KULT 04/2018

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WE ARE VISIONARIES

FASHION

CREATIVE

NEW TALENTS COMING UP

ARTSY: LE COLLAB DELLA MODA NEWS FROM PITTI IMMAGINE UOMO 95 MUSIC

ART

IL MEGLIO DELLE EXHIBITIONS DA NON PERDERE A MILANO, NAPOLI E NEW YORK

TRA RITORNI, CONFERME E NEW ENTRY: I PROTAGONISTI DEL 2019 ALICE MERTON PARLA DEL NUOVO ALBUM E DEL TOUR

VINCENT MORISSET RACCONTA LA SUA PRIMA VOLTA AL MUDA DI ZURIGO

E€6–P€7 F, B, L € 7.5 – NL € 8.5 D, A € 9 – CH Chf 7.50 UK £ 6.5 – S Sek 75

Erika Boldrin

No. 4/ 2018

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Unique Media srl – Trimestrale 10/12/18 dic./gen./feb.

NO.4


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baracuta.com



K u l t

m a g a z i n e

WE ARE VISIONARIES

i s s u e # 0 4

FASHION

CREATIVE

NEW TALENTS COMING UP

ARTSY: LE COLLAB DELLA MODA NEWS FROM PITTI IMMAGINE UOMO 95

NO.4

MUSIC

ART

IL MEGLIO DELLE EXHIBITIONS DA NON PERDERE A MILANO, NAPOLI

TRA RITORNI, CONFERME E NEW ENTRY: I PROTAGONISTI DEL 2019 ALICE MERTON PARLA DEL NUOVO ALBUM E DEL TOUR

VINCENT MORISSET RACCONTA LA SUA PRIMA VOLTA AL MUDA DI ZURIGO

Erika Boldrin

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Ph Alberto Tandoi Fashion editor Alberto Corrado Stylist Fabio Pravato Talent Erika Boldrin Make Up Salvatore Loi using Dolce&Gabbana Hair Alemka Krupic @ Face to Face Thanks to Salvioni, Via Durini, 3 Milano

Technic jacket with ecofur inserts COLMAR ORIGINALS Velvet jacket and trousers Cédric Charlier Felt hat Stetson Earrings Sharra Pagano Handbag with feathers Giuseppe Zanotti Leather boots Pollini

C o l o p h o n International Collaborators Anna Casotti – New York Fausto Furio Colombo – Zurigo Alessandra Fanari – Parigi

Korea, United Arab Emirates, Finland, Great Britain, Hong Kong, Israel, Lithuania, Malta, Holland, Singapore, Hungary

Design Anna Casotti

Lifestyle Alessandro Iacolucci, Marco Torcasio

Music Ciro Cacciola

Graphic Design Stefania Di Bello

Unique Media Srl Via Cadolini 34 – 20137 Milano ph. +39 0249542850 adv@uniquemedia.it (advertising) segreteria@uniquemedia.it

Art Alessandro Riva

Kult Magazine is published quarterly by Unique Media Srl

Collaborators Alberto Corrado, Antonella Tereo, Marinella Cammarota, Maurizio Bertera

Marzia Ciccola (Editor-in-chief)

Editorial Director Enrico Cammarota Editor-at-Large Luisa Micaletti

Photographers Alberto Tandoi Roberto Felicioni Stylists Fabio Pravato Angelina Lepper

Registration at Court of Milan n. 412 of 11/06/1998 ©Unique Media Srl. All right are reserved Reproduction in whole or in part without written permission is strictly reserved Worldwide Distribution: Australia, Belgium, Brazil, South

Printed by Arti Grafiche Boccia Spa Distribution SO.DI.P. “Angelo Patuzzi Spa” Via Bettola, 18 – 20092 Cinisello Balsamo


bsettecento.com


i s s u e # 0 4

contents WE LOVE IT!

14 Tomorrowland, Mysteryland, Sziget, Parookaville: I Party Animals 2019

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17 Art in Milan. Gli appuntamenti con le mostre 34 A proposito di creatività. IED storie di successo VISIONARIES 40 Erika Boldrin si racconta

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48 I grandi ritorni musicali del 2019 54 Alice Merton debutta con un nuovo album e un nuovo tour 56 Bob Dylan in un nuovo libro fotografico 58 Francesca Dani e i percorsi di Černobyl 62 Vincent Morisset racconta la prima volta al MuDa 68 Guida green con Juguar Land Rover

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FASHION 72 Moda, arte e musica con Schiaparelli, Fendi, Woolrich, Marni, Levi’s e Franklin & Marshall

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92 Men, edgy & cool 100 See you in Florence

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Pitti Uomo 95 8 - 11 January 2019 Cortile dell’Arsenale Fortezza da Basso - Florence, Italy.


i s s u e # 0 4

contents TALENTS

108 Contest per giovani creativi

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114 A tu per tu con Barbara Toscano di Marangoni 118 I giovani talenti della moda da tenere d’occhio

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CITY 134 Discover Haparanda 136 Experience in U.K

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138 N.Y. Art on Paper 142 Napoli arte

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Armata di Mare è un marchio di proprietà di Facib SpA

ARMATA DI MARE special thanks to Pitti Uomo - Padiglione Centrale Stand H24 armatadimare.com - klm.it


editorial UN IMPREVISTO LA SOLA SPERANZA Il nuovo anno, un nuovo viaggio. Sempre più incerti, piegati da quest’insicurezza che ci trasforma l’anima. Vorremmo programmare, stabilire date e sogni. Vorremmo avere un futuro certo, un desiderio a cui appigliarci, una persona che sia senza maschera, vorremmo lealtà in un mondo di buffoni e di mediocri, cerchiamo un abbraccio di qualcuno a cui dare valore certo. Noi parliamo di talenti, ma questi talenti devono liberarsi dall’idea del successo, dalla bramosia dell’apparire, dalla gratificazione momentanea e fugace di qualche milione di click. Il talento va preservato e coltivato con il lavoro, la dedizione che non ammette compromesso. Una grande artista italiana scomparsa da pochi anni: Maria Lai, pensava che chi si occupa d’arte, deve avere un secondo lavoro per non vivere di arte! Pensava che la massima espressione della propria creatività la si potesse avere solo senza mercificarla, o pubblicizzarla. Che augurio farci per il 2019? Ne ho uno solo, uscire fuori dagli schemi. Pensare ad un viaggio diverso, che ci rispecchi di più. Sedersi per un attimo e chiedersi: cosa voglio io davvero? Cosa faccio che mi dà dignità, ma la mia, non quella che gli altri ci impongono.

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Quando ho visto Dolce&Gabbana scusarsi in quel modo cosi ridicolo, ho pensato che hanno perso parte di se stessi proprio per il modo in cui l’hanno fatto. Ho pensato alla loro straordinaria carriera, alla capacità di imporre la loro moda nel mondo. E ora una parte del loro viaggio è finita per sempre. Auguriamo loro come a noi nuove strade straordinarie, ma che siano nuove per davvero. Auguri ragazzi e per cortesia diffidate da chi promette soldi facili, soluzioni rapide, ma amate voi stessi per quello che siete nei pregi e nei difetti. Camminate senza maschere perché intorno vedo solo un gran carnevale. Enrico enrico.cammarota@uniquemedia.it

Prima del viaggio (dalla raccolta Satura, 1962-1970) Prima del viaggio si scrutano gli orari, le coincidenze, le soste, le pernottazioni e le prenotazioni (di camere con bagno o doccia, a un letto o due o addirittura un flat); si consultano le guide Hachette e quelle dei musei, si scambiano valute, si dividono franchi da escudos, rubli da copechi; prima del viaggio si informa qualche amico o parente, si controllano valigie e passaporti, si completa il corredo, si acquista un supplemento di lamette da barba, eventualmente si dà un’occhiata al testamento, pura

scaramanzia perché i disastri aerei in percentuale sono nulla; prima del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che il saggio non si muova e che il piacere di ritornare costi uno sproposito. E poi si parte e tutto è OK e tutto è per il meglio e inutile. E ora che ne sarà del mio viaggio? Troppo accuratamente l’ho studiato senza saperne nulla. Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo. (Eugenio Montale)



Don’t miss

WE LOVE IT

it QUATTRO TAPPE IMPERDIBILI TRA FRANCIA, OLANDA, GERMANIA E ALBANIA.

14 PROTAGONISTI I FESTIVAL DELLA MUSICA E DELL’ARTE: TOMORROWLAND,

MYSTERYLAND, PAROOKAVILLE E SZIGET. COME UN RICHIAMO DELLA GIUNGLA

PER ARTISTI, DJ’S, AMANTI DELLA MUSICA E CREATIVI DI TUTTI I GENERI,

TORNANO ANCHE PER IL 2019 GLI EVENTI TRA I PIÙ GETTONATI DI SEMPRE,

CON LINE UP DAL CALIBRO INTERNAZIONALE


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Party TOMORROWLAND WINTER Il primo degli appuntamenti è a marzo, con il Tomorrowland. In occasione della stagione invernale anche il Festival più iconico di sempre, sente il richiamo della magica stagione e mette in piedi lo show dall’animo fantasy in un ambiente totalmente nuovo. Il leggendario festival musicale d’origine belga è pronto per un sensazionale show nelle Alpi francesi insieme ad una line up bollente composta da Afrojack, Armin van Buuren, Dimitri Vegas & Like Mike, Joris Voorn, Kölsch, Lost Frequencies, Martin Garrix, Nervo, Steve Aoki, Sunnery James & Ryan Marciano. Dove? ‘Alpe d’Huez (Francia)

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Cosa? Proprio come accade per l’edizione estiva del Tomorrowland che si tiene ogni anno in Belgio, il format invernale dal tema “The Hymn of the frozen Lotus”, è pronto ad accogliere oltre 30.000 amanti della musica all over the world ma in un ambiente completamente diverso. Immerso ai piedi delle piste da sci, i migliori DJ del mondo e location inaspettate, preannunciano uno spettacolo unico a un’altitudine di 1860 metri. Per rimanere aggiornati sugli eventi cliccate su: tomorrowland.com/en/winter/welcome Tomorrowland Dal 9 al 16 marzo 2019 Alpe d’Huez – France

MYSTERYLAND Uno spettacolo all’aperto fatto di grandiosi giochi di luci e laser con tanto di animazioni proiettate su schermi, fuochi d’artificio ed esplosioni di coriandoli. 3 le aree più importanti: The Main Stage, il palco della Q-dance e tenda Big Top. Da scoprire, sparsi nei vari sentieri tra le foreste, i chill-out con installazioni artistiche e gli spazi dedicati alla ristorazione e agli incontri inaspettati compresi, all’interno del Healing Garden, i trattamenti spirituali che vanno dalle cerimonie del gung al cacao, alle sessioni di massaggi, yoga e meditazione. Un luogo attrezzato con tutto il necessario per godersi l’estate all’insegna della spensieratezza. Dove? Paesi Bassi Cosa? Uno tra i principali festival di musica

animals 2019

elettronica dell’Olanda, immerso tra laghetti scintillanti, fiumi e colline boscose del Floriade vicino ad Amsterdam che ogni anno ospita 100.000 persone di oltre 100 nazionalità. Una realtà ricercata con più di 300 artisti e 17 palchi oltre a un range musicale che infuoca il pubblico con i generi: House, Big Room, Bass, Techno, Deep-House, Trance, Trap e Minimal to Hardstyle, Hardcore, RnB e Hip Hop. Scopri come arrivare, come alloggiare e tutto quello che offre il mondo Mysteryland su: mysteryland.nl/info/ Mysteryland Dal 23 al 25 agosto 2019 Floriade Terrain – Haarlemmermeer – Olanda 25 km a sud-ovest di Amsterdam e a 5 km dall’aeroporto internazionale di

PAROOKAVILLE. CELEBRATE THE JOY OF LIFE Quattro giorni all’insegna del divertimento, dell’amore e della pura felicità. PAROOKAVILLE è il festival di musica elettronica più grande della Germania, prodotto da Parookaville GmbH con Bernd Dicks, Norbert Bergers e Georg van Wickeren che ogni anno vede protagonista la sede di Weeze, un ex aeroporto militare che per l’occasione diventa una vera e propria città in grado di accogliere oltre 80.000 persone, proprio come nell’ultima edizione. Dove? Il Festival si anima in una vecchia area militare dell’aeroporto di Weeze (NRW), in Germania, al confine con l’Olanda. Cosa? Un Festival nato prendendo ispirazione dalle grafiche dei viaggi di Bill Parooka un personaggio quasi mitologico, nessuno l’ha mai visto e nessuno lo ha mai citato in libri o biografie, ma qualche anno fa alcuni dei suoi seguaci, i Billiard, hanno trovato alcuni

disegni che raccontano dalla sua filosofia di vita, intrisa dal leitmotiv “Celebrate The Joy Of Life”. Insieme hanno dato vita a una città dove tante persone diverse si uniscono per sfuggire alla vita di tutti i giorni e immergersi in un mondo utopico per mantenere viva la leggenda di Bill Parooka. Per rimanere aggiornati sugli eventi clicca su: parookaville.com. PAROOKAVILLE 19-20-21 Luglio 2019 Weeze (NRW), Germania

SZIGET FESTIVAL 2019 L’ISOLA CHE C’È Ogni anno l’Isola di Óbuda ospita il Sziget Festival. Non solo musica ma una quantità enorme di spettacoli differenti rivolti alla world music, teatro, circo, installazioni, performance e arte in tutte le sue espressioni e una line up impressionante. Un mondo parallelo che raggiunge in media 500.000 spettatori provenienti da tutto il mondo. Un luogo che prevede aree attrezzate per il campeggio ma che offre anche soluzioni più comode come wooden house, comfort tent, triangle house e altre tipologie glamping. Dove? Il Sziget Festival si tiene a Budapest, sull’intera Isola di Óbuda Cosa? Sul Main Stage della prossima edizione prevista dal 7 al 13 agosto 2019 e sui suoi svariati palchi si alterneranno Florence + The Machine, Foo Fighters, Twenty One Pilots, The 1975 e Martin Garrix che si aggiungono ad Ed Sheeran (nominato già a ottobre). Nella lista degli headliner anche Richard Ashcroft, Catfish & The Bottlemen, Chvrches, Jungle, Kodaline, IDLES, Superorganism, Frank Carter & The Rattlesnakes, Pale Waves, Maribou State, Frank Turner & The Sleeping Souls, Of Mice & Men, Boy Pablo, Parcels, Yungblud, Alma, Tamino, Gang Of Youths, The Blaze e tanti altri ancora.

Per rimanere aggiornati sugli eventi clicca su: szigetfestival.com SZIGET FESTIVAL 7-13 agosto 2019 Óbuda (Albania)


TOMORROLAND 2019

TOMORROLAND 2019

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©SIMON METELING.. PAROOKAVILLE

©JULIANHUKEPHOTOGRAPHY. PAROOKAVILLE MYSTERYLAND 2019

MYSTERYLAND 2019

SZIGET FESTIVAL 2019 ©ROBIN BÖTTCHER. PAROOKAVILLE

MYSTERYLAND 2019


EX HH XIBITION

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Parlami Sarah Moon in mostra all’Armani/Silos

SI CHIAMA “FROM ONE SEASON TO ANOTHER”, ED È LA MOSTRA CHE ARMANI DEDICA ALLA DIROMPENTE FOTOGRAFA SARAH MOON: UNA TRA LE PIÙ GRANDI RETROSPETTIVE MAI OSPITATE IN ONORE DELL’ARTISTA IN ITALIA. UN DIALOGO PER IMMAGINI CHE TOCCA LA BELLEZZA AI CONFINI DEL TEMPO.

di bellezza. La fille de l’Çcluse - Photo by Sarah Moon - 1990


Il museo dedicato ai legami con la moda fondato da Armani a Milano ospita i lavori della fotografa Sarah Moon. Iconico personaggio del panorama moda, ha esordito come modella rivolgendo il suo interesse al mondo dell’arte spostandosi dietro l’obiettivo, analizzando con occhio critico alcuni valori per lei fondamentali: la memoria, l’evanescenza e il tempo. Senza dimenticare la poetica del femminismo: il suo lavoro è stato fondamentale nel rappresentare la donna emancipata e sognante degli anni ’70.

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Armani Silos From one season to another SARAH MOON Courtesy of Giorgio Armani

f

rom one season to another tramite un percorso realizzato con un vasto numero di opere che copre quattro decenni, dalla metà degli anni Settanta al 2018, del lavoro di Sarah Moon, ospita fotografie che spaziano dagli scatti più celebri fino a quelli più intimi e personali, contando oltre centosettanta immagini di piccolo e grande formato, a colori e in bianco e nero, offrendo una panoramica particolarmente ricca delle espressioni fotografiche dell’autrice. Installata al piano terra dell’Armani/Silos e curata dalla Moon stessa, l’esposizione affianca le iconiche foto di moda ad immagini meno conosciute di animali, fiori ed edifici industriali. Dove, per la prima volta, in mostra spiccano le foto di danza

ispirate a Oscar Schlemmer e risalenti alla fine degli anni ‘90. Come è tipico dell’artista, la successione di immagini attraverso le stanze segue un flusso personale e poetico invece che un ordine cronologico. Sarah Moon crede nelle narrazioni spontanee che nascono associando immagini di diversa natura, lasciando che lo spettatore interpreti il tutto a modo proprio. Il soggetto principale del suo lavoro è il tempo. Le sue fotografie pittoriche sembrano provenire da un’altra dimensione, e si concentrano su atemporalità ed evanescenza. Sollecitano la memoria di chi guarda perché riecheggiano aloni subliminali, come cartoline fantastiche o souvenir di un poetico altrove.


Un lavoro che ben si lega allo stile di Giorgio Armani che in una nota afferma: «Stile ed eleganza senza tempo: questo è ciò che mi affascina del lavoro di Sarah Moon. Siamo spiriti affini e ho avuto il piacere di lavorare con lei, scoprendo una reciproca propensione per la semplicità come lingua forte e potente. Sono orgoglioso di ospitare questa mostra presso Armani/Silos: le immagini di Sarah Moon dialogano meravigliosamente con la nuda solidità dello spazio». From one season to another Fino al 6 gennaio 2019 Armani/Silos Via Bergognone,40, Milano

“HO SCELTO DI MESCOLARE IMMAGINI DI MODA ASTRATTE CON

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FOTOGRAFIE MENO CONOSCIUTE. SONO GRATA A GIORGIO ARMANI

PER IL SUO INVITO E PER LA LIBERTÀ CHE MI HA CONCESSO CON QUESTA

MOSTRA. APPREZZO DA SEMPRE LA SUA COUTURE SENZA TEMPO. A

ENTRAMBI PIACE LA SFIDA DI FARE DI PIÙ CON MENO, E DI LAVORARE

CON O SENZA COLORE” Sarah Moon.

Le pavot - Photo by Sarah Moon - 1997


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IL POTERE Mai un DELLA museo

EXHIBITION

pubblico italiano aveva ospitato finora una monografica su Banksy: l’iconico artista e writer inglese la cui identità rimane tuttora nascosta. Un tratto che ne identifica la sua indipendenza dal sistema. Banksy un vero e proprio “mito”, è considerato uno dei maggiori esponenti della street art contemporanea, amato dalle giovani generazioni. Le sue opere sono spesso contaminate da uno sfondo satirico e trattano temi universali come la politica, la cultura e l’etica: tutti argomenti che delineano una personale protesta visiva. Un’esplicita provocazione nei confronti dell’arroganza e del potere, del conformismo, della guerra, del consumismo. A tutto ciò il MUDEC - Museo delle Culture di Milano, fino al 14 aprile 2019, dedica all’artista la mostra intitolata “A Visual Protest. The Art of Banksy”. Come gli street artists della sua generazione, Banksy accentua il contenuto dei messag-

seriali e riproducibili dove l’artista interviene su copie di opere esistenti e spesso universalmente conosciute, inserendo alcuni elementi stranianti che modificano il significato originale dell’opera e offrono una nuova chiave di lettura.

“A Visual Protest. The Art of Banksy”, curata da Gianni Mercurio, raccoglie circa 80 lavori tra dipinti, e prints, corredati di oggetti, fotografie e video, oltre a circa 60 copertine di vinili e cd musicali da lui disegnati come quelli per i Durty Funker, per Blak Twang, per i Blur e Paris Hilton e una quarantina di memorabilia come litografie, adesivi, stampe, magazine, fanzine, flyer promozionali, che raccontano, attraverso uno sguardo retrospettivo, l’opera e il pensiero di Banksy, tentando di fornire a ogni fascia di pubblico le chiavi di lettura per comprendere e apprezzare le culture del mondo e i grandi temi della contemporaneità attraverso tutte le arti visive, performative e sonore.

PROTESTA VISIVA

A Visual Protest. The Art of Banksy Fino al 14 aprile 2019 MUDEC - Museo delle Culture di Milano Via Tortona, 56 Milano

gi politici e sociali in maniera dirompente, spostando il messaggio dalla forma al contenuto. Questi aspetti emergono come fondanti dell’arte di Banksy nel corpus di opere presentate in mostra, e che costituiscono il cuore centrale dell’allestimento, suddiviso per temi.

