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IL LUSSO DA SFOGLIARE

COVER STORY M.C.F. SYSTEMS progettiamo il futuro

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Anno IV - Primavera 2011 Periodico trimestrale

10,00

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Guests VIGILI DEL FUOCO UNIVERSITÀ PANATHLON LISA COLLEONI FERNANDO TISSONE SARAH VIOLA FABIO GENOVESI UP Arte ROBERTO GIAVARINI GIANFRANCO TESTAGROSSA VITO RICCHIUTI MUSEO TINO SANA Food COLDIRETTI BERGAMO Fashion & Luxury PAOLO PECORA MILANO PATRIZIA FRATTA KRIZIA Home & Design COLLEONI ROBERTO & C TECNOCASA PROGETTO GIARDINO S & B SOLUZIONI IDRAULICHE Hi-Tech VANONCINI Factory SERIM GLS - CIVIDINO TILLIA AGC - CARIGE HLN Motori ALESSANDRA BRENA AUTO IN BONALDI MOTORI MASSI CAR Last Minute TRITTICO ART GALLERY COLLEONI PROPOSTE D’ARTE



Vendita mobili direttamente dalle aziende produttrici



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IL LUSSO DA SFOGLIARE

COVER STORY M.C.F. SYSTEMS progettiamo il futuro

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Anno IV - Primavera 2011 Periodico trimestrale

10,00

BERGAMO

Guests VIGILI DEL FUOCO UNIVERSITÀ PANATHLON LISA COLLEONI FERNANDO TISSONE SARAH VIOLA FABIO GENOVESI UP Arte ROBERTO GIAVARINI GIANFRANCO TESTAGROSSA VITO RICCHIUTI MUSEO TINO SANA

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Food COLDIRETTI BERGAMO Fashion & Luxury PAOLO PECORA MILANO PATRIZIA FRATTA KRIZIA Home & Design COLLEONI ROBERTO & C TECNOCASA PROGETTO GIARDINO S & B SOLUZIONI IDRAULICHE

a felicità... in un panino...

Hi-Tech VANONCINI Factory SERIM GLS - CIVIDINO TILLIA AGC - CARIGE HLN Motori ALESSANDRA BRENA AUTO IN BONALDI MOTORI MASSI CAR

Da qualche tempo i derby meneghini sono per me diventati un’occasione per trascorrere qualche ora in compagnia di “L”, un amico di vecchia data e, negli anni Ottanta, compagno di mille sfide calcistiche nell’oggi desertico parco Diaz.

Last Minute TRITTICO ART GALLERY COLLEONI PROPOSTE D’ARTE

Editoriale di Giovanni Volpe

Ore, durante le quali, è normale si faccia il punto della situazione, per condividere ricordi, quotidianità e aspettative per il futuro. “L”, classe ’66, ha sofferto… la scomparsa ravvicinata dei suoi genitori, ha rapidamente trasformato quel singolare attaccante in jeans e mocassini - che, per l’esultanza da marcatura, perdeva sempre nell’erba il moschettone verde con le chiavi di casa - in una persona sola, fragile, e sovraccaricata di “pillole della felicità”. Eppure “L” è sempre lui; i suoi modi educati, il suo piacere di ridere, di ricordare con eccezionale precisione date e tappe salienti di quegli anni ormai lontani, la sua straordinaria voglia di fare, di farcela, di ritornare a volare dopo oltre vent’anni di “invisibile prigionia”. Una prigionia che ieri, per la prima volta, si è svelata in modo spontaneamente durissimo; un pugno nello stomaco che mi ha messo ko ma, allo stesso tempo, mi ha regalato quel significato di “felicità” che forse, io per primo, avevo da tempo lasciato si deformasse.

L’ennesimo derby milanese si consumava in un rapido intreccio di maglie nere, rosse e blu quando “L”, con la naturalezza e la dignità che, da sempre gli appartengono, mi confessa di vivere con 70 euro al mese… No, non manca uno zero… E, poco più tardi, parlando di sogni e aspettative, ho scoperto la più semplice e bella delle idee di felicità, la sua: potersi permettere un paio di Cheeseburger al mese da MC Donald, una pizza al tonno dall’amico Claudio e un tramezzino, sempre rigorosamente al tonno, nel suo bar preferito, a due passi dai Riuniti. Troppo facile, ora, strumentalizzare le parole di un amico… Oppure, intavolare inutili discorsi sugli squilibri della nostra società magari etichettando il più ricco come diavolo e, tutti gli altri, come poveri e indifesi… Beh, non cadrò certo in alcuna trappola del genere; ma ci tenevo, pur non senza un sacrosanto senso di smarrimento, a condividere ciò che di bello ieri, senza volerlo, “L” ha saputo insegnarmi: la felicità… in un panino.

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Cover story M.C.F. SYSTEMS PROGETTIAMO IL FUTURO Vigili del fuoco Memoria storica

Università Una scuola che si fa impresa

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Sportime 30 Non solo gare 50

Campione due volte

Travelling Un’aspra battaglia Panathlon Etica e sport per la vita

84 90

Psycology Trans...ferta Reading Esche vive UP Arte 64 Roberto Giavarini 68

Gianfranco Testagrossa

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Vito Ricchiuti

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Museo Tino Sana

Food COLDIRETTI BERGAMO Diretti al gusto Fashion & Luxury 90 PAOLO PECORA MILANO Positività... velata di grigio 98

Donne di successo Lo stile si tinge di... Rose

PATRIZIA FRATTA Un gioiello d’artista

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Home & Design 110 COLLEONI ROBERTO & C Fascino lusitano... gusto italiano 116 TECNOCASA Un successo in quattro tappe 122 PROGETTO GIARDINO Progettisti di sogni 130 S & B SOLUZIONI IDRAULICHE Miscela di lusso...

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Hi-Tech VANONCINI Generazioni tecnologiche

Factory 142 SERIM 146 GLS - CIVIDINO 154 TILLIA 158 AGC - CARIGE 162 HLN

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Motori 168 Alessandra Brena: Astro nascente 172 Auto In: Poker... scoperto 176 Bonaldi Motori: Scoperte dalla “A” alla “V” 182 Massi Car: Il Massi...mo

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Last minute 186 Non solo quadri 190 Proposte d’autore Back Stage

Info Tutti gli amici di UP Bergamo Up Bergamo

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di Laura Fattorini • foto Michele Vargiu

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rogettiamo il futuro

a M.C.F. Systems è un’azienda di progettazione e costruzione di impianti, macchine altamente specializzate nella produzione di calcestruzzo. Siamo andati ad intervistare il proprietario di questa storica azienda bergamasca che vanta una posizione da leader nel suo settore in Italia e soprattutto all’estero; ci ha decritto le caratteristiche, la tipologia dei prodotti e le evoluzioni commerciali che la sua azienda ha maturato nel tempo dal 1978 ad oggi. Il sig. Frigerio ci riceve nella sua azienda di prima mattina e dopo un’accoglienza davvero molto amichevole nella quale non manca di offrirci dettagli sui suoi interessanti viaggi di lavoro nei vari paesi del mondo - viaggi che sottolinea essere

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“molto affascinanti anche sotto il profilo culturale e di crescita personale”, dovendosi interfacciare con persone e realtà economiche sempre differenti - ci spiega che la sua azienda nasce dapprima come carpenteria locale: “abbiamo cominciato costruendo strutture in ferro per produrre impianti di betonaggio completo” (mescolatore di calcestruzzo)... il quale, attraverso il mescolamento di vari elementi come acqua cemento e vari additivi, ha come scopo la produzione di quel materiale chiamato, appunto, calcestruzzo. Tale materiale costituisce l’elemento principale con il quale a loro volta, verranno realizzate svariate tipologie di produzioni, che spaziano negli ambiti più disparati, e che servono per la realizzazione ad esempio di blocchi per muri in cemento armato, o per numerosi prodotti finiti e diffusi, sottolinea il Sig. Frigerio, davvero ovunque... Il sig. Frigerio ci racconta di come poi, con il susseguirsi degli anni e con l’esperienza maturata nel tempo, gli investimenti fatti per sviluppare nuovi prodotti, gli abbiano permesso di allargare gli orizzonti di M.C.F. Systems e di entrare così in un mercato internazionale, che ad oggi rappresenta tra l’altro, il punto di forza dell’azienda, che produce ed esporta prodotti di alta qualità in varie zone del mondo come il Medio Oriente, il Nord Africa, la Francia e la Germania. La caratteristica di questi cosiddetti “mescolatori”, è sostanzialmente quella di unire a un’alta qualità della realizzazione, delle tecniche e della durata dei materiali, un tipo di progettazione diversificata; realizzazioni ad hoc, basate sulle esigenze e le specifiche richieste del cliente (sopratutto in

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COVER STORY termini di costruzione per gli spazi di collocazione). Fondamentale, l’ulteriore e basilare caratteristica di durata nel tempo; tutti elementi ideali a soddisfare una clientela che, sottolinea il sig. Frigerio, riconosce da sempre un riscontro davvero lusinghiero, espresso anche attraverso uno spontaneo e positivo passaparola nel settore; passaparola del quale raccogliamo orgogliosamente i frutti. A pochi anni dalla sua nascita, sottolinea il sig. Frigerio, M.C.F. Systems ha puntato sopratutto sui mercati esteri, proponendo alla propria clientela prodotti qualitativamente elevati, frutto anche dell’ausilio di partner e politiche di marketing efficienti e mirate che hanno portato l’azienda ad avere una richiesta di prodotti per la produzione di calcestruzzo che incide, sul totale della produzione, tra il 70% e il 90%. Quindi dalla produzione alla commercializzazione ci siamo avvalsi e ci avvaliamo della collaborazione diretta di personale qualificato e specializzato che risiede proprio nei paesi sopra citati, in Medio Oriente, in Arabia Saudita, nel Nord Africa.

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Da una classica produzione da “Betoniera”, l’azienda è dunque passata alla realizzazione più specifica di prodotti per la produzione di calcestruzzo, con l’impiego di tecnologie sempre più evolute e moderne. M.C.F. Systems e la famiglia Frigerio, rappresentano a pieno titolo un esempio di grande avanguardia tecnologica e strategica unita alla laboriosità e all’umiltà di chi vive il proprio lavoro; elementi la cui ideale commistione si traduce in eccellenza.

Scheda di alcuni macchinari e fasi di lavorazione. I Macchinari per la lavorazione. L‘azienda utilizza per le lavorazioni meccaniche macchinari ad alta tecnologia tra cui è importante menzionare qui di seguito: - il Taglio laser, di ultima generazione la quale permette di ottenere risultati nel tagli dei materiali ad alta definizione e precisione - il Robot , che è una macchina automatizzata (programmata) e il Plasma

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Proviamo nel dettaglio a descrivere anche questo cosiddetto CICLO DI PRODUZIONE AVANZATA che è quel ciclo di produzione che va dalla fase di progettazione (che si avvale quindi dell’ausilio di un ufficio tecnico predisposto all’interno dell’azienda) alle tecnologie di prima lavorazione e lavorazione, alla saldatura e fino ai lavori di meccanica... Questi in sintesi e in sequenza i vari processi di lavorazione dalla fase di progettazione iniziale elaborata dai nostri tecnici fino

all’installazione in un cantiere del macchinario “finito”e l’impiego seguente del destinatario. • UFFICIO TECNICO che si occupa della Fase di progettazione • SALDATURA che si occupa del Processo di lavorazione • ROBOT: Processo automatico di saldatura • LAVORAZIONI MECCANICHE • PRODOTTO FINITO processo di assemblaggio • CANTIRE luogo al quale vengono consegnati e collocati i macchinari e dove successivamente vengono impiegati

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Da ultimo il sig. Frigerio ci descrive le tre tipologie di macchine prodotte e i loro nomi, accompagnandone la descrizione con disegni che mi mostra direttamente al suo computer tale descrizione segna la conclusione dell’intervista... così ci salutiamo con l’augurio per lui di un buon viaggio... il prossimo... nel mondo... Queste macchine sono: • TWIN SHAF J. E. F. per le grandi produzioni, macchina molto veloce e compatta di alta qualità • PLANETARY: per produzioni minori ma che fornisce un prodotto di alta qualità da molti anni in produzione • TURBO MIXERS: prodotto di completamento nella gamma dei mescolatori.

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ubriche

VIGILI DEL FUOCO UNIVERSITÀ SPORTIME TRAVELLING PANATHLON DONNE DI SUCCESSO SOCIAL PSYCOLOGY READING Up Bergamo

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di Giovanni Volpe

M on questo incontro, che ha per protagonista il geometra Daniele Limonta, inizia il nostro affascinante viaggio alla scoperta del passato e del presente di uomini, mezzi e imprese dei Vigili del Fuoco di

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Bergamo. Ecco dunque la prima tappa, doverosamente in bianco e nero, opportunamente “colorata” dalle parole e dai ricordi del nostro ospite, da quasi quarant’anni al lavoro nel comando della nostra città. Geometra, ci racconti in breve cosa significhi essere, in qