posto, lo Stato non è la sorgente, ma è il regolatore dei diritti delle persone, delle famiglie, delle associazioni. Il suo pensiero giuridico era ben presente tra i componenti che prepararono la Costituzione italiana, stimata come una delle migliori nel mondo. Dovunque siate voi italiane e italiani, ricordatevi che, anche se è stato necessario emigrare, l’Italia è grande nella capacità di incontro con tutte le culture.
MUSEO CASA NATALE DI ANTONIO ROSMINI a cura di Padre Vito Nardin
Affacciata su una delle vie più rappresentative di Rovereto, la Casa natale di Antonio Rosmini conserva, rispettosamente custodito dai Padri Rosminiani, un incomparabile patrimonio di cultura e di spiritualità. La sua fisionomia, ben diversa da quella originaria, è il frutto delle modifiche subite nell’Ottocento in seguito all’apertura dell’attuale corso Rosmini. Gli ambienti rimasti pressoché integri, nonché il patrimonio di libri, mobili e opere d’arte, conservano ancor oggi, nonostante i danni del tempo e degli uomini, le vestigia di un glorioso passato. Al visitatore attento essi sanno rivelare momenti di storia della famiglia Rosmini e della città di Rovereto, offrendo uno spaccato significativo di quella cultura settecentesca illuministica roveretana di cui Antonio Rosmini (17971855) è stato l’erede più geniale e illustre.
Alla passione di Ambrogio (1741-1818), insigne architetto ed erudito bibliofilo, e del nipote Antonio che ne mise a frutto l’insegnamento, dobbiamo la prestigiosa biblioteca e la ricchissima collezione di opere d’arte che sono giunte fino a noi. Salendo al primo piano un ampio salone in stile tardo-settecentesco con tendenze neoclassiche accoglie il visitatore. Le pareti sono decorate da una serie di piccoli specchi che si alternano a maestose tele a tema mitologico e allegorico; dal soffitto pende un ricco lampadario ottocentesco di fattura veneziana.
A seguire la sala del balcone, ricca di pregevoli tele (varie copie da Guercino, Guido Reni, Domenichino), tavole di stile fiammingo e una serie di 12 quadretti su vetro (hinterglasmalerei) con cornici di gusto rococò.
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A seguire la sala del balcone, ricca di pregevoli tele (varie copie da Guercino, Guido Reni, Domenichino), tavole di stile fiammingo e una serie di 12 quadretti su vetro (hinterglasmalerei) con cornici di gusto rococò I locali con eleganti stufe in maiolica bianca e pregevoli pavimenti in legno policromo che attualmente ospitano la ricca biblioteca di famiglia, costituivano in origine l’appartamento di Pier Modesto Rosmini e Giovanna Formenti, genitori del filosofo Antonio
1713), rientrato da Padova dove si era trasferito il padre in cerca di fortuna, nel 1678 sposò Cristina Parolini e si trasferì nella dimora della moglie in località “al Portone”, così denominata per la presenza di un arco e di un portone, demolito nel 1876, che chiudeva l’accesso alla via delle Salesiane dall ambiente Si rettangolari, uno o ovest, sopra l’an innalzava, sporgen “loggia alta” un am dieci finestre, prob dall’architetto e pit Internamente invec quanto l’uso del “verde” del palazzo estendeva fino a vi di ettaro che com grandi aiuole conflu pietra circolare, o abbellito con pian mantenne così (com palazzo) fino oltre l Le modifiche ottoc Dopo la morte di A Rovereto decise di la stazione ferrovia così l’attuale corso
Al secondo piano, arredata con semplici mobili in legno laccato nero e decorata con due madonne del pittore rivano Giuseppe Craffonara (1790-1837), vi è la stanza che il 24 marzo 1797 diede i natali ad Antonio Rosmini
In due espositori e un armadio a muro sono conservati alcuni dei suoi effetti personali, e dopo la beatificazione, sotto una teca di vetro, anche l’urna con le sue reliquie ca e pregevoli pavimenti in legno policromo che attualmente ospitano la ricca biblioteca di famiglia, costituivano in origine l’appartamento di Pier Modesto Rosmini e Giovanna Formenti, genitori del filosofo Antonio. Al secondo piano, arredata con semplici mobili in legno laccato nero e decorata con due madonne del pittore rivano Giuseppe Craffonara (1790-1837), vi è la stanza che il 24 marzo 1797 diede i natali ad Antonio Rosmini. In due espositori e un armadio a muro sono conservati alcuni dei suoi effetti personali, e dopo la beatificazione, sotto una teca di vetro, anche l’urna con le sue reliquie. Sullo stesso piano in alcune stanze riscaldate da eleganti stufe in maiolica verde e arredate di mobili finemente lavorati, l’architetto Ambrogio Rosmini teneva i contatti
