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E D I TO RI A L D I RE C TO R
Enrico Cammarota enrico.cammarota@uniquemedia.it
E D I TO R I N C H I E F
Luisa Micaletti luisa.micaletti@uniquemedia.it
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H A N N O C O L L A BO RATO
Maurizio Bertera, Marinella Cammarota, Anna Casotti, Fausto Furio Colombo, Alessandra Fanari, Alessandro Iacolucci, Lavinia Elizabeth Landi, Davide Landoni, Fabrizio Rinversi, Antonella Tereo, Marco Torcasio
Posh è distribuito in Italia e nei seguenti paesi: Australia, Belgio, Brasile, Corea del Sud, Emirati Arabi, Finlandia, Giappone, Gran Bretagna, Hong Kong, Israele, Lituania, Malta, Olanda, Portogallo, Singapore, Taiwan, Ungheria
Unique Media Viale Sabotino 19/2 - 20135 Milano Tel. 02 49540591
Stampa Arti Grafiche Boccia Spa
Distribuzione SO.DI.P. “Angelo Patuzzi Spa” Via Bettola, 18–20092 Cinisello Balsamo
Posh è una pubblicazione bimestrale di Unique Media Srl Registrazione Tribunale di Milano n. 1 del 7/01/2003. ©Unique Media srl. Tutti i diritti riservati. Manoscritti e foto originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono. è vietata la riproduzione, seppur parziale, di testi e fotografie.
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POSH
EDITOR’S LETTER
ALLA RICERCA DI UNICITÀ DI ENRICO CAMMAROTA
Posh è nata per raccontare l’eccellenza nei campi della moda, dell’arte, del design, dell’hospitality in un percorso affascinante in cui artigianato, industria o piccola imprenditoria hanno un tratto in comune, viaggiare verso l’unicità cercando spesso di delineare nuove strade senza perdere i valori della tradizione. In questo numero abbiamo coinvolto veri talenti come Marco Credendino fra i fondatori di Artemest.com, una piattaforma di “curated e-commerce” lanciata nel 2015. Raccoglie 500 artigiani e cerca di traghettarne le creazioni nelle case degli italiani e del pubblico internazionale rappresentando un lusso fondato sull’heritage senza compromessi. Anche Banksy a modo suo nell’arte ha tracciato una nuova strada portandola in luoghi prima impensabili, l’ha fatta diventare parte della socialità, al di fuori di quei mausolei opprimenti che sono diventate la maggior parte delle gallerie d’arte. Abbiamo dato voce a Carlo Sestini un influencer, intenso, profondo dalla visione internazionale, che racconta l’evoluzione dei protagonisti dei social degli ultimi anni, diventare imprenditori di se stessi. Quindi Gastel un amico e persona di rara cultura sempre al servizio del lavoro, con grande qualità e ci dimostra che il saper fare non è passato di moda, anzi rimane uno dei pilastri per avere futuro. Abbiamo voluto coinvolgere due chef che a modo loro stanno tracciando un sentiero. Crippa tristellato Michelin severo, perfezionista e impermeabile alle lusinghe dell’apparire, Di Pinto, bravissimo, rappresenta il coraggio che non deve mai mancare. Dopo una lunga esperienza in Bvlgari ha deciso di aprire il suo ristorante dal nome premonitore “Sine”, e la crisi sviluppata dal Covid lo ha raggiunto a pochi mesi dall’apertura.
Chiunque avrebbe potuto schiantarsi, ma lui ha innovato ancora, trovando strade sempre nel segno della qualità. Anche la moda sta cambiando, costretta a rallentare, obbligata a diventare sempre più sostenibile, scopre che si può liberare dal vincolo pluriennale delle sfilate a febbraio e settembre, ma può creare eventi come quello di Dior a Lecce seguito da venti milioni di persone. Scopre che forse abbracciare con tale slancio i promotori digitali non le ha fatto tanto bene, un conto utilizzare la rete per far conoscere, un altro è come utilizzarla, un altro ancora è performare portando le persone fisiche nei negozi o a comprare sull’e-commerce. Nel calcio si potrebbe dire che occorre recuperare i fondamentali che in questo caso sono intanto non ingannare il cliente sulla qualità del prodotto, sul made in Italy, sulla ricerca. Dimenticare questa rincorsa folle alla crescita a doppia cifra ogni anno, a conquistare tutto il mondo per poi scoprirsi fragilissimi. Proviamo a scrivere sull’etichetta cosa c’è veramente nel prodotto, perché si arriva a quel prezzo, tessiamo un rapporto che sia sincero e probabilmente il cliente si sentirà coinvolto, non sconvolto da dinamiche di costo che in alcuni casi sono vere follie. Posh viaggia attraverso questi mondi senza la pretesa di essere una guida, ma solo un percorso fra estetica e contenuto, unico in Italia per questa attitudine, e apprezzato dagli stranieri per la facilità di linguaggio e di lettura. Se siamo riusciti in questi anni a darvi spunti di interesse, se siamo riusciti a catturare la vostra attenzione, coinvolgervi nei nostri eventi, allora abbiamo avuto successo. Su questa onda non sentiamo sirene, proseguiamo a viaggiare sempre oltre l’orizzonte.
l’esclusiva Penthouse di Park Avenue progettata dall’architetto islandese Gulla Jónsdóttir
in questa foto
enrico.cammarota@uniquemedia.it
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CONTENTS
P O S H MAGAZI N E 9 2
SOMMARIO
«Fotografare è una necessità e non un lavoro. Rendere eterno un “incontro” tra due anime, mi incanta e mi fa sentire parte di un tutto» GIOVANNI GASTEL IN MOSTRA AL MAXXI DI ROMA
pag. 62
114 A D RI A A RJ O N A L’attrice scelta da Giorgio Armani come testimonial per la nuova fragranza My Way
12 0 LU X U RY WATC H E S Un viaggio tra complicazioni e fashion instinct nei top orologi da uomo e da donna
12 6 TO P C A RS I nuovi modelli delle super sportive più desiderate del mercato L’artigianato di lusso in versione digital. Abbiamo incontrato il co-fondatore e Ceo di Artemest Marco Credendino: pag.44
13 2 M E GA YAC H T Per conquistare mari inesplorati, all’insegna di eleganza, raffinatezza e design
2 6 POSH I N THE WOR L D Le novità e i nuovi place to be da tutto il mondo 3 4 GAS TROCRAZI A Roberto Di Pinto racconta l’innovazione culinaria
10 4 B E AU T Y Le donne del momento, attrici e pop star, scelte dalle più esclusive maison
3 8 TOP LI VI N G Arte e design per l’interior più sofisticato 5 6 BANKS Y Imprese che ispirano il cambiamento 6 6 C ARLO SES TI N I Giovane influencer e imprenditore
74 C H ANEL A Parigi la mostra che celebra Mademoiselle
8 6 VA L E X T R A Sara Ferrero racconta Extra Milano altri progetti
7 8 T REASU RES Minerali e alta gioielleria: Van Cleef & Arpels
9 0 FA SH I ON “In a corner of nature”. La nostra visione della moda
8 0 ANNI ‘20 Cathérine Hug e la speciale mostra a Zurigo
112 DI OR CRUI SE I beauty secrets svelati da Peter Philips
13 8 E N RI C O C RI P PA Lo chef tristellato racconta la sua idea di cucina rivoluzionaria
14 2 W I N E & T RU F F L E Uno speciale percorso enogastronomico nelle Langhe per gli amanti dei sapori decisi
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MAGNIFICENT
DESIGN
One Thousand Museum è l’imponente e fluida torre residenziale di 62 piani affacciata sulla Biscayne Bay di Miami. Un luxury condo dove come vicini trovereste la famiglia Beckham
LA TORRE DELLE MERAVIGLIE Testo di Marzia Ciccola
IL DESIGN Si distingue dagli edifici circostanti per il suo esoscheletro che ha una funzione sia architettonica che strutturale, conferendo una particolare fluidità all’insieme.
I PA R T I C O L A R I Le colonne si aprono a ventaglio alla base per incontrarsi agli angoli dell’edificio. Questo sistema rende la struttura resistente ai forti venti e agli uragani che attraversano Miami.
Il nuovo progetto residenziale super lusso di Zaha Hadid Architects, inaugurato a Miami, si distingue dagli edifici circostanti innanzitutto per il suo scheletro a vista che forma una rete di linee fluide e continue, che gli ha valso il soprannome di “Scorpion Tower”. All’interno la facciata, tagliata come un diamante, contrasta con la solidità della struttura. Inoltre perché il proprietario di una delle 10 penthouse da 20 milioni di dollari è l’ex calciatore
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inglese David Beckham, che con la famiglia passerà a Miami molto tempo, avendo acquistato la squadra Inter Miami FC. La torre conta 84 residenze, incluse un attico duplex su due piani, 4 townhouse e 70 unità da mezzo piano, per un range di prezzo che va dai 5,9 ai 21,85 milioni di dollari. I condomini possono godere di una serie di amenities come la piscina al 61esimo piano, la fitness e la wellness spa, un beach club privato e un teatro.
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«LA STRUTTURA DIVENTA PIÙ SPESSA E PIÙ SOTTILE DOVE È NECESSARIO, IN UNA CONTINUITÀ TRA ARCHITETTURA E INGEGNERIA» C HRIS LEPINE, DIRETTORE DEL PROGETTO DI ZAHA HADID ARC HITECTS
MAGNIFICENT
ART
Short-circuits, Cortocircuiti è l’imponente retrospettiva dedicata a Chen Zhen, una delle figure principali del panorama artistico contemporaneo. Oltre venti le installazioni su larga scala realizzate dall’artista negli ultimi dieci anni della sua carriera, fino al 2000, anno della sua scomparsa, sono presentate grazie a numerosi prestiti provenienti da prestigiose istituzioni e collezioni italiane e internazionali. La produzione di Chen Zhen riflette in maniera paradigmatica il suo desiderio di trovare una sintesi visiva, che integri le caratteristiche estetiche del suo Paese di origine con quelle dei luoghi con cui entra in contatto, in uno scambio fluido e costante tra pensiero orientale e quello occidentale. In questo senso, diventa centrale il concetto di “transesperienze”: termine, coniato dall’artista stesso, che «sintetizza in modo efficace e profondo le diverse esperien-
C H E N Z H E N , L’A R T I S T A M E D I C O
«Fare arte ha a che fare
con il guardare se stessi,
esaminare se stessi e come si vede il mondo»
CHEZ ZHEN (BECOMING A DOCTOR, A LIFE PROJECT)
SINTESI VISIVE Per la prima volta i 5500 metri quadri di Pirelli HangarBicocca ospitano alcuni dei lavori più significativi dell’artista cinese
ze vissute quando si lascia la terra dove si è nati e ci si sposta da un luogo all’altro». Le opere di grande potenza visiva di Chen Zhen anticipano la complessità socio-politica del mondo di oggi, analizzando temi come la globalizzazione, il consumismo e il loro rapporto con la tradizione, mantenendo l’interdipendenza tra materiale e spirituale, riflettendo sull’azione purificatoria dell’arte e sui processi metaforici di malattia e guarigione. (M.C) Dal 15 ottobre 2020 al 21 febbraio 2021 “Shortcircuits”, a cura di Vicente Todolí. Fu Dao / Fu Dao, Upside-down Buddha / Arrival at Good Fortune, 1997. Veduta dell’installazione, CCA – Center for Contemporary Art, Kitakyushu, 1997 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi. Foto: Chen Zhen
in alto
a fianco Purification Room, 2000 (dettaglio) Courtesy GALLERIA CONTINUA©ADAGP, Parigi. Foto: Sebastiano Pellion di Persano
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MAGNIFICENT
NEW OPENING
nell’immagine a sinistra la veduta del nuovo Bulgari Hotel Roma, il cui opening è previsto nel 2022, ripreso dall’ingresso di Via della Frezza
Uno degli ultimi grandi progetti architettonici che restituiscono alla Capitale un’allure internazionale: il nuovo Bulgari Hotel
IL NUOVO TEMPIO DEL LUSSO Testo di Alessandro Iacolucci
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Con un affaccio unico al mondo, su due dei monumenti più iconici di Roma, l’Ara Pacis e il Mausoleo di Augusto, il nuovo Bulgari Hotel oltre ad inserirsi tra le vie dello shopping più famose come Via del Corso e Via Condotti, e fra i locali più glamour della città, celebra la grandezza del primo imperatore romano e il suo raffinato senso estetico. Il Bulgari Hotel Roma sarà inaugurato ufficialmente nel 2022, sorgerà all’interno di un palazzo storico costruito tra il 1936 e il 1938 su progetto dell’architetto Vittorio Ballio Morpurgo, in puro stile razionalista. Il nuovo Hotel, concepito come un tributo all’eleganza e al design italiano, rappresenta per la maison dell’alta gioielleria un opening davvero speciale: sorge nella città che le ha dato i natali, e si aggiunge all’esclusiva collezione di Bulgari Hotels e Resorts di Milano, Londra, Bali, Beijing, Dubai e Shanghai. A cui si aggiungeranno tra il 2021 e il 2023 Parigi, Mosca e Tokyo. L’edificio, imponente e moderno, vede protagonisti gli affreschi di Antonio Barrera e Ferruccio Ferrazzi che ha ricreato la sua personale interpretazione del mito della fondazione di Roma. «Siamo davvero orgogliosi di esserci assicurati una location così straordinaria per il nuovo Bulgari Hotel Roma» dichiara Jean-Christophe Babin, Ceo di Bulgari. «Lo sviluppo di questo Hotel, che aprirà nel 2022, rappresenta un traguardo importante per il marchio, che avrà finalmente il suo ‘tempio’ nella città in cui è stato fondato e che ancora oggi ne rappresenta il cuore pulsante. Riscriveremo davvero la storia dell’ospitalità di lusso nella città di Roma». Come per tutti i Bulgari Hotels nel mondo, lo studio di architettura italiano Antonio Citterio e Patricia Viel si occuperà sia della progettazione architettonica che dell’interior design del nuovo Bulgari Hotel Roma. L’interno conterà 114 stanze, la maggior parte delle quali suite, a cui si affiancano il prestigioso Il Ristorante Niko Romito, curato dallo chef stellato, e il Bulgari Bar, entrambi posti all’ultimo piano per offrire una vista mozzafiato della Città Eterna. Un’ampia serie di servizi sarà a disposizione degli ospiti tra cui una spa di 1000mq dotata di una piscina indoor e una palestra altamente tecnologica dove si potrà beneficiare dell’esclusivo metodo di allenamento “Workshop”, sviluppato in esclusiva per Bulgari.
S opra , la top model Naomi Campbell. A destra l’attore Alessandro Borghi e Jean-Christophe Babin CEO di Bulgari (credit David Atlan). S otto, da sinistra: la socialité Poppy Delevingne; una modella in passerella indossa una delle
creazioni della nuova collezione Bulgari Barocko Alta Gioielleria; accanto l’influencer Nataly Osmann. In basso la violinista Francesca Dego in un momento della sua esibizione. Tutte le foto: Courtesy of Bulgari.
Con una sfilata e un grande evento ristrettissimo, Bulgari ha presentato a fine estate Barocko, la nuova collezione di alta gioielleria. A festeggiarla sono intervenute celebrities e vips da ogni parte del mondo, allietate, al tramonto, nella cornice del giardino di Palazzo Colonna, dal violino della giovane e talentuosa Francesca Dego accompagnata dall’orchestra di Santa Cecilia. 23
MAGNIFICENT
NEW OPENING
In occasione dell’opening, il marchio di LVMH ha firmato una convenzione con Roma Capitale per dare nuova luce all’Ara Pacis. Il monumento su cui affaccia l’Hotel sarà valorizzato con un intervento di relamping dell’attuale impianto di illuminazione, reso possibile grazie a una donazione della maison di 120.000 euro, che si inserisce tra le numerose iniziative di mecenatismo intraprese da Bulgari per tutelare e promuovere il patrimonio culturale della capitale. «Questo nuovo atto è ancora una volta un modo per restituire qualcosa di tangibile alla Città Eterna, che per Bulgari è un punto di riferimento culturale, una generosa musa, una ribalta esclusiva. Siamo lieti e orgogliosi di contribuire a valorizzare la bellezza di un monumento così iconico che celebra la grandezza di un imperatore il cui raffinato senso estetico ha guidato la radicale trasformazione architettonica e urbanistica di Roma, proiettandola nel nostro passato, presente e futuro». Ha concluso Jean-Christophe Babin. Per questa speciale occasione Bvlgari ha pensato un gioiello unico: “Ospitalità Italiana”. Un girocollo in oro bianco realizzato con l’iconica lavorazione tubogas e arricchito da 10 pietre preziose, ognuna con un rimando simbolico alle 10 destinazioni della collezione Bulgari Hotels & Resorts. Un pezzo unico che verrà realizzato solo su ordinazione (immagine in alto).
in basso
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Jean-Christophe Babin, Ceo di Bulgari.
in alto l’attrice Anna Foglietta. A fianco Poppy Delevingne e Jon Kortajarena. A destra la modella Tina Kunakey, moglie dell’attore francese Vincent Cassel. A l centro Naomi Campbell. In basso, da sinistra: la cantante Emma Marrone con Jean-Christophe Babin, Ceo di Bulgari. L’attrice
Isabella Ferrari con Babin. A destra uno scatto con Nieves Alvarez, Ester Exposito e Jon Kortajarena. Nella colonna in basso a destra una modella indossa una delle creazioni Bulgari Collezione Barocko Alta Gioielleria. Foto courtesy Bulgari.
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Tra volumi che ridefiniscono skyline, palazzi che giocano con la luce, hotel hyper luxury e esperienze indimenticabili si snodano novità in tutto il mondo. Un’attenzione speciale è rivolta a Milano e ai suoi ultimi luoghi must
I LUOGHI DEL CUORE Testi di Marzia Ciccola
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T I F F A N Y & C O . , N E W YO R K
OLTRE IL MITO Il celebre flagship di Tiffany & Co. trasforma la sua retail experience e “accende” lo skyline di New York. La storica location sulla Fifth Avenue svelerà nel 2022 una nuova visione reimmaginata da Shohei Shigematsu, studio OMA by Rem Koolhaas. Un processo di trasformazione che include un’imponente architettura di vetro e luce sul rooftop dello storico edificio e dedicata a esposizioni ed eventi. In un dialogo tra l’intramontabile heritage e l’avanguardia creativa. (A.Casotti) 727, Fifth Avenue, New York
POSH IN THE WORLD
PLACES
AU D E M A R S P I G U E T, L E B R A S S U S
IL MUSEO DELLE ORE In occasione dei suoi 200 anni di storia, Audemars Piguet inaugura nella Vallée de Joux il suo scrigno espositivo in cui artigianalità e savoir-faire si svelano al pubblico, un museo dove dialogano arte orologiera, architettura e territorio. Audace e innovativo, nato dalla creatività di Bjarke Ingels e del suo studio BIG, il museo-atelier interamente circondato da vetrate sembra scaturire direttamente dal terreno, svelando la sua incantevole e simbolica morfologia a spirale. (A.Casotti) Route de France 18, CH
H U B L O T , T O K YO
GIOCHI DI LUCE
Il luxury brand dell’orologeria celebra il suo 40esimo anniversario con l’apertura della boutique più grande al mondo. La Hublot Tower offre un lussuoso spazio su 56 metri di altezza. All’esterno la facciata in pannelli in vetro e pezzi specchianti offre effetti visivi unici. 5-9, Ginza 3-chome, Chuo-ko Tokyo
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G R A N D G A T E W AY 6 6 , S H A N G H A I
VOLUMI SPECCHIATI Nella storica zona commerciale e culturale di Xijiahui lo studio di Hong Kong EGGL (Elena Galli Giallini Ltd) ha appena svelato il progetto di rinnovo dell’edificio Nord del complesso dedicato al retail. Obiettivo dello studio EGGL è stato quello di trasformare il GG66 da quello che il sociologo George Ritzer ha definito “una cattedrale del consumismo” a un nuovo modo di intendere lo spazio sociale come moderno lifestyle urbano con un’allure di destinazione di lusso. 1 Hongqiao Road, Xuhui District, Shanghai
FA LO R I A M O U N TA I N R E S O R T, C O R T I N A D ’A M P E Z Z O
UN CIELO DI STELLE Trascorrere la notte nel silenzio totale, circondati solo dalle Dolomiti e dalle stelle, lontano dalle luci artificiali e dal rumore. Faloria Mountain Spa Resort offre ai propri ospiti la possibilità di dormire in alta quota nella suggestiva camera mobile Starlight Room, per godere senza limiti della bellezza della natura e del territorio circostante in ogni stagione dell’anno. La Starlight Room è a quota 2055 metri, è interamente ecosostenibile può ruotare su se stessa di 360 gradi e si raggiunge al tramonto dal Rifugio Col Gallina.
photo Giuseppe Ghedina
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POSH IN THE WORLD
PLACES
NOBU, C HIC AGO
JAPAN IN AMERICA
Il nuovo gioiello del gruppo fondato da Nobu Matsuhisa, Robert De Niro e Meir Teper fa tappa a Chicago, dove inaugura a metà ottobre. I 12 piani ospitano 115 tra camere e suite, terrazza con luonge e aree indoor e outdoor, saloni e l’immancabile ristorante dello chef Nobu. (A.Tereo) 155 N Peoria St, Chicago
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POSH IN THE WORLD
TORMARESCA , MILANO
VINO E CUCINA
MILANO
Orecchiette e burratine, pane di Altamura, stracciatelle e capocollo di Martina Franca. L’omonima cantina pugliese di proprietà di Antinori apre, al posto dello storico Procacci 1885, un angolo di Puglia a Milano, ispirandosi al format di successo del bistrot di Lecce. Corso Garibaldi, 79
LUOGHI AMENI E INASPETTATI IN CENTRO CITTÀ, CUCINE DA TUTTA LA PENISOLA ARRIVANO NEL CAPOLUOGO LOMBARDO
PEOPLE’S PL ACE, MIL AN O
ORE D’ARIA Si rinnova nel design il luogo di ritrovo firmato da Tommy Hilfiger a Milano. 85 metri quadrati all’interno di un suggestivo e verdissimo giardino cittadino con 110 posti a sedere, caratterizzato da elementi verdi e luce naturale, adiacente alla boutique del brand. La location è perfetta, tra la fine di Corso Venezia e l’inizio di Corso Buenos Aires, regno dello shopping milanese. Piazza Oberdan
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C AV O L I A M E R E N D A , M I L A N O
CENA A PALAZZO Un indirizzo riservato, di quelli che si tengono per sé e si condividono solo con amici veri. Nascosto al piano nobile di un bellissimo palazzo di fine ‘700 nel cuore posh di Milano, il ristorante, finora aperto solo per il pranzo e per eventi privati, apre ai clienti anche la sera. Atmosfera intima e riservata, sale interne accoglienti e terrazza, menù frutto di una materia prima selezionatissima nel rispetto della stagionalità e cantina sono tra i segreti meglio tenuti della città. Corso Magenta, 66
C A M PA R I N O , M I L A N O
IERI E OGGI
Sono firmati Davide Oldani i nuovi piatti di stagione che nel luogo iconico dell’aperitivo milanese fanno parte della proposta “lunch”, servita sia nel dehor che al primo piano del locale, dove anche la Sala Spiritello apre ora per il pranzo (solo su prenotazione). Piazza Duomo, 21
sopra
la terrazza di 90 mq del Cavoli a Merenda la sala Spriitello del Camparino in Galleria
in basso
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F R A D E S P O R TO C E RVO , MILANO
SARDI A MILANO
Frades (fratelli in sardo) è il progetto di Roberto, Valerio e Fabio Paddeu, 3 giovanissimi fratelli di Orani che replicano in città, dopo due aperture in Costa Smeralda, la loro idea di Sardegna: prodotti di altissima qualità accuratamente selezionati tra i piccoli produttori di ogni angolo della regione e reinterpretati in modo moderno e convincente. Via Mazzini, 20
Si ispira alle architetture sarde il nuovo Frades a Milano Gli appassionati dell’arte della carta non potranno perdere l’apertura di Pineider
sopra sotto
PINEIDER, MILANO
LA STORIA È ADESSO Lo storico marchio fiornetino sinonimo di esclusività e artigianalità nella carta, pelletteria e articoli da scrittura, ha finalmente aperto. Atmosfere vintage per i 300 metri quadri di superficie tra carte raffinate, penne preziose e articoli di pelletteria storici e contemporanei. Chi ne varcherà la soglia potrà vivere esperienze artigianali legate all’incisoria della carta e della pelle, cimentarsi in corsi di calligrafia, scegliere il proprio inchiostro e realizzare un prodotto bespoke. Senza rimpiangere la sede della prima libreria Feltrinelli. Via Manzoni, 12
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POSH IN THE WORLD
MILANO
CIPRIANI, MILANO
THE HOUSE OF LUXURY
Fra i materiali impiegati nella SPA di Palazzo Bernasconi ci sarà legno di cedro, marmo rosso di Francia, onice e mosaici, finiture in oro e tessuti in cashmire, per rievocare l’ex-atelier di Gianni Campagna, dove sorgerà il nuovo luxury concept firmato Cipriani La SPA, verrà inaugurata già ai primi del 2021. Via Palestro, 24
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POSH IN THE WORLD
S O S T A N Z A
MILANO
IL SUPERFLUO A TAVOLA NON FA LA FELICITÀ. Ne è convinto Roberto Di Pinto, artefice del concept SINE, Ristorante Gastrocratico. Sine, cioè “senza” come scrivevano i latini, vocabolo di sintesi di una nuova idea di ristorazione, disposta a eliminare tutto ciò che può rappresentare un peso inutile sul piatto e sul conto del cliente. Di Pinto ha Napoli nel cuore, tra le mani, nelle tasche. La città partenopea è il luogo magico dove, a sedici anni, ha iniziato a lavorare come garzone nella pasticceria Scaturchio, per poi cominciare a conoscere la preparazione dei più noti dolci partenopei come sfogliatelle, babà e pastiere. Dopo l’ingresso nel mondo Starwood, rinomata catena alberghiera, che gli fornisce la possibilità di girare il mondo, a partire dai ristoranti stellati “Fiore” e “Conservatory” di Londra, torna in Italia a Firenze al Grand Hotel. Tappa importante del suo excursus è sicuramente Milano, al Diana Majestic e al Nobu, prima di approdare a Parigi nel 2000 con Beltramelli, allievo di Marchesi e di Ferran Adrià. Grazie a lui abbraccia nuove tecniche legate alla cucina molecolare, quella sognata da piccolo guardando le grandi riviste. Prima sous-chef e poi la grande occasione come Chef Executive al Bvlgari. A cavallo tra i due ruoli l’incontro che ha cambiato la sua visione di cucina: uno stage da Gennaro Esposito alla Torre del Saracino, che gli ha fatto riscoprire il valore della cucina di casa. E ancora diversi eventi, tra cui l’Ambasciata italiana a Lagos in Nigeria e soprattutto “Epicurea” con grandissimi chef come Yannick Alleno a Parigi, Dominique Crenn a San Francisco e Thompson a Bangkok, passando anche nelle loro cucine per arricchire la sua vision curiosa ed aperta. Oggi è impegnato “anema e core” nel progetto SINE, primo e unico ristorante gastrocratico, dove raccontare la cucina delle radici e dei sogni.