Si parte dalla “ribellione” che per Banksy passa attraverso l’atto della contro-egemonia: se il potere esercita la propria predominanza culturale tramite televisione, cinema, pubblicità, chiese, scuole e musei, lo street artist trova nella strada il luogo ideale per mettere in atto la sua rivoluzione. Ecco allora una serie di tecniche artistiche veloci,


Autore: Banksy Titolo opera: Love Is In the Air (Flower Thrower) Anno: 2003 Tecnica: Limited edition screenprint Misure: 50 x 70 cm Collocazione: Butterfly Art News Collection Credito fotografico: Butterfly Art News Collection

Autore: Banksy Titolo: Flying Copper Anno: 2003 Misure: cm 100 x 70 Tecnica: Serigrafia in edizione limitata Collocazione: Butterfly Art News Collection Credito fotografico: Butterfly Art News Collection

Autore: Banksy Titolo: Rude Copper Anno: 2003 Misure: cm 57,5 x 42 Tecnica: Serigrafia in edizione limitata Collocazione: Butterfly Art News Collection Credito fotografico: Butterfly Art News Collection

Autore: Banksy Titolo opera: Girl with Red Balloon Anno: 2004 Tecnica: Limited edition screenprint Misure: 66 x 50 cm Collocazione: Butterfly Art News Collection Credito fotografico: Butterfly Art News Collecti

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Autore: Banksy Titolo: Mosquito Anno: 2002 Misure: cm 84,5 x 72 Tecnica: pittura a spray e emulsione su cartoncino perforato (francobolli della Monkey Queen di Banksy) montato su cartone Collocazione: Artifi cial Gallery, Antwerp Credito fotografi co: © Artifi cial Gallery, Antwerp

Immancabile il tema dei “giochi di guerra”: quella di Banksy è una guerra culturale contro la guerra e contro le logiche che la producono. Nei suoi lavori che raccontano questo spaccato sono protagonisti la religione, l’industria bellica, lo sfruttamento del territorio. I suoi messaggi risuonano come un invito alla resistenza, opporsi alle cause quale unico modo per scongiurare gli effetti. A rappresentare gli inganni del potere? La sua consueta e cupa ironia. Non viene meno il tema del consumismo, affrontato da Banksy come ossessione del possesso, un’aspettativa di felicità disattesa ma che crea dipendenza, come mostrano le figure ammantate che si inginocchiano davanti a un cartello che recita “Oggi fine dei saldi”, in venerante attesa di una nuova stagione di sconti.



EXHIBITION

Non solo

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FROM ONE SEASON TO ANOTHER, SI INTITOLA COSÌ LA MOSTRA CHE ARMANI DEDICA ALLA DIROMPENTE FOTOGRAFA SARAH MOON: IL SILOS SI RIVESTE DELLE SUE OPERE PER PRESENTARE UNA TRA LE PIÙ GRANDI RETROSPETTIVE MAI DEDICATE ALL’ARTISTA IN ITALIA. UN DIALOGO PER IMMAGINI CHE SFIORA LE TEMATICHE DELLA BELLEZZA AI CONFINI DEL TEMPO

Galleria Campari apre le porte del suo headquarter e presenta la mostra “Storie di Moda. Campari e lo stile”. In scena la profonda relazione tra il marchio e il mondo del fashion, inteso come arte e come costume


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È un’esposizione 28

dedicata ad una delle anime che compongono l’universo Campari: la moda. Un percorso articolato attorno gli oltre 150 anni di storia del marchio produttore del celebre aperitivo legato alla sfera dell’advertising con un approccio sofisticato, coerente nei decenni e sempre al passo coi tempi. Memorabili le grafiche, la cartellonistica e gli spot voluti dal fondatore Davide Campari che ebbe il merito di essere tra i primi industriali italiani ad accorgersi delle potenzialità della pubblicità. “Storie di Moda. Campari e lo stile” - curata dalla giornalista e saggista Renata Molho, critica del costume e della moda, autrice di alcune delle più importanti biografie e monografie uniche come quelle su Giorgio Armani, Costume National ed Etro – tramite un’esposizione interna all’head quarter di Campari, un moderno museo aziendale pensato come uno spazio dinamico, interattivo e multimediale oltre che archivio culturale interamente dedicato al rapporto tra il marchio Campari e la sua comunicazione contraddistinta da arte e design, oggi raccoglie oltre 3.000 opere su carta, soprattutto affiche originali della Belle Époque, ma anche manifesti e grafiche pubblicitarie dagli anni ‘30 agli anni ‘90, firmate da importanti artisti come Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello, Fortunato Depero, Franz Marangolo, Guido Crepax e Ugo Nespolo; caroselli e spot di noti registi come Federico Fellini e Singh Tarsem; oggetti firmati da affermati designer come Matteo Thun, Dodo Arslan, Markus Benesch e Matteo Ragni. Un luogo nato nel 2010 dalla riscrittura architettonica e funzionale dello storico stabilimento di Sesto San Giovanni, fondato nel 1904. Trasformato ed evoluto nel tempo grazie all’estro dell’architetto Mario Botta. Insomma un archivio importante, che per l’occasione della mostra è stato reso ancora più ricco tramite i prestiti da case di moda, musei e fondazioni - si apre al pubbli-

co con un nuovo affascinante percorso dove spiccano i concetti di “stile” e “stili”. La mostra, divisa in quattro sezioni tematiche: Elegance; Shape and Soul; Futurismi e Lettering, mette in dialogo opere provenienti dall’archivio della Galleria Campari insieme alle opere originali pensate e realizzate per l’azienda da Fortunato Depero, Bruno Munari, Marcello Dudovich, Franz Marangolo, tutte affiancate e integrate alle creazioni e ai bozzetti dalla Fondazione Gianfranco Ferré, agli abiti scultura dalla Fondazione Roberto Capucci. L’allestimento presenta accessori degli anni Trenta del Museo Salvatore Ferragamo, manifesti della Belle Époque, bozzetti e abiti di Giorgio Armani, lavori pubblicitari della Campari in stile Sixties, copertine di riviste rielaborate dal tocco pop dalla designer Ana Strumpf, sperimentazioni fotografiche di Giovanni Gastel, un abito e accessori della linea “Balmoda”, un omaggio della stilista al design futurista di Giacomo Balla. Poi ancora le creazioni artistiche di Raffaella Curiel e i capi in prestito da A.N.G.E.L.O Vintage Archive.

“Storie di Moda. Campari e lo stile” Fino al 9 marzo 2019 Galleria Campari - HQs Campari Group Viale Antonio Gramsci 161 Sesto S. Giovanni (MI)


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EXHIBITION

Sinceramente, Mario Merz PIRELLI HANGARBICOCCA PRESENTA “IGLOOS”, LA MOSTRA DEDICATA AL CELEBRE MAESTRO DELL’ARTE POVERA

È STATO UNO TRA GLI ARTISTI PIÙ RILEVANTI DEL SECONDO DOPOGUERRA. UN PERSONAGGIO ICONICO,

MERZ, CON LE SUE OPERE HA INDAGATO I PROCESSI DI TRASFORMAZIONE DELLA NATURA E DELLA VITA UMANA SECONDO UN’ANALISI COSTRUITA PER IGLOO.

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Graziosi rifugi a forma di cupola costruiti con blocchi di neve, visivamente riconducibili alle abitazioni primordiali che diventano per Merz l’archetipo dei luoghi abitati e del mondo. Costruzioni che costituiscono la metafora delle diverse relazioni che intercorrono tra interno ed esterno, tra spazio fisico e spazio concettuale, tra individualità e collettività. Opere d’arte realizzate tra il 1968 e il 2003 che oltre a interrogare il pensiero dell’arte, diventano il fulcro delle sue opere più iconiche a cui Pirelli HangarBicocca, fino al 24 febbraio 2019, dedica un progetto espositivo curato da Vicente Todolí e realizzato in collaborazione con la Fondazione Merz dal titolo: “Mario Merz. Igloos”.

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l’

exhibition si espande nelle Navate del Museo d’arte contemporanea milanese, ponendo il visitatore al centro di una costellazione di oltre trenta opere di grandi dimensioni appunto a forma di igloo, offrendo un paesaggio inedito dal forte impatto visivo. Gli igloo di Mario Merz, caratterizzati da una struttura metallica rivestita da una grande varietà di materiali di uso comune, come argilla, vetro, pietre, juta e acciaio – spesso appoggiati o incastrati tra loro in

Mario Merz. Schaffhausen (CH) © Mario Merz, by SIAE 2018

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Mario Merz Sentiero per qui, 1986 - Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. “la Caixa” Collection. Contemporary Art Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018 Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case?, 1994 Veduta dell’installazione, Fondazione Merz, Torino, 2005 Courtesy Fondazione Merz, Torino Foto: © Paolo Pellion © Mario Merz, by SIAE 2018

modo instabile – e dall’uso di elementi e scritte al neon, sono l’occasione di osservare lavori di importanza storica e dalla portata innovativa, provenienti da collezioni private e museali internazionali, raccolti ed esposti insieme per la prima volta in numero così ampio. Mario Merz Igloos Fino al 24 febbraio 2019 Pirelli HangarBicocca Via Chiese, 2, 20126 Milano



C R E AT I V I T Y

IED il valore

dell’istruzione 34

Abbiamo raggiunto Stefania Nardelli, coordinatrice del corso di Specializzazione IED in Fashion Product and Merchandising Manager. Con lei abbiamo conversato

sul futuro e sul valore dell’istruzione per i giovani talenti del mondo del design


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Intervista a Stefania Nardelli Qual è stato il tuo percorso per arrivare a diventare una Product Manager? Cosa ti ha fatto capire che sarebbe stato il ruolo giusto per te? Già da ragazzina sognavo di fare la Designer, fondamentale è stato l’ingresso come stagista in uno studio di Trend Forecasting di Milano, poi in uno studio stilistico. A 24 anni sono stata chiamata da un’importante azienda in Toscana (Annapurna) dove ho imparato davvero il mestiere di Fashion Product. Qui ho capito l’importanza di conoscere tutta la supply chain, dallo studio del colore, alla ricerca dei filati e dei tessuti, dall’interpretazione degli schizzi dei più grandi designers (ho avuto la fortuna di incontrare e di lavorare con Martin Margiela quando ancora disegnava per Hermes, Tomas Maier per Bottega Veneta, Y.Yamamoto, K.Lagerfeld per Chanel), fino alla realizzazione dei primi prototipi e alle copie di campionario. Qui ho imparato l’estrema importanza del tempo, delle responsabilità, del lavoro in team. Qui è cresciuta la mia passione per questo lavoro, grazie all’incontro con persone straordinarie.


“Fare uno studio sui colori, conoscere i tessuti, i filati, andare alle fiere di settore, seguire le sfilate e cercare di capire la direzione del trend, con un occhio ben attento sul mondo, avendo sensibilità psicologica, empatia sociologica e capacità di analisi” 36

Puoi spiegarci come le nuove tecnologie applicate al settore moda, hanno cambiato/ migliorato il lavoro del (Fashion)Product Manager? Ogni professione è in continua evoluzione, la tecnologia cresce e con lei anche noi dobbiamo farlo, sforzandoci di essere più ricettivi ai cambiamenti. Mai come ora è di fondamentale importanza rispettare “il tempo”. Oggi si muove tutto in maniera vertiginosa, le notizie nella cyber-reality sono immediate. Il rovescio della medaglia è che cosi come il nuovo arriva presto, ancor prima diventa vecchio, già visto. Quindi bisogna saper cogliere l’attimo, esserci un istante prima, ma non troppo.

produzione, come arginarli, quali mark-up attuare; come entrare nel mercato studiandone il positioning, il pricing, la distribuzione e i competitors. Durante il corso consiglio sempre delle letture esterne, che possano non solo accrescere in loro le hard skills, ma scavare nel loro animo alla ricerca delle (fondamentali) soft skills. Non credo di esagerare nel dire che alcuni di questi ragazzi, quelli più curiosi ed “affamati”, che hanno sviluppato durante il corso anche ulteriori qualità, potranno proporsi nel mondo del lavoro non solo come Product e Merchandising Manager, ma anche come Brand Manager.

In qualità di coordinatrice del corso di Specializzazione IED in Fashion Product and Merchandising Manager, come pensi che il percorso formativo di quest’anno abbia influenzato le carriere professionali degli studenti che hai seguito? Credo che per poter apporre delle migliorie in un qualsiasi sistema, si debba prima conoscerlo a fondo. I miei ragazzi hanno presentato dei progetti non solo meravigliosi nell’esposizione, nell’estetica e nella proposta futura, ma hanno imparato a fare un’analisi a 360° del brand, una prospezione del mercato. Spero di aver insegnato loro ad entrare nel cuore del problema sfruttando l’osservazione, il benchmarking, lo studio, l’informazione. È così che ogni lavoro è risultato complesso, ben articolato e assolutamente completo. Hanno imparato a capire i costi di

Cosa ritieni debba fare oggi un professionista per rimanere sempre aggiornato e al passo con la creatività, con l’innovazione e con i nuovi trends del settore in cui opera? Penso che sia fondamentale essere sempre informati e aggiornati su quelle che sono le proposte del mercato, ma non solo. Fare uno studio sui colori, conoscere i tessuti, i filati, andare alle fiere di settore, seguire le sfilate e cercare di capire la direzione del trend, con un occhio ben attento sul mondo, avendo sensibilità psicologica, empatia sociologica e capacità di analisi. Un corso allo IED che tutti gli aspiranti Product Manager dovrebbero seguire è il Workshop di Cool Hunting della mia collega Serena Sala. In questo corso impari a “guardare” oltre che a “sentire” in maniera differente.


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Fashion ProductMM_studentsproject


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VISIONARIES

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INTERVIEW

Express Yourself DALLA

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P h o t o A l b e r t o Ta n d o i / Fa s h i o n e d i t o r A l b e r t o C o r r a d o

/ S t y l i s t Fa b i o P r a v a t o / Ta l e n t E r i k a B o l d r i n

/

H a i r& M a ke U p S a l v a t o r e

L o i u s i n g D o l c e & G a b b a n a / H a i r A l e m k a K r u p i c @ Fa c e t o Fa c e / T h a n k s t o S a l v i o n i , V i a D u r i n i , 3 M i l a n o


Maxi down jacket COLMAR ORIGINALS Pettycoat dress in cady Stephan Janson Felt hat Stetson Earrings and bracelet Sharra Pagano Sandals with feathers Giuseppe Zanotti

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Faux fur bomber jacket COLMAR ORIGINALS Body lace, pvc skirt with lace prints and feathers, sandals in black leather with crystals Christopher Kane Felt hat with multicolors feathers Borsalino Necklace Sharra Pagano


Coat in faux fur COLMAR ORIGINALS Animal print chiffon dress and over the knee leather boots Petar Petrov Earrings Sharra Pagano

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«Il mondo di oggi offre davvero tanti stimoli, bisogna saperli cogliere e farli propri. Dal mio punto di vista essere dei visionari vuol dire riuscire ad ispirare le persone». ERIKA BOLDRIN APRE COSÌ IL NOSTRO INCONTRO A MILANO. Dopo nove anni dall’inizio di una delle sue importanti collaborazioni come blogger e influencer, torna sullo speciale set milanese allestito per l’occasione da Salvioni con indosso gli amati capi Colmar.


“ESSERE VISIONARI PER ME SIGNIFICA RIUSCIRE AD ISPIRARE LE PERSONE”

Una donna giovane, con tante idee e sempre in movimento. Amante dei viaggi, delle culture, pronta alla conoscenza col prossimo senza troppi pregiudizi. Sarebbe in grado di trasferirsi alle Hawaii dall’oggi al domani, perché? Stare ferma con le mani in mano non fa per lei. Il suo è stato un percorso sempre in crescita, complici gli studi in economia che le hanno fornito gli strumenti utili a trasformare la passione per la comunicazione di moda in una professione. Ti ricordi qual è stato uno dei tuoi primi post? Era con Colmar. Un marchio con cui collaboro da nove anni. Un percorso di costante crescita e duro lavoro. Per me l’azienda è diventata come una famiglia. I loro capi li amo e li indosso anche al di là dei servizi fotografici. Ricordo ancora che per il post scattammo un piumino corto. Per l’occasione andammo in montagna, a Bormio. Questo è stato il primo progetto di una lunga serie insieme.

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Qual è stato il tuo percorso? Prima di dedicarmi al cento per cento al blogging e alla moda mi occupavo di economia e finanza. La moda è sempre stata una grande passione, qualcosa che curavo sin da piccola. Da bambina mi divertivo a cucire gli abiti per le bambole. Negli anni dell’Università mi sono interessata alle prime forme di blog e social media che si presentavano, guardavo molto Chiara Ferragni, lei era la prima in questo campo. Non c’era ancora Instagram, impazzava Flickr e lo usavo molto. Il mondo della finanza ti è stato d’aiuto per il tuo percorso professionale come blogger? Devo dire di sì, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto commerciale e il rapporto con il cliente. Questo tipo di esperienza mi ha dato le capacità per gestire molti progetti in autonomia, senza la necessità che vi fosse un intermediario e soprattutto mi ha fornito una concezione realistica del mondo del lavoro. Oggi che rapporto hai con i social? Un buon rapporto, ovviamente sono sempre incollata al telefono per motivi di lavoro, mi fa davvero piacere rispondere ai messaggi dei miei follower. Riconosco però che ogni tanto è giusto, anche per le persone che sono intorno a me, fare un pochino di “detox”, lasciando lo smartphone in disparte. Magari nei weekend mi prendo una pausa. Ti capita di avere a che fare con gli haters? Mi capitava spesso all’inizio. Non prendevo bene i commenti negativi sull’aspetto estetico. Però ho continuato a lavorare sodo e devo dire che ogni tanto vado a sbirciare se online sia presente qualche “gruppo contro”, però sono molto soddisfatta di come le persone percepiscano il mio lavoro. Poi sono arrivate le proposte per le capsule collection… È capitato spesso che alcuni marchi mi contattassero per delle collaborazioni nell’area creativa, soprattutto nel mondo degli accessori. Un’esperienza particolarmente eccitante è stata la

collaborazione con il brand Cromia, per un’edizione limitata di alcune borse. Per me ha significato oltre che la realizzazione di un desiderio, una prova unica. Sono andata in azienda e insieme al team creativo abbiamo sviluppato e realizzato ogni fase della lavorazione: dall’idea al prodotto finito. È stata una vera scoperta. Devo dire che avere a che fare con i cartamodelli non è cosa facile. Cosa consideri come un traguardo? Ammetto che ogni progetto rappresenta una soddisfazione personale non indifferente. La cosa che mi dà più piacere è quando un marchio mi ricontatta dopo il primo progetto per lavorare ancora insieme. Questo significa che il mio lavoro e il mio impegno vengono riconosciuti e apprezzati. Penso che una delle grandi soddisfazioni che riceverò tra qualche tempo sarà l’avvio di una mia attività personale, magari un mio marchio. E vi dirò già che probabilmente non sarà del tutto fashion, sarà qualcosa di diverso e che rappresenta totalmente il mio animo. C’è qualcuno che ti ispira nel tuo lavoro? Assolutamente si, mi ispirano e mi danno carica le grandi direttrici di giornali e di aziende. Personalmente non tendo a copiare, prendo spunto e reinterpreto nel mio modo. Non faccio nulla che non mi rappresenti. Sei amante del vintage. Dacci qualche consiglio su dove scovare qualcosa di particolare. Amo il vintage non solo per l’abbigliamento, ma anche per quanto riguarda l’arte e il design. Se vi capita di fare un bel viaggio magari a Parigi o a Los Angeles, troverete sicuramente qualcosa di unico. Da non dimenticare Londra con gli iconici mercatini di Portobello Road e Camden Town. Sono tutti luoghi dove non mancano negozi e commercianti del vintage che offrono oggetti originali. Il mio preferito in assoluto si trova ad L.A., si chiama Rose Bowl Flea Market ed è a Pasadina. Un fantastico bazar aperto dalla mattina alla sera, è davvero immenso non si riesce a girarlo tutto in una sola giornata. Qui lo stile degli oggetti in vendita è del tutto americano e i prezzi sono davvero accessibili. Invece quando sono a Milano amo acquistare qualcosa di par-


Vest COLMAR ORIGINALS Cashmere jumper Petar Petrov Maxi wool cap Borsalino

Coat COLMAR ORIGINALS Wool and cachemire jacquard cardigan and ribbed viscose sweater MRZ Baseball cap Borsalino Earrings and bracelets Sharra Pagano Clutch Giuseppe Zanotti Leather boots Petar Petrov

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Faux fur jacket COLMAR ORIGINALS Cashmere turtle neck and brown patent leather skirt Petar Petrov Felt hat Stetson Necklace and bracelets Sharra Pagano Clutch in shaded pytion and swarovski band Gedebe Animalier printed boots Giuseppe Zanotti Stockings Emilio Cavallini

ticolare online. Su Vestiaire Collective e Depop si trovano delle belle occasioni. Sei una viaggiatrice accanita. Ci consigli una meta per un’avventura? Sono appena tornata dall’Arizona. Un luogo incredibile, affascinante, una terra con dei colori magnifici, che rimangono impressi nell’animo. Ero qui con mio marito, abbiamo fatto un tour bellissimo, siamo stati nel Grand Canyon, un luogo che va visitato almeno una volta nella vita. Me ne sono innamorata. Mio marito scherza sempre sul fatto che ogni volta che partiamo mi invaghisco follemente di un posto e vorrei subito trasferirmi per viverci. In realtà ha ragione. Questa dell’Arizona è stata anche un’esperienza speciale, sono stata chiamata da Proenza Schouler per interpretare il nuovo profumo che si chiama appunto Arizona. Insieme al marchio abbiamo visitato dei luoghi esclusivi per vivere realmente l’essenza della fragranza. Quale sarebbe un posto dove ti trasferiresti dall’oggi al domani? Sicuramente le Hawaii. Ci sono stata cinque volte. Amo la loro

cultura, le persone sono aperte all’incontro con l’altro. Sono gioviali, predisposti al dialogo, salutano e parlano senza pregiudizi. Mi piace incontrare persone nuove e scoprire ciò che non conosco. Sono dinamica, rimanere ferma in un posto non fa per me. Moda a parte, raccontaci una delle cose che ami fare. Mi sono appassionata al surf, ho iniziato proprio alle Hawaii. Per molto tempo ho praticato anche lo yoga poi mi sono gettata in questo sport più energico e avventuroso. Un’altra tua grande passione? Da quando sono diventata vegana, una scelta che ho affrontato da quando nella nostra vita (sua e di suo marito n.d.r), c’è Leo il nostro bellissimo cocker, mi sono appassionata di cucina e quando sono a casa mi diletto davvero tanto. La mia cavia è proprio mio marito che, anche se non è vegano, apprezza. Un’altra grande passione è il cinema, di recente ho visto un film bellissimo, un po’ datato, ma se capita anche a voi di guardarlo ve lo consiglio, si chiama “Upside Down”, l’attrice principale è Kirsten Dunst e racconta la storia d’amore di due giovani provenienti da due mondi contrastanti.