Sullo stesso piano in alcune stanze riscaldate da eleganti stufe in maiolica verde e arredate di mobili finemente lavorati, l'architetto Ambrogio Rosmini teneva i contatti epistolari con amici e intellettuali di tutta Europa, elaborava i suoi progetti architettonici e coltivava la sua passione di bibliofilo-collezionista Nella casa e nella sua città Antonio Rosmini visse stabilmente fino al 1826, quando i suoi studi lo indussero a trasferirsi a Milano Vi ritornò spesso soprattutto nei periodi che coincisero con la fondazione a Trento di una casa dell'Istituto della Carità (1831-1834) e con l'incarico di Arciprete nella parrocchia di S Marco a Rovereto (1834- ropa, elaborava i suoi progetti architettonici e coltivava la sua passione di bibliofilo-collezionista. Nella casa e nella sua città Antonio Rosmini visse stabilmente fino al 1826, quando i suoi studi lo indussero a trasferirsi a Milano. Vi ritornò spesso soprattutto nei periodi che coincisero con la fondazione a Trento di una casa dell’Istituto della Carità (1831-1834) e con l’incarico di Arciprete nella parrocchia di S. Marco a Rovereto (1834- 1835). Vi soggiornò per l’ultima volta nell’autunno del 1854, pochi mesi prima della morte avvenuta a Stresa sul lago Maggiore il 1° luglio 1855, dopo una vita ricca di scritti, di fondazioni, di amicizie, di apostolato.
Affacciata su una delle vie più rappresenta-
Affacciata su una delle vie più rappresentative di Rovereto, la Casa natale di Antonio Rosmini conserva, rispettosamente custodito dai Padri Rosminiani, un incomparabile patrimonio di cultura e di spiritualità Gli ambienti rimasti pressoché integri sanno rivelare
Quest’unione matrimoniale diede origine al nuovo ramo dei Rosmini al Portone, in seguito Rosmini–Serbati, che in questo palazzo abitarono ininterrottamente fino all’estinzione del ramo di questa famiglia con la morte di Antonio (1855) e di
Rosmini conserva, rispettosamente custo dito dai Padri Rosminiani, un incomparabile patrimonio di cultura e di spiritualità. Gli ambienti rimasti pressoché integri sanno rivelare momenti di storia della famiglia Rosmini e della città di Rovereto, offrendo uno spaccato significativo di quella cultura settecentesca illuministica roveretana di cui Antonio Rosmini (1797-1855) è stato l’erede più geniale. Alla passione di Ambrogio (17411818), insigne architetto ed erudito bibliofilo, e di Antonio, illustre nipote che ne mise a frutto l’insegnamento, dobbiamo la prestigiosa biblioteca e la ricchissima collezione di opere d’arte presenti in casa che sono giunte fino a noi. Il palazzo in cui nacque Antonio Rosmini-Serbati apparteneva in origine alla facoltosa famiglia roveretana dei Parolini. Il trisnonno di Antonio, Nicolò Rosmini il
Tale opera si realizzò attraverso l’esproprio dei terreni necessari lungo tutto l’asse del nuovo corso. Anche l’orto dei Rosmini, situato nelle vicinanze della piazza Nuova venne ridotto di circa 1360 mq e staccato dalla sua abitazione Il palazzo si presentava così alla vista dei passanti con la sua parte rustica: un grande e rozzo granaio, un cortile e dei oggiati aperti alle intemperie. E anche l’o rto, separato e di scomodo utilizzo, restava a vista per tutta la sua larghezza e chiuderlo semplicemente con un alto muro non sembrava la soluzione idonea. A Francesco Paoli, ultimo segretario ed erede delle proprietà di Rosmini, in questa circostanza sembrò necessario dare al palazzo una nuova facciata che mostrasse anche all’esterno l’ eleganza signorile e l’ agiatezza della famiglia nobile cui appart eneva il filosofo Antonio. Affidò quindi l’incarico del progetto all’ingegner Mascanzoni, il quale prese come punto di partenza la conservazione di tutta la parte antica del palazzo e come spunto la pianta di un disegno che l’architetto Ambrogio Rosmini aveva ideato e che illustrava una proposta di ampliamento dell’edificio a nord verso la parte dell’orto.