E F O R M A
La “Gastrocrazia” non è più un miraggio. La cucina gourmet secondo Roberto Di Pinto
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POSH IN THE WORLD
MILANO
Piatti che parlano di tradizione e di sogni, ma con un aggancio alla realtà, cioè alle origini partenopee
di chef Roberto Di Pinto, founder di SINE - Ristorante Gastrocratico a Milano. Un luogo in cui la tradizione sposa l’innovazione per ampliare i confini della cucina gourmet
A quasi due anni dal suo debutto, SINE riaccende le insegne alla volta di una nuova stagione. I tempi sono cambiati, l’identità del ristorante è rimasta fedele a se stessa? Sì perché in questo progetto c’è tutta la mia vita. Il concept è nato da un’esigenza di liberazione che ho coltivato con molta dedizione. Ho voluto restituire autorità alla gastronomia per renderla libera da paletti dando vita a un luogo elegante, moderno, metropolitano. SINE non vuole essere una cattedrale, né un museo, ma una porta d’ingresso verso una nuova idea di cucina, creativa, concreta e accessibile. Cosa ti rende così orgoglioso? Nel mio percorso di napoletano “viaggiatore e non emigrante”, come diceva Massimo Troisi, ho capito che la nostalgia poteva trasformarsi in un racconto fatto di esperienze. Ho vissuto a Roma, Firenze, Ve-
nezia, Londra, Parigi e il confronto continuo con i colleghi mi ha portato alla consapevolezza di quanto sia alta la reputazione della cucina italiana nel mondo. La mia vita di tutti i giorni è lo specchio della mia vita lavorativa, così la mia cucina non può fare a meno della mia napoletanità, perché rappresenta il mio bagaglio di esperienza vissuta. Come uomo e come chef mi approccio al mondo ancora con gli occhi curiosi di un bambino, sempre alla ricerca di nuovi colori, sapori, odori. Nella mia cucina serve il basilico, ma anche il coriandolo, serve la colatura di alici, ma anche la salsa di soia. Sono fiero del ragù che servo al tavolo nel pentolino di rame in cui poter fare la scarpetta. Dopo questi mesi difficili torniamo a sederci a tavola con nuove consapevolezze? A maggio, dopo il lockdown, il delivery su pre-
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notazione è stato un modo per riavvicinarci ai nostri clienti e con sorpresa/felicità ne abbiamo intercettato di nuovi, un ottimo segnale contro l’incertezza e la paura. Oggi SINE riapre a pranzo e a cena dopo la pausa estiva, con un piccolo dehors da poco inaugurato e una novità: il pranzo della domenica. Un momento di convivialità nuovo per i clienti del ristorante che finora la domenica rimaneva chiuso. La formula contempla antipasti freddi e caldi che cambiamo di settimana in settimana, serviti in porzioni studiate per essere condivise. Si spazia dalla tartare di carne al vitello tonnato fino all’insalata di mare, c’è poi un piatto principale seguito da secondi di carne o pesce. In questo momento bisogna ritornare a tavola per riscoprire il piacere di ritrovarsi. Ho sempre messo il cliente al centro della mia idea di ristorazione e oggi ci credo ancora più di ieri.
Abbiamo trascorso molto tempo in casa e rivalutato la preparazione del cibo tra le mura domestiche. La ristorazione potrebbe soffrirne? No, si tratta di momenti diversi. Il piacere di sedersi al ristorante non verrà mai messo in discussione dalla dimensione casalinga. Chi rimane tra le mura di casa sceglie di cucinare per sé o per i propri cari ma non mette in discussione la bellezza della convivialità anche al di fuori di quella comfort zone. Alla luce del peso che la componente “street” ha conquistato nel food, ritieni che sia in atto una “democratizzazione” dell’alta cucina? La gastrocrazia mi ha reso orgoglioso. Adesso lo stanno facendo anche gli altri perché hanno bisogno di far cassetto. Ma l’occhio è sempre più attento e allora benvengano i piatti intelligenti fatti con maestria a un costo giusto. Cambiano le materie prime ma non la qualità, si fa cultura e si avvicinano le persone. Per fare la differenza bisogna puntare sull’experience. SINE su cosa punta? L’esperienza “SINE” inizia già dalla prenotazione del tavolo. Il capitale umano è fondamentale e la mia squadra è molto formata sul contatto con la clientela, sull’accoglienza attraverso cui instaurare un rapporto di fiducia con l’ospite. Nulla è lasciato al caso. In secondo luogo offriamo un’esperienza culinaria che parte da Napoli per fare il giro del mondo, evolvendosi senza confini. La personalità dei miei piatti si fa sentire perché nasce da ricordi, esperienze, intuizioni, vita. Hai mai immaginato di aprire un tuo ristorante a Napoli? Fino a qualche anno fa non avevo in programma l’apertura neppure di un ristorante mio. Ma oggi se qualcuno mi chiedesse di aprire un nuovo SINE a Londra o a Napoli io sceglierei Napoli. La Napoli di oggi, così diversa da quella che ho conosciuto vent’anni fa, mi affascina moltissimo.
nelle pagine precedenti,
dettagli dell’interno del locale SINE Ristorante Gastrocratico fondato da Chef Roberto Di Pinto (qui sotto il suo ritratto)
SINE Ristorante Gastrocratico Viale Umbria 126 - Milano sinerestaurant.com
Qui da SINE è impossibile non notare una grande insegna luminosa… Recita “Suonna Ca Sò Suonne d’Oro”, ovvero “Sogna che son sogni d’oro”, la frase che mio padre mi diceva sempre da bambino, in maniera disillusa. Rappresenta il motore della mia ispirazione, una luce accesa, perché ho sempre sognato di diventare un bravo ristoratore. Marco Torcasio
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una delle creazioni culinarie realizzata dallo Chef Roberto Di Pinto “Gamberi, pesche, creme fraiche e caviale”
qui sopra
LIVING
DESIDERIO
Nel centro storico di Milano, un appartamento dall’impianto architettonico ottocentesco dialoga con il contemporaneo, in un rapporto possibile tra ieri e oggi, tra classico e pop art 38
TA S T E & G O U R M A N D D
I N LT IEVRI INOGR
DI ELEGANZA Testo di Marzia Ciccola
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LIVING
INTERIOR
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Lo Studio Vudafieri Saverino Partner si è sempre distinto nel panorama milanese e internazionale, grazie alle sedi di Milano e di Shanghai, per i lavori di architettura, design d’interni, retail moda, hotellerie e food design, spaziando tra progetti che hanno affrontato i grandi temi legati alla città, al paesaggio e alla società, come pure quelli che riguardano l’architettura di luoghi residenziali piuttosto che commerciali o industriali, con un approccio a 360 gradi. Nel progetto di interior questo appartamento nel centro storico di Milano rispecchia perfettamente le linee guida intorno a cui i
progetti di Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino si sono sempre mossi: eleganza, minimalismo, ricerca dell’equilibrio tra classico e contemporaneo. Il progetto in questione rompe con la tradizione pur mantenendo l’antica identità degli spazi, giocando su contrappunti e giustapposizioni, tra l’impianto classico ottocentesco e le decorazioni che fanno da elemento di rottura, creando un ambiente dal design contemporaneo. Il decor dell’appartamento di 450 mq è caratterizzato da pavimenti in legno a spina di pesce, maniglie in
ottone, infissi a telaio bianco che dialogano con opere di pop art e pezzi di design made in Italy, come nella zona d’ingresso dove una panca d’antiquariato è posta in contrasto vicino a opere di Andy Warhol.
Nella zona living, ampia e luminosa, il punto focale è rappresentato dal camino con cornice originale in marmo, che è giustapposto anche qui a opere d’arte moderna e di design. La cucina a isola è defilata dalle zone di rappresentanza. Una vetrata scorrevole, mimetizzabile a comando, rende possibile la creazione di due aree separate per la preparazione e il consumo dei pasti. Il passaggio da un ambiente all’altro è sottolineato da un pavimento in ceramica effetto optical che si discosta da quello in legno, mentre un divano-panca rivestito in velluto capitonné cardinalizio introduce codici estetici inattesi per un ambiente cucina, definendo uno dei tratti caratteristici del progettare di Vudafieri-Saverino Partners: quello di giocare sulla scomposizione tra significante e significato.
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Particolare il bagno dei ragazzi, dove gli arredi divisori sono realizzati partendo da mobili vintage: pezzi discordanti tra loro per forme, materiali ed epoca sono stati reinterpretati in una struttura di ferro grezzo e scatole bianche di legno costruite ad hoc. Una cura artigianale nell’esecuzione, il desiderio di offrire punti di osservazione inediti e sorprendenti, l’eleganza e l’attenzione al dettaglio che costituiscono la cifra stilistica dello Studio milanese.
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LIVING
INTERIOR
tutte le foto mostrano gli interni realizzati secondo
il progetto di Vudafieri-Saverino Partners. Le foto sono a cura di Santi Caleca. Team Project: Tiziano Vudafieri, Claudio Saverino, Sabrina Sala, Allegra
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Grace Davies, Chiara Ludovici. Direzione lavori: Alberto Belli, Monica Tauro. Arredi su misura: F.lli Bianchi.Impresa edile: Zeta srl
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Testo di Lavinia Elizabeth Landi
Il design italiano, la maestria dei suoi artigiani, i suoi capisaldi. Tutto ciò che rende speciale il made in Italy nel campo dell’arredo è ora acquistabile online, a disposizione di tutti coloro che lo apprezzano. Marco Credendino, co-founder di Artemest, il primo marketplace dedicato all’interior design di lusso, racconta come vede il futuro dell’artigianato e dell’eccellenza del design italiano
L’artigianato diventa digital
TA S T E & G O U R M A N D D
EXPERIECE
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MARCO CREDENDINO IL GIOVANE IMPRENDITORE CHE HA RIVOLUZIONATO IL MONDO DELL’ARTIGIANATO
Un tono fermo e coinvolgente, parole scelte con la cura e la consapevolezza di chi sa investire su se stesso. A soli trent’anni, Marco Credendino è co-fondatore e Ceo di Artemest, un marketplace online dedicato a prodotti di interior design italiano di lusso, creati da firme come Richard Ginori, Venini e Fornasetti, tra le tante. Laureato in Bocconi e alla Fudan School of Management, oltre all’esperienza internazionale in business, e-commerce e imprenditoria, Credendino è appassionato di innovazione, arte e design. Il suo appartamento a Milano è esclusivamente arredato con le creazioni degli artigiani di Artemest: contemporaneo ed eclettico, si può dire che rifletta la creatività senza confini del suo proprietario. Credendino ci racconta i trascorsi, le caratteristiche e gli obiettivi di un giovane imprenditore che ha rivoluzionato le vendite di un settore in crisi, e del successo internazionale di Artemest. Come nasce Artemest? Artemest nasce da un’idea dell’imprenditrice italo-americana Ippolita Rostagno. Un incontro fortunato, tra le mie esperienze internazionali di e-commerce, per la sua volontà di sollevare, attraverso conoscenze e competenze artistiche, il settore dell’artigianato. Ispirati dall’eccellenza dei prodotti del nostro Paese, abbiamo pensato di creare una piattaforma che potesse offrire ad artigiani e designer l’opportunità di raggiungere un pubblico internazionale di architetti, interior designer, intenditori d’arte e di design, supportandoli con nuove tecnologie e risorse all’avanguardia. I punti di forza di questo marketplace? Artemest è l’unico che ha firmato contratti in esclusiva con quasi 800 fornitori dei più di 1000 con cui collabora; questo significa che l’assortimento dei prodotti proposti è unico e nella maggior parte dei casi non reperibile in altri e-commerce. Inoltre, i nostri team dedicati offrono una consulenza e assistenza continua ai nostri clienti, aiutandoli a trovare le soluzioni perfette per i loro progetti, dalle abitazioni private, agli alberghi, al retail, alla ristorazione. in alto un ritratto di Marco Credendino co-fondatore e Ceo di Artemest. nella pagina di apertura arredi firmati da Salda, in vendita su Artemest.com
Quali sono i vantaggi dell’impresa digitale? Per la prima volta stiamo dando vita a realtà che non possiedono strutture in grado di diffondere le loro competenze a livello globale. E a oggi, il digitale è sicuramente il modo più veloce ed ef-
nella pagina a fianco allestimento per la Milano Design Week 2019 del marchio Ghidini 1921, in vendita su Artemest.com
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INTERVIEW
DESIGN
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ficace. Grazie al digitale siamo in grado di mettere in contatto un produttore con un mercato infinitamente più grande. Il vantaggio principale del digital è quello di poter arrivare lontano dalle singole botteghe degli artigiani e delle aziende di produzione. Ogni giorno migliaia di visitatori accedono alla nostra piattaforma e scoprono prodotti nuovi e unici, nonché il processo di manifattura dietro di essi, attraverso video e contenuti editoriali che ne raccontano la storia. Mi piace pensare ad Artemest come un “aggregatore culturale”: più che un mezzo che unisce due realtà distinte, artigianato e digital, è il loro punto in comune, lo spazio di condivisione che esiste tra il passato e il futuro. Ma avete avuto bisogno, a un certo punto, di avere un negozio “fisico” che avete aperto a New York. Perché? Siamo un e-commerce, è vero, ma crediamo molto nel fornire un servizio completo e di estrema eccel-
lenza ai nostri clienti. Questo “negozio fisico” è in realtà uno showroom che funge da punto di incontro tra i clienti trade, come architetti e designer, e i clienti finali che si riuniscono nel nostro spazio per discutere i loro progetti. È stato pensato anche per dimostrazioni dal vivo: ad esempio, la possibilità di osservare un artigiano al lavoro davanti a un pubblico appassionato. Avete conquistato la fiducia di importanti Fondi d’investimento internazionali. Quali regole avete seguito? Abbiamo raccolto un totale di 11 milioni di investimenti privati e diciamo che per conquistare la fiducia di questi Fondi internazionali ci è bastato essere quello che siamo: una soluzione a un divario esistente nel mercato italiano, che non investe abbastanza su ciò che ha di più prezioso, l’artigianato. Abbiamo reso internazionale una linea esclusiva di prodotti di contemporary luxury design, attraendo
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capitali esteri come il fondo di private equity francese OLMA Luxury Holdings e la holding svizzera Brahma, oltre al fondo NUO Capital di Milano (family office della famiglia Pao di Hong Kong). Lei è un giovanissimo Amministratore Delegato di un’impresa in evoluzione, come si vede tra dieci anni? Sicuramente all’interno dell’industria del design, del lifestyle o eventualmente della moda, sempre cercando di continuare a lavorare per valorizzare i talenti che l’Italia custodisce a sua volta senza saperli sfruttare. Con questo voglio dire che l’Italia ha eccellenze produttive uniche al mondo alle quali non è in grado di aggregare capacità di comunicazione, marketing e distribuzione che la facciano competere con i grandi poli del lusso. Lavorare in questo contesto mi ha fatto capire che quello che vorrei continuare a fare è aiutare la crescita, anzi, la rinascita, del “made in Italy” a livello
DESIGN
nella foto a sinistra interno firmato da Selva, in vendita su Artemest.com in questa pagina arredi ed illuminazioni in marmo di Salvatori, in vendita su Artemest.com
creativo, finanziario, logistico e di marketing. Mi vedo, quindi, a lavorare con le piccole realtà artigianali e a seguirle soprattutto nella sfera finanziaria. C’è questo detto semplice ma efficace che recita “fare un passo indietro per farne due avanti”: fermarsi a ragionare sulle problematiche di un’attività, metabolizzarle, e utilizzare i punti di debolezza per rilanciare a un altro livello, per esempio unendo più brand sotto un unico cappello, come facciamo con Artemest.
spazi di condivisione sociale.
Le crisi economiche non scoraggeranno l’acquisto di oggetti di design? A oggi, le persone tendono sempre più a ricercare prodotti unici che possano racchiudere una storia; la qualità è la priorità numero uno, e l’acquisto di un oggetto di design di lusso significa entrare in contatto con un retaggio artistico e culturale senza paragoni. Sempre più clienti ricercano un’esperienza d’acquisto eccellente e studiata appositamente per loro, giacché l’unicità è divenuta un requisito fondamentale. Per noi è importante lavorare non solo con clienti privati, ma anche e soprattutto con i professionisti del settore, quali architetti e interior designer: il lusso e l’esperienza che può offrire è ritrovabile in ristoranti, alberghi, locali, lounge aeroportuali, private club, uffici... Bisogna impegnarsi a lavorare sempre di più sul settore “trade” per portare il lusso fuori di casa, in
Quali sono le sue passioni? Penso che il tempo libero sia necessario nella vita degli imprenditori per stimolare e in un certo senso accrescere la propria apertura mentale, per conoscere culture e modi di pensare diversi. La mia passione più grande è viaggiare, cosa che ora a causa dell’emergenza Covid non mi è possibile fare. Appena ho del tempo libero scappo dai miei punti di riferimento, Milano e New York, per scoprire nuove realtà. Si dice che gli imprenditori non vanno mai in vacanza perché hanno costantemente la testa focalizzata su quello che accade in azienda, che in un certo senso può essere vero, ma credo che viaggiando per piacere, per soddisfare questa necessità di stimoli nuovi, l’individuo possa anche trarre un’utilità lavorativa. L’importante è riuscire a conciliare quest’ultima con la passione, per creare valori in continua mutazione.
“MI PIACE PENSARE AD ARTEMEST COME UN AGGREGATORE CULTURALE: PIÙ CHE UN MEZZO CHE UNISCE DUE REALTÀ DISTINTE È LO SPAZIO DI CONDIVISIONE TRA IL PASSATO E IL FUTURO”
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Artigianato e industria, che posto avranno nel nostro futuro? La manualità sarà sempre presente nella nostra vita. A dire il vero, credo proprio in un ritorno dell’artigianato nella quotidianità. Certo, come in tutti i settori c’è bisogno di innovazione, ed è quello che offriamo con Artemest: uno sviluppo complementare tra artigiano e tecnologia.
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DESIGN
INTERIOR
Testo di Anna Casotti
A NEW YORK UNA PENTHOUSE DA REGNO DELLE MERAVIGLIE
Contemporary oasi
La sensualità che caratterizza i volumi immaginati dall’architetto islandese Gulla Jónsdóttir e dal suo
studio di Los Angeles è un connubio tra delicatezza, fluidità e legame con la natura. Un’estetica raffinata narrata nell’esclusiva Penthouse di Park Avenue, nel cuore del luxury living di Manhattan
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Un tratto delicato si snoda in ogni suo progetto: architetto poliedrico e visionario, l’universo di Gulla Jónsdóttir si svela tra interior, graphic e product design, con una particolare attenzione a un costante dialogo tra arte, architettura e natura. Una visione delicata che si rivela in luoghi olistici come la Paz Spa all’interno dell’esclusivo Cabo Azul Resort, in location gourmand – un esempio, il Red O di Los Angeles – o in spazi dedicati all’ospitalità: dal Mayfair di LA all’Hotel G di San Francisco al Roxbury di Hollywood. «L’arte non è separata dalla vita e la vita non è separata dall’architettura», dichiara l’architetto. Tra organicismo ed este-
tica contemporanea, ogni elemento plasmato da Gulla diviene un manufatto artistico in cui immergersi e respirare pura emozione. Trasformando il living in una poesia di luce e colore, come nel progetto di interior design di una sofisticata penthouse di Park Avenue. Un prezioso scrigno scandito da elementi organici immerso nello skyline di New York. Realizzata in stretta collaborazione con Bianco Bianco, «la luce naturale, l’oro e la pietra – racconta Gulla Jónsdóttir - sono gli elementi ispiratori che hanno influenzato il mio processo creativo durante la realizzazione di questa penthouse newyorkese. Lo spazio è un volume
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LUXURY DESIGN
INTERIOR
I progetti di Gulla Jónsdóttir comprendono appartamenti, spa, luoghi gourmand o spazi dedicati all’ospitalità. Portano la sua firma la Paz Spa del Cabo Azul Resort
a San José del Cabo in Messico, il ristorante Red O di Los Angeles, l’hotel Mayfair di LA, l’hotel G di San Francisco o il Roxbury di Hollywood.
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DESIGN
INTERIOR
L’interior di questa penthouse è scandito da materiali pregiati e da toni che evocano l’aurora newyorkese: i colori dell’ambra e dell’oro si alternano alle delicate sfumature del bianco perlato e del blu intenso.
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La Penthouse di Park Avenue è un prezioso scrigno all’interno dello skyline di New York.
Marmi italiani e pietre sono state scelti per narrare l’artigianalità made in Italy.
unico situato al 50mo piano di questa incredibile e vertiginosa torre, nel cuore di Manhattan. Un interior design eclettico dà vita a una ambience immaginifica creata ad hoc per adattarsi allo stile di vita effervescente dei proprietari.» Scandita da materiali pregiati e da una tavolozza di nuances che evocano l’aurora newyorkese, i colori dell’ambra e dell’oro si alternano alle delicate sfumature del bianco perlato e del blu intenso, in un susseguirsi di raffinate espressioni cromatiche. Costellata
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da esclusivi marmi italiani e pietre naturali scelte da Jónsdóttir con un’accuratezza inedita, la penthouse di Park Avenue narra l’artigianalità made in Italy attraverso la selezione dei brand più acclamati a livello internazionale, tra cui la sofisticata visione del living by Giorgetti. Scaturiti dall’immaginario creativo di Gulla, gli arredi custom – dai letti ai divani, dalle poltrone agli specchi – fluttuano nello spazio, dando vita a un’inedita mise en scène che incanta. E trasforma l’abitare in un’autentica oasi onirica.
ART
EXHIBITION
Banksy è il writer più celebre di sempre. Le sue opere impresse illegalmente sui muri di tutto il mondo hanno la forza di muovere le coscienze e ispirare un cambiamento reale
PIÙ DI UN ARTISTA, PIÙ DI UN’IDEA. BANKSY SUPERA SE STESSO E TROVA LA RIVOLUZIONE
Testo di Davide Landoni
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Le riproduzioni girano i musei di tutto il mondo, come sta accadendo ora nella mostra di Roma. Ma è con il supporto alla Louise Michel, nave adibita al soccorso dei migranti nel mediterraneo, che l’artista ha compiuto un passo ulteriore verso una forma d’arte mai vista.
Alcune idee riposano sconosciute nel fondo del cielo. Solo l’arte, forse, è in grado di andare a recuperarle e dare loro definizione. E solo una volta che queste sono state nominate iniziano a prendere forma, senza però mai manifestarsi apertamente. È la loro forza e la loro debolezza: sono inafferrabili. Viene allora spontaneo pensare che Banksy - street artist dal volto e dall’identità sconosciuta - non sia altro che un’idea. Di lui
abbiamo solo un nome, più o meno, e poco più. Una data e un luogo di nascita: 1974, Bristol, Regno Unito.
Nessuno l’ha mai visto ma ognuno ne conosce le opere, proprio come un pensiero che sfiora tutti ma non appartiene a nessuno. Una vera sfida, provocazione totale nell’epoca dell’appropriazione rapida e inappellabile di qualsiasi cosa. Come un’idea, l’arte di Banksy è in grado di ispirare l’uomo e generare una visione. Non sappiamo ancora quale sia il peso specifico che gli stencil più famosi di sempre avranno sulla nostra società; ma sappiamo che questa non si limita a osservarli: preme per farli propri. E l’arte di
Banksy non si acquista come un quadro in galleria, nemmeno esiste come esiste un’opera classica. I suoi lavori sono dispersi per
il mondo, bloccati nell’unicità che li lega al muro dove sono impressi. Per possederli chiedono solo di essere compresi, che il messaggio veicolato trovi un destinatario. Da soli gli stencil di Banksy non sarebbero nulla. Sono solo un’idea che cerca qualcuno per lasciarsi accadere. Perché è inevitabile che le idee ispirino l’uomo, ma se questo mai le incarnasse esse non esisterebbero mai. Se l’arte troppo spesso si chiude in una superba astrazione per evitare di compromettersi, al contrario Banksy ha da sempre provato a proporre qualcosa che
nella pagina a sinistra
“Barcode”, 2004, serigrafia su carta, screenprint on paper, Artrust
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fosse più di un semplice linguaggio - per quanto efficaci e immediati siano i suoi graffiti. Porre la propria opera laddove non è concesso - nella maggior parte dei casi le incursioni cittadine di Banksy non sono autorizzate - implica sfidare apertamente il sistema e provocare in questo una reazione. Ma dal momento che non è possibile cambiare un meccanismo senza essere al suo interno, ecco che l’artista senza corpo adotta immagini pop e stereotipate - bambini, icone commerciali, soldati, personaggi noti - per operare un sottile ma diretto slittamento di
senso, in grado di ribaltare in un attimo le nostre concezioni. Banksy agisce come un terrorista - compie le sue opere eversive e le rivendica a posteriori - mettendo fiori in mano a un rivoluzionario e sogni disillusi negli occhi di una bambina. Figure e personaggi iconici vengono rappresentati in circostanze improprie, inusuali per loro. Questa inversione semantica agisce come un grimaldello in grado di aprire le menti e far scintillare il senso della rivolta. Con i se e con i ma non si fa la storia, ma forse con alcuni no sì. No alla violenza, al potere, al razzismo, all’intolleranza, all’ipocrisia, all’ingiustizia, al consumismo, al capitalismo. I simboli del
postmodernismo si piegano e modificano sui muri toccati da Banksy, i quali sorprendono in modo impertinente il passante che
li osserva. Si tratta di opere esuli dai musei e dal sistema ufficiale, che cerca di appropriarsene riproducendole, proprio come sta accadendo al Chiostro del Bramante, Roma. La mostra “Banksy,
A visual protest” raccoglie fino all’11 aprile 2021 100 stampe
autenticate dall’artista, che ripercorrono la sua produzione dal
2001 al 2017. Nonostante non sia approvata dal writer, come molte di queste iniziative, l’esposizione prova a spostare all’interno di un museo quello che però dà il meglio di sé al di fuori di esso. Le sue opere sono frecce al cuore delle coscienze, dardi che catturano gli animi proprio come un’idea seduce le menti: dando un accenno
nella pagina a destra
“Tesco Petrol Bomb”, 2011, olio su tela, oil on canvas, Collezione privata, Private collection
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della loro profondità e lasciando poi sia il singolo a esplorarne le implicazioni. Getta l’idea e lascia che cresca concetto. L’arte di Banksy trova allora piena consacrazione proprio in questo carattere collettivo, quasi comunitario, che nella nostra epoca globalizzata riesce in un duplice successo. Da una parte si localizza in punti precisi di determinate città - legandosi all’ambiente (anche sociale) e potenziando così il proprio messaggio - e dall’altra guadagna tramite i social network una diffusione senza precedenti. L’artista senza volto è capace, con ironia e forte senso etico, di dare voce a chiunque si voglia unire al suo canto. Anzi, ha bisogno che qualcuno si unisca alla sua rivolta, perché da solo rimarrebbe confinato al muro dove ha eseguito l’opera. Siamo tutti noi a dare corpo all’idea Banksy. Ma con l’ultima operazione il writer è andato ancora oltre, abbandonando definitivamente i lontani reami astratti e traducendo le sue idee in pratica. Ha fatto quel che non ci si aspetta da qualcuno che non dovrebbe mai rivelarsi: è sceso in campo.
