POSH
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PROTAGONIST
LENNY KRAVITZ HELLA JONGERIUS ANDREA GENTILINI CLAUDIO MARENZI MAURIZIO ZANELLA
STARRING
LUDOVICA MARTINO La promessa del cinema
No.
95
BIMESTRALE N–95 MARZO 15.3.2021 UNIQUE MEDIA SRL - ENGLISH TEXT €5
95
Cate Blanchett
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LA BELLEZZA SONO IO
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Posh n. 95 — Contents
106 “Adoro il fatto che appena si indossa questo profumo il suo sentore è molto fresco e pulito, e poi, grazie alle note di cuore e di fondo, assume una connotazione molto sensuale. Ci sono dei toni profondi. Non voglio qualcosa che sia solo fresco. Deve avere personalità. Y ha questa intensità”. Lenny Kravitz racconta l’esperienza da protagonista per Yves Saint Laurent.
28 “Il successo è stato graduale, Skam Italia mi ha dato tantissima visibilità e devo dire che all’inizio ha avuto molto riscontro all’estero. Nel nostro Paese la notorietà è arrivata grazie a Netflix. Sono sempre stata una persona determinata, cerco di non lasciarmi travolgere”. Scopri l’intervista a Ludovica Martino, protagonista della nuova cover.
LUXURY TOYS 24 Chanel Haute Joaillerie
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COVER STORY
28 Ludovica Martino L’astro nascente del cinema italiano
FASHION TECHNOLOGY 36 Tutte le novità sull’universo della tecnologia di lusso che amerai possedere 44 Come la tecnologia ha cambiato la moda negli ultimi dieci anni 50 Claudio Marenzi racconta Herno
ARCHITECTURE 54 In Medio Oriente il nuovo progetto firmato Zaha Hadid Architects 60 Le automobili del futuro sempre più all’avanguardia e interconnesse
INTERIOR DESIGN 65 Il lusso made in Italy per il design d’interni 72 L’espansione di Luxury Living Group secondo il nuovo Ceo Andrea Gentilini 78 Il magico mondo Gio Bressana 82 Il nuovo Mandarin Oriental di Riyadh 84 L’arte del colore secondo Hella Jongerius
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WOMEN & MEN STYLE 92 Speciale accessori. Le collezioni da vivere e da indossare
BEAUTY 106 Lenny Kravitz racconta Y di Yves Saint Laurent 110 Inebrianti, sensuali e femminili. Le nuove storie delle fragranze da scoprire 118 Make-Up style
LUXURY LIFESTYLE 126 Fabio Ermetto, CCO di Baglietto, racconta i nuovi yacht super lusso 132 Maurizio Zanella racconta le novità Cà del Bosco
WE LOVE MILANO 136 Luoghi, persone, simboli di una città unica al mondo, da vivere e amare 140 Il nuovo progetto firmato Kengo Kuma & Associates 142 CORE Milano. Il members only più esclusivo 146 English Text
Posh n. 95 — Colophon
EDITORIAL DIRECTOR
COORDINATOR
Enrico Cammarota enrico.cammarota@uniquemedia.it
Marzia Ciccola
EDITOR IN CHIEF
Stefania Di Bello
Luisa Micaletti luisa.micaletti@uniquemedia.it
GRAPHIC DESIGN
COLLABORATORS Maurizio Bertera, Marinella Cammarota, Anna Casotti, Rebecca Del Vita, Alessandra Fanari, Alessandro Iacolucci, Lavinia Elizabeth Landi, Davide Landoni, Fabrizio Rinversi, Antonella Tereo, Marco Torcasio, Alessio Jacona
Ludovica Martino indossa Emporio Armani A cura di Luisa Micaletti Photography by Raffaele Marone Styling by Rebecca Del Vita Make-Up by Donatella Ferrari, National Make-Up Artist Giorgio Armani using Luminous Silk Hair by Graziella Cassanelli @Grant_ Hairdresser using Tecniart Pli Shaper
DISTRIBUTION Posh è distribuito in Italia e nei seguenti paesi: Australia, Belgio, Brasile, Corea del Sud, Emirati Arabi, Finlandia, Giappone, Gran Bretagna, Hong Kong, Israele, Lituania, Malta, Olanda, Portogallo, Singapore, Taiwan, Ungheria
UNIQUE MEDIA SRL Viale Sabotino 19/2 - 20135 Milano Tel. 02 49540591
STAMPA Arti Grafiche Boccia Spa
DISTRIBUTION SO.DI.P. “Angelo Patuzzi Spa” Via Bettola, 18–20092 Cinisello Balsamo
DISTRIBUTION Posh è una pubblicazione bimestrale di Unique Media Srl Registrazione Tribunale di Milano n.1 del 7/01/2003. ©Unique Media srl. Tutti i diritti riservati. Manoscritti e foto originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono. è vietata la riproduzione, seppur parziale, di testi e fotografie.
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Posh n. 95 — Editor’s letter
MAGNIFICHE OSSESSIONI di Enrico Cammarota
Ludovica Martino per POSH Magazine. Scopri il servizio a pagina 28
Tutto il mondo è pronto alla ripartenza, come scattisti che si riscaldano ormai da un pò e non vedono l’ora di sentire lo sparo per lanciarsi in avanti. Crisi, drammi e difficoltà hanno sconvolto il mondo e quindi grande sentimento per chi ha perso troppo o tutto. Il mondo però va avanti e occorre cogliere i cambiamenti in positivo che si stanno generando. Nella dichiarazione di Silvia Venturini Fendi c’è la visione di un mondo che per molti versi ha confuso e pauperizzato una intera generazione. “Abbiamo dato alle nuove generazioni idoli sbagliati, è meglio essere bravi artigiani che modelle mediocri” ha dichiarato a margine del lancio di Hand in Hand, progetto che coinvolge venti artigiani in tutta Italia che riprodurranno la famosa Baguette, borsa che Achille Bonito Oliva definì “scultura da camera”. L’estetica imperante, il cinguettio continuo, la privacy annullata, ma soprattutto il nostro tempo divorato con voracità rubando i tempi del pensiero, sono prigioni che ci soffocano sempre più. La bellezza, il mondo del lusso, non possono avere nel loro DNA l’alta velocità, la freddezza di una comunicazione spinta troppo verso l’online. Antonio Belloni, Direttore Generale di LVMH, ha ricordato con chiarezza che nonostante i nuovi consumatori delle generazioni y e zeta utilizzino tanto il web, non vede il network fisico sostituito dal digitale, sicuramente si integreranno sempre di più. La previsione sulla crescita del lusso che fa sempre un 2,3% più dell’economia in generale avrà un rimbalzo ed entro il 2025 supererà la storica crescita del 6% per posizionarsi intorno il 10%. Elsa Schiaparelli nella sua autobiografia Shocking Life scriveva “In tempi difficili la moda dovrebbe essere straordinaria”. Ci auguriamo che tutti i mondi dal fashion al design, dall’hospitality all’automotive, abbiano utilizzato questo tempo per ritrovare i propri codici. La velocità ha confuso, le collezioni sparate sul consumatore, senza un’identità precisa, senza
più l’elemento che ha fatto grandi questi settori, “il sogno”, ha reso scettici e allontanato i clienti. Quanti negozi multibrand negli ultimi dieci anni si sono più occupati del florido mercato estero che di preservare e seguire gli acquirenti locali? I cambiamenti nascono spesso dagli eccessi, perciò siamo fiduciosi che nuove strade stanno per nascere e saranno migliori. In questo numero iniziamo un’ampia sezione dedicata alla tecnologia sempre più penetrante. Lo ha come sempre anticipato Miuccia Prada, visto che la tecnologia come estensione del corpo era stato il tema dominante di una delle sue ultime sfilate. Il tema del futuro sarà come preservare il libero pensiero dalla tecnologia che ha abbassato il tempo medio di attenzione da trenta a tre secondi, probabilmente occorrerà dare un’informazione semplice ma chiara, decisa non stupida come troppo spesso appare ora. Delegare al mondo di TikTok o Instagram il successo di aziende dalla storia centenaria con un bagaglio di creatività enorme appare più una presa da ultima spiaggia che figlia di una strategia precisa. Vedere Alberta Ferretti farsi intervistare dalla brava e giovane Maino, star di TikTok, lascia smarriti credo in primis i suoi appassionati e poi chi del brand conosce l’Heritage. Con Posh come al solito diamo spazio a immagini, storie e prodotti di eccellenza. Posh vuol dire soprattutto creatività, costruire progetti con il mondo della moda, del beauty, del design, che pubblichiamo sul magazine e poi decliniamo sul digital fino ad arrivare a casa dei nostri top spender con azioni mirate. In questo numero, in collaborazione con Armani Beauty, abbiamo realizzato il nostro servizio di copertina e un ricco redazionale interno con Ludovica Martino, nuova promessa del cinema italiano, dalla bellezza retrò che incontrare e intervistare è stato un vero piacere. Tanti quindi gli spunti di magnifiche ossessioni che spingono il mondo verso nuova bellezza. Buona lettura.
enrico.cammarota@uniquemedia.it
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Posh — New Toys
ALWAYS ICONIC Per il secondo anno consecutivo, la top model Kate Moss è il volto della Maison parigina di gioielli. In 3 scatti ricchi di spirito, l’icona della moda gioca con le declinazioni della Collezione Move per creare tre look personalizzati dove spiccano gli elementi della collezione Move di Messika. Si parte con l’interpretazione di un look iper fashion con i gioielli Move Classique. In un gioco di Mix & Match i bracciali Noa Bangles, Flex Uno e Skinny avvolgono il polso e gli anelli Move Uno, Move Noa e la fede Gatsby impreziosiscono le mani di Kate
Kate Moss è la protagonista della nuova collezione di gioielli Messika
Moss. Si passa poi ad un look di alta moda utile ad interpretare la Collezione Move 10th tra linee, luci e diamanti mobili. Infine, look magnetico per la Collezione Lucky Move in cui il protagonista è un talismano declinato nei colori dell’oro.
Kate Moss For Messika Paris Move Uno - By Chris Colls
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Posh — New Toys
ALLA CONQUISTA DEI MARI Il nuovo Arcadia Yacht
Arcadia Yachts svela il suo secondo SHERPA XL, perfetto esempio di uno degli elementi caratteristici del cantiere italiano, ovvero la presenza di volumi chiusi a prua che permettono all’armatore e ai suoi ospiti di godere di spazi convertibili a poppa. Arcadia riesce così a ottenere, a differenza di molti yacht dal layout tradizionale che optano per tante piccole aree separate, un unico ambiente dove le diverse funzionalità sono sempre collegate tra loro per garantire la massima convivialità tra gli ospiti.
Sherpa XL-2
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Posh — New Toys
DRINK COLLECTOR Ecco la collezione in Limited Edition di cento calici per celebrare i cento anni di Select, l’ingrediente insostituibile per l’autentico Spritz Veneziano. Una collezione di calici unici, in grado di rievocare gli elementi iconici del brand nato nel 1920: il caratteristico colore rosso rubino, la silhouette del bicchiere dal lungo stelo presente nell’etichetta e la linea inconfondibile del collo della bottiglia. Forte il richiamo alle lavorazioni tipiche del vetro di Murano, riprese nello stelo torchon che ricorda le paline di Venezia e nel piede decorato a “Rigadin ritorto”. La
In esclusiva presso il Fondaco dei Tedeschi i pezzi unici creati per Select dalla storica vetreria Salviati
Limited Edition, realizzata in collaborazione con la storica vetreria Salviati, sarà in vendita esclusivamente a Venezia, negli spazi del celebre departement store super lusso Fondaco dei Tedeschi. Parte del ricavato della vendita supporterà le attività didattiche della Scuola del Vetro Abate Zanetti di Murano.
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innovazione
Posh — New Toys
TOKYO RULES In occasione del decimo anniversario dell’apertura dello shop Mykita di Tokyo, e per l’inaugurazione del secondo shop nato ad Osaka, il marchio degli occhiali da sole più cool di Berlino celebrara questo speciale evento realizzando una collezione limitata di 135 pezzi per colore con il celebre musicista giapponese Daiki Tsuneta, leader dei King Gnu, una delle più grandi band giapponesi, e del collettivo creativo Millennium Parade. La collaborazione presenta due modelli realizzati in acciaio inossidabile ultrasottili con delicate sfumature di colore
Mykita realizza una capsule collection con l’artista giapponese Daiki Tsuneta appositamente combinate dall’artista. KAYO è il modello perfettamente rotondo con montatura LESSRIM proposto nella colorazioni Shiny Graphite con naselli acetati Stone Water e lenti Soft Grey Solid e in Matte Silver con dettagli in acetato Stone Water e lenti Cerlean Blue Solid. Mentre LENNARD, dalla forma squadrata, è disponibile nei colori Champagne Gold con dettagli in acetato Champagne trasparente e lenti Soft Green Solid e in Black con dettagli Black ton-sur-ton in acetato e lenti Dark Grey Solid.
Mykita for Daiki Tsuneta
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Posh Jewels
Objets de désir
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A cura di Luisa Micaletti Testi di Alessandra Fanari All jewels Chanel High Jewelry
English text at page 147
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“ESCALE À VENISE” Collection © Chanel High Jewelry
Posh Jewels — Chanel
Patrice Leguéreau, direttore dello studio di Creazione gioielleria Chanel, presenta Escale à Venise, una collezione di 70 elementi d’eccezione che catturano la magia e il patrimonio della città dei Dogi. Un percorso che omaggia la città preferita di Coco Chanel, intessuto di simboli cari a Mademoiselle, ma anche una rivisitazione contemporanea del patrimonio veneziano. Articolata su quattro tematiche, Escale à Venise colpisce prima di tutto per la luce, l’intensità cromatica delle pietre preziose, magistralmente scolpite nella fluida struttura dei gioielli. Un viaggio che racconta Venezia di ieri e di oggi, confrontando lo splendore eterno della sua architettura e dei suoi palazzi con scorci di vita quotidiana: i suoi gondolieri, i carretti che vendono i gelati all’angolo della strada. Ed è nella filigrana che appare, spettrale, la Venezia di Gabrielle Chanel.
SÉRÉNISSIME Il primo scalo celebra la ricchezza architettonica di Venezia, la sua intricata trama di referenze e influenze. Ma è anche emblematicamente legato alla storia di Coco Chanel. È nel 1920 che, dopo la morte del suo grande amore Boy Capel, Chanel si ritrova a Venezia, lasciandosi trasportare dalla sua magia, avvolta dall’atmosfera barocca delle sue chiese, dallo splendore dei mosaici bizantini. La Serinissima la farà rinascere, come ricorda Edmonde Charles-Roux nell’l’Irrégulière «Entre le musée et la vie, son choix fut vite fait: elle choisit la vie». “Tra il museo e la vita, la sua scelta avvenne senza esitazione: ha scelto la vita”. È questa vitalità di intrecci, di ramificazioni artistiche che Patrice Leguéreau traspone nella parure Eblouissante fondendo, nel bianco-rosa delle pietre preziose, la policromia del marmo delle chiese e delle facciate dei palazzi. Una trasfigurazione perfettamente visualizzata in un pezzo d’eccezione come il collier che si snoda fluidamente dispiegandosi nelle sue baguettes in diamanti in un rilievo “matelassé”. Lo style néobaroque s’infonde invece nella parure Sérénissime che ravviva, in una versione contemporanea, la geometria cromatica dei mosaici bizantini nell’oro della basilica.
che unisce cristallo di rocca e oro giallo. Scolpita nelle gemme, la camelia si schiude al centro del collier in un disegno d’intagli che evoca i sinuosi ornamenti degli specchi veneziani, inequivocabilmente legati allo storico appartamento di Gabrielle Chanel di rue Cambon. SPIRITO DI VENEZIA Ed è qui, in questa costellazione, dove le meccaniche celesti incontrano le avventure umane, che il Leone fa la sua apparizione. Il simbolo di Venezia, il segno astrale di Gabrielle Chanel, sigilla, nella sua forza tranquilla, la profonda risonanza tra i due universi. Il monocromatico collier Leon Secret rappresenta il profilo di due felini in oro bianco incastonati con diamanti taglio a pera e navetta. La collana sautoir a tre fili combina perle di spinello rosso e perle di lapislazzuli con due leoni in zaffiri gialli. Il cielo in cui appare il leone alato sulla facciata della Basilica di San Marco è trasposto da Chanel nella meravigliosa linea Costellazione Astrale. È nel suo collier che il mistero della notte s’illumina nella magia di un mosaico di lapislazzuli.
GRAN CANALE Fluide, ritmate da riflessi bianco-azzurri le quattro parure “Gran Canale” ci immergono nell’universo nautico veneziano. Una passeggiata lungo i suoi canali, fra le venature lacustri che colorano il bordo dei palazzi, i punti d’ormeggio delle sue gondole. Sono proprio le tonalità bianco-blu dei paletti d’ormeggio a riflettersi nei lapislazzuli della Volute Vénitienne ritmando la tripla trama di un sautoir di perle immagliate d’oro. Stesso accordo cromatico che anima la Volute Marine ma in cui il colore diventa volume su di un ciondolo in lapislazzuli e brillanti. Come non pensare all’iconica “marinière” indossata e rivisitata da Coco Chanel? ISOLE DELLA LAGUNA Sono i Métiers d’Art, parte integrante del patrimonio Chanel ma anche dell’arcipelago veneziano, a scandire il viaggio tra le isole della laguna in un incontro inedito tra alta gioielleria e savoir-faire. La Camelia, il fiore feticcio di Mademoiselle, risboccia nel collier della Camélia Byzantin che esalta lo splendore dei mosaici bizantini dell’isola di Torcello nella trama virtuosamente strutturata delle sue perle dure. L’arte della lavorazione del vetro, patrimonio vivente dell’isola di Murano, ispira invece la Camelia Veneziana. Una versione
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“ESCALE À VENISE” Collection © Chanel High Jewelry
Posh Cover story
LUDOVICA MARTINO
LA NUOVA PROMESSA DEL CINEMA ITALIANO
23 anni, romana. Un futuro già scritto. Il suo viso retrò ha conquistato tutti nella fortunatissima serie SKAM su Netflix. Ludovica racconta a Posh l’emozione di interpretare LITA, la moglie ballerina di swing di Renato Carosone e tutti i prossimi progetti in uscita. A cura di Luisa Micaletti
Photography by Raffaele Marone Styling by Rebecca Del Vita Make-Up by Donatella Ferrari, National Make-Up Artist Giorgio Armani using Luminous Silk Hair by Graziella Cassanelli @Grant_ Hairdresser using Tecniart Pli Shaper
Ludovica Martino indossa total look Emporio Armani
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Posh Cover story — Ludovica Martino Ludovica, nonostante tu sia giovanissima, reciti da molti anni. C’è un ruolo al quale sei più affezionata? Ogni ruolo che ho interpretato è stato fondamentale per darmi il mood giusto a interpretare il ruolo successivo. Una crescita che si è dimostrata sempre più importante. È difficile per me sceglierne uno in particolare. Sento ogni personaggio interpretato come un figlio curato sin dallo stato embrionale. Posso dire che ad alcuni ruoli sono più legata di altri perché li ho portati avanti per tanto tempo come magari quello di Eva Brighi in Skam Italia. Ogni personaggio che interpreto mi conquista ed è frutto di una scelta, quindi ci credo fino in fondo. Sei stata protagonista del videoclip realizzato per il brano “22 Settembre” di Ultimo. Come hai vissuto questa esperienza? Ho conosciuto Niccolò (Ultimo) durante la pandemia, ero fan della sua musica e lui era fan di Skam Italia, ci siamo scambiati complimenti su Instagram e poi mi ha chiesto di partecipare al suo videoclip, facendomi ascoltare le canzoni del nuovo album per scegliere quella che amavo di più. Ci siamo incontrati dal vivo ed è stata un’esperienza pazzesca, ha cantato live la canzone, è stato bellissimo. Da quel momento abbiamo iniziato a costruire una storia. Tutto è avvenuto in maniera naturale. È stato un costante crescendo, ci siamo confrontati tantissimo e quando mi ha detto di voler far partecipare Marco Giallini nel ruolo di mio padre è stato davvero entusiasmante. Cosa ami fare fuori dal set? Mi piace molto viaggiare, una passione ahimè temporaneamente sospesa per via della pandemia. Amo gli aerei, volare mi fa sentire bene, rilassata. Hai un luogo del cuore? Roma per me è tutto. Qui c’è aria di casa. Ogni volta che ritorno da un viaggio riesco a percepire il suo odore inconfondibile. Amo molto anche l’Umbria, tutti i suoi piccoli borghi sono meravigliosi. Forse una regione poco conosciuta, ma davvero bella e rilassante. Come ti sei scoperta attrice? Ho iniziato a studiare recitazione a 13 anni, inizialmente non volevo fare l’attrice, lo facevo come hobby ma nella mia scuola hanno saputo trasmettermi tutto l’amore per questa professione. A fine studi ho fatto molti stage e ho cercato di fare esperienze diverse. Ho anche continuato a studiare mentre lavoravo. A 18 anni sono arrivati i primi ruoli sul set, davanti alla telecamera. Sono convinta che l’educazione, la formazione e la conoscenza siano fondamentali per accompagnare il talento. Da circa due anni e mezzo continuo a recitare senza sosta per diversi film e serie Tv. Devo dire che stare sul campo, vivere il set, è formante e fondamentale, aiuta a conoscersi, a capire quali siano i propri limiti e in cosa invece si è più confident. Il successo ti ha cambiata? Il successo è stato graduale, Skam Italia mi ha dato tantissima visibilità e devo dire che all’inizio ha avuto molto riscontro all’estero. Nel nostro Paese la notorietà è arrivata grazie a Netflix. Sono sempre stata una persona determinata, cerco di non lasciarmi travolgere.
Che rapporto hai invece con i social? Interagisco quando mi va, in base ai miei ritmi. Non ne sono dipendente. Mi piace usare i social, ma a volte mi sembrano un luogo straniante, poco reale, se usati invece nel modo giusto possono essere uno strumento valido per divertirsi e socializzare. Non sono una bacchettona, ma è bene non lasciarsi confondere dal bombardamento di immagini. A volte ci vuole un po’ di detox. Qual è il tuo sogno? Sicuramente adorerei doppiare un cartone animato. Il sogno nel cassetto? Fare un film in costume. A cosa non potresti mai rinunciare? Non rinuncerei mai a un ritorno alle origini, alla verità. Dopo tanto lavoro amo tornare nei miei spazi, frequentare i miei luoghi. Anche solo stare nella mia stanza. Chi sono i tuoi artisti di riferimento? Mi piace molto Matteo Garrone, un grandissimo artista. Mi piacerebbe lavorare con lui. Poi ci sono Tarantino e Martin Scorsese.
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Posh Cover story — Ludovica Martino
“Amo molto Netflix una boccata d’aria fresca in Italia”. — Ludovica Martino —
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Posh Cover story — Ludovica Martino
Ammiro molto attori come Pierfrancesco Favino. Valeria Bruni Tedeschi, pazzesca. Poi ancora Meryl Streep, Vanessa Kirby e Kate Winslet. Ti piacerebbe lavorare a Hollywood? Sarebbe bellissimo. Parlo inglese, spagnolo e russo… Quando faccio i provini in lingua straniera mi sento davvero confident, penso che sarebbe un’esperienza incredibile. Raccontaci i tuoi progetti in uscita. In quali film ti vedremo? Recito da protagonista in Carosello Carosone per la regia di Lucio Pellegrini, coprodotto da Rai Fiction e Groenlandia. Un film che racconta l’ascesa ai vertici delle classifiche internazionali di Renato Carosone, il musicista italiano più famoso al mondo. Poi ci saranno “Security”, un thriller girato a Forte dei Marmi, diretto da Peter Chelsom, lo stesso che ha diretto film come “Serendipity” e “Shall We Dance?”. Poi ci sarà “La Svolta” diretto da Riccardo Antonaroli. E dopo ancora “Mio fratello, mia sorella” distribuito da Netflix e diretto da Roberto Capucci. Arriverà anche una nuova serie Tv, ma è ancora troppo presto per spoilerare qualcosa. Raccontaci Netflix da insider. Amo molto Netflix, una piattaforma aperta e lungimirante, rappresenta una boccata d’aria fresca in Italia. È un onore far parte della loro rosa di attori. Realizzano una serie di prodotti coraggiosi e ambiziosi. Ho amato “Breaking Bad”. Al Festival del Cinema di Venezia hai indossato un meraviglioso abito Emporio Armani. Che rapporto hai con la moda? Mio papà ha dei negozi di abbigliamento. La moda per me è una questione di famiglia, quando ero piccola lo accompagnavo spesso a scegliere i campionari. Amo la moda perché rappresenta una forma d’arte che permette di esprimere tutto il tuo essere. Che rapporto hai invece con bellezza? Ne sono appassionata. Soprattutto dei prodotti Armani Beauty, hanno delle texture pazzesche, leggere e luminose. Ecco, credo che luminoso sia la parola giusta per descrivere il marchio. Tra i prodotti che amo di più ci sono il fondotinta Luminous Silk Foundation e il rossetto: mai senza il Rouge d’Armani Matte. Per un tocco più naturale e nude lo sfumo con le dita. Amo l’azienda in generale, Giorgio Armani ha costruito un impero famoso in tutto il mondo. Un uomo di grande generosità che durante la pandemia ha messo in campo tutto il suo supporto a sostegno dell’emergenza sanitaria. Cosa consiglieresti a un giovane che ha intenzione di intraprendere la tua strada? La perseveranza premia più del talento. Mai abbattersi per i “no”. Siate sempre grati a chi vi dà delle opportunità. Seminate bene, lavorate con serietà, siate umili sul set. Mi piacerebbe tantissimo un giorno poter realizzare dei workshop per far capire ai giovani talenti come poter affrontare questo mondo al meglio.
IL MAKE-UP DI LUDOVICA A CURA DI DONATELLA FERRARI, National Make-Up Artist Giorgio Armani Beauty «Per il make-up look di Ludovica ho preparato la pelle con un tocco di Armani Prima Soft Peeling Lotion, straordinaria lozione ricca di acido ialuronico che conferisce la morbidezza di un idratante pre-siero. Poi qualche goccia di Smart Moisture Serum, per garantire idratazione senza alcun eccesso di lucentezza, e un touche di Fluid Master Primer, per vestire il viso di un velo cosmetico impercettibile. A seguire ho utilizzato Luminous Silk Concealer #4.5 e Luminous Silk Foundation #4, un prodotto iconico dal finish trasparente che uniforma e perfeziona l’incarnato conferendo un effetto luminoso impeccabile. Per la parte alta dello zigomo ho scelto Fluid Sheer #2, un color perla molto chiaro. Ho aggiunto un tocco di calore per scaldare l’incarnato con Luminous Glow Fusion Powder #5.5, quasi come fosse una terra, sul centro della fronte, il dorso del naso e il fiocco del mento, poi delicatamente sulla tempia come a disegnare un numero tre per conferire un chiaroscuro molto naturale. Sugli occhi l’iconico Eye Tint #10 per un soft-smokey capace di conferire profondità allo sguardo. Ho sottolineato altresì l’importanza del make-up occhi con la matita Smooth Silk Eye Pencil #4 e il Mascara Eyes to Kill. Ho completato il look con Rouge D’Armani Matte #400 per accendere il volto in tutta la sua bellezza. Se volessimo immaginare le parole chiave del look realizzato per Ludovica sarebbero sicuramente luminosità, associata alla trasparenza di un “make-up no make-up”, colore e vivacità, dati dalla sublimazione delle labbra, e naturalezza».