Jacket COLMAR ORIGINALS Leather dress Amen Flat cap in blue and green tartan wool with ponpon Stetson Necklace Sharra Pagano Mini Trilly handbag Les Petits Joueurs

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MUSIC

COMING SOON APPARAT

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DA APPARAT A THOM YORKE, DA SKIN AI MASSIVE ATTACK, DA LANA DEL REY A MADONNA, I MOLTI POSSIBILI PROTAGONISTI (MUSICALI) DELL’ANNO CHE VERRÀ BY C I R O CAC C I O L A

VECCHIE GLORIE E NUOVE STELLE DEL ROCK, icone pop e mammasantissima dell’ambient, cantantesse di ieri, di ieri l’altro e dell’oggi, super band che (a volte) ritornano e artisti nati visionari che – per nostra fortuna – ancora riescono a fare musica sull’onda delle emozioni: tra nuovi dischi in formato fisico e digitale, international attesissimi “grand tour” e raffinati eventi teatrali, c’è davvero tanta roba, per tutti e per tutti i gusti, in questo imminente, promettente, aspirante 2019.


P

THOM YORKE

TEARS FOR FEARS

suoi High Flying Birds, la band di alternative rock messa in piedi dopo lo scioglimento degli Oasis. Dopo le inquietanti quanto meravigliose partiture scritte per la colonna sonora di “Suspiria” reload by Guadagnino, anche Thom Yorke sembra intenzionato a regalare all’inizio di primavera ai suoi fan un nuovo disco: non ne conosciamo ancora il titolo, ma sappiamo per certo che sarà un lavoro “molto elettronico”, come ha spocchiosamente dichiarato al quotidiano spagnolo El Mundo: “Non vorrei fare politica con la mia musica, eppure tutto ciò che faccio sembra voler andare in quella direzione”. Sempre al lavoro in studio con Nigel Godrich, storico produttore dei Radiohead, Yorke tweetta di aver sperimentato un sacco di suoni ed effetti

Partiamo subito con le nuove uscite discografiche. A gennaio arrivano il nuovo album della malinconica, pur sempre laconica “Venice Bitch” (dal titolo del suo singolo più recente, 10 minuti di durata!) Lana del Rey, “Norman Fucking Rockwell”, dedicato al celebre illustratore americano morto nel 1978 (il “Fucking” è rafforzativo perché è così che Lana, che potrebbe dare presto alle stampe anche una raccolta di poemi, ha inteso esaltarne la genialità), Dai leggendari studi di registrazione in Abbey Road (sì, quelli dei Beatles) dovrebbero arrivare invece le nuove composizioni, pare in stile Disco 70’s, del capriccioso Noel-fratello-di-Liam Gallagher, reduce dalle fatiche “letterarie” del suo libro “Any road will get us there”, forse ancora con i

MADONNA 49

speciali, “un modo nuovo e strano di creare un album, ma molto eccitante”. Ascolteremo. Per celebrare i 25 anni di carriera, gli Skunk Anansie, inconfondibile mix di influenze, razze, generi, sessualità, cultura e generi musicali, confermano l’uscita a fine gennaio di un nuovo album live, dal titolo quanto mai sorprendente (scherzo) “25LIVE@25” che mette insieme il “best of” delle loro esplosive performance live, scelte a insindacabile quanto affidabile giudizio di Jeremy Wheatley, collaboratore di lunga data della band. Dal1994 ad oggi, in effetti, gli Skunk sono andati avanti senza un legame forte con la scena musicale del tempo, creando il loro personale sound e quell’agile, grintoso, politicamente impegnato “clit rock”, termine coniato da Skin: “Come cantante donna nera era difficile imporsi ed essere accettata – ha detto una volta – Poi salivo sul palco, fa-


MUSIC

LIAM GALLAGHER 50

SKUNK ANANSIE

cendo esattamente quello che immaginavo nei miei sogni e lì, per la prima volta, mi sono sentita accettata”. Il primo febbraio vede la luce il quinto album dei White Lies, un disco molto importante per la nota band londinese vocalizzata dal tenebroso Harry McVeigh, paradigma di un certo indie rock, che proprio con questo “Five” compie ed autocelebra il suo primo decennale, con sonorità solennemente 80’s ed un unico concerto già sold out in terra italiana l’undici marzo all’Estragon di Bologna. Last but not lst, tra febbraio e marzo dovrebbe arrivare anche il nuovo album di Lady Madonna, già atteso per fine 2018 e strategicamente slittato: dopo essere stata per lunghi anni, almeno fino a “Confessions On The Dancefloor” (2005) un’artista visionaria e fortemente caparbia in fatto di nuove direzioni musicali, Madonna negli ultimi anni

si è un po’ accomodata sugli allori, scegliendo e mettendo al suo servizio produttori di grido come Pharrell Williams, Justin Timberlake, Calvin Harris e Avicii, allineandosi alle sonorità del momento. Con questo nuovo album, il cui titolo dovrebbe essere “Magic”, a 60 anni “suonati”, cantati e ballati, sembra invece abbia nuovamente deciso di deviare il suo corso musicale verso nuovi territori musicali, colpita e affondata dal fado portoghese e da giovani talenti come Dino D’Santiago, ma anche nuovamente affiancata dall’introverso produttore francese Mirwais, lo stesso dei suoi due album più elettronici, “Music” e “American Life”. I fan naturalmente si aspettano che a disco nuovo corrisponda tournée nuova. I rumors sono già numerosi al momento. Ma, a parte quelli in arrivo da Miss Ciccone, di concerti annunciati, confermati, programmati per il 2019 ce ne sono di ogni. A cominciare dal mini tour italiano messo in piedi dai Massive Attack (se Banksy sia o meno uno di loro resta ancora un mistero) per il ventennale di uno dei loro dischi più osannati

MASSIVE ATTACK


WHITE LIES

ALVA NOTO

alla Tate Modern di Londra. Lo show in programma a Napoli sarà focalizzato ancora sull’album “UNIEQAV” (2018), da lui stesso descritto come “una rappresentazione sonica di un’immersione sott’acqua” che completa un percorso di radicale sperimentazione sonora, tra incisivi pattern ritmici, eventi noise e ambient, con atmosfere di rarefazione zen. Infine, per restare in tema, è confermato che la nuova tournée di un altro musicista tedesco molto amato dal pubblico italiano, Sascha Ring in arte Apparat, noto per essere anche il front man del progetto Moderat, prende l’avvio in aprile proprio dall’Italia: il 5 a Napoli al Teatro Acacia, il 6 all’Estragon di Bologna, il 7 all’Alcatraz di Milano. Ring è noto anche per le sue colonne sonore: da Krieg und Frieden (Music for Theatre), album prodotto per la pièce teatrale di Sebastian Hartmann tratta da Guerra e Pace di Tolstoj fino al più recente Capri-Revolution, il film di Mario Martone in uscita a discembre premiato al Festival del Cinema di Venezia proprio per le musiche. E allora buon anno e buona musica, Everybody.

LANA DEL REY

MIHAIL

da pubblico e critica, “Mezzanine”: Robert Del Naja e soci saranno il 6 febbraio ad Assago (Mi), Mediolanum Forum, l’8 febbraio a Roma, Palalottomatica, e il 9 febbraio a Padova, Kioene Arena. A trent’anni dai loro grandi successi tornano anche i mitici e rispettati Tears for Fears per due concerti senza troppe nostalgie il 23 febbraio ad Assago e il 24 febbraio a Padova. Due date da mettere in agenda sono quelle appannaggio di Florence + The Machine il 17 marzo a Casalecchio di Reno (Bo) e il giorno successivo a Torino. Promette bene dal vivo anche Mihail: il bel giovanotto/promessa di “Who You Are”, nato in Russia e cresciuto in Romania, sarà ai Magazzini Generali di Milano il 29 marzo e il 30 a Roma, in Largo Venue. Sul fronte più sperimentale, anche se ormai naturalmente accorsato, torna a Napoli il 21 febbraio al Teatro Bellini Alva Noto, alter ego dell’artista Carsten Nicolai, sperimentatore vi51 sionario di molteplici forme artistiche: di base a Berlino, da anni svolge la sua ricerca in una zona artistica che incrocia musica, arte visiva e scienza, nell’intento di superare le separazioni tra le diverse percezioni sensoriali. Noto ha collaborato negli anni con Ryuichi Sakamoto, è stato compositore e sound designer del regista Alejandro González Iñárritu, e si è esibito in tutti i principali musei di arte comtemporanea del mondo, dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York, al Museum of Modern Art di San Francisco, dal Centre Pompidou di Parigi


MUSIC

Back To 90’s,

Back To Hip Hop

Seri, schierati, ispirati, sinceri, will.i.am, apl.de.ap e Taboo ritornano a fare buona musica assieme. Senza Fergie. 52

Sono passati giusti-giusti cinquant’anni dal 1968, e da tutte quelle cose meravigliose, piene di futuro, di spe-

ranza e di rivoluzione/evoluzione che vi accadevano.

Venti anni già dal 1998, quando veniva alla luce, in uno studio di Los Angeles, “Behind The Front”, il primo album firmato The Black Eyed Peas. E dieci anni infine

dal mondo sonoro, felice, spensierato, ultra super pop messo giù per le canzoni di “The E.N.D.”, l’album di

maggiore successo per The BEP, scritto e prodotto assieme a personaggi come David Guetta e Mark Knight & Funkagenda.


A quanto ascoltiamo, devono esserci passati anche loro in questi amarcord. Magari in certi momenti devono essergli sembrate più prossime nel tempo le immagini del primo uomo sulla luna che non le riprese dell’incommensurabile flash mob messo in strada a Chicago per l’addio alle scene di una certa Oprah, con centinaia di migliaia di persone che cantavano e ballavano “I Gotta Feeling”. A otto anni di distanza da “The Beginning” (mai titolo fu più improprio), il disco che traduceva l’evidente crisi artistica che li aveva portati a usare, per il singolo di lancio, il ritornello della canzone pilota del film “Dirty Dancing” credendo di non sbagliare (eppur sbagliarono!), William Adams, Allan Pineda e Jaime Gomez, amici sin dai tempi del liceo, sono rientrati nei loro pseudonimi: will.i.am, apl.de.ap e Taboo hanno scritto e prodotto un nuovo album di canzoni, e se ne stanno in giro per il mondo a cantarle. Sì, sono rimasti in tre. Quel tocco di biondo, la Fergie, non c’è più. Tre anni or sono è andata via, ufficialmente, e da allora niente è più come prima. Dopo il gran finale di Rock In Rio, in cui svogliatamente hanno dovuto intonare, inevitabilmente, “…That Tonight’s Gonna Be A Good Night”, i tre sono venuti in Europa, e hanno fatto concerti a Berlino, Parigi, Londra, in tutte le capitali del Vecchio Continente (Italia esclusa). E quello che hanno proposto dal vivo è stato lontano anni luce dall’EDM di “Boom Boom Pow”. Oggi i Black Eyed Peas suonano come una formazione hip hop ante Jay-z, ovvero come una di quelle band anni Novanta che, da Los Angeles a New York, passando per Philadelphia, parlavano di amore, di pace, di amicizia, sviluppando le radici del Soul: De La Soul, A Tribe Called Qwest, Spearhead. Non a caso il loro nuovo album, “Masters of the Sun, Vol. 1”, si apre con un brano che non solo s’intitola – chiaro e forte – “Back 2 Hip Hop” ma campiona anche “Back to Life” dei Soul II Soul, vero classico dei suddetti 90’s, ed ospita tra le rime l’amico rapper Nas, sapiente poetico delle case popolari del Queensbridge, accolto in quegli anni come una seconda venuta di Rakim (Eric B., esatto).

In questo disco l’ispirazione è sincera, la motivazione è forte: “In un mondo in cui i nostri più elementari diritti umani sono spesso ignorati e il sistema non ci rispetta – ha detto e scritto will.i.am - un futuro giusto è realizzabile solo se ci uniamo e usiamo il nostro potere collettivo per fare il cambiamento”. Convincere i vecchi fan e i sempre più giovani millennials, che influenzano classifiche e fanno visualizzazioni, senza donne formose in bella anzi, diremmo, cattiva mostra, senza featuring mainstream e senza sound latini reggaetonici oggi è davvero un atto di coraggio, una bella scommessa dal punto di vista commerciale, artistico e musicale. Il video del primo singolo estratto, “Big Love”, per quanto bellissimo, così pieno di messaggi anti-violenza contro il facile accesso alle armi negli States, non ha avuto il riscontro sperato, appena dieci milioni di views su YouTube contro i quasi quattrocento (!) milioni della loro prima hit “Where Is The Love”, di cui appunto “Big Love” sembrava voler essere un sequel ideale. Eppure: “Quel video è molto più che un semplice messaggio - ha dichiarato la band - Il nostro nuovo disco è come un GPS che ci indica come arrivare a destinazione. Ci sono molti messaggi là fuori e il mondo in questo momento ha bisogno di indicazioni. Come ci arriviamo a destinazione? Qualcuno mi può dare le coordinate? Eccole, bro”. Partecipazioni, ospiti rapper della Old School, campionamenti jazz, citazioni colte (Suzanne Vega e la sua mitica “Tom’s Diner”, ad esempio), mood e funky grooves sono tutti dichiaratamente, sapientemente, gradevolmente 90’s. Con “Masters of the Sun” (titolo che fa riferimento al comic book scritto dallo stesso will.i.am per Marvel nel 2017, dove si incontrano culture b-boys, egittologia e immaginario zombie) i Black Eyed Peas sono ormai politicamente schierati: contro gli abusi, le violenze, le discriminazioni di qualunque tipo. Sembrano lontani anni luce il primo e il secondo posto in contemporanea nella Hot 100 USA, o le collaborazioni con Justin Timberlake. Il presente, e forse la verità, sono da tutt’altra parte. E in tutt’altri party. Lontanissimi, buon per loro, dalle luci di Paradise Island che si accenderanno sul concertone (o concertino) di Capodanno che la loro pur acclamata ex, Fergie, terrà all’Atlantis per il pubblico ricchissimo e trop âgée delle Bahamas. Hip Hop Hooray.

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ALICE MERTON

INTERVIEW

L A

S C O N O S C I U TA

S E R I E T À


L’ A R T I S TA Dopo l’incredibile successo dei singoli “No Roots” e “Lash Out”, Alice Merton pubblica il 18 gennaio MINT, attesissimo debut album, e annuncia il tour mondiale BY M A R C O TO R CAS I O

RIVELAZIONE Cosa hanno lasciato in te le diverse culture incontrate nei tuoi innumerevoli viaggi tra New York, Londra, Berlino? Una vita passata fra gli scatoloni mi ha regalato qualcosa da raccontare. Mio padre lavorava nel settore minerario e, unitamente al suo desiderio di viaggiare, tutto ciò ha significato dividersi tra il Canada, gli Stati Uniti, la Germania e l’Inghilterra. Un’esistenza nomade che mi ha portato a rinunciare agli aspetti più materiali. Nel singolo che ti ha reso nota al grande pubblico parli appunto di questo instancabile movimento. Hai messo radici o sei ancora alla ricerca di una casa? Volevo che la canzone fosse una liberazione e che avesse un ritmo divertente. Quando la eseguo da sola è molto malinconica, ma quando la suono con tutta la band mi carica. Grazie a questo pezzo ho capito che le mie radici sono nella musica e nei miei fan.

“Why so serious” è il singolo che introduce il tuo debut album. Da cosa scaturisce? Da una consapevolezza più che mai lampante, perché la necessità di doversi prendere così sul serio? Non era tutto più bello quando non avevamo lezioni da imparare? Quando eravamo liberi di commettere errori? Mint esce a livello mondiale il 18 gennaio. Di che disco si tratta? È prodotto dalla Paper Plane Record Int., fondata da me stessa insieme al mio manager Paul Gruwinkel. Il disco è composto da 11 canzoni fra cui i singoli già pubblicati “No Roots” e “Lash Out” e parla sostanzialmente di crescita, maturazione, viaggio, felicità. Passerai dall’Italia? Il mio tour toccherà anche l’Italia con un’unica data in programma a Milano il 17 aprile.

D E L L’ A N N O 70 milioni di visualizzazioni su YouTube sono un bel traguardo per una hit. Come ci si sente? L’emozione è grande, ma la cosa che più mi gratifica è sapere di essere arrivata a così tante persone con una sola canzone. La potenza dei mezzi di comunicazione e dei social oggi sta esattamente in questo. Quali generi musicali appartengono al tuo percorso di maturazione artistica? Dopo aver passato diversi anni a frequentare insegnamenti classici (pianoforte, clarinetto e canto), mi sono spostata verso una musica più pop/rock e contemporanea. Ho iniziato così ad ascoltare band come i Killers, i Kaiser Chiefs e The Alan Parsons Project. Ma la più grande rivelazione l’ho avuta scoprendo una grande passione per la scrittura. E se ti chiedessi di fare almeno due nomi di artiste a cui tieni particolarmente? Direi Florence Welch dei Florence and the Machine e Regina Spektor. Due voci uniche.

D I

A L I C E

M E R T O N

La tracklist e la copertina di “Mint”: Learn to Live 2 Kids No Roots Funny Business Homesick Lash Out Speak Your Mind I Don’t Hold a Grudge Honeymoon Heartbreak Trouble in Paradise Why So Serious

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BOOK

BOB DYLAN IN BLACK

Fotografie per copertina Saturday Evening Post 1966

“ C O M E B A S TAVA

S O G G E T T O P U N TA R G L I

F O T O G R A F I C O , A D D O S S O

D Y L A N

E R A

L’ O B I E T T I V O

E

I L L E

M I G L I O R E .


& WHITE C on queste parole il regista, sceneggiatore e fotografo statunitense Jerry Schatzberg presenta il suo ultimo lavoro realizzato con gli scatti fatti a Bob Dylan, all’apice della sua carriera: un grande libro fotografico con i ritratti di studio, le fotografie in sala di registrazione, le rarità, i concerti. Era il 1965 e Jerry Schatzberg, già fotografo ben affermato, incontrò un giovane Bob Dylan all’apice del successo. Dylan invitò il fotografo nello studio dove stava registrando un album che sarebbe diventato Highway 61 Revisited, che includeva Like a Rolling Stone, la canzone che avrebbe guadagnato il primo posto nella classifica di “Rolling Stone” dei cinquecento dei più grandi successi di tutti i tempi.