Le modifiche esterne
L’ingegner Mascanzoni alzò i l palazzo di un piano (un mezzanino per proporzionare l’altezza alla lunghezza), allungò l’avancorpo esistente fino al ciglio della nuova via e, dove si trovava il granaio, ne fece costruire uno nuovo della
Tale opera si realizzò attraverso l esproprio dei terreni necessari lungo tutto l’asse del nuovo corso Anche l’orto dei Rosmini, situato nelle vicinanze della piazza Nuova venne ridotto di circa 1360 mq e staccato dalla sua abitazione Il palazzo si presentava così alla vista dei passanti con la sua parte rustica: un grande e rozzo granaio, un cortile e dei loggiati aperti alle intemperie E anche l’o rto, separato e di scomodo utilizzo, restava a vista per tutta la sua larghezza e giovane (1680- 1713), rientrato da Padova dove si era trasferito il padre in cerca di fortuna, nel 1678 sposò Cristina Parolini e si trasferì nella dimora della moglie in località “al Portone”, così denominata per la presenza di un arco e di un portone, demolito nel 1876, che chiudeva l’accesso alla via delle Salesiane.
Lesene sulle cantonate, leggere modanature marcapiano e finestre con cornici ioniche diedero al palazzo un aspetto maestoso ma semplice. Lo spazio creatosi tra i due avancorpi, con qualche aiuola trasformato in giardino, fu chiuso con un’elegante cancellata in ferro battuto e basamento in pietra. L’accesso all’edificio era assicurato da due cancelli posti in corrispondenza dei due portoni d’ingresso del corpo centrale.
Le “basse costruzioni”
Quest’unione matrimoniale diede origine al nuovo ramo dei Rosmini al Portone, in seguito Rosmini– Serbati, che in questo palazzo abitarono ininterrottamente fino all’estinzione del ramo di questa famiglia con la morte di Antonio (1855) e di suo fratello Giuseppe (1863). In seguito venne abitato, come lo è tutt’oggi, dai Padri Rosminiani.
La struttura originaria
In origine il palazzo era composto di due piani oltre il pianterreno e il sottotetto abitabile e come molte dimore dell’epoca, all’esterno si presentava alquanto modesto. Situato tra le case del borgo S. Caterina, la via delle Salesiane e i vigneti circostanti, architettonicamente non poteva avere libero respiro, ma assumeva la forma obbligata dall’ambiente. Si presentava con due corpi rettangolari, uno orientato verso sud e l’altro verso ovest, sopra l’angolo di innesto dei quali si innalzava, sporgendo in gran parte dal tetto, la “loggia
Lesene sulle cantonate, leggere modanature marcapiano e finestre con cornici ioniche diedero al palazzo un aspetto maestoso ma semplice. Lo spazio creatosi tra i due avancorpi, con qualche aiuola trasformato in giardino, fu chiuso con un’elegante cancellata in ferro battuto e basamento in pietra.
L’accesso all’edificio era assicurato da due cancelli posti in corrispondenza dei due portoni d’ingresso del corpo centrale.
Per far risaltare la maestosità della nuova facciata e per nascondere alla vista del passante la parte indecorosa dell’orto, sul ciglio opposto della nuova strada, simmetriche rispetto ai due avancorpi del palazzo, vennero realizzate due basse costruzioni a finestre e porte arcuate, da adibire ad uso di botteghe e di abitazione del personale di servizio. Per mantenere il legame interrotto dalla nuova strada tra il palazzo e quell’orto dove Antonio Rosmini andava a passeggiare da solo o con gli amici, don Francesco Paoli nel 1874 fece realizzare sotto la torretta più alta, un sottopasso. Negli anni successivi l’orto fu ulteriormente ridotto a seguito di una serie di cessioni di terreno destinate alla realizzazione di opere di pubblico interesse quali la realizzazione di un nuovo asilo infantile e di un oratorio.