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TECH FASHION &
Posh n. 95 —
A cura di Enrico Cammarota
Posh Toys — Technology
2021, I TECH TRENDS DEL MONDO POST-PANDEMIA
Intelligenza artificiale, 5G, Internet of Behaviours: ecco alcune delle tecnologie che vedremo consolidarsi nei prossimi mesi. La pandemia da Covid-19 ha colpito ogni settore dell’attività umana e, contemporaneamente, ha accelerato la trasformazione digitale, esigendo soluzioni ad alto contenuto tecnologico per risolvere problemi del tutto inediti. Tecnologie che prima sembravano svilupparsi in maniera indipendente, ora si combinano mostrando la loro interdipendenza e potenziandosi a vicenda, mentre diventano sempre più pervasive: l’Internet delle Cose (IoT) ha bisogno dell’intelligenza artificiale (AI) per massimizzare e moltiplicare le proprie funzionalità; l’AI ha bisogno dell’IoT per raccogliere un numero crescente di dati da processare, grazie ai quali può prendere decisioni sempre più complesse. Entrambe hanno bisogno di un’infrastruttura 5G, una rete di quinta generazione che agisca come sistema nervoso per collegarle, oltre che per veicolare innumerevoli altri flussi di dati. Niente balzi in avanti per il 2021, dunque, ma un’evoluzione più veloce e “corale” dell’esistente che consenta di affrontare il nuovo scenario. Un esempio virtuoso del combinarsi di tecnologie consolidate viene dal cosiddetto Internet of Behaviors: se l’IoT è infatti la rete degli oggetti connessi, l’IoB è lo scenario che si definisce associando i dati prodotti da tali oggetti a comportamenti umani specifici per analizzarli, comprenderli ed eventualmente guidarli. Come evidenziato da un recente studio Gartner, il fenomeno ha già preso forma in azienda, dove si moltiplicano i sistemi di monitoraggio basati ad esempio su sensori RFID e combinati con tecnologie di computer vision per garantire il rispetto delle regole anti-covid da parte dei dipendenti. La stessa tecnologia troverà sempre maggiore applicazione nell’ambito del marketing: il numero di device IoT (dai wearable ai sistemi per la domotica) è raddoppiato negli ultimi cinque anni, popolando la nostra vita quotidiana di sensori che raccolgono dati utili a capire le nostre abitudini, interessi e preferenze. Combinati con le tracce - sempre più profonde - che lasciamo in rete, contribuiranno nei prossimi mesi a migliorare strategie di marketing e di vendita, informandole con puntualità sempre maggiore, peraltro ponendo nuove sfide sul fronte etico e richiedendo un costante aggiornamento delle leggi sulla privacy. L’altro grande trend del 2021 sarà la cosiddetta hyperautomation, che sempre secondo Gartner è condizione irrinunciabile per affrontare il mercato nel post-pandemia: l’AI, ancora una volta combinata con l’IoT e la robotica, consentirà di automatizzare tutto ciò che può essere automatizzato, efficientando i processi e aumentando la produttività dei dipendenti, che liberati dai compiti ripetitivi potranno dedicarsi ad altro. Tutto questo sta già accadendo in settori come il manifatturiero, dove si afferma velocemente l’impiego della robotica, o ancora nel settore bancario, dove l’AI automatizza processi complessi come l’erogazione dei mutui. Intanto continueremo a lavorare da casa: il remote working è qui per restare, e gli strumenti a disposizione (dai software collaborativi come Slack a quelli di videoconferenza come Zoom, Meets o Skype) continueranno a evolversi e ad aggiungere funzionalità, forse anche includendo la possibilità di utilizzare quegli stessi visori per la realtà virtuale (VR) o per la realtà aumentata (AR), che potremmo vedere impiegati anche per potenziare la formazione a distanza. Infine assisteremo a un grande ritorno: quello dell’audio digitale come veicolo di contenuti complessi, siano essi veicolati on demand tramite podcast strutturati (oltre 13 milioni di ascoltatori in Italia nel 2020), oppure trasmessi in maniera live ed estemporanea come sul nuovo social vocale Clubhouse. Il nuovo must per investimenti della comunicazione e del marketing.
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di Alessio Jacona
Posh — Technology Per giocare, lavorare, informarsi e vivere le proprie passioni. Ecco i toys tecnologici più cool che amerete possedere. A cura di Alessio Jacona e Alessandro Iacolucci
IL TELEFONO ESTENSIBILE CHE DIVENTA UN TABLET
LEICA SL2-S, DUE FOTOCAMERE TOP DI GAMMA IN UNA Ultima nata tra le ammiraglie della storica azienda tedesca, la nuova mirrorless si distingue per le due modalità di funzionamento separate dedicate alla fotografia e alla registrazione video. Sensore riprogettato da 24 megapixel, attacco L-Mount compatibile anche con ottiche Panasonic e Sigma, registrazione 4K a 30 fps sono le caratteristiche principali di un prodotto di qualità Leica. Prezzo: 4.575,00 euro (solo corpo).
MAC BOOK AIR, POTENZA E LEGGEREZZA
Dopo gli smartphone che si piegano, quello che si srotola e arrotola. Seguendo l’esempio della concorrenza, anche Oppo ha presentato la sua versione di smartphone che diventa minitablet: basta sfiorare il tasto di accensione e in pochi secondi lo schermo passa dai 6,7 ai 7,4 pollici di estensione massima, allargandosi come fosse una pergamena. Ancora in fase di sviluppo, il nome stesso ne suggerisce il debutto sul mercato entro la fine dell’anno.
Con il lancio dei nuovi processori Silicon M1, Apple ha portato una potenza di calcolo straordinaria anche sul leggero e ultrasottile MacBook Air. Quest’ultimo diventa così efficiente quasi come una workstation visto che, nella configurazione top di gamma, può svolgere agilmente compiti gravosi come il video editing su Final Cut. Costa 2.349 euro nella versione con CPU e GPU da 8 Core, 16 GB di memoria e 2 TB di hard disk SSD. E li vale tutti.
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EOS R5, LA MIRRORLESS PER PROFESSIONISTI E PROSUMER
MARQ GOLFER, L’OROLOGIO SMART PER GLI AMANTI DEL GOLF
Ideale per il prosumer e per il professionista, la EOS R5 la fotocamera con cui Canon punta a conquistare il mercato di fascia alta. Caratterizzata da un sensore da 45 megapixel può scattare fino a 20 fps. È la prima mirrorless full frame in grado di registrare internamente video 8K in formato RAW fino a 29,97 fps e video 4K fino a 120fps. Costa 4.709,99 euro.
Sofisticato e funzionale, il nuovo tool watch di Garmin analizza il vostro gioco grazie ai tre sensori wireless da abbinare ai bastoni mentre vi guida grazie alle mappe di oltre 42.000 campi da golf. Con autonomia fino a 12 giorni in modalità smartwatch e fino a 28 ore in modalità GPS. Oltre al golf, monitora qualsiasi tipo di attività, dal running al nuoto. Prezzo 1.850 euro
LA CASA INTELLIGENTE SECONDO LG Nell’era della casa contactless e multi-spazio LG propone al Ces 2021 i nuovi schermi Oled trasparenti in grado di integrarsi alla perfezione con tutto l’ambiente. Tra le proposte più interessanti LG Display c’è lo Smart Bed, in mostra nella Smart Home Zone del suo showroom online. Questo schermo è dotato di un telaio leggero che può essere spostato ai piedi di un letto a scelta dell’utente o in qualsiasi altro punto della casa secondo necessità, mentre il display OLED trasparente da 55 pollici di Smart Bed si solleva dalla sua cornice premendo un pulsante per mostrare informazioni o contenuti TV senza compromettere la qualità dell’immagine che non si basa sulla retro-illuminazione. Con la tecnologia Sound Solution di LG Display incorporata nel telaio, non è inoltre necessario ingombrare lo spazio della camera da letto con altoparlanti esterni.
IL MONOPATTINO ELETTRICO PER CHI AMA LA FORMULA1
CAPI REALIZZATI CON UN NUOVO TESSUTO IN NANO FIBRE
Xiaomi presenta il Mi Electric Scooter Pro 2, disponibile in versione Mercedes-AMG Petronas F1, in onore dell’omonima scuderia tedesca. L’autonomia è di 45 chilometri. La velocità massima di 25 Km/h. Con un motore da 300 Watt, il monopattino supera pendenze del 20%. La frenata è assicurata dal doppio sistema ABS/ meccanico. Il prezzo è 729 euro.
Il brand outdoor giapponese Goldwin, presenta per la Spring Summer 2021 due capispalla in tessuto realizzato con nanofibre: la Element Jacket e la Fast Shell Jacket. Progettate per attività ad alta intensità e in condizioni di umidità. Tra i primi capi al mondo realizzati utilizzando Pertex® Shield Air, membrana impermeabile prodotta con una lavorazione speciale che presenta una struttura multistrato in nanofibre.
L’HOME DESIGN INCONTRA L’AUTOMOTIVE Due marchi simbolo del made in Italy insieme per un una nuova sfida di design a tutela dell’ambiente. Kartell e Fiat realizzano la speciale edizione della nuova 500 full electric. Un’auto unica ispirata al pattern della lampada Kabuki attraverso gli elementi più rappresentativi degli esterni e degli interni e utilizza materiali sostenibili, quali policarbonato riciclato per la griglia frontale, i cerchi e le calotte specchio, una vernice ecocromo per la carrozzeria e poliestere completamente riciclato per i tessuti degli interni. Di forte impatto è il contrasto tra il blu Kartell dell’esterno e la luminosità degli interni, che mostrano un ambiente chiaro e leggero dosando contemporaneamente tonalità calde e fredde.
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BL L100 CLASSIC 75, LA STORIA SUONA BENE
LG CINEBEAM, IL CINEMA 4K A CASA Con il nuovo proiettore Laser HU80KG di LG, tutto è al top di gamma: il device può proiettare sul muro (o sul soffitto, se preferite) un’immagine da 66 o da 150 pollici, adatte rispettivamente alla tv o al cinema. La risoluzione massima è 3840×2160, pari a 8.3 milioni di pixel, grazie alla quale il dispositivo genera immagini 4 volte più dettagliate di un proiettore Full HD. Costa 1.999 euro.
LA TECNOLOGIA IN MANO
Per festeggiare il suo 75esimo compleanno, il marchio americano JBL presenta una versione celebrativa dei suoi diffusori più iconici: si chiamano L100 Classic 75, vantano un design splendidamente vintage (molto simile alle prime introdotte 51 anni fa) e recuperano lo stile anni ‘70, con la griglia frontale in schiuma Quadrex. Disponibili entro la fine dell’anno, in Europa saranno in vendita al prezzo di 5.500 euro.
Samsung Electronics ha svelato i nuovi smartphone top di gamma. Ecco Galaxy S21 Ultra 5G, la soluzione ideale per quanti desiderano il meglio delle tecnologie Samsung, grazie al più avanzato sistema di fotocamere professionali e al display più luminoso e intelligente ideato dal marchio. Inoltre, il nuovo smartphone porta la produttività e la creatività a un livello superiore, introducendo per la prima volta nella serie Galaxy S l’apprezzata esperienza della S Pen. Disponibile nella versione da 12GB + 128GB ad un prezzo consigliato di €1.279,00. Nella versione da 12GB + 256GB a un prezzo consigliato di €1.329,00 e nella versione da 16GB + 512GB a un prezzo consigliato di €1.459,00.
Posh Toys — Technology
UNA SCULTURA DI AMPLIFICATORE
Il Beolab 90 di Bang & Olufsen
Con 8.200 watt per diffusore, Beolab 90 è di gran lunga la più potente esperienza audio mai realizzata e probabilmente il diffusore audio digitale più avanzato al mondo. Potenza e prestazioni acustiche senza precedenti che si adattano perfettamente alle diverse modalità di ascolto. Un prodotto che non è per tutti ma solo per veri appassionati. Viene realizzato infatti solo su ordinazione, personalizzando l’aspetto in base alle preferenze del cliente. Prezzo su richiesta.
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LA MAGIA DEGLI AIRPODS IN UN DESIGN OVER-EAR
LA CUCINA ROBOTICA DI LUSSO CHE FA TUTTO DA SOLA
I celebri AirPods di Apple diventano Max. Cuffie wireless innovative che combinano un design acustico su misura, per offrire un’esperienza di ascolto rivoluzionaria con equalizzatore adattativo, cancellazione attiva del rumore. Disponibili in cinque colori: grigio siderale, argento, celeste, verde e rosa. Prezzo 629,00 euro
Presentata per la prima volta al CES 2021, la cucina Moley Robotics, sviluppata con SCHUNK, prevede un abile robot integrato che cucina pasti con il semplice tocco di un pulsante. Reperisce gli ingredienti in frigo e pulisce tutto a fine preparazione. Frutto di una ricerca durata sei anni, che ha impegnato 100 ingegneri, designer e tre chef pluripremiati: Tim Anderson, Nicole Pisani e Andrew Clarke.
CLUBHOUSE, IL SOCIAL SULLA BOCCA DI TUTTI Nato un anno fa in Silicon Valley, consente di creare “stanze” dove si interagisce solo con la voce. Per parlare di tutto, anche di e con i brand, e ritrovarsi oltre il distanziamento. “Il telefono, la tua voce”: recitava un vecchio e fortunatissimo spot televisivo. Oggi lo stesso “claim” andrebbe bene per pubblicizzare Clubhouse, nuovo social network che sta destando molta attenzione in Italia e un po’ in tutto il mondo (anche a causa di una seguitissima apparizione del tycoon Elon Musk), dove si può solo parlare, ascoltare e nient’altro. Nato a marzo 2020 nella solita Silicon Valley, è accessibile su invito attraverso un’app dedicata (ancora in Beta) per ora disponibile solo su iPhone: scelta che rivela l’intenzione dei suoi creatori di crescere poco alla volta, di rivolgersi a un pubblico mediamente più colto e altospendente, nonché di concentrarsi (almeno inizialmente) sul mercato statunitense, dove Apple domina le vendite di smartphone. Una volta dentro Clubhouse, appare subito chiaro come il cuore del servizio siano le “room”, le stanze dove i moderatori che le hanno create, gli speaker invitati a parlare e il pubblico si ritrovano per conversare degli argomenti più disparati, incoraggiati da un tono informale e da un senso di condivisione e prossimità. Tutto accade in diretta, e nulla viene conservato. O meglio, ogni conversazione viene registrata, ma è conservata solo per pochi secondi dopo la chiusura di una stanza, per essere eventualmente recuperata qualora venga segnalato un abuso. Uno scambio di idee “live” che ricorda un podcast, ma che al
contrario svanisce senza lasciare traccia, a meno di qualche testimonianza resa altrove per iscritto dagli stessi partecipanti. Un confronto che non può essere integrato con testo, immagini o video e che, proprio per tutte queste ragioni, sembra favorire una condivisione più spontanea e immediata, mentre allo stesso tempo stimola la FOMO (“Fear Of Missing Out), la paura di perdersi qualcosa di importante, tenendo gli utenti incollati alle room. È territorio adatto ai brand? Dipende: innanzitutto, con poco più di dieci milioni di download dell’app, Clubhouse è un territorio ancora piccolo, caratterizzato da un “paesaggio” ancora indefinito e al momento privo di qualsiasi meccanismo di advertising. Uno spazio dove le aziende possono fare poco ma ascoltare molto, innanzitutto raccogliendo il “sentiment” degli utenti, e poi individuando gli “influencer” emergenti della piattaforma, che spesso sono anche i creatori/moderatori delle room più frequentate. Proprio quest’ultimi, in assenza di pubblicità, diventano infatti gli interlocutori privilegiati a cui un Brand può fidarsi per iniziare a sperimentare la piattaforma. In Italia, ad esempio, a provarci per primo è stato Parmigiano Reggiano: il direttore marketing Carlo Mangini è entrato in una room creata dal pubblicitario Paolo Iabichino e dal sociologo Giovanni Boccia Artieri (“I persuasori”), salendo su un “palco” da cui ha sfidato il pubblico a improvvisare uno spot radio dedicato al Brand. Poco più di un gioco, ma comunque un test interessante per un nuovo tipo interazione tra azienda e cliente. A livello internazionale, poco prima aveva messo in pratica qualcosa di simile anche Fernando Machado, Global Chief Marketing Officer di RBI (azienda proprietaria di
Burger King), che ha organizzato su Clubhouse una conversazione all’insegna della trasparenza con il suo CEO José Cil. Tema: i risultati finanziari trimestrali. Infine fa riflettere anche la testimonianza di Jessica Williamson, fondatrice dell’azienda australiana Ete Swimwear: dalle pagine di Forbes, l’imprenditrice racconta di come entrare e raccontare la propria esperienza in una room frequentata da investitori le abbia permesso di creare nuove e preziose relazioni professionali, di fatto confermando che, almeno per il momento, su Clubhouse ancora tutto è possibile.
Posh Fashion
ESPERIMENTO IL FUTURO DELLA MODA È SEMPRE PIÙ TECH
Le aziende del fashion stringono legami solidi con i colossi della tecnologia per migliorare il rapporto tra domanda e offerta ma soprattutto aumentare l’impatto di spettacolarità ed esperienza. Ecco come la tecnologia ha cambiato la moda. di Alessandro Iacolucci
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Posh Fashion — Tecnologia
La tecnologia incontra il design, la ricerca e i tessuti. Cambia il modo di disegnare, non più a mano, anche se fortemente richiesto in tutti gli uffici stile delle maison, dove insieme a Photoshop, si disegna con un solo dito, su Iphone e Ipad. Per farlo basta un’app come Prêt-à-Template. A cambiare poi è anche il modo di interpretare i tessuti, così come gli ambassador a cui ci si rivolge. I testimonial infatti diventano influencer virtuali, cioè avatar con vite para-umane. Ma non solo, si modificano sempre di più gli spazi di vendita in favore di una experience senza eguali, dove, per godere del supporto dell’esperto non bisogna neanche muoversi da casa. Apporti tecnologici che modificano il modo di vivere il consumo, ma siamo sicuri siano solo il frutto di una resiliente risposta alla pandemia? In tempi non sospetti infatti la miglior integrazione tra moda e tecnologia è stata l’affiliazione tra le aziende del fashion con i colossi dell’Hi-tech per riuscire a colmare il gap dell’ecosostenibilità. Per esempio? Fibre naturali ricavate da bucce d’arancia realizzate da quella che solo qualche anno fa era un’ambiziosa stat-up di fibre ibride nata in Sicilia. Si tratta di Orange Fiber, l’azienda vanta una qualità made in Italy sopraffine tanto da aver catturato l’attenzione di marchi come Salvatore Ferragamo. Nata nel 2014 dall’idea di 8 giovanissimi membri: Adriana Santanocito (ideatrice e socio fondatore, specializzata in fibre tessili innovative); Enrica Arena (socio fondatore, specializzata in marketing, comunicazione e raccolta fondi); Francesco Virlinzi e Antonio Perdichizzi (imprenditori); Corrado Blandini (legale); Andrea Bonina (CTO); Giovanni De Caro (Financial Advisor); Moreno Petrulli (Esperto di prodotto). Azienda che ha visto anche la collaborazione del Politecnico di Milano per sviluppare il brevetto che viene depositato in Italia e all’esteso a PCT internazionale. Orange Fiber vede nella sua vision: “Innovazione, sostenibilità e qualità per rendere migliore il mondo in cui viviamo. Un sogno divenuto realtà attraverso la realizzazione di un innovativo processo che consente di trasformare il sottoprodotto dell’industria di trasformazione agrumicola in un elegante tessuto per la moda”. Come non citare poi la proposta dell’americana Bolt Threads che riproduce la seta partendo da proteine che ricordano le fibre tessute dai ragni. Non sono state da meno le collaborazioni con le aziende di illuminotecnica per la realizzazione di tessuti sensibili alla luce. Oppure con applicazioni che hanno sostituito perle e paillettes con luci led. Come dimenticare l’abito realizzato da Zac Posen per l’attrice Claire Danes indossato sul red carpet dei Met Gala 2016, il cui tema è stato proprio “Manus x Machina: Fashion in an Age of Technology”. Quello della moda è un settore dunque che rivede i suoi connotati non soltanto nei prodotti e nei materiali, ma in interi processi di produzione e creazione delle materie prime, fino a toccare la shopping experience, già impiegata nel retail, insieme alla personalizzazione dei prodotti. Uno degli aspetti che negli ultimi anni ha sicuramente conquistato di più il pubblico è il virtual fitting
cioè un luogo altro, accessibile in rete, dove gli e-commerce di molti marchi permettono di creare una figura il più simile possibile al proprio corpo su cui provare i capi prima di acquistarli. Applicazione che è diventata fondamentale anche nel beauty, L’Oréal Paris, per esempio, ha lanciato il suo Tryon Virtuale che, accedendo al sito dedicato, consente di poter caricare una propria foto dando la possibilità di testare, con risposta in tempo reale, nuove nuances per capelli ma anche il make-up. Uno strumento utile per non rinunciare mai a un look studiato, che consente totale libertà di scelta.
Nell’immagine in apertura Lo show Spring Summer 2021 di GCDS
Altre realtà, come quelle dell’alta gioielleria sono riuscite a lanciare piattaforme worldwide che consentono di raggiungere i clienti in qualunque punto del mondo. Ne è un esempio il progetto Pisa Circle dell’iconica Pisa Orologeria che, in questo modo, ha potuto trasportare il suo savoir-faire, l’esperienza e la cura del cliente direttamente online. Come ha dichiarato l’azienda in occasione del lancio avvenuto nell’estate del 2020: “Navigare questa sezione del sito web sarà come passeggiare davanti alle vetrine di via Verri, contattare Pisa Orologeria sarà facile come aprire la porta della Boutique e parlare con un esperto anche in digitale. Il contatto umano resta il fulcro dell’attività di Pisa Orologeria”. Dunque non sono cambiate soltanto le esperienze d’acquisto ma, come abbiamo visto, anche le esperienze di vendita. Se gli Influencer hanno conquistato la scena dell’ultimo decennio, oggi prende sempre più piede la svolta digitale, o meglio virtuale, che è in grado di incontrare il favore della Gen.Z grazie all’ingresso degli Influencer Virtuali. Chi e cosa sono? Si tratta di personaggi di fantasia di ispirazione manga, in grado di somigliare a figure realmente esistenti. Hanno infatti una vita strutturata, conversano, mangiano, hanno dei partner e degli amici, fanno shopping e tante promozioni. Nuovi modelli di vita desiderabile, capaci di svettare nelle classifiche dei MIV - i Media Impact Value - che le aziende dal food al fashion, usano per controllare l’andamento del ritorno economico del loro investimento nelle sponsorizzazioni social. Il pubblico o il mercato di riferimento maggiormente attratto dai virtual influencer è sicuramente quello orientale, non solo perché sono stati creati, sviluppati e perfezionati lì, ma perché rispetto al pubblico italiano non interpretano l’hashtag “#advertising” come opera di mercenari ma bensì come un utile consiglio d’acquisto. C’è inoltre da tenere presente che si lavora con soggetti più facili da gestire e da controllare. La possibilità di inciampare in qualche scandalo pubblico e di conseguenza doversi dissociare da un determinato comportamento del personaggio con cui si sta collaborando è praticamente nulla. I dati dell’impatto sull’audicence sono verificabili e attendibili perché elaborati da team predisposti. E i target sono più coerenti visto che il riferimento è una nicchia appassionata. Vi è mai capitato di sentir parlare di @Noonoouri? Lei infatti sembra essere proprio la reginetta delle virtiual influencer. Un personaggio che ha accompagnato stiliste dal calibro di Maria Grazia Chiuri (Maison
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Dior) e Sara Cavazza (Jenny) in alcuni momenti topici delle loro collezioni. Oggi Noonoouri sembra essere la più apprezzata dal mercato e dal pubblico ma come non parlare del progetto di advertising lanciato da Louis Vuitton nel 2015 con protagonista Lightning, l’eroe femminile del videogame Final Fantasy, scelta da Nicolas Ghesquière, Direttore Creativo del marchio di LVMH, come testimonial. Ancora prima, nel 2007, c’è stata la digital icon Hatsune Miku creata dall’azienda Crypton Future Media, pensata per la comunicazione commerciale di un prodotto musicale. In seguito utilizzata per le sponsorizzazioni del SuperGT e da marchi giapponesi come Toyota e Yamaha ma anche da Coca Cola, Domino’s Pizza e Google. Arrivando così a collaborare anche con la moda, Marc Jacobs nel 2013 le realizzò un abito. La Cina è il luogo che dalla nascita del fenomeno ha saputo dare vita ad alcune varianti molto particolari e più sviluppate delle “rudimentali” animation giapponesi. Ne è un esempio AI Erica, un robot creato con Intelligenza Artificale dall’Intelligent Robotics Laboratory di Osaka e partorita dall’idea del suo direttore Hiroshi Ishiguro. Al Erica tramite un sintetizzatore vocale è in grado di parlare ed è inoltre dotata di mimica facciale che le permette di esprimersi come un essere umano. Personaggio scelto da Gucci per la realizzazione della sua prima campagna di virtual marketing destinata al mercato cinese, sulla nota piattaforma di instant messaging WeChat. E oggi? “What is normal today?”. Lo domanda su Instagram Silvia Venturini Fendi in occasione della presentazione digitale della collezione Fall Winter 2021 del marchio di cui è direttrice creativa. Riflessione scaturita sicuramente dall’attuale periodo che stiamo vivendo e che ha innescato una serie di cambiamenti quotidiani andando a ridefinire i canoni della normalità. Normalità che soprattutto per l’Italia ha avuto effetti in tanti settori dell’economia che se da un lato ha rallentato e modificato l’assetto di tantissime aziende, in alcuni casi ha dato il via a una fase di potenziamento intensivo. Lo abbiamo visto con l’attivazione della FAD di istituzioni come Accademia di Costume e Moda, Ied, Naba – ma non solo - che non hanno mai smesso di puntare sulla formazione degli studenti nel campo della moda, integrando laboratori virtuali e molte iniziative anche economiche a sostegno di alunni e famiglie. Per esempio l’Istituto Europeo di Design tra le ultime novità vanta l’attivazione di IED Amaze Project, un viaggio immersivo in 3D che compone la prima mostra virtuale permanente creata con i progetti di tesi di design, moda, arti visive e comunicazione. Fruibile in maniera interattiva via app (scaricabile gratuitamente da GOOGLE PLAY e APPLE STORE) e successivamente con visori e cabinato videogame. Il cui obiettivo principale è dare risalto al talento e al metodo progettuale in chiave inedita, attraverso l’arte generativa digitale. Con l’arrivo della pandemia si è dovuto pensare poi a rivoluzionare il mondo degli eventi come le sfilate. Camera Nazionale della Moda Italiana e Pitti per esempio hanno lanciato piattaforme digitali funzionali a marchi, stilisti e giornalisti
per riunire in un solo luogo virtuale tutta la community di addetti al settore. Un momento che ha coinciso anche col lancio di un nuovo appellativo del calendario della scorsa fashion week, dove il connubio di sfilate live e digitali ha dato vita al termine Phygital. Piattaforme che in alcuni casi sono state ampiamente ridisegnate dai marchi stessi sviluppando sistemi di interazione ancora più avanzati sfruttando quei tools che tutti i giorni ci piace usare, cioè i social media, uniti a un’esperienza che potrebbe fare invidia ai colossi dei videogame. Un esempio? GCDS, il marchio di luxury streetwear ha presentato la sua collezione Spring Summer 2021 “Out of This World” con uno spettacolo digitale, arcade, che meglio di altri ha utilizzato la realtà virtuale e la potenza dell’immaginazione. Rimarcando la nuova era di potenziamento tecnologico che stiamo vivendo, GCDS è riuscito in un esperimento virtuale che ha messo al centro della scena un videogioco simile a “Second Life” - versione moderna dell’iconico The Sims, il gioco di simulazione degli anni 2000 – e gli avatar di Dua Lipa, Anwar Hadid, Chiara Ferragni, Fedez, Care Bears, Gilda Ambrosio e persino Hello Kitty, tutti in frontrow. Show con after party in VR compreso. GCDS ha dato vita a una piattaforma interattiva che ha permesso agli utenti di giocare a videogame in stile arcade, ispirati al celebre “Snake” che spopolava sui telefonini Nokia degli anni 2000. Il progetto di GCDS prevedeva anche una serie di stanze virtuali sviluppate in collaborazione al colosso della realtà aumentata REACH.Love che hanno permesso al pubblico di divertirsi online incontrando altri personaggi ma anche vivere un’esperienza da insider guardando da vicino il lavoro di makeup artist e hair stylist. Il tutto è stato messo in campo grazie alla collaborazione tra Giuliano Calza (Co-founder e direttore creativo di GCDS), e alcuni player tra i più famosi delle esperienze digitali come Nonny de la Peña e la sua Emblematic Group; l’artista creativo britannico Thomas Webb e il regista Jeron Braxton, lo stesso che ha diretto il video animato di “In Your Eyes” di The Weeknd. Rimanendo in tema di collezioni Spring Summer 2021 e di presentazioni digitali, Prada ha sottolineato il paradossale dialogo tra uomo e tecnologia, che è poi riflesso della realtà. Tramite la ricerca stilistica Miuccia Prada e Raf Simons (che da questo momento sanciscono la loro co-esitenza creativa nel marchio), hanno esplorato l’idea dell’abito-essenza, cioè l’uniforme, sviluppando molteplici e diverse interpretazioni di questo concetto: l’uniforme di Prada, di una comunità, di una rappresentazione visiva di identità, di valori condivisi e accettati, un modo di pensare. Riuscendo a legare le sensazionali opere d’arte create da Peter de Potter, un collaboratore di lunga data dello stilista Raf Simons, che hanno esplorato le idee di pensiero e di processo, rimandando al rapporto tra informazione, tecnologia e essere umano. Ma non solo, lo show di Prada, frutto della collaborazione con lo studio OMA/ AMO, ha visto protagonisti lampadari ornamentali, diventare telecamere che hanno seguito le falcate delle modelle, tutte al primo debutto in passerella.