Lo spirito ludico di Dylan 1966

In quello studio Schatzberg cattura Dylan durante uno dei momenti più cruciali della storia della musica e allo stesso tempo coglie l’essenza di quello che sarebbe diventato il suo più grande album:

“Blonde on Blonde”. Immagini essenziali e intramontabili, che resistono alla prova del tempo. Un volume ricco di contenuti che include i reprint di interviste seminali, compresa la mitica A night with Bob Dylan di Al Aronowitz, pubblicata sul “New York Herald Tribune” nel 1965. L’anima di Dylan 1966

Dylan / Schatzberg Skira Editore © 2018 Jerry Schatzberg 2018, edizione italiana e francese 28,5 x 32,5 cm, 262 pagine, 250 colori, cartonato ISBN 978-88-572-3916-3 I, 978-2-37074-092-2 F 55,00

C O S E U N

S E M P L I C E M E N T E

B U O N

R A P P O R T O

A C C A D E VA N O . E

L U I

E R A A

A B B I A M O

AV U T O

U N

D I S P O S T O

P R O VA R E

Q U A L S I A S I

C O S A . ”

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IXNXTXEXRXVXI X EW XX

LIFE IS GOLDEN RICOMINCIARE DA CAPO UNA VITA LÌ DOVE SEMBRA NON ESSERCI PIÙ SPERANZA PER IL FUTURO? LE FOTOGRAFIE DI FRANCESCA DANI COLMANO IL VUOTO LASCIATO DALLA DISTRUZIONE NUCLEARE E RIBALTANO IL PARADIGMA DEL DOLORE TRASFORMANDOLO IN PRELUDIO DI UNA NUOVA RINASCITA BY M A R C O TO R CAS I O

A L L R I G H TS R E S E RV E D BY F R A N C E S CA DA N I


V I A G G I O

N E L L A

Z O N A

D I

E S C L U S I O N E

E ra estate. Gli Suede presentavano al mondo Life Is

Photographer Explorer Reporter

@francescadani

Golden, primo estratto dall’album di inediti The Blue Hour, accompagnato da un video diretto dal collaboratore di lungo corso della band Mike Christie e girato a Prypjat, vicino alla centrale di Chernobyl. Un flashback brutale, seppur esteticamente perfetto, che ha riacceso in me il desiderio di conoscenza nei confronti di quella tragedia di cui tanto avevo sentito parlare, ma che in fondo non conoscevo affatto. Per chi, come me, è nato nel 1986, Annus Domini anche del disastro nucleare più grande della storia, qualcosa di ancestrale e predeterminato sembra scatenarsi dentro quando si ritorna col pensiero a quegli istanti. Il regista del video degli Suede ha spiegato che la clip “non parla della tragedia successa tanti anni fa, ma della forza inarrestabile della vita che ha consumato il paesaggio desolato lasciato dagli esseri umani. Sembrava meravigliosamente appropriato mettere la canzone nel cemento incrinato, sconfitto da torreggianti alberi dorati”. E infatti, dopo una breve indagine online, scopro che oggi la natura è tornata preponderante sui territori abbandonati dall’uomo, che la città fantasma di Prypjat è diventata una specie di paradiso per gli animali selvatici che, non dovendo più interagire con gli uomini, possono circolare liberamente e occupare strutture e abitazioni. Ma non era abbastanza. Guidato su Instagram dall’hashtag #prypjat scopro l’universo sospeso di Francesca Dani, fotografa freelance che si concentra principalmente sui paesaggi artici tra Finlandia, Svezia e Norvegia e sulla zona di esclusione di Chernobyl. Questa intervista nasce da una sua frase, riportata dal suo website, che colpisce il lettore come uno schiaffo gelato: “Se guardo indietro a qualche anno fa, ricordo i miei sogni, un lavoro da impiegata, una casa. Avevo tutto e la mia vita era sicura. Ma volevo conoscere culture, persone, vedere come erano fatti i confini, volevo vedere di più. Volevo vedere di cosa ero capace. Così, sono andata a ovest, sud, est e a nord. Ho visto la vita, le cose brutte, la sfida, il rischio, il fallimento, il successo, la bellezza, il decadimento. Ho visto il mondo in tutte le sue sfumature. Non ho trovato tutte le risposte a cosa chiedevo ma ora so che sono nata per essere libera. Ricorda sempre chi volevi essere. Ricorda sempre dove volevi andare”. La macchina fotografica oggi è il tuo personale occhio sul mondo. Ma in passato la tua quotidianità era completamente diversa. Raccontaci cosa ti ha spinto a cambiare rotta e perché hai trovato nella fotografia paesaggistica la tua ragione di vita. Effettivamente arrivo da un ambiente molto diverso, per 13 anni ho lavorato nel campo della moda e dell’entertainment come cosplayer modella, per anni ho cercato di costruire la mia vita in un ambiente effimero e di sola facciata, non mi rendevo conto che non era quello che veramente cercavo. Ad un certo punto della mia vita ho capito ciò che ero veramente nel profondo, così con tanta fatica morale ho deciso di abbandonare un lavoro che rendeva molto in termini monetari. In un certo senso ho “demolito” quella me e ho ricreato una vita nuo-

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va passando dall’altro lato della macchina fotografica. Ricominciare da zero sulle ceneri di un passato molto diverso non è sempre facile, non nego che per un po’ di tempo avevo come la sensazione di aver perso la bussola interiore. Perché hai scelto di inserire Chernobyl e tutto ciò che appartiene a quello storico disastro nucleare tra i tuoi argomenti d’interesse? La storia è lunga, bisogna andare a ritroso nella mia vita fino al 26 aprile del 1986, quando avevo poco più di 6 anni. La catastrofe nucleare di Chernobyl è stata vissuta all’interno della mia famiglia come un incubo. Mi ricordo ancora che i miei genitori mi vietavano di stare davanti alle finestre, un paio di volte mi hanno sottoposta a visite oculistiche agli occhi ed esami del sangue per assicurarsi che la mia tiroide funzionasse a dovere. Erano gli anni ‘80 e si viveva nella totale ignoranza di non sapere come comportarsi al cospetto di una catastrofe nucleare di quelle proporzioni e i miei genitori erano seriamente in preda al panico. Al telegiornale non si parlava d’altro ma mi era vietato ascoltare. Avevano paura rimanessi traumatizzata da quell’evento e cercavano di proteggermi in modi assurdi che alla fine hanno portato a risultati più negativi che positivi sulla mia psiche. Quella storia, vissuta in quel modo, in una età in cui ancora non capisci tante cose e sei facilmente plasmabile, mi ha segnata nel profondo. Quando si cresce spesso si sente l’urgente bisogno di affrontare i propri fantasmi, di distruggerli e conoscerli a fondo per non averne più paura. In che cosa consiste il progetto “Ghost of Chernobyl”? Nel mio immaginario, i “fantasmi di Chernobyl” sono i ricordi vacui dell’esistenza di persone che hanno contribuito a salvare metà Europa da una catastrofe ambientale di immense proporzioni, i cosiddetti “liquidatori di Chernobyl”. La mia missione è quella di riaprire la memoria collettiva su chi erano e cosa hanno fatto. Oltre al progetto fotografico e ai viaggi di gruppo culturali e di informazione nella “zona di esclusione”, “Ghosts Of Chernobyl” adesso è anche parte di un progetto scolastico per le scuole medie italiane. Io e un mio collaboratore teniamo regolarmente lezioni in istituti scolastici (attualmente sono 22) sulla storia di Chernobyl e tutti i suoi risvolti: geopolitici, tecnici, scientifici e umani. È importante per me parlare ai ragazzi di oggi, ovvero agli “uomini del futuro”, di un evento storico accaduto più di 30 anni fa ma ancora attuale, che purtroppo nessun libro di storia approfondisce. La storia e le conseguenze di Chernobyl devono essere un monito per le generazioni future perché quell’evento non ha ucciso soltanto persone e famiglie ma anche la dignità umana. Non tutti hanno una conoscenza dettagliata di quella vicenda. Tu che cosa sapevi e che cosa hai scoperto iniziando a viaggiare regolarmente alla volta di quella città? Nei mesi precedenti al mio primo viaggio nella zona di

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vicenda. Oltre all’escursione nella città abbandonata di Prypjat, è prevista anche una visita guidata da un ingegnere nucleare all’interno della centrale di Chernobyl, fino alle sale comandi dei reattori. Il gruppo vive una giornata insieme agli operai della centrale per capire come vivono il “decommissionamento” attuale della struttura e in alcuni casi riesco a portare i ragazzi anche a far visita a qualcuno dei self-settlers, gli auto-insediati che attualmente vivono nella zona di esclusione. Non è un semplice viaggio in una qualunque zona del mondo, ma è una esperienza che segna nel profondo. esclusione, tre anni fa, mi ero documentata a fondo su tutta la vicenda. Pensavo di sapere tutto ma mi sbagliavo. Pochissime persone conoscono il “b-side” della storia: tutti conosciamo il lato tecnico e ingegneristico della vicenda, perché ormai è stato sviscerato in tutti i modi possibili, ma cosa e come ha affrontato la situazione chi ha vissuto l’evento sulla pelle e nel cuore è un paragrafo sconosciuto a quasi tutti. Una volta tornata a casa mi sono ripromessa di dar giustizia a quelle storie dando vita al progetto “Ghosts Of Chernobyl”. Ma le storie più profonde e sconosciute sono arrivate quando sono entrata in contatto con alcuni ex-liquidatori, che mi hanno raccontato la vicenda, nuda e cruda, a tratti anche incredibilmente dolorosa, con la voce di chi l’inferno l’ha vissuto in prima persona. Oggi organizzi viaggi culturali e fotografici nella cosiddetta “zona di esclusione”. Cosa succede in questi viaggi e con quali ostacoli hai dovuto scontrarti? Non si tratta di semplici escursioni alla volta di quanto è stato abbandonato 32 anni fa. Mio zio è solito ripetermi: “non capisco cosa ci trovi ad andare a vedere case abbandonate”. Il punto è proprio questo, far capire che le mie non sono semplici visite a case ammuffite ma viaggi culturali a ritroso in una storia per molti ancora sconosciuta. Il 100% dei ragazzi che viaggia con me arriva con un’infarinatura minima di ciò che è stato e torna a casa con una visione completa a 360° e profonda della

Chi sono le persone che richiedono di parteciparvi? Fanatici, curiosi, globetrotter? Fortunatamente nei miei viaggi a Chernobyl non ho mai avuto persone che volevano recarsi in quella zona solo ed esclusivamente per dire “ci sono stato” oppure per farsi grandi agli occhi degli amici dicendo di aver visitato una zona contaminata, con tanto di selfie idioti tra le vie di Prypjat (purtroppo se ne vedono tanti). Anzi, prego chiunque abbia questo tipo di visione della cosa di non rivolgersi mai a me per una prenotazione: io vedo quel luogo come una tomba, un memoriale a cui portare enorme rispetto. Al termine dei viaggi non chiedo recensioni sui social o simili, ma sempre e solo un unico favore: Quando qualcuno vi chiederà di raccontare il vostro viaggio a Chernobyl, cercate di far vivere la memoria dei liquidatori. Se attualmente in Europa ci è concesso respirare aria pulita, dobbiamo tutto al sacrificio di vita e salute dei 600.000 liquidatori: vigili del fuoco, ingegneri, civili, militari e infermiere che hanno contribuito sia alla bonifica della zona sia a scongiurare una ben più ampia catastrofe ambientale. Non hai mai paura? Il rischio radioattivo è ancora molto elevato… Perché se non ci sono pericoli oggettivi per l’uomo è necessario attenersi ad alcune regole (non bere, non indossare pantaloncini, non sedersi sul suolo) durante l’escursione? Le regole che mi hai citato nella tua domanda sono le stesse regole comportamentali da tenere in qualsiasi visita dove è presente anche una minima quantità di radiazioni, come in qualsiasi laboratorio sperimentale di fisica nucleare. Non posso certo dire che a Chernobyl si respiri aria pulita come quella del Trentino, ma posso assicurare che, seguendo le rotte sicure e conosciute dalle guide, non ci saranno problemi di nessun tipo. Alcune rotte non sono ancora attualmente sicure al 100%, come la “Foresta Rossa”, off-limits perché ancora molto contaminata, o altre zone dove ancora si possono trovare accumuli di frammenti di grafite scaraventati fuori nell’esplosione del reattore. Solitamente io viaggio nella zona di esclusione con una apparecchiatura che riesce a darmi un grafico completo dei raggi beta-gamma accumulati durante la permanenza: la mole di radiazioni immagazzinata in due giorni completi all’interno della zona corrisponde circa a quella di due Rx al torace o a quella di un volo intercontinentale ad alta quota. Tuttavia, i parametri di radioattività dichiarati pericolosi per


la salute umana rimangono in prossimità del sarcofago del reattore 4 all’interno del ChNPP e il mio tour guidato va ben lontano dalle rotte dichiarate pericolose. Prima di avere accesso alla zona inoltre bisogna firmare una liberatoria in cui si dichiara di essere a conoscenza dei rischi… ma per come stanno le cose, l’unica mia grande paura è sentirmi crollare un pavimento sotto i piedi, nient’altro. Com’è possibile che l’Europa sia così indifferente nei confronti di quelle persone? Attualmente circa 140 persone sono tornate a vivere nelle loro case, nell’area dei 30 Km della zona di esclusione. Niente più che “fantasmi” per lo Stato Ucraino, da parecchi anni alle prese con altri problemi su cui dirigere le proprie risorse. Fuori dall’Ucraina pochi conoscono la loro esistenza… Lavorando al mio progetto ho avuto la totale conferma che la memoria collettiva stia svanendo. Sono appunto questi i “fantasmi di Chernobyl”. Esiste una particolare forma di turismo cosiddetto “dark”, contraddistinto in buona sostanza da un certo gusto per il macabro e per l’elevato livello di rischio. Cosa pensi a riguardo? Conosco bene il “dark tourism”, è una branca di viaggi

che, ad essere sincera, mi affascina molto (mi piacerebbe visitare il sito del plane-crash sulle Ande del 1972). Il turismo oscuro, anche chiamato “turismo nero” o “turismo del dolore”, è stato definito come turismo che contempla viaggi in luoghi storicamente associati alla morte o alla tragedia, però a mio avviso il concetto dovrebbe includere anche i motivi per cui i turisti visitano quel sito, dal momento che gli attributi del sito da soli non possono rendere un visitatore un “dark tourist”. Netflix ha mandato in onda una serie, ben fatta devo dire, intitolata appunto Dark Tourist. L’hai guardata? Non l’ho mai guardata ma lo farò presto, in molti mi hanno detto che è la serie adatta a me. Quale altro limite vorresti superare come artista e come donna? Io adoro l’Ucraina e il suo popolo, mi sento in qualche modo molto legata a quella terra e mi dispiace sapere che versa in condizioni politiche disastrose. Mi sarebbe piaciuto documentare la vita attualmente nella regione del Donbass ma, con gli ultimi avvenimenti in Crimea, ho deciso di rinunciare. Non sempre il gioco vale la candela e bisogna riuscire a capire quando fermarsi e tirare i remi in barca.

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AllĂ´ World!

INTERVIEW

Per la prima volta tutti i mondi nati da Vincent Morisset coesistono simultaneamente sotto lo stesso tetto: quello del MuDA. Il Museo delle Arti Digitali di Zurigo gli dedica una mostra piĂš unica che rara BY FAU STO F U R I O C O LO M B O

All photos Courtesy MuDA

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Vincent Morisset si definisce un regista “web-friendly” capace di colmare il divario tra i media, mescolando i meccanismi dei videogiochi a quelli della grammatica cinematografica. Dove la maggior parte dei film progredisce in modo lineare, Morisset fa un passo avanti, o forse di traverso. Nel 2007 ha creato AATOAAA (si pronunci “à toi”, che in francese significa “tuo”, ma anche “il tuo turno”), uno studio di Montreal dove esplora confini reali o solo immaginati. Da oltre un decennio col suo piccolo dream team acclamato a livello internazionale, rielabora il modo in cui viviamo Internet, i video musicali, la realtà virtuale, i videogiochi, le copertine dei dischi e i film. Il Museo delle Arti Digitali di Zurigo gli dedica ora una grande mostra. Lo abbiamo incontrato, mettendo da parte mouse e tastiera.

Per la prima volta l’insieme dei tuoi lavori è presentato in un museo. Perché hai scelto il MuDA per questo eccezionale evento? Conosco Christian Etter, co-direttore del MUdA assieme a Caroline Hirt, da ancor prima che il museo nascesse e quando mi parlò dell’intenzione di creare questo spazio gli ho offerto subito il mio sostegno professionale. Abbiamo poi iniziato a riflettere sulla possibilità di organizzare un’esposizione che presentasse in un’unico luogo lo spettro completo delle mie opere, che vengono sì ospitate in altri musei attorno al mondo ma sempre singolarmente, in esposizioni collettive accanto a lavori di altri artisti. L’invito arrivato dal MuDA è il frutto di un’amicizia e di una passione comune. Sono estremamente felice di essere ospitato in questo spazio unico al mondo. Le tue creazioni sono concepite per un’interazione individuale davanti a un computer. Qual è stata la sfida più grande per adattarle agli spazi di un museo e renderle usufruibili simultaneamente? Dopo aver riflettuto su questo particolare “ecosistema”, che avrebbe ospitato i lavori, ho deciso di farli evolvere utilizzando tecnologie sperimentali che all’epoca della loro originale ideazione ancora non esistevano. Molte delle opere esposte sono praticamente dei “redux” targati 2018. È possibile ad esempio sperimentare Neon Bible in una specie di comunione triangolare, dove ciascuno dei tre partecipanti è consapevole delle reazioni degli altri due, oppure abbandonare tutte le interfacce fisiche finora indispensabili e utilizzare solo il movimento della testa davanti allo schermo per interagire con Just a Reflektor. Cosa rende unica l’esperienza di poter interagire con le tue opere in un museo, piuttosto che fra le pareti domestiche? In privato, davanti allo schermo di un computer, i miei progetti sono solitamente percepiti come articoli di una rivista. Nella possibilità di sperimentare le mie opere, non solo una dopo l’altra, ma anche nell’ordine offerto da questo allestimento c’è un qualcosa di speciale. Unica è anche l’opportunità di osservare come, di fronte alla medesima installazione, i visitatori interagiscono in modo differente. Il fatto che vi siano spettatori più contemplativi o più attivi rispetto ad altri permette di far risaltare tutte le sfumature del progetto. Sprawl II ad esempio è probabilmente il lavoro più coinvolgente qui presente: grazie a una scenografia che ricorda la sala di una discoteca con tanto di sfera specchiata che gli ruota sopra la testa, il partecipante che balla davanti al video diventa, agli occhi delle persone che in quel momento gli stanno attorno, il co-protagonista dell’installazione. Come hai reagito nel vedere il pubblico, intervenuto all’apertura della mostra, interagire con le tue opere? Essendo abituato a un lavoro quotidiano molto astratto basato principalmente sulla realizzazione di progetti web e sulle analisi delle statistiche del loro utilizzo, è stato affascinante osservare in tempo reale le reazioni dei visitatori dipingersi sui loro volti mentre interagivano con le opere esposte. Soprattutto quando il loro

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INTERVIEW

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Besthy ph FSqueglia

L’INTERATTIVITÀ

CHE

RICHIEDONO

È

DI

NATURA

PRETTAMENTE


Fra le mura domestiche per interagire coi tuoi lavori si usano la tastiera, il mouse o il display di uno smartphone. In questo spazio museale è possibile toccare con mano la parete di uno schermo gigante o addirittura muovere il proprio corpo di fronte a esso. Per il futuro puoi immaginare altri modi di creare questa interfaccia tra l’utente e media digitali? In realtà questa esposizione vuole andare oltre il concetto d’interfaccia. Alcune delle opere esposte rappresentano il primo tentativo di sperimentazione della “non-interfaccia”. L’obiettivo finale è quello di non dover più indossare occhiali o caschi, né maneggiare mouse o joystick, ma permettere che il corpo umano sia la sola interfaccia. Non siamo ancora arrivati al punto di poter controllare con lo sguardo o col movimento delle mani ciò che appare su uno schermo, come accade nei film di fantascienza, ma sono persuaso che questo futuro non è poi così lontano. Sei stato il primo a “trasmettere” Neon Bible su internet, dando vita al primo video musicale interattivo mai realizzato. Lo hai fatto proprio nel periodo in cui MTV ha cessato di trasmettere video musicali sulla TV convenzionale. Sei rimasto sorpreso dal successo che ne è derivato e dai riconoscimenti ottenuti? Si è trattato innanzitutto di un’esigenza pragmatica: dove e come poter raggiungere il pubblico destinatario di quel video. Parliamo della metà degli anni duemila, il periodo in cui è avvenuto il più drastico e veloce mutamento dell’industria musicale, quando sono nati i blog musicali e il mercato dell’elettronica di consumo è stato invaso dagli iPod. Tutti noi siamo stati obbligati a reinventare l’approccio alla musica. Nel momento in cui i video musicali hanno iniziato a essere visti su un computer mi sono detto: “perché non usufruire del potenziale offerto dall’informatica?” Nonostante internet sia per lo più utilizzato come piattaforma di consultazione, per me resta fondamentalmente uno spazio, ancora sottovalutato, dove raccontare storie e creare nuove forme di comunicazione. I tuoi lavori hanno aspetti simili alla “performance art” di Laurie Anderson; potresti immaginare di creare progetti digitali per valorizzare un concerto musicale dal vivo? Finora non ho esperienze in questo particolare aspetto della produzione musicale. Sicuramente sarebbe interessante lavorare sull’interazione che si instaura tra il pubbli-