Le “basse costruzioni”
L’emiciclo
Per far risaltare la maestosità della nuova facciata e per nascondere alla vista del passante la parte indecorosa dell’orto, sul ciglio opposto della nuova strada, simmetriche rispetto ai due avancorpi del palazzo, vennero realizzate due basse costruzioni a finestre e porte arcuate, da adibire ad uso di botteghe e di abitazione del personale di servizio
Nello spazio lasciato appositamente libero tra le due basse costruzioni e corrispondente per dimensioni alla lunghezza della facciata del palazzo si realizzò un piccolo giardino semicircolare Chiuso alle spalle da un muro di cinta e da una siepe di sempreverdi, diviso in aiuole fiorite con al centro due piccole fontane, fu ideato non solo per aggiungere
Per mantenere il legame interrotto dalla nuova strada tra il palazzo e quell’orto dove Antonio
1879 fu dapprima collocata in testa alla nuova via al centro della piazza e solo più tardi, intorno al 1890, venne spostata nell’emiciclo destinato per tale uso La Commissione si incaricò di sistemare il suolo attorno al monumento, di introdurre l’acqua nelle fontane, di tagliare alcuni ippocastani e di recintare l’emiciclo con una elegante cancellata alta” un ampio locale al tempo illuminato da dieci finestre, probabilmente utilizzato come studio dall’architetto e pittore Ambrogio Rosmini.
Internamente invece era d’aspetto e forma signorile quanto l’uso del tempo comportava. Appendice “verde” del palazzo, col quale confinava a nord e si estendeva fino a via Paganini, un orto di tre quarti di ettaro che completava la proprietà. Diviso in grandi aiuole confluenti al centro in una fontana di pietra circolare, ordinatamente ben coltivato ed abbellito con piante da frutto e fiori l’orto si mantenne così (come intatto si mantenne anche il palazzo) fino oltre la prima metà del secolo XIX.
Le modifiche ottocentesche
Dopo la morte di Antonio Rosmini la municipalità di Rovereto decise di aprire un viale che congiungesse la stazione ferroviaria con la piazza Nuova: nacque così l’attuale corso Rosmini.
Tale opera si realizzò attraverso l’esproprio dei terreni necessari lungo tutto l’asse del nuovo corso. Anche l’orto dei Rosmini, situato nelle vicinanze della piazza Nuova venne ridotto di circa 1360 mq. e staccato dalla sua abitazione. Il palazzo si presentava così alla vista dei passanti con la sua parte rustica: un grande e rozzo granaio, un cortile e dei loggiati aperti alle intemperie. E anche l’orto, separato e di scomodo utilizzo, restava a vista per tutta la sua larghezza e chiuderlo semplicemente con un alto muro non sembrava la soluzione idonea. A Francesco Paoli, ultimo segretario ed erede delle proprietà di Rosmini, in questa circostanza sembrò necessario dare al palazzo una nuova facciata che mostrasse anche all’esterno l’ eleganza signorile e l’ agiatezza della famiglia nobile cui apparteneva il filosofo Antonio. Affidò quindi l’incarico del progetto all’ingegner Mascanzoni, il quale prese come punto di partenza la conservazione di tutta la parte antica del palazzo e come spunto la pianta di un disegno che l’architetto Ambrogio Rosmini aveva ideato e che illustrava una
CASA NATALE A. ROSMINI corso Rosmini 28 - 38068 ROVERETO (TN) info e prenotazione visita guidata tel. 0464-431427 / 420788 www.casanatalerosmini.it proposta di ampliamento dell’edificio a nord verso la parte dell’orto.
Le modifiche esterne
L’ingegner Mascanzoni alzò il palazzo di un piano (un mezzanino per proporzionare l’altezza alla lunghezza), allungò l’avancorpo esistente fino al ciglio della nuova via e, dove si trovava il granaio, ne fece costruire uno nuovo della stessa dimensione. Su ognuna delle facciate, quelle piccole degli avancorpi e quella lunga del corpo centrale, fece predisporre un architettonico balcone di pietra ornato di eleganti ferri a traforo. E sopra il balcone centrale fece porre in un bel decoro fogliare di pietra bianca l’arma di casa Rosmini, uno scudo con sei stelle.