In alto a sinistra, lo show Spring Summer 2021 di GCDS. In basso a sinistra e sopra a destra, alcuni dettagli dello show di Prada organizzato per la presentazione digitale della collezione SS21.
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STREAMING VOLANT FASHION MANENT Dalla sospensione chic nel deserto firmata Saint Laurent al video sul Tamigi di Alexander McQueen, la moda presenta al pubblico (ovunque esso sia) le proprie creazioni attraverso modalità inedite che rompono gli schemi classici della fashion week e diventano sempre più spettacoli multimediali trasmessi in streaming di fronte al mondo. Il linguaggio visivo della moda contemporanea cambia i suoi codici perché incalzato da un nuovo presente segnato dalla parola lockdown. Distanziamento, divieti d’assembramento, chiusura delle frontiere e via dicendo hanno costretto l’istituto della fashion week a riorganizzarsi secondo modalità ancora mai sperimentate. Contemporaneamente vengono presentate al pubblico o, meglio, letteralmente trasmesse attraverso format digitali le ultime collezioni e pre-collezioni. L’entertainment fatto di folle, eventi frenetici, corse, spettacolo cede il passo a formule semplificate, immediate per essere più “dirette”. Dirette Instagram confezionate per intercettare un uditorio smaterializzato, connesso per via telematica, ma comunque presente, ovvero online. Il bisogno di esperienze live è innegabile e il fashion system risponde cogliendo l’opportunità, con fare spavaldo e senza negare un po’ di paura nei confronti di questi nuovi meccanismi che infrangono quelli già consolidati. Viene spontaneo chiedersi: è ancora possibile creare desiderio e generare attrazione attraverso l’apparente freddezza del mezzo digitale? E se le case di moda rimanessero intrappolate in uno streaming permanente? Le risposte sono da ricercare nell’operato dei più stimolanti sperimentatori della moda contemporanea. Jonathan Anderson, direttore creativo di Loewe e JW Anderson, ha dichiarato di recente: «Sarebbe il caso di mollare gli ormeggi e reinventarsi: ci è toccata in sorte una magnifica opportunità». La stagione che si apre è la terza in modalità remoto, e l’organigramma è ormai chiaro. Due i canali: il video narrativo, vero e proprio un fashion film, e la sfilata senza pubblico, più tecnica. Per la collezione PE 21 il direttore creativo di Yves Saint Laurent Anthony Vaccarello ha scelto una sfilata en plein air, senza pubblico (quantomeno in presenza), filmata tra maestose dune di sabbia e titolata “I wish you were here” (vorrei fossi qui). Perfetto punto d’incontro tra marketing e poesia, in puro stile Vaccarello. Alexander McQueen, nella persona del direttore creativo Sarah Burton, ha optato per un videoclip, affidato all’occhio immaginifico del regista Jonathan Glazer. La collezione 132 5. Issey Miyake spring summer 2021 riflette sul proprio logo ed esplora nuove metodologie integrative per lavorare con le linee in ciascun lato dei suoi quattro quadrati. Come se gli abiti fossero piatti, le forme
quadrate vengono adattate al corpo diventando tridimensionali. Per smorzare il rigore Maria Grazia Chiuri ha scelto di rivelare al mondo la pre-collezione fall 21 di Dior in modo informale, attraverso gli scatti in polaroid di Maripol. Anche Tod’s ha scelto di servirsi del film come mezzo narrativo, protagonista del quale è il giovane e lanciatissimo Lorenzo Zurzolo, mentre per Etro, per Fendi e K-Way il video diventa uno show totcourt ma senza pubblico. Silvia Venturini Fendi, via Zoom, ha confidato: «La sfilata è irrinunciabile: ho tentato in ogni modo di farla, fino all’ultimo minuto, ma non è stato possibile». Il rischio della moda letta in una dimensione di mero entertainment, spettacolo filmico e basta, è alto, ma le collezioni, in termini di prodotto hanno dimostrato di avere comunque un valore, e anche molto alto. E le collezioni della moda uomo viste da poco a Milano cavalcano la speranza di tutti: che in autunno il peggio sarà passato.
di Marco Torcasio
Posh Fashion
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HERNO, LA TECNOLOGIA DI UN CAPO APPESO AL FUTURO
La moda è sempre più dominata dalla tecnologia. La dualità uomo-macchina passa oggi a quella uomo-tecnologia. Le “macchine” industriali lasciano il posto alle nuove soluzioni digitali che modificano profondamente l’interazione tra industria, design e marketing, dando vita a un sistema fashion 4.0 ricco di suggestioni futuribili. Ne parliamo con Claudio Marenzi, Presidente di Herno, un brand che ha saputo rinnovarsi negli anni puntando proprio sulla tecnologia.
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Posh Fashion — Claudio Marenzi
di Lavinia Elizabeth Landi Quanto è importante la tecnologia nella moda e la “fiera digital” che Pitti ha lanciato durante la pandemia potrà essere una soluzione per il futuro? La tecnologia sta assumendo un ruolo sempre più importante nella moda, che cambia prodotto, in media, ogni sei mesi, e con tempi sempre più brevi tra ricerca, sviluppo e produzione. La tecnologia diventa quindi essenziale, sia nelle produzioni sia nella fase logistica della distribuzione. Sono i processi avanzati di realizzazione e di vendita di un abito a giocare un ruolo importante nel mercato contemporaneo. Fino a un decennio fa, la moda non brillava per il suo carattere innovativo, soprattutto nel settore dell’abbigliamento. C’è sempre stata moltissima creatività, ma le buone idee non sono mai state affiancate da soluzioni tecnologiche che le migliorassero così come è accaduto nell’ultimo decennio. È indispensabile prendere confidenza con il mondo digitale, in questo preciso momento storico in cui la fisicità è praticamente impossibile, perché ci è preclusa dall’emergenza sanitaria. È importante acquisire abilità con gli streaming e le altre tecnologie come il 3D. Quando ci potremo “toccare” di nuovo, quando potremo di nuovo viaggiare e tutto tornerà alla normalità, la parte fisica tornerà ad essere insostituibile: la moda è fatta di tatto, bisogna capire i tessuti, sperimentare la loro pesantezza o leggerezza, i volumi. Ma il digitale rimane ora l’unica via percorribile e dobbiamo appropriarcene con sempre maggiore consapevolezza. Quali sono le sue idee per ripartire dopo l’emergenza? La pandemia ci ha insegnato a non dare nulla per scontato. Nessuno di noi avrebbe potuto immaginare quello che è successo. Non abbiamo preso in considerazione moltissime variabili e ci ritroviamo a fare grandi riflessioni sul futuro. La pandemia ci ha poi insegnato a usufruire del mondo digitale in tutti i suoi aspetti. L’e-commerce era già in crescita da anni, ma ha subito la sua più forte accelerazione ora, e ci ha indicato in modo inequivocabile la via da percorrere. Bisogna essere molto attenti a non proiettare le proprie paure sul futuro, che sarà diverso, avrà in sé tanti spunti di novità, ma si tornerà sicuramente a quella normalità che già conoscevamo. Herno presta grande attenzione ai tessuti hi-tech, alla ricerca e alla sperimentazione. Come nasce quest’applicazione della tecnologia alla moda? Noi nasciamo nel 1948 come fabbrica di impermeabili e la nostra origine è sempre presente nelle nuove ricerche e sperimentazioni. L’impermeabile è un capo con una funzione ben precisa: riparare dalla pioggia. Ha un’allure fashion ma ha anche una grande funzionalità, migliorabile attraverso la ricerca con tessuti nuovi, più waterproof e traspiranti, per esempio. Migliorare la funzionalità
di un capo significa anche rinnovarne il processo produttivo grazie alle nuove tecnologie. Si potrebbe affermare che la nostra tendenza verso l’innovazione e la tecnologia fonda le sue radici nella tradizione, in un capo che deve essere performante per definizione. Si legge di tessuti intelligenti. Gli abiti perderanno la loro bellezza, sacrificandola alla performance ? Non necessariamente, io credo che bellezza e performance possano convivere. Esistono tessuti che possono rilevare la temperatura corporea, per esempio, capi innovativi sotto molti aspetti, ma questo non implica la perdita dell’aspetto sartoriale. Una cosa importante che è cambiata negli anni è la percezione della qualità: una volta si valutava partendo dal tessuto, che doveva essere pregiato, un bel cashmere o una seta; ora si percepisce anche da un tessuto performante. Si può cioè parlare di una “sartorialità ingegnerizzata”, che può solo essere un plus per un brand, e devo dire che Herno in questo è molto avanti.
Nelle immagini in apertura: look donna Herno Laminar Couture Engineering – impermeabile con cintura in lino 3Layers con membrana che lo rende waterproof e windproof, con termonastrature interne che garantiscono la tenuta antipioggia, chiuso da bottoni gommati. Look uomo: Herno Laminar Sartorial Engineering – Giacca realizzata in GoreTex 3Layers - impermeabile, antivento e traspirante, con membrana interna in GORETEX con termonastratature. Cappuccio e polsini con chiusura ergonomica, zip spalmate anti-acqua in colore nero.
Quali saranno le silhouette della donna e dell’uomo del futuro? Parlare di silhouette è difficile poiché la moda si cristallizza in momenti. Certo, la silhouette potrà cambiare - reinventarsi è una prerogativa della moda - pur riprendendo alcuni stilemi del passato... Una costante dei prodotti del futuro sarà sicuramente la comodità. Dovranno essere impiegati tessuti intelligenti, versatili, capaci di adattarsi alle nuove e dinamiche esigenze del consumatore. Se dovessi immaginare un impermeabile a uso di chi viaggia su un monopattino, ad esempio, lo vedrei con dei rinforzi sui gomiti in caso di caduta, con un tessuto totalmente windstopper per riparare dal vento, elastico e soft per facilitare i movimenti. Mi piace tuttavia immaginarlo come un cappotto di sartoria, quanto a fitting e silhoutte. Herno è specializzato nell’active sport. Può dirci qual è il suo capo preferito e descriverne le caratteristiche che più l’hanno appassionata? Il primo capo che abbiamo realizzato impiegando molte soluzioni tecnologiche: tessuto totalmente impermeabile, idrorepellente, cucito e termosaldato, molto metropolitano. Di forma classica, l’abbiamo arricchito con cerniere particolari e una doppia chiusura che lo faceva sembrare un capo d’alta montagna, estremamente tecnico. È ancora in produzione e io stesso lo indosso sempre Cosa pensa del “marketing umano” che cerca di equilibrare il prevalere della tecnologia con un ritorno all’umanesimo? Credo che in realtà questo tipo di marketing c’entri molto poco con un nuovo umanesimo. È sicuramente moderno ed efficace. Si parla di “marketing umano” per il semplice fatto che sono persone vere, testimonial e influencer, a proporre i nuovi prodotti ad
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altre persone vere, i consumatori, creando quindi una sorta di dialogo tra individui reali. Il tutto però è dettato da un rapporto economico, com’è giusto e normale che sia. Perciò io vedo questo tipo di marketing piuttosto come un adattamento a un nuovo veicolo di comunicazione, non come un vero cambiamento di strategia. Come dovrà cambiare, secondo lei, il negozio del futuro per continuare ad attrarre clienti e contrastare il prevalere dei marketplace online? È chiaro che si tende sempre di più verso una vendita che comprende entrambi i veicoli, l’ecommerce e i negozi fisici. La connessione tra i due è sempre più forte. Esisteva prima della pandemia e crescerà ancora di più quando ne usciremo. Magari si potrà ordinare un prodotto online e poi acquistarlo fisicamente in un negozio o, viceversa, interessarsi a un prodotto in negozio e poi comprarlo online. Non è così semplice nella realtà, ma ci sarà sempre più un collegamento tra negozio fisico e mondo digitale, gestito probabilmente dalla distribuzione che dovrà coordinare magazzini, consegne, spedizioni e tutto il resto. Saranno vincenti le aziende e i brand che riusciranno a centralizzare il raccordo tra online e offline. Secondo lei, il dominio della tecnologia farà sparire un certo tipo di attività artigianale, che è stata anche l’origine di Herno? La modificherà, sicuramente. Non possiamo immaginare di rimanere legati alla sartorialità artigianale com’era un secolo fa. Verrà rinnovata attraverso la tecnologia, ma non scomparirà completamente. E devo dire che questa è una abilità esclusiva degli italiani: solo la filiera italiana sarà capace di “ingegnerizzare” la sartorialità, perché noi siamo i detentori della tradizione e riusciamo quindi a farla evolvere. La sartorialità italiana da questo punto di vista è unica Conoscere sempre meglio il cliente è un imperativo. I social network aiutano? Credo che l’umanità sia sempre in costante evoluzione, che non torni mai indietro, ma tenda sempre al miglioramento. I social fanno parte di questa evoluzione, sono il nostro nuovo modo di comunicare, che è sicuramente più vicino al consumatore. Prima il mercato era guidato dalla produzione, poi dalla distribuzione e dal retail, e quindi lo guidava in modo univoco chi proponeva il prodotto finale; ora, con i social, l’influencer interagisce immediatamente con il prodotto, addirittura prima che venga lanciato sul mercato, e ha il potere di farlo modificare in base alle reazioni degli utenti-consumatori. Una vera piccola rivoluzione. Qual è il suo rapporto con la tecnologia? Di cosa non potrebbe fare a meno? In casa non ho nulla di tecnologico, se non il frigorifero e il televisore. Mi piace molto leggere e lo
Claudio Marenzi, President and CEO Herno
faccio su carta, un po’ per abitudine e un po’ perché la preferisco davvero al digitale. Non usufruisco della tecnologia ma ne comprendo l’importanza. Quali saranno le novità della nuova collezione? E l’immagine, così essenziale, a cui ci avete abituati (il piumino appeso a un gancio, format che si ripete sempre) cambierà? Il format del piumino appeso al gancio fa parte di una comunicazione che va oltre la comunicazione stagionale, è un messaggio “corporate”: il capo appeso a un gancio, senza nessun tipo di sfondo e senza modelli, significa che noi crediamo nell’autonomia del nostro consumatore, a cui non è necessario indicare nessun tipo di lifestyle cui conformarsi. Il piumino appeso al gancio significa questo e non cambierà perché è anche il simbolo della nostra unicità. Per quanto riguarda la nuova collezione, abbiamo diverse proposte nuove sia per Herno che per Herno Laminar e Herno Globe, la parte sostenibile. Non c’è stata nessuna riduzione, anzi c’è stata un’integrazione sul colore. Normalmente i nostri capi hanno colori tenui e pastello, non sono colori gridati; quest’anno invece li abbiamo voluti più accesi, immaginando che alla fine di questo periodo buio, visto che si parla di un prodotto che sarà in vendita a settembre e ottobre, ci sarà una grande voglia, e forse bisogno, di colore.
Posh Design
IL FUTURO INCASTONATO NEL DESERTO
Lo studio Zaha Hadid Architects progetta il nuovo Headquarters di Bee’ah, società mediorientale leader nella gestione ambientale. Si tratta di un edificio a forma di duna a elevata efficienza energetica. Un gioiello di 7.000 mq che sorge nel deserto di Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti.
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‘Render by MIR ©Zaha Hadid Architects’
Posh Design — Zaha Hadid Architects
Zaha Hadid Architects ha realizzato la sede che dal 2021 ospiterà le attività dell’azienda leader in Medio Oriente nella gestione della salvaguardia dell’ambiente. Con il nuovo Headquarters, Bee’ah vuole dare il buon esempio. Ideata come un organismo capace di ridurre al minimo l’impiego di energia e ulteriori risorse.
di Davide Landoni La sua sagoma non ha confini, si disperde nel deserto come un soffio di sabbia. Lo immaginiamo comparire in un pomeriggio di sole cocente, con il caldo e la vegetazione desertica che ci annebbia la vista. Le dune salgono, scendono, si rincorrono miscelandosi in un movimento che pare infinito. In questo scorrere continuo si inserisce, sinuoso e impenetrabile, il nuovo Headquarters di Bee’ah. 7.000 metri quadrati di fabbricato - situato nei pressi di Sharjah, Emirati Arabi Uniti - distribuiti su un terreno desertico che sembra inglobare la struttura. Perché difatti l’edificio - composto da una serie di padiglioni intersecati fra loro - ricorda proprio una duna. Il suo andamento curvilineo e morbido accarezza la morfologia circostante, adattandosi ad essa e integrandosi alla perfezione. Il tentativo, ovviamente, non è tanto
mimetizzarsi, quanto replicare l’elemento naturale per comprometterlo il meno possibile. È questa la mission di Bee’ah: sviluppare soluzioni per un futuro ecologicamente sostenibile. Per farlo al meglio ha affidato allo studio Zaha Hadid Architects la realizzazione della sede che dal 2021 ospiterà le attività dell’azienda leader in Medio Oriente nella gestione dei rifiuti, nel riciclaggio e nella salvaguardia dell’ambiente. Con il nuovo Headquarters, Bee’ah vuole dare il buon esempio. Non solo la struttura è stata costruita utilizzando numerosi materiali di recupero, ma è stata anche ideata come un organismo capace di ridurre al minimo l’impiego di energia e ulteriori risorse. Per esempio, orientando i singoli volumi dell’edificio secondo la direzione del vento Shamal, così da rendere marginale l’utilizzo dell’impianto di
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raffreddamento; oppure disponendo gli interni e le relative vetrate in modo da garantire abbondante luce naturale in ogni spazio; o ancora, utilizzando per il rivestimento esterno materiali in grado di riflettere i raggi del sole e mantenere gli interni isolati. Fondamentale in tal senso anche il cortile interno - oasi di piante autoctone che non richiedono un’eccessiva irrigazione - che garantisce un corretto e costante ricambio d’aria negli ambienti. La facciata principale, inoltre, è progettata per favorire la ventilazione naturale, convogliata poi nel sistema di riscaldamento per l’acqua destinata agli usi sanitari tramite il calore sottratto agli interni. L’edificio, realizzato con il supporto di Buro Happold e Atelier Ten, vanta inoltre un sofisticato meccanismo che permette agli infissi di trattenere l’acqua piovana, così da reindirizzarla a un uso non potabile. Questi ultra-tecnologici accorgimenti sono studiati per ridurre del 30% il consumo di energia. Ma anche (l’inevitabile) produzione di energia supplementare è pensata in ottica di evitare sprechi e consumo di combustibili fossili. Infatti, la maggior parte delle risorse energetiche viene prelevata dal Bee’ah Waste Management Centre, struttura adiacente all’Headquarters che si occupa di riciclare i rifiuti del comune di Sharjah. Non possono mancare inoltre i pannelli fotovoltaici, perfetti per convogliare i raggi del sole che quotidianamente piovono sul deserto. Dando uno sguardo all’interno, gli ambienti sono arredati in chiave moderna e minimalista. Poiché l’edificio è concepito per essere anche uno strumento utile all’educazione ambientale delle persone, la parola d’ordine è essenzialità. Così facendo Bee’ah vuole dimostrare che è possibile e doveroso impegnarsi per un futuro sostenibile e attento al nostro ecosistema.
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Posh Auto — Tecnologia
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NUOVE TECNOLOGIE IN AUTO Autonoma, connessa, sostenibile e condivisa. Ecco come sarà l’automobile del futuro grazie alla tecnologia che permetterà ai veicoli di muoversi autonomamente senza un conducente, farci sentire a nostro agio come in casa o nel nostro ufficio, senza inquinare e senza vincoli di proprietà.
Mercedes MBUX Hyperscreen
Posh Auto — Tecnologia
di Alfonso Rizzo Fantascienza? Non la pensano così i principali costruttori – e neppure gli ultimi arrivati – che da oltre dieci anni si presentano puntuali al Customer Electronic Show, il CES di Las Vegas, primo evento fieristico al mondo dedicato all’elettronica di consumo. L’automobile si sta trasformando molto velocemente da oggetto del desiderio, da status symbol a commodity. Se non altro, le auto da usare tutti i giorni, perché le automobili da sogno, continueranno ad esistere, anche se saranno molto diverse da quelle attuali, sempre per merito (o per colpa) della tecnologia che sta salendo prepotentemente a bordo. La sperimentazione di mezzi aerei per la mobilità individuale sono sempre di attualità al CES, come il drone Skydrive Cart!vator e il triciclo-elicottero PE-P10. Mentre gli AutoPod e i people mover elettrici a guida autonoma avanzano a grandi passi verso le nostre megalopoli, il guidatore resta ancora al centro della mobilità. Ecco perché le prime tecnologie che vedremo salire a bordo delle nostre auto sono al servizio dell’uomo, come gli specchietti retrovisori digitali, i caschi Eyelight con Head-Up Display integrato e quelli Tali iT-C con Led integrati sincronizzati con la fanaleria della moto, schermi curvi e Natural 3D, vetri fotocromatici oscurabili a comando, riconoscimento facciale e delle impronte digitali per accedere e avviare il veicolo, assistenti virtuali a comando vocale come Alexa. In tema di connettività, il premio per l’innovazione 2021 va certamente a Mercedes per il nuovo Mbux Hyperscreen che introduce un nuovo paradigma nell’interazione del guidatore a bordo dell’auto. È lo schermo più grande mai adottato di serie su una Mercedes, fluttuante al posto della plancia come sospeso a mezz’aria coprendo quasi 1,5 metri in larghezza per integrare tutte le informazioni necessarie alla guida, all’intrattenimento e tutti i “pulsanti” per impartire i comandi: dal cruscotto per il conducente al display centrale per navigazione e infotainment, fino ad uno schermo supplementare dedicato al passeggero anteriore. Dietro l’hardware innovativo si nasconde un software altrettanto evoluto che permette di disporre delle informazioni necessarie nel momento esatto in cui servono. Niente scrolling, niente browsing. Le funzioni non si cercano: sono loro a trovarti. Mbux Hyperscreen introduce infatti un nuovo “livello zero” di interazione con l’utente a centro della plancia, in basso, dove tutte le informazioni necessarie sono sempre accessibili, senza addentrarsi in menu e sottomenu, grazie all’IE (intelligenza emozionale), che anticipa i bisogni del guidatore. Il contenuto del “CoDriver Display” riservato al passeggero anteriore è indipendente dagli altri schermi e permette di visualizzare tutte le informazioni pertinenti sul veicolo. Il passeggero può anche vedere la TV o altri video (non visibili al conducente) e condividere contenuti
con qualsiasi altro occupante dell’auto. Evoluzione naturale dell’Mbux, l’Hyperscreen è pensato per le Mercedes del futuro, quelle a batterie in particolare. Debutterà entro l’anno sulla nuova EQS, l’ammiraglia elettrica della Stella da 700 chilometri di autonomia, una delle quattro auto 100% elettriche che Mercedes lancerà quest’anno, compresa la nuova EQA svelata in anteprima mondiale lo scorso 20 gennaio a Lainate (MI). Il mercato dell’auto fa gola anche ai new comers come Sony che già al CES 2020 aveva mostrato la Vision-S, concept car elettrica altamente tecnologica in fase di sviluppo. Quest’anno i primi prototipi della Sony Vision-S hanno cominciato i test su strada ed in pista in Austria dove sarà prodotta dalla Magna Steyr. È dotata di 40 sensori per consentire una visualizzazione a 360° dell’ambiente circostante sperimentando nuove soluzioni per aumentare le capacità di guida autonoma ed altre funzionalità come l’assistente vocale, il controllo gestuale, nuovi sistemi di infotainment, la possibilità di aggiornare il software dell’auto in modalità wireless, la connettività 5G ed un sistema di monitoraggio dei passeggeri che utilizza una telecamera nell’abitacolo in grado di identificare e riconoscere le condizioni degli occupanti. Sono proprio i sensori, sempre più evoluti ed economici, ad abilitare nuove funzionalità avanzate impensabili fino a qualche anno fa. È il caso dei Lidar (radar laser) sui quali Mobileye (Intel) sta investendo per portare sul mercato entro il 2025 un innovativo sensore da affiancare alle telecamere ed ai sistemi a ultrasuoni tradizionali, capace di ricreare digitalmente l’ambiente circostante al veicolo con straordinaria accuratezza. Seppur tradizionalmente assente dal CES, anche Apple ha fatto parlare di sé in questo inizio d’anno rispolverando il famoso “Project Titan” nato nel 2014 con l’intento di commercializzare una vettura. A quanto pare, l’Apple Car si farà! O perlomeno è quel che si può dedurre dalle trattative in corso con il gruppo Hyundai Motor per una partnership di sviluppo e produzione di veicoli elettrici e batterie con la Mela più famosa del mondo. Le ipotesi di prodotto riguarderebbero sia la produzione di veicoli elettrici ad uso personale, che di servizi robotaxi a guida autonoma. Secondo alcune indiscrezioni, il segreto della Apple car starebbe proprio nella batteria con design “monocell”, simile a quelle degli smartphone, più economica e capace di accumulare molta più energia. Per sognare c’è la Hyperion XP-1 elettrica a idrogeno con telaio in fibra di carbonio e titanio progettata da ingegneri aerospaziali per scattare da 0 a 100 km/h in 2”2 e sfondare il muro dei 350 km/h per viaggiare oltre 1.500 km con un pieno. Il bello che questo bolide si potrà guidare (quando non è dato sapere), mentre le monoposto dell’Indy Autonomous Challenge che sfrecceranno sull’ovale dell’Indiana il prossimo 23 ottobre guideranno da sole grazie alle menti più brillanti di 30 atenei di 11 Paesi, comprese tre università italiane.
Nell’immagine a destra Sony Vision-S 1
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Showroom: Via Fatebenefratelli, 18 - 20121, Milano +39 02 24169944 - HQ: Via Isei, 30 - 47521, Cesena (FC) +39 0547 28362
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INTERIORS Posh n. 95 —
Posh Interiors
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LA FORMA DELLA CREATIVITÀ Forme, colori e materiali inediti. La tradizione incontra l’innovazione nelle nuove proposte di interior design, che si diversificano in un solo aspetto; l’esclusività e unicità di ciascuna creazione, comun denominatore di un Made in Italy mai stanco di rinnovarsi e sempre più creativo, fucina di novità poco replicabili.
EDRA La qualità diventa ‘standard’ Uno standard è una norma accettata, un modello di riferimento a cui ci si uniforma perché sia ripetuto successivamente. Infatti, i progetti EDRA sono il risultato di vent’anni di ricerca tipologica e tecnologica. Sono nati così i divani disegnati da Francesco Binfaré per Edra, come l’On the Rocks del 2004,
un componibile che consente grande libertà nella disposizione. ‘Standard’ è la sintesi di questo percorso. Un divano malleabile, adattabile ai desideri di chi lo usa. L’elemento chiave è “un cuscino intelligente” che fa da bracciolo e schienale, regolabile a piacere e separatamente.
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CASTELLANI SMITH Da Ciclocina a CicloItalia la stessa filosofia CicloItalia Flex è la nuova collezione lampade che definisce la fase di un processo evolutivo che ha origine nel 1989 con la particolare storia della lampada Ciclocina. È la fine degli anni Ottanta ed Enzo Catellani recupera da uno dei suoi viaggi in Oriente alcuni esclusivi fanali da bicicletta per farne
quella che diventerà una delle icone senza tempo di Catellani & Smith, la lampada Ciclocina. Sebbene i fari siano oggi irreperibili, ma non per questo irriproducibili, nel 2018 l’azienda decide di rendere omaggio a questa speciale creazione con CicloItalia, che accoglie l’eredità progettuale del modello originario. A distanza di pochi anni, CicloItalia si trasforma ancora per diventare ispirazione per una nuova collezione che prende appunto il nome di
CicloItalia Flex. La filosofia è la stessa, il distintivo fanale come ponte tra cultura orientale e sapienza del saper fare italiano continua a essere il tratto peculiare anche nei nuovi modelli da terra, a soffitto e da parete, che, qui, si arricchiscono di flex in ottone e di un nuovo ‘snodo’ alla base del faro.
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MINOTTI Indoor Collection I nuovi sistemi di imbottiti, le sedute e gli arredi sono caratterizzati dalla purezza di forme e volumi, definiti da geometrie rigorose, con un appeal architettonico. A questi, fa da contrappunto una confezione ricercata nel gioco prezioso dei materiali e nell’esclusiva collezione tessile. Un’eleganza silenziosa, dalla forte vocazione internazionale nello stile e nel design.
RIFLESSI Titanio e cobalto spazzolati a mano nuove finiture di ispirazione metallica per la serie cubric La serie Cubric si rinnova con due finiture di grande impatto che rendono i mobili contenitori audaci protagonisti dei living a firma Riflessi: new entry della collezione, l’importante madia in versione “quadrotto” che va ad ampliare una delle serie più apprezzate del catalogo dell’azienda.
Posh Interiors RUBELLI Esclusività assoluta “Di Varia Natura” è il nome della nuova collezione, che si manifesta come una sfilata di “fuoriclasse”: tessuti molto vari e diversi tra loro e dal forte carattere, capaci di portare bellezza, colore e un sorriso nelle case. Oggi più che mai Rubelli presta grande attenzione alla sostenibilità ambientale, come te-
stimoniato dai molti tessuti certificati GreenGuard Gold e Standard 100 by Oeko-Tex. Accanto alle fibre naturali - seta, cotone, lino - filati resistenti e rispettosi dell’ambiente, così come i nuovi filati ecosostenibili, tra cui l’innovativo filo prodotto a partire da estratti biologici dei semi del ricino.
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BAXTER La collezione Worldwide è una sinfonia di colori, forme e materiali inediti La ricerca sulla collezione Baxter Worldwide è partita dal lavorare sul comfort e su delle forme che fossero morbide e rassicuranti, ma cercando di combinare la tecnologia all’emozione. Da sempre Baxter realizza una ricerca innovativa su colore e materie che hanno portato alla riconoscibilità e unicità di ogni prodotto, in quanto a un certo punto gli oggetti devono parlare a prescindere dal logo stesso, ed è quello che accade anche per la nuova collezione “Baxter Worldwide”.
B&B Italia
Nuovi panorami di creatività La collezione di B&B Italia parte dalla casa come paesaggio in evoluzione. Qui scopriamo opere di grandi maestri del design italiano e di star internazionali, ognuno dei quali ha immaginato prodotti potenti e decisi, capaci di sintetizzare città e casa, esterno e interno, grande scala e dimensione domestica. Così ci troviamo al cospetto di Blitz (il grande tavolo scultoreo di Mario Bellini che ricorda un ponte sospeso), per poi arrivare a Liagò (mobile contenitore di Piero Lissoni ispirato alle logge di Venezia), spostarci lungo il Naviglio di Yabu Pushelberg (sistema di imbottiti basati sui movimenti sinuosi di un alveo) e arrivare idealmente al museo per ammirare il gesto artistico di Cutter (la nuova sedia di Mario Bellini che rende omaggio alle opere di Lucio Fontana).
TONELLI DESIGN Newest materials La novità di Tonelli - punto di riferimento per il settore vetro - è l’introduzione di nuovi materiali a supporto come il marmo, il legno e i metalli per aumentare la funzionalità e ampliare le soluzioni d’arredo. Come per la collezione AFTER9, composta di tavoli bassi e fianchi divano dalla minimale struttura in metallo con finiture in contrasto. Sono disponibili diverse dimensioni e altezze, con piani di forma organica realizzabili in vetro, legno e marmo.
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IL FASCINO DEL DESIGN MADE IN ITALY
Investimenti dal respiro internazionale, cambiamenti che diventano risorse, nuove sfide accolte con ottimismo ed entusiasmo. Andrea Gentilini, Chief Executive Officer di Luxury Living Group, porta avanti una storia di successo del segmento furniture e si impegna a definire nuove strategie - anche digitali - che possano dimostrarsi vincenti nel prossimo futuro. La mission? Dar vita a un polo di design del lusso...
di Enrico Cammarota
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Andrea Gentilini, CEO di Luxury Living Group
Il design è materia viva, si nutre di contemporaneità e, attraverso una capacità narrativa coinvolgente, emoziona al di là della funzione. In particolare il design italiano parla alle persone attraverso sogni e desideri e, riuscendo a travalicare le contingenze, trasforma il futuro in un progetto lontano dalla casualità. Storica azienda italiana leader del segmento furniture è Luxury Living Group, realtà che coniuga lifestyle, fashion ed heritage italiano semplicemente attraverso materiali, ricerche, disegni, prototipi, invenzioni, aneddoti, uomini e donne coraggiosi, che insieme costruiscono quotidianamente una storia di successo. Da oltre trent’anni, infatti, LLG progetta, produce e distribuisce arredi d’alta gamma Made in Italy per alcuni dei più importanti brand internazionali del luxury, Fendi, Bentley, Trussardi, Bugatti oltre al marchio stesso Luxury Living. Oggi, con un giro d’affari di 90 milioni di euro, Luxury Living Group è un hub creativo, un’industria internazionale del design, un contenitore di idee e di mestieri che si prepara a una grande stagione di successi. Obiettivi mirati in Cina e negli States, come anche importanti aperture in Europa, manifestano l’ambizioso intento di diventare un polo italiano del design, punto di riferimento del settore. L’azienda ha da poco nominato CEO il manager di origini romagnole Andrea Gentilini. Un uomo affabile, preparato e consapevole che dimostra un forte attaccamento tanto alla famiglia quanto al lavoro. Ama viaggiare, conoscere culture, usi e costumi. Tra le sue passioni personali c’è la corsa, disciplina che lo ha portato a partecipare a molte maratone in tutto il mondo, oltre a essere una testimonianza della sua inclinazione a saper affrontare le sfide. L’abbiamo incontrato a Milano, comodamente seduti su uno straordinario divano Bentley, per scoprire il nuovo percorso del gruppo Luxury Living, che trova in lui una figura di riferimento su tutti i fronti. Dopo aver ricoperto importanti cariche in aziende dal calibro di Visionnaire, Bialetti e Technogym, come accoglie la nomina di CEO di Luxury Living Group? Accolgo questo incarico come una nuova sfida e con grande entusiasmo. Sono davvero felice e orgoglioso di poter contribuire allo sviluppo di Luxury Living Group. Investiremo per dare una dimensione sempre più internazionale all’azienda, con una grande attenzione al retail e allo sviluppo nei mercati che possono offrirci le migliori
Posh Design — Andrea Gentilini
prospettive. Definiremo nuove strategie digitali per anticipare le risposte ai cambiamenti che stanno avvenendo nel nostro settore: vogliamo che diventino risorse e strumenti per essere ancora più efficaci nel futuro. Prima di tutto, però, vogliamo garantire un immediato presidio dei mercati chiave e un rafforzamento delle strategie di prodotto, oltre a una focalizzazione sullo sviluppo di nuove licenze. Che cos’è per lei il lusso? Il lusso è un’esperienza assolutamente privata, mi occupo di far avvicinare le persone a una sfera intima legata al concetto di lifestyle. Con Luxury Living Group abbiamo deciso di creare delle condizioni emozionali in cui gli individui possano riconoscersi. Il lusso è servizio e qualità, ma è anche complessità, il gioco sta nel riuscire a gestirla. Togliere complessità inficia il posizionamento. Nel mondo del design esistono dei riferimenti a cui guardare, ma avendo un’azienda che lavora per lo più in licenza cerco di apprendere moltissimo appunto dal mondo delle licenze che frequentiamo, tanto nel fashion quanto nell’automotive. Osservo con molta attenzione le dinamiche dell’esclusività. Quali sono i nuovi asset su cui si basa la sua strategia? Negozi diretti, wholesales e soft contract. Luxury Living Group è una holding competente che sviluppa progetti di marca. Lavoriamo su una tipologia di prodotto e prospettive diverse per ogni brand che rappresentiamo, ma alla base c’è una visione comune. Il 2021 ci vedrà protagonisti con nuove aperture a Parigi e a Londra. Nel frattempo abbiamo aperto un factory store a Forlì. Sempre nel 2021 prevediamo lo sbarco a Shanghai e San Francisco. Il mio arrivo in Luxury Living Group coincide con la risoluzione di un percorso di difficoltà innescato dalla perdita di Alberto Vignatelli, figura di riferimento che garantiva stabilità. Tuttavia amo le sfide, le affronto con impegno e creatività. In Luxury Living Group vorrò rivedere alcuni modelli aziendali e impostare nuovi obiettivi. Il focus su cui stiamo già lavorando è quello di far diventare Luxury Living Group un polo italiano di attrazione per nuove licenze. Alberto Vignatelli è il grande imprenditore che nel 1985 ha posato la prima pietra di Luxury Living Group. Qual è oggi la sua eredità? Resta la cultura del lavoro, la spinta imprenditoriale nel prendere decisioni coraggiose e ridiscuterle nel tempo. Vignatelli ha fatto sì che le Collezioni Luxury Living Group fossero il risultato di meticolosi processi produttivi, in cui la cura dei dettagli e le lavorazioni artigianali esaltano creatività, eleganza e design, in equilibrio fra tradizione e innovazione. Vignatelli ha messo in moto un viaggio che sublima i valori del Made in Italy. Abilità manuali, materiali pregiati, passione per il risultato: sono gli asset che da oltre 40 anni guidano Luxury Living Group nel produrre e distribuire collezioni d’arredo per importanti maison internazionali.
Quali sono oggi i maggiori mercati che meglio rispondono alla vostra offerta? L’azienda ha diversi brand e ha una storia molto lunga. Ci piace poter essere presenti su più progetti, ma per quanto ci riguarda vogliamo essere incisivi e organizzati laddove operano tutti i player più forti. Sicuramente in Cina, dove rappresentiamo il primo brand del Gruppo per volumi. Ma anche in America. Abbiamo altresì diverse aperture in programma, tra Miami e San Francisco, e c’è tutto un modo di developer da poter cogliere in maniera ancor più strutturata. Insomma, le opportunità non mancano. Cina e America rappresentano quindi un’importante fetta di fatturato... È inevitabile rifarsi all’elemento geografico per dare una lettura del business, ma il nostro lavoro non dovrebbe ancorarsi troppo ai confini territoriali dei Paesi in cui operiamo. Focalizzandoci su un cluster di clientela con dimore disseminate in diverse parti del mondo è molto facile rintracciare interlocutori tra Stati Uniti e Cina. Anche perché spesso si tratta di residenze business e non destinate completamente al tempo libero. La crescita del Gruppo passa anche attraverso l’appeal dei brand messi a progetto? Il nostro obiettivo è quello di portare nel nostro portafoglio altri brand e a breve ne annunceremo uno molto importante. Vogliamo porci come una piattaforma centrale che sia capace di erogare servizi e gestione degli stessi in modo estremamente puntuale ed efficiente, e poi creare dei progetti commerciali satellite attorno. Per quanto riguarda le caratteristiche dei partner con cui andiamo a lavorare ci siamo dati delle regole molto precise. Abbiamo dapprima fatto una mappatura molto attenta degli heritage dei brand del lusso, al fine di rintracciare un racconto declinabile che vada al di là del puro nome del marchio. Abbiamo poi sviluppato nel tempo una sensibilità di lettura dei codici del design che ci permette di trovare con competenza il messaggio più adeguato per ogni dato brand. Come intende definire nuove strategie funzionali anche in chiave digitale? Sostenibilità e tecnologia sono il futuro. Il digitale non potrà mai cambiare l’esperienza di vendita in negozio, potrà integrarla, renderla più interattiva, ma non sostituirla. Ecco perché abbiamo in cantiere un progetto digital importante che saprà fondarsi sull’interazione con il cliente. Sul digitale cambiano i paradigmi di comunicazione, quindi per posizionarsi “digitalmente” non è sufficiente semplicemente traslare online contenuti concepiti per canali di comunicazione offline. Bisogna saper ricostruire un racconto andando a toccare un pubblico di potenziali futuri clienti con percorsi propri completamente diversi. L’esperienza può essere sì digitale, ma la componente del piacere che scaturisce dal momento fisico rimane impagabile. Il mercato italiano può ancora creare connessioni? Il mercato interno italiano è fondamentale, è la patria del lusso. Milano in particolare gioca un ruolo cruciale, qui c’è una concentrazione dello stile che non ha eguali al mondo.
Nella foto in apertura, BENTLEY HOME Mere armchair. Nella secondo foto, TRUSSARDI CASA Modergen sectional sofa, top view Nella pagina a fianco, FENDI CASA One sofa
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Posh Art
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Un quadro, una stanza, un palazzo intero. La mano di Gio Bressana può dipingere su qualsiasi supporto pur di donare bellezza al mondo. Con questo spirito l’interior artist di fama mondiale crea i suoi ambienti emozionali, luoghi dove la pittura diviene complemento dell’anima. Dalla Famiglia Reale Saudita a D&G, sono molti i grandi committenti che si sono rivolti a lui per decorare i loro spazi.
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Affreschi (pareti e soffitto) per il Palazzo presidenziale di Ankara, Turchia, 2014
GIO BRESSANA L’ULTIMO DEI RINASCIMENTALI
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Posh Art — Gio Bressana
di Davide Landoni l filosofo Gilles Deleuze ha scritto: “Il potere dell’immaginazione è immaginare il potere”. Potere generativo, inteso come forza in grado di trasformare il non essere in essere. La creazione guarda oltre l’esistente e rende possibile quel che prima non era che un’ipotesi remota. Non c’è dubbio che Gio Bressana (1978) padroneggi questa capacità. Pittore e interior artist di fama mondiale, Bressana scompone e ricompone la storia dell’arte, la plasma lungo le linee del suo istinto. La sua strada è quella della decorazione d’interni per cui attinge senza distinzioni da classico e contemporaneo, da barocco e neoclassicismo, in un affresco che è sintesi di un’immaginazione fervida e, nell’accezione precedente, onnipotente. Opera come un maestro d’altri tempi. La sua conoscenza tecnica della pittura ha radici rinascimentali, come anche il suo modo di operare: interviene, su committenza, negli spazi (abitazioni, hotel, negozi, chiese - ma anche tessuti) di grandi committenti. Dalla Famiglia Reale Saudita a D&G, dall’Hotel Eden di Roma perla della Dorchester Collection - alle residenze private di personaggi all’apparenza inarrivabili. Gio Bressana non solo è in grado di raggiungerli, ma li comprende. Penetra nei loro desideri più profondi e li restituisce come affreschi, giganteschi dipinti capaci di creare ambienti emozionali tanto evocativi quanto unici. Non c’è tema o tecnica che non possa sfruttare, all’occorrenza, per adattarsi alle probanti commissioni. A Riad, sotto indicazione dei nobili sauditi, ha lavorato con uno speciale tessuto luminoso, su cui non ha potuto permettersi nemmeno una sbavatura; per un’abitazione privata ha decorato più di 3.000 metri cubi di parete. Gli occhi brillano di un’emozione genuina quando ne parla. Ci accoglie nella sua casa, che non tardiamo a riconoscere come uno specchio della sua anima. Eccentrica, barocca, vorticosa, divertente. Ma soprattutto ambiziosa. Per quanto splendente, il passato cede sempre il passo al futuro nell’ottica che nuovo è sempre meglio, che più grande è spesso migliore. Per questo la prossima destinazione di Bressana è Dubai, dove aprirà un concept store nel cuore del Design District Center. “Siamo pronti a offrire un prodotto che è più lussuoso del lusso” promette l’artista, mentre ci racconta la storia e gli obiettivi del suo progetto internazionale Room 1844. La visione è sempre una: generare bellezza. È il suo dono, è il suo scopo. Per questo vorrebbe lavorare anche nel pubblico. Magari iniziando da Brescia, casa sua. Sogna un mondo dove le persone possano vivere d’emozioni: lui è pronto a donarcele. Il suo approccio al mondo dell’arte è d’altri tempi. Come nasce questa sua pratica dal sapore rinascimentale? A 14 anni ho provato per la prima volta a entrare in contatto con una galleria, ma presto ho capito che quel sistema non faceva per me. Ho avuto il timore che nel contesto galleristico avrei dovuto riproporre sempre il medesimo stile e non amo
essere ingabbiato in una realtà limitante. Inoltre, non sono fatto per le dimensioni da galleria: voglio andare oltre il quadro. Se ho a disposizione una stanza, per esempio, riesco a creare un ambiente in grado di far vivere un sogno; se ho la possibilità di operare su un’abitazione o un hotel, allora riesco a creare un percorso emotivo organico: ogni stanza, ogni corridoio, ogni scala acquisisce un preciso significato. L’intera casa può diventare una grande opera d’arte. A differenza che nel Rinascimento il tema delle sue opere non può essere prettamente religioso. Ci sono soggetti che predilige? Mi piace assecondare il cliente e trovare quel che nella sua vita manca, l’elemento atmosfericoambientale che completi la sua dimensione. Non scelgo soggetti predefiniti, mi adatto molto a seconda della circostanza. Assorbo le necessità di chi ho davanti. Nel 2021 credo non sia possibile cristallizzarsi su una tematica. Tuttavia, mi trovo a mio agio soprattutto con i temi floreali, animali, religiosi, mitologici o astronomici. Anche la sua preparazione appare da bottega d’altri tempi. La mia preparazione è molto tecnica e pratica: ho riprodotto tutti i più importanti capolavori dal ‘300 in avanti. Inoltre ho letto molto, in particolare Eric Hebborn (con il suo Manuale del falsario), Cennino Cennini e Giorgio Vasari. Così ho imparato a realizzare una doratura all’aglio sul ferro, l’encausto pompeiano con paglia e fieno - credo di essere uno dei pochi a praticarlo ancora - o la bulinatura del cuoio. Conservo una conoscenza artigiana che forse oggi è andata persa. Fino a qualche anno fa compravo la tela di lino grezza, la lavavo, la rilavavo con acqua e colla, la stendevo sul telaio, davo una mano di colla di pelle di coniglio essiccata, applicavo il gesso prima di levigarla con la pietra pomice, poi aggiungevo i fondi e solo a quel punto iniziavo a dipingere. Ora, con gli oli sintetici e la vernice acrilica, questo non è più necessario, anche perché la pittura stessa è quasi demodé. Mentre io vado fiero di questo approccio pieno di consapevolezza tecnica. È molto affascinante conoscere i procedimenti che permettono di raggiungere un risultato preciso. Saper fare è la base per creare. Lavora su diversi medium e con diverse tecniche. Con quali si trova più a suo agio? Non mi indentifico in nessuna tecnica, anche in questo caso mi adeguo al progetto. A seconda delle richieste cerco una soluzione. Ad esempio, per la cucina Scic - realizzata in collaborazione con Franco Maria Ricci - ho trovato il modo di ricreare l’effetto del bambù presente nel suo labirinto vicino Parma. Per questo ho scelto come base le lamiere d’ottone, sulle quali ho applicato dell’acido miscelato a un pigmento. Sapevo che il risultato sarebbe stato quello desiderato, nonostante alcune
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reazioni chimiche non sono totalmente controllabili. Il risultato in questo caso è decisamente moderno, distante dalle suggestioni rinascimentali. Nel ‘400 tale processo serviva per realizzare un colore, mentre io l’ho applicato direttamente all’opera. Possiamo dire che ho trasformato un mezzo in un fine. Pittore, ma anche interior designer. Quali limiti alla creatività? Non c’è limite, l’aspirazione alla perfezione e la curiosità per ogni nuovo progetto sono il mio segreto. Il prossimo obiettivo è Dubai, dove aprirò Room 1844, un concept store che offrirà un servizio a 360° sull’Interior Design di lusso: dalla consulenza alla realizzazione del prodotto. Ispirato alla stanza segreta di Buckingham Palace dove la Regina Elisabetta riceve i suoi ospiti più importanti, sorgerà nel Design District Center, il polo espositivo fashion e luxury della città. L’idea è di evocare immediatamente il fascino misterioso dell’élite. Siamo pronti a proporre una offerta che è più lussuosa del lusso: è tailor made. Il valore non è dato dal costo di un prodotto, ma dalla sua esclusività. Ci sono dei progetti a cui è più legato? Tutti quelli che ho fatto e tutti quelli che farò domani. È stimolante cercare di soddisfare clienti sempre più esigenti. Per esempio, per una villa in Toscana - dove i committenti desideravano focalizzarsi sul tema della caccia - mi sono ispirato a delle vecchie stampe del ‘600 dai colori leggerissimi. Così anche le scene di caccia al cinghiale, solitamente grezze, sono risultate eleganti. Il merito è dei fiori: piccoli tocchi di colore che fanno vibrare la composizione. L’atmosfera appare quasi onirica, molto sfaccettata. Sono particolarmente legato alla scala a chiocciola, dove ho realizzato una voliera densa di uccelli. L’effetto è impressionante, dona ariosità e ampiezza, un crescere vorticoso in un contesto altrimenti costringente. Ricordo con affetto anche Philippe D’Averio, per il quale ho realizzato il soffitto della sua abitazione. Lo stile e il tema, dalle quattro stagioni alle ninfe, era classico e rinascimentale. In altre occasioni, invece, ho cercato di contaminare il paesaggio con elementi che creassero piccole e piacevoli frizioni. Come in un palazzo a Brescia, dove questo effetto è dato dagli animali, che a uno sguardo attento si rivelano chimere: rettili, pesci, volatili, mammiferi si uniscono e miscelano, creando nuove forme che innovano un modello antico. Così come i fiori, che ho riprodotto fuori scala, ultra dimensionati. La rappresentazione classica viene sconvolta dal dettaglio. Ad Hanoi, per gli affreschi e i dipinti del Palais de Louis, è stato bello portare un tocco di italianità in Vietnam, un contesto per molti versi molto distante dal nostro. A Riad, per la Famiglia Reale Saudita, ho lavorato su un tessuto in fibra ottica DreamLux®: uno speciale materiale in grado di brillare. A Roma ho collaborato con il 5 stelle Hotel Eden, a Parigi con Roger Vivier, a Londra con D&G.
Gio Bressana
La sua arte appare, soprattutto per i metodi di fruizione, piuttosto elitaria. C’è una visione ideologica che la muove? Sicuramente l’esclusività è un concetto a cui tengo, perché la bellezza perfetta è concettualmente una sorta di miracolo di per sé irripetibile. Tuttavia questo non è l’unico motivo che mi muove. Quel che cerco è l’occasione per realizzare progetti grandiosi, operare su grande scala, ecco perché di solito servono risorse importanti. Bigger is always better. Portare la bellezza nel mondo è la mia reale priorità, per questo vorrei lavorare anche nel pubblico. Per esempio, mi affascina la possibilità di intervenire sulle ex zone industriali, ridipingerle per donare loro nuova vita. Sono pronto anche ad autofinanziarmi, come mi piacerebbe fare per la Piazza del Mercato a Brescia, dove vorrei reinterpretare una parete creando un palazzo che si scioglie, nello stile degli orologi molli di Dalì. Voglio salvare il mondo da ciò che è brutto. La mia arte è scenica, voglio generare emozioni in grado di migliorare la vita delle persone. Il gesto pittorico è un’azione salvifica.
Posh Interiors
English text at page 150
THE SPIRE OF THE DESERT
Il tratto di Adam Tihany ridefinisce gli interior del prossimo Mandarin Oriental Al Faisaliah, Riyadh: tra oro e sablé, il gioco è su luce e volumi.
di Antonella Tereo
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Una scheggia nello skyline di Riyadh sarà il prossimo, annunciato, Mandarin Oriental. Stavolta lo sfarzo del marchio di Hong Kong però sceglie di impreziosire – con un restyling che terminerà in pieno 2021 – un edificio del tutto iconico nello skyline della capitale dell’Arabia Saudita. Non meno strategica anche la posizione, nel cuore del quartiere centrale degli affari ma da sempre il più glam. Farà parte del complesso del Centro Al Faisaliah, progettato da Foster + Partners, già fra le luxury properties di Al Khozama e prevede di allestire ben 321 chiavi declinate in varie categorie di ambienti lusso e superlusso. Pronto per aprire a mercati internazionali di alto livello, il cinque stelle ha già definito un design dai gusti molto affini a quelli occidentali. Per la sfida, non nuovo a quelle dell’alta hôtellerie, è stato chiamato Adam Tihany, nome d’eccellenza newyorkese fra gli interior designer più in vista al mondo. A lui la mission di dare nuova allure all’hotel nel segno del grande brand alberghiero orientale. La sua mano raffinata, del resto, è già stata dietro progetti del gruppo, definendone uno spirito sempre distintivo: dalle Penthouse del Mandarin Oriental di Las Vegas alla Presidential del Four Seasons Jumierah, numerose SPA del gruppo MO nel mondo, l’intero Four Seasons di Dubai e stravaganti ristoranti fra i più famosi al mondo, come il celebre Space Needle di
Seattle. Alla base delle scelte degli interni della prossima struttura alberghiera c‘è innanzitutto una raffinata palette di nuance del deserto e tutta la sua gamma di neutri: terre, oro e sablé le tinte prevalenti che ridefiniscono anche una nuova leggerezza agli interni nell’incombente edificio, nonché l’eleganza nei dettagli nei suoi ambienti condivisi e privati. Un carattere discreto definisce, poi, gli arredi che lasciano a spazi luminosi e panoramici l’effetto maggiore. Grazie alla grande presenza di luce del grattacielo, ogni piano è valorizzato da un’architettura tutt’altro che scontata in terre arabe. Con i nuovi interni di Tihany Design, la scoperta è tutta nell’intersecarsi di linee stilizzate che si ripetono negli ambienti, ma lasciano trasparire sempre luce definendo ampi volumi, con un delicato tocco di carattere nella scelta del prezioso riflesso dorato di alcuni profili. E l’apparenza non è tutto. Tra le facilities della prossima miglior ospitalità di Riyadh sono previsti un bar e dei lounge rinnovati, un immenso spazio per eventi completamente rivisitato, una piscina coperta, una zona benessere impreziosita da ampie aree termali maschili e femminili (brandizzata con il marchio orientale del gruppo) e un centro fitness hi-tech. Un’offerta variegata di ristoranti interni e il panoramico locale dell’ultimo piano sullo skyline della capitale saranno la risposta ideale per i prossimi arrivi “bleisure” in città.