Con la Louise Michel, nave finanziata (e decorata) dall’artista e adibita al soccorso dei migranti nel mediterraneo, Banksy si
è spostato dalla dimensione del virtuosismo comunicativo allo
spazio del concreto, innovando a tal punto la pratica artistica da doversi domandare se ancora si tratta di arte a tutti gli effetti. Perché all’arte, quella istituzionale, poco piace prendere posizioni nette e irreversibili. Il sistema artistico è abituato a sfiorare i concetti e limitarsi, nel migliore dei casi, a ispirare da lontano. Invece Banksy esaspera finalmente la sua morale semplificatrice - è sempre chiaro nei suoi lavori quale sia il Bene e quale il Male - e mantiene fede ad essa, anche a costo di perdere quel fascino ideale che lo rendeva simpatico a tutti. Fa la cosa più giusta anche se non è la più conveniente. Ma non è forse così - trovando il confine e superandolo - che
avvengono i più grandi cambiamenti? Forse Banksy ora non è
più un artista e nemmeno un’idea; ma può essere qualcosa di diverso, forse di migliore.
nella pagina a sinistra
”CND Soldiers”, 2007, serigrafia su carta, screenprint on paper, Collezione privata, Private collection
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EXHIBITION
PHOTOGRAPHY
Testo di Alessandro Iacolucci
THE PEOPLE I LIKE
Al MAXXI di Roma un percorso labirintico, sensuale, con 200 ritratti di personaggi scattati dal fotografo più rock in circolazione: Giovanni Gastel. «The people I like racconta il mio mondo, le persone che mi hanno trasmesso qualcosa, insegnato, toccato l’anima»
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64 Duecento ritratti dei soggetti che più lo hanno colpito nel corso dei suoi quarant’anni di attività immergono lo spettatore in un
sinuoso percorso labirintico, totalmente black & white, offerto in collaborazione con il MAXXI di Roma dallo studio d’architettura di Piero Lissoni. Fotografie intense, intime, che mettono a confronto lo spettatore con i ritratti delle persone che si trova davanti. Scatti persuasivi ed enigmatici, dove è quasi possibile percepire i pensieri dei soggetti ritratti, come fossero cristallizzati nell’instante in cui Giovanni Gastel li ha immortalati. Immagini che lasciano spazio
all’interpretazione perché come dice il fotografo italiano: «Io capisco
quello che percepisco. Do la mia interpretazione. L’opera deve lasciare uno spazio aperto per far entrare lo spettatore, altrimenti l’arte serve a poco».
Da Barack Obama a Bebe Vio. Poi Chiara Ferragni, Roberto Bolle, Stefano Accorsi, ma anche Leo; il suo cagnolino. E ancora
Germano Celant il grande storico dell’arte italiano, scomparso ad aprile 2020, amico e mentore di Giovanni Gastel a cui l’artista dedica l’esposizione al MAXXI di Roma: “The People I Like”, visitabile fino al 22 novembre prossimo.
«Tutte queste fotografie sono state realizzate in parte per riviste, in parte per mostre, in parte sono progetti personali. Io non sono uno specchio, io sono un filtro, la mia è una lettura e offro il
mio punto di vista su tutte queste persone che mi hanno sedotto per un particolare. Il filo conduttore che li unisce? La presenza
profonda di anima e di verità che va oltre il loro ruolo sociale. Io penso che la vita si divida in due grandi famiglie: le cose vere
rappresentate da un figlio, da un amore da un’esperienza e poi il gioco di società che ognuno di noi interpreta per vincere. Per
me tutte queste persone hanno fatto in modo che la fama non condizionasse la loro vita. Ecco, dentro di loro ho visto una sincerità profonda che li unisce tutti». in apertura
un ritratto di Giovanni Gastel, foto di Stefano Guindani. Nella pagina accanto Bianca Balti, foto Giovanni Gastel nella pagina seguente Monica Bellucci, foto Giovanni Gastel
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EXHIBITION
PHOTOGRAPHY
«FOTOGRAFARE È UNA NECESSITÀ E NON UN LAVORO. RENDERE ETERNO UN “INCONTRO” TRA DUE ANIME, MI INCANTA E MI FA SENTIRE PARTE DI UN TUTTO»
“The People I Like”, curata di Uberto Frigerio, è un grande omaggio a Giovanni Gastel ma anche, come afferma la Presidente della Fondazione MAXXI, Giovanna Melandri: «Un accurato lavoro di ricerca sulla luce, in particolare quella insita in ogni essere umano, capace sia di mostrare l’individualità di ognuno ma anche di esaltare il senso di appartenenza e di comunità. Per il MAXXI, questa è la mostra della ripartenza, faremo tutto il necessario per ricominciare a respirare in sicurezza. Riprendere l’attività del museo con Gastel è una grande soddisfazione per tutti noi». Così il grande fotografo si svela al MAXXI di Roma nella sua più intima autenticità consacrando il ritratto opera artistica d’eccellenza. «Bebe Vio? Non è una persona che ha delle menomazioni. È un supereroe! Una grande forza della natura e secondo me una donna bellissima. Barack Obama è un uomo di grande eleganza. Nel mio modo di lavorare le prime due o tre idee cerco sempre di scartarle, parto dalla più difficile perché sicuramente è la meno banale. Sarebbe stato molto semplice scattare Roberto Bolle sul palcoscenico e invece si è messo seduto nella platea vuota, di fronte al palco dalla stessa parte del pubblico. Stefano Accorsi si è prestato a scalare un’impalcatura non indifferente e lo scatto è intensissimo. Nel mio lavoro la luce non incide mai sul soggetto, esce da lui. Io catturo quel momento». I ritratti di modelle, attrici, attori, artisti, operatori del settore, vip, cantanti, musicisti, politici, giornalisti, designer, cuochi costituiscono parte del caleidoscopio di fotografie esposte senza un ordine preciso, o un’appartenenza a un determinato settore o categoria. «Nella fotografia di Giovanni Gastel c’è un tratto poetico. Lui dice spesso che nei suoi ritratti la luce viene da dentro il soggetto e questo rappresenta la ricerca che volevo mettere in scena al MAXXI. In questi scatti c’è una polarità tra individualità unica e irripetibile dei soggetti, scelti perché lui stesso li ama, ma c’è anche il senso di comunità di creature, di essere umani, che portano la propria luce in quello che fanno. Giovanni Gastel cattura l’Io ma quasi cancella l’ego». Afferma Giovanna Melandri, Presidente della Fondazione MAXXI.
GIOVANNI GASTEL
Nato a Milano il 27 dicembre 1955, l’ultimo di sette figli, Giovanni Gastel è un uomo di grande cultura, ironico, divertente e allo stesso tempo serio e fiero quando si parla di fotografia. È tra i fotografi più acclamati dalla moda, ma non solo, un maestro nella ritrattistica che forse non ama del tutto essere incasellato in una categoria. «Da queste foto, a volte, escono delle emozioni inattese, di grande profondità. Il mio lavoro è cristallizzarle, trasformarle in opera, renderle icone. Più emozioni arrivano, più sono felice di bloccarle per l’eternità, anche per lasciarle contemplare alle persone stesse che le tirano fuori e le vedono davanti a loro. Ogni volta che stampo una fotografia e la do ai soggetti ritratti, piangono tutti e allora per rompere la tensione dico loro: la guardi di nuovo, non è poi così brutta». Davvero speciale la Galleria dei neri, la sezione di ritratti inserita nel percorso di “The People I like” che appare come una grande finestra sul lavoro di Gastel. «Nella galleria dei neri, ci sono ottanta ritratti di persone che indossano un maglioncino nero a collo alto. Ho scelto per tutti questo capo e la stessa intensità di luce. Il lupetto nero azzera il vestito lasciando emergere solo il volto e le mani, quest’ultime in particolare rappresentano per me la nostra seconda faccia».
“The People I like” fino al 22 novembre 2020 MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo Roma, via Guido Reni 4/A
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FASHION
ACCESSORIZE
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D I G I TA L E N T R E P R E N E U R
INTERVIEW
Testo di Lavinia Elizabeth Landi
THE DIGITAL GOLDEN BOY
Giovane, bello e di buona famiglia. Carlo Sestini ormai da quattro anni è un attivissimo influencer richiesto dai più grandi brand globali del lusso. Formazione internazionale, intraprendente, ha da poco inaugurato una nuova attività lanciando una sua linea di occhiali
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DA INFLUENCER A IMPRENDITORE,
Tutte le foto courtesy Carlo Sestini
CARLO SESTINI LANCIA UNA NUOVA LINEA EYEWEAR
Un semplice spaghetto al pomodoro può diventare il piatto più raffinato se servito con un servizio di ceramica bianco e azzurro, lavorato e dipinto a mano da artigiani esperti della tradizione. Carlo Sestini ha gusti semplici che riesce ad elevare a gesti, oggetti, momenti, di ricercata raffinatezza. Influencer dal 2016 e da pochissimo digital entrepreneur con la sua nuova linea di occhiali Sestini Eyewear, ha trascorso i suoi ventisei anni di vita tra Firenze e la campagna Toscana, la Svizzera e Londra. Del suo profilo Instagram (350K followers) colpiscono particolarmente le foto che catturano la quotidianità, accompagnata dai dettagli estetici che fanno di lui una personalità innovativa, capace di tramutare la semplicità in bellezza ed eleganza: un bicchiere di vino bevuto in vasca da bagno richiama il rosso scuro delle mattonelle su cui poggia la testa di Carlo, che seduce e ispira chi scorrendo tra le sue foto sarà attratto da questo abbinamento monocromatico. Ironico, intraprendente e forse anche genuinamente timido, Carlo ha risposto alle mie domande dalla sua casa in Toscana. La bellezza e l’eleganza hanno sempre fatto parte della tua vita. Sei cresciuto circondato dall’armonia in una bellissima casa in Toscana. In che modo ha influito nella scelta del tuo lavoro? La Toscana è per me frutto di ispirazione: dal profumo della ginestra fiorentina, a quello del cipresso, fino ad arrivare all’insieme di odori che s’innalza dal mio orto. Mi piace tantissimo per esempio annusare la foglia del pomodoro che ha un profumo fresco, incomparabile. Anche i toscani hanno spesso ispirato le mie scelte e il mio stile. Sono persone eleganti, di gusto. L’eleganza come l’ho appresa, e come la intendo tutt’ora, è sinonimo di semplicità e cura per i dettagli; è molto lontana dal concetto di ostentazione, che rischia di ridicolizzare l’individuo invece di elevarlo. Ricordo per esempio mia nonna, una donna molto elegante che curava il suo abbigliamento fin dal primo mattino. La semplicità e allo stesso modo la bellezza della campagna Toscana mi hanno insegnato a indossare con eleganza anche un paio di jeans e una camicia. Serve una personalità spiccata per influenzare i gusti degli altri. E i grandi marchi della moda
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che ti scelgono come ambassador te la riconoscono. Come hai conquistato questa sicurezza? Devo ammettere che in realtà sono un ragazzo introverso, riservato, e anche molto timido. Spesso prima di un evento o di un’entrata sul tappeto rosso mi sono sentito spaventato e agitato, incerto di come potesse andare. Credo però che sia proprio questo che le persone apprezzano di me: non ho paura a mostrarmi come sono. Sui social racconto liberamente di aver sofferto l’acne per esempio, e i ragazzi che si riconoscono in questo si affezionano e mi chiedono consigli. Ecco, per “influenzare” un follower bisogna riuscire a farsi leggere per poter ispirare e condividere, non si può essere vanesi e narcisisti. Forse la mia sicurezza l’ho proprio conquistata così, grazie alla mia voglia di essere me stesso. Qual è l’aspetto più piacevole del tuo lavoro? E quale il più faticoso? Uno degli aspetti più piacevoli riguarda sicuramente la possibilità di conoscere persone che raccontano luoghi, professioni, e biografie completamente diverse. Un giorno mi siedo al tavolo con un attore per esempio, e il giorno dopo magari conosco una cantante hip hop con un altro vissuto. Un altro è viaggiare. Viaggio moltissimo, l’anno scorso ho contato centoventi voli. Il viaggio più pazzo in termini di tempo e distanza l’ho fatto quando sono andato, nel giro di pochi giorni, da Los Angeles a Londra, da Londra a Shanghai e poi di nuovo a Londra per poi ripartire subito per Roma. In questi viaggi ho lavorato con Ferragamo, Bvlgari, Hugo Boss, e Giambattista Valli. Non mi sono fermato un momento ma questo non è l’aspetto più faticoso dell’essere influencer. Penso sia, invece, la solitudine: è impossibile per me avere una relazione sentimentale, trovandomi spesso più in aria che in terra. Anche se spero non sarà sempre così, per ora riesco a ritrovarmi anche nella mia solitudine. Quali sono le tue passioni? Sono un tipo molto sportivo, credo che il benessere del corpo stia alla base di uno stile di vita sano che coincide con il benessere emotivo e mentale. Faccio meditazione, tanta; mi rilassa e mi centra nei miei obiettivi. Poi nuoto: mi aiuta a pensare e a connettere corpo e mente. Amo l’equitazione, credo che i cavalli siano tra gli animali più intelligenti e soprattutto empatici. E poi adoro sciare. Ho fatto sci agonistico per tanti anni e devo dire che mi manca. Penso che più avanti mi trasferirò in Svizzera e magari diventerò maestro di sci, sperando che non si sia sciolta tutta la neve a causa del riscaldamento globale! Quando ho voglia di stare un po’ fermo invece, leggo o guardo documenta-
Carlo Sestini indossa un tuxedo J.W Anderson Archives, come nella pagina precedente (J.W Anderson deconstructed tuxedo).
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ri di storia e società contemporanea e passata. Mi piace leggere per imparare e apprezzo autori come Jiddu Krishnamurti o Hermann Hesse. Di Hesse ho appena finito di leggere Narciso e Boccadoro. Poi mi informo su temi d’attualità che riguardano per esempio l’ambiente e la dieta vegana, due concetti assolutamente correlati e dipendenti l’uno dall’altro. Pensa che prima di decidere di intraprendere la carriera di influencer avevo studiato diplomazia e diritto internazionale, volevo fare il diplomatico. Per fortuna non ho perso l’interesse per la società, anzi credo che un influencer debba ispirare al “bello” e al “giusto”, ed è quello che cerco di fare quotidianamente. Poi devo dire, un’altra delle mie passioni è la pasta. Anzi no, la pasta accompagnata da un buon vino! Se avessi un po’ di tempo farei un corso di sommelier. Se avessi un po’ di tempo farei tantissime cose, che in realtà penso già come progetti futuri: mi piacerebbe disegnare costumi, pantaloni di seta, produrre latte vegano e impegnarmi in una vita eticamente giusta ed esteticamente bella. Un tuo “luogo del cuore”? Ne potrei elencare tre: uno legato al mio passato, uno al presente, e uno a un futuro in cui spero. Ora come ora mi trovo molto bene a Londra perché è una città sempre in movimento, un po’ come me. In un futuro lontano però, mi vedo a vivere in un luogo più tranquillo come è la Toscana. Vorrei produrre il mio vino, il mio olio, e circondarmi di animali. Il luogo del cuore che più mi lega ai ricordi passati è invece la Svizzera, dove ho vissuto l’adolescenza. Solo a pensarci mi viene voglia di prendere un aereo per Ginevra domani! Mi rivedo allo Sporting di Villars-sur-Ollon, a ordinare le stesse cose di dieci anni fa. Anche se in realtà la mia dieta è piuttosto cambiata, forse per quei fagottini al formaggio potrei fare uno strappo!
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indossa una giacca in pelle Pal Zileri.
Da influencer a digital entrepreneur: perché e come hai preso questa decisione? La mia nuova linea di occhiali, Sestini Eyewear, è per me il simbolo della mia indipendenza: è nata da me e non dipende da nessun’altro. Avevo bisogno di creare qualcosa di mio e ho scelto gli occhiali da sole in senso un po’ metaforico perché proteggono dalle persone, e allo stesso tempo esprimono un carattere proprio che può essere racchiuso in questo semplice accessorio. Cominciare a fare l’influencer non è stato facile: era difficile spiegare un lavoro che ancora non esisteva. Con tutte le collaborazioni che sono riuscito a fare in questi anni, e ora con questa mia linea, sono riuscito a raccontare non solo me stesso ma anche questo nuovo modo di lavorare. Tre cose importanti che definiscono la tua nuova linea di occhiali? Innanzitutto, non per ripetermi ma per ribadire un concetto in cui credo molto, la semplicità: i miei occhiali hanno un design semplice che è per tutti, non troppo pazzo e né troppo blando. Poi c’è l’aspetto dell’ecosostenibilità: tutti gli occhiali, dal packaging alla manifattura, sono fatti con materiali riciclati. Infine, la mia linea è pensata per arricchire un outfit casual e minimal con un look un po’ più forte, da cazzuti! Come vedi il nuovo modo digitale di comunicare? Cosa ci aspetta in futuro? Lo vedo come una grande tempesta che non colpisce le coltivazioni più forti, quelle con le radici ben salde, ma travolge quelle più in superficie. Il digital è il futuro e bisogna saperlo inseguire e raggiungere.
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EXHIBITION
Testo di Alessandra Fanari
Manifesto di stile
Una delle istituzioni museali parigine dedica a Gabrielle Chanel un’esposizione ricca di spunti che attraversa la storia del linguaggio stilistico di Mademoiselle e del contesto in cui ha vissuto, sottolineandone la modernitĂ
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Il Palais Galliera inaugura la sua riapertura con “Gabrielle Chanel, Manifesto de Mode”, l’esposizione-avvenimento dell’autunno parigino. Le sue sale, fresche di restauro, percorrono su una superficie di 1500mq, mezzo secolo di creazioni di Gabrielle Chanel, figura chiave della moda moderna, referenza emblematica di quella contemporanea. La vastità dell’esposizione fa subito eco alla ricchezza degli spunti tematici, alla molteplicità degli apporti e delle proposte, racchiusi nello stile Chanel. Tra spirito d’avanguardia e classicismo, creatività innovativa e rigore sartoriale, il suo linguaggio ridefinisce i codici della haute couture, reinventa la relazione tra il corpo e il vestito, in un messaggio che invita le donne al movimento, all’assunzione disinvolta della loro personalità. Proprio come fa lei, Mademoiselle, che incarna, in senso proprio e figurato, la semplicità sofisticata degli abiti nell’elegante leggerezza della sua allure. “Gabrielle Chanel, Manifesto de Mode” è un’immersione nell’universo di questa creatrice unica e iconoclasta, dove, le pièces faro e i momenti chiave della sua carriera lasciano apparire la portata del gesto rivoluzionario: nella moda, negli accessori, nei gioielli, nella storia dell’iconico profumo Chanel N.5. Véronique Belloir, responsabile delle collezioni, che ha curato con Miren Arzalluz, direttrice del Palais Galliera, l’organizzazione dell’esposizione ce ne descrive in anteprima il percorso soffermandosi su qualche passaggio chiave. La riapertura del Palais Galliera celebra Gabrielle Chanel, un patrimonio nella storia della moda ma anche uno stile che perdura e continua a influenzare il contemporaneo. Qual è stata l’idea guida dell’esposizione? Il punto essenziale era far capire la particolarità di Gabrielle Chanel nella specificità del contesto storico, quello della Haute Couture della prima metà del XX secolo, mostrare i principi che hanno presieduto alla creazione del suo stile, la sua metodologia di lavoro, le sue tecniche. Come avete definito il percorso? Il percorso è insieme cronologico e tematico e si articola sulle nozioni emblematiche dello stile di Gabrielle Chanel. Certi motivi come la semplicità, la modernità, il movimento sono stati menzionati in modo unanime dalla stampa dell’epoca. Abbiamo anche cercato di evidenziare la costanza nella sua presa di posizione e come le sue creazioni – vestiti, cosmetici, accessori, gioielli, costituiscano un insieme coerente, mostrando l’unitarietà del suo stile.
EXHIBITION
L’estetica, lo stile Chanel è indissociabile dalla sua personalità. Come avete rappresentato questo aspetto? Ci siamo serviti della fotografia. Una fotografia di Gabrielle Chanel vestita delle sue creazioni, apre e illustra ognuna delle tematiche, in linea con i look presentati. La scenografia s’ispira al suo universo, linee pure essenziali, il contrasto nero/bianco/ beige ma anche specchi, paraventi che evocano le scale del suo atelier o il suo appartamento di rue Cambon. L’esposizione presenta una vastissima selezione di pezzi. Da dove provengono? Le pièces provengono essenzialmente dalle nostre collezioni (Palais Galliera) e dal patrimonio Chanel. Abbiamo anche potuto contare sui prestiti di istituzioni francesi e internazionali e anche di alcuni collezionisti privati. La nozione di “Manifesto” fa riferimento alla modernità dello stile Chanel e al suo legame con le avant-garde artistiche? Ci si può anche vedere un aspetto militante che afferma una nuova idea del femminile? Sì, c’è un riferimento alla sua modernità e anche al fatto che prenda posizione contro la moda dell’epoca, senza cedere mai alla novità per la novità, all’artificio dell’originalità, alla tendenza del momento. Questo aspetto è particolarmente evidente negli anni 1910/20 e poi nel 1954, quando, in pieno New Look, propone tutt’altra visione del tailleur. La sua vision della moda, del vestito è molto particolare nell’ambito della haute couture, il comfort, il lato naturale sono per Chanel le chiavi della vera eleganza. Pensa che il Manifesto Chanel abbia oggi una risonanza particolare? Senza dubbio. Questo suo modo particolare d’associare l’ordinario e il lusso, il maschile e il femminile, è qualcosa che oggi si fa normalmente. Le donne portano una giacca elegante con un paio di jeans, sneakers con un abito o indossano camice da uomo. Un altro punto che si deve sottolineare è il ruolo che Mademoiselle ha dato agli accessori, facendone un elemento essenziale nella coerenza del suo stile.
GABRIELLE CHANEL MANIFESTO DE MODE Fino al 14 marzo 2021 Palais Galliera, musée de la Mode de la Ville de Paris 10, Avenue Pierre-Ier-de-Serbie 75116 Paris
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Richard Avedon. Gabrielle Chanel and Suzy Parker dressed by Chanel, Paris, January 1959 © The Richard Avedon Foundation
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William Klein. Dorothy and Little Bara dressed as a priest. Published in Vogue Paris, October 1960 © William Klein
nella pagina accanto
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EXHIBITION
SAVOIR-FAIRE
Van Cleef & Arpels protagonista della grande mostra parigina Pierres Précieuses. L’inedito percorso mette in relazione la fascinazione dei minerali e delle pietre preziose con l’abilità dell’uomo di valorizzarne lo splendore
TRA I TESORI DELLA TERRA
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Le oltre 250 creazioni di gioielleria, tratte dalla collezione della Maison Van Cleef & Arpels, iconico marchio di haute joaillerie, e il suo immenso universo dei “giardini” ricolmi di una fantasiosa fauna fiabesca, con draghi e pavoni fatti di diamanti, smeraldi, rubini e perle, sono protagoniste della nuova mostra organizzata fino al 14 luglio 2021 al Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi: Pierres Précieuses. Exhibition che esalta il connubio tra la natura - i minerali in particolare - e l’abilità umana di saperla plasmare e valorizzare con creazioni uniche nel loro genere, in grado di resistere all’inesorabile scorrere del tempo. Un percorso culturale intenso che inizia dalla spiegazione scientifica e storica della composizione della Terra per finire con la celebrazione
SUPERBA MAESTRIA destra : Clip Oiseau de Paradis, 1942 in oro giallo, platino, rubini, zaffiri, diamanti. (Collezione Van Cleef & Arpels. Patrick Gries © Van Cleef & Arpels SA). Gli Uccelli del Paradiso di Van Cleef & Arpels s’ispirano alla bellezza di queste specie dal piumaggio spettacolare tipici della Nuova Guinea e dell’Australia orientale. In questa clip, il corpo dell’uccello in oro lucidato e inciso illumina le piume stilizzate in rubini e zaffiri. La dimensione e il volume della creazione accentuano l’estetica sorprendente.
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in basso: la Clip Oiseau e pendente Walska, 1971-1972. Realizzata in oro giallo, smeraldi, zaffiri, diamanti gialli e bianchi, un diamante giallo taglio briolette di 96,62 carati (Collezione Van Cleef & Arpels. Patrick Gries © Van Cleef & Arpels SA). La clip Oiseau interpreta la tradizione dei gioielli trasformabili distintiva di Van Cleef & Arpels: le ali si separano e possono essere indossate come orecchini, la coda diventa una clip, mentre il diamante giallo, a sua volta, si trasforma in pendente. Questa pietra eccezionale di 96,62 carati è appartenuta negli anni Trenta alla cantante d’opera polacca Ganna Walska, proprietaria del Théâtre des Champs Élysées di Parigi dal 1922 al 1970.
NICOLAS BOS, PRESIDENTE DI VAN CLEEF & ARPELS, AFFERMA: “Collaborare con differenti istituzioni in ambito culturale e scientifico risponde alla volontà della Maison di coniugare educazione, accessibilità alla conoscenza e piacere della scoperta, valori per noi indissociabili. Per questa ragione aspiriamo a un equilibrio tra i contenuti scientificamente garantiti dalle equipe museali, la presentazione di oltre 200 creazioni di gioielleria e un allestimento dagli intenti poetici firmato da Patrick Jouin e Sanjit Manku. Pur rispettando l’approccio scientifico, questo intende suscitare sorpresa e stupore”.
dell’abilità orafo-artigianale dell’uomo, che sin da tempi antichissimi ha visto nel gioiello l’espressione più magnifica della società. Maggiormente valorizzata con le fantasiose creazioni del regno di Luigi XIII. In mostra pezzi unici e rarissimi. Come racconta Nicolas Bos: “C’è una creazione che è stata restaurata in occasione della mostra e che sono lieto di vedere esposta: l’Arbre aux tourmalines realizzato da Jean Vendome. Per me rappresenta un’opera d’arte in cui confluiscono gioielleria, design e scultura. Inoltre, nell’ambito della nostra collezione patrimoniale, la collana commissionata dalla regina Nazli d’Egitto per il matrimonio della figlia nel 1939 ed esposta per la prima volta in Francia. 673 diamanti taglio rotondo e baguette sono riuniti in questo gioiello spettacolare”.