INTELLETTUALE, OGNUNO

PERMETTE

PUÒ

DI

Vincent Morisset: © John Londoño

comportamento si rivela differente da quello che mi ero immaginato. Confermando che la natura umana è imprevedibile e che, nonostante ce la metta tutta, è impossibile programmarla. Durante il week-end che ha accompagnato l’inaugurazione della mostra, fra vernissage, talk e l’apertura ufficiale, il numeroso pubblico intervenuto mi ha dato l’occasione di prendere nota di numerosi dettagli che mi torneranno utili per migliorare i lavori esposti.

co e l’artista sul palcoscenico, sull’istante in cui avviene l’incontro tra lo spettatore e l’opera a cui sta assistendo. Le difficoltà sarebbero immense: gestire la reazione di una folla composta da centinaia se non da migliaia di persone richiede delle abilità e di tecnologie completamente differenti da quella investite nelle installazioni presenti al MuDA. Il rapporto causa-effetto sarebbe molto più astratto ma allo stesso tempo rappresenterebbe una sfida alquanto allettante. Dopo Neon Bible hai realizzato altri video per gli Arcade Fire, ma non sei stato coinvolto in Everything Now il loro più recente album. Hai terminato di collaborare con gruppi musicali? Mai dire mai. Volevo però uscire da questa gabbia dorata dove sono stato a lungo percepito solamente come l’esperto dei video musicali interattivi. È stata una bellissima esperienza soprattutto perché questi progetti musicali hanno preso forma parallelamente all’amicizia nata con gli artisti con cui ho collaborato. Ma ero pronto a lasciare quel tipo di ambiente per dedicarmi ad altri progetti e a nuove passioni. Nei tuoi lavori nulla è casuale, l’utilizzatore si muove in base alle sue azioni. Way to Go ne è l’esempio più classico: si tratta di un gioco, di un’esperienza che ha nell’apprendimento un suo obiettivo o di una storia che viene semplicemente raccontata? Gioco molto su questa ambiguità quando scrivo una sceneggiatura per i miei progetti. Le persone che lavorano nel campo dell’animazione lo percepiscono come un cartone animato un pò strano, quelli che si occupano di videogiochi lo percepiscono come un videogame bizzarro. La domanda che tutti indistintamente si fanno è: “ma cosa stiamo guardando?” Sono essenzialmente opere ibride, aperte e il fatto che non sia facile etichet-

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PROIETTARSI

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NELL’OPERA

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Vincent Morisset Fino al 3 febbraio 2019 Museum of Digital Art Pfingstweid St 101 CH-8005 Zurich Switzerland

tarle mi rende particolarmente orgoglioso. L’interattività che richiedono è di natura prettamente intellettuale, ciò permette di interpretarle in modo personale: ognuno può proiettarsi nell’opera e trovarci ciò che vuole. Cosa trovi di più interessante nella creazione di video interattivi e quali sono i tuoi obiettivi nel lavorare con questi media? Ho a che fare con un universo sconosciuto un terreno pressoché vergine dove ho la possibilità di inventare in prima persona un vocabolario inedito modificando in continuazione la relazione che si ha con lo spettatore. Mi entusiasma sviluppare progetti che vanno oltre il video gioco o alla realtà virtuale: vere e proprie esperienze esistenziali. I tuoi lavori sono particolarmente cinematici, ne è un esempio eclatante Inni il documentario realizzato per i Sigur Rós; quali registi hanno maggiormente influenzato la tua idea di fare film? Alcuni critici nel vedere Inni hanno immediatamente fatto dei parallelismi con i film eterei del canadese Guy Maddin. Dopo aver girato il film in modo piuttosto classico l’ho proiettato su uno schermo per poi fotografarlo, sviluppando in seguito una tecnica di manipolazione dell’immagine che mettesse in risalto tutte le imperfezioni e la spontaneità derivanti da un concerto live.

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I tuoi progetti sono di natura esperienziale. Quali particolari videogiochi o altri media hanno caratterizzato questo aspetto dei tuoi lavori? Da giovane ho giocato molto coi videogame e ho guardato molti film d’animazione e ciò che più mi affascinava era la scenografia in cui prendeva forma la storia raccontata. E ancora oggi ciò su cui rifletto maggiormente è lo spazio dove collocare i meccanismi d’immersione che accompagnano i miei progetti.

iniziato in BLA BLA. L’idea era quella di spingere l’acceleratore sui meccanismi che ci permettono d’interagire con il nostro “alter ego”. Il risultato ottenuto, grazie a una tecnologia che ha raggiunto livelli sofisticati impensabili qualche hanno fa, è così naturale da diventare quasi inquietante. Una situazione emotiva derivante dalla non comprensione di come immagini pre-registrate di altre persone possano miscelarsi in modo così fluido con quelle di noi stessi che una telecamera live sta riprendendo davanti lo stesso schermo.

I visitatori del MuDA hanno l’opportunità di interagire con Vast Body che qui presenti in anteprima mondiale. Puoi spiegare come questo nuovo progetto è correlato ai tuoi lavori precedenti e quali sono le nuove idee che esplorate con questo pezzo? Esteticamente vicina a Neon Bible e a Sprawl II, Vast Body rappresenta un’evoluzione dell’incontro a due

Pensi che questa mostra così concepita possa viaggiare in altri spazi museali? Spero che questa sia la prima di una serie di esposizioni. Il lavoro di base nel presentare sotto lo stesso tetto le mie installazioni è stato collaudato qui al MuDA, ora non mi resta che incrociare le dita augurandomi di ricevere inviti da altre istituzioni culturali che permettano alle mie opere di raggiungere un pubblico sempre più vasto.

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Si ringrazia per la collaborazione Christopher Hux, Ken Pope e Caroline Hirt

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E-MOBILITY

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da percorrere è fatta di rivoluzioni Come preparare un territorio alla rivoluzione della e-mobility? Il caso dell’Alto Adige rappresenta per Jaguar Land Rover Italia un punto di partenza ideale per lo studio e la ricerca di possibili soluzioni da adottare a livello nazionale BY M A R C O TO R CAS I O

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Lo scenario vede 3,1 milioni di veicoli elettrici immatricolati nel 2017 a livello globale, di cui il 40% nella sola Cina. Tra i Paesi europei il podio spetta alla Norvegia, che vanta il 39,2% di VE sulle nuove immatricolazioni. In generale, la diffusione di veicoli a batteria e ibridi sta registrando un significativo trend positivo: nel mondo, negli ultimi anni, le auto elettriche private sono aumentate di otto volte, passando dai 400.000 esemplari del 2013 agli oltre 3 milioni del 2017, con una crescita altrettanto significativa delle colonnine “slow charger” di privati, che arrivano a quota 3 milioni di punti di ricarica. La differenza fra l’Italia e il resto d’Europa è tangibile, sia a livello di infrastruttura sia rispetto al numero di veicoli elettrici. L’Europa infatti conta ad oggi circa 100.000 infrastrutture di ricarica, suddivise fra punti pubblici e privati, mentre

l’Italia ne conta circa 3.000 pubbliche, che ammontano al 20% del totale presente sul territorio nazionale, limitando le possibilità di accesso agli automobilisti, dato che il restante 80% è privato. A livello nazionale, le regioni più attive in termini di mobilità elettrica sono Lombardia, Lazio e Trentino Alto Adige, che da sole registrano oltre la metà (52%) dei veicoli BEV (Battery Eletric Vehicle). In particolare l’Alto Adige rappresenta un caso virtuoso e una best practice per quanto riguarda la e-mobility, grazie a politiche di incentivi ai cittadini, pensate per farli diventare sempre di più utenti e di conseguenza ambasciatori della mobilità elettrica. Uno degli elementi chiave di questo sviluppo è la realizzazione di un sistema di mobilità alpina sostenibile che prevede azioni quali: la realizzazione nei prossimi anni di 5.000 stazioni di ricarica elettrica, l’incentivo fiscale fino a 4.000 euro per l’acquisto di una macchina elettrica e l’esenzione del pagamento del bollo per i primi tre anni,

«L’OBIETTIVO DEL NOSTRO LAVORO DI RICERCA IN EURAC RESEARCH È QUELLO DI MIGLIORARE LA VITA NELLE SOCIETÀ DEL FUTURO. IN QUEST’OTTICA, ALCUNI DEI NOSTRI PROGETTI SI SONO CONCENTRATI E SI CONCENTRANO SULLO STUDIO DI UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE IN ALTO ADIGE E NEI TERRITORI ALPINI» SPIEGA STEPHAN ORTNER, DIRETTORE DEL CENTRO DI RICERCA BOLZANINO EURAC RESEARCH, «SPESSO SOLUZIONI E STUDI SVILUPPATI, COME IN QUESTO CASO, ANCHE INSIEME AL MONDO DELL’IMPRESA POSSONO POI ESSERE APPLICATI IN ALTRI TERRITORI IN EUROPA O A LIVELLO GLOBALE».


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Nel dettaglio. In Alto Adige le energie rinnovabili contribuiscono per il 92% alla produzione di energia, permettendo a 34 Comuni di essere al 100% rinnovabili. In un’ottica di green region, per quanto riguarda strettamente la mobilità, l’Alto Adige sta attuando i principi della cosiddetta Piramide della Mobilità Sostenibile che mirano ad evitare il traffico, trasferirlo o migliorarlo. All’interno di questa strategia condivisa sono coinvolti attori privati - quali aziende e operatori del settore alberghiero - e pubblici - quali comuni e la Provincia di Bolzano.Il piano prevede soprattutto l’espansione della copertura infrastrutturale - Alperia installerà ogni anno dalle 20 alle 30 colonnine per arrivare a 5.000 entro il 2021, in aggiunta alle 77 già presenti - accanto ad un più ampio utilizzo delle energie rinnovabili. Ma a livello nazionale, Eurac Research e Jaguar Land Rover hanno indagato le principali barriere all’acquisto che sembrano essere di natura tecnologica, economica e ambientale. Quelle identificate da Jaguar Land Rover - e confermate dalla ricerca - sono: le infrastrutture limitate, l’autonomia e i lunghi tempi di ricarica, i costi d’acquisto superiori ai modelli ICE (Internal Combustion Engine), la produzione e lo smaltimento delle batterie stesse. Molte di queste barriere sono in realtà oggi facilmente superabili, in quanto il settore della mobilità elettrica è in continua evoluzione e ha già risolto molte delle problematiche espresse dai potenziali clienti.

«LE ULTIME GENERAZIONI DI AUTO ELETTRICHE HANNO UN’AUTONOMIA IMPENSABILE FINO A POCO TEMPO FA, CON UNA MEDIA DI 300-400 KM CHE DIVENTANO 480 KM NEL CASO DI JAGUAR I-PACE, VETTURA CHE È IN GRADO DI EFFETTUARE, DA 0 ALL’80%, IN SOLI 40 MINUTI» SPIEGA DANIELE MAVER, PRESIDENTE DI JAGUAR LAND ROVER ITALIA. «CON IL LANCIO DI I-PACE SIAMO STATI I PRIMI IN EUROPA AD INTRODURRE UN VEICOLO PREMIUM TOTALMENTE ELETTRICO, CAPACE DI GARANTIRE ECCEZIONALI LIVELLI DI PRESTAZIONI, A PARTIRE DALL’ACCELERAZIONE DA 0 A 100 KM/H IN 4,8 SECONDI». Jaguar Land Rover ha scelto di proporre la vettura attraverso una strategia integrata e mirata ad offrire una “Electric Customer Experience” a 360°, pensata per assicurare ai Clienti tutto il supporto necessario, anche grazie all’importante ruolo dei concessionari. Non solo sarà possibile ricaricare la propria I-PACE in tutte le concessionarie JLR italiane, ma i clienti potranno contare sul supporto dell’E-Angel, un consulente che li affiancherà nella gestione degli aspetti tecnico-burocratici, supportandoli nella verifica delle condizioni necessarie per l’installazione della Wallbox gratuita a casa, nella richiesta di potenza al gestore di riferimento e fornendo, chiavi in mano, wallbox di nuova generazione. Jaguar Land Rover ambisce quindi a fornire una rete di servizi sempre più ampia a supporto di tutti i clienti che stanno contribuendo alla rivoluzione della mobilità elettrica già in atto.


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FASHION

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EA F HSXH I BI O I TNI O N

ARTE E MODA, UN DIALOGO CONTINUO. SCAMBI CULTURALI E ICONOGRAFICI IMPAZZANO NELLE CO-COLLEZIONI CREATIVE DI QUESTA STAGIONE, EPPURE NON È UN TREND SOLO DI QUEST’ANNO.

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Fashion LOVE Art. NON È UN SEGRETO, LA MODA È CICLICA, È CADUCA. MA LA MODA È HERITAGE, RITORNA SOTTO

NUOVE FORME E NUOVI ACCORDI. LA MODA È UNA QUESTIONE INTIMA. LEI È ESPRESSIONE LIBERALE, È INTERPRETAZIONE, CONTAMINAZIONE E INNOVAZIONE.

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SI GUARDA INDIETRO SOLO PER RINNOVARSI, RARAMENTE PER PIANGERSI ADDOSSO. È VERO LE “COLLABORAZIONI CON” SONO IL TREND DEL MOMENTO,

MA LO ERANO ANCHE NEGLI ANNI TRENTA E BRAND COME SCHIAPARELLI NE ERANO I FAUTORI. OGGI INSIEME A FENDI, WOOLRICH, MARNI, PASSANDO PER LEVI’S E FRANKLIN & MARSHALL RAPPRESENTANO ALCUNI ESEMPI DELLA MODA CHE VA DI MODA. BY A L E S SA N D R O I AC O LU C C I


S c h i a p a r e l l i

S t o r y

# 1

N O S TA L G I A C A N A G L I A Schiaparelli presenta Schiaparelli Story, il nuovo progetto di Prêt-à-Couture e accessori ispirato alla leggendaria storia di collaborazioni artistiche della Maison di Place Vendôme.

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i tailleur con le tasche a forma di bocche femminili realizzati assieme a Dalì. I pullover a raggi X o con i fiocchi trompe-l’oeil. E Shocking, il celebre profumo, nato pensando al suo colore feticcio: il rosa. Presentato per la prima volta in un flacone dalla silhoutte femminile, venne disegnato per lei da Leonor Fini che si ispirò al busto di Mae West, colei che fu il primo vero sex symbole del cinema americano.

È stata una tra le più grandi creatici di moda degli anni Trenta, Elsa Schiaparelli con le sue collezioni ha ispirato l’industria della couture di ieri e di oggi a partire da Armani che nel 2005 le dedicò un’intera collezione, passando poi per Galliano, McQueen, Dolce & Gabbana, Yves Saint Laurent. Un’intellettuale romana, viaggiatrice accanita, conobbe all’estero alcuni dei più importanti personaggi dell’epoca. Grande amica di Gabrielle Picabia, moglie del dadaista Franco Picabia, fu introdotta nel mondo artistico newyorkese. Conobbe qui i grandi Duchamp e Man Ray con cui collaborò a lungo per le sue creazioni di moda. Di Schiaparelli rimarranno memorabili gli abiti aragosta, i cappellini a forma di telefono, come anche

Guardando all’heritage, ma in chiave totalmente moderna, Schiaparelli lancia oggi Story #1 un omaggio alla lunga storia di amicizia e collaborazione tra la stilista e Man Ray. Abiti e accessori definiscono una limited edition che ancora una volta gioca con quel legame indissolubile fatto d’arte e moda, traducendone il linguaggio in un nuovo contesto. Risuonano come fosse ieri le frasi manifesto “Stop, Look and Listen” e il “Disinteressato, ma non Indifferente” di Man Ray in un dialogo immaginifico che miscela le figure dell’artista e le silhouettes create da tessuti, tagli e dettagli di una Schiaparelli 3D. Motivi grafici di eco surrealista diventano eccentrici gioielli. Le spirali degli occhiali Spiral Glasses si trasformano in spille e collane, le iconiche mani guantate in bracciali smaltati. Il lucchetto dorato crea un gioco di luce dinamica sulla pelle stampata e jacquard della borsa, per aprire e chiudere il nuovo iconico “Secret of Schiaparelli”.


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SCHIAPARELLI & MAN RAY IL NUOVO REMIX CON LE ICONICHE CREAZIONI DELLA MAISON FRANCESE


Wo o l r i c h

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Woolrich American Soul Since 1830

THE NEW H E R I TA G E E R A Ms. Lauryn Hill e Aimé Leon Dore: Woolrich si regala due nuove collaborazioni. Se da un lato spicca la campagna pubblicitaria Autunno Inverno 2018 che ha come protagonista Ms. Lauryn Hill, dall’altra risalta la collaborazione con Aimé Leon Dore, il giovane marchio di lifestyle, sport e prêt-à-porter con sede nel Queens fondato nel 2014 e contraddistinto da una forte propensione al design semplice ma potente. Woolrich decide di rileggere il suo heritage accaparrandosi un pubblico sempre più attento ai trend e alle contaminazioni artistiche. Ma andiamo per ordine… Ms. Lauryn Hill (ex Fugees) per la prima volta in assoluto collabora con un marchio per una campagna pubblicitaria. Musicista poliedrica, artista e designer, collabora con Woolrich per la creazione delle immagini e della musica live della nuova adv, ma anche per una capsule collection in limited edition di prodotti customizzati. “Woolrich: American Soul Since 1830”: il tema della campagna segna l’inizio di una nuova era per il marchio che affonda le radici nell’autenticità, definendo tutt’oggi l’innovazione e il DNA americano, riflettendo la creatività e l’animo del brand, facendolo raccontare e rappresentare attraverso la vision di artisti la cui creatività e ingegno rappresentano il cuore della cultura Americana. La prima campagna “American Soul” ruota intorno alla musica e la leggendaria Ms. Lauryn Hill ne è protagonista, incarnando

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78 l’autentico spirito Woolrich. Come tributo alla vasta ecletticità del panorama dei talenti USA, la campagna presenta anche artisti emergenti come il gruppo jazz di New York Onyx Collective, la cantante/cantautrice Raphaelle e la cantante blues/jazz Zarina Nares. “L’opportunità di collaborare con Ms. Lauryn Hill ha rappresentato l’inizio perfetto per il nostro attuale progetto ‘American Soul’, ed un modo per sottolineare l’heritage americano di Woolrich. Volevamo che Ms. Lauryn Hill infondesse la sua sensibilità artistica, unica e originale, nei prodotti e nel DNA del brand, così le abbiamo chiesto di dare un twist personale ad alcuni classici capi Woolrich, che rispecchiano la sua interpretazione del concetto di ‘American Soul.’” - Andrea Canè, Direttore Creativo di Woolrich.

Aimé Leon Dore per Woolrich: il valore dello streetwear


79 Non è da meno la collaborazione stretta con Aimé Leon Dore. La collezione rappresenta per Woolrich la celebrazione e la condivisione di valori come l’autenticità e la fedeltà della qualità del prodotto. Realizzata in Italia, la capsule presenta un range di abiti versatili che fanno riferimento all’archivio storico di Woolrich e include anorak, parka, piumini a maniche corte, maglioni a trama fitta e non solo. Spiccano un’animo street per abiti ampiamente versatili infusi di due valori per loro fondamentali: lealtà e onestà.


F e n d i

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F COME FORMULA D E L L’ I N N O VA Z I O N E Fendi collabora con Hey Reilly. L’artista digitale gioca con i loghi e realizza una capsule collection per il marchio made in Rome.

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Instagram is the new career job. Potrebbe quasi sembrare assurdo eppure non è così strano, un social che nella propria home page dà l’opportunità di caricare un intero portfolio regalandosi, con la giusta dose di buoni hashtag, ma anche un po’ di fortuna, una visibilità incredibile. Laureato al Royal College of Art, Reilly crea immagini che sottolineano il suo particolare talento per opere che fondono moda e arte. Il suo stile grafico, pop, altamente digitale è intriso di umorismo dirompente come quando nel 2017 con la serie #FakeNews, re-


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alizzò immagini mixando l’immaginario di CELINE, DIOR e CELINE DION diventando uno dei più grandi meme dell’anno. Il 2018 ha rappresentato per lui un altro goal. Fondendo i loghi dei più grandi marchi del fashion come FENDI e FILA, arriva direttamente sulle passerelle del marchio di LVMH. Era già successo in passato con altri luxury brand ed è successo di nuovo quando Silvia Venturini Fendi scorrendo la home del suo Instagram si è trovata davanti il post del giovane artista scozzese che mescolava i lettering e le iconografie di Fendi e Fila, rimane impressionata e lo chiama a realizzare quello che è diventato anche un progetto di collaborazione per la collezione uomo Autunno Inverno 18/19. La collezione si basa su tre principi: codificare, decodificare e ricodificare la formula FENDI: il logo FF, le righe Pequin, il FENDI stamp, il giallo FENDI. Sono questi i punti chiave su cui si basa il guardaroba ispirato al viaggio e composto da ampi louson a intarsio, giacche squadrate, piumini cuciti ad ultrasuoni; lounge suit, anorak di gomma, felpe intarsiate; camicie a righe, cappotti vetrificati. Gli accessori eccentrici e originali vedono mini ombrelli sulla testa; zaini in maglia, set da viaggio preziosi come le valigie in montone; borse quasi da indossare, custodie per fotocamere, mini bags per passaporto; scarpe da lounge e mocassini in gomma tutto rigorosamente FF.