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Posh Art
HELLA JONGERIUS IL RESPIRO DEL COLORE
È da tutti riconosciuta come la Grande Dame del design internazionale. Libera da retaggi e condizionamenti, Hella Jongerius coltiva da anni una sensibilità eclettica, sperimentando le potenzialità dell’ibridazione tra moderne tecnologie industriali e arcaiche tecniche artigianali. Ispirata da un intuito straordinario è riuscita a trasformare l’aspetto cromatico del design in un’esperienza immersiva. Il suo obiettivo? Contrapporre la forza del colore a quella della forma. di Fausto Colombo
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Si potrebbe descrivere Hella Jongerius come una rivoluzionaria. Nonostante la sua carriera vanti collaborazioni con alcuni dei brand più importanti del mondo, la celebre designer olandese con studio a Berlino ha sempre cercato di sfidare le convenzioni dell’industria. Lasciando dichiarazioni poco ortodosse, rifiutando di trasformare il suo nome in un marchio, facendo di tutto pur di non essere “alla moda”. Eppure lei, la moda, la detta. Parliamo di una mente creativa fuori dagli schemi, una persona che nel corso della sua carriera ha sovvertito l’arte del design, diventando fonte d’ispirazione per un’intera generazione di professionisti e studenti di tutto il mondo. Nonostante sia poco nota al grande pubblico, probabilmente noi tutti ci siamo imbattuti nel suo lavoro, spesso inconsapevolmente. Ha disegnato per aziende iconiche come Ikea, Camper o la compagnia aerea KLM, progetta innovativi tessuti, prima per Kvadrat ora per Danskina, mentre per Vitra, nel ruolo di art
director per colori e superfici, attualizza le icone del design, senza per questo stravolgerle. Unendo tradizione e contemporaneità è riuscita a introdurre nel processo produttivo industriale il tema dell’imperfezione, tipica del manufatto artigianale, conferendo agli oggetti quello che lei stessa definisce “carattere”. Complementi d’arredo unici, eleganti, facilmente adattabili a qualunque ambiente e imprescindibilmente colorati! Dopotutto osserviamo quotidianamente il mondo a colori, ma raramente apprezziamo o ci accorgiamo di come il colore possa forgiare e plasmare ciò che vediamo. Partendo da questo presupposto, Hella Jongerius indaga materiali, linee, volumi e sfumature cromatiche per riflettere sulla nostra percezione e sull’influenza della luce, in bilico tra arte e design. Un decennio di studi fenomenologici e di esperienze pratiche culminati in Breathing Colour, il suo più recente progetto espositivo, attualmente allestito al Gewerbemuseum Winterthur (Zurigo), spazio che esplora
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Posh Art — Hella Jongerius regolarmente le questioni relative ai principi fondamentali del design e il loro impatto sull’arte. La mostra, composta quasi interamente di nuove opere, è uno sbocco concettuale per le sue frustrazioni sul modo ristretto e poco fantasioso in cui gran parte del mondo del design si occupa di questi temi. Articolata in tre spazi separati, nei quali viene riprodotta la luce naturale così come si evolve nei vari momenti della giornata, mattina, mezzogiorno e sera, l’esposizione si trasforma in un indimenticabile viaggio attraverso le profondità dei nostri occhi e della nostra mente. In Breathing Colour mostri come il colore sia in grado di dare forma a ciò che vediamo, ma anche come luce, ombre, riflessi e materiali possano influenzarlo. Cosa pensi ancora sfugga del colore a molti designer industriali ? Ritengo che i cosiddetti “color designer” dedichino più attenzione alla psicologia che alla realtà dei colori. Ripercorrendo le epoche storiche sono i pigmenti e le loro limitazioni ciò che più attira la mia attenzione. I pittori del primo Rinascimento, come Raffaello e Michelangelo, o quelli olandesi, come Jan van Eyck, lavoravano con una tavolozza molto esigua poiché a quel tempo erano veramente pochi i pigmenti disponibili sul mercato. Mescolandoli erano comunque in grado di ottenere una vasta varietà di colori. Anche i capolavori di Vermeer o Rembrandt mi affascinano, soprattutto per l’utilizzo che viene fatto dei pigmenti e delle tinte derivate. I maestri olandesi hanno rivoluzionato la scena artistica nel XVII secolo, utilizzando la pittura a olio per catturare la forte enfasi della luce e il suo effetto sulle superfici. Miscelavano vernici con pigmenti naturali estratti da ingredienti preziosi che provenivano da luoghi lontani. La magia di questi dipinti nasce proprio dalla ricchezza e dalla complessità dei materiali utilizzati. È interessante notare come l’industria contemporanea offra ai designer una ristretta palette di pigmenti. Per essere chiari: ci sono ovviamente molti colori disponibili, ma i pigmenti in circolazione e su cui si basa anche questa mostra sono scarsi. È questa limitazione industriale che toglie qualità e ricchezza al mondo del colore in cui viviamo. In che modo le acquisite esperienze professionali ti hanno motivato a intraprendere gli approfonditi studi sul colore, alla base di questo progetto espositivo ? La difficoltà nell’accedere a vernici, lacche e granulati plastici che fossero in grado di soddisfare la mia visione del colore come designer industriale. La qualità finale del colore, quello che per intenderci osservo nei dipinti e in natura, è il modo in cui reagisce alla luce. Il processo creativo che ha portato a questa mostra è iniziato nel 2011, quando realizzai Color in changing daylight, un’installazione a forma di ruota che documentava il cambiamento ottico dell’aspetto colorato di una palla di argilla, tra le ore 8:00 e le 17:30 di un giorno di fine giugno. È seguito poi uno studio che mirava a creare un nuovo vocabolario cromatico, come reazione alla piatta e globalizzata industria del colore, e a celebrare il pieno potenziale di quest’ultimo. Ho scoperto infine il metamerismo, un fenomeno della colorimetria che fa sembrare
due colori uguali anche se in realtà non lo sono, una sensazione che si verifica quando i colori cambiano se osservati in condizioni di luce diverse. L’effetto, fortemente indagato dal settore industriale, è stato sempre evitato dalle aziende ritenendolo privo di potenziale di mercato. La mia ricerca, costellata di analisi ed esperienze, si concentra sul rapporto tra forma e colore, sul momento in cui un colore eleva un oggetto a una nuova dimensione e sul ruolo dell’ombra in questo processo ottico.
Hella Jongerius: Breathing Colour Fino al 22.08.2021 Gewerbemuseum Kirchplatz 14 8400 Winterthur (Zurigo) www.gewerbemuseum.ch Hella Jongerius: Woven Cosmos Dal 29.04 al 05.09.2021 Gropius Bau Niederkirchnerstraße 7 10963 Berlino www.berlinerfestspiele.de Tutte le immagini: Courtesy Gewerbemuseum e Jongeriuslab Si ringrazia per la collaborazione: Siska Diddens, Luzia David e Christopher Hux
L’esposizione ha un forte carattere ludico. Cosa speri si portino a casa i visitatori ? Il mio desiderio è quello di equipaggiare il pubblico a una migliore consapevolezza dell’uso del colore nella scelta di prodotti di design industriale. I colori sono sempre presenti attorno a noi, ma cambiano quando sono esposti a diverse condizioni di luce, dimostrando che i riflessi colorati sono di natura atmosferica, non materiale. Attraverso i miei Colour Catchers, oggetti in cartone piegato che riflettono sulle proprie sfaccettature le sfumature di colori che vi ho steso, creando complesse ma facilmente comprensibili interazioni cromatiche, il visitatore è in grado di osservare il comportamento di un colore mentre viaggia su un oggetto a orari differenti della giornata. Dopo questa esperienza immersiva, spero che le persone una volta tornate a casa percepiscano lo stesso effetto sulle proprie pareti bianche. Iniziando dal mattino quando la sua luce ricca di riflessi bluastri illumina gli oggetti della casa colorandoli di un fresco blu; è il momento della giornata in cui le tonalità sono più morbide, assumono colori pastello e spicca l’assenza del nero. A mezzogiorno ecco arrivare la luce gialla e intensa, che provoca contrasti e strutture vivaci, facendo percepire gli oggetti più verdi e rossastri. Al calare della sera, quando la luce è intrisa d’inquinamento atmosferico, il nero inizia a mescolarsi con le tonalità, rendendole più passive; le ombre proiettate prendono il sopravvento sulle forme degli oggetti, favorendo la nascita di un mondo mistico. Posso pertanto affermare che il mio obiettivo ultimo è quello di contrapporre il potere del colore al potere della forma. Hai affermato che il colore è una metafora della vita stessa. In che senso? Tutti i giorni ci svegliamo e immediatamente vediamo le cose perché hanno un colore. Il colore tocca innumerevoli e differenti aspetti del design: parole, forme, materiali, spazi, luce. La soggettività di un’esperienza cromatica è importante, è diversa per ogni persona, per ogni superficie, forma e in condizioni di luce mutevoli. Questo rende il colore misterioso e mai uguale, regalando un’identità a una vita. Cosa rende un colore bello? Ne hai uno che prediligi? I colori belli per me sono quelli realizzati con pigmenti di alta qualità, che permettono di respirare con la luce, di assumere nuove tonalità in condizioni differenti. Non sono in grado di sceglierne uno univoco. Si tratta di una domanda talmente complessa perché racchiude una miriade di variabili. Il mio colore preferito... Sì, ma per quale oggetto? Sotto quale luce? Per quale materiale? Su quale superficie? E dove nel mondo? Hai più volte ribadito di voler combattere l’”anoressia del colore” e la monotonia nel design
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Posh Art — Hella Jongerius industriale. In che modo? Confrontiamo ad esempio l’offerta di pigmenti e vernici dell’industria del design con quella dei prodotti dell’industria alimentare. Nel mercato del cibo molte cose stanno cambiando: sempre più consumatori evitano di acquistare alimenti industriali che contengono troppo zucchero, altri prediligono l’assunzione di prodotti bio, altri ancora quelli privi di glutine, e via discorrendo. Sempre più numerose sono le critiche rivolte all’industria alimentare. Purtroppo non vedo un simile atteggiamento verso l’industria del colore, e sono stupita che la maggior parte dei suoi clienti sembra soddisfatta dell’offerta esistente. Personalmente tendo a rivolgermi a piccole aziende che producono vernici artigianali, che lavorano con formule a più strati e con pigmenti più interessanti. È in questi peculiari contesti che trovo i colori più stimolanti per i miei progetti. Quali sono le qualità essenziali di un buon design industriale e come è possibile portare quel valore aggiunto, rappresentato da qualità e artigianalità, nei prodotti realizzati in serie? Per rispondere a questa domanda farei riferimento ad alcuni argomenti trattati nel manifesto Beyond the New che ho redatto con la psicologa e teorica dell’arte Louise Schouwenberg, e presentato nel 2015 alla Milano Design Week. Parto dal concetto che il design non riguarda tanto i prodotti ma soprattutto le relazioni. Per comunicare con i suoi utilizzatori finali, un buon design può svilupparsi, quasi invisibilmente, su diversi piani di significato. Quando queste opportunità non vengono sfruttate al massimo ecco prendere il sopravvento la sua mancanza d’immaginazione. I prodotti d’uso quotidiano sono guardati e maneggiati senza sosta. Le qualità tattili ed espressive dei materiali sono fondamentali mezzi di comunicazione, che richiedono un processo di design pratico e un’intensa esplorazione delle texture destinate alla scala di percezione umana. La particolare posizione dei designer, che si colloca tra produttori e consumatori, dà loro l’opportunità di poter prendere quell’iniziativa finalizzata al necessario cambiamento di mentalità. Possono prendere sul serio i consumatori aiutandoli a guardare con occhi nuovi il mondo degli oggetti, sfidandoli ad apprezzare i significati annessi, i dettagli e le tracce di una grande varietà di tecniche di produzione. Possono attirare l’attenzione dell’industria sull’importanza di un migliore equilibrio fra l’alta qualità, la sfrenata creatività, l’entusiasta sperimentazione, la responsabilità sociale e i fattori economici. Eppure raramente lo fanno. Nel 2008 hai lasciato Rotterdam, la tua città, per Berlino dove hai trasferito Jongeriuslab, il tuo studio-laboratorio. Perché questa scelta così radicale? Dopo aver gestito uno studio per dieci anni, mi sono resa conto d’aver creato un luogo che non mi corrispondeva più. Troppi dipendenti, troppi clienti, troppo rumore di sottofondo. Avrei potuto continuare con successo per altri anni, ma nulla sarebbe cambiato. C’era qualcosa che non andava. Lo sentivo intuitivamente. E del mio intuito, che conosco alla perfezione, mi fido ciecamente.
La soluzione è stata la distanza. Letteralmente. Ho chiuso lo studio di Rotterdam e sono partita per Berlino, città che non conoscevo. All’inizio ho lavorato completamente in solitudine. Col senno di poi, posso affermare che questa è stata una delle mie migliori decisioni. Amo Berlino perché non ha una scena di design internazionale degna di nota. Vi lavoro con tranquillità. Qui sono riuscita a creare una nuova struttura e ora tutto si adatta alla perfezione. Con la tua produzione hai esplorato la moda, l’arredamento d’interni, l’illuminotecnica, la tessitura, la ceramica, la falegnameria. Come riesci ad affrontare progetti così eclettici? Probabilmente perché mi annoio velocemente e perché sono molto impaziente. Garantendomi un così ampio raggio d’azione, sono sicura di rimanere desta e attenta alle novità. Inoltre l’esperienza acquisita in così differenti settori contribuisce in maniera continuativa a fecondare le mie conoscenze e idee. Come speri d’influenzare le attività che ruotano attorno al design industriale per renderlo più responsabile e sostenibile dal punto di vista ambientale? Da quando ho iniziato questa professione il mio principale obiettivo è stato quello di mettere in discussione il mio stesso ruolo. È iniziato con il tema dell’imperfezione all’interno di un processo industriale, una novità un quarto di secolo fa. Il movimento artigianale all’interno della nostra professione, visto spesso come un semplice esercizio di stile, ha dibattuto temi come l’autenticità, l’uso dei materiali e i metodi di produzione. Dopo aver redatto Beyond the New, la mia moralità e la mia responsabilità come designer hanno assunto un ruolo sempre più rilevante. Ho cercato di educare il pubblico iniziando a esporre alcune mostre che ruotavano attorno alle mie ricerche. Negli ultimi anni ho notato che tutti, design business compreso, si sono improvvisamente resi conto del bisogno di un sistema produttivo che si prendesse cura del nostro pianeta. Ritengo sia un grande passo avanti! Credo che l’industria del design, e spero anche la politica, abbia raggiunto la consapevolezza dell’esigenza di un motivo più che valido prima di progettare e produrre qualcosa di nuovo. Al contempo mi auguro che i consumatori smettano di fare acquisti senza senso: abbiamo cose molto più importanti di cui occuparci. A quale progetto stai attualmente lavorando? S’intitola Woven Cosmos, ed è una mostra che verrà inaugurata a fine aprile nei prestigiosi spazi del Gropius Bau di Berlino. È l’occasione per presentare la mia ricerca su come ci relazioniamo con gli oggetti, e su come questi possano guarirci. Il progetto espositivo s’intreccia con la storia dell’edificio che mi ospita, costruito nel 1881 per ospitare il Museo di Arti e Mestieri, glorioso luogo d’incontro tra arte e artigianato. Qualche settimana fa vi ho trasferito una parte del mio studio Jongeriuslab, così da poter produrre le nuove opere direttamente sul posto. Hai un sogno nel cassetto in cui vorresti essere coinvolta? Rendere disponibili in quantità ingenti quei materiali utili a un’economia circolare e durevole, in modo da poter eliminare tutti quelli di origine fossile ancora oggi impiegati nel processo produttivo.
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Posh Design — Agresti
Eccellenza artigianale per la security home Il concetto unico di casseforti di sicurezza nascoste in armadi in legno prezioso rende questa realtà molto differente da tutti gli altri produttori. Nessun altro al mondo offre questa combinazione: sicurezza ed eleganza. Tanti producono mobilia attrezzata internamente con cassette e rotori per orologi, ma restano legati ad un aspetto ancora grossolano e pesante, rivelandosi incompatibili con arredi di lusso. Le meccaniche di emergenza delle casseforti, gli scomparti foderati, la presenza di rotori di provenienza svizzera è ciò che contraddistingue Agresti. La storia aziendale ha radici ancorate all’inizio del secolo scorso, e non potrebbe essere altrimenti, data l’esperienza e la tradizione che caratterizza l’azienda. Nel 1949 Firen-
Sicurezza, eleganza e ricercatezza: queste le linee guida di Agresti che da oltre 70 anni produce eleganti casseforti, cassettoni, mobili di pregio sapientemente lavorati a mano ze, da sempre cornice di arte e bellezza, vede la nascita dell’azienda e da allora ne diventa la culla di tutte le preziose creazioni. Sull’onda della tradizione toscana, l’attività nasce come pelletteria e si specializza poi nella produzione di scrigni in legni pregiati, foderati e suddivisi internamente in modo da poter riporre ogni tipo di gioiello e di valore prezioso, Agresti diventa così un caso unico sul mercato. Dai metalli ai pellami, dai cristalli al
camoscio, dalle pietre all’ottone, tutto viene artigianalmente lavorato rigorosamente a basso impatto ambientale. Nella stessa sede viene eseguita ogni fase del processo produttivo: il legno grezzo viene lavorato da manodopera esperta, che lo modella e lo trasforma in quella che sarà la base di una nuova creazione. Una continua ricerca tecnologica e di soluzioni innovative, dove l’attenzione è sui dettagli, è ciò che rende l’artigianato d’eccellenza. L’innovazione è l’altro punto di forza. Ogni cassaforte è dotata di apertura a riconoscimento biometrico, facciale, o tastiera touch, perché anche i singoli dettagli, devono essere sempre all’avanguardia. Il tocco finale poi è l’ancoraggio alle pareti, che completa il quadro di sicurezza. Tutto è sempre accuratamente celato all’interno di splendidi mobili, realizzati ad hoc per ambienti di pregio. Tutte le casseforti montano serrature certificate secondo la norma EN1300. Agresti ha ottenuto, dal prestigioso Istituto Giordano, la certificazione internazionale secondo lo standard EN 1143-1:2012. Questo importante riconoscimento qualifica le casseforti per la resistenza allo scasso. Tutti i tipi di cassaforte o mobile blindato sono realizzabili su misura, per rendere ogni pezzo unico e adatto ad ogni necessità. Altra innovativa e preziosa creazione è la Panic Room, un ambiente costruito su misura all’interno dell’abitazione, protetto da pareti in acciaio ai carburi di cromo e con porta certificata fino al Grado 5. Al suo interno raffinati mobili per custodire gioielli ed orologi, dotazioni tecnologiche di ultima generazione per garantire la vostra sicurezza in caso di furto o rapina.
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BEAUTY Posh n. 95 —
A cura di Luisa Micaletti
Posh Beauty
LENNY KRAVITZ
Attore, musicista e produttore. Sex symbol since 1964, anno della sua nascita. Sguardo magnetico, ma sempre celato dietro i suoi occhiali da sole rigorosamente neri, dreadIocks e un look inconfondibile. Una rockstar libera da stereotipi e sovrastrutture. Le sue passioni, le sue esperienze, il modo di vivere la vita sono la perfetta incarnazione della nuova fragranza Y di Yves Saint Laurent che l’ha scelto come interprete dell’ultima campagna pubblicitaria che stimola tutti a realizzare i propri sogni! Ora Lenny veste i panni di testimonial come la figlia Zoë Kravitz e racconta a POSH questa nuova esperienza.
A cura di Luisa Micaletti Cosa significa per te vivere una vita piena di soddisfazioni e di successi? Andando avanti negli anni e maturando col tempo, penso ancora al successo della mia arte ma, davvero, per me a questo punto il successo più grande riguarda l’amore. Come ami, come usi l’amore per migliorare qualsiasi cosa nella vita: dalla serenità mentale, dello spirito, alla gratitudine, alla libertà e al significato che tutti noi gli dedichiamo. Che ruolo ha avuto la musica nella tua crescita: è stata un portale per il piacere o una via di fuga? La musica era il mio posto sicuro. Mi portava via con sé e non mi annoiavo mai: da figlio unico impari a occupare il tuo tempo. La musica era la costante delle mie giornate. Oggi siamo così abituati alla tecnologia: streaming, giochi, andare online su Instagram, Twitter, Facebook, YouTube, etc. Ma quando
ero piccolo avevo a disposizione meno di 10 canali TV, la radio, i dischi. La musica dal vivo era fondamentale. Da bambino stavo nella mia stanza insieme al mio giradischi di plastica e i miei 45 giri. Quello era il mio mondo. La canzone «Are You Gonna Go My Way» è stata la svolta che ti ha permesso di realizzare i tuoi sogni? Quello era il mio terzo album, il pubblico mi conosceva e il lavoro stava andando bene, ero sulla giusta strada. Ciò che è stato incredibile è il fatto che non avevo idea che quella canzone sarebbe finita per essere il successo che è diventata. Non assomigliava a niente di quello che in quel momento passava in radio. Era un sound piuttosto grezzo ma è diventato un classico. Ciò che lo ha reso unico è stato l’aspetto visivo. Incontrai un giovane regista di nome Mark Romanek, che stava realizzando ottimi video musicali; ha
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Posh Beauty — Lenny Kravitz
inventato l’intero impianto di illuminazione che era semplicemente incredibile. Alla fine l’immagine, i vestiti, la canzone, l’intera presentazione si sono combinati alla perfezione. Per quanto bella possa essere la canzone, penso che se l’aspetto visivo non fosse stato così d’impatto, il brano non mi avrebbe dato questa spinta. È stata una tempesta perfetta di elementi diversi che ha reso possibile tutto. Ha elevato le cose ad un livello completamente diverso. Grazie a questo mi sono ritrovato a suonare nelle arene di tutto il mondo. Era pazzesco. È stato un bel regalo. Quella canzone è ancora fresca come lo era nel ‘93 quando è uscita. Cosa significa essere un musicista particolarmente libero e potente ? La cosa così bella della musica, ed essere un musicista, è che anche dopo tutti questi anni ne sono ancora innamorato. Ne sono ancora un fan, indipendentemente da tutto il successo che mi ha benedetto. Non ne sono affatto stanco. Sono ancora appassionato. Sto ancora imparando. Yves Saint Laurent Beauté ti ha scelto come interprete della nuova campagna maschile per la fragranza Y, il cui storytelling mira a trasformare i sogni in realtà. Nel film c’è un flashback alla tua infanzia. A questo proposito, cosa sognavi nello specifico da bambino ? Quali erano le tue aspirazioni? Quando ero più giovane, tutto quello a cui pensavo era fare musica perché quella era la mia passione sin dalla nascita. Sapevo di essere attratto dalla musica e sapevo che muoveva qualcosa dentro di me. Mi ha svegliato. Mi ha fatto sentire vivo. Mi piaceva ascoltare i dischi, ascoltare la radio nell’auto di mio padre quando andavamo in giro. Quando avevo sei o sette anni, ho capito che la musica era ciò che volevo fare della mia vita. Mio padre mi fece una sorpresa e mi portò al Madison Square Garden per vedere il mio gruppo preferito, i The Jackson 5. Quel concerto, mi ha trasmesso una profonda energia. Da quel giorno in poi sono stato ossessionato dall’idea di fare una vita nella musica. La campagna di Yves Saint Laurent Beauté guarda anche al futuro. Riesci a ricordare un momento della tua vita in cui hai dovuto chiamare a raccolta tutta la tua determinazione per raggiungere un obiettivo? Credo sia una costante di tutto il mio percorso. Mi sono trasferito quando avevo 15 anni. Sono uscito per strada e ho vissuto in macchina, sui divani delle persone, nei salotti degli studi di registrazione e negli scantinati, ho dormito sui pavimenti. Sono uscito di casa
perché ho scelto di espormi al mondo e capire come avrei fatto a cavarmela. Il mio college erano le strade. Questa esperienza mi ha insegnato tutto. Tutti i personaggi e le persone che ho incontrato, tutte le esperienze che ho vissuto sapevo che mi avrebbero portato a trovare la mia strada musicale. Ho continuato a crescere. Sono passati anni tra il momento in cui me ne sono andato di casa e quando ho ottenuto il mio contratto discografico, a 23 anni. Quella era la mia vita. Ma per tutto il tempo si è trattato di affrontare la vita ponendomi la domanda: “come riuscirò a farcela?”. Raccontaci dell’esperienza di lavoro con Anton Corbjin e David Sims, artefici di questa nuova campagna pubblicitaria per la nuova fragranza Y. In che modo la tua creatività si è allineata a quella di questi grandi talenti? Prima di tutto, sono un fan di entrambi i loro lavori come fotografi e come artisti. Avevo già lavorato con Anton quando è uscito il mio secondo album, Mama Said; abbiamo realizzato insieme la copertina della rivista SPIN che includeva uno shooting nel deserto. Mi ha anche fotografato per il suo stesso libro. Quindi lo conosco e mi è sempre piaciuto lavorare con lui. Amavo tutte le cose che ha fatto con i Depeche Mode e gli U2. Sono sempre stato un suo fan, soprattutto dei suoi scatti in bianco e nero. David Sims invece l’ho conosciuto per la prima volta quando ho visto la sua prima campagna in bianco e nero di Saint Laurent. Quando ho visto quei cartelloni pubblicitari, mi sono detto: “Queste fotografie sono stupende. Amo la sua luce”. Quindi, anni prima che questa campagna si realizzasse, avrei voluto lavorare con lui e ora ho finalmente avuto l’opportunità di partecipare a questo nuovo progetto. Anch’io sono un fotografo, ed è stato bello lavorare insieme e scambiare punti di vista sulla fotografia. Entrambi sono stati molto aperti alle mie opinioni, molto accomodanti e gentili. Ci siamo divertiti molto. Cosa ti viene in mente quando pensi a YSL? E come il marchio si allinea con te in termini di valori? Lo amo. Il brand è assolutamente allineato a me. Lavoriamo molto bene insieme. Per una volta riesco a seguire le orme di mia figlia Zoe come ambasciatore del marchio e adoro questa cosa. Ma partiamo dall’uomo stesso: sono sempre stato un fan di Yves Saint Laurent, del suo lavoro, della sua estetica, del suo stile di vita, della sua audacia. Era super eclettico. Indosso gli abiti del marchio perché rappresentano il mio stile, e ogni volta l’impressione è come se qualcuno stesse progettando l’abito proprio per me. Ho trovato sempre il fit naturale, non era qualcosa in cui
dovevo adattarmi o modificarmi. Fa parte del mio stile di vita da così tanti anni. Come descriveresti le note e il profumo generale di Y? Adoro il fatto che appena si indossa questo profumo il suo sentore è molto fresco e pulito, e poi, grazie alle note di cuore e di fondo, assume una connotazione molto sensuale. Ci sono dei toni profondi. Non voglio qualcosa che sia solo fresco. Deve avere personalità. Y ha questa intensità. Nella tua vita quanto conta la cura personale? Nel complesso, sono molto semplice. Ho iniziato a prendermi cura di me quando ero al liceo, curando il mio corpo e mangiando biologico. Questo mi ha portato a prendermi cura di me, sia fuori che dentro. Ho iniziato ad applicare prodotti naturali sul viso, sul corpo, sui capelli. Hai una routine quotidiana? Per la maggior parte delle volte tendo a lavarmi il viso solo con acqua, oppure con un sapone naturale molto delicato. Ho i dreadIocks, quindi non devo fare nulla se non tenerli puliti e oliati, il che è molto semplice. E come step finale uso la mia fragranza.
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Posh Beauty
Earth effect
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A cura di Luisa Micaletti Photography & Set Design by Roberto Felicioni
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Oud Ispahan apre le porte di un palazzo d’Oriente dai muri color ocra che cattura con i suoi sentori. La scia fumé di un legno che brucia, la dolcezza dell’acqua di fiore che rimane sulle mani. È il profumo di questa atmosfera soave nella quale fluttuano odori di rosa, di incenso e di resina. Una fragranza vellutata e corposa come le rose d’Oriente.
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Un profumo frizzante e fresco che esorta a sognare. Un mix di fiori scintillanti e agrumi, bilanciati da una distensione legnosa-muschiata. Il maître parfumeur Michel Almairac ha immaginato una fragranza che permea, con le sue atmosfere eteree, una città dai confini fluttuanti e si libra nell’aria diffondendo pace e serenità.
Gabrielle Chanel non si lascia definire dal suo segno zodiacale ma, al contrario, lo rende suo. Fiera e passionale, ne incarna l’ispirazione e il leone diventa un suo emblema. Potenti e sensuali, le note ambrate e gli accenti di cuoio del labdano e del patchouli sono ammorbiditi e ravvivati dalla vaniglia e dal bergamotto in un profumo avvolgente, maestoso e raffinato.
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Patchouli Ardent accende i riflettori sul più nobile degli ingredienti, le cui sensuali note profumate hanno oltrepassato i confini dell’Est per conquistare il mondo intero. Il patchouli si unisce alla firma inimitabile di Guerlain e nasce una fragranza audace e luminosa che inebria i sensi.
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Giorgio Armani svela Sì Eau De Parfum Intense, un’interpretazione della fragranza classica ancor più intensa e sofisticata, che racchiude fiducia ed energia. Forte e libera, la donna Armani osa dire Sì alla parte più intensa di se stessa. Et voilà, un chypre orientale fruttato che infonde sicurezza e determinazione.
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Una crema anti-age ad alte performance ispirata alle principali scoperte scientifiche cutanee che ottimizza il ciclo naturale di bellezza della pelle per un aspetto più giovane. Scrigno di preziosità, La Crème Clé de Peau Beauté combina più di cinquanta ingredienti attentamente scelti per donare luminosità alla pelle e aumentare al massimo il suo potere di autorigenerazione.
Dall’associazione delle competenze del Laboratoire Nuxe sugli oli vegetali e i trattamenti anti-età, questo siero all’acido ialuronico naturale è infuso con migliaia di microsfere di oli vegetali frazionati. Stimola i meccanismi di giovinezza della pelle per una straordinaria efficacia anti-età. Già dalle prime gocce, la pelle è come trasformata: levigata, rimpolpata e luminosa.
Posh Beauty
Indipendent & strong
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Photographer Adrianna Favero Make-up artist Elika Hilata Hair Stylist Paula Salas Bloise Make-up Assistant Emma Ando Model Viktoria Viktorenkkova
SISLEY
Face Sisleÿa le Teint Fondotinta — Eyes Les Phyto Ombres and So Intense Mascara — Lips Le Phyto Rouge
GIVENCHY
Face Prisme Libre Skin-Caring Glow — Eyes Magic Khôl — Lips Le Rouge Mat
YVES SAINT LAURENT
Face All Hours Foundation — Eyes Couture Colour Clutch and Dessin du Regard Waterproof
DIOR
Face Dior Prestige — Eyes 5 Couleurs Couture Palette — Lips Rouge Dior Balm lip gloss
CHANEL
Face Chanel Vitalumière — Eyes Le Liner De Chanel — Lips Chanel Rouge Allure
Posh Wine Experience — Nativ
(Eno)Tecnologia Nativ è nata da oltre 10 anni nel cuore dell’Irpinia, a Paternopoli, dalla volontà del Dott. Mario Ercolino, Enologo di fama internazionale, e della Dott.ssa Roberta Pirone con il fine di realizzare vini d’eccellenza frutto di una importante e radicata esperienza nel settore. Nel tempo l’azienda è cresciuta, evolvendosi, accogliendo anno per anno nuovi collaboratori mantenendo però costanti le figure direttive, riuscendo ad ampliare la gamma di prodotti, difatti oggi l’azienda conta 16 referenze per vini fermi, due spumanti brut e rosè, un olio extravergine di oliva, blend di varietà locali ed uno a base di monocultivar ravece, tipica varietà della zona Irpina. Adesso Nativ ci racconta il suo nuovo ingresso: Segreti, un vino particolare che piace alle giovani generazioni di appassionati. Come ha risposto l’azienda all’attuale crisi causata dalla pandemia? Il momento storico che stiamo vivendo sta mettendo a dura prova l’economia italiana e quella globale da oriente ad occidente. Il mondo del vino ha subito dei rallentamenti ma fortunatamente, non tramutabili in drastico stop grazie all’avvento della commercializzazio-
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Nativ ci racconta la svolta digitale e l’ingresso di un nuovo vino nato da un’insolita vendemmia novembrina ne digitale, in forte fase espansiva, la quale ha notevolmente incentivato la promozione e vendita dei prodotti via web. L’insieme di questi fattori, unitamente alle capacità organizzative del nostro team aziendale ci ha permesso di affrontare questo momento di crisi pandemica guidandoci verso un approccio lavorativo più innovativo, dinamico, focalizzando maggiormente l’attenzione sulla messa in opera di nuovi progetti. Nel frattempo è nato un nuovo vino chiamato Segreti. In questo periodo un pò incerto la spinta propulsiva è stata segnata proprio dal lancio di “Segreti” un Aglianico Nero in purezza, da terre Vulcaniche nelle contrade Valle del Ceraso e Fontana Marena, in agro di Paternopoli nato da un’insolita vendemmia novembrina. Macera e fermenta attraverso una lievitazione indigena, poi viene stagionato in legno di rovere
per un anno e mezzo, per finire il suo affinamento in bottiglia per un periodo di circa sei mesi. Nei suoi parametri organolettici più autentici è un vino di grande generosità. Il nostro enologo Mario Ercolino lo definisce “impenetrabile, robusto, grasso, leggermente acido-amaro, spigoloso e al contempo vellutato, un vino di “carattere” come è solito essere l’aglianico.” I clienti potranno acquistarlo direttamente in azienda o presso le principali enoteche italiane. Le nuove generazioni di clienti (ovviamente maggiorenni) in che modo si dimostrano interessati al mondo dell’enologia? La nuova generazione è molto vicina al mondo del vino, ed è attratta dalle storie che nascono dietro ogni bottiglia, vuole visitare le cantine e i suoi luoghi di produzione, ama assaggiare il buon cibo accompagnato da un ottimo bicchiere di vino e soprattutto adora sperimentare il vino in abbinamento con nouvelle cousine, cucina molecolare, street food, ma anche con i cibi più tradizionali. Non ama i pregiudizi e si imbatte senza inibizioni nella ricerca di “esperienze complete” che suscitano principalmente emozioni. La tecnologia in che modo è di supporto all’azienda? Software gestionali, impiego di tecnologie di nuova generazione e linee di imbottigliamento completamente automatizzate sono fonte di supporto per un’azienda il cui core business è la ricerca di nuovi modelli di vino in cui tradizione e innovazione vanno incontro alle esigenze delle generazioni future.
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TRAVEL Posh n. 95 —
A cura di Enrico Cammarota
Posh Yacht
IL PIACERE, IL SOGNO, LA LIBERTÀ
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Baglietto_MY Severins_ph. Edmiston
Imbarcazioni sempre più innovative, performanti, tecnologiche e sicure nei piani di sviluppo di un marchio iconico dell’eccellenza italiana, Baglietto. Senza tralasciare il gusto per il design esclusivo, il comfort e la cura per i dettagli, come racconta il nuovo CCO (Chief Commercial Officer) Fabio Ermetto
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Posh Yacht — Fabio Ermetto
di Marco Torcasio Se esiste un marchio sinonimo di innovazione, spirito creativo, genio tecnico, sostegno a ricerca e sviluppo, questo è senz’altro Baglietto. L’iconico brand del Gabbiano affronta le sfide del presente con un rinnovato management che vede nell’impiego delle nuove tecnologie la chiave di volta per uno sviluppo competitivo e sostenibile. A portare avanti questo ambizioso obiettivo è stata chiamata una figura di fiducia dell’azionista di maggioranza, Diego Michele Deprati, che assume il ruolo di CEO. Affianca Deprati un team di spicco del settore nazionale e internazionale: Fabio Ermetto come Chief Commercial Officer, Luca Ghirlanda a capo delle Operations, Guido Penco in qualità di Direttore Tecnico e Daniele Bellotto CFO. Fabio Ermetto, 49 anni, laureato in ingegneria navale in Olanda, è un professionista riconosciuto e molto stimato nel panorama nautico internazionale. Ha svolto funzioni di rilievo sia in Italia, come CCO del cantiere Benetti dove ha lavorato per 10 anni, occupando anche la carica di Presidente di Fraser Yachts, sia all’estero, dove per sette anni ha ricoperto il ruolo di Direttore Sales & Marketing per il cantiere Heesen. Relativamente alla nuova nomina dichiara: «Sono molto felice di questa inedita sfida che sono pronto ad affrontare con grande entusiasmo. Baglietto è un marchio che non ha bisogno di presentazioni, la sua è una storia di eccellenza e non posso che essere onorato della fiducia che mi è stata accordata». L’abbiamo raggiunto per un’intervista a tuttotondo. Nel comparto dell’industria nautica le nuove tecnologie rappresentano uno strumento per crescere in termini di competitività. Qual è il nuovo corso dell’innovazione che Baglietto intende percorrere? Ci sono delle innovazioni del passato che oggi fanno parte degli standard, basti pensare alle pinne stabilizzatrici impiegate per smorzare il rullio delle barche che fino a quindici anni fa non esistevano. Oggi l’innovazione verte tutta sull’ibrido, sull’elettrico e su nuovi tipi di propulsione. Già in passato ci sono stati yatch costruiti con propulsione diesel-elettrica che però non possiamo definire innovativa perché utilizzata anche in ambito commerciale per il trasporto di passeggeri. Ciò che ci permette di parlare di vera innovazione è l’avanguardia delle nuove tecnologie applicate alla propulsione. Baglietto è stata ed è tuttora leader in questo campo. La prima barca italiana a propulsione ibrida sotto la classe Lloyd’s Register è stata costruita solo
qualche anno fa, ma ha rappresentato una forte spinta nella direzione del rinnovamento. La propulsione in casa Baglietto prevede tre fonti di energia: i due motori tradizionali, i generatori a giri variabili e le batterie. Queste tre fonti possono essere utilizzate separatamente o in combinazione l’una con l’altra. Il più importante vantaggio dato dalla loro sinergia è riscontrabile nel comfort che si crea a bordo. Le batterie, ad esempio, consentono di utilizzare l’imbarcazione di notte, anche al largo, senza i generatori accesi per un comfort totale. Permettono altresì di accedere ad aree precluse - come le riserve naturali - alle imbarcazioni che non rispettano determinati standard di ecocompatibilità. La combinazione di batterie e generatori permette inoltre di raggiungere range di velocità proibitivi per barche di queste dimensioni (40mt), e un’autonomia di quasi settecento miglia, che consente di andare e tornare dagli Stati Uniti con un solo pieno. Con il nostro ufficio tecnico stiamo già lavorando agli step successivi e, nel corso del 2021, contiamo di poter presentare il prossimo passo dell’innovazione in ambito delle tecnologie green.
Nelle foto a fianco, gli interni del SEVERIN’S
Anche le diverse configurazioni a bordo permettono una modalità di navigazione più efficiente e tecnologica? Ci sono tante innovazioni tecnologiche meno percepibili, meno visibili, come quelle che riguardano i materiali utilizzati a bordo o impiegati per l’isolamento. Un tempo si adoperava la classica lana di roccia, oggi invece troviamo pannelli di spessore ridotto, con caratteristiche che permettono l’abbattimento di vibrazioni e rumore. Senza contare l’innovazione riscontrabile nelle componenti elettroniche di navigazione. Ancora oggi per molti costruttori la plancia classica è quella composta da tanti elementi. Ci sono invece plance integrate in un sistema che riesce a scambiare dati con il televisore o addirittura con l’ufficio dell’armatore, che così può controllare in tempo reale non solo la posizione della barca, ma tutto il complesso sistema di monitoraggio. Come avviene la ricerca di soluzioni tecnologiche certificate e compatibili con l’ecosistema ai fini di uno sviluppo che parli il linguaggio della sostenibilità? Nel settore nautico è molto importante integrare innovazione e sostenibilità collaborando con aziende che abbiano alle spalle una ricerca industriale non solo in abito nautico. Per quanto riguarda il sistema di controllo e di gestione della parte ibrida, ad esempio, lavoriamo in sinergia con Siemens, un’importante realtà internazionale capace di sviluppare tecnologie industriali a 360°, mantenendo sempre alta l’attenzione verso le tematiche ambientali e di tutela del mare. In questo quadro così sfaccettato, quali sono le variabili più sfidanti per un’azienda
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Posh Yacht — Fabio Ermetto
come Baglietto che racconta l’eccellenza? La sfida più importante è credere nella propria Company’s Identity e proseguire in questa direzione. Ci relazioniamo con clienti che talvolta hanno un atteggiamento di stampo conservativo, quindi per spingere su questo tipo di tecnologie bisogna che il cantiere creda realmente nei propri investimenti.
Fabio Ermetto CCO (Chief Commercial Officer) Baglietto
Le richieste degli amatori posso spingersi fino a personalizzazioni estreme. Perché tutto questo non inficia in alcun modo l’identità Baglietto? Una delle caratteristiche del nostro modello di business è quella di non puntare troppo sulle unità prodotte, ma sulla personalizzazione. È vero che molti clienti vogliono una customizzazione estrema, ma è principalmente legata all’estetica, al layout, all’uso dell’imbarcazione. Entrano quindi in gioco variabili di design e non di costruzione. Cosa cambia con il suo arrivo nello sviluppo della gamma di prodotto? Il mio arrivo coincide con un rinnovamento completo del top management aziendale. Quasi tutti i manager delle diverse aree del cantiere sono arrivati infatti negli ultimi mesi. Ad accompagnare il cantiere in questo passaggio è stato confermato il designer di riferimento di Baglietto, Francesco Paszkowski, che da più di 20 anni ne interpreta l’anima e lo stile inconfondibile. Le linee proposte saranno 3: ad una linea dislocante più “tradizionale” (TLine) si affiancheranno due linee di imbarcazioni veloci altamente performanti e largamente innovative (Fast e Superfast). La strategia generale intende legare fortemente lo stile all’identità del Baglietto. Se ci fossero delle richieste di “custom” estremamente distanti da noi cercheremmo comunque di avere un prodotto finale quanto più aderente al posizionamento del marchio. Raccontiamo maggiori dettagli delle tre linee… La linea dislocante, TLine, in acciaio e alluminio include modelli dai 40 mt ai 65 mt. Il cantiere ha già venduto la prima unità di 52m e una seconda è in produzione in speculazione per consegna nella primavera 2023. Il T52 è un’imbarcazione che parte dalla tradizione Baglietto, di cui riprende gli stilemi più classici, per trasferirla in un contesto contemporaneo ed attuale. In particolare, l’imbarcazione, che resta sotto le 500gt, prevede importanti innovazioni stilistiche nelle aree di poppa e di prua. Completamente ridisegnata, la poppa si presenta aperta con un beach club disposto su 3 livelli. La grande piscina presenta la particolarità di una chiusura “a scomparsa”, grazie a un pavimento con movimentazione
up/down. Le finestrature a tutta altezza dei saloni contribuiscono a mantenere il contatto con il mare anche all’interno. Degno di nota in particolare lo sky lounge sull’upper deck, apribile su 3 lati grazie alle finestrature a scomparsa totale. A prua, una scala retrattile collega direttamente il sun deck con l’upper deck, che ne diventa naturale espansione. Lo yacht avrà come dotazione standard la propulsione ibrida che permetterà la scelta di una modalità di navigazione più efficiente per ridurre i consumi e l’impatto ambientale. L’autonomia con modalità diesel elettrico può, infatti, arrivare fino a 7.600 nm con la possibilità di ormeggio all’ancora fino a 10h con il supporto delle sole batterie. I due motori MTU 16V2000M86 consentiranno tuttavia all’imbarcazione di raggiungere la considerevole velocità massima di 17 nodi e un’autonomia di 3.600 nm in modalità tradizionale. Le Linee veloci FAST e SUPERFAST in alluminio prevedono modelli dai 40m ai 50m. Al momento allo studio in fase avanzata un modello FAST di 48m e un 50m SUPERFAST, quest’ultimo con propulsione a idrogetto. Le linee FAST e SUPERFAST pongono l’accento sulle prestazioni per un cliente ben definito nelle sue scelte stilistiche. Per quanto riguarda la linea “traditional” la sfida è più difficile e si gioca in un mercato molto più ampio. La mission è trovare il giusto equilibrio tra qualcosa che sia stilisticamente innovativo, senza estremizzazioni, e qualcosa di “timeless”. Ciò rende il marchio Baglietto unico: imbarcazioni definitivamente moderne e “attractive” anche a distanza di anni. Quali saranno, a suo avviso, i più grandi cambiamenti di prospettiva nel mondo della nautica nel 2021? Il più importante lo stiamo già vivendo: ritornare alla sostanza delle cose. Il fatto che i cantieri riescano sempre più a personalizzare l’esperienza dell’amatore ci porta a ritrovare quello che ci sta mancando in questo momento: il piacere. La forza di Baglietto sta in un grande team di professionisti che condividono la stessa visione. Riusciamo a trasmettere ai nostri clienti tutto l’amore che mettiamo nel nostro lavoro e la nostra mission è far apprezzare al massimo l’esperienza della costruzione senza perdere di vista la dimensione del sogno, parte integrante del nostro DNA.
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FRANCIACORTA MON AMOUR
È stato uno degli inventori della “bollicina” più amata in Italia, resta innovatore nel rispetto del territorio. Ha la magnifica ossessione della qualità e quell’insoddisfazione che consente a Cà del Bosco di essere una cantina di riferimento. Ed è convinto che il Padreterno sia l’unico a poter decidere del vigneto.
di Murizio Bertera Maurizio Zanella, fondatore e presidente di Cà del Bosco, lo sa che la celebre battuta sul Padreterno come socio di maggioranza della sua azienda in Franciacorta è una delle più citate nel mondo del vino? Mi diverte saperlo. Però, ribadisco che non è una battuta. Chi costruisce un orologio o un’auto segue standard precisi anche per decenni, senza cambiare una virgola, e al massimo dipende da scelte manageriali. Una cantina, pardon qualsiasi azienda agricola, deve sperare che il socio di maggioranza sia generoso con le vigne, in modo che si parta da una qualità e una quantità elevate per creare il vino. Una sfida terribile che si rinnova ogni 12 mesi. Lo scorso anno, purtroppo, è iniziata una sfida ben più complicata che sta proseguendo. Sono cambiate molte cose: anche il vino? No, assolutamente. La pandemia ha solo fatto capire a tutti - ma noi lo sapevamo da tempo - l’importanza di un maggiore legame con il territorio e la natura perché il vino si fa in vigna e non in cantina. Evito di citare la sostenibilità perché tanti si riempiono la bocca del concetto e non la praticano, meglio tenere un approccio “gentile”: non abusare della terra, lavorare per
una resa corretta dei vigneti e non utilizzare prodotti chimici. Quanto è successo ha aperto gli occhi in modo definitivo, secondo me. In effetti, è considerato uno dei padri del Franciacorta DOCG, un costante innovatore. Fa parte del suo carattere essere sempre all’avanguardia? In realtà penso sempre che ci siano persone più preparate e illuminate del sottoscritto. Io vivo nella perenne insoddisfazione e guido un’azienda dove tutti i collaboratori si mettono in costante discussione, a volte sin troppo. Viviamo in uno stato di tensione positiva, per rendere felici i consumatori. Cà del Bosco è nata da una intuizione giovanile. Visione pura. Avevo 16 anni quando un viaggio in Francia mi illuminò. Ritornato in Franciacorta, ho detto ai miei genitori “Dobbiamo creare una vera cantina” e mi hanno seguito nel sogno. Ca’ del Bosco nasce proprio come casa di campagna della mia famiglia, negli anni ‘60: la acquistò mia madre (Annamaria Clementi, a cui è dedicata l’etichetta top della cantina, ndr). Una piccola casa in collina ad Erbusco, due ettari di proprietà immersi in un fittissimo bosco di castagni.
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‘Render by MIR ©Zaha Hadid Architects’
Posh Finest — Maurizio Zanella
Ce l’avete fatta e ce l’ha fatta anche il Franciacorta. Direi di sì. Abbiamo stabilito delle regole particolarmente strette per la DOCG e stimolato una crescita costante della qualità, con un chiarissimo obiettivo: diventare una delle migliori aree di produzione nel mondo, recuperando il gap sulla tradizione. Siamo giovanissimi rispetto ad altri territori, il grande vino italiano nasce solo 60 anni fa: ci vuole almeno un secolo per diventare adulti, quindi ne riparliamo dopo il 2070… Lì si che berremo un signor Franciacorta.
Maurizio Zanella fondatore e presidente CA’ del Bosco
Parliamo di Champagne o siamo inopportuni? Assolutamente no, anzi. Lo adoro, è una denominazione meravigliosa e il riferimento per chi produce gli “sparkling wines”. Però, attualmente, è un esempio da seguire per il venti per cento perché nella zona l’agricoltura è passata in secondo piano rispetto al marketing. E mi dispiace, visto che quel famoso venti per cento resta un sogno per chi ama i grandi vini. Anche per lavoro, lei è un grande viaggiatore. Tre mete imperdibili? Il Giappone al primo posto: riscontro un rispetto del passato, della tradizione mai così elevato nel mondo. E preferisco Kyoto alla più moderna Tokyo proprio per questo motivo. Come amo il loro integralismo per la qualità assoluta. Mi piace molto anche la Cina, perché nonostante il regime abbia fatto di tutto per cancellare il passato, sta tornando fuori ed è bellissimo. È un Paese che va seguito con estrema attenzione da chi lavora nel vino, perché un giorno sarà il principale mercato: basta un semplice calcolo: la media di consumo più bassa al mondo è di mezza bottiglia per abitante, in un anno. Fanno 700 milioni di bottiglie. Manca la terza meta. La Francia: da Lione a salire resta meravigliosa. C’è la storia del cibo e del vino.
Nella foto a destra, Ca’ del Bosco Gravity and Untitled Coloumns by Rado Kirov Ph Massimo Listri
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A proposito, da grande appassionato di fine dining, esigiamo i locali preferiti sapendo già che non si pronuncerà su quelli italiani. Due purtroppo non ci sono più ma li cito: Robuchon a Parigi e Le Cirque a New York. A Tokyo, mi fa impazzire Sukiyabashi Jiro, dove il maestro del sushi ha 95 anni: aveva tre stelle ma la Michelin lo ha tolto dalla guida perché non si può prenotare. Sempre a Parigi, adoro L’Ami Louis dove ci sono il foie gras, le rane, l’agnello: un ‘pieno’ di tradizione, servito da camerieri che sembrano usciti da un ristorante dell’800. Il vino non sta cambiando nella pandemia, la ristorazione sì. Quale futuro vede? Penso a una netta distinzione tra i locali dove
si mangerà bene, ma con maggiore informalità nel servizio come “praticità” nei piatti, e quelli che potrei definire di “super fine dining” per quella nicchia di clienti, pronti a spendere molto per avere il massimo in tutto. E sono convinto che in questi posti, ci sarà un ritorno alla grande tradizione, cloche e guanti bianchi. Ca’ del Bosco è anche un luogo con straordinarie opere d’arte. Come mai? Al di là della mia passione per la scultura contemporanea, l’arte è stata un tentativo ulteriore di dialogare con un certo tipo di pubblico. Negli anni ’80, per far capire che il vino che vendevi non era quello del bottiglione dell’Oltrepò, dovevi intercettare i clienti più colti con una scusa. Ho pensato che questa fosse la migliore. Chi veniva qui e capiva di arte pensava: allora il vino è un fatto di cultura. Mal che vada, pensavo, mi resteranno delle cose belle da vedere. Cosa avete in serbo di importante? Ci stiamo preparando, con gioia e umiltà, al 2022 quando festeggeremo i 50 anni dal debutto sul mercato della prima etichetta di Cà del Bosco: il Pinot Franciacorta Bianco. È lì che è nato il “Metodo Ca’ del Bosco”: in cosa consiste? Qualcosa di personale, forse persino romantico. Vuol dire avere a cuore l’eccellenza del vino, l’integrità del territorio ed il rispetto della tradizione. Significa continuare a migliorarsi, non adagiarsi mai nella celebrazione della memoria. Coniugare modernità e passato. Sostiene sempre che in nome di una storica amicizia e della sua nota passione per il Milan, una volta in pensione, intende fare l’autista di Adriano Galliani che nel frattempo è diventato pure Senatore. Conferma il programma? In parte, lo faccio già: quando ci troviamo per sederci in una buona tavola, guido io. Ma se in ballo c’è una partita di calcio, guida lui. Era il modo per dire che in futuro intendo dedicarmi di più agli amici veri, come lo è Adriano. Poi la pensione… Diciamo che non posso lamentarmi di quanto ho combinato sinora ma dubito di limitarmi al tempo libero. E pure Galliani farà così. Abbiamo scoperto che il suo vino preferito è il Pinot Nero... Sì, perché è il più duro da maneggiare, quello che soffre di più, quello per cui serve più il cuore che la tecnica pura. Quando sembra un’annata ottima, viene una schifezza. Quando sembra una schifezza, è ottimo. Come le ho detto prima, mi piacciono le robe difficili. Sono un integralista mai soddisfatto del suo lavoro.