U N S O G N O D I S C U LT U R A In occasione della mostra “Pierres précieuses” , Van Cleef & Arpels ha realizzato l’onirica scultura Il Rocher aux merveilles (nell’immagine a sinistra e in alto a destra).Pura sintesi dell’esposizione, riunisce elementi di mineralogia e savoir-faire di gioielleria. Sono stati necessari quasi due anni per realizzare questo oggetto e le nove creazioni che lo compogono. Una volta scelto il progetto tra le diverse proposte creative, gli esperti gemmologi hanno iniziato la ricerca di materie che rispondessero agli alti criteri qualitativi della Maison. Tra i protagonisti di quest’opera, distesa sui cristalli di tormalina, spicca la Chimera che dispiega le ali e il corpo in un movimento maestoso. La composizione in oro bianco e giallo, smeraldi, rubini, zaffiri colorati, granati, perle di coltura e diamanti, sottolinea il carattere meraviglioso di tale creatura.
“Pierres Précieuses” fino al 14 luglio 2021 Grande Galleria dell’Evoluzione 36 rue Geoffroy St-Hilaire Paris
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“ Penso che anche nei nostri anni Venti le arti visive rappresenteranno una forza molto energica per aiutarci a riflettere sulle nostre
condizioni. Gli artisti potranno anche avere una posizione precaria
nel nostro mondo che ruota attorno al denaro, ma saranno comunque “obbligati” a creare opere importanti che ci metteranno alla prova e ci emozioneranno”.
QUEI RUGGENTI ANNI VENTI
Il Kunsthaus di Zurigo dedica agli anni ‘20 un’estesa e sorprendente mostra, che raduna arte, moda, cinema e architettura di quegli anni. Evidenziando quale allora sia stata la risposta a un momento di crisi molto simile a quello attuale Testo di Fausto Colombo
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Cathérine Hug, l’esperta di arte e media dal 2013 curatrice del Kunsthaus di Zurigo, parla del rapporto tra gli anni 20 del secolo scorso e quelli del nostro secolo attraverso la mostra “Gloria Effimera, i ruggenti Anni 20”. Nella pagina a destra: Shirana Shahbazi, [Diver-02-2011], 2011 Stampa in gelatina d‘argento su alluminio, 90 x 70 cm Kunsthaus Zürich, Vereinigung Zürcher Kunstfreunde, Gruppe Junge Kunst, 2015 © Shirana Shahbazi
Gli anni Venti del Novecento furono un decennio di passi avanti e di ricadute. Una devastante guerra mondiale seguita da una grave pandemia, con sorprendenti parallelismi rispetto all’attuale crisi, risvegliarono nelle persone una dirompente voglia di vivere. Nessun altro periodo del XX secolo conobbe un paragonabile desiderio d’innovazioni. Furono concepite nuove visioni urbanistiche e le città conobbero una crescita smisurata. I ruoli tradizionali nella società e nel matrimonio vennero messi in discussione e superati, le minoranze oppresse fecero sentire la propria voce a livello politico e culturale. La vita quotidiana dei lavoratori diveniva più sostenibile e contemporaneamente si affermava una fiorente industria del tempo libero. L’alto grado di innovazione economica e sociale ebbe un riflesso diretto sull’ardore di sperimentazione in tutte le arti. In architettura e nel design nacquero stili che anche nel XXI secolo continuano a rappresentare un punto di riferimento. Incentrata su Berlino, Parigi, Vienna e Zurigo, la mostra “Gloria effimera. I ruggenti anni Venti” prende in considerazione tutti i media di quel periodo, quali la pittura, la scultura, la fotografia, il cinema, il collage, la moda e il design. In questi anni furono creati la “Petite Robe Noir” di Chanel, la celebre poltrona Grand Comfort (poi denominata LC2) progettata da Le Corbusier insieme a Charlotte Perriand e Pierre Jeanneret, o ancora la Cucina di Francoforte di Margarete Schütte-Lihotzky. Fu anche il decennio in cui venne coniato il concetto di Nuova Visione di Moholy-Nagy. Tutte novità che hanno in comune la caratteristica di essere moderne ancora oggi e di apparire spiccatamente contemporanee: sono infatti fonte d’ispirazione per molti imitatori e costituiscono l’oggetto del desiderio per gli amanti del bello e gli appassionati del design. Per questa mostra hai selezionato 300 opere di 80 differenti artiste e artisti rappresentativi dei più diversi settori. Quali sono le specificità che le contraddistinguono? Soprattutto l’ampia gamma di materiali e tecniche utilizzati, risultato di un entusiastico lavoro di ricerca e sperimentazione che venne condotto proprio in quel decennio. Ne sono un brillante esempio i dipinti del dadaista Christian Schad e i suoi
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INTERVIEW
A destra: Ernest Neuschul, Il ballo di Takka-Takka, 1926 Olio su tela, 141 x 103 cm Collezione privata © Eredità di Ernest Neuschul
A sinistra:László Moholy-Nagy, LIS, 1922 Olio su tela, 131 x 100 cm Kunsthaus Zürich, 1981
fotogrammi realizzati con la tecnica degli oggetti assemblati. Una tendenza seguita da molti altri artisti, come Fernand Léger, pittore che collaborò assiduamente con musicisti e registi dell’epoca. Un periodo caratterizzato dall’impegno incessante degli artisti nell’oltrepassare i confini della propria tecnica per esplorare nuove forme d’espressione. Quali criteri hai seguito per selezionare gli artisti rappresentati? Innanzi tutto quello d’individuare autori dal linguaggio personale e fresco, come Elisabeth Karlinsky o Marianne (My) Ullman, artiste poco conosciute ma che rientrano a pieno titolo in questa categoria. Ho deciso poi di presentare alcune delle figure iconiche dell’epoca, fra le quali Le Corbusier con la sua rivista L’Esprit Nouveau. Altro criterio è stato quello di selezionare artisti le cui opere, per la loro attualità, riescono a parlarci ancora oggi. L’ultimo è circoscritto al giudizio soggettivo e come un’opera mi abbia personalmente influenzato. Come hai scelto i lavori che avrebbero poi fatto parte della mostra? Sono partita dalla collezione del Kunsthaus Zürich che ha fornito un terzo delle opere esposte. Osservandole attentamente ho intravisto una logica narrativa che mi ha convinto a organizzare la mostra in sei gruppi tematici. Fin dall’inizio mi è stata chiara la necessità di dedicare al dopoguerra un capitolo del racconto, come anche l’esigenza di creare sezioni che riguardassero il design, la moda e il cinema, nonostante il museo non sia specializzato in queste discipline artistiche. Trovare le opere che desideravo non è stato mai un problema, la vera sfida è stata quella di selezionare fra una miriade di lavori una quantità che fosse gestibile a livello organizzativo. Il Kunsthaus Zürich vanta
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inoltre una raccolta di opere Dada particolarmente vasta e dal considerevole valore artistico. Essendo un’affezionata del movimento dadaista, così ricco di umorismo ed energia, non è stato complicato individuare gli autori che volevo esporre. Ne hai qualcuno a cui sei particolarmente legata? Una rivelazione sono state le fotografie e il film dedicati alla pantomima e cabarettista tedesca Valeska Gert, un’artista pionieristica che avrebbe gettato le basi e aperto la strada al movimento punk. Mentre i dipinti di Christian Schad riescono a trasmettermi sempre nuove emozioni. Ci sono stati lavori da te fortemente voluti ma purtroppo non disponibili? Mi sarebbe piaciuto includere un ritratto di Anita Berber, ballerina, attrice e scrittrice vissuta nel periodo della Repubblica di Weimar, che purtroppo non era disponibile. Fortunatamente, organizzando una mostra strutturata a temi, non è stato complicato trovare un’opera sostitutiva. Nonostante la situazione pandemica abbiamo ricevuto un forte sostegno da musei, fondazioni e collezionisti privati. Solo un dipinto raffigurante Joséphine Baker non è arrivato in tempo utile per l’allestimento zurighese, ma lo si potrà probabilmente ammirare a Bilbao, quando la mostra verrà ospitata la primavera prossima dal Guggenheim Museum. Quali opere hanno un legame particolare con Zurigo? Molti degli artisti contemporanei che ho invitato hanno il loro atelier in città: Raphael Hefti, Shirana Shahbazi, Fabian Marty, Veronika Spierenburg e Marc Bauer. Pure Le Corbusier ebbe un legame con Zurigo: è qui che nel 1959 vide luce la prima applicazione commerciale della sua poltrona a opera di Heidi Weber. La mostra ospita una sezione dedicata alla fiorente industria della seta cittadina di quel tempo e opere della fotografa Lucia Moholy che da Praga si trasferì definitivamente a Zollikon, lungo il lago di Zurigo, nel 1959. Infine, nel modulo Re:Frame 20s, ogni studente del corso di laurea triennale Trends & Identity della ZHdK, la locale università delle arti applicate, ha selezionato una delle opere esposte, trattandola intensamente per ricreare una propria interpretazione fotografica. Cosa ti ha convinto a organizzare l’esposizione attorno alle fondamentali tematiche socioculturali di quel periodo? Per la loro brevità, dopotutto si tratta di un decennio solamente, non avrebbe avuto senso raccontare cronologicamente i ruggenti anni Venti. Avrei ovviamente potuto optare per la semplice separazione delle opere in settori: pittura, cinema, fotografia,
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etc. Ma con la selezione dei lavori ha invece preso forma un processo naturale di tipo organico che ha in qualche modo definito l’organizzazione per temi. Quando guardiamo agli anni Venti del secolo scorso, lo facciamo con la prospettiva del nostro contemporaneo. Ecco perché gli argomenti che ho individuato, come il superamento del trauma della guerra, i nuovi modelli di riferimento, la pluralità nei modi di vedere o l’estasi del corpo in movimento, mi sono sembrati il metodo focale più interessante e rilevante per analizzare quel decennio. Quali sono i temi che gli artisti contemporanei condividono coi colleghi del secolo scorso? Posso prendere come esempio Kader Attia, un artista con cui lavoro da molto tempo. Ha esplorato il tema della guerra, soprattutto il concetto di “guerra industriale”, ovvero quando un meccanismo militare di macchine da combattimento sostituisce l’elemento umano rappresentato dalle persone che combattono l’una contro l’altra. Per questa mostra ha analizzato quanto le severe ferite subite in guerra, parti di viso e di arti letteralmente spazzati via, avessero avuto un impatto psicologico sui soldati sopravvissuti e come la chirurgia estetica fosse stata creata per aiutarli a gestire la vita quotidiana dopo la Prima Guerra Mondiale. Raphael Hefty, Shirana Shahbazi, Fabian Marti e Thomas Ruff sono tutti interessati alla forma espressiva che ruota attorno al fotogramma dadaista. Mentre nell’ultimo segmento della mostra dedicato ai nuovi pensieri sul corpo umano, Veronica Spierenburg e Rashid Johnson lavorano con la danza espressiva, affrontando temi come la segregazione e il razzismo, ancora oggi tristemente rilevanti, così come l’alienazione e la distanza, mai così attuale in questo periodo di pandemia. Gli artisti si domandano in che modo ora possiamo mostrare il nostro corpo in pubblico. La società ha bisogno dell’individuo e l’individuo della società: questo è un tema fondamentale nella nostra cultura contemporanea. Cosa ti auguri il pubblico possa portare con sé uscito dalla tua mostra? Il mio obiettivo è quello di raggiungere il più ampio pubblico possibile. Appassionati del design o della moda non lo sono necessariamente dell’arte, ma spero che dopo aver visitato questa mostra, possano ampliare la loro conoscenza e apprezzare le opere esposte. Come la poltrona Grand Confort realizzata da Le Corbusier, un oggetto d’arredo iconico e tutt’ora moderno nonostante sia stata creata nel 1929. Ci sono molti altri esempi nell’architettura, nella fotografia e nella danza degli anni Venti che sono ancor oggi un punto di riferimento. Spero di avere un pubblico amante del bello in tutte le sue declinazioni artistiche, disposto ad essere curio-
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so e soprattutto disposto a tornare ad apprezzare quest’arte in un ambiente fisico dopo mesi di lockdown. In questo periodo di pandemia queste esperienze culturali sono fondamentali. Anche gli anni Venti del secolo scorso sono stati caratterizzati da stress simili, come l’inflazione, la guerra e l’influenza spagnola, motivando comunque le persone a esprimere e sperimentare la bellezza della vita attraverso l’arte come risposta a quel particolare momento. I ruggenti anni Venti sono stati un periodo di rinascita artistica, frutto di una forte economia che vide il mondo riprendersi dalla Prima Guerra Mondiale. Entrando nei “Venti-Venti” ti attenderesti un simile “rinascimento” artistico? Il messaggio degli anni Venti del secolo scorso era chiaro: la creazione dell’arte è parte integrante delle società democratiche. Spesso la nostra cultura implica che l’arte sia un lusso, qualcosa destinato a persone facoltose, il che è un anatema. L’arte è essenziale ed è una parte importante della società. Penso che anche nei nostri anni Venti le arti visive rappresenteranno una forza molto energica per aiutarci a riflettere sulle nostre condizioni. Gli artisti potranno anche avere una posizione precaria nel nostro mondo che ruota attorno al denaro, ma saranno comunque “obbligati” a creare opere importanti che ci metteranno alla prova e ci emozioneranno. Quali progetti futuri? Attualmente sono impegnata con un progetto dedicato al tema della medicina nell’arte. L’anno prossimo, in occasione dell’inaugurazione dell’estensione del Kunsthaus realizzata dall’architetto David Chipperfield, organizzerò la mostra dal titolo ancora provvisorio, “Reflections on Art and Ecology”. Poi potrò finalmente dedicarmi al mio sogno nel cassetto: un’esposizione dedicata a Federico Fellini.
Warwara Fjodorowna Stepanowa, Senza titolo, 1929/1930 Collage (carta di quotidiani) su carta, 31,8 x 23,8 cm Collezione privata, Zurigo © 2020 ProLitteris, Zurich
Tutte le immagini: Courtesy Kunsthaus Zürich Si ringrazia per la collaborazione: Kristin Steiner e Christopher Hux Gloria effimera. I ruggenti anni Venti Fino all’11 ottobre 2020 www.kunsthaus.ch
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Adorate da alcune delle personalità più importanti del secolo passato e dei 2000, le borse Valextra sono ormai una dichiarazione. Di stile innanzitutto e di amore per la qualità
QUELLO STILE SUSSURRATO Testo di Marzia Ciccola
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Gli accessori più amati da icone di stile come Gianni Agnelli e Maria Callas, Grace Kelly e Jackie Kennedy attraversano il secondo millennio mantenendo inalterata la loro allure ma dialogando con i personaggi e il mondo contemporaneo.
I progetti delle borse Extra Milano sono ispirati dagli ingressi nascosti degli edifici storici della città, dalla ricerca di stampe e colori tipici delle sete comasche, dal disegno di un bambino, oppure dall’eleganza innata delle donne e degli uomini milanesi
“LA RICONOSCIBILITÀ DI UNO STILE NON È DATA SOLO DAL LOGO. UNA BORSA È DI CHI LA PORTA, NON DEL BRAND”
Cosa significa Milano per uno dei marchi di pelletteria più milanesi che ci siano? Valextra, marchio di borse e accessori che dal 1937 ha fatto di rigore, discrezione e lavorazioni di alto artigianato l’epitome del “less is more” di moda e di quell’idea che l’eleganza vera non vada ostentata, amato da Gianni Agnelli e Maria Callas, Jackie Kennedy e Grace Kelly, ha affidato il compito a «una community di amici, stilisti-imprenditori, per un progetto collettivo a 12 mani (sei i brand coinvolti, noi compresi) - racconta Sara Ferrero, ceo del marchio, presentando Extra Milano, progetto ufficializzato all’ultima Milano Moda Donna. E continua:
«Per anni ci siamo concentrati nel raccontare Valextra e il suo legame con architettura e design. Era giunto il momento di parlare del legame del marchio con la sua città. Lo abbiamo fatto attraverso il suo modo di essere, ovvero quella grande capacità di fare sistema, di darsi una mano tra gruppi eterogenei. Perciò non tutti gli “amici” sono milanesi o italiani, perché Milano è una città aperta che permette contaminazioni bellissime». Così accanto a Massimo Alba e Carolina Castiglioni con il suo Plan C, ci sono Loris Messina e Simone Rizzo di Sunnei, Arthur Arbesser e JJ Martin (La Double J), stilisti che hanno tutti un rapporto molto stretto con la
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INTERVIEW
Sunnei, Massimo Alba, Plan C di Carolina Castiglioni, Arthur Arbesser, La Doublej di JJ Martin sono gli independent thinker e gli imprenditori creativi che incarnano lo stile di Milano e che Valextra ha scelto per interpretare la collezione Extra MIlano. Una limited edition di borse reinterpretate dalle visioni degli stilisti (nell’immagine in basso insieme a Sara Ferrero, Ceo del marchio).
città, avendo fondato qui il loro marchio, e hanno creato mini-collezioni personalizzando un modello a scelta della produzione Valextra. Ed ecco che i progetti Extra Milano sono ispirati dagli ingressi nascosti degli edifici storici della città, dalla ricerca di stampe e colori tipici delle sete comasche, dal disegno di un bambino, oppure dall’eleganza innata delle donne e degli uomini milanesi ma anche dallo spirito delle nuove generazioni. L’evoluzione del progetto è aperta, perché come ricorda Sara Ferrero: «I nostri incontri con designer e stilisti non sono semplici collaborazioni, ma incontri professionali che spesso nascono da amicizie, quindi continuano ad alimentarsi nel tempo, diventando personali e umanamente gratificanti. Valextra non ha un direttore creativo ma è un curatore creativo, una specie di hub». Così sono nati in passato i progetti con «Martino Gamper con cui abbiamo tanto in comune, piuttosto che lo Studio Snarkitecture che ha progettato un negozio tutto bianco sfidando le regole, o Kengo Kuma con un negozio dove non c’è una borsa dritta, per creare un’esperienza che racconti il brand oltre il prodotto», ma anche John Pawson, Michael Anastassiades e molti altri. E un marchio come Valextra non ha bisogno di un logo in evidenza per dichiararsi: «Il marchio è stato sempre coerente con se stesso. La riconoscibilità di uno stile non è data solo dal logo e una borsa è di chi la porta, non del brand».
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FASHION
IN A CORNER OF NATURE Photography Alessandro Lo Faro Fashion By Rebecca Del Vita Hair By Giuseppe Lorusso @CloseUp Milano Make Up By Giorgia Gervasio Talent Janika @Special Management Set Design by Camilla Masellis & Viola Aprile Photo Assistants Ilaria Biffi & Adriana Sydney
Alpaca and wool coat, white and green shirt, lambskin white leather gloves and white golf bag LACOSTE Painting by Camilla Masellis
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Cotton Pullover, jaquard skirt and fancy belt CHANEL
right page Mesh gold dress, leather harness, mini vertical clutch and sculptural bracelet ALEXANDER MCQUEEN
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in this page Demetra gold ring with yellow sapphires and diamonds PISA DIAMANTI
right page Checkered coat, shirt, black tie, necklace, checkered shorts, boots and Bobby bag DIOR
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in this page Bold AP green and purple coat, top and skirt ISSEY MIYAKE
Velvet and organza jacket and beads dress EMPORIO ARMANI
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in this page Sequins dress and calfskin boots BOTTEGA VENETA Painting by Camilla Masellis
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Cashmere cape, turtleneck and leather pants HERMĂˆS
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in this page Emerald Sweater SPORTMAX, Gold tennis bracelet with emeralds, white gold tennis bracelet with diamonds, white gold and aquamarine ring and Demetra white gold and diamonds ring PISA DIAMANTI right page Demetra gold earring with yellow sapphires and diamonds PISA DIAMANTI
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broche mule ROGER VIVIER
Flower jumpsuit GENNY
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BEAUTY
NEW FRAGRANCES
INFINITAMENTE DONNE Keira Knightley, Charlize Theron, Rooney Mara, Dua Lipa, Anjelica Huston, Florence Welch, Jodie Turner-Smith, Susie Cave e Zendaya sono le donne del momento, scelte dalle più esclusive maison de parfum per parlare di femminilità e stravaganza
A cura di Luisa Micaletti
«Non mi piace la bellezza in serie, non c’è bellezza senza qualche stranezza». Così Karl Lagerfeld, con quel suo tipico tono sottile e geniale, sintetizzava in poche parole la sua idea di “Bello”. Un’opinione che nella moda ha sempre trovato il suo riscontro più incisivo, tanto nelle creazioni del grande designer quanto nell’estro e nella creatività dei suoi più indimenticabili colleghi couturier. L’estetica dell’alta moda rifugge la bellezza in serie di default, per parlare piuttosto di unicità, diversità come valore... Stranezza. Per dar voce a quella bellezza così singolare e caratterizzante che da sola sa conferire significato al mondo. Le donne sono state le principali artefici di questa raffigurazione sulle passerelle, ma non solo. La bellezza a cui diamo spazio non è soltanto quella apparentemente perfetta, stilizzata con maestria nelle collezioni dei grandi fashion designer, ma è quella fatta di imprevedibilità, originalità, eccentricità. Ne ritroviamo traccia nelle campagne con cui i grandi brand decodificano la femminilità, attraverso donne protagoniste per talento, autenticità, forza, carattere e un pizzico di stravaganza, come sinonimo di unicità.
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Per Chanel, ad esempio, l’attrice KEIRA KNIGHTLEY è alter ego contemporaneo della ribelle Coco. A notte fonda, fa rientro nella sua opulenta camera d’hotel e si concede una partita a scacchi, in solitaria. Con sensualità e irriverenza si abbandona sul grande letto avvolto da lenzuola di seta cipria. Non prima però di aver vaporizzato su polsi, collo, capelli la sua nuova Eau Privée, come una Marilyn Monroe dei giorni nostri. Ecco materializzarsi la nuova fragranza Coco Mademoiselle L’Eau Privée, versione intimista e dai toni tenui, ultima espressione olfattiva di Coco Mademoiselle.
Keira Knightley, photo courtesy Chanel
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Dior racconta a sua volta il profumo di una donna che si afferma con uno sguardo, che esprime, con un solo gesto, l’infinita libertà di essere se stessa. È estremamente forte, dotata di una potenza naturale che si sprigiona a ogni passo. È bella, vertiginosamente bella, come solamente una donna sicura di sé e del suo “power” può essere. È bella perché agisce, sceglie, decide della sua vita. È CHARLIZE THERON, la donna J’adore. Per lei François Demachy ha immaginato una nuova essenza, J’adore Infinissime, potente e avvolgente al tempo stesso.
Charlize Theron, photo courtesy Dior
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L’attrice statunitense ROONEY MARA, poi, appare ancora più intensa e affascinante nella nuova campagna realizzata dal fotografo di moda David Sims per Givenchy L’interdit Eau De Parfum Intense. Sguardo ipnotico, labbra rosse e abito Givenchy Haute CouRooney Mara, photo courtesy Givenchy Beauty
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ture in pizzo nero che contrasta con l’ambiente decisamente underground di una stazione del metro. Il suo sguardo di sfida trasmette un’impertinenza che invita a seguirla lì dove il nero diventa fonte di luce, dall’altro lato del proibito.
Dua Lipa, photo courtesy Yves Saint Laurent Beauty
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E poi lei. Bella, cool, libera e di talento. L’icona della musica Pop contemporanea, DUA LIPA, volto e voce della nuova fragranza Yves Saint Laurent Libre Eau De Parfum Intense. «Dua è una forza della natura, ed è il momento di sentire il suo ruggito. Un urlo selvaggio, animalesco… Che libera anche l’ultima traccia di controllo. Non è un grido d’aiuto, ma un ruggito di dominio di una leonessa feroce, che afferma la sua statura rivendicando il suo dominio e il suo potere». Con queste parole l’Art Director Nabil Elderkin parla di Dua Lipa sul set della campagna di Libre Eau De Parfum Intense. Il regista e fotografo con base a Los Angeles e la nuova audace voce del Pop hanno dato vita ad un film spettacolare che si prepara a trionfare sui media guidato dall’hashtag #iamlibre. Nella pellicola Dua Lipa appare su un tetto da cui domina la città, in uno smoking nero ed essenziale, chiaro riferimento allo stile iconico Yves Saint Laurent. Nella luce ambrata del tramonto, la pelle dorata e la chioma bionda risplendono come infuocate.
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La regista e attrice ANJELICA HUSTON, la cantautrice FLORENCE WELCH, l’attrice e modella JODIE TURNER-SMITH e la stilista SUSIE CAVE entrano infine a far parte della famiglia Gucci. Carismatiche e affascinanti, debuttano insieme come protagoniste della nuova campagna Gucci Bloom ambientata a La Scarzuola, luogo incantevole e misterioso immerso nella campagna umbra. Una visione innovativa, nata dalla creatività di Alessandro Michele e interpretata dalla fotografa e regista Floria
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Sigismondi, che sfuma il confine fra gli universi del reale e del surreale, in un’esplorazione profonda di immaginazione e identità, riflessa nella rigogliosa firma floreale di Gucci Bloom.
Florence Welch, Anjelica Huston, Susie Cave (sullo sfondo) nella campagna Gucci Bloom, photo courtesy Gucci
Le leader femminili di oggi diffondono un messaggio di inclusione, di comunità e passione. Sono questi i valori raccontati dal nuovo capitolo di Idôle by Lancôme. Idôle L’Intense è un simbolo - come una torcia che viene passata di mano in mano, che alimenta sogni e sentimenti di positività. Nella nuova campagna Idôle L’Intense, ZENDAYA si erge ribelle, celebrando il potere delle donne e la loro capacità di crescere insieme con successo. Applausi per lei agli ultimi Emmy Awards, dove ha conquistato una vittoria a dir poco epica. Grazie al ruolo di Rue in Euphoria, la star 24enne ha trionfato nella categoria Miglior Attrice in una Serie Drammatica. Così ha riscritto la storia perché è ora la più giovane attrice di sempre ad aver vinto questo riconoscimento. Nella stessa categoria, erano nominate tante talentuose colleghe: Jennifer Aniston con The Morning Show, Olivia Colman con The Crown, Jodie Comer con Killing Eve, Laura Linney con Ozark e Sandra Oh con Killing Eve. Circondata dalla famiglia e dal suo team nel salotto di casa, ha ringraziato commossa «Sento che è un momento strano per festeggiare, ma c’è speranza nei giovani là fuori. So che il nostro show non sempre sembra un grande esempio di questo ma c’è speranza nei giovani. Ai miei coetanei là fuori che si impegnano nelle strade, vi vedo, vi ammiro e vi ringrazio. Grazie a tutti. Questo è: whoa!».
Zendaya è Bvlgari Brand Ambassador. Per la notte degli Emmy Awards 2020, Zendaya ha indossato gioielli Bvlgari High Jewelry: collana
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in oro bianco, diamanti, rubelliti, smeraldi; anelli in oro bianco e diamanti; anello in oro bianco, diamanti e smeraldo.