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M a r n i

UN MONDO IMMAGINIFICO 84

Marni rinnova il suo dialogo con il mondo dell’arte. Per questa nuova avventura sceglie l’artista americano Frank Navin.

Frank Navin (di John e Frank Navin) caratterizza le collezioni invernali dell’uomo Marni senza la paura di far dialogare culture differenti. Spiccano broccati cinesi, ikat indiani, righe africane e tweed inglesi. Un connubio che vede protagonisti gli elementi naïf tipici dello stile Navin, inseriti in un mood che percorre le tappe di un fanciullino alle prese tra la gioiosità dell’infantilismo e il grunge del nomadismo, caratteristiche che risaltano anche nell’allestimento dello spazio per la catwalk allestita come un deposito di rifiuti surrealista: vecchie valigie, radiatori d’epoca e tamburi di petrolio. Mucchi di legna, zapponi e persino una giraffa imbalsamata. Le stampe e i disegni sviluppati in esclusiva da Navin per il brand guidato dal 2016 da Francesco Risso, descrivono un mondo immaginario popolato di animali surreali, scimmie, fiori, giocattoli vintage, oggetti di uso quotidiano e utensili di lavoro. La sua creatività non si esprime solo sui capi di abbigliamento, ma anche negli accessori, in particolare la linea Marni Jewelry presenta una serie di collane e bracciali decorate con charm colorati che provengono dal sorprendente universo mentale del visionario Frank Navin.


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FA SHI ON LOVE MUSIC


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UNA QUESTIONE DI MODA E MUSICA Justin Timberlake lancia “Fresh Leaves”.


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L e v i ’s

®

&

J u s t i n

T i m b e r l a k e

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Attore, musicista, dieci volte vincitore dei Grammy Award. Come potremmo definire l’instancabile Timberlake? Visionaries può andare! L’interprete della celebre “Goes around, Comes around” entra nell’ufficio stile di Levi’s® per la realizzazione di “Fresh Leaves”, la collezione nata lavorando a stretto contatto con il Team Design Levi’s®. Una collezione che trae origine dai capi più iconici del brand, rivisti attraverso una lente di modernità e inaspettata freschezza. Venti pezzi tra cui spiccano la Reversible Plaid/Nylon Shirt jacket, la Oversized Camo Hoodie e la Reversible Plaid/Nylon Shirt jacket. Nel pieno rispetto della tradizione Levi’s a cui si aggiungono spunti attuali di streetwear, giocando con le proporzioni, proponendo capi oversize. Come elemento distintivo della collezione, l’iconico Red

Tab Levi’s® e la dicitura “Two Horse Pull” sulla patch di pelle, sono in inchiostro nero. “L’abito è importante nel processo creativo e nella performance di un artista quanto la musica stessa. Questa collezione Levi’s® è il mio tentativo di condividere con i miei fans parte della mia esperienza”, ha detto Timberlake. “Siamo entrati immediatamente in sintonia con Timberlake nel creare capi che sposassero la tradizione con una visione inedita. Traendo ispirazione dalle stesse storie che stanno alla base della musica di Justin, abbiamo usato materiali tradizionali come tela, plaids, flannels, sherpa e ovviamente, denim, ma remixandoli”, spiega Karyn Hillman, Chief Product Officer Levi Strauss&Co.

“Justin incarna il vero spirito Levi’s, e noi siano orgogliosi di aver creato questa collezione


S f e r a

X

F r a n k l i n

&

M a r s h a l l

Erano trascorsi

LA MODA S I FA T R A P Franklin & Marshall collabora con Sfera Ebbasta

cinque anni dall’ultima collaborazione realizzata da Franklin & Marshall assieme a una guest. Quest’anno il marchio veneto si lascia contagiare dal ritmo del trend musicale del momento e collabora con Sfera Ebbasta: “The king of TRAP”. Sfera non è certo nuovo al mondo del fashion, dopo diversi accordi con marchi noti dell’abbigliamento, si trova a lavorare col team creativo di Franklin & Marshall, unendo il suo estro artistico all’animo varsity, che da sempre caratterizza il brand. Nasce così la capsule “Sfera per Franklin & Marshall”. Spiccano t-shirt e camicie stampate, felpe in peach cotton con cappuccio a contrasto e pantaloni cargo, per un totale di 11 capi. Il focus? È tutto puntato sul lettering del celebre logo F&M che, per questa speciale occasione, perde le vocali e diventa speculare, diventando così un elemento iconografico.

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La capsule si estende con stampe camouflage, check e righe orizzontali, contribuendo ad accrescere la già forte riconoscibilità del prodotto.


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street Jumper adidas Originals


& cool FASHION PHOTOGRAPHER NICOLA CASINI @nicolacasini www.nicolacasini.com FASHION STYLIST ANGELINA LEPPER @angelinalepperstylist @womanwhostyle www.womanwhostyle.com STYLIST’S ASSISTANTS ALEXANDRA OSINA @alessi_li, DALILA COLLELA @dalila.colella MUA ELISA FERRANTI @elisaferranti MODELS GERON @ILove Models Foley, Aaron, Hjalte @Independent MGMT Hernan @Brave Models


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See you in Florence FA S H I O N

Pitti Immagine Uomo 95. Una nuova grande edizione alla scoperta della moda uomo

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i fanno nuovi i layout e le modalità di presentazione dei marchi e dei loro prodotti. Arriva la novantacinquesima edizione di Pitti Immagine Uomo, come di consueto a Firenze nella storica Fortezza da Basso. Il focus? La ricerca a tutto campo. Uno strumento che porta nel capoluogo toscano i grandi nomi del fashion e i progetti degli esordienti, dall’animo contemporaneo. Dall’8 all’11 gennaio 2019 luci puntate su Y/PROJECT, il marchio sarà Menswear Guest Designer Pitti Uomo 95. Nella stessa occasione Aldo Maria Camillo dopo un percorso contraddistinto da prestigiose collaborazioni - da Ermenegildo Zegna a Valentino, da Cerruti a Ber-

luti – fonda il suo brand eponimo, scegliendo il Pitti per l’esordio assoluto. Mentre Slam Jam con oltre trent’anni di esperienza nell’abbigliamento “urban culture”, dà vita ad uno spettacolare evento per celebrarne l’essenza e l’influenza nel panorama della moda uomo, all’interno degli spazi del Museo Marino Marini. Spostandoci nell’hub della Dogana, Haculla (brand ispirato ai lavori dello street artist Harif Guzman e ideato dal Direttore Creativo Jon Koon) mette in atto un progetto-evento che coniuga arte e moda. Il tema portante della nuova edizione? The Pitti Box. La fiera, pensata come contenitore di idee e novità, trasforma il Piazzale Centrale della Fortezza da Basso in una grande arena dedicata alla condivisione. Comprese “box” sulla geografia del salone e una speciale video-art gallery voluta per offrire agli ospiti un’esperienza emotiva. Tutto in un set design concepito e curato dal lifestyler Sergio Colantuoni.

Il designer belga Glenn Martens con il suo marchio basato a Parigi: Y/PROJECT presenta la nuova collezione 2019/2020 con un evento al Pitti. Ex vincitore lo scorso anno del prestigioso Andam Fashion Award, è considerato una delle voci più originali della scena fashion contemporanea. Come detto da Lapo Cianchi, direttore comunicazione & eventi di Pitti Immagine, “Glenn Martens ha creato con Y/PROJECT un linguaggio estetico nuovo, che si alimenta di contraddizioni in cui lo chic si accosta a riferimenti eclettici e stravaganti, in cui lo streetwear si arricchisce di dettagli storici e tocchi couture talvolta fuori scala. Un design concettuale già entrato in sintonia con le punte più avanzate del mercato. Un designer che esprime un acuto sense of humor e che ha una visione della moda molto personale, dove c’è spazio per la libertà di vestirsi, la sperimentazione e il divertimento - senza erigere barriere di alcun genere”.

BY A L E S SA N D R O I AC O LU C C I


Glenn Martens photo by Arnaud Lajeunie

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-Glenn Martens -


Entusiasmo anche in casa ALDOMARIACAMILLO, il designer afferma: “è l’inizio di una nuova storia, un contenitore dove esprimere il mio ideale di moda e insieme raccontarmi. Credo che l’abito sia uno strumento per comunicare chi siamo senza dire una parola, perché vive e cresce insieme a noi. Con il mio brand vorrei creare un guardaroba che si evolve e si completa nel tempo, nel quale i capi possiedono la qualità necessaria per durare il più a lungo possibile.

“RADICI” è il capitolo zero di questo progetto, il luogo della mia memoria. Gli anni ’90, i vintage militari, gli anni di Martin Margiela e di Helmut Lang, delle giacche sartoriali “rubate” dall’armadio di mio padre che mi facevano sentire simile agli artisti delle band che 102

ascoltavo. Al centro del mio universo ci sono sempre le persone: mi piace osservarle, cercare di cogliere il feeling che le lega ai loro vestiti, immaginare le loro storie

e portarle nel mio mondo. Avere la possibilità di presentare questo progetto in anteprima a Pitti Uomo è un onore e un sogno che si realizza. È in Italia che avrei

voluto esordire e Pitti Uomo, dove da sempre cultura

del tailoring e ricerca nella moda fanno tutt’uno, rappresenta il palcoscenico ideale per esprimere in colle-

zione un’idea maturata negli anni, nata dalla passione per la tradizione sartoriale italiana e contaminata con l’universo della moda che mi ha fatto crescere”.

- Aldo Maria Camillo -


Aldo Maria Camillo photo by Enrico Labriola

Tra le novità del 2019

Luca Rizzi

anche I GO OUT che dopo il successo della prima edizione, imposta un nuovo progetto per l’interpretazione inedita dell’outdoor style o meglio, un incontro ben elaborato tra gli sport praticati all’aperto e la ricerca stilistica avanzata con ben 30 aziende riunite nella Sala della Ronda e la nomina di Luca Rizzi a Direttore di Pitti Tutorship, la Divisione di Pitti Immagine che valorizza e promuove i fashion designer. Come commentato da Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine: “Con la nomina di Luca Rizzi proseguiamo nel percorso di consolidamento e crescita di Pitti Tutorship. La Divisione avviata da Riccardo Vannetti ha già raggiunto risultati importanti, che hanno consentito all’azienda di aprire un nuovo fronte di attività al servizio del sistema moda. Il nuovo Direttore lavorerà per creare un’integrazione sempre maggiore tra Tutorship e gli altri settori di Pitti Immagine, in un’ottica di sviluppo ulteriore delle potenzialità di questo strumento, che ha caratteristiche di unicità se si considerano la struttura organizzativa di Pitti Immagine e le possibilità offerte dalle sue piattaforme fieristiche. E sono felice di poter annunciare i primi nomi del board che accompagnerà Tutorship: Franco Pené e Linda Loppa, ognuno per il proprio percorso e ambito di riferimento, sono due veri fashion ambassador, e sapranno dare indicazioni preziose per l’evoluzione di Pitti Tutorship”. Un progetto importante grazie al quale il brand emergente Ice Surface Temperature, creato dal designer esordiente Kristian Guerra assieme alla sorella Laura, con il supporto di Pitti Immagine / Tutorship Program e ICE-Agenzia per la Promozione all’estero e l’Internazionalizzazione delle imprese italiane è selezionato a rappresentare l’Italia a IFS, l’International Fashion Showcase che si terrà alla Somerset House di Londra dall’11 al 25 febbraio 2019, in concomitanza della London Fashion Week.

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il progetto di I.S.T by Kristian e Laura Guerra

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Lovers Preview

Qualche anticipazione delle Collezioni Uomo Autunno Inverno 2019/20

BROOKSFIELD

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MOOSE KNUCKLES

KAPPA

GANT


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TALENTS

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C R E AT I V E C A L L

L’ A R T E , U N A RAGIONE DI VITA BY M A R I N E L L A CA M M A R OTA

L’ espressione creativa è spesso una ragione di vita.

Che siate giovani talenti, artisti rodati oppure “semplicemente” amanti dell’arte e del design in ognuna delle loro forme, vi dedichiamo una selezione di concorsi utili per farvi notare e, grazie alle tante aziende partner di alcune di questi, vere e proprie occasioni di lavoro.

Young Factory Design DEDICATO AL SETTORE ARREDO E MANIFATTURIERO

“La diversità della follia” 108

DEDICATO AGLI AMANTI DELLA SCRITTURA

In un momento in cui la comunicazione sembra dominata e omologata dai social, questo contest si rivolge a tutti coloro che vogliono trovare strade alternative di espressione. “La diversità della follia” è la XIII Edizione della Rassegna: Il dono della diversità. Ideato dallo scrittore e attore Alessandro Ghebreigziabiher, il festival, nei primi anni concentrato unicamente sul teatro di narrazione e sul contesto interculturale, ha col tempo ampliato la propria proposta artistica, dando spazio anche ad altre forme espressive e di intrattenimento, come la danza e la musica. La rassegna di quest’anno sarà concentrata sul tema della follia, elemento peraltro ricorrente nella letteratura come nel teatro. Come spesso capita, il bando è suddiviso in due parti, rispettivamente riservate agli spettacoli e ai racconti brevi. La prima parte è riservata a spettacoli di ogni genere e tipologia, senza alcuna restrizione. Per candidarsi bisogna inviare il progetto dettagliato e una breve biografia all’indirizzo email: ildonodelladiversita@gmail.com La seconda sezione invece è dedicata a racconti inediti e brevi (numero di battute variabile, max 3 cartelle). In occasione della rassegna i testi scelti saranno narrati dalle attrici e dagli attori de “Il dono della diversità”. Per candidarsi bisogna inviare il racconto e una breve biografia all’indirizzo email: ildonodelladiversita@gmail.com Deadline 31 dicembre 2018 Maggiori informazioni: ildonodelladiversita.org

Young Factory Design è un concorso di idee che mette in contatto aziende campane dell’arredo e design con professionisti del settore. Le aziende si propongono come incubatore di proposte innovative. Il Concorso prevede l’ideazione di oggetti di design che valorizzano i materiali di una o più aziende, tenendo conto della successiva fase di produzione secondo quanto espresso nella call di ciascuna azienda. Il concorso, patrocinato dall’Ordine degli Architetti di Salerno, l’Associazione per il disegno industriale Campania e Napoli Creativa, raggruppa 11 aziende manifatturiere con lo scopo di stimolare i giovani nella ricerca di soluzioni innovative per l’arredo e fornire nuove possibilità di integrazione tra i materiali di diverse realtà produttive. “Le aziende manifatturiere – afferma Valeria Prete, Presidente del Gruppo Legno – Sistema Casa di Confindustria Salerno - hanno sete di innovazione nel design dei prodotti, degli ambienti, della comunicazione. Con questo concorso intendiamo creare un link tra aziende e professionisti valorizzando talenti che sappiano mettere in evidenza le potenzialità della manifattura creando prodotti unici e commercializzabili, perché, come sosteneva Glaser, ci sono tre possibili risposte per un prodotto di design: Si, No e Wow! Wow è l’unico scopo per me!” Le info su: contestsalerno.wix.com/youngfactorydesign1 Deadline 04 febbraio 2019


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Rebell Indipendent Art & Design DALLA PASSIONE AL MONDO DEL LAVORO Rebell è la nuova realtà italiana del design, uno spazio innovativo dove brands quali Nespresso, ViaBizzuno, Floover, ArritalCucine, 24Buttle e altre importanti figure professionali hanno partecipato e fatto sistema per creare uno showroom di nuova concezione, dedito al supporto professionale, all’esposizione, alla promozione e infine all’inserimento nei progetti d’arredo di nuovi talenti dell’arte e del design. Il contest si rivolge a designer e artisti desiderosi di porre le condizioni per fare della loro passione una professione, offrendo una concreta opportunità lavorativa; ai vincitori di entrambe le sezioni infatti, sarà garantito un percorso

professionale all’interno del circuito nazionale e internazionale di Rebell; attraverso gli architetti che vi lavorano, la società di contract partner, lo storico negozio di arredamenti partner e la Design’Gallery di Torino partner anch’essa dell’evento e del progetto Rebell. Consentiranno l’inizio di un percorso che accompagnerà i vincitori nella realtà professionale, i quali per il primo anno godranno per intero dei proventi delle loro vendite in Rebell, in quanto quest’ultimo concederà il 100% del ricavato al designer/artista affinché egli possa investire su se stesso e sul futuro del suo progetto. Per le iscrizioni clicca su: contestrebell.it Deadline 28 febbraio 2019


VeniceLands Art Prize L’OCCASIONE DI ESPORRE Artisti nazionali ed internazionali d’Arte Contemporanea possono iscriversi a questo premio a cui seguirà l’esposizione delle opere finaliste e vincitrici. Siamo nelle Terre dell’Antica Repubblica di Venezia. La particolarità del VeniceLands ArtPrize è di coinvolgere un circuito di Comuni e i loro abitanti, circa 240.000, epicentro Treviso, a cui portare Arte ed Artisti, promuovendo uno scambio interattivo, e reale, tra l’artista ed il suo pubblico. Le opere saranno esposte in diverse sedi, a cui arrivare con una sorta di mappa del tesoro, promuovendo così anche la conoscenza di luoghi, tradizioni, e persone. Sono inoltre previsti incontri, workshop, scambi, visite guidate. Ma anche tour gastronomici per assaggiare le bontà locali. VeniceLands ArtPrize è solo il primo evento annuale tra quelli in programma. Infatti, divisi in altri circuiti di Comuni, che coinvolgeranno tutti gli 890.000 abitanti della Provincia di Treviso, sono previsti altri eventi internazionali che toccheranno tutte le Arti, come il FilmPrize a luglio, poi il MusicPrize a settembre, poi ogni due mesi seguiranno TheatrePrize, ArtPhotoPrize, DancePrize.

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Maggiori dettagli sul sito dell’Associazione anonimasognatori.org, o su artprize.it Deadline: 07 marzo 2019

MArteLive IL FESTIVAL MULTIDISCIPLINARE CON IN PALIO 100 PREMI MArteLive è il primo festival multidisciplinare italiano che dal 2001 seleziona e lancia i migliori talenti della scena contemporanea nazionale, assegnando ogni anno oltre 100 premi tra produzioni e contratti di management, workshop e residenze gratuite, copertura stampa e visibilità, ingaggi e partecipazioni a festival ed eventi esclusivi. Numerosi gli artisti emergenti che sono stati scoperti e portati sulla scena grazie al MArteLive System, che ha permesso loro di esporre, esibirsi o partecipare a festival, eventi, mostre personali o collettive. Tra gli altri, solo per citarne alcuni, gli street artist di Valencia Toni Espinar, Sfhir, Man o Matic e Tmx Artist, e ancora Cristiano Quagliozzi, il giovane e talentuoso Antonino Perrotta e famosi street artist della crew romana come Moby Dick, Diamond, Solo e Beetroot. Ricordiamo, per il cinema, Matteo Rovere, produttore di “Smetto quando voglio” e vincitore nel 2007 col corto “Homo Homini Lupus”, e Adriano Valerio, che si è aggiudicato il primo posto nel 2014 con il suo corto pluripremiato “37°4S”, Menzione Speciale della Giuria anche al Festival del Film di Cannes (2013) e David di Donatello per il Miglior Cortometraggio Italiano (2014). La call è aperta a tutti i giovani artisti emergenti tra i 18 e i 39 anni con domicilio in Italia in 16 discipline artistiche (musica, teatro, danza, cinema, videoclip, video arte, deejing live, letteratura, arte circense, street art, pittura live, scultura, fotografia, illustrazione grafica, moda&riciclo, artigianato artistico). Ogni iscritto dovrà effettuare il pagamento della quota di iscrizione (tranne per la sezione musica, per cui l’iscrizione è gratuita), che fino al 31 marzo 2019 sarà di soli 10 euro per i singoli artisti e da 25 a 40 euro per collettivi. A tutti gli artisti, che pagheranno la quota di iscrizione, verrà inviata via mail la nuova MArteCard, che dal 2018 è affiliata al gruppo internazionale di cashback Lyoness che darà la possibilità di ricevere sconti e agevolazioni nel mondo dell’arte, della cultura e non solo. Le opere e le performance possono essere realizzate a tema libero e per mezzo di qualsiasi tecnica. Info su: concorso.martelive.it/regolamento. Deadline 31 marzo 2019


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Nikon Photo Contest Il Nikon Photo Contest è un concorso internazionale che punta a fornire ai fotografi professionisti e amatoriali l’opportunità di comunicare e di arricchire la cultura fotografica. Dal primo Contest tenutosi nel 1969, più di 410.000 fotografi hanno inviato oltre 1.620.000 lavori. Lo scorso anno, il 36o Contest ha superato nuovi record, con più fotografi (21.511) provenienti da più paesi (170) che hanno presentato il numero di lavori più elevato (76.356) di sempre. L’art director Neville Brody, è nominato Lead Judge per il Nikon Photo Contest 2018-2019 per il secondo mandato consecutivo. Il lavoro di Brody copre oltre tre decenni, spaziando dalle copertine degli album al corporate branding per aziende internazionali, e ha una grande influenza su una lunga serie di artisti e fotografi. È stato nuovamente scelto come Lead Judge per la sua capacità di lavorare con una giuria internazionale e variegata, oltre che per la sua popolarità tra i concorrenti dello scorso anno. Il 37° Nikon Photo Contest comprenderà tre categorie: Open (Aperto), Next Generation (Nuova generazione) e Short Film (Cortometraggio).

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Il tema della categoria Open è “Change” (Cambiamento). Poiché viviamo in un’epoca di profondo cambiamento, dal lavoro allo stile di vita al clima, Nikon invita a presentare lavori che esprimano i cambiamenti che i fotografi vogliono condividere con il mondo.

Nikon Photo Contest Momenti di pausa ©Yuanyuan Tian

Il tema della categoria Next Generation, aperta ai fotografi fino a 25 anni di età, è “Identity” (Identità): per questa categoria Nikon desidera ricevere lavori che siano caratteristici delle nuove generazioni ed esprimano la loro natura. Il tema della categoria Short Film è “Hope” (Speranza) e Nikon ammetterà lavori capaci di gettare una luce di speranza sul futuro. Per ulteriori informazioni sulle categorie, sulle regole di presentazione dei lavori, sulla procedura di valutazione, nonché sui riconoscimenti e i premi, visitate il sito web: nikon-photocontest.com/en/ I vincitori del Nikon Photo Contest 2018-2019 saranno annunciati nell’agosto del 2019 in una cerimonia di premiazione. Deadline 31 gennaio 2019


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Miao Yuhang photo by Alex Dani

INTERVIEW

Barbara Toscano: l’antesignana nella gestione delle risorse umane racconta la contaminazione del dialogo tra il mondo della scuola, in cui s’inizia a formare i nuovi professionisti, e le aziende del settore fashion-design per nuovi scenari futuri

BY A L B E RTO C O R R A D O

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A Z I E N D E

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FA S H I O N

S Y S T E M


FATTORE C

onnecting people: è questa la mission di Barbara Toscano, School Director di Istituto Marangoni • The Milano School of Fashion: far dialogare i giovani talenti con la Fashion Industry e prepararli ad affrontare i futuri scenari del mercato. Con un percorso nella gestione delle risorse umane e dell’area marketing ha costruito insieme a un team di professionisti esperti, con grande passione, il nuovo polo didattico della prestigiosa scuola milanese, offrendo a ogni singolo studente la possibilità di assorbire tutte le sfumature di ciò che è la moda con tutte le sue contaminazioni. La incontriamo nella sede principale a Milano.

MARANGONI In che modo la sua managerialità e la sua ricerca hanno valorizzato l’heritage di Istituto Marangoni? Il confronto con il know – how passato della scuola mi ha portato a consolidare la mia posizione e le capacità manageriale, direi che questo passaggio è stato quasi fisiologico. Quello che la storia di Istituto Marangoni mi ha insegnato è che, fornire ai giovani gli strumenti del futuro sia una responsabilità. Estro e tecnica, metodo e talento ispirano da oltre ottant’anni la nostra filosofia. Qui scorrono sogni e idee ma si coltiva anche la concretezza, il saper fare, insegniamo ai nostri studenti il giusto approccio al mercato. Questo l’heritage che abbiamo acquisito dal patrimonio storico di Istituto Marangoni. Da qui sono partita anche nella mia personale ricerca e su questi cardini si fonda la gestione della scuola, con la quale condivido ogni giorno la mia esperienza. È un incarico stimolante e sfidante, fatto di grande impegno e tante soddisfazioni.

sionale. L’attenzione deve essere globale, bisogna saper individuare oggi, tutti i diversi aspetti di un percorso formativo, ricercando figure capaci di cogliere, incoraggiare e stimolare il talento dei nostri ragazzi. Quindi posso dire che lavorare sulle numerose attività, ‘sfruttando’ competenze di professionisti autentici e sensibili, facilita il compito organizzativo e gestionale. Altri elementi che ritiene siano fondametali per formare i giovani talenti del futuro? L’innovazione è tra i punti focali della nostra formazione, siamo sempre più attenti e sensibili al tema. Oggi tutto cambia velocemente e i talenti futuri viaggiano altrettanto rapidamente su un percorso diverso rispetto a qualche anno fa. Educhiamo i ragazzi a seguire il loro talento ma anche a conoscere le logiche di mercato e l’offerta didattica va di pari passo, si avvicina, si modifica rispetto alle esigenze e lo facciamo aiutati dai nostri comitati scientifici (IMAC- Istituti Marangoni Advisory Comitee). Interpelliamo anche le aziende del fashion system per capire cosa cercano e di cosa hanno bisogno. Per lei è importante lavorare in team. Perché? Lavorare in team è tutto, è anche una delle nostre prerogative nella formazione dei ragazzi, insegniamo loro a confrontarsi, a partecipare ai progetti di gruppo, a conoscere la condivisione e a cimentarsi nell’impegno comune. È fondamentale, oggi, riuscire a coinvolgere chi collabora con te, favorisce lo sviluppo e la ricerca e non ultima la conoscenza reciproca. La nostra è una realtà multiculturale, il nostro network di scuole conta ad oggi 8 sedi nel mondo, i nostri studenti provengono da più di 100 diverse nazioni, basta questo per far capire quanto sia importante lavorare con gli altri.

BUSINESS In che modo vengono gestite le numerose attività del polo didattico? Il polo didattico è formato da docenti e programme leader, esperti che provengono da importanti realtà del settore. La selezione è molto attenta perché tra i nostri primi obiettivi c’è quello di offrire ai nostri studenti un corpo docente che attraverso gli strumenti forniti dalla scuola, possa prepararli ad affrontare la realtà profes-

E SENSIBILITÀ P E R

C A P I R E

C O S A

C E R C A N O

E

D I

Barbara Toscano, School Director di Istituto Marangoni • The Milano School of Fashion, spiega le connessioni tra il mondo della formazione e i futuri professionisti della Fashion Industry.

C O S A

H A N N O

B I S O G N O ” .

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Come selezionate i progetti creativi degli studenti? Noi lavoriamo molto sulle soft skill dei ragazzi e i progetti che vengono selezionati dalla scuola tengono conto di una serie di capacità che vanno oltre la loro creatività. Prendiamo in considerazione tutte le loro potenzialità, come affrontano i nuovi strumenti, i canali di comunicazione, come gestiscono le informazioni, lo spirito d’iniziativa, l’innata capacità di leadership, la disponibilità al team working. Qual è la sua visione della scuola futura? La scuola del futuro in generale sarà del tutto diversa, dobbiamo pensare a spazi aperti che accolgano il dialogo prima di tutto, considerandolo come fattore umano, ma anche come elemento esplorativo. Ricerca e sperimentazione saranno sempre più importanti, ci saranno nuove dimensioni e un’evoluzione sempre più rapida. Quali sono gli elementi distintivi di Istituto Marangoni rispetto alle altre scuole? La nostra è una scuola che punta molto sui progetti didattici, coinvolgendo aziende top della Fashion Industry, permettiamo quindi ai ragazzi di confrontarsi con realtà professionali sempre di altissimo livello. Focalizziamo la nostra attenzione sui temi più attuali, rivolti alla sostenibilità, alla comunicazione digital, allo studio di nuovi fenomeni come ‘see now buy now’. Questa tipologia di insegnamento gli consente di fare un grande lavoro di ricerca, portandoli ad essere veri e propri trend setter. Altro punto di forza di Istituto Marangoni è sicuramente l’internazionalità, intesa come multiculturalità, studenti provenienti da differenti nazioni che si confrontano quotidianamente stimolandosi a vicenda. Dal 2017 abbiamo anche lanciato un progetto di mentoring innovativo ed unico nel suo genere, chiamato I’M Alumni Collections evolution per promuovere gli alumni più meritevoli, supportandoli nella realizzazione della loro prima collezione sia dal un punto di vista del budget e della promozione sia lato press e buyer. Posso dire che è questo insieme di ricerca e opportunità quello che ci contraddistingue. Giulia Zenucchi

“ Noi lavoriamo molto sui soft

skill dei ragazzi e i progetti che vengono selezionati dalla scuola, tengono conto di una serie di capacità che vanno


Luca Daniele

Alessandro Marchetto

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Fabio D’agostino

Martina Trezzi

LA SCUOLA DEL FUTURO IN GENERALE SARÀ DEL TUTTO DIVERSA, DOBBIAMO PENSARE A SPAZI APERTI CHE ACCOLGANO IL DIALOGO PRIMA DI TUTTO


TA L E N T S

YOUNG

I GIOVANI DESIGNER CHE DESIDERANO CRESCERE PROFESSIONALMENTE DEVONO NECESSARIAMENTE

TALENTS AVERE DOTI ANALITICHE, UN MINDSET ORIENTATO AL BUSINESS,

SKILL DIGITALI E , NON ULTIMA L’ABILITÀ DI FARE NETWORKING. BY A L B E RTO C O R R A D O


I

INES MONJO Spain

D FA : D I S T U R B O MODA PER UN MIX DI COLORI La sua collezione “Man O Toâ€? è ispirata dal suo disturbo alimentare che ha attraversato tutta la sua adolescenza. Negli outfit ha mostrato le diverse fasi che ha vissuto durante quel periodo della sua vita, che sono la deformazione, il contrasto, la lotta, il successo e infine la luce. Nei suoi disegni ha usato i fiori per creare un senso di parallelismo con il suo corpo, partendo da un fiore appassito che si trasforma in un fiore luminoso e colorato. Per rappresentare queste fasi ha usato un mix di colori ma anche il contrasto tra trame e volumi. @im.inesmonjo

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G

GIACOMO PAVIA Italy

SPORT’80S, COLOUR BLOCK Un’unione esplosiva di forme, linee e colori che abbattono gli standard del lusso. Una visione street e ironica all’interno del mondo della pellicceria “Bounce” è una collezione che ci trasporta in un’atmosfera divertente e priva di disciplina, seguendo i passi frenetici di un esuberante e implacabile sport’80. Grafiche, lavorazioni e materiali che delineano una femminilità giovane e sfrontata. Volumi oversize, esasperati da fluttuanti e vaporose pellicce di volpe intarsiate con visone e lapìn. Rifiniture in gomma bianca e nera si accostano a contrasti cromatici di azzurri, rossi e colori neutri. @giacomopavia

-Anna Molinari-


B

BIANCA BETRAMELLO Italy

WUNDERKAMMER OTTOCENTESCHE La sua collezione “Cabinet of Curiosities”, che s’ispira alle wunderkammer, stanze dove i collezionisti conservano rarità e curiosità. Analogamente i pattern stampati e le grafiche sui tessuti sono composti da una selezione di opere d’arte e oggetti particolari come i gioielli e bottoni realizzati in collaborazione con l’Officina del Sole che utilizzano l’antica tecnica del Papier–mâché con laminazione in oro 24k. Pegni d’amore d’epoca Georgiana, ossa di animali esotici, antiche protesi lignee, campane di vetro impreziosiscono la linea classica degli abiti sartoriali. www.biancabeltramello.com @biancabeltramello

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C

CECILIA JUAREZ BALTA Perù

LA DEFORMAZIONE DEL BELLO “Trasfigurando in fin la Meraviglia” è il titolo della collezione di Cecilia Juarez Balta, classe 1993, vincitrice del Premio Vogue Talents durante l’edizione 2018 di Milano Moda Graduate. Un omaggio alle opere di Matthias Bitzer e alla trasfigurazione del corpo, ovvero il corpo modificato e manipolato a livello materico. Il tutto risale alle sue origini peruviane e ai ricordi legati alla nonna che lavorava i tappeti a telaio fitto, eseguendo soggetti paesaggistici, per poi decostruirli e ragionare sulla loro deformazione che è naturale, fino arrivare alla trasfigurazione del corpo che subisce un cambiamento. Deformare questi elementi permette di creare qualcosa di nuovo, non per stupire, ma per creare una reazione.


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ALICE FIRMAN Italy

INTIMI FRAMMENTI D I R E A LT À Milanese doc, trasferita in Inghilterra dopo la maturità scientifica. Studia alla University for Creaitive Arts di Epson dove consegue il Foundation Diploma. Si laurea in Fashion Design all’Edimburgh College of Art e poi al Master in Fashion Womenswear al Royal College of art di Londra. La sua collezione è uno studio della vulnerabilità emozionale vista attraverso l’analisi del linguaggio del corpo e della gestualità all’interno d’intimi frammenti di realtà. La pelle è il materiale predominante della collezione, assieme al cashmere di lana e diversi tipi di seta. Un guanto del 1930 di pelle bianca che ha trovato a Milano in un negozio vintage è l’ispirazione per la tecnica con cui sono stati cuciti tutti i capi. Voleva che tutta la collezione avesse la stessa leggerezza, morbidezza e invisibilità nelle cuciture e attenzione ai dettagli di quel guanto. www.alicefirman.com @alicefirman

A

-Neville Goddard-

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P

PAOLINA RUSSO Canada

KNITWEAR OF LOVE Paolina Russo dalla Central Saint Martins si prepara a conquistare l’industria della moda con le sue maglie nostalgiche. Destinataria del prestigioso Talent Award de L’Oréal Professionel, la sua collezione di laurea intitolata “I Forgot Home” è stata una lettera d’amore alla sua città natale. Dopo aver svolto un breve stage presso la Wales Bonner, ha intrapreso l’ambito stage di couture nel 2016 presso la Maison Martin Margiela sotto la direzione creativa di John Galliano per poi creare il suo marchio che sta raggiungendo un enorme successo tra i buyer. www.paolinarusso.com @paolina__russo

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E

ELFREDA FAKOYA UK

PAT T E R N E COLORI PER MODA SOSTENIBILE La moda sostenibile si manifesta in una miriade di modi, ma l’ambizione di Elfreda è di confezionare vestiti con la massima cura per il pianeta, reinterpretando vecchi tessuti e concentrandosi su una tavolozza di colori. Rendendo attuali i ricordi e dando una patina nostalgica al presente per svelare un’eterea libertà. @elfredadali

-Erdem-


L

LORENZO VAGNOZZI Italy

THE DARK ROMANTICSM ERA La collezione “Pelaria” nasce dall’unione di due ispirazioni: la fotografia umanista di Jacob Riis e il darkromantic. La fotografia umanista è un contrasto di “vita dell’altra metà” che rivela le terribili condizioni di vita degli immigrati nelle periferie alla fine dell’Ottocento, a pochi passi dai grattacieli di New York. A supporto di questo stile fotografico è inserito il tema darkromantic come racconto di un uomo street e ribelle che indossa capi dai volumi ben evidenti con dettagli di pieghe e stropicciamento per rendere ogni pezzo unico. Fondamentale anche il gioco di contrasto tra i tessuti e le pelli finassate che rendono tutto più armonioso nel colore predominante del nero, con qualche spiraglio al rosso e al verde. @lorenzo_vagnozzi

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“ -Alexander McQueen-

F

FABIO REFOSCO Italy

MANIFESTO S U R R E A L I S TA C R E AT O D A O C C H I INNOCENTI L’ispirazione per questa collezione nasce dal libro “L’age d’or des Jouets”, un’enciclopedia di giochi che prende tutti i decenni del ‘900. Il concetto di unire mondi diversi che rispecchiano anche nel design dei singoli outfit, dove questi sono uniti in modo apparentemente casuale, fanciullesco e cacofonico. Così, si è voluto conferire un’aria fresca e di rinascita, creata da occhi innocenti e pluridirezionali e non ancora unidirezionali e standardizzati. @one.eyed.ted


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GIOVANNI MARESCHI Italy

IL LOOK RODEO CHIC PER UOMINI MODERNI Giovane, entusiasta e preparato: questo è l’identikit di Giovanni Mareschi dell’Università IUAV di Venezia. L’espandere un’idea per poi realizzarla e arrivare al progetto finale, creando un mondo intorno al capo e vederlo prendere forma in ogni dettaglio. Ecco, è questa la cosa che più lo emoziona creando una serie di capi per uomini pronti a partecipare a un rodeo: giacche di pelle, pantaloni con le frange e camicie aperte stampate. Per rappresentare l’identità del suo uomo virile e villano. @ giomareschi

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CITY

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Miao Yuhang photo by Alex Dani

D I S C O V E R I N G H A PA R A N D A


D ORM IRE S OTTO UN A CUPOL A TRAS PARE N TE CON L A N E V E COM E PAV IM E N TO , TRA ICE AN D L IG H T V IL L AG E E TE N UTE -H OTE L , IN SIEME A E S PE RIE N ZE UN ICH E CH E CON N E TTON O UOMO E NATU RA AL L A RICE RCA D I AV V E N TURA. E CCOCI AL L A SCO P ERTA D I H APARAN D A. L Ì D OV E TUTTO PARTE , RAL LENTA E SI F E RM A S UL G H IACCIO

In Lapponia un confine c’è, ma non si vede. La terra di neve su suolo svedese è una scoperta senza fine. Poco distante c’è la Finlandia e, oltre il fiume Tornio, si trova lo SnowCastle di Kemi: il palazzo più grande di ghiaccio e neve che risorgerà anche quest’anno a gennaio. La nostra avventura in Lapponia può cominciare qui, sul versante swedish, dove l’esplorazione di piccole località ci immerge in ritmi e routine ben lontani dalla (nostra) consuetudine. Haparanda, fra questi, è uno dei centri più vivi, forse proprio perché transfrontaliero. Abbracciata dal cielo e dalle sue sfumature boreali, vive tutto l’anno di attività ideali per chi cerca emozioni anche in inverno. Nulla di insolito fin qui, se per tre ore si fa un giro sulla rompighiaccio Polar Explorer, fra le acque gelide dell’area attrezzati di mute al neoprene e pronti a vincere ogni avversità, si coglie la semplice quanto avvincente sfida con la natura – seppur fragile – ancora tenace nelle sue rigide temperature. Acciaio contro ghiaccio, uomo contro elementi naturali in una sfida che sembra voler forzare l’incontro tra universi lontani. Poi, dopo l’impresa, ci si abbandona fluttuando al relax delle acque solcate. Molto più easier sembra forse una gita in motoslitta, ma nel Circolo Polare Artico non è per tutti. Richiede infatti una buona dose di adrenalina oltre ad un po’ di pratica, per scoprire poi che il vero nemico è l’aria gelida che in corsa entra nelle ossa. Un fascino quasi romantico è invece attraversare la foresta trainati da husky. Contempla un benessere spirituale che trascina quello fisico, offerto dalla perfetta sincronia dei fedelissimi quattrozampe, instancabili e coraggiosi nella faticosa corsa sulla neve che ovatta il circondario. Non sentitevi in dovere di recapitare doni se potrete guidare anche le renne lungo i sentieri bianchi della zona. L’alchimia non cambia e ha molto da offrire, in una dimensione quasi mistica che accompagna il silenzio assordante, rotto solo dal crepitio della neve sotto gli zoccoli. Ad Haparanda il tempo sembra abbastanza da poter vivere tutto e in modo semplice. Basta una trivella a mano per immergere una lenza ed attendere l’arrivo del pescato, un falò per gustarlo fresco ed una tazza calda per ritemprare il corpo. L’ideale è berla in una delle fattorie Sámi che non mancano lungo la strada, non lontani dalla costa sul Golfo di Bothnia. Ma se cercate come rifugio a Kalix (nei pressi dell’omonimo fiume, a mezz’ora da Haparanda) la novità del momento, la trovate a fianco alla tenuta-hotel di Filipsborg, da dove partono anche SnowSafari tour: sono le prime strutture dell’Ice and light village, complete di finestroni rivolte verso il fiume e con il tetto di vetro, il non plus ultra per poter ammirare l’aurora boreale, dormendo sotto una cupola trasparente e con la neve come pavimento. Ne costruiranno a breve altre 5, forse, ma le prime sono da riservarsi per un’esperienza nell’esperienza, tutta da raccontare.