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Posh In The City — Milano
Progetto NH Collection in CityLife, Fronte Est
NH Collection CityLife Nella cornice di CityLife nascerà il prossimo top hotel di NH Collection, brand che guarda alla città di Milano con un nuovo cinque stelle in apertura nella seconda metà del 2021. La riqualificazione architettonica farà del complesso edilizio in via B. Colleoni - l’ex-chiesa di Cristo Re - un nuovo spazio ricettivo di alto livello. QuattroAssociati Architetti, lo studio incaricato del restyling, realizzerà uno stabile dall’iconica forma, una struttura di grande carattere che riconfigurerà gli stessi ambienti come erano nell’antica chiesa. Le altezze e le nicchie dell’impianto originario verranno incluse nella prima parte all’ingresso, dedicata quindi più all’accoglienza, agli spazi condivisi e ai servizi dell’hotel (fra cui un ristorante e un grande centro congressi per ospiti più business). In un’ala posteriore e totalmente nuova, invece, saranno ospitate le sue 185 camere e suite, realizzando un edificio di spiccata altezza per garantire agli ospiti così una splendida
terrazza, direttamente affacciata sullo skyline della città con una piscina panoramica mozzafiato. Proprio qui, la scommessa è quella di creare un rooftop degno di diventare uno dei ritrovi della prossima nightlife milanese.
“Tutto è pronto nella città che guarda oltre il presente”
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MILANO THE NEXT ERA
Le prossime residenze contemporanee aperte sullo skyline, il recupero di ex-Chiese e di storici edifici che diventano hi-tech hotel di lusso, le nuove terrazze per il prossimo finest food, immense e versatili penthouse vocate a dettagli del miglior made in Italy. Ariosto Social Club
Ariosto Social Club
Il massimo comfort nel cuore della città e la privacy di una casa privata. Questo il concept che lancia una proposta fra le più esclusive nell’era della nuova Milano. Ariosto Social Club, seguendo la tendenza d’habitat newyorkese o londinese, è una realtà residenziale in via Ariosto 22 che sceglie per sé il meglio del made in Italy. Complementi del design italiano più ricercato, come le cucine di DADA, soluzioni d’arredo firmate da Molteni&C. e Vitra, così come raffinati dettagli, dai plaid in morbida alpaca di Society Limonta ai diffusori profumi ambiente Ortigia. Varie le metrature, fino al loft, il più gettonato e contemporaneo, per chi cerca nelle parentesi di piacere o lavoro nel capoluogo lombardo e dove, fra le opzioni, figura anche uno chef per private dinner. Nel progetto però non ci sono solo spazi abitativi, ma anche un centro fitness privato all’avanguardia con personal coach curato dal progetto AIM – Awareness In Movement (distinto in tre aree Sport, Spa e Health), il salone
del famoso hair fashion designer Yasantha Chanaka e un bar lounge dedicato agli ospiti. Non ultima poi una boutique per “private opening”, multi-ispirazionale, con capi moda, accessori selezionati e décor per la casa che nascono dal gusto di Valeria Benatti, ex-speaker radiofonica di successo, scrittrice, nonché co-ideatrice dell’intero progetto Ariosto Social Club insieme a Emanuele Vitrano Catania, già nel settore con il Gruppo Brera Hotels. “Ho sempre amato la moda e la ricerca di oggetti originali e unici – ci confida Valeria - aprire a Milano uno store che contenga tutto ciò che mi emoziona è una bella sfida. Mi piace molto poi l’idea di accogliere le persone una ad una, dedicando loro il tempo e la cura che si usa in Medio Oriente: lì il cliente viene fatto accomodare, gli si serve del tè, si chiacchiera con lui. Lo stesso vorrei fare io. Sono per lo slow-shopping: penso che faremmo bene a rallentare, a prenderci del tempo, ad assaporare ogni attimo senza fretta”.
Posh In The City — Milano The Radisson Collection Hotel Palazzo Touring Club Radisson Collection Hotel Palazzo Touring Club, prossimo all’apertura (la data è fissata per il 1° maggio) dopo anni di lavori, sorgerà nell’ex storica sede dell’associazione turistica di Corso Italia 10. Spazi smart anche in day use, un open space fra lobby, libreria, un bar con due soppalchi (uno pensato anche come privée). E poi il Ristorante Bertarelli - dal nome del fondatore del TCI - aperto sempre: un gourmet à la carte che proporrà la cucina italiana innovativa ma anche ben legata alla tradizione locale milanese. Le camere dai soffitti alti ricavate nel Palazzo Bertarelli (tutelato dalla sovraintendenza) saranno 89, di cui 7 junior suite da 40 mq, 2 suite da 60mq e una Presidential Suite che resta il must to be dell’hotel per i suoi interni affrescati. Ubicata al primo piano, sarà di 105 metri quadrati e tutti decisamente multifunzionali, ideali anche per cene private o eventi esclusivi. Allo scopo anche lo speciale mobilio disegnato ad hoc da Studio Piva (incaricato del restyling dell’intera struttura), realizzato per predisporre la massima personalizzazione di ogni ambiente. E poi la super-esclusiva SPA interna che avrà una sola cabina massaggi - “Penso sia importante dare un servizio dedicato agli ospiti” ci spiega il direttore - con una sauna, un hammam, una sala relax ed un tunnel emozionale.
A Riccione Terrazza 12 Si colloca al nono e al decimo ultimo piano del palazzo Brian&Barry, in San Babila, il nuovo locale di Giuseppe e Dante Di Paolo, il terzo opening nella città su cui hanno scommesso i fratelli da un oltre un ventennio e su cui investono anche per il prossimo futuro. Dopo il Bistrot e A Riccione, l’idea è godere di una prospettiva nuova, letteralmente, continuando la felice esperienza con A Riccione - Terrazza 12. La ricetta vincente punta sempre sul pesce di ottima qualità, ma aggiungendo qualcosa in più. Dopo un collaudato delivery gourmet, la sfida punta ora sul progetto che dedica al nono piano il nuovo ristorante, ormai ultimato e pensato per pranzi e cene e
occasioni speciali, mentre riserva un “comfort menu” nel lounge bar che si svilupperà proprio sul rooftop più ambito dell’edificio. “La parte del lounge bar permetterà di arricchire la nostra proposta non solo per un aperitivo esclusivo ma anche per il dopocena in un’atmosfera elegante e rilassata vista Madonnina - ci confida Dante - Sarà possibile prenotare per un proprio evento privato la location ricevendo una proposta cucita su misura e offrendo la possibilità di corner dedicati come quello di ostriche selezionate accompagnate da champagne o cockatil creati dai nostri bartender in un perfetto abbinamento food pairing”.
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Obiettivo export
La miglior difesa, spesso, è l’attacco. Tagliatore risponde al momento di crisi generale scommettendo su se stesso e aprendo il suo primo showroom direzionale.
Si chiama House of Tagliatore ed è situato a Milano, all’interno di Palazzo Meroni, al civico 1 di Corso Italia, affacciato su Piazza Missori. Una nuova casa dove stile Liberty e Rococò interagiscono piacevolmente, che il brand fondato nel 1984 ha scelto proprio in virtù di questo dialogo tra dimensioni parallele. Il
Contenitore itinerante di cultura
Debutta RBRSL HOUSE, un luogo in cui saranno presentati progetti artistici e contaminazioni di pensiero, un luogo dove arte, moda, musica e design si incontrano. L’ambizione è di diventare un modello per il lifestyle milanese, con una forte connotazione culturale. Si trova al 6 di via Archimede, ma si propone anche come contenitore itinerante che potrà essere ospitato all’interno di multibrand store, gallerie o anche abitazioni private. Presentato attraverso la nuova collezione Autunno-Inverno 2021-22 di shoewear RBRSL, si tratta di un progetto totalmente nuovo. Pezzi esclusivi di alto artigianato in cui, come
nell’action painting, il procedimento di realizzazione è importante quanto l’opera stessa. Le proposte gender fluid RBRSL sono creazioni di design e maestria handmade nel segno dell’upcycling, realizzate con un particolare procedimento brevettato di gommatura che rende ogni prodotto unico e irripetibile. Artefice del raffinato concept è Valentina Curzi, art director e designer, convinta che l’idea possa imporsi come un modello innovativo.
suo direttore creativo Pino Lerario desiderava fortemente la nascita di questo spazio ibrido, tanto esclusivo quanto inclusivo, dove alla moda si miscelano altri mondi come design, food, sport, cinema e musica. Dal punto di vista commerciale, l’apertura dello showroom Tagliatore si inserisce in una strategia che vede il consolidamento dell’internalizzazione del brand. «Milano è uno dei fulcri della moda, un crocevia globale di novità e di progetti riconosciuti a livello mondiale» spiega in una nota la società. D’ora in poi gli 800 punti vendita multibrand, suddivisi tra Italia ed estero, saranno quindi gestiti da Milano, nuovo centro nevralgico di Tagliatore.
Posh Design — Milano
ARCHITECTURE REVOLUTION
Inaugurato a Milano il cantiere per l’ufficio biofilico del futuro: “Welcome, feeling at work”, progettato da Kengo Kuma & Associates per Europa Risorse
Exterior Kengo Kuma & Associates
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Milano dà sempre grande soddisfazione su creatività, design, sviluppo, investimenti e architettura. Una città in continuo fermento, che cresce, cambia la sua immagine di giorno in giorno e diventa sempre più europea. Riqualifica i suoi quartieri per farli vivere ai cittadini al 100% in chiave sostenibile. Ne è un esempio il nuovo cantiere per la realizzazione dell’ufficio biofilico del futuro, fulcro propulsore di riqualificazione della zona di Parco Lambro “Welcome, feeling at work”. Un luogo in cui lavoro e natura dialogano armonicamente, in un’architettura organica e orizzontale in ascolto del contesto che la ospita. Un progetto visionario, voluto dalla piattaforma indipendente Europa Risorse, che già prima della pandemia aveva intuito la necessità di dare vita a uno spazio di lavoro a misura d’uomo, nel completo rispetto della natura e perfettamente integrato e modellato nell’ambiente. L’imponente cantiere di “Welcome, feeling at work” verrà completato nel 2024 e permetterà all’individuo di accedere ai più sofisticati requisiti tecnologici e digitali, ma anche a efficaci misure per proteggere le persone da future pandemie. L’ambizioso progetto, finanziato da un fondo gestito da PineBridge Benson Elliot, vuole essere tra i più sostenibili mai realizzati e si pone come un passo avanti nell’architettura e nella concezione del lavoro, coniugando benessere della persona e rispetto dell’ambiente. A progettare e realizzare “Welcome, feeling at work”, l’ufficio biofilico del futuro, è Kengo Kuma and Associates, indiscusso interprete mondiale dell’architettura organica, che da sempre propone costruzioni che si fondono nel contesto, utilizzando materiali naturali e innovativi, motivo per cui il celebre studio è stato naturalmente scelto dalla committenza. “Milano è una città che presenta un connubio unico ed entusiasmante di modernità e tradizione dal punto di vista dell’arte, dell’architettura e dell’artigianalità e ciò la rende il posto ideale dove realizzare il nostro lavoro. Grazie alla maestria artigiana italiana, è possibile raggiungere un livello qualitativo elevato attraverso un approccio organico al design e alla progettazione del legno” ha dichiarato Kengo Kuma. Welcome sorgerà nell’ex area Rizzoli, zona industriale vissuta nel passato e oggi abbandonata, con l’intento di riqualificare l’intera zona e di diventare un catalizzatore capace di riunire persone e natura, per ottenere una migliore qualità di vita e di lavoro. Uffici, auditorium, spazi di co-working, hall riservate agli incontri di lavoro, ma anche ristoranti e lounge, negozi, un supermercato, un’area wellness, luoghi per eventi temporanei e mostre. Dentro e fuori, pubblico e privato, lavoro e tempo libero si fondono in Welcome, collegati da un filo verde che permea tutto il progetto: la Piazza, ricca di vegetazione e circondata da morbide colline; le Corti open air, destinate al lavoro informale e agli incontri; le Terrazze, concepite come estensioni degli spazi esterni, che ospiteranno orti, giardini fioriti, camminamenti; le Serre, che si declineranno come luoghi speciali di lavoro, ma anche di intrattenimento e svago, luoghi per le mani e per la mente. Non una barriera né un monumento, ma un luogo accessibile e permeabile in ogni direzione. Welcome è creazione e lavoro, incontro, scambio, benessere delle persone e benessere del Pianeta, che anticipa la città del futuro, green, iperconnessa, al servizio della conoscenza e delle persone.
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Posh Milano
DA NEW YORK L’ESCLUSIVO MEMBERS ONLY
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Core Milano
Jennie e Dangene Enterprise, CEO e co-fondatrici di CORE, esclusivo circolo della Grande Mela, ci raccontano del progetto di apertura della sede di Milano. Con loro, la più europea tra le città italiane si prepara a vivere una nuova stagione di socialità, all’insegna di cultura e business. I soci? Leader nei settori dell’arte, dell’architettura, degli affari, dell’intrattenimento, della moda, dei media, della politica, dello sport, della scienza e della tecnologia. Una sfida entusiasmante in una città in cui i club non hanno finora proliferato.
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Posh Club — Jennie & Dangene Enterprise
di Enrico Cammarota Le premesse di CORE: Milano sono sicuramente entusiasmanti... CORE: nasce dalla volontà di creare una comunità internazionale di pensatori e leader anticonformisti. Un epicentro di libertà e idee senza regole, tutto in un unico spazio. Cerchiamo di facilitare i soci perché conducano al meglio “il business della loro vita” e creiamo le condizioni perché s’inneschi trasformazione. “Curiamo” individui, idee, ispirazioni ed esperimenti eclettici. La portata dei nostri programmi artistici e culturali, la qualità architettonica dei nostri spazi, il nostro servizio cordiale e attento, la preminenza delle nostre esperienze culinarie, i trattamenti medico-estetici all’avanguardia, fanno sì che il pensiero diventi più audace, la scoperta più profonda e il gioco più libero. Che cosa significa CORE:? CORE: è l’essenza di tutto, il centro di gravità, un epicentro culturale di pensieri e idee. Fa anche cenno alla parola italiana “cuore”, poiché gran parte della nostra architettura esperienziale ruota attorno al fare le cose con amore. CORE: “è una performance collettiva”. Cosa si intende? Riuniamo individui culturalmente curiosi e appassionati. I contributi collettivi dei nostri soci creano un “palcoscenico” per sperimentare, esplorare, collaborare e creare... Questo è ciò che chiamiamo la nostra “performance collettiva”. CORE: è un luogo di scambio culturale dedicato a coloro che avete definito “game changer”. Qual è l’obiettivo principale dell’attività? L’obiettivo principale è unire il DNA culturale collettivo di una straordinaria comunità internazionale per ispirare le persone. I nostri valori si fondano sull’etica e la sensibilità. Creiamo le condizioni affinché i leader di pensiero più importanti dei nostri giorni possano sollevare domande e voci che ispirino curiosità, trasformazione e innovazione. Avete inaugurato il primo CORE: a New York nel 2005, ora approdate a Milano con una nuova apertura in centro. Cosa vi ha spinto a scegliere questa città? Volevamo trovare una città che avesse la stessa rilevanza internazionale, vivacità culturale e spirito imprenditoriale di New York. Su suggerimento di uno dei nostri Soci Fondatori americani abbiamo visitato Milano dopo aver esplorato 8 capitali
europee. Siamo rimasti colpiti dalle persone, dalla cultura, dall’energia, dalla bellezza e dallo spirito imprenditoriale e ci siamo innamorati della città. Una città elegante, ricca di talenti e cultura, in grado di sintetizzare la raffinatezza del patrimonio creativo e imprenditoriale dell’Europa con una visione innovativa e sostenibile del futuro. Milano è sinonimo di una straordinaria qualità della vita e incarna pienamente l’essenza di CORE:. Come sarà strutturato CORE: Milano? Chi ha curato lo spazio? Chi sono i partner? Pensiamo ossessivamente all’architettura esperienziale, alla gestione della continuità e alla cura delle condizioni per la scoperta e la trasformazione e siamo entusiaste di collaborare con gli architetti Marijana Radovic e Marco Bonelli di M 2 Atelier. I loro talenti raffinati e disciplinati stanno dando vita a spazi architettonicamente interessanti che saranno intrisi di arte, cultura e straordinarie esperienze culinarie. Siamo inoltre lieti di lavorare con SPI, uno studio multidisciplinare per la gestione dei progetti, ingegneria e sviluppo tecnico integrato già al servizio di grandi marchi internazionali, da Tesla a Chanel, a IBM o Apple. A New York avete ospitato incontri con personaggi del calibro di Marina Abramovic e David LaChapelle, l’architetto Stefano Boeri o il premio Nobel Martin Chalfie. Avete già selezionato alcuni personaggi della piazza milanese? L’ampiezza dei nostri programmi artistici e culturali ha reso CORE: sinonimo di innovazione esperienziale da oltre 17 anni. Come CORE: NYC, anche l’indirizzo di Milano mira a essere la forza gravitazionale che riunisce visionari globali, culturalmente curiosi e appassionatamente impegnati nel mondo. Con il proprio team di curatori ed editor specializzati, CORE: MILANO si impegnerà a continuare a produrre contenuti all’avanguardia. Come saranno collegati i CORE: di New York e Milano? I nostri due club, intimamente connessi, oggi fungono anche da ponte transatlantico consentendo ai nostri soci di contare sulla loro “casa lontano da casa”, sia in Europa sia negli Stati Uniti. Quali sono i servizi esclusivi che CORE: offre a Milano? Tutti i soci di CORE: Milano apprezzeranno l’arte,
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la scultura e la cultura che permeeranno tutti gli spazi. Il teatro, lo speakeasy, il ristorante sociale, il laboratorio culinario/di degustazione di cocktail e vini, la libreria, i lounge bar, gli spazi per riunioni ed eventi, il fitness studio indoor e outdoor e il dangene institute, per trattamenti skincare all’avanguardia e prevenzione. Apprezzeranno soggiornare nelle suite e rilassarsi al bar, nelle terrazze e in cortile. A CORE: tutto è cultura che ossigena l’anima delle persone grazie agli incontri con le menti illuminate di artisti, scrittori, attori, produttori, studiosi e innovatori che possono essere frequentati sia nello spazio fisico che sulla piattaforma digitale CORE: Connects. Inoltre, con il nostro programma CORE: Travels, i soci godono di un accesso preferenziale a un mondo di opportunità uniche per scoprire città e destinazioni come veri insider, da tour artistici privati, inviti a gallerie, posti in prima fila per eventi culturali e sfilate di moda. Quali sono le principali caratteristiche che una persona deve possedere per essere annoverata come membro? I nostri soci sono personalità eclettiche di tredici diversi settori. Donne e uomini, visionari evoluti e giovani rivoluzionari. Persone che generano e cercano prospettive originali, coltivano se stessi all’infinito e incarnano i nostri valori di passione, curiosità, gentilezza e rispetto Quali sono le regole per essere parte di CORE:? L’adesione avviene per nomina dei soci esistenti e attraverso una meticolosa selezione. Scegliamo e siamo piacevolmente scelti da personalità di diversi settori: architettura e design, arte, banche e finanza, biotecnologie e sanità, affari, moda e bellezza, ospitalità e cucina, media e intrattenimento, immobiliare, scienza e università, vendita al dettaglio, sport e tecnologia. La quota associativa? Le quote associative cambiano a seconda della categoria di membership e fase d’adesione. Includiamo anche gli Under 30 per incoraggiare e abbracciare la prossima generazione di imprenditori e leader.
Jennie & Dangene Enterprise By Max Cardelli
English text
OBJECTS OF DESIRE
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Patrice Leguéreau, director of the Chanel jewellery creation studio, presents Escale à Venise, a collection of 70 exceptional elements that capture the magic and heritage of the city of the Doges. A path that pays homage to Coco Chanel’s favourite city interwoven with symbols dear to Mademoiselle but also a contemporary reinterpretation of the Venetian heritage. Divided into four themes, Escale à Venise strikes first of all for the light, the chromatic intensity of the precious stones, masterfully carved into the fluid structure of the jewels. A journey that tells the Venice of yesterday and today, comparing the eternal splendour of its architecture and its buildings with glimpses of everyday life: its gondoliers, the carts that sell ice cream on the street corner. And it is in the filigree that Gabrielle Chanel’s Venice appears, ghostly.
Sérénissime The first stop celebrates the architectural richness of Venice, its intricate web of references and influences. But it is also emblematically linked to the story of Coco Chanel. It was in 1920 that, after the death of her great love Boy Capel, that Chanel found herself in Venice, letting herself be carried away by its magic, enveloped by the baroque atmosphere of its churches, by the splendour of the Byzantine mosaics. Serinissima will bring it back to life, as Edmonde Charles-Roux recalls in the Irrégulière “Entre le musée et la vie, son choix di lei fut vite fait: elle choisit la vie.” Between the museum and life, her choice was without hesitation: it is the vine that she will choose ». It is this vitality of intertwining, of artistic ramifications that Patrice Leguéreau transposes in the Eblouissante parure, blending the polychromies of the marble
of the churches and the facades of the buildings in the pink-white of the precious stones. A transfiguration perfectly displayed in an exceptional piece like the necklace that unfolds smoothly in its diamond baguettes in a “matelassé” relief. The neo-baroque style, on the other hand, is infused into the Sérénissime parure which revives, in a contemporary version, the chromatic geometry of the Byzantine mosaics in the gold of the basilica. Grand Channel Fluid, punctuated by white-blue reflections, the four “Gran Canale” sets immerse us in the nautical universe of Venice. A walk along its canals, among the lake veins that colour the edges of the buildings, the mooring points of its gondolas. It is precisely the white-blue tones of the mooring posts that are reflected in the lapis lazuli of the Volute
Vénitienne, giving rhythm to the triple weave of a sautoir of gold-meshed pearls. Same chromatic accord that animates the Volute Marine but in which the colour becomes volume on a lapis lazuli pendant and diamonds. How can we not think of the iconic “marinière” worn and revisited by Coco Chanel? Islands of the lagoon The Métiers d’art, an integral part of the Chanel heritage but also of the Venetian archipelago, mark the journey between the islands of the lagoon in an unprecedented encounter between high-end jewellery savoir-faire. The Camellia, Mademoiselle’s phetic flower, resurfaces in the necklace of Camélia Byzantin which enhances the splendour of the Byzantine mosaics of the island of Torcello in the virtuously structured texture of its hard pearls. The art of glass processing, a living heritage of the island of Murano, instead inspires the Venetian Camelia. A version that combines rock crystal and yellow gold. Carved in gems, the camellia opens up at the centre of the necklace in a design of carvings that evokes the sinuous ornaments of Venetian mirrors, unequivocally linked to Gabrielle Chanel’s historic apartment in rue Cambon. Spirit of Venice And it is here, in this constellation, where celestial mechanics meet human adventures, that Leo makes his appearance. The symbol of Venice, the astral sign of Gabrielle Chanel, seals, in its tranquil force, the profound resonance between the two universes. The monochromatic Leon Secret necklace represents the profile of two felines in white gold set with pear and shuttle cut diamonds. The three strand sautoir necklace combines red spinel pearls and lapis lazuli pearls with two lions in yellow sapphires. The sky in which the winged lion appears on the facade of St. Mark’s Basilica is transposed by Chanel into the marvellous Astral Constellation line. it is in her necklace that the mystery of the night lights up in the magic of a lapis lazuli mosaic.
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HERNO, THE TECHNOLOGY OF A GARMENT HANGING ON THE FUTURE
p.50
Fashion is increasingly dominated by technology. The man-machine duality passes today to the man-technology one. Industrial “machines” give way to new digital solutions that profoundly change the interaction between industry, design, and marketing, giving life to a fashion system 4.0 full of futuristic suggestions. We talk about it with Claudio Marenzi, President of Herno, a brand that has been able to renew itself over the years by focusing on technology.
How important is technology in fashion, and will the “digital fair” that Pitti launched during the pandemic be a solution for the future? Technology is taking on an increasingly important role in fashion, which on average changes product every six months, and has ever shorter times between research, development, and production. Technology therefore becomes essential, both in production and in the logistics phase of distribution. It is the advanced processes of making and selling a dress that play an important role in the contemporary market. Until a decade ago, fashion did not shine for its innovative character, especially in the clothing sector. There has always been a lot of creativity, but good ideas have never been accompanied by technological solutions to improve them as has happened in the last decade. It is essential to become more familiar
with the digital world in this precise historical moment in which physicality is practically impossible and precluded by the health emergency. It is important to acquire skills with streaming and other technologies such as 3D. When we’ll be able to “touch” each other again, when we’ll start to travel again and everything will return to normal, the physical part will return to being irreplaceable: fashion is made up of touch, we need to understand the fabrics, experience their heaviness or lightness, their volumes. But digital is now the only viable way and we must appropriate it with ever greater awareness. What are your ideas for starting up again after the emergency? The pandemic has taught us not to take anything for granted. None of us could have imagined what happened. We have not taken into consideration many variables and we find ourselves
making great reflections on the future. The pandemic then taught us to take advantage of the digital world in all its aspects. E-commerce had already been growing for years but has undergone its strongest acceleration now, and has unequivocally shown us the way forward, rather than teaching us something new. We must be very careful not to project our fears on the future: the future will be different, it will have many new ideas, even if we will certainly return to the normality we already knew. Herno pays great attention to hi-tech fabrics, research, and experimentation. Where does this attention to technology applied to fashion come from? We were born in 1948 as a waterproof factory and our origin is always present in new research and experimentation. The raincoat is a garment that has a very specific function: to protect from the rain. Obviously it is a fashion garment, but it also has great functionality, which allows it to be improved through research with new, more water-resistant and breathable fabrics, for example. Improving the functionality of a garment also means renewing the production process thanks to new technologies. It could be argued that our trend towards innovation and technology has its roots in tradition, in a garment that must be performing by definition. We’ve even read about smart fabrics. Will the clothes lose their beauty, sacrificing it to performance? Not necessarily, I believe that beauty and performance can coexist. There are fabrics that can detect body temperature, for example, innovative garments in many respects, but this does not imply the loss of the sartorial aspect. An important thing that has changed over the years is the perception of quality: once it was evaluated starting from the fabric, which had to be precious, as a nice cashmere or silk; now, the quality is also perceived by a performing fabric. In other words, we can speak of an “engineered tailoring”, which can only be a plus for a brand, and I must say that Herno is very advanced in this. What do you think will be the silhouette of the future woman and man ? How will we dress when riding scooters or flying skates? Talking about silhouettes is difficult as fashion crystallizes in moments. Of
course, the silhouette can change, it is a bit the prerogative of fashion to reinvent itself, while taking up certain past styles. Herno has revisited the 60s, 70s, and 80s in its clothes. A constant of the products of the future will surely be comfort. Smart, versatile fabrics must be used, able to adapt to the new and dynamic needs of the consumer. If I should imagine a raincoat worn by a person traveling on a scooter, I imagine it with reinforcements on the elbows in the event of a fall, made with a totally windstopper fabric to protect from the wind, an elastic and soft fabric to facilitate movement. However, I like to imagine it as I would imagine a tailored coat, as a fitting and as a silhouette. Herno makes very beautiful garments in active sport. Could you tell us, which is your favourite, and describe the characteristics that excited you when you developed it? I’ll talk about the first garment we made by using many technological solutions: released in 2010, with a totally waterproof, water-repellent, sewn and heat-sealed fabric, it was conceived with a very metropolitan look. Classic in shape, we have enriched it with special hinges and a double closure that made it look like an extremely techno high mountain garment. It’s still in production and I always wear it! What do you think of the new marketing trend, the so-called “human marketing” which seeks to balance the prevalence of technology with a return to humanism and uses influencers, that is to say real people, to dialogue with the real people who buy? I believe that in reality this type of marketing has very little to do with a new humanism. It is certainly modern and effective. We talk about “human marketing” for the simple fact that it is real people, testimonials, and influencers, who propose new products to other real people, consumers, thus creating a sort of dialogue between real individuals. However, everything is dictated by an economic relationship, as is right and normal. So, I see this type of marketing rather as an adaptation to a new communication vehicle, not as a real change of strategy. During the pandemic, we practically only bought on e-commerce. How do you think the store of the future will have to change in order to continue
to attract customers and counter the prevalence of online marketplaces? It is clear that there is a growing trend towards a sale that includes both media, e-commerce and physical stores. The connection between the two is getting stronger. It existed before the pandemic and will grow even more when we get out of it. Maybe you can order a product online and then physically buy it in a store or, vice versa, getting interested in a product in the store and then buy it online. It’s not that simple in reality, but there will increasingly be a link between the physical store and the digital world, probably managed by the distribution that will have to coordinate warehouses, deliveries, shipments, and everything else. The companies and brands that manage to centralize the connection between online and offline will be successful. In your opinion, will the domination of technology make a certain type of craftsmanship disappear, which was also the origin of Herno? It will certainly modify it. We cannot imagine remaining tied to artisanal tailoring as it was a century ago. It will be renewed through technology, but it will not completely disappear. And I must say that this is an exclusive skill of the Italians: only the Italian supply chain will be able to “engineer” tailoring because we are the keepers of tradition and we are therefore able to make it evolve. From this point of view, Italian tailoring is unique. Getting to know the customer better and better seems to be today’s imperative to sell. Do social networks help? I believe that humanity is always in constant evolution, that it never goes back, but always tends to improve. Social media are part of this evolution, they are our new way of communicating, which is certainly closer to the consumer. First, the market was driven by production, then by distribution and retail, and therefore the one who proposed the final product guided it univocally; now, with social media, the influencer interacts immediately with the product, even before it is launched on the market, and has the power to make it change based on user-consumer reactions. A real little revolution. What is your relationship with technology? What is very technological about your home, for example? What could you not do without? Honestly, I don’t have anything technological at home, except the refrigerator and the TV. I really like reading and I do it on paper, partly out of habit and partly because I really prefer it to digital. I don’t use technology, but I understand its importance. Can you tell us what will be new in your next collection? And will the image, so essential, to which you have accustomed us (the duvet hanging on a hook, a format that is always repeated), change? The format of the down jacket hanging
on the hook is part of a communication that goes beyond the seasonal one, it is a “corporate” message: the garment hanging on a hook, without any kind of background and without models, means that we believe in our consumer, to whom it is not necessary to indicate any type of lifestyle to comply with. The down jacket hanging on the hook means this and will not change because it is also the symbol of our uniqueness. As for the new collection, we have several new proposals for both Herno and Herno Laminar and Herno Globe, the sustainable part. There has been no reduction, indeed there has been an integration on colour. Normally our garments have soft and pastel colours, they are not shouted one; this year, on the other hand, we wanted them to be brighter, imagining that at the end of this dark period, since we are talking about a product that will be on sale in September and October, there will be a great desire, and perhaps need, for colour.
THE CHARM OF MADE IN ITALY DESIGN
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International aims, changes that become resources, new challenges faced with optimism and enthusiasm. Andrea Gentilini, Chief Executive Officer of Luxury Living Group, carries on a successful story in the furniture segment and is committed to defining new strategies - including digital ones - that can prove successful in the near future. The mission? Creating an Italian-led design hub...
With a turnover of 90 million euros, Luxury Living Group (acquired in the summer of last year by Lifestyle Design, a group controlled by the American holding company Haworth, which also includes Poltrona Frau, Cassina, Ceccotti, Cappellini, Janus, Karakter and, for retail, Luminaire and Dzine) is a creative hub, an international design industry, an incubator of ideas and crafts. Furniture giant with a Made in Italy touch, it produces and distributes high-end furniture for luxury brands such as Fendi, Trussardi, Bentley and Bugatti which is now preparing for a great season of successes, with targeted objectives in China and the States as well as important openings in Europe, showing the ambitious intent to become the pole of Italian design, a reference point for the many small businesses that have great potential to emerge. For this new goal, the company appoints the manager of Romagna origins Andrea Gentilini as
CEO. An affable, prepared, and aware man who, when we meet him in Miliano, immediately shows an attachment to his family as well as to work. He loves traveling, learning about cultures, customs, and traditions. Among his personal passions is running, a discipline that has led him to participate in many marathons around the world, as well as being a testament to his inclination to be able to face challenges. Andrea Gentilini, just appointed CEO of Luxury Living Group, tells on the pages of POSH the new path of the group founded in the Sixties by the entrepreneur Andrea Vignatelli who, with foresight, adopted the strategy of differentiating the company production by focusing on the finished product, giving life to an international brand that has revolutionized the interior design sector ever since. You have worked with important positions in companies of the calibre of Visionnaire, Bialetti and Technogym.
How did you welcome the appointment as CEO of Luxury Living Group? I welcome this assignment as a new challenge and with great enthusiasm. I am really happy and proud to be able to contribute to the development of Luxury Living Group. We will invest to give an increasingly international dimension to the company, with great attention to retail and development in the markets that can offer us the best prospects. We will define new digital strategies to anticipate the responses to the changes that are taking place in our sector: we want them to become resources and tools to be even more effective in the future. First of all, however, we want to ensure immediate coverage of key markets and a strengthening of product strategies, as well as a focus on the development of new licenses. What is luxury for you? Luxury is an absolutely private experience; I take care of bringing people closer to an intimate sphere linked to the concept of lifestyle. With Luxury Living Group we have decided to create emotional conditions in which individuals can recognize themselves. Luxury is service and quality. If you don’t have a company capable of delivering an excellent product, you can’t be classified in this segment. As for design, compared to fashion and automotive, there are completely different complexities, for example, you cannot compete on semi-finished products. I preferred to rationalize the offer; we could not think of removing the complexity otherwise we would have lost our positioning. What are the new assets on which your strategy is based? Direct stores, wholesales, and soft contracts. Luxury Living Group is a competent holding that develops branded projects. We work on a type of product and different perspectives for each brand we represent, but where there is a common vision at the base. 2021 will see us as protagonists with new openings, in Paris at the beginning of March and in London at the end of April. In the meantime, we have opened a factory store in Forlì. Also, in 2021 we plan to land in Shanghai and San Francisco. All these projects lead us to be present in 120 countries developing different projects related to the world of design. My arrival in Luxury Living Group coincides with the resolution of a difficult path triggered by the loss of the reference figure of the brand, namely Andrea Vignatelli, the same who was able, through his reliability, to guarantee an overexposed financial situation. Personally, I don’t tend to be a hero, but I love challenges, to which I react with style and creativity. In Luxury Living Group I want to be incisive to review business models and set new goals. The focus on which we are focused is to make Luxury Living Group the Italian design hub. What are the major channels that best respond to your offer? Certainly, the Chinese and American markets. China accounts for 48% of
turnover and the USA 20% but there is still ample room for growth. We are planning new openings between Miami and San Francisco. Our customers have homes all over the world and bring our products into each of them. Our goal is to create a central platform for timely and efficient design, which is why I am convinced that our work should not work by geography, but on a key account. Andrea Vignatelli was the great entrepreneur who laid the first stone of the Luxury Living Group in the Sixties, today what remains of his legacy? What remains is the culture of work, the entrepreneurial drive to make courageous decisions and re-discuss them over time. Vignatelli ensured that the Luxury Living Group Collections were the result of meticulous production processes, whose attention to detail and craftsmanship enhance creativity, elegance, and design, in balance between tradition and innovation. Vignatelli has set in motion a journey that sublimates the values of Made in Italy. Manual skills, fine materials, passion for the result: these are the assets that for over 40 years have guided Luxury Living Group in producing and distributing furniture collections for important international Maison. Was the online functional for the stores, will the store be functional for the online in the future? I have long been convinced that sustainability and technology are the future. Although I believe that digital will never change the sales experience in the store - it can be integrated, made more interactive, but not replaced - we have an important digital project that is based on the process of interacting with the customer. We start with a product, create a concept, create it, distribute it, and then monitor whether there is an effective positioning. Digital gives us the opportunity to take the customer to the product realization phase. Luxury today is a kind of private party, and digital allows us to bring the end user into the creation process. Digital changes the concept of comparison of communication, these are fundamental stories, useful to enter into intimacy with potential customers. Is the Italian market a showcase or will it grow? The Italian domestic market is fundamental, it is the home of luxury, Milan above all plays a fundamental role, here there is a concentration of style that has no equal in the world.
ULTIMATE RENAISSANCE
p.78
A painting, a room, an entire building. Gio Bressana’s hand can paint on any support in order to give beauty to the world. With this spirit, the world-famous interior artist creates his emotional environments, places where painting becomes a complement to the soul. From the Saudi Royal Family to D&G, there are many great clients who have turned to him to decorate their spaces.
The philosopher Gilles Deleuze wrote: “The power of the imagination is to imagine the power”. Generative power understood as a force capable of transforming non-being into being. Creation looks beyond the existing and makes possible what was previously only a remote hypothesis. There is no doubt that Gio Bressana (1978) masters this ability. A world-famous painter and interior artist, Bressana breaks down and reassembles the history of art, moulding it along the lines of his instinct. His path is that of interior decoration for which he draws without distinction from classic and contemporary, from baroque and neoclassicism, in a fresco that is the synthesis of a fervent imagination and, in the previous sense, omnipotent. He works as a master of the past. His technical knowledge of painting has Renaissance roots, as well as his way of working: he intervenes, on commission, in the spaces (homes, hotels, shops, churches - but also fabrics) of large clients. From the Saudi Royal Family to D&G, from the Eden Hotel in Rome - pearl of the Dorchester Collection - to the private residences of apparently unattainable characters. Gio Bressana is not only able to reach them, but he understands them. He penetrates into their deepest desires and returns them as frescoes, gigantic paintings capable of creating emotional environments as evocative as they are unique. There is no theme or technique that he cannot exploit, if necessary, to adapt to the probative commissions.
In Riyadh, under the guidance of the Saudi nobles, he worked with a special luminous fabric, on which he could not afford even a smudge; for a private home he decorated more than 3,000 cubic meters of wall. His eyes sparkle with genuine emotion when he talks about it. He welcomes us into his house, which we do not take long to recognize as a mirror of his soul. Eccentric, baroque, whirlwind, fun. But above all ambitious. However brilliant, the past always gives way to the future in the perspective that new is always better, that bigger is often better. This is why Bressana’s next destination is Dubai, where he will open a concept store in the heart of the Design District Center. “We are ready to offer a product that is more luxurious than luxury” promises the artist, while he tells us the story and objectives of his international project Room 1844. The vision is always one: to generate beauty. It is his gift; it is his purpose. For this he would also like to work in the public. Maybe starting from Brescia, his home. He dreams of a world where people can live with emotions: he is ready to give them to us. Your approach to the world of art comes from other times. How was this practice with a Renaissance flavour born? At the age of 14, I tried for the first time to get in touch with a gallery, but I soon realized that this system was not for me. I was afraid that in the gallery context I would always have to repeat the same style and I don’t like being caged in a
limiting reality. Also, I’m not made for gallery size - I want to go beyond the painting. If I have a room available, for example, I can create an environment capable of making a dream live; if I have the opportunity to operate on a home or a hotel, then I can create an organic emotional journey: each room, each corridor, each staircase acquires a precise meaning. The whole house can become a great work of art. Unlike in the Renaissance, the theme of your works cannot be purely religious. Are there subjects that you prefers? I like to support the customer and find what is missing in his life, the atmospheric-environmental element that completes his dimension. I don’t choose predefined subjects; I adapt a lot according to the circumstance. I absorb the needs of those in front of me. In 2021, I believe it is not possible to crystallize on one issue. However, I am most comfortable with floral, animal, religious, mythological, or astronomical themes. Even your preparation appears to be from an artist shop of other times. My preparation is very technical and practical: I have reproduced all the most important masterpieces from the 1300s onwards. I also read a lot, in particular Eric Hebborn (with his Manual of the Counterfeiter), Cennino Cennini and Giorgio Vasari. So, I learned how to make a garlic gilding on iron, the Pompeian encaustic with straw and hay - I think I am one of the few who still practice it - or the engraving of leather. I have an artisan knowledge that has perhaps been lost today. Until a few years ago I bought raw linen canvas, washed it, re-washed it with water and glue, spread it on the loom, applying it on a coat of dried rabbit skin, applied plaster before smoothing it with pumice stone, then I added the funds and only at that point I did start painting. Now, with synthetic oils and acrylic paint, this is no longer necessary, also because the paint itself is almost out of fashion, but I am proud of this approach full of technical awareness. It is very fascinating to know the procedures that allow to reach a precise result. Knowing how to do things is the basis for creating. You work on different media and with different techniques. Which ones are you most comfortable with? I don’t identify with any technique, even in this case I adapt to the project. Depending on the requests I look for a solution. For example, for the Scic kitchen - created in collaboration with Franco Maria Ricci - I found a way to recreate the effect of the bamboo present in his labyrinth near Parma. This is why I chose brass sheets as a base, on which I applied acid mixed with a pigment. I knew that the result would have been the desired one, although some chemical reactions are not fully controllable. The result in this case is decidedly modern, far from Renaissance suggestions. In the 1400s this process was used to create a colour, while I applied it directly to the work. We can say that I have transformed a means into an end.
Painter, but also interior designer. What are the limits to creativity? There is no limit, the aspiration to perfection and curiosity for each new project are my secret. The next goal is Dubai, where I will open Room 1844, a concept store that will offer a 360 ° service on luxury interior design: from consulting to product creation. Inspired by the secret room of Buckingham Palace where Queen Elizabeth receives her most important guests, it will rise in the Design District Center, the city’s fashion and luxury exhibition centre. The idea is to immediately evoke the mysterious charm of the elite. We are ready to propose an offer that is more luxurious than luxury: it is tailor made. The value is not given by the cost of a product, but by its exclusivity. Are there any projects you are more attached to? All the ones I’ve done and all the ones I’ll do tomorrow. It is stimulating to try to satisfy increasingly demanding customers. For example, for a villa in Tuscany - where the clients wanted to focus on the theme of hunting - I was inspired by old 17th century prints in very light colours. Thus, even the wild boar hunting scenes, usually raw, were elegant. The merit goes to the flowers: small touches of colour that make the composition vibrate. The atmosphere appears almost dreamlike, very multifaceted. I am particularly attached to the spiral staircase, where I made a dense aviary of birds. The effect is impressive, it gives airiness and breadth, a swirling growth in an otherwise compelling context. I also fondly remember Philippe D’Averio, for whom I made the ceiling of his house. The style and theme, from the four seasons to the nymphs, was classic and Renaissance. On other occasions, however, I have tried to contaminate the landscape with elements that create small and pleasant frictions. As in a building in Brescia, where this effect is given by animals, which at a careful glance turn out to be chimeras: reptiles, fish, birds, mammals come together and mix, creating new forms that innovate an ancient model. As well as the flowers, which I reproduced out of scale, ultrasized. The classical representation is shocked by the detail. In Hanoi, for the frescoes and paintings of the Palais de Louis, it was nice to bring a touch of Italianness to Vietnam, a context in many ways very distant from ours. In Riyadh, for the Saudi Royal Family, I worked on a DreamLux® fibre optic fabric: a special material able to shine. In Rome I collaborated with the 5-star Hotel Eden, in Paris with Roger Vivier, in London with D&G. Your art appears rather elitist, especially for the methods of fruition. Is there an ideological vision that moves it? Surely exclusivity is a concept I care about because perfect beauty is conceptually a kind of miracle that is unrepeatable in itself. However, this is not the only reason that moves me. What I’m looking for is an opportunity to carry out grandiose projects, operate on a large scale, which
is why important resources are usually needed. Bigger is always better. Bringing beauty into the world is my real priority, which is why I would also like to work in the public. For example, I am fascinated by the possibility of intervening on the former industrial areas, repainting them to give them new life. I am also ready to finance myself, as I would like to do for the Piazza del Mercato in Brescia, where I would like to reinterpret a wall by creating a building that melts, in the style of Dalì’s soft clocks. I want to save the world from what is bad. My art is scenic, I want to generate emotions that can improve people’s lives. The pictorial gesture is a saving action.
THE SPIRE OF THE DESERT
p.82
Adam Tihany’s stroke redefines the interiors of the next Mandarin Oriental Al Faisaliah, Riyadh: between gold and sablé, the play is on light and volumes.
A splinter in the Riyadh skyline will be the next announced Mandarin Oriental. This time, however, the glitz of the Hong Kong brand chooses to embellish - with a restyling that will end in full 2021 - a completely iconic building in the skyline of the capital of Saudi Arabia. No less strategic is the location, in the heart of the central business district, which is always the most glamorous. It will be part of the complex Al Faisaliah Centre, designed by Foster + Partners, already among the luxury properties of Al Khozama and plans to set up 321 keys in various categories of luxury and superluxury environments. Ready to open up to high-level international markets, the five-star has already defined a design with tastes very similar to Western ones. For the challenge, not new to those of high-end hôtellerie, Adam Tihany, a name of excellence in New York among the most prominent interior designers in the world, was called. To him goes the mission of giving a new allure to the hotel
in the name of the great oriental hotel brand. His refined hand, moreover, has already been behind the group’s projects, defining an always distinctive spirit: from the Penthouse of the Mandarin Oriental in Las Vegas to the Presidential of the Four Seasons Jumierah, numerous SPAs of the MO group in the world, the entire Four Seasons of Dubai and extravagant restaurants among the most famous in the world, such as the famous Space Needle in Seattle. At the base of the choices of the interiors of the next hotel there is first of all a refined palette of shades of the desert and all its range of neutrals: earth, gold and sablé are the prevailing colours that also redefine a new lightness to the interiors in the impending building as well as the elegance in the details in its shared and private environments. A discreet character then defines the furnishings that leave the greatest effect to bright and panoramic spaces. Thanks to the skyscraper’s great presence of light, each floor is enhanced by an architecture that is anything but obvious in Arab lands. With the new interiors by Tihany Design, the discovery is all in the intersection of stylized lines that are repeated in the rooms, but always let light shine through, defining large volumes, with a delicate touch of character in the choice of the precious golden reflection of some profiles. And appearance is not everything. The facilities of the next best hospitality in Riyadh include a renovated bar and lounges, an immense space for completely revisited events, an indoor pool, a wellness area embellished with large male and female spa areas (branded with the group’s oriental brand) and a hi-tech fitness centre. A varied offer of internal restaurants and, then, a panoramic restaurant on the top floor on the skyline of the capital will be the ideal answer for the next bleisure arrivals in the city.
WINE TECHNLOGY p.124
Nativ was born more than 10 years ago, in the heart of Irpinia, in Paternopoli, from the will of Dr. Mario Ercolino, an internationally renowned Oenologist, and of Dr. Roberta Pirone with the aim of making excellent wines resulting from an important and deep-rooted experience in the sector. Over time, the company has grown, evolving, welcoming new collaborators year by year while maintaining the management figures constant, managing to expand the range of products. In fact, today the company has 16 references for still wines, two brut and rosé sparkling wines, one extra virgin olive oil, blend of local varieties and one based on monocultivar ravece, typical variety of the Irpina area. Now Nativ tells us about its new entry: Segreti, a particular wine that appeals to the younger generations of enthusiasts. but not only… suckling pig in crust with blueberry puree, meat stew with chestnuts. How do the new generations of customers (obviously adults) show interest in the world of oenology? The new generation is very close to the world of wine, and attracted by the stories that arise behind each bottle, they want to visit the cellars and their production sites, they love to taste good food accompanied by an excellent glass of wine and above all they love to experience wine in pairing with nouvelle cuisine, molecular cuisine, street food, but also with more traditional foods. They do not like prejudices and come across without inhibitions in the search for “complete experiences” that arouse mainly emotions. How is technology supporting the company? Management software, the use of new generation technologies and fully automated bottling lines are a source of support for a company whose core business is the search for new wine models in which tradition and innovation meet the needs of future generations. How has the company responded to the current crisis caused by the pandemic? The historical moment we are experiencing is putting a strain on the Italian and the global economy from East to West. The world of wine has suffered slowdowns but fortunately, they cannot be transformed into a drastic stop thanks to the advent of digital marketing, now in a strong expansion phase, which has greatly encouraged the promotion and sale of products via the web. The combination of these factors, together with the organizational skills of our business team, has allowed us to face this moment of pandemic crisis by guiding us towards a more innovative, dynamic working approach, focusing more attention on the implementation of new projects. You are planning to launch a new wine
called Segreti. In this somewhat uncertain period, the propulsive thrust was marked by the launch of “Segreti”, a pure Aglianico Nero, from Volcanic lands in the Valle del Ceraso and Fontana Marena districts, in the countryside of Paternopoli, born from an unusual November harvest. It macerates and ferments through an indigenous leavening, then it is aged in oak wood for a year and a half, to finish its refinement in the bottle for a period of about six months. In its most authentic organoleptic parameters, it is a wine of great generosity. Our winemaker Mario Ercolino defines it as “impenetrable, robust, fatty, slightly acid-bitter, angular and velvety at the same time, a wine of” character “as Aglianico usually is.” Customers will be able to buy it directly in the company or at the main Italian wine shops. Patè de foie gras is Segreti,
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FRANCIACORTA MON AMOUR p.132
He was one of the inventors of the most loved ‘bubble’ in Italy, he remains an innovator in respect of the territory. He has the magnificent obsession with quality and that dissatisfaction that allows Cà del Bosco to be a reference winery. And he is convinced that the Eternal Father is the only one who can decide on the vineyard.
He was one of the inventors of the most loved ‘bubble’ in Italy, he remains an innovator in respect of the territory. He has the magnificent obsession with quality and that dissatisfaction that allows Cà del Bosco to be a reference winery. And he is convinced that the Eternal Father is the only one who can decide on the vineyard. Does Maurizio Zanella, founder and president of Cà del Bosco, know that the famous joke about the Eternal Father as the majority shareholder of his winery in Franciacorta is one of the most cited in the world of wine? It amuses me to know it. However, I repeat that it is not a joke. Whoever creates a watch, or a car, follows precise standards even for decades, without changing a comma, and most depends on managerial choices. A winery, pardon any farm, must hope that the majority shareholder is generous with the vineyards, so that it starts with a high quality and quantity to create the wine. A terrible challenge that is renewed every 12 months. Unfortunately, last year a much more complicated challenge began and is continuing. Many things have changed: even the wine? Absolutely not. The pandemic has only made everyone understand - but we have known it for some time - the importance of a greater link with the territory and nature because wine is made in the vineyard and not in the cellar. I avoid mentioning sustainability because so many fill their mouths with the concept and do not
practice it, better to keep a ‘gentle’ approach: do not abuse the land, work for a correct yield of the vineyards and do not use chemicals. What happened has definitely opened the eyes, in my opinion. Indeed, you are considered one of the fathers of Franciacorta DOCG, a constant innovator. Is it part of your character to always be at the forefront? In fact, I always think that there are people who are more prepared and enlightened than myself. I live in perennial dissatisfaction and lead a company where all the employees are constantly questioning, sometimes too much. We live in a state of positive tension to make consumers happy. However, Cà del Bosco was born from a youthful intuition. Pure vision. I was 16 when a trip to France enlightened me. Back in Franciacorta, I told my parents “We have to create a real winery” and they followed me in my dream. Ca ‘del Bosco was born just as my family’s country house, in the 1960s: it was bought by my mother (ed, Annamaria Clementi, to whom the top label of the winery is dedicated) A small house in the hills in Erbusco, two hectares of property immersed in a dense forest of chestnut trees. You did it and Franciacorta too. I would say yes. We have established particularly strict rules for DOCG and stimulated constant growth in quality, with a very clear goal: to become one of the best production areas in the world, closing the gap on tradition. We are very young compared to other territories,
the great Italian wine was born only 60 years ago: it takes at least a century to become adults, so we’ll talk about it again after 2070… There we will drink a Mr. Franciacorta. Are we talking about Champagne or are we inopportune? Absolutely not, on the contrary. I love it, it is a wonderful appellation and the reference for those who produce ‘sparkling wines’. However, currently, it is an example to be followed for 20 percent because agriculture has taken a back seat to marketing in the area. And I’m sorry, since that famous 20 percent remains a dream for those who love great wines. Even for work, you are a great traveller. Three unmissable destinations? Japan in first place: I see a respect for the past, for tradition that has never been so high in the world. And I prefer Kyoto to the more modern Tokyo for this very reason. I love their integralism for absolute quality. I also like China very much, because although the regime has done everything to erase the past, it is coming back out and it’s beautiful. It is a country that must be followed with extreme attention by those who work in wine, because one day it will be the main market: a simple calculation is enough: the lowest average consumption in the world is half a bottle per inhabitant, in a year. They make 700 million bottles. The third destination is missing. France: from Lyon up, it remains wonderful. There is the history of food and wine. By the way, as a great lover of fine dining, we demand your favourite places already knowing that you will not decide on the Italian ones. Unfortunately, two are no longer there but I will mention them: Robuchon in Paris and Le Cirque in New York. In Tokyo, Sukiyabashi Jiro drives me crazy, where the sushi master is 95 years old: he had three stars, but Michelin removed him from the guide because you can’t book ... Also in Paris, I love L’Ami Louis where there is foie gras , frogs, lamb: a ‘full’ of tradition, served by waiters who seem to come out of a 19th century restaurant. Wine is not changing in the pandemic, catering is. What future do you see? I think of a clear distinction between the places where you will eat well, but with greater informality in the service as ‘practicality’ in the dishes, and those that I could define as ‘super fine dining’ for that niche of customers, ready to spend a lot to have the maximum in everything. And I am convinced that in these places, there will be a return to the great tradition,
cloche, and white gloves. Ca ‘del Bosco is also a place with extraordinary works of art. Why? Beyond my passion for contemporary sculpture, art was a further attempt to dialogue with a certain type of public. In the 1980s, to make it clear that the wine you were selling was not that of the Oltrepò bottle, you had to intercept the most cultured customers with an excuse. I thought this was the best. Those who came here and understood art thought: then wine is a fact of culture. Badly, I thought, I will have some good things to see. Planning is not easy now: what do you have in store of relevance? We are preparing, with joy and humility, for 2022 when we will celebrate the 50th anniversary of the debut on the market of the first Cà del Bosco label: Pinot Franciacorta Bianco. This is where the ‘Ca’ del Bosco Method ‘was born: what does it consist of? Something personal, perhaps even romantic. It means having at heart the excellence of the wine, the integrity of the territory and respect for tradition. It means continuing to improve, never settling into the celebration of memory. Combining modernity and the past. You always affirm that in the name of a historic friendship and your wellknown passion for Milan, once retired, you intend to be the driver of Adriano Galliani who in the meantime has also become a Senator. Confirm the program? In part, I already do it: when we find ourselves to sit at a good table, I drive. But if there is a football match at stake, he leads. It was a way of saying that in the future I intend to dedicate myself more to true friends, as Adriano is. Then retirement... Let’s say that I cannot complain about what I have done so far but I doubt to limit myself to free time. And Galliani will do so too. We found out in an interview that your favourite wine is Pinot Noir Yes, because it is the hardest to handle, the one that suffers the most, the one for which the heart is needed more than pure technique. When it looks like a great year, it turns out to be crap. When it looks crap, it’s great. As I told you before, I like hard stuff. I am a fundamentalist who is never satisfied with his work. But what are the three best labels of Cà del Bosco? I refrain from answering. Because in the meantime they are all good, then the father is not asked to make a preference among his children.
Cate Blanchett
S E G U I
LA BELLEZZA SONO IO
R Ê V E
B E A U T Y
M A G A Z I N E
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