BEAUTY
MAKE-UP
Dior ha racchiuso nella sua sfilata Cruise l’essenza di una città, Lecce, mentre il make-up di Peter Philips ne ha esaltato la luce e i colori
LA MERAVIGLIA DEL MAKE-UP DIOR
DIOR, UN RACC ONTO TRA R A D I C I E D H E R I TAG E D E L L A M A RC A
La Collezione Cruise 2021 di Maison Christian Dior per la prima volta non ha sfilato a Parigi ma a Lecce, scelta come simbolo supremo di una serie di valori quali arte, bellezza, verità e umiltà di cui la collezione vuole farsi portavoce. La città del Barocco è, non a caso, luogo d’origine della famiglia della Direttrice Creativa delle collezioni donna Maria Grazia Chiuri che ha più volte ribadito la volontà di dedicare lo show alla sua terra. L’appuntamen-
to è ststo “blindatissimo”. Nella bellissima piazza del Duomo, dominata dalla Cattedrale di Santa Maria dell’Assunta, dal Campanile e dal Palazzo del Seminario, fulgidi esempi di Barocco italiano. Pochi e selezionatissimi gli ospiti tra cui Chiara Ferragni e Fedez, Stefania Rocca con Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana, il Presidente del gruppo LVMH Bernard Arnault e celebrities internazionali come Charlize Theron e Bella Hadid. Tra i presenti anche Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro, che in smoking si è esibito con una
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Peter Philips, Direttore della Creazione e dell’Immagine make-up Dior ha creato per la sfilata Cruise 2021 un make-up che rievoca le luminarie tradizionali pugliesi
nella foto a sinistra
speciale performance al piano omaggiando la Puglia, cantando “Meraviglioso”. Ad accompagnare musicalmente la sfilata e l’esibizione di Sangiorgi, L’Orchestra della Notte Della Taranta, diretta da Paolo Buonvino (maestro concertatore dell’edizione 2020). La piazza del Duomo è apparsa maestosa, abbellita dalla cornice artistica realizzata da Marinella Senatore con le luminarie tradizionali. Sul palco a ballare la pizzica, i danzatori popolari salentini diretti da L-E-V Sharon Eyal / Gai Behar. Alla realizzazione della sfilata hanno contribuito artigiani e mano d’opera locale, come Agostino Branca, ceramista di Tricase che ha realizzato opere ispirate ai tarocchi. I tessuti per realizzare le giacche della sfilata Dior provengono dal laboratorio di tessitura delle Costantine, un’associazione di donne che ha sede a Uggiano La Chiesa e che protegge anche la cultura del pizzo al tombolo. Un progetto che ha valorizzato l’artigianalità e la cultura di un viaggio sentimentale della stilista nella sua terra d’origine, una collezione che è una vera poesia che omaggia la bellezza così come nell’interpretazione di Peter Philips. Il make-up infatti ha trovato ispirazione nella luce, come per rievocare a sua volta le caratteristiche luminarie. Il mascara predomina per rimarcare l’intensità dello
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sguardo, l’incarnato celebra il prêt-à-porter con finish eleborati ma “easy to wear” sottolineando con eleganza l’artigianalità degli abiti. Le palette di colore prescelte evocano un’idea di femminilità vera, forte, indissolubilmente legata alle origini, proprio come quella che la collezione desidera affermare e, ancor prima, raccontare. «Per il make-up di queste giovani donne ho scelto prodotti che non possono assolutamente mancare nel beauty di una donna. Per intensificare gli occhi, pur mantenendo un look naturale, ho utilizzato il mascara Diorshow Iconic Overcurl Black che apre lo sguardo senza un effetto “overloading”, quindi ho lavorato le sopracciglia con Diorshow Brow Styler e Diorshow Pump ‘N’ Brow, disciplinandole ed enfatizzandole con discrezione» ha raccontato Philips poche ore prima della sfilata. «L’incarnato super naturale è stato preparato con Capture Totale C.E.L.L Energy Super Potent Serum e Face Cream, seguiti da Dior Backstage Face&Body Primer Universal, Foundation e Dior Forever Skin Correct per un effetto flawless». Sulle labbra solo un tocco di luminosità con Dior Lip Maximizer in Pink, preceduto da uno scrub per ottenere un effetto plump naturale.
Photo by Hunter & Gatti. Courtesy of Armani Beauty
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BEAUTY
INTERVIEW
di Luisa Micaletti
IO SONO CIÒ CHE VIVO Curiosità, nuove connessioni, territori inesplorati, mondi autentici e mai superficiali forgiano una nuova concezione della femminilità. L’attrice Adria Arjona ne è espressione consapevole in virtù del suo
affascinante percorso. Giorgio Armani l’ha scelta per MY WAY e qui si racconta. La nostra personalità è forgiata dai viaggi che abbiamo intrapreso, siano essi fisici o emotivi, modellata dalle persone incontrate lungo il cammino e dai momenti vissuti. “I Am What
I Live” è la filosofia che meglio sintetizza questo approccio forte e chiaro alla vita. Ne è convinto Giorgio Armani che infatti dichiara «Credo che esperienze arricchenti, in grado di creare progressi reali, si realizzino attraverso scambi tra culture». E la femminilità in questo cammino fatto di autodeterminazione e nuove scoperte non può che avere un ruolo da protagonista. La nuova fragranza femminile di Giorgio Armani celebra l’idea che attraverso connessioni significative con gli altri si modelli la versione più autentica di se stessi. Il suo nome è MY WAY ed è ispirata a questa visione aperta, all’idea cioè che il carattere si crei in risposta alle esperienze sfaccettate della vita. L’attrice Adria Arjona, con la sua personalità e la sua storia caratterizzata da continue esperienze e relazioni con gli altri, condivide un’affinità unica con l’etica di MY WAY. «Adria Arjona è una viaggiatrice, una giovane donna di oggi; intelligente, curiosa, libera da pregiudizi, indipendente e capace di fare tesoro di ogni esperienza di vita. È una cittadina del mondo che, grazie alle esperienze e agli incontri vissuti autenticamente può davvero dire: io sono ciò che vivo» racconta infatti Re Giorgio.
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Nata a Puerto Rico da padre guatemalteco e madre portoricana, Adria Arjona è cresciuta on the road. Ha viaggiato in Sud e Centro America mentre accompagnava in tournée il padre, il cantante Ricardo Arjona. Decisa a fare le cose a modo proprio, quando la famiglia si trasferisce a Miami, negli Stati Uniti, Adria vuole incanalare la sua ribellione seguendo un corso di recitazione alle superiori. Affascinata dall’arte del teatro, dopo aver terminato la scuola, Adria si trasferisce a New York per frequentare il famoso Lee Strasberg Theatre & Film Institute. Quest’esperienza la spinge ad approfondire al massimo la sua arte. Per affinare le sue capacità, Adria ha studiato il più possibile, dagli spettacoli degli Anni ‘40 e ‘50 alle opere teatrali, di cui è una lettrice vorace. Ora vive a Los Angeles, dove accoglie ogni opportunità di arricchimento che la sua carriera di attrice le offre. La svolta è arrivata nel 2015 con un ruolo in “True Detective” al fianco di Colin Farrell e Taylor Kitsch, nel ruolo di Emily, la fidanzata del personaggio di Kitsch. Da allora, Adria è apparsa in “6 Underground” di Netflix, in cui ha interpretato Five, uno dei sei “agenti non rintracciabili” accanto Mélanie Laurent e a Ryan Reynolds (il volto delle fragranze di Armani Code). Nel dicembre 2019, a sole tre settimane dall’uscita, questo film d’azione diretto da Michael Bay è diventato uno dei più trasmessi in streaming su Netflix. Nell’adattamento di Amazon Studios del romanzo fantastico di Neil Gaiman e Terry Pratchett, “Good Omens”, girato nel 2019, Adria interpreta il ruolo della strega Anathema Device, con Michael Sheen e David Tennant. Adria reciterà prossimamente anche in “Morbius”, nel ruolo di Martine Bancroft. L’atteso film della Marvel uscirà nel 2021, e la vedrà interprete insieme a Jared Leto nei panni del Dr. Michael Morbius e Matt Smith come Loxias Crown. Nella campagna di comunicazione della nuova fragranza Giorgio Armani, recentissima prova d’attrice, Adria invita lo spettatore a condividere il viaggio che intraprende con MY WAY, un’avventura verso nuovi luoghi, persone e culture. Che racconta così. A quale parte del mondo senti di appartenere? Dico sempre che appartengo al mondo intero. Amo molto immergermi in culture diverse e conservare ciò che posso da ogni cultura che incontro. La mia vita è sul set. Sono in qualunque parte del mondo Leslie Torres (mia madre) e Ricardo Arjona (mio padre) si trovino. Ecco a cosa appartengo. Sei metà guatemalteca e metà portoricana: le tue radici in due diverse culture hanno influen-
INTERVIEW
«PUOI TOGLIERMI QUALUNQUE COSA, MA NON PUOI TOGLIERMI QUELLO CHE HO VISSUTO» ADRIA ARJONA
zato il tuo modo di vedere il mondo? Tantissimo. Poiché vengo dal Guatemala, posso vivere in un posto come Los Angeles e rendermi conto di vivere in una bolla. Vivo in una bolla e ne sono consapevole. Capisco cosa sta succedendo nella politica internazionale, cosa sta accadendo con l’ambiente. Vado in Guatemala tre volte all’anno. Vedo come vivono le persone, quello che soffrono, le differenze in termini di ricchezza economica, e lo stesso accade a Portorico. Il cambiamento climatico sta influenzando e distruggendo la nostra isola, ma con buona volontà, pazienza, una bella risata e un buon ritmo di salsa, la stiamo rimettendo in piedi. Essere sia guatemalteca che portoricana mi ha aiutato a vedere più in là e a tenere presente che non tutti viviamo in una piccola bolla. Cosa ti ha reso la donna che sei oggi? Le esperienze mi hanno fatta diventare quella che sono oggi, sia nel bene che nel male. Così come i miei fallimenti e le mie lotte. Mi sento più forte e più sicura di me ogni volta che supero un ostacolo. Questo mi aiuta ad accettarmi e ad essere orgogliosa di quello che sono. Qual è il tuo rapporto con il profumo e come si è evoluto nel corso degli anni? Quando ero giovane, il mio sogno più grande prima di diventare attrice, era quello di creare il profumo più costoso del mondo e non dire a nessuno che tutto il ricavato sarebbe andato a una fondazione scelta da me. Quindi mescolavo i profumi di mia madre o i miei con quelli di mio padre. Non sono mai arrivata ad ottenere un buon profumo perché si può solo immaginare l’effetto di quella mescolanza. Il profumo era sicuramente qualcosa che amavo moltissimo e mi ha aiutato a entrare in contatto con le persone. Secondo me è importante trovare il proprio profumo, penso che le persone ti ricordino per il profumo. A volte senti l’odore di qualcosa che ti fa venire in mente un ricordo piacevole o meno. Adoro i profumi. Quali emozioni ti evoca una fragranza? Annuso tutto e adoro farlo. A volte è una virtù ma è anche una maledizione, perché mi ricorda i momenti belli ma anche quelli brutti. Per quanto
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riguarda la recitazione, ogni personaggio che ho interpretato ha un profumo diverso, e mettersi nei suoi panni, trovare il suo profumo è il viaggio più bello nella creazione di un personaggio. Il profumo di qualcuno ti dice molto su chi è. Quanto spesso indossi il profumo? Tutti i giorni. Una fragranza ha il potere di attivare i ricordi? Sì. Un profumo può trasportarmi in un momento specifico della mia vita in un batter d’occhio. Cosa ti evoca il profumo MY WAY e cosa ti piace di più al riguardo? È davvero fresco. È agrumato, ma ha anche un po’ di vaniglia. Il nome è la cosa che amo di più. Racconta una storia. Racconta la storia di questa donna che conosce la sua strada, e deve essere la mia strada, e spero che ogni donna la pensi allo stesso modo. È la mia strada, perché è quello che mi merito. Non significa essere egoisti o egocentrici, ma avere la propria vita e fare la propria strada. Quando Giorgio Armani mi ha raccontato la filosofia della fragranza, avevo la pelle d’oca e me ne sono innamorata. Ha un profumo così buono e davvero non ho mai sentito niente del genere. È unico, senza tempo. La fragranza ti ha fatto pensare a qualcosa in particolare quando l’hai provata per la prima volta? Mi ha commosso perché mi ha ricordato una delle persone più felici che conosco - mia nonna - e la sua vibrazione ed energia. Possedeva un appartamento di fronte alla spiaggia di Portorico. Avevo circa due anni e ricordo la brezza ventilata e sabbiosa. Mia nonna è molto vivace, sorride sempre, balla sempre e ha sempre la battuta pronta. È ancora così giovane, come se avesse vent’anni. Ecco perché è una fragranza felice. Raramente hai delle piccole sorprese nella vita e sentire quel profumo è stato come un regalo. Quando lo indosseresti? Lo indosserei in inverno, in estate, in autunno, in primavera. È semplicemente fresco, ha un odore pulito e lo adoro perché mi fa sentire bene.
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POSH
Artwork design
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TOYS
Il fascino un orologio lo può esprimere in diversi modi, tutti intangibili, squisitamente emozionali. All’interno di un volume ridotto possono convivere design, tecnica, colori, artigianalità pura, formule matematiche, ma anche tradizioni ultracentenarie, filosofie, mission aziendali, richiami storici, link con altri universi, così da generare un caleidoscopio di reazioni, tutte dipendenti da sensibilità assolutamente personali. Tuttavia, l’impatto dell’orologio, così complesso, può essere suddiviso in due grandi macro-insiemi, a seconda che gli occhi dell’osservatore siano maschili o femminili, due approcci oggettivamente e atavicamente diversi. E questo a prescindere da un’evoluzione che, nell’era moderna e contemporanea, ha generato punti di contatto tali da determinare la definizione di prodotti unisex in grado da penetrare agevolmente nelle alternative di scelta dell’uomo e della donna. Di fatto però, la logica naturale ci dice che le complicazioni colpiscono al cuore un’esigenza maschile, mentre il tratto, lo spunto creativo, colgono nel segno un istinto, tutto femminile, di manifestare la propria personalità. Così, in queste pagine, abbiamo selezionato due serie di modelli esemplificativi dell’una e dell’altra espressività, a conferma di una diversità del “prodotto orologio” qualificante e non limitante.
For him PAT E K P H I L I P P E
L’orologio maschile trova la sua massima espressione nella complicazione, mentre quello femminile strizza l’occhio all’universo moda e ai suoi codici
VIAGGIO E FASHION INSTINCT Testo di Fabrizio Rinversi
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Cronografo con Calendario Perpetuo – Ref. 5270J La collezione di Grandi Complicazioni di Patek Philippe è unica al mondo. Recentemente, la Maison ha voluto proporne delle moderne rappresentazioni relativamente, ad esempio, al Cronografo con Calendario Perpetuo, proposto per la prima volta nel 1941. Realizzato in oro giallo, ref. 5270J, prevede una cassa da 41 mm, identificata dalla lunetta concava, dalle anse a godron e dai pulsanti a sezione rettangolare, ew accoglie un quadrante argenté, con indici a bastone applicati e lancette a foglia in oro giallo. Le indicazioni sono così collocate: scala tachimetrica periferica, minuti crono al 3, ciclo bisestile al 4/5, data analogica e fasi lunari al 6, day/night al 7/8, secondi continui al 9, doppia finestrella del giorno della settimana e del mese al 12. Il calibro manuale CH 29-535 PS Q, di pura manifattura (ruota a colonne e innesto orizzontale), vanta sei innovazioni brevettate legate alla cronografia. Prezzo: 155.850 euro
TOYS
L U X U RY WAT C H E S
A. LANGE & SÖHNE
Lange 1 Fuso Orario. La Casa sassone torna sul Lange 1 Fuso Orario quindici anni dopo la prima versione. Tre le nuove combinazioni di cassa quadrante: oro bianco/nero, oro rosa/argenté e, in serie limitata a 100 esemplari, oro giallo/champagne. Illustriamo quella in oro rosa, da 41,9 mm in cui le indicazioni relative alla complicazione sono così disposte: ore/minuti/secondi al 9, Gran Data all’1, riserva di carica al 3, secondo fuso al 5, anello rotante periferico con la serigrafia di 24 città. Le innovazioni primarie, rispetto all’edizione 2005, riguardano l’indicazione giorno/notte, trasferita intorno all’asse di rotazione delle lancette, e l’inserimento della funzione “ora legale” in una finestrella sul puntatore al 5. Nuovo anche il calibro manuale di manifattura L141.1, con un solo bariletto, in luogo dei due del precedente meccanismo, con riserva di carica mantenuta sulle 72 ore. Prezzo: 50.400 euro A.Lange & Söhne e Audemars Piguet sotto Omega in alto
AUDEMARS PIGUET
Code 11.59 by Audemars Piguet – Cronografo Flyback. Lo scorso anno il lancio della nuova linea di Audemars Piguet ha polarizzato l’attenzione dell’universo orologiero. E non poteva essere altrimenti, perché la Code 11.59 by Audemars Piguet ha visto la luce ben 47 anni dopo “sua maestà” Royal Oak. Il nome originale si riferisce a un codice legato alle cifre “11.59”, interpretabile come il minuto prima del realizzarsi di un nuovo progetto. Quest’anno, la Maison ha ampliato la gamma, tra l’altro, con cinque nuove versioni del Cronografo Flyback da 41 mm, dotato del calibro di manifattura 4401 (smistamento crono via ruota a colonne e innesto verticale, 70 ore di riserva di carica), delle quali mostriamo quella in oro bianco, la cui caratteristica carrure ottagonale, abbraccia un quadrante laccato bordeaux fumé, trattato soleil.
OMEGA
De Ville Tourbillon Numbered Edition Nel 1994, per celebrare il centenario del primo orologio da tasca “marcato” Omega, la Maison presentò il celebre Central Tourbillon. Quell’idea originale è stata ripresa nel nuovo De Ville Tourbillon Numbered Edition da 43 mm. Lunetta, corona, anse compatte e fondello sono in oro Sedna; carrure, logo sulla corona e quello sulla fibbia sono in oro Canopus, un’esclusiva lega in oro bianco, molto brillante. Il quadrante, su due livelli, prevede una base in oro Sedna rifinito PVD nero, lavorata soleil intorno al tourbillon, mentre, sul rehaut rialzato è collocata la scala della minuteria (internamente) e gli indici orari applicati, sempre in oro Sedna, sul piano periferico; le sfere di ore e minuti sono fissate su due anelli rotanti e sovrapposti, posizionati intorno alla gabbia del tourbillon. Il movimento manuale di manifattura è il calibro Co-Axial Master Chronometer 2640, con tourbillon.
Prezzo: 46.400 euro
Prezzo: 168.300 euro
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TOYS
L U X U RY WAT C H E S
CHANEL
Medemoiselle Privé Bouton Perle e Camélia. La collezione Mademoiselle Privé Bouton è ispirata dall’amore di Coco per i bottoni, per la loro funzionalità ornamentale e per il loro segno distintivo nella declinazione esaltata dall’effetto dell’oro. La linea fruisce di bracciali che riprendono la forma di un vero e proprio polsino e prevede sette varianti, di cui cinque realizzate in tweed nero con trame in oro, internamente foderato in pelle nera e con bordo dorato, sempre in pelle. Su di essi è adattato, per l’appunto, un “bottone” in oro giallo da 25 mm, che cela al suo interno un montres-à-secret: basta sollevare il bottone per scoprire il piccolo quadrante in oro bianco ricoperto da un pavé di brillanti. Il bottone fruisce di diversi motivi decorativi: qui a destra la variante Perle con semi-perla australiana bianca. Prezzo: Perle, 48.000 euro;
For her VA C H E R O N C O N S T A N T I N
Egérie Fasi Lunari. Egeria, la ninfa consigliera e musa di Numa Pompilio, secondo Re di Roma, ispira la sensibilità di Vacheron Constantin per l’universo muliebre, spingendola ad intrecciare una dialogo con l’Haute Couture. In particolare, nella versione con Fasi Lunari da 37 mm (la illustriamo in oro rosa), questa liaison si manifesta mescolando la “storica” tensione della Maison ginevrina verso l’asimmetria grafica dei quadranti, con soluzioni decorative proprie della tradizione dei couturier. Infatti, unitamente al nostro satel-
lite in oro su cielo stellato, che fa capolino dietro nuvole in madreperla, circondato da 36 diamanti, al 2, ecco il raffinato motivo d’alta moda “plissé” dare movimento e leggerezza al quadrante argenté, al centro e perifericamente, eseguito mediate un guillochage artigianale: il tutto circondato da 58 diamanti sulla lunetta. Il meccanismo automatico di manifattura, calibro 1088 L alimenta l’orologio, definito da una pietra “di luna” cabochon sulla corona, al 2. in questa pagina
Prezzo: 35.400 euro
Vacheron Constantin Chanel
nella pagina a fianco
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in questa pagina
Cartier Hermès
nella pagina a fianco
CARTIER
Maillon de Cartier. Il Maillon de Cartier rimette in discussione i codici classici del bracciale gourmette. La tradizionale catena dalle origini antiche, infatti, strutturata su anelli appiattiti dalle superfici levigate, come affermato da Marie-Laure Cérède, Direttrice Creazione Orologiera, «è stata trasformata nell’architettura, mediante un approccio ispirato al volume. L’emozione è suscitata dal movimento e dalla tensione». Sinteticamente, l’eleganza del segnatempo è costruita sull’estetica sfasata delle maglie, allineate in senso obliquo sulla direttrice definita dalle anse asimmetriche. Una particolare torsione prospettica, nella quale si inserisce il quadrante esagonale irregolare (con angoli smussati) dell’orologio a riprendere il tratto della cassa, da considerare in un unicum grafico con le maglie. Illustriamo la versione in oro rosa da 16 x 17 mm, al quarzo: corona con brillante (0,07 carati), lunetta ornata da 24 brillanti (0,54 carati). Prezzo: 31.800 euro HERMÈS
Cape Cod Martelée. Nel 1991, l’orologio Cape Cod nasceva dalla matita di Henri d’Origny, la cui acuta creatività dette vita, come lui stesso ebbe a sottolineare, ad un “quadrato inscritto in un rettangolo”, componendo due semi-anelli “Chaîne d’Ancre”, ispirati alla catena d’ancora di un’imbarcazione. Oggi, questo classico di Hermès presta le sue forme, da 23 x 23 mm, alla tecnica della martellatura, un savoir-faire orafo d’eccellenza. Si tratta di un procedimento sofisticato che conferisce alla cassa in acciaio un effetto patinato. Il quadrante, protetto da vetro zaffiro, anch’esso martellato, è rivestito da un sottile strato di lacca traslucida, sfumata dall’antracite al nero. Un simile, sorprendente ed eccentrico aspetto è suggellato da un sobrio cinturino in pelle di vitello nera, con giro semplice o doppio (illustrato), completato da fibbia ad ardiglione in acciaio. Il movimento è al quarzo Swiss Made. Prezzo: 3.000 euro
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TOP CAR
I Suv sono il nuovo must, le compatte dominano il mercato. Ma la passione è sempre per le auto veloci, che siano icone rombanti con i motori a benzina o le inedite versioni che volano nel silenzio, grazie ai propulsori elettrici. Ecco le migliori in arrivo
CUORE E BATTICUORE Testo di Maurizio Bertera
ELEGANZA , ORIGINALITÀ E LIBERTÀ
Le auto sportive rappresentano una nicchia di mercato, nel 2019 sono state 15mila circa nel nostro Paese considerando tutte le dimensioni. Quelle che contano, che fanno copertina per le Case automobilistiche e sognare gli appassionati sono ancora meno. Ma è un mondo in grande evoluzione perché a fianco del design sempre in cerca di soluzioni ardite, c’è la ricerca di propulsioni al passo con i tempi: il caro vecchio benzina fa godere sempre, ma l’ibrido conquista spazi sempre maggiori, grazie alle potenzialità incredibili della propulsione elettrica. Non è un caso che la nostra
rassegna comprenda un intramontabile modello come la Porsche 911 e due idee italianissime quali la Maserati Ghibli Hybrid e la Lamborghini Sián Roadster. C’è l’essenza della sportività, del guidare il massimo della tecnica, con un sapore antico. Basti pensare che, nel caso della Ghibli, per riprodurre il più possibile il sound del V6 senza l’impiego di amplificatori, i tecnici del Tridente hanno lavorato sulla parte fluido-dinamica degli scarichi e attraverso particolari risuonatori, ottenendo le tipiche sonorità di uno dei motori più famosi del mondo.
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PORSCHE 911 TURBO S Lunghezza: 453 cm. Larghezza: 190 cm. Altezza: 130. Passo: 245 cm. Peso: 1878 kg. Motore: sei cilindri boxer 3.8 litri. Potenza massima: 650 Cv. Coppia massima 800 Nm. Trazione: integrale. 0-100 km/h: 2,7 secondi. Velocità massima: 330 km/h. Prezzo: 224.559 euro (Coupé) e 238.467 euro (Cabriolet)
P O R S C H E 911 T U R B O S
Dici Porsche 911 Turbo S e subito guardi alle prestazioni del nuovo modello, proposto nelle versioni Coupé e Cabriolet, entrambe alimentate da un nuovo propulsore boxer da 3.8 litri con due turbocompressori Vtg che eroga 650 Cv, 70 in più del predecessore. La coppia massima arriva a 800 Nm (un incremento di 50 Nm). Il cambio a doppia frizione Porsche (Pdk) a otto rapporti, specifico per la Turbo, riduce i tempi di accelerazione da 0 a 100 km/h a soli 2,7 secondi (0,2 secondi più veloce), mentre la velocità massima rimane invariata a 330 km/h. Velocissima e bella. Le dimensioni della 911 Turbo S sono state incrementate: la scocca è più larga di 45 mm sull’asse anteriore (quindi arriva a 1.840 mm) e la larghezza complessiva è di 1.900 mm in corrispondenza di quello posteriore (incremento di 20 mm). Larghezze di carreggiata modificate, aerodinamiche ulteriormente migliorate e pneumatici di dimensioni miste (da 20” con esclusivo formato 255/35 sull’anteriore e 315/30 da 21” sul posteriore) contribuiscono ad accentuare l’agilità e il comportamento sportivo. Esteticamente, la sezione anteriore con prese d’aria più larghe ha un aspetto tipicamente da Turbo caratterizzato da doppi moduli luce frontali e fari a Led con tecnologia Matrix di serie con inserti scuri. Grazie allo spoiler frontale ridisegnato ed estensibile pneumaticamente e all’alettone di dimen-
PROPOSTA IN DUE VERSIONI: COUPÉ E CABRIOLET. È SENSUALE, GRINTOSA E ANCORA PIÙ VELOCE DEL MODELLO PRECEDENTE
sioni maggiorate, la pressione di contatto risulta incrementata del 15 per cento. Le possenti sezioni dell’alettone con prese d’aria integrate mettono in risalto la linea filante della carrozzeria mentre il nuovo look della sezione posteriore è completato da terminali di scarico rettangolari con finitura di colore nero lucido, come è tipico della Turbo. Gli interni si distinguono per le finiture di alta qualità e di gusto sportivo con tanta pelle e inserti in fibra di carbonio abbinati a dettagli in tinta Light Silver. I sedili sportivi regolabili a ben 18 vie sono impreziositi da impunture che omaggiano
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la prima 911 Turbo (tipo 930). Lo schermo centrale del sistema Pcm, ora in formato da 10,9” , presenta una nuova configurazione che consente di utilizzarlo in modo più rapido e senza causare distrazione. Fra le altre dotazioni ci sono il volante sportivo GT, il pacchetto Sport Chrono con la nuova app integrata Porsche Track Precision e l’impianto audio Bose Surround Sound. Ma poi si torna sempre alla prestazione pura e dura: nell’accelerazione da 0 a 200 km/h, impiega 8,9 secondi. Quindi la nuova 911 Turbo S è di ben un secondo più veloce del modello precedente.