SWEDISH LAPLAND DISCOVER BY A N TO N E L L A T E R EO

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L

DISCOVERING UK

La costa meridionale dell’Inghilterra è una zona ideale per rifugiarsi, specie quando la frenesia della quotidianità inghiotte o la voglia di rompere gli equilibri aumenta. Hampshire e Dorset sono forse per questo nella lista dei luoghi dell’anima di pochi fortunati. Le due contee che si protendono a Ovest rispetto alla City sono la meta perfetta per vivere quest’evasione lontano dai device, fatta di colori freddi e sensazioni, forse nuove o da riscoprire. Dal bruciato della campagna all’azzurro delle coste, dal verde delle foreste al rosso fuoco dei camini nei cottage. Si parte per dedicarsi a se stessi, per risvegliarsi fra le meraviglie ed i suoni di parchi nazionali che sembrano lontani anni luce.

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EXPERIENCES IN UK, LONTANO DAI DEVICE BY A .T.

TRA BENE

HAMPSHIRE ALL’ANIMA

E

DORSET

SI

APRONO

LUOGHI

CHE

FANNO


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Luoghi dove la connessione non è via wi-fi ma solo diretta con la natura circostante, dove non c’è campo ma un’intera New Forest pronta a soddisfare la giornata con i suoi ritmi stagionali. Serve una lenza da pesca, un libro da iniziare sul patio di un cottage in affitto, al cospetto del panorama in country style che si apre attorno, oppure solo un sopito coraggio per alzarsi presto al mattino e praticare nordic walking fra boschi profumati. Lo stesso sprint che emerge solcando in kayak le acque che lambiscono le scogliere e sconfinano fino a Dover… tentazioni che poi rivelano una perfetta sincronia con il corpo in una nuova, irrinunciabile dimensione. L’atmosfera detox (da cui molti, al rientro, sentono dipendenza) è composta di ampie distese aperte, grandi emozioni ed insolite, persino rurali opportunità. Presso una farm di Chewton Glen ad esempio, l’ideale è la feeding experience, a stretto contatto con i maiali tipici della zona, o dormire in una camera realizzata in materiali naturali sospesa a 35 piedi d’altezza e con una vasca in open air con vista sulla foresta.

Escamotage per sentirsi veramente parte di qualcosa (non di un social!). La creazione di bungalow di nuova concezione, qui, ha ispirato premiati artigiani che oggi ospitano in West Dorset soluzioni costruite in boschi privati, un esempio di luxury craft glamping che parla all’anima e all’ambiente circostante, perfetta per fughe che devono scuotere la routine. Se poi durante il soggiorno il carattere adrenalinico spinge a qualcosa di più, basta entrare nelle rocce, letteralmente, della Jurassic Coast. Impervie ma affascinanti, avvincenti e dalle insolite sfumature, inducono a scalate e percorsi ardui per poi permettere di cedere, infine, ad un salto liberatorio in mare. Una scossa senza pari, dove il freddo delle acque sveglia lo spirito e detona una nuova grinta, mentre il torpore della quotidianità diventa a confronto solo un semplice, banale ricordo.


EH N EW XIB Y IOTRI O KN

ART ON PAPER NY. LEGGERA, FLESSIBILE, VERSATILE ED INCREDIBILMENTE COMPATIBILE CON L’EVOLUZIONE DEL TEMPO

OLTRE CHE CON L’AMBIENTE, LA CARTA È AL CENTRO DELLA RASSEGNA CHE A NEW YORK

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DEDICA AL MATERIALE PIÙ ANTICO UN APPUNTAMENTO UNICO NEL SUO GENERE.

Talenti emergenti e artisti noti nell’ambiente di ogni età ed estrazione, studios e atelier specializzati nonché galleristi di fama internazionale saranno al centro di un momento unico nel panorama artistico-culturale della scena che si svolgerà al cospetto del ponte di Brooklyn. Nella sua quinta edizione, dal 7 al 10 marzo prossimo a Pier 36, la manifestazione Art on Paper riapre le porte ai cultori di un componente artistico capace di lasciar libera la fantasia ad un’espressione sempre innovativa.

BY A N TO N E L L A T E R EO


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L’esposizione ospiterà stand con installazioni su larga scala, multi-media exhibition, fotografie, sculture, tele e varie forme d’arte contemporanee che daranno vita e significato a fogli, ritagli, abili pieghe e sottili trasparenze del materiale naturale abbinato ad altri per creare nuove strutture ed insoliti accostamenti. Stropicciata, modellata, incisa o scolpita, mixata a tecniche note o innovative, diluita o macchiata, raffinata o grezza, la carta infatti rivelerà la sua essenza poliedrica in una presentazione del tutto immersiva per il visitatore e dove il messaggio di ogni opera non è mai banale.


L’evento nella Manatthan downtown vedrà quest’anno la presenza di ben 85 gallerie provenienti da tutto il mondo che interpreteranno l’ambiente urbano circostante con l’elaborazione e l’uso della carta nelle loro opere d’arte moderna e contemporanea, non trascurando significati più o meno velati ai rischi che oggi minacciano l’uomo e la sua etica o caratterizzano le dinamiche ormai intrinseche della società. Ventotto i partner della scena culturale newyorkese dietro all’intero progetto e un richiamo di pubblico assolutamente internazionale, per un evento che fa parte della costellazione artistica dell’Art Market Productions.

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EXHIBITION

NEAPOLIS FUGIT BY C I R O CAC C I O L A

Besthy ph FSqueglia

T R E

E S P O S I Z I O N I

C O N T E M P O R A N E E

D A

N O N

P E R D E R E


ANSELM KIEFER

I

l confronto necessario e costante con gli elementi naturali. Il passato che sempre ritorna, che non può e non deve essere accantonato dalle nostre menti. La tentazione di rendere popolare – ergo: commerciale – ogni forma di espressione, anche la più intima. La necessità di ripensare la produzione e il consumo, e di riorganizzare le nostre vite. Alle provocazioni della “Cool Britannia” dei Young Artists di fine Anni Novanta – Hirst su tutti - fa eco il monito di un grande saggio, “Amor Fugit”, l’anatema del maestro tedesco Anselm Kiefer. L’arte contemporanea è ancora una volta di casa a Napoli, in dialogo con la città “antica” e resiliente, ma viva, aperta e costantemente contaminata dal nuovo. What’s on? WALEAD BESHTY

“Aggregato” Aggregato è la prima personale italiana di Walead Beshty, artista nato a Londra nel 1976 e che vive e lavora a Los Angeles. Le opere di Beshty attingono, sovvertono e ridefiniscono le forme d’arte tradizionali creando un’opera continua che si esprime tramite l’appropriazione e la giustapposizione di tracce, fasi del lavoro artistico e del vero e proprio processo di creazione delle opere d’arte. I suoi lavori sono il risultato dell’intreccio tra l’atto di produzione e la ricezione finale dell’opera, ciò che avviene attraverso l’interazione di forma, colore, immagine e significati apparentemente semplici ma concettualmente ricchi. Il titolo della mostra mette in evidenza la natura composta delle opere, presentando una selezione di lavori chiave appartenenti all’ultimo decennio di attività dell’artista. Esso riflette inoltre gli elementi che stanno al centro del lavoro di Walead, che si basa su metodi di combinazione e accumulo: l’artsita infatti spesso si serve di metodologie e lavori pre-esistenti (rimpiegando parti, frammenti, residui) per creare nuove opere. Alludendo alla location e al suo contesto, “Aggregato” - che contiene alcuni tra i suoi lavori più rappresentativi come i fotogrammi su larga scala, ‘Copper Surrogates’, ‘Selected Works’ e ‘Fedex Boxes’ - indaga i vari strati di cui si compone l’opera di Beshty creandone un archivio quasi archeologico e fornendo una nuova chiave di lettura, una storicizzazione e una valutazione del suo lavoro. Esposte in galleria troviamo nuove e pre-esistenti opere tra sculture, foto e collage realizzati dall’artista negli anni di lavoro con la Thomas Dane Gallery, in occasione di biennali, fiere, esposizioni museali e per la galleria stessa. Thomas Dane Gallery Fino al 7 gennaio

N E L L A

C I T T À

D E L

V E S U V I U S

Fugit Amor L’amore fugge e gioca con il tempo e la storia, sembra volerci dire Anselm Kiefer. La nota scultura di August Rodin, Fugit Amor, una figura maschile stretta ad una femminile che sembrano essere trascinati da una corrente invisibile, realizzata dall’artista francese alla fine dell’Ottocento in numerose versioni a partire dall’opera incompiuta della Porta dell’Inferno, viene scelta da Kiefer come una sorta di spirito guida all’interno del suo nuovo progetto espositivo pensato per gli spazi della storica galleria Lia Rumma e ci accompagna attraverso temi e motivi del suo lavoro, seguendo un percorso cronologico discontinuo fatto da un passato e un presente tra loro volutamente confusi. Proprio con Rodin l’anno scorso Kiefer ha stabilito uno dei suoi poetici dialoghi d’autore a distanza, esponendo a Parigi nel Musée Rodin e dichiarando: «Mi sento sempre in colpa a dipingere ciò che è rassicurante. I grandi artisti sono iconoclasti. Io so che tutto ciò che affronto contiene contemporaneamente la sua negazione». L’artista tedesco opera come un vate-alchimista alla continua ricerca di nuove forme da contrapporre all’esistente, cercando di ridisegnare ogni volta un nuovo ordine del mondo: l’atto creativo è così sempre un processo in trasformazione, un “non finite” su cui ritornare, come quello di Rodin e le sue sculture. Dal primo stadio di decomposizione della materia vile, per gradi verso la realizzazione della pietra filosofale. Ed è da qui che si deve partire per intraprendere il viaggio epistemologico all’interno delle tante opere disseminate nelle varie sale della galleria, cariche di storia e di storie a volte dimenticate, andando incontro all’essenza dell’amore che forse si ritrova in ogni dove. La sala grande è occupata da una serie di vetrine che, come tante capsule del tempo, custodiscono materiali eterogenei e organici, quali cenere, ferro, piombo, foglie, terracotta, fiori e piante, che dall’interno verso l’esterno si offrono a più letture. «Il vetro delle vetrine – spiega Kiefer - è in qualche modo una pelle semipermeabile che collega l’arte con il mondo esterno in una relazione dialettica». L’artista ha immaginato una sequenza di connessioni tra gli oggetti posti all’interno delle teche, che sono come sospesi in un limbo, a metà tra ciò che erano e ciò che diventeranno. Sono scatole di vetro che raccontano storie ispirate all’Antico e Nuovo Testamento, come nel caso di Thermutis – Moses e aperiatur terra et germinet salvatorem. Ma anche misteriose evocazioni di antichi miti. Per l’artista non c’è differenza tra mito e storia, ha ripetuto più volte. Il risultato è un paesaggio di poetiche rovine che non riproduce integralmente alcun passato e allude invece a una molteplicità di passati, come teorizzato da Marc Augé, che parla di un tempo puro senza storia.

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London Shadow

Tracy Emin Inv.98

Ian Davenport, Poured Lines, December 20, 2005 © Ian Davenport by SIAE 2018

La mostra è completata da due opere pittoriche - Aino e Vainamoinen verliert Aino - che si ispirano al poema epico cavalleresco finlandese Kalevala, scritto nel 1835 da Elias Lönnrot. Sulle tele sono citati passaggi e nomi di alcuni dei protagonisti (il vecchio vate Väinämöinen e la giovane Aino) di quest’opera letteraria che, pur centrata sull’identità costitutiva della comunità finlandese, abbraccia temi storici, mitologici e religiosi universali cari all’artista tedesco. Nato nel 1945 a Donaueschingen, dal 2007 Anselm Kiefer vive e lavora in Francia, a Parigi e a Croissy. Galleria Lia Rumma - Fino al 31 gennaio London Shadow

FILE NAME: ANKI-362 Anselm Kiefer Väinämöinen verliert Aino, 2018 Emulsion, oil, acrylic and shellac on canvas 280x380 cm © Anselm Kiefer Photocredit Geroges Poncet Courtesy Galleria Lia Rumma Milano/Napoli


LONDON SHADOW

La rivoluzione inglese da Gilbert & George a Damien Hirst L’esposizione racconta, attraverso ventitré opere di sedici artisti di fine anni ’80 e primi anni ’90, lo spirito di un’autentica rivoluzione. Ispirata al titolo di un’opera di Gilbert & George, il “duo terribile” attivo fin dalla fine degli anni ’60, precursori di quelle temperature caustiche e irriverenti che saranno alla base di ciò che accadrà dalla seconda metà degli anni ’80, London Shadow riassume tensioni, ambiguità, vitalismo e contaminazioni della cultura inglese degli ultimi decenni, fino ad oggi. Negli anni ’90 Londra era la città più cool del mondo, complice anche la musica (il Brit Pop, l’elettronica dei club), la letteratura (Irvine Welsh e gli acidi scozzesi, le periferie indiane di Hanif Kureishi), la moda (l’icona Kate Moss, le riviste e i giovani stilisti come Alexander McQueen). Nell’ultimo decennio del secolo Londra si è proposta invece come una rinnovata capitale mondiale dell’arte, nonché epicentro dell’ultima “scuola” europea a presentarsi unita e compatta all’attenzione internazionale, tanto da far parlare di ‘Cool Britannia’. In mostra tre opere di Damien Hirst e in particolare l’opera Problems eccezionalmente concessa in prestito dallo stesso artista e proveniente dal suo studio di Londra, a cui si affiancano le spatolate materiche di Jason Martin, le strisce di colore, espressione della cosiddetta Process Painting, realizzate da Ian Davenport, i grandi fiori super pop di Marc Quinn, la manipolazione digitale di Julian Opie. L’esposizione ripercorre la provocazione delle giovani bad girls che esaltano i temi del femminismo sfiorando la cattiveria e la sessualità esplicita. È il caso dei neon di Tracey Emin, delle sculture di Sarah Lucas, dell’installazione video di Sam Taylor-Wood. Senza dimenticare la versione contemporanea della Vanitas secondo Marc Quinn o la rivisitazione del mito, tutto inglese, di Ophelia nell’opera di Matt Collishaw. Beffardo e sarcastico l’intervento di Gavin Turk, che gioca sul rovesciamento tematico e sull’inganno percettivo in lavori che “imitano” celebri icone della storia dell’arte, il Love di Robert Indiana e un Concetto Spaziale di Fontana. La mostra, infine, non tralascia l’arte inglese che degli anni ’90 si fa concettuale, a testimonianza di una temperie che coinvolge l’intero panorama creativo: le serie fotografiche di Darren Almond, l’installazione minimalista di Liam Gillick, la scritta Things di Martin Creed, e ancora fotografie cieche di Douglas Gordon e la fine riflessione mentale di Gillian Wearing.

Gallerie d’Italia - Palazzo Zevallos Stigliano Fino al 20 gennaio

Jones Maîtresse Folio ScreenprintIV 2015/16

ALLEN JONES

Maitresse

Besthy phw FSqueglia

Incisore, scultore, designer e pittore, Jones (Southampton, UK, 1937) è uno degli artisti pop contemporanei più noti e contestati al mondo (soprattutto dalle femministe): al centro della sua ricerca artistica pone infatti la figura femminile nel suo aspetto più erotico e sensuale. Solo donne, solo nude, attraverso un linguaggio visivo esplicito e rappresentazioni in stile fetish che attingono anche al bondage e alla furniphilia. Nelle sue celebri sculture erotiche, senza mezzi termini, la donna è un oggetto a forma di sedia, tavolo, attaccapanni! Ironico ma realista, ha affrontato il sesso come fenomeno di massa, da quello patinato di Playboy a quello più sfrontato dei Pulp Comics, ma senza morbosotà per il porno fine a se stesso. Non a caso il mondo del cinema, della musica, della moda hanno attinto al suo immaginario: nel film Arancia meccanica Kubrick si ispira alle sue opere per arredare il Korova Milkbar; Barbet Schroeder, per il cult Maîtresse, chiede all’artista di curarne l’immagine e il design; David Gilmour, chitarrista dei Pink Floyd, durante l’intervista “Live at Pompeii”, ha tra le mani una copia di Figures illustrata da Jones. La mostra a Napoli, curata da Pietro Tatafiore in collaborazione con Valentina Rippa, presenta una selezione di multipli legati al mondo pubblicitario e cinematografico, 20 grafiche e litografie in grande formato, dai colori vivaci e vibranti, con ideali pin up sfrontate e attillate, in stivali di lattice o tacchi a spillo, parrucche e frustini, insieme a lavori meno espliciti dove l’elemento trasgressivo scompare e lascia il posto a un innocente sogno proibito. Allievo, tra gli altri, di artisti del calibro di David Hockney, Derek Boshier, Peter Phillips e Ron Kitaj, nel 2015 Allen è stato protagonista di una grande retrospettiva alla Royal Academy of Arts di Londra.

1opera gallery, Palazzo Carafa, Napoli fino al 10 febbraio

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What’s new

V

BY M A R I N E L L A CA M M A R OTA

ulcanica e inarrestabile Napoli non si fa sorprendere immobile, una città da sempre in continua evoluzione artistica, fabbrica di sinergie dove nascono idee, oggetti ed esperienze inedite e, spaziando tra gallerie d’arte intraprendent e food experiences tra le nuove realtà del made in Naples, troviamo:

chaise longue Intallium by Pezzi di Napoli

Pezzi di Napoli, un progetto al femminile nato per raccontare la città attraverso capolavori autentici che esprimono la verve di una metropoli mai stanca di creare. Uno spazio fisico e virtuale volto alla ricerca di talenti ed energie creative per recuperare la memoria del bello e del fatto a mano. Una vetrina e anche laboratorio di produzione artistica, un nuovo brand, una piattaforma tecnologica business oriented e un luogo di ricerca e studio con una visione world wide. L’idea alla base di Pezzi di Napoli è quella di recuperare la memoria dell’immenso patrimonio storico, artistico e culturale della città attraverso linguaggi nuovi e contemporanei, secondo la riedizione di grandi classici del design come la Sunflowerchair di Roberto Mango e la realizzazione di e nuovi progetti come la chaise longue Intallium, due sedute che inaugurano la sezione Home decor del progetto. Allo Studio Trisorio, sito nel cuore cittadino in via Riviera di Chiaia 215, troviamo la mostra fotografica suggestiva e pittorica di Robert Polidori “Devotion Abandoned”, frutto di un progetto che ha portato Polidori a soggiornare per lunghi periodi a Napoli negli ultimi due anni. L’artista ha fotografato i luoghi sacri della città abbandonati da tempo, per indagare il lento declino del fervore religioso, che è un carattere ricorrente della modernità in tutto il mondo occidentale, un’evoluzione storica che porta con sé molti effetti psicologici. Nelle venti fotografie presenti in mostra Polidori esplora le chiese, le rovine dei Campi Flegrei, di Oplontis e Pompei: metafore e catalizzatori di uno stato dell’essere che ci conduce in una dimensione di sospensione in cui il tempo sembra essersi fermato. La mostra si potrà visitare fino al 30 gennaio 2019.

Polidori 2017, Devotion Abandoned 14 -Piscina Mirabilis Bacoli e Polidori 2017 Devotion Abandoned 4 - Chiesa della disciplina della Santa croce

Esperienze di gusto inedite, questa l’idea di Homeating, dove si cena in spazi privati esclusivi, case d’autore, terrazze sul mare, palazzi d’epoca e dimore d’artista. Un progetto nato a Napoli dall’idea di due giovani donne che con cura selezionano luoghi eclettici per architettura o design. La prenotazione avviene tramite il portale homeating.it e si può scegliere tra private dinner – ovvero cene organizzate su richieste specifiche da due a duecento persone – e social dinner in condivisione con altri ospiti. La parte gastronomica è affidata a chef professionisti. Da Intragallery in Via Cavallerizza a Chiaia ci sorprende la mostra “Snack Bar Olympia” della scultrice Robin Kennedy dedicata alle muse e agli dèi della mitologia greca. Qui tutte le sculture, modellate in gesso patinato a calce, sono ispirate alle leggende e alla storia della mitologica greca, e sono state espressamente prodotte per questa mostra creando un ponte tra mitologia e vita quotidiana, attribuendo alle divinità comportamenti che appartengono anche agli uomini di oggi, chiedendoci di immaginare la presenza di questi volti in un ambiente attuale, in cui per esempio ci si incontra al bar, magari chiacchierando o scherzando o osservandosi a vicenda. La mostra sarà visitabile fino al 2 Marzo 2019.

HOMEATING - Posillipo attico

Relax egusto al rinnovato e super panoramico George, il ristorante gourmet del Grand Hotel Parker’s che ci spalanca le vetrate delle sue fantastiche terrazze per farci godere un panorama mozzafiato preludio dell’esperienza emozionale di food che attende all’interno. George è completamente nuovo nel concept, nella cucina e negli spazi senza tradire il fascino della dimora d’epoca. Spiccano velluti di seta, ardesia e marmo nero, carta da parati dall’effetto moiré, piani in foglia di bronzo. La grande cucina a vista sulla sala, fronteggita da una giovane brigata, età media 30 anni, è guidata dello chef Domenico Candela, napoletano di nascita, classe 1986, rientrato dalla Francia per guidare il nuovo corso del ristorante.

Scultura di Robin Kennedy per la mostra “Snack Bar Olympia” da Intragallery

Ristorante George - Grand Hotel Parker’s


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