Lesene sulle cantonate, leggere modanature marcapiano e finestre con cornici ioniche diedero al palazzo un aspetto maestoso ma semplice. Lo spazio creatosi tra i due avancorpi, con qualche aiuola trasformato in giardino, fu chiuso con un’elegante cancellata in ferro battuto e basamento in pietra. L’accesso all’edificio era assicurato da due mod Gli i ampliam modific più int sala de dei ge stanza zio Am novo, d utilizzò Rosmin attuare Antoni raccolt bibliote dall’arc Antoni increm Le mod Dopo palazzo altre cambia e nella metà Rosmin parte d stesso arredi, di scal pinacot
La statua, opera dello scultore Vincenzo Consani, nel 1879 fu dapprima collocata in testa alla nuova via al centro della piazza e solo più tardi, intorno al 1890, venne spostata nell’emiciclo destinato per tale uso La Commissione si incaricò di sistemare il suolo attorno al monumento, di introdurre l’acqua nelle fontane, di tagliare alcuni ippocastani e di recintare l’emiciclo con una elegante cancellata cancelli posti in corrispondenza dei due portoni d’ingresso del corpo centrale.
Le “basse costruzioni”
Per far risaltare la maestosità della nuova facciata e per nascondere alla vista del passante la parte indecorosa dell’orto, sul ciglio opposto della nuova strada, simmetriche rispetto ai due avancorpi del palazzo, vennero realizzate due basse costruzioni a finestre e porte arcuate, da adibire ad uso di botteghe e di abitazione del personale di servizio. Per mantenere il legame interrotto dalla nuova strada tra il palazzo e quell’orto dove Antonio Rosmini andava a passeggiare da solo o con gli amici, don Francesco Paoli nel 1874 fece realizzare sotto la torretta più alta, un sottopasso. Negli anni successivi l’orto fu ulteriormente ridotto a seguito di una serie di cessioni di terreno destinate alla realizzazione di opere di pubblico interesse quali la realizzazione di un nuovo asilo infantile e di un oratorio.
L’emiciclo
Nello spazio lasciato appositamente libero tra le due basse costruzioni e corrispondente per dimensioni alla lunghezza della facciata del palazzo si realizzò un piccolo giardino semicircolare. Chiuso alle spalle da un muro di cinta e da una siepe di sempreverdi, diviso in aiuole fiorite con al centro due piccole fontane, fu ideato non solo per aggiungere piacevolezza al complesso degli edifici, ma anche per creare un luogo idoneo da donare alla città nel quale collocare la statua che la Commissione per il monumento Rosmini aveva in mente di erigere in onore del suo illustre concittadino.
Le modifiche interne
Gli interventi di ristrutturazione ed ampliamento del palazzo portarono notevoli modifiche anche alle sale interne. Rimase per lo più intatto il nucleo centrale: al primo piano la sala degli specchi, la cappella e l’appartamento dei genitori di Antonio; al secondo piano la stanza natale di Antonio e l’appartamento dello zio Ambrogio. Al terzo piano, fatto innalzare ex novo, don Paoli realizzò una serie di locali che utilizzò in parte come abitazione per i confratelli Rosminiani e in parte, circa dieci stanze, cercò di attuare concretamente il “progetto culturale” di Antonio Rosmini, ovvero la sistemazione delle raccolte di stampe, di quadri e della grandiosa biblioteca, frutto della passione collezionistica dall’architetto Ambrogio, alle quali il nipote Antonio aveva notevolmente contribuito ad incrementare
Le modifiche recenti
La statua, opera dello scultore Vincenzo Consani, nel 1879 fu dapprima collocata in testa alla nuova via al centro della piazza e solo più tardi, intorno al 1890, venne spostata nell’emiciclo destinato per tale uso. La Commissione si incaricò di sistemare il suolo attorno al monumento, di introdurre l’acqua nelle fontane, di tagliare alcuni ippocastani e di recintare l’emiciclo con una elegante cancellata.
Dopo la massiccia sistemazione subita dal palazzo durante il XIX secolo, gli eventi bellici e altre vicissitudini storiche portarono vari cambiamenti e trasformazioni nell’uso dei locali e nella disposizione degli arredi. Solo verso la metà del XX secolo, ad opera dei Padri Rosminiani, si è provveduto al ripristino di quella parte del palazzo in cui visse la famiglia e lo stesso Antonio, raccogliendo e sistemando arredi, memorie, biblioteca, e ornando le pareti di scale, passaggi e stanze con i quadri della pinacoteca di famiglia.