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L A M B O R G H I N I S I ÁN R O A D S T E R
È un sogno (realizzato) per pochi: non solo per il prezzo ma per la scelta fatta in casa Lamborghini. Della nuova Sián Roadster ne saranno costruite solo 19 esemplari, già tutti prenotati. Un successo per la variante scoperta della hypercar, presentata nel settembre 2019 e che unisce uno stile elaborato a un raffinato sistema ibrido. La carrozzeria ha tratti scolpiti, con elementi che colpiscono immediatamente: le luci diurne a forma di Y, l’enorme presa d’aria nella fiancata e il
LAMBORGHINI SIÁN ROADSTER Lunghezza: 498 cm. Larghezza: 210 cm. Altezza: 113. Passo: 270 cm. Motore termico: V12 6.5 litri. Potenza massima: 785 Cv. Coppia massima 720 Nm. Potenza combinata con motore elettrico: 819 Cv. Trazione: integrale. 0-100 km/h: 2,9 secondi. Velocità massima: 350 km/h. Prezzo indicativo: 2 milioni di euro.
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UN GIOIELLO DELL’AUTOMOBILISMO PROGETTATO IN SOLI DICIANNOVE ESEMPLARI, COSTRUITI PER POCHI FORTUNATI ESTIMATORI
posteriore, dove fanno bella mostra i due scarichi rialzati, i fanali esagonali (che si ispirano a quelli esibiti dalla Countach del 1974) e l’alettone, in grado di alzarsi e abbassarsi da sé in funzione della velocità. A spingere la Sián Roadster è un’evoluzione del motore aspirato V12 6.5 che equipaggia la Aventador SVJ, con valvole di aspirazione in titanio e in grado di sviluppare 785 Cv a 8.500 giri. Ad esso è abbinato un motore elettrico a 48 Volt, che eroga 34 Cv, incorporato nel cambio e collegato direttamente agli assi (la Sián ha una trazione integrale), al fine di garantire una risposta immediata e maggiori prestazioni. Il sistema rende anche la guida più fluida nei cambi di marcia, annullando gli “strappi” della trasmissione, e regala trazione alle ruote nelle manovre a bassa velocità o nelle retro. I tecnici Lamborghini hanno progettato soluzione tecniche inedite. Come quella per il motore elettrico che non è alimentato da batterie agli ioni di litio, come la maggior parte dei sistemi ibridi, ma da un ‘supercondensatore’, posizionato tra abitacolo e il V12: è tre volte più potente di una batteria di pari peso e tre volte più leggero di una di pari potenza, non va oltre i 34 kg con il motore elettrico. Complessivamente, l’ibrido della Sián Roadster eroga 839 Cv e offre prestazioni in linea con le auto da gara, perché supera i 350 km/h di velocità massima e sprinta da 0 a 100 km/h in 2,9 secondi. Per il lancio, il reparto Ad Personam della Casa di Sant’Agata ha scelto la nuova tinta Blu Uranus abbinata all’Oro Electrum, quest’ultimo riservato ai cerchi di lega che montano i P Zero Corsa: 225/30 ZR20 92Y all’anteriore, 355/25 ZR21 107Y. Oro Electrum protagonista anche per le finiture interne: si tratta di un colore simbolo dell’elettrificazione dei modelli del Toro, che in futuro ritroveremo su altre serie speciali. L’abitacolo – identico a quello della Sián ‘normale’, con abbinamenti di impatto e materiali al top - sfoggia anche elementi stampati in 3D, che possono essere realizzati su campione per i clienti, incidendo per esempio le iniziali del proprio nome. Curiosità: Sián in dialetto bolognese significa fulmine. Ecco, ci siamo capiti.
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MASERATI GHIBLI HYBRID Lunghezza: 497 cm. Larghezza: 195 cm. Altezza: 146. Passo: 300 cm. Peso: 1878 kg. Motore: quattro cilindri turbo 2 litri con alternatore a 48V. Potenza massima: 330 Cv. Coppia massima 450 Nm. Trazione: posteriore. 0-100 km/h: 5,7 secondi. Velocità massima: 255 km/h. Prezzo indicativo: 80mila euro.
MASERATI GHIBLI HYBRID
LA SVOLTA ELETTRIFICATA DI MASERATI. IN GRIGIO EVOLUZIONE È TRA LE PIÙ ACCATTIVANTI DELLA SERIE
La Ghibli Hybrid segna una svolta per Maserati perché è il primo modello elettrificato della sua storia e anche il primo a ospitare nel cofano un quattro cilindri. Con le prestazioni, però, di un sei, come sostengono i tecnici della Casa del Tridente. E infatti, grazie anche al contributo delle componenti elettriche, sviluppate dalla tedesca Bosch, la Hybrid sviluppa 330 Cv e spunta un tempo di 5,7 secondi sullo 0-100 km/h, con la lancetta del tachimetro che si ferma a 255 km orari. Il sistema della Ghibli è composto dal gruppo motore/generatore Belt Starter Generator, collegato al motore a benzina tramite cinghia. Le unità elettriche si abbinano al benzina 2.0 del gruppo FCA, modificato in alcuni dettagli rispetto a quel-
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lo delle Alfa Romeo Giulia e Stelvio: è un 4 cilindri turbo 2.0 litri, con iniezione diretta di benzina e distribuzione MultiAir. Il cambio è l’automatico ZF a otto marce, la trazione posteriore. A dispetto della cilindrata di due litri, il motore ha numeri in linea con propulsori di maggiore cubatura: la Ghibli Hybrid, come detto, vanta 330 Cv a 5.750 giri e 450 Nm di coppia a 4.000 giri. I consumi dichiarati, seppure provvisori (non sono ancora state ultimate le procedure di omologazione), sono interessanti per una berlina lunga 497 cm e pesante 1.878 kg: secondo il ciclo Wltp, le percorrenze sono fra 11,7 e 10,4 km/l, per emissioni di CO2 fra 192 o 216 g/km, inferiori del 20% rispetto alla versione a benzina con il V6 3.0 da 350 Cv. a calandra ridisegnata conferisce maggiore aggressività all’anteriore, mentre sul retro i gruppi
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ottici con illuminazione a forma di boomerang richiamano la soluzione vista sulla 3200 Gt alla fine degli Anni ‘90. Sulla fiancata spiccano le feritoie di sfogo del vano motore in blu elettrico, che distingueranno le Maserati ibride da quelle solo termiche. All’interno dell’abitacolo ritroviamo l’eleganza tipica della Casa modenese, ora votata al digitale con l’addio al quadro strumenti analogico e con il nuovo monitor touch da 10.1” del sistema
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d’infotainment. Nei modelli destinati all’Europa, l’ambiente interno viene impreziosito dai sedili sportivi sagomati rivestiti in pelle naturale “Pieno Fiore”, rifiniti con cuciture a contrasto e tridente ricamato sugli appoggiatesta di colore blu (in foto). La stessa caratterizzazione estetica del sedile la ritroviamo anche sui pannelli porta e sulla plancia. Il colore da scegliere per la carrozzeria? Grigio Evoluzione.
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Testo di Marinella Cammarota
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Comfort e libertà. I mega yacht che raccontano il nuovo stile di vivere il mare
SEA EXPERIENCE
Nuova meraviglia sul mare firmata Paszkowski Design
S E V E R I N ’ S M E G AYA C H T BAGLIETTO 55M
Una villa, anzi una mansion galleggiante con zona piscina, palestra e cinema. Il nuovo 55m fa parte della piattaforma tradizionale di Baglietto (la T-Line). Le linee sono morbide e filanti, come pure le falchette ribassate e le prese d’aria laterali, sono quelle ben riconoscibili di Baglietto firmato Francesco Paszkowski Design che, con l’arch. Margherita Casprini, ne ha curato anche gli interni dal gusto caldo e accogliente e al tempo stesso
in questa immagine il nuovo Severin’s Baglietto 55 visto dall’alto mentre si trova in navigazione
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elegante e raffinato. All’interno 6 cabine, una zona conversazione con divani custom made a U. Una vetrata trasparente si apre su un’eclettica zona bar in ottone e specchi, area che introduce l’ospite nel salone principale arredato con loose furniture Minotti nei colori caldi del sabbia, ecru e antracite, con eleganti finiture in pelle e bronzo. Poi nella lobby centrale un ascensore panoramico in cristallo e marmo collega i tre ponti interni. La zona di prua è interamente dedicata alla famiglia, dominata dalla suite armatoriale di 70mq, con letto centrale, cabina armadio ed ufficio separato al quale si accede sia dalla cabina che dal corridoio. I richiami in resina bronzata picchettata dei testaletto ben si armonizzano con i toni caldi del nabuk e della pelle color ghiaccio della chaise longue e dei puff sempre Minotti. Sul ponte superiore trova posto un’ulteriore cabina interpretata dall’armatore come spazio polifunzionale. Una zona giorno con area conversazione e tavolo da gioco, completa gli spazi interni dell’imbarcazione. Fantastico il ponte sole, 150mq interamente dedicati alla vita all’aria aperta e alla socializzazione. La zona di poppa è occupata da lounge bed e lounge chairs freestanding firmati Tribu mentre all’ombra dell’alberetto si trova un’area relax che può trasformarsi in dining grazie a tavolini pop up. Lo spazio a prua è occupato da una grande piscina, zona bar e area prendisole.
alcune vedute dei lussuosi interni del mega yacht Severin’s Baglietto 55.
in queste immagini
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YA C H T
Lo stile classico ed elegante del Mega Yacht Vanadis CCN racchiude un’anima green
STILE SENZA TEMPO
M E G A YA C H T VA N A D I S D I C C N
nell’immagine accanto il profilo dello yacht Vanadis
di CCN. In questa pagina alcuni scatti che
lasciano intravedere lo stile sobrio ed elegante che contraddistingue gli interni dello yacht.
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Lo yacht è dotato di un set di batterie agli ioni di litio ad elevata concentrazione energetica AKASOL (175 kWh) in grado di alimentare la maggior parte delle utenze di bordo, consentendo lo stazionamento in rada a zero emissioni fino a 17 h consecutive, e la navigazione a velocità ridotta per 180 minuti in completa autonomia, a seconda del carico elettrico. Firmato Guido De Groot, il Mega Yacht Vanadis, quarta imbarcazione della famiglia Fuoriserie di CCN, è un fully custom di 31m in alluminio che si contraddistingue nel panorama degli yacht di lusso per essere stata la prima imbarcazione Made in Italy ad aver ottenuto la certificazione “Hybrid Power” dal Lloyd’s Register.“Sia il layout esterno, sia interno – spiega il designer Guido De Groot – sono stati completamente personalizzati in base alle esigenze e ai desideri dell’armatore: il risultato è stato un design altamente funzionale, confortevole, elegante e raffinato”. Il layout degli interni prevede la cabina armatoriale e 2 cabine ospiti sul ponte inferiore, mentre un ampio salone con grande divano a L, area pranzo e cucina a vista occupano gli spazi coperti del main deck, alle spalle della timoneria. L’ambientazione ricorda una moderna interpretazione dello “Jugendstil Interior”, l’Art Nouveau di ispirazione tedesca, grazie anche all’utilizzo del legno come il frassino sbiancato e il noce. Le aree interne risultano valorizzate dall’utilizzo di colori chiari e arredi capaci di rendere l’ambiente arioso ed accogliente, grazie anche alle ampie vetrate e alla disposizione ben ponderata degli spazi. Lo stile discreto degli interni si fonde con arredi custom made e complementi selezionati insieme all’armatore firmati Wittmann, Poltrona Frau, Giorgetti, Knoll e JAB.
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YA C H T
Cranchi Yachts, dotato del nuovo Volvo Penta D13IPS1350: il motore più potente della gamma IPS
MAGIE SUL MARE in alto uno scatto che lascia scoprire le accattivanti
rifiniture sportive del Settantotto Cranchi.
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M E G A YA C H T S E T T A N T O T T O CRANCHI
Creato dallo studio Christian Grande Design di Parma, Settantotto prende spunto dall’architettura classica ed è ricco di mobilio e finiture autoportanti molto rari nel mondo dello yachting. In perfetta sintonia con le scelte di art direction, il Settantotto è arredato con elementi delle collezioni Flexform, storico e dinamico brand di arredamento made in Italy. Per arredare il salone, Christian Grande ha scelto una composizione
nelle immagini in basso le eleganti rifiniture e gli arredi di design che caratterizzano gli spazi
angolare del sistema di sedute Adda abbinato a tavolini Fly, ambedue a firma Antonio Citterio. Intorno al tavolo sono state collocate poltroncine Feel Good anch’esse disegnate da Antonio Citterio e rivestite in pregiata pelle in una sorprendente nuance di arancio. Nello spazio a poppa è stato ricavato un salotto all’aperto dedicato al relax che vede la presenza di poltrone Alison Outdoor disegnate da Carlo Colombo accostate a tavolini Fly: prende così vita un’area lounge dall’effetto “cocoon”. In alternativa questo spazio può essere allestito come veranda con un tavolo insieme pratico e prezioso. Con vetro dipinto di nero, pareti rivestite in tessuto, pannelli in legno, luci di tendenza, schiocchi di arancio brillante e una scala illuminata, quindi l’ampio interno è più simile a un condominio elegante. Il ponte principale comprende una cucina, un soggiorno, un’area relax e una toilette aggiuntiva, caratteristica insolita su uno yacht di queste dimensioni. Mentre il ponte inferiore presenta quattro eleganti cabine con bagno privato, una master suite a tutto baglio completa di cabina armadio e angolo studio o di bellezza, nonché una splendida suite VIP situata a prua. Può ospitare in totale 18 persone, più l’equipaggio che ha i suoi alloggi con accesso separato dalle altre cabine. La cabina di guida si trasforma in una terrazza all’aperto. La nave ha un flusso naturale che collega gli interni con gli esterni per integrare la luce naturale e incoraggiare la vita all’aperto verso un generoso ponte principale e un grande flydeck. C’è anche una piattaforma da bagno facilmente accessibile con sedie a sdraio quando si desidera rilassarsi. Ma il vero punto di forza è l’innovativo cockpit. Può trasformarsi in un’enorme terrazza che si affaccia sull’oceano grazie a uno speciale ascensore che solleva l’area sopra il garage coperto dal teak e lo sposta in avanti per creare più spazio. L’apertura della porta del garage rivela un ampio spazio di archiviazione adatto per tender, moto d’acqua e tutti i toys necessari. Essendo uno dei più antichi costruttori italiani, Cranchi ha alle spalle 150 anni di esperienza e vanta un track record nella creazione di eleganti imbarcazioni. La nuova ammiraglia presenta un profilo elegante, con linee fluide e angoli arrotondati per ottenere un naturale senso di equilibrio. L’arco alto svasato di Settantotto by Aldo Cranchi, le consente di gestire il mare in qualsiasi condizione.
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interni del nuovo Settantotto Cranchi. Un mix di elementi eleganti e senza tempo.
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INTERVIEW
PIEMONTE GOURMAND
IL MAESTRO DI PIAZZA DUOMO È il tristellato Michelin più ‘verde’ del mondo, adottato dalle Langhe che ormai gli sono entrate nel sangue lombardo. Opere e parole di uno chef che si rilassa solo in bicicletta, e mette poesia in ogni piatto Testo di Maurizio Bertera
Classe 1971, brianzolo di Carate, Enrico Crippa è una delle grandi firme della cucina italiana. Allievo di Gualtiero Marchesi nel passaggio iniziale e in un secondo momento all’Albereta, ha saputo creare nel tempo una cucina personalissima, con una forte presenza vegetale da quando nel 2003 si è trasferito ad Alba per aprire Piazza Duomo, che nel 2012 ha conquistato Tre Stelle Michelin. Lo chiamano anche ‘il giapponese d’Italia’ perché i piatti esprimono una cura maniacale e una straordinaria estetica, apprese nei tre anni passati nel Sol Levante. Il suo signature dish è la verdissima Insalata 21,31,41… Tristellato Michelin dal 2012 con Piazza Duomo ad Alba e primo cuoco italiano nella The World’s 50 Best Restaurants. Sa che molti pensano sia originario delle Langhe? Questa non la sapevo… Certo, 17 anni nello stesso luogo – se non vi sei nato – sono tanti per un cuoco. Ma io qui mi sono trovato subito bene, Brianza e Langhe sono diverse per molti aspetti ma identiche per altri. Poi, l’Italia è un Paese dove i grandi ristoranti sono sempre stati in provincia quindi è bello essere al centro nel mondo, ma non nel casino. Mai tentato da Milano, quindi. Non ho niente contro Milano e le città, in genere: ho
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già lavorato a Parigi, Kobe, Osaka. Posti interessanti, eppure mi stanco facilmente: troppa gente, troppo rumore, troppe auto. E poi a Milano, sento immediatamente pressione anche solo andando in giro e io ne ho abbastanza in cucina. Qui ad Alba, prendo la bicicletta e mi rilasso subito: 40 km tra i due servizi, anche 100 km nel giorno libero. È la mia grande passione, oltre a un tifo sentito per il Milan. Percorsi del cuore? Partenza da Alba, direzione Alta Langa. Un classico è affrontare – con il solito gruppo di amici – le Salite dei Campioni, tracciato dedicato ai miti del ciclismo. A volte, prendiamo l’auto e ci spostiamo per fare il Colle della Madeleine: mi ricordo che, nell’estate del 2008, sono riuscito a effettuare in un solo giorno questa scalata, insieme al Colle della Bonette e a quello de la Lombarde. Una faticaccia di sette ore e mezzo, in mezzo alle Alpi, ma che soddisfazione! Già che stiamo vagando in Langa, indicheresti tre locali fuori dal comune per i lettori di Posh. Evitando il mare di stellati Michelin. Il primo: La Repubblica di Perno, autentica trattoria di un ragazzo in gamba quale Marco Forneris. Il secondo: Da Renza che ha un balcone pazzesco sulle vigne di Castiglione Falletto, ideale per i piatti freddi e qualche bic-
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«GUALTIERO MARCHESI MI MANDÒ IN GIAPPONE PER SEGUIRE IL SUO RISTORANTE: ESPERIENZA CHE MI HA CAMBIATO LA VITA E LA VISIONE CULINARIA»
chiere di grandi vini. Il terzo: La Piola che si trova sotto Piazza Duomo. Al di là che la brigata è mia e studio il menu con lo chef, si sta davvero bene. Torniamo alla svolta. Pochissimi sanno che quando venne convocato dalla famiglia Ceretto per aprire il loro ristorante ad Alba, lavorava - facendo pure banchetti - in un ‘albergone’ di Paderno sull’Adda. Verissimo. Ma non ero stressato o depresso, pensavo che prima o poi sarebbe arrivato qualcosa d’interessante. Intanto, ripassavo i fondamentali e poi ero vicino a casa dopo tanto girare. Fu Cracco a consigliare i Ceretto che gli avevano chiesto il nome di un cuoco bravo. Si sentirono rispondere “Uno bravo come me non ce l’ho, ma uno più bravo di me sì”. L’ho saputo anni dopo, chiaramente. Carlo è una persona diretta, a volte troppo, ma un signore. Beh, non ha rischiato brutte figure. Troppo facile un consiglio così. No. Perché non si partiva per fare un buon locale ma un grandissimo ristorante. Ricordo come fosse oggi la prima riunione, praticamente due anni prima dell’apertura ufficiale. Ceretto lo spiegò “Io voglio arrivare alle tre stelle Michelin, perché questo straordinario territorio lo merita”. E per tre volte, mi disse: “Ha capito, Crippa?”. Ecco perché ancora oggi sento il dovere di impegnarmi strenuamente: ho avuto da loro carta bianca e ora sono socio. Insistiamo, non era un cuochino. È come se una neopromossa in Serie A, per arrivare in Champions League ingaggiasse un titolare azzurro, già esperto e con un buon palmarès Onestamente: ero un mezzo sconosciuto. Difatti ho fatto benissimo a fare due grandi stages prima di aprire nel 2005: sei mesi da Ferran Adrià per capire cosa stava succedendo al Bulli e quattro da Michel Bras che mi ha sempre affascinato per la visione vegetariana e il fatto che sostanzialmente non si muove dal suo locale. Un po’ come il sottoscritto, insomma. Altri maestri? Gualtiero Marchesi: avevo 17 anni e ho scoperto che esistevano persone con cui potevi parlare di tutto. Qual-
un ritratto dello Chef tristellato Enrico Crippa. in questa pagina il dettaglio di uno dei suoi piatti realizzati presso il ristorante Piazza Duomo ad Alba. nella foto in apertura
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INTERVIEW
PIEMONTE GOURMAND
siasi argomento, dalla storia alla religione, dalla musica al bon ton. A 25 anni mi mandò in Giappone a seguire il suo ristorante: esperienza che mi ha cambiato la vita e la visione culinaria. E poi il francese Christian Villers, chef dell’Hotel Martinez di Cannes, che mi ha insegnato il ‘sistema’ di cucina dal punto di vista organizzativo. E attualmente da quale collega si siederebbe? Tornerei da Dan Barber a Blue Hill Farm: il massimo per me, perché è un ‘sistema ambientale’ costruito intorno a un ristorante. Per tornare a respirare il Giappone, mi piacerebbe godere un kaiseki da Ryugin a Tokyo, firmato da Seiji Yamamoto. In Europa, sono attirato da Geranium a Copenhagen perché il suo chef Rasmus Kofoed mi sembra il meno nordico tra i danesi. Molti suoi colleghi italiani, durante il lockdown, hanno raccontato che forse è tempo di cambiare il modo di fare ristorazione, di cucinare persino. Non credo proprio. Tanto tempo per creare un tuo stile, come fai a cambiare? Quindici anni di battaglie con me stesso per trovare la strada giusta, adesso non la abbandono di certo. Tanto più che nell’estate 2019, ho fatto una scelta fondamentale: via la carta, solo un degustazione con due varianti. Un menu all’80% basato sui prodotti del territorio, dalle carni piemontesi a quanto forniscono i nostri orti, con una superficie di quasi tre ettari. Questo mi permette di cambiare degli elementi nel piatto non solo ogni giorno, ma persino tra il pranzo e la cena. Vissani ha detto di lei: bravo ma fa troppo orto. Non posso lamentarmi del giudizio, dopo aver letto gli altri che ha dato! Capisco lui e tanti colleghi della sua generazione ma ritengo siano davvero cambiati i tempi. Il vegetale offre una ricchezza infinita rispetto alla carne e lo dice uno che ha sotto casa la migliore dispensa in Italia. Basta solo ragionare sul numero di piatti possibili e alla fine, un cuoco lucido sa cosa sia più interessante tra i due mondi, al di là delle proprie convinzioni etiche.
nelle foto in questa pagina troviamo a sinistra il dettaglio di un piatto realizzato dallo Chef Enrcio Crippa del ristorante Piazza Duomo ad Alba. Nelle foto sopra, in alto
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uno scatto della sala rosa del ristorante Piazza Duomo realizzato dal fotografo Lido Vannucchi e subito sotto l’ampia selezione dei vini nella cantina.
calici di Carpazo su barriques a Borgo Scopeto. a destra gli interni del ristorante di Villa La Madonna a sinistra e nella pagina accanto
Vino & tartufi TRA RELAIS E DEGUSTAZIONI PRIVATE BORGO SCOPETO
Nella tenuta, il principe è il Brunello di Montalcino. L’ospite più esigente ha una wine experience immersiva dedicata e guidata al vino più longevo da Alessandra Angelini, proprietaria insieme alla madre Elisabetta Gnudi Angelini delle aziende Altesino, Borgo Scopeto, Caparzo e Doga delle Clavule. L’opportunità è riservata a coloro che chiedono solo il meglio della degustazione privata di bottiglie particolarmente preziose. Fra le molte etichette, il Caparzo, Rosso di Montalcino La Caduta DOC e Riserva DOCG, ad esempio, ma è anche il Brunello DOCG Vigna La Casa sono al centro di una scoperta degustativa unica. Uno dei primi “Single Vineyard” privilegiati del Comune, oltre ad essere stato eccezionalmente prodotto in barrique proprio a Montalcino è infatti un unicum, con bottiglie delle ultime annate migliori, persino ventennali, fra la selezione a disposizione solo di cene private e degustazioni esclusive. VILLA LA MADONNA
Menu stellati ed ispirazionali - da Michelangelo Mammoliti a Marc Lanteri a Damiano Nigro - e tour degustativi tailor made nei relais di nicchia. Ecco l’autunno che emoziona i sensi
AUTHENTIC EXPERIENCES Testo di Antonella Tereo
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Voluto da Annica e Marie Eklund, il retreat di sole 18 camere ha un’inattesa connotazione nordica con interiors firmati Bolon, brand svedese contemporaneo con i più alti standard mondiali per sostenibilità e sofisticata cura del dettaglio. Un boutique hotel per wine lover di nicchia che le due sorelle svedesi, amanti delle eccellenze italiane, hanno realizzato fra i vigneti di Barolo e Nebbiolo. Ma la degustazione spazia anche tra pregiate varietà di tartufo. «Noi cominciamo a lavorare con il tartufo stagionale dalla seconda settimana di ottobre, perché aspettiamo di avere quello migliore dopo la quotazione di fine settembre» spiega Josh Eisenhauer, il restaurant & wine director fra i più esperti a livello internazionale (già sommelier
TA S T E
PIEMONTE GOURMAND
e wine cellar nell’iconico ristorante di Mario Batali di New York, lo stellato Del Posto). L’expertise di Josh si rivela durante le cene private a base dei migliori tartufi ed etichette di pregio, in edizione limitata, tenute nella cantina seicentesca della Villa. «Con i vini organizziamo dei veri e propri week end personalizzati: un autista accompagna il cliente presso le cantine dove avviene la degustazione delle migliori annate in casa di Barolo». Un servizio tailor made con pranzi o cene, a richiesta, nella privacy del silenzioso vigneto.
una delle sue suite con interior Bolon di Villa La Madonna
sotto
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la cantina del Relais San Maurizio 1619 e, nella foto piccola, uno dei classici del tartufo al Ristorante di Guido da Costigliole (1 stella Michelin).
a destra
«IL TARTUFO È UNA MATERIA CHE NON PERDE VALORE NEL TEMPO»
R E L A I S S A N M A U R I Z I O 1619
Nell’ex monastero, fondato nel 1619 dai cistercensi della Provenza, le possibilità di scoprire il mondo dei vini e dei tartufi più pregiati sono molte. Un maestro trifulau dedicato al seguito, truffle class personalizzate per appassionati e cultori d’eccellenza ma anche bottiglie d’altissima qualità. Proprio nell’antica cripta dei monaci, dove sono conservati oltre 30.000 vini di grande pregio, inizia la visita del tutto privata e la degustazione. Andrea Alciati, sommelier (e direttore del ristorante stellato interno Guido da Costigliole) guida solo alcuni ospiti alla creazione di una selezione di etichette fuori dall’ordinario, utili a “costruire”
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una cantina personale all’interno della proprietà, a temperatura controllata e climatizzata. Un investimento, ma anche una risorsa, particolarmente dedicata a intenditori di alto livello. «Ho sempre creduto in questo progetto - rivela Pier Domenico Gallo, Presidente del Relais San Maurizio e co-proprietario della cantina - avere una cantina personale qui è come avere un proprio caveau non solo di pregio ma anche in uno dei luoghi più storici e rinomati fra le colline piemontesi».
TA S T E
PIEMONTE GOURMAND
REL AIS SANT’UFFIZIO
R E L A I S V I L L A D ’A M E L I A
Gli ambienti dell’antica tenuta agricola, delle scuderie e dell’ex-monastero, oggi tutti restaurati e dedicati alle 41 camere e suite, ospitano e deliziano viaggiatori affascinati dal Monferrato. Tra le colline della zona, l’ideale è un percorso privato predisposto rigorosamente in limousine (oppure con vista dall’alto, in mongolfiera) per poi poter scoprire i vigneti e i tartufi migliori del territorio con uno sguardo del tutto privilegiato. Poi, a seguire, l’opportunità è quella di una sosta ad hoc all’interno di una villa privata e riservata solo per il cliente, per un pranzo o per una cena lontani dai cliché, con un servizio curato personalmente dal pluristellato Enrico Bartolini, executive chef del ristorante gourmet del Relais, La Locanda Sant’Uffizio. Un percorso culinario su misura per l’ospite e la sua esperienza emozionale, un viaggio attorniato da sommelier che accompagnano il suo percorso esclusivo prima del rientro al Relais in limousine.
L’atmosfera ottocentesca avvolge un’ospitalità raccolta nelle 37 camere. La più esclusiva è la Suite San Luigi, incorniciata dall’antica cappella gentilizia, mentre le due Suite Deluxe con vista sulle Alpi rapiscono l’attenzione per il loro fascino. Gli arredi scelti per gli interiors sono stati tutti realizzati ad hoc da uno dei più importanti artigiani fiorentini, Gastone Chelini, mentre la supervisione è del designer Alberto Grassi. I complementi, fra quadri d’epoca e oggetti scelti personalmente dalla proprietà Barberis, appassionati d’arte e antiquariato, ne fanno una gemma degli Small Luxury Hotels. La tenuta produce diverse varietà di vini, dal Barolo al Barbaresco, figli dello stesso vitigno (il Nebbiolo), dal Barbera e al Dolcetto locale. Due i ristoranti interni, dove gli ospiti possono apprezzare la cucina di Damiano Nigro, ambasciatore della cultura culinaria dell’Alta Langa. La cena più esclusiva è con i suoi cavalli di battaglia a base di tartufo nella cantina privata dello stellato DaMà.
In alto gli interni della Locanda Sant’Uffizio. Qui sopra a lato, il tartufo delle Langhe (Copyright: Marco Badiani)
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TA S T E
PIEMONTE GOURMAND
Ristoranti MARC L ANTERI
Al Castello 1* Michelin Castello Grinzane Cavour - CN Nell’ex dimora storica di Cavour (nonché location dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba) brilla il ristorante Al Castello dello chef Marc Lanteri. Il Salone Cavour accoglie le proposte dello chef francese d’origine ma piemontese d’adozione. «Il tartufo è una materia che non perde valore nel tempo – ci racconta - è protagonista nel piatto, specie per me che uso solo pochi ingredienti. È il simbolo delle Langhe, il tartufo deve essere protagonista nei tagliolini, piuttosto che negli gnocchi alla parigina, bisogna considerare pochi sapori per farlo risaltare il più possibile». Per lo chef che mixa la tecnica francese alla materia prima d’eccellenza, il tartufo locale bianco è il preferito delicatezza ed autenticità: «Noi utilizziamo solo materie di produzione biologica o di carattere biodinamico – dice. Il menu di stagione? Andremo sui classici, come la quaglia ripiena con castagne e tartufo bianco, capriolo mentre, sui vini, abbiamo una carta di grande portata e cantine che producono vini biodinamici e biologici del Piemonte».
Chef Marc Lanteri seduto nel cortile nobile, davanti alla porta della Sala delle maschere del Castello di Guinzane, dove si trova il suo ristorante stellato “Al Castello” (nella foto in basso, i suoi interni). In alto a destra, Damiano Nigro, del Relais Villa d’Amelia.
in alto a sinistra
Nella pagina accanto Chef Michelangelo Mammoliti de La Madernassa (2 stelle Michelin).
DAMIAN O NIGRO
DaMà 1 * Michelin Relais Villa d’Amelia, Benevello – CN Il ristorante diretto da Damiano Nigro, ex allievo di Enrico Crippa, punta a una cucina di rivisitazione alchemica per l’autunno 2020. Protagonista è il territorio in tutte le sue sfumature mixato alla contemporaneità.«Continuerò con una cucina lineare ma allo stesso tempo pronta a sperimentare e sempre attenta al gusto del mio pubblico e non solo – ci spiega Nigro - rispettosa nei confronti di una storia del territorio che non deve essere stravolta, ma interpretata e resa attuale e fruibile ai palati. È un onore per me, pugliese d’origine e ormai piemontese di adozione – continua lo chef - poter maneggiare il tartufo nobile, l’agnello della Valle Stura, carne di vitello Fassone e il piccione di Greppi che interpreto in un mio piatto firma, attraverso un arrosto con funghi porcini, uova di salmone e spuma di te soda. La parola d’ordine anche per il prossimo autunno è una cucina interprete essenziale di un viaggio tra cultura e territorio dell’Alta Langa, con l’intenzione di rendere memorabile l’esperienza dei nostri ospiti».
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MIC HEL ANGELO MAMMOLITI
La Madernassa 2* Michelin Guarene - CN
Circondato da un parco di oltre 15.000 metri quadrati, chef Michelangelo Mammoliti (di scuola Marchesi) rivela proposte del territorio in chiave contemporanea, come il risotto Le mie radici, cotto in estrazione di sedano rapa, cardo di Andezeno infusione leggera di bagna cauda, alla fava di toka e caffè huhuetenango. E anche il tartufo traduce la sua filosofia. «Air Truffle è un beignet soffiato di crema di trombette glassato in un estrazione di pollo e tartufo bianco d’Alba mentre Attesa d’Oro, un piatto che fa riferimento a Lucio Fontana - ci spiega - È un fine velo di albume d’uovo profumato al tartufo, tuorlo Confit in prosciutto di Cuneo e segature di patate. A parte servono una baguette della tradizione farcita con raschera e una royale di midollo di vitello, con coulis di tartufo nero Melanosporum e un cremoso di Losa».
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WINE
EXPERIENCE
Fantini Group (già Farnese Group) inanella successi. L’azienda vinicola abruzzese fondata da Valentino Sciotti ha appena ricevuto il Best Managed Companies di Deloitte, un ambito riconoscimento per capacità organizzativa, strategia, innovazione e performance
UN GIOIELLO DI-VINO Testo di Marzia Ciccola
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nella foto in questa pagina Valentino Sciotti. a destra Il Segno della cantina Cinquesegni, che si distingue per l’esclusiva etichetta in ceramica realizzata e dipinta dai maestri di Vietri sul Mare.
Il giovane gruppo vinicolo in pochi anni infatti è diventato leader tra le aziende esportatrici del Sud Italia con quasi 20 milioni di bottiglie, grazie a un’attenta politica votata alla più alta ricerca qualitativa e di marketing. Ne sono testimonianza anche (ma non solo) i grandi vini prodotti e distribuiti in sei regioni del sud e centro Italia ed esportati in oltre 80 Paesi nel mondo. È il caso, per esempio, de Il Segno della Art Winery Boutique campana Cinquesegni, entrata nell’orbita Farnese nel 2019, blend di Sangiovese, Primitivo, Aglianico, Nero d’Avola
e Nerello Mascalese, un rosso che racchiude in sé le migliori uve di Abruzzo, Puglia, Basilicata e Sicilia. Il vino si distingue anche per una preziosa bottiglia, tanto che vanta un brevetto internazionale sull’uso di etichette in ceramica, riciclabili al 100% assieme al vetro. Qualità assoluta, quindi. Come ama sottolineare Valentino Sciotti: «I fondatori dell’azienda sono riusciti a creare e proteggere come esclusiva mondiale questa loro etichetta meravigliosa, una cosa che neppure immaginavo potessero riuscire a fare. È un’idea innovativa, abbiamo pensato avesse bisogno di essere valorizzata e che si sposasse perfettamente con i contenuti importanti che noi sappiamo offrire, in termini di prodotto e marketing». Presentato a maggio 2020 Il Segno vanta una selezione particolare delle uve ad opera dell’enologo Dennis Verdecchia, 13 mesi di invecchiamento, per un vino di colore granata con grande struttura, tannini vellutati, molto intenso e persistente. E la bottiglia è decisamente adeguata allo spessore del vino: serigrafata con polvere d’oro e arricchita da un bracciale in metallo dorato prodotto a mano, incastonato in un’etichetta in ceramica ultrasottile realizzata e dipinta dai maestri di Vietri sul Mare.
BO RG O BAC C I L E R E S O R T & W I N E RY
Nel cuore dell’Abruzzo, terra meravigliosa e troppo spesso sottovalutata, tra mare e montagna sorge il nuovo progetto Vini Fantini, nucleo originario del Gruppo Farnese. A Crecchio, poco distante da Ortona, tra antiche case in pietra ristrutturate, sorge Borgo Braccile, frutto degli sforzi dei nipoti di Valentino Sciotti, i cui genitori erano originari proprio di qui. Sette anni fa l’inizio dei lavori che lo hanno trasformato in un albergo diffuso con 5 appartamenti e sei camere, piscina a sfioro e ovviamente la possibilità di visitare la cantina di Vini Fantini. Non solo, sono tante le attività disponibili nei dintorni, dalla canoa alle gite a cavallo, piuttosto che il relax in riva al mare che dista solo 7 Km. borgobaccile.com
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EVENTS
CELEBS
Insieme alle star del cinema internazionale per celebrare i film che da Los Angeles arrivano in Italia, prima di sbarcare agli Academy Awards
il regista Nicolo Gentili con Domenico Zambelli. il regista Uberto Pasolini e gli attori protagonisti del suo film “Nowhere special”, James Norton e il piccolo Daniel Lamont.
Rosellina e Alessandro Spadola (AD Caffè Moak).
in alto
in basso
VENEZIA
BEFORE OSCAR
in questa foto
l’attore Edoardo Leo.
Da Vanessa Kirby a Edoardo Leo: il St. Regis Venice è stato protagonista delle speciali serate celebrative organizzate per le prime dei film più acclamati dalla stampa internazionale, tra i più promettenti per le nomination ai prossimi Oscar
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un momento conviviale dell’evento organizzato da Laura Alfieri e Stefano Rampinelli al St. Regis Venice. A destra le attrici Katerine Waterstone e Vanessa Kirby. Nella sopra
foto al centro Andrea Occhipinti (Presidente Lucky Red) con Roselina e Alessandro Spadola (AD caffe Moak). in basso Mona Fastwold, regista di “The World to Come”, con Laura Alfieri.
Da oltre dieci anni la coppia di organizzatori di eventi composta da Laura Alfieri e Stefano Rampinelli porta il jet set internazionale a Venezia in occasione di serate celebrative, dedicate alle pellicole americane presentate come di consueto alla kermesse cinematografica della Laguna. Quest’anno, con il loro format Venice Film Festival 2020, oltre alla collaborazione con il Pr delle celebs italiane Domenico Zambelli, scelgono come location il nuovo ma iconico St. Regis Venice, ideale place to be per elegantissime cene a base di caviale e Champagne. Tra gli invitati alcune delle attrici e degli attori, protagonisti di pellicole acclamatissime dalla stampa estera, che gettano le basi per le nomination ai prossimi Oscar. Tra gli ospiti, il cast di “The world to come” diretto da Mona Fastvold, il film racconta la storia di due donne sposate che nel 1857 finiscono per avere una relazione omosessuale. Protagonista l’amatissima Vanessa Kirby. L’attrice ha conquistato il pubblico recitando nella serie tv “The Crown”. Già vincitrice di un BAFTA, e una nomination agli Emmy 2018. A Venezia 77 si è aggiudica la prestigiosa Coppa Volpi. Altra speciale serata celebrativa, quella organizzata per la pellicola di Uberto Pasolini “Nowhere special”, acclamato dalla stampa inglese come uno dei “10 migliori film dell’anno”, racconta in maniera molto delicata i temi dell’amore, dell’adozione, della vita e della morte. Protagonisti del cast e dell’evento: l’attore britannico trentacinquenne James Norton e il piccolo astro nascente Daniel Lamont.
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T R A N S L AT I O N
ENGLISH TEXTS
ENGLISH TEXTS P.14
Park Avenue penthouse designed by Icelandic architect Gulla Jónsdóttir. below the One Thousand Museum skyscraper by Zaha Hadid Architects. above picture
Posh was born to tell the excellence in the fields of
crashed, but he has innovated again, always finding
fashion, art, design and hospitality in a fascinating
ways in the name of quality. Fashion is also chan-
journey in which craftsmanship, industry or small bu-
ging, forced to slow down, forced to become more
siness have one thing in common: traveling towards
and more eco-sustainable, it discovers that it can free
uniqueness often trying to outline new paths without
itself from the multi-year constraint of the fashion
losing the values of tradition. In this issue we have in-
shows in February and September, but it can create
volved real talents such as Marco Credendino among
events like that of Dior in Lecce followed by twenty
the founders of Artemest, a “curated e-commerce”
million people. It discovers that perhaps embracing
platform launched in 2015. It gathers 500 artisans
digital promoters with such enthusiasm has not done
and tries to bring their creations into the homes of
so much good, one thing is to use the web to make
Italians and the international public, representing a
people known, another is how to use it, another is to
well-founded luxury on heritage without compromi-
perform by bringing individuals to stores or to buy
se. Even Bansky in his own way has traced in the art
on e-commerce. In football it could be said that it
field a new path taking it to previously unthinkable
is necessary to recover the fundamentals that in this
places, he made it become part of sociality, outside
case mean not deceiving the customer about the qua-
of those oppressive mausoleums that have become
lity of the product, about the Made in Italy, about
the majority of art galleries. We gave voice to Carlo
research. Forget this crazy pursuit of double-digit
Sestini, an influencer, intense, profound with an in-
growth every year, to conquer the whole world and
ternational vision, who tells the evolution of the pro-
then find themselves very fragile.
tagonists of social networks in recent years, becoming
Let’s try to write on the label what is really in the
entrepreneurs of themselves.
product, why you get it to that price, we weave a re-
So, Gastel is a friend and person of rare culture always
lationship that is sincere, and the customer will pro-
at the service of work, with great quality, and shows
bably feel involved and not upset by cost dynamics
us that knowing how to do things is not out of fa-
that in some cases are true follies.
shion, indeed it remains one of the pillars for having
Posh travels through these worlds without claiming
a future. We wanted to involve two chefs who in their
to be a guide, but only a path between aesthetics and
own way are tracing a path.
content, unique in Italy for this attitude, and ap-
A severe multi-starred Crippa, perfectionist and im-
preciated by foreigners for its ease of language and
pervious to the lure of appearances, the other Di
reading. If we have managed to give you points of
Pinto, so very good, represents the courage that must
interest over the years, if we have managed to capture
never be lacking. After a long experience in Bvlgari he
your attention, involve you in our events, then we
decided to open his restaurant with the premonitory
have been successful. On this wave we do not hear
name Sine, and the crisis developed by Covid reached
sirens, we continue to travel always beyond the ho-
him a few months after opening. Anyone could have
rizon.
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P.18 One Thousand Museum, whose name derives from the redeveloped Museum Park district, is an imposing but fluid 62-floor residential tower overlooking Biscayne Bay. The One Thousand Museum, the new project by Zaha Hadid Architects, stands out from the surrounding buildings for its exposed skeleton that forms a network of fluid and continuous lines. From top to bottom, the exoskeleton forms a seamless frame, the columns at its base fan out to meet at the corners and, as the tower rises, they form a rigid tube highly resistant to the strong winds of Miami; the curved supports, in fact, create diagonal brackets resistant to hurricanes. Behind the exoskeleton, the facade, cut like a diamond, contrasts with the solidity of the structure, while thanks to it the interior is almost devoid of columns. On the lower floors the terraces are cantilevered, while on the upper floors they are incorporated into the structure. On the higher floors there is an aquatic centre, the lounge and event space; gardens, terraces and swimming pools are also above the lobby.
P. 2 0 For the first time, the 5500 square meters of Pirelli Hangar Bicocca will host some of the most significant works by the Chinese artist. “Short-circuits, Cortocircuiti” is the impressive retrospective dedicated to Chen Zhen, one of the main figures of the contemporary art scene. Over twenty large-scale installations created by the artist in the last ten years of his career, up to 2000, the year of his death, are presented thanks to numerous loans from prestigious Italian and international institutions and collections. Chen Zhen’s production paradigmatically reflects his desire to find a visual synthesis, which integrates the aesthetic characteristics of his country of origin with those of the places with which he comes into contact, in a fluid and constant exchange between Eastern and Western thought. In this sense, the concept of “transexperiences” becomes central: a term, coined by the artist himself, which “synthesizes in an effective and profound way the different experiences lived when one leaves the place where he was born and moves from one place to another”. Chen Zhen’s works of great visual power anticipate the socio-political complexity of today’s world, analysing themes such as globalization, consumerism and their
relationship with tradition, maintaining the interdependence between material and spiritual, reflecting on the purifying action art and the metaphorical processes of illness and healing. From 15th October 2020 to 21st February 2021 “Short-circuits ”, curated by Vicente Todolí.
P. 2 2 One of the latest major architectural projects that give the capital an international allure: the new Bvlgari Hotel With a unique view in the world that faces two of the most iconic monuments of Rome, the Ara Pacis and the Mausoleum of Augustus, the new Bvlgari Hotel is an illustrious addiction to the most famous Roman shopping streets such as Via del Corso and Via Condotti, where you can also find the most glamorous clubs in the city, and it aims to celebrate the greatness of the first Roman emperor and his refined aesthetic sense. The Bvlgari Hotel Rome will be officially inaugurated in 2022 and it will rise inside a historic building built between 1936 and 1938 on a design by architect Vittorio Ballio Morpurgo, in full rationalist style. The new Hotel, conceived as a tribute to Italian elegance and design, declined with respect for local culture and with the most precious details, represents a truly special opening for the high-end jewellery maison: the company, whose exclusive Bvlgari collection Hotels and Resorts currently boasts six properties, in Milan, London, Bali, Beijing, Dubai and Shanghai, to which, between 2021 and 2023, Paris, Moscow and Tokyo will be added as a new property to its set of extraordinary, decided to open in the city that gave birth to the maison. The imposing and modern building features the frescoes by Antonio Barrera that decorate the atrium of via della Frezza reproducing different views of the Mausoleum of Augustus, as well as the mosaic on the façade created by Ferruccio Ferrazzi who has recreated his personal interpretation of the myth of the foundation of Rome. “We are very proud to have secured such an amazing location for the new Bvlgari Hotel Rome,” says Jean-Christophe Babin, CEO of Bvlgari. “The development of this hotel, which will open in 2022, represents an important milestone for Bvlgari, which will finally have its ‘temple’ in the city where the company was founded, and which still represents the beating heart of the brand today. We will truly rewrite the history of luxury hospitality in the city of Rome.” As with all
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an image of the exhibition “Shortcircuits ”at the Pirelli HangarBicocca. Below an image of the structure of the Bvlgari Hotel Roma which will be inaugurated in 2022 in this photo
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ENGLISH TEXTS
Bvlgari Hotels in the world, the Italian architecture studio set up by Antonio Citterio and Patricia Viel will take care of both the architectural and interior design of the new Bvlgari Hotel Rome. The interior will have 114 rooms, most of which are suites, then the prestigious “Niko Romito Restaurant”, curated by the starred chef, and the “Bvlgari Bar”, both located on the top floor to offer a breathtaking view of the Eternal City. A wide range of services will be available to the guests including a 1000sqm spa equipped with an indoor pool and a highly technological gym where you can benefit from the exclusive Workshop training method, developed exclusively for Bvlgari. To celebrate the grand-opening, the LVMH brand signs an agreement with Roma Capitale to give new light to the Ara Pacis. The monument overlooked by the Hotel will be enhanced with a revamping of the current lighting system, made possible thanks to a donation from the maison of 120,000 euros, which is part of the numerous patronage initiatives undertaken by Bvlgari to protect and promote the cultural heritage of the capital. “This new act of patronage is once again a way to give something tangible back to the Eternal City, which for over 130 has been a cultural reference point for Bvlgari, a generous muse, an exclusive spotlight. We are pleased and proud to contribute to enhancing the beauty of such an iconic monument that celebrates the greatness of an emperor whose refined aesthetic sense has guided the radical architectural and urban transformation of Rome, projecting it into our past, present and future”, concluded Jean-Christophe Babin. For this special occasion Bvlgari has created a unique jewel: “Italian Hospitality”. A white gold choker made with the iconic tubogas processing and enriched with 10 precious stones, each with a symbolic reference to the 10 destinations of the Bvlgari Hotels & Resorts collection. A unique piece that will be made only on order.
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in this picture
Chef Roberto Di Pinto
The “Gastrocrazy” is not a mirage anymore: gourmet kitchen according to Roberto Di Pinto The superfluous at the table doesn’t make happiness. Roberto Di Pinto, creator of the SINE concept, Ristorante Gastrocratico, is convinced about it. Sine means “without” as the Latins wrote, and it’s the synthesis word of a new restaurant idea that is willing to eliminate everything that can represent a useless
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weight on the plate and on the customer’s account. Di Pinto has Naples in his heart, in his hands, in his pockets. The Neapolitan city is the magical place where, at the age of sixteen, he started working as an apprentice in the Scaturchio pastry shop, and where he began to learn about the preparation of the most famous Neapolitan sweets such as sfogliatelle, babà and pastiere. After entering the world of Starwood, a renowned hotel chain, which provides him with the opportunity to travel the world, starting with the starred restaurants “Fiore” and “Conservatory” in London, he returns to Italy in Florence at the Grand Hotel. An important stage in his excursus is certainly Milan, at the Diana Majestic and at Nobu, before arriving in Paris in 2000 with Beltramelli, a pupil of Marchesi and Ferran Adrià. Thanks to him, he embraces new techniques related to molecular cuisine, the one dreamed of as a child while looking at the great cuisine magazines. First sous-chef, he became Chef Executive at Bvlgari. In between, there’s the meeting that changed his vision of cooking during an internship with Gennaro Esposito in the Torre del Saracino, and he’s the one who made him rediscover the value of home cooking. Di Pinno also participates to several important events including the Italian Embassy in Lagos in Nigeria and above all “Epicurea” with great chefs such as Yannick Alleno in Paris, Dominique Crenn in San Francisco and Thompson in Bangkok, also passing through their kitchens to enrich his curious and open vision. Today he is engaged “anema e core” (“heart and soul”) in the SINE project, the first and only gastrocratic restaurant where to tell about the cuisine of roots and dreams. Almost two years after its debut, SINE rekindles its lights for a new season. Times have changed, has the restaurant’s identity remained true to itself? Yes, because my whole life is in this project. The concept was born from a need for liberation that I have cultivated with great dedication. I wanted to restore authority to gastronomy to make it free from stakes, creating an elegant, modern, metropolitan place. SINE does not want to be a cathedral or a museum, but a gateway to a new idea of cuisine, creative, concrete and accessible. What makes you so proud? In my journey as a Neapolitan traveller and not an
emigrant, as Massimo Troisi said, I understood that nostalgia could turn into a story made of experiences. I have lived in Rome, Florence, Venice, London, Paris and the constant comparison with colleagues has led me to the awareness of how high the reputation of Italian cuisine is in the world. My everyday life is the mirror of my working life, so my kitchen cannot exist without my Neapolitan style, because it represents my heritage of lived experience. As a man and as a chef I still approach the world with the curious eyes of a child, always in search of new colors, flavours, smells. In my kitchen I need basil, but also coriander, I need anchovy sauce, but also soy sauce. I am proud of the ragù that I serve at the table in the copper saucepan in which to mop up with bread. After these difficult months, can we go back to sitting at the table with new awareness? In May, after the lockdown, delivery by reservation was a way to get closer to our customers and with surprise/happiness we intercepted new ones, an excellent signal against uncertainty and fear. Today, SINE reopens for lunch and dinner after the summer break, with a small terrace recently inaugurated and a novelty: Sunday lunch. A new moment of conviviality for the customers of the restaurant which until now remained closed on Sundays. The formula includes cold and hot appetizers that we change from week to week, served in portions designed to be shared. It ranges from meat tartare to veal with tuna sauce and seafood salad, then there is a main course followed by meat or fish. At this moment we must return to the table to enjoy the pleasure of being together. I have always put the customer at the centre of my restaurant idea and today I believe in it even more than yesterday. We spent a lot of time at home and reassessed homemade food preparation. Could restaurants suffer from it? No, these are different moments. The pleasure of sitting in a restaurant will never be challenged by the homely dimension. Those who stay within the walls of their homes choose to cook for themselves or their loved ones but do not question the beauty of conviviality even outside that comfort zone. In light of the weight that the “street” component has gained in food, do you think there is a “democratization” of haute cuisine? Gastrocracy made me proud. Now they are doing it because they need a drawer, but we propose a careful
eye on costs with clever dishes made with skill at a fair cost. Raw materials change but not quality. It becomes culture and people get closer. To make a difference, you need to focus on experience. What ia SINE aiming for? The “SINE” experience starts right from the booking of the table. Human capital is essential, and my team is highly trained in contact with customers, on hospitality through which to establish a relationship of trust with the guest. Nothing is left to chance. Secondly, we offer a culinary experience that starts from Naples to go around the world, evolving without borders. The personality of my dishes makes itself felt because it comes from memories, experiences, intuitions, life. In this issue we talk about “power” understood as the power to change things. Have you got the power? We have it in our name: SINE - Gastrocratic Restaurant, from Gastronomy + Krátos which in ancient Greek means precisely power. Have you ever imagined opening your own restaurant in Naples? Until a few years ago I had not even planned to open my own restaurant. But today if someone asked me to open a new SINE in London or Naples I would choose Naples. Naples today, so different from the one I met twenty years ago, fascinates me a lot. Here at SINE it is impossible not to notice a large illuminated sign ... It says “Suonna Ca Sò Suonne d’Oro”, or “Dream that they are sweet dreams”, the phrase that my father always said to me as a child, in a disillusioned way. It represents the engine of my inspiration because I dreamed of becoming a successful restaurateur and that dream has not yet died out.
P. 4 4 Italian design, the skill of its craftsmen, its cornerstones. Everything that makes Made in Italy special in the field of furniture can now be purchased online, available to all those who appreciate it. Marco Credendino, co-founder of Artemest, the first marketplace dedicated to luxury interior design, tells how he sees the future of craftsmanship and the excellence of Italian design A firm and engaging tone, words chosen with the
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Installation for the Milan Design Week 2019 of the Ghidini 1921 brand, for sale on Artemest.com
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care and awareness of those who know how to invest in themselves. At just thirty years old, Marco Credendino is co-founder and CEO of Artemest, an online marketplace dedicated to luxury Italian interior design products, created by brands such as Richard Ginori, Venini and Fornasetti, among many others. Graduated from Bocconi and the Fudan School of Management, in addition to international experience in business, e-commerce and entrepreneurship, Credendino is passionate about innovation, art and design. His apartment in Milan is exclusively furnished with the creations of Artemest’s artisans: contemporary and eclectic, it can be said that it reflects the boundless creativity of its owner. Credendino tells us about the past, the characteristics and the objectives of a young entrepreneur who has revolutionized the sales of a sector in crisis, and of the international success of Artemest. How was Artemest born? Artemest was born from an idea of the Italian-American entrepreneur Ippolita Rostagno. A lucky encounter, among my international e-commerce experiences, for her desire to raise the craft sector through artistic knowledge and skills. Inspired by the excellence of our country’s products, we decided to create a platform that could offer artisans and designers the opportunity to reach an international audience of architects, interior designers, art and design connoisseurs, supporting them with new technologies and cutting-edge resources. What are the strengths of this marketplace? Artemest is the only digital marketplace to have signed exclusive contracts with nearly 800 suppliers of the more than 1000 with which it collaborates; this means that the assortment of products offered is unique and in most cases not available in other e-commerce. Furthermore, our dedicated teams offer continuous advice and assistance to our customers, helping them to find the perfect solutions for their projects, from private homes, to hotels, to retail, to catering.
Marco Credendino co-founder & CEO of Artemest.com
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What are the advantages of the digital enterprise? For the first time we are creating companies that do not have structures capable of spreading their skills globally. And today, digital is certainly the fastest and most effective way. Thanks to digital we are able to put a manufacturer in contact with an infinitely larger market. The main advantage of digital is to be able to reach far from the individual workshops of the arti-
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sans and production companies. Thousands of visitors log on to our platform every day and discover new and unique products, as well as the manufacturing process behind them, through videos and editorial content that tell their story. I like to think of Artemest as a “cultural aggregator”: more than a medium that unites two distinct realities, craftsmanship and digital, I see it as their common point, the space for sharing that exists between the past and the future . But you needed, at some point, to have a “physical” store that you opened in New York. Why? We are an e-commerce, it is true, but we strongly believe in providing a complete and extremely excellent service to our customers. This “physical shop” is actually a showroom that acts as a meeting point between trade clients, such as architects and designers, and the final clients who gather in our space to discuss their projects. It was also designed for live demonstrations: for example, the opportunity to observe a craftsman at work in front of a passionate audience. You have won the trust of major international investment funds. What rules did you follow? We have collected a total of 11 million private investments and let’s say that to win the trust of these international funds it was enough for us to be what we are: a solution to a gap that exists in the Italian market, which does not invest enough in what is most precious: craftsmanship. We have made an exclusive line of contemporary luxury design products international, attracting foreign capital such as the French private equity fund OLMA Luxury Holdings and the Swiss holding Brahma, as well as the NUO Capital fund in Milan (family office of the Pao family of Hong Kong). You are a very young CEO of an evolving company. How do you see yourself in ten years? Surely within the design, lifestyle or possibly fashion industry, always trying to continue working to enhance the talents that Italy holds in turn without knowing how to exploit them. By this I mean that Italy has production excellence that is unique in the world to which it is unable to aggregate communication, marketing and distribution skills that make it compete with the great luxury poles. Working in this context made me understand that what I would like to continue to do is help the growth, or rather, the rebirth, of Mmade in Italy” at the creative, financial,
logistical and marketing level. I therefore see myself working with small artisan businesses and following them especially in the financial sphere. There is this simple but effective saying that goes “take one step back to take two steps forward”: stop and think about the problems of an activity, metabolize them, and use the weaknesses to raise to another level, for example by combining more brand under one hat, as we do with Artemest. Won’t the economic crises discourage the purchase of design objects? Today, people increasingly tend to seek unique products that can contain a story; quality is the number one priority and purchasing a luxury design object means coming into contact with an unparalleled artistic and cultural heritage. More and more customers are looking for an excellent shopping experience designed specifically for them, since uniqueness has become a fundamental requirement. For us it is important to work not only with private clients, but also and above all with professionals in the sector, such as architects and interior designers: the luxury and experience it can offer can be found in restaurants, hotels, clubs, airport lounges, private clubs, offices ... We must commit ourselves to work more and more on the “trade” sector to bring luxury out of the house, into spaces for social sharing. Handicraft and industry, what place will they have in our future? Manual skills will always be present in our life. To tell the truth, I really believe in a return to craftsmanship in everyday life. Of course, as in all sectors there is a need for innovation, and this is what we offer with Artemest: a complementary development between craftsmanship and technology. What are your passions? I think that free time is necessary in the life of entrepreneurs to stimulate and in a certain sense increase one’s openness, to get to know different cultures and ways of thinking. My greatest passion is traveling, which I am unable to do now due to the Covid emergency. As soon as I have free time I escape from my reference points, Milan and New York, to discover new realities. It is said that entrepreneurs never go on vacation because their minds are constantly focused on what is happening in the company, which in a certain sense may be true, but I believe that by traveling for pleasure, to satisfy this need for new stimuli,
the individual can also derive a working utility. The important thing is to be able to reconcile the latter with passion, to create ever-changing values.
P. 5 0 The sensuality that characterizes the volumes imagined by the Icelandic architect Gulla Jónsdóttir and his studio in Los Angeles is a combination of delicacy, fluidity and connection with nature. A refined aesthetic narrated in the exclusive Park Avenue Penthouse, in the heart of Manhattan’s luxury living. A delicate trait unfolds in each of his projects: a multifaceted and visionary architect, the universe of Gulla Jónsdóttir reveals itself between interior, graphic and product design, with particular attention to a constant dialogue between art, architecture and nature. A delicate vision that is revealed in holistic places like the Paz Spa within the exclusive Cabo Azul Resort, in a gourmand location - for example, the Red O in Los Angeles - or in spaces dedicated to hospitality, from the Mayfair of LA to the ‘G Hotel San Francisco at the Roxbury in Hollywood. “Art is not separate from life and life is not separate from architecture,” says the architect. Between organicism and contemporary aesthetics, each element shaped by Gulla becomes an artistic artefact in which to immerse yourself and breathe pure emotion. Transforming the living room into a poem of light and color, as in the interior design project of a sophisticated penthouse on Park Avenue. A precious casket punctuated by organic elements immersed in the New York skyline. Made in close collaboration with Bianco Bianco, “natural light, gold and stone - says Gulla Jónsdóttir - are the inspiring elements that influenced my creative process during the construction of this New York penthouse. The space is a unique volume located on the 50th floor of this incredible and vertiginous tower in the heart of Manhattan. An eclectic interior design gives life to an imaginative ambience created ad hoc to adapt to the owners’ effervescent lifestyle.” Scanned by fine materials and a palette of nuances that evoke the New York dawn, the colors of amber and gold alternate with the delicate shades of pearly white and deep blue, in a succession of refined chromatic expressions. Studded with exclusive Italian marbles and natural stones chosen by Jónsdóttir with unprecedented accuracy, the Park Avenue penthouse narrates the made in Italy craftsmanship through the selection of the most internationally acclaimed
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an interior of the Park Avenue Penthouse made by architect Gulla Jónsdóttir
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brands, including the sophisticated vision of living by Giorgetti. Arising from Gulla’s creative imagination, the custom furnishings - from beds to sofas, from armchairs to mirrors - float in space, giving life to a new mise en scène that enchants. And it transforms living into an authentic dream oasis.
stead of elevating him. For example, I remember my grandmother, a very elegant woman who took care of her clothing from early morning. The simplicity and in the same way the beauty of the Tuscan countryside have taught me to wear a pair of jeans and a shirt with elegance.
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It takes a strong personality to influence the tastes of others, and the big fashion brands that choose you as their ambassador recognize it. How did you get this confidence? I have to admit that I’m actually an introverted, reserved, and also very shy guy. Often before an event or a red carpet entrance I felt scared and agitated, unsure of how it could go. But I think that’s exactly what people like about me: I’m not afraid to show myself for what I am. On social media, I freely tell about having suffered from acne, for example, and the guys who recognize themselves in this grow fond of me and ask me for advice. Here, to “influence” a follower you must be able to be read in order to inspire and share, you cannot be vain and narcissistic. Perhaps this is how I have conquered my security, thanks to my desire to be myself.
Young, handsome and born in a good family. One of the most coveted “parties” of the Tuscan upper class of the last four years is a very active influencer who focuses on a top lifestyle, surrounded by beauty every day. Internationally trained, enterprising, he has just launched his eyewear lineò A simple spaghetti with tomato sauce can become the most refined dish if served with a white and blue ceramic service, worked and painted by hand by expert craftsmen of the tradition. Carlo Sestini has simple tastes that he manages to elevate to gestures, objects, moments of refinement. Influencer since 2016 and very recently digital entrepreneur with his new line Sestini Eyewear, he spent his twenty-six years of life between Florence and the Tuscan countryside, between Switzerland and London. Of his Instagram profile (350K followers) the photos that capture everyday life are particularly striking, accompanied by the aesthetic details that make him an innovative personality, capable of transforming simplicity into beauty and elegance: a glass of wine drunk in the bathtub recalls the dark red of the tiles on which Carlo’s head rests, which seduces and inspires those who scroll through his photos that will be attracted by this monochrome combination. Ironic, resourceful, and perhaps even genuinely shy, Carlo answered my questions from his home in Tuscany.
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Carlo Sestini
Beauty and elegance have always been part of your life. You grew up surrounded by harmony in a beautiful house in Tuscany. How did it influence your professional choice? Tuscany is for me the fruit of inspiration: from the scent of Florentine broom, to that of poplar, up to the set of smells that arise from my garden. For example, I really like to smell the tomato leaf which has a fresh, incomparable scent. Even the Tuscans have often inspired my choices and my style. They are elegant, tasteful people. Elegance as I learned it, and as I still understand it, is synonymous with simplicity and attention to detail; it is very far from the concept of ostentation, which risks ridiculing the individual in-
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What is the most pleasant aspect of your job? And which is the most tiring? One of the most pleasant aspects certainly concerns the possibility of meeting people who tell about completely different places, professions, and biographies. One day I sit at the table with an actor for example, and the next day maybe I know a hip hop singer with another experience. Another is to travel. I travel a lot, last year I counted one hundred and twenty flights. I made the craziest journey in terms of time and distance when I went, within a few days, from Los Angeles to London, from London to Shanghai and then back to London and then immediately set off for Rome. On these trips I have worked with Ferragamo, Bvlgari, Hugo Boss, and Giambattista Valli. I didn’t stop for a moment, but this isn’t the hardest aspect of being an influencer. I think it is, instead, loneliness: it is impossible for me to have a romantic relationship, as I often find myself more in the air than on the ground. Even if I hope it won’t always be like this, for now I can also find myself in my solitude. What are your passions? I am a very sporty type; I believe that the well-being of the body is the basis of a healthy lifestyle that coincides with emotional and mental well-being. I medi-
tate, a lot; it relaxes me and focuses me on my goals. Then I swim: it helps me to think and to connect body and mind. I love horse riding; I believe that horses are among the most intelligent and above all empathic animals. And then I love skiing. I have been doing competitive skiing for many years and I must say that I miss it. I think later I will move to Switzerland and maybe become a ski instructor, hoping that all the snow has not melted due to global warming! When I feel like sitting still for a while, I read or watch documentaries on contemporary and past history and society. I like reading to learn and I appreciate authors like Jiddu Krishnamurti or Hermann Hesse. I have just finished reading Narciso and Boccadoro by Hesse. Then I inquire about current issues concerning, for example, the environment and the vegan diet, two concepts that are absolutely related and dependent on each other. Just think that before deciding to pursue a career as an influencer I had studied diplomacy and international law, I wanted to be a diplomat. Fortunately, I have not lost interest in society, in fact I believe that an influencer should inspire the “beautiful” and the “right”, and that’s what I try to do every day. Then I must say, another of my passions is pasta. Indeed no, pasta accompanied by a good wine! If I had some time, I would take a sommelier course. If I had some time, I would do many things, which I actually already think of as future projects: I would like to design costumes, silk pants, produce vegan milk and commit myself to an ethically right and aesthetically beautiful life. Do you have a “place of the heart”? I could list three: one related to my past, one to the present, and one to a future in which I hope. Right now, I feel very comfortable in London because it is a city that is always on the move, a bit like me. In the distant future, however, I see myself living in a quieter place like Tuscany. I would like to produce my own wine, my oil, and surround myself with animals. The place of the heart that binds me most to my past memories is instead Switzerland, where I lived my adolescent period. Just thinking about it makes me want to take a plane to Geneva tomorrow! I see myself at the Sporting in Villars-sur-Ollon, ordering the same things as ten years ago. Even though my diet has actually changed quite a bit, maybe for those cheese dumplings I might make a tear! From influencer to digital entrepreneur: why and how did you make this decision?
My new eyewear line, Sestini Eyewear, is for me the symbol of my independence: it was born from me and does not depend on anyone else. I needed to create something of my own and I chose sunglasses in a somewhat metaphorical sense because they protect from people, and at the same time express their own character that can be contained in this simple accessory. Getting started as an influencer was not easy: it was difficult to explain a job that did not yet exist. With all the collaborations that I have managed to do over the years, and now with this line of mine, I have managed to express not only myself but also this new way of working. Three important things that define your new eyewear line? First of all, not to repeat myself but to reiterate a concept in which I believe very much, simplicity: my glasses have a simple design that is for everyone, not too crazy and not too bland. Then there is the aspect of eco-sustainability: all the glasses, from packaging to manufacturing, are made with recycled materials. Finally, my line is designed to enrich a casual and minimal outfit with a slightly stronger, badass look! How do you see the new digital way of communicating? What awaits us in the future? I see it as a great storm that does not hit the strongest crops, those with firm roots, but overwhelms those rooted more on the surface. Digital is the future and we need to know how to pursue and reach it.
P. 74 Gabrielle Chanel and Suzy Parker dressed by Chanel, Paris, January 1959 ©The Richard Avedon Foundation. Ph. Richard Avedon
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One of the Parisian museums dedicates an exhibition to Gabrielle Chanel rich in details that runs through the history of Mademoiselle’s stylistic language and the context in which it lives, underlining its modernity The Palais Galliera inaugurates its reopening with “Gabrielle Chanel, Manifesto de Mode”, the Parisian autumn event-exhibition. Its rooms, freshly restored, cover an area of 1500m2 with half a century of creations by Gabrielle Chanel, a key figure in modern fashion and an emblematic reference for contemporary design. The vastness of the exhibition immediately echoes the richness of the thematic ideas, the multiplicity of contributions and proposals contained in Chanel’s style. Between avant-garde spirit and classicism, innovative creativity and sartorial rigor, her language redefines the codes of haute couture, reinvents the relationship between the body and the dress, in
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a message that invites women to move, to take their personality back. Just like Mademoiselle does as she embodies, in a literal and figurative sense, the sophisticated simplicity of dresses in the elegant lightness of her allure. “Gabrielle Chanel, Manifesto de Mode” is an immersion in the universe of this unique and iconoclastic creator, where the key pieces and moments of her career reveal the scope of a revolutionary gesture both in fashion, accessories, jewellery and in the story of the iconic Chanel No.5 perfume. Veronique Belloir, in charge of the collections, which she curated with the director of the Palais Galliera Miren Arzalluz, and responsible for the organization of the exhibition, describes the itinerary in advance, focusing on some key passages. The reopening of the Palais Galliera celebrates Gabrielle Chanel, a heritage in the history of fashion but also a style that endures and continues to influence the contemporary. What was the guiding idea of the exhibition? The essential point was to make Gabrielle Chanel’s particularity understood in the specificity of the historical context, that for her is the one of Haute Couture in the first half of the twentieth century, and to show the principles that presided over the creation of her style, her working methodology, her techniques. How did you define the exhibition? The itinerary is both chronological and thematic and is based on the emblematic notions of Gabrielle Chanel’s style. Certain reasons such as simplicity, modernity and movement were unanimously mentioned in the press of the time. We also tried to highlight the constancy in her stance and how her creations - clothes, cosmetics, accessories, jewels - form a coherent whole, showing the unity of her style. The Chanel aesthetics and style are inseparable from her personality. How did you represent this aspect? We used photography. A photograph of Gabrielle Chanel dressed in her creations opens and illustrates each of the themes, in line with the looks presented. The scenography is inspired by her universe, with pure essential lines, the black/white/beige contrast but also mirrors, screens that evoke the stairs of her atelier, or her apartment in Rue Cambon. in this picture
the project Extra Milano by Valextra
The exhibition presents a huge selection of pieces.
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Where do they come from? The pieces essentially come from our collections (Palais Galliera) and from the Chanel heritage. We can also count on loans from French and international institutions and even some private collectors. Does the notion of “Manifesto” refer to the modernity of the Chanel style and its link with the artistic avant-gardes? Can we also see a militant aspect affirming a new idea of the feminine? Yes, there is a reference to her modernity and also to the fact that she took a stand against the fashion of the time, without ever giving in to novelty for novelty, to the artifice of originality, to the trend of the moment. This aspect is particularly evident in the years 1910/20 and then in 1954, when, in full New Look, she proposed a completely different vision of the suit. Her vision of fashion and clothing is very particular in the field of haute couture as comfort and the natural side of clothes are the keys to true elegance for Chanel. Do you think the Chanel Manifesto has a particular resonance today? No doubt. This particular way of combining the ordinary and luxury, the masculine and feminine, is something that is normally done today. Women wear a smart jacket with a pair of jeans, sneakers with a dress, or wear men’s shirts. Another point that must be emphasized is the role that Mademoiselle has given to accessories, making them an essential element in the coherence of her style.
P. 8 6 Adored by some of the most important personalities of the past century and the 2000s, Valextra bags are now a statement, a declaration. Style first and love for quality What does Milan mean for one of the most Milanese leather goods brands there is? Valextra, a brand of bags and accessories that since 1937 has made rigor, discretion and high craftsmanship the epitome of fashion mantra “less is more” and of that idea that true elegance should not be flaunted, loved by Gianni Agnelli and Maria Callas, Jackie Kennedy and Grace Kelly, entrusted the task to “a community of friends, stylists-entrepreneurs, for a 12-handed collective project (six brands involved, including us)” - says
Sara Ferrero, CEO of the brand, presenting Extra Milano, a project made official at the latest Milano Moda Donna. And she continues: «For years we have concentrated on telling Valextra and its link with architecture and design. It was time to talk about the brand’s connection with its city. We did it through its way of being, that is to say that great ability to create a system, to give each other a hand between heterogeneous groups. Therefore, not all the “friends” are Milanese or Italians, because Milan is an open city that allows beautiful contaminations”. So alongside Massimo Alba and Carolina Castiglioni with her Plan C, are Loris Messina and Simone Rizzo di Sunnei, Arthur Arbesser and JJ Martin (La Double J), designers who all have a very close relationship with the city, having founded there their brand, and have so created mini-collections by customizing a model chosen by Valextra production. And here the Extra Milano bags are inspired by the hidden entrances of the city’s historic buildings, by the search for prints and colors typical of Como silks, by the drawing of a child, or by the innate elegance of Milanese women and men but also by the spirit of the new generations. The evolution of the project is open, because as Sara Ferrero recalls: “Our meetings with designers are not simple collaborations, but professional encounters that often arise from friendships, so they continue to feed over time, becoming personal and humanly gratifying. Valextra does not have a creative director but is a creative curator, a kind of hub”. This is how projects were born in the past with “Martino Gamper with whom we have so much in common, rather than Studio Snarkitecture which designed an all-white shop challenging the rules, or Kengo Kuma with a shop where there is no straight bag, to create an experience that tells the brand beyond the product”, but also John Pawson, Michael Anastassiades and many others. And a brand like Valextra does not need a prominent logo to declare itself: “The brand has always been consistent with itself. The recognition of a style is not only given by the logo and a bag belongs to the wearer, not the brand”.
P.13 8 Born in 1971, born in Carate, Brianza, Enrico Crippa is one of the great names in Italian cuisine. Pupil of Gualtiero Marchesi in the initial passage and later at Albereta, he has been able to create over time a very personal cuisine, with a strong vegetable presen-
ce since 2003, when he moved to Alba to open Piazza Duomo, which in 2012 conquered three Michelin stars. They also call it ‘the Japanese of Italy’ because the dishes express an obsessive care and an extraordinary aesthetic, learned in the past three years in the Japan. His signature dish is the very green Salad 21,31,41… Enrico Crippa, three-starred Michelin since 2012 with Piazza Duomo in Alba and the first Italian chef in The World’s 50 Best Restaurants in 29th place, do you know that many think he comes from the Langhe and instead of Carate, Brianza? I didn’t know this… Of course, 17 years in the same place - if you weren’t born there – it’s a lot for a cook. But here I was immediately happy, Brianza and Langhe are different in many aspects but identical in others. Then, Italy is a country where great restaurants have always been in the province so it’s nice to be at the centre of the world, but not in the chaos. Never attempted by Milan then. I have nothing against Milan and cities in general: I have already worked in Paris, Kobe, Osaka. Interesting places, yet I get tired easily: too many people, too much noise, too many cars. And then in Milan, I immediately feel pressure even just walking around and I have enough in the kitchen. Here in Alba, I take my bike and relax immediately: 40 km between the two services, even 100 km on the day off. It is my great passion, as well as a heartfelt cheer for Milan. Paths of the heart? Departure from Alba, towards Alta Langa. A classic is to face - with the usual group of friends - the Salite dei Campioni, a track dedicated to the myths of cycling. Sometimes, we take the car and move to make the Colle della Madeleine: I remember that, in the summer of 2008, I managed to complete this climb in just one day, together with Colle della Bonette and Colle della Lombarde. A hard work of seven and a half hours, in the middle of the Alps, but what a satisfaction! While we are wandering in Langa, indicate three places out of the ordinary for Posh readers. Avoiding the sea of Michelin stars. The first: La Repubblica di Perno, an authentic trattoria owned by a smart guy like Marco Forneris. The second: Da Renza which has a crazy balcony over the
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Here is a portrait of the three-starred Chef Enrico Crippa. Shot made by the photographer Marco Varoli
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Castiglione Falletto vineyards, ideal for cold dishes and a few glasses of great wines. The third: La Piola which is located under Piazza Duomo. Beyond that the brigade is mine and I study the menu with the chef, it is really good. Let’s go back to the turning point. Very few know that when I was summoned by the Ceretto family to open their restaurant in Alba, I worked - even doing banquets - in a ‘hotel’ in Paderno on the Adda Verissimo. But I was not stressed or depressed, I thought that sooner or later something interesting would come. In the meantime, I was reviewing the basics and then I was close to home after so much shooting. It was Cracco who recommended the Ceretto family who had asked him for the name of a good cook. They heard the answer “I don’t have someone as good as me, but someone better than me yes”. I learned about it years later, of course. Carlo is a direct person, sometimes too much, but a gentleman. Well, he didn’t risk bad figures. Too easy to give an advice like this. No. Because we didn’t leave to make a good place but a great restaurant. I remember the first meeting as it was today, practically two years before the official opening. Ceretto explained it: “I want to get three Michelin stars, because this extraordinary territory deserves it”. And three times, he said to me: “Do you understand, Crippa?”. This is why I still feel the duty to work hard: I got carte blanche from them and now I am a partner. We insist, he was not an ordinary cook. It is as if a newly promoted to Series A, to get to the Champions League, hired an Italian star, already experienced and with a good palmarès. Honestly: I was half unknown. In fact, I did very well to do two great stages before opening in 2005: six months with Ferran Adrià to understand what was happening at Bulli and four with Michel Bras who has always fascinated me for his vegetarian vision and the fact that he basically does not move from its local. A bit like myself, in short.
in this page the details of the dishes made by Chef Crippa at the Piazza Duomo restaurant in Alba.
Other masters? Gualtiero Marchesi: I was 17 and I discovered that there were people with whom you could talk about everything. Any topic, from history to religion, from music to bon ton. At 25 he sent me to Japan to follow his restaurant: an experience that changed my life and my culinary vision. And then the French Christian
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Villers, chef at the Hotel Martinez in Cannes, who taught me the ‘system’ of cooking from an organizational point of view. And to which colleague would you sit on currently? I would go back to Dan Barber at Blue Hill Farm: the best for me, because it is an ‘environmental system’ built around a restaurant. To breathe Japan back, I’d like to enjoy a kaiseki from Ryugin in Tokyo, signed by Seiji Yamamoto. In Europe, I am drawn to Geranium in Copenhagen because its chef Rasmus Kofoed seems to me the least Nordic of the Danes. Many of your Italian colleagues, during the lockdown, said that perhaps it is time to change the way of catering and even of cooking. I don’t think so. It takes such a long of time to create your own style, how can you change that? Fifteen years of struggling with myself to find the right path, now I won’t certainly abandon it. Especially since the summer of 2019, I made a fundamental choice: off the menu, just a tasting with two variations. An 80% menu based on local products, from Piemontese meats to what our gardens provide, with an area of almost three hectares. This allows me to change elements on the plate not only every day, but even between lunch and dinner. Vissani said of you: good but he does too much gardening. I can’t complain about the judgment, after reading the others he gave! I understand him and many colleagues of his generation, but I think times have really changed. Vegetables offer infinite richness compared to meat, as it is said by someone who has the best pantry in Italy. It is enough just to think about the number of possible dishes and in the end, a lucid cook knows what is more interesting between the two worlds, beyond his own ethical convictions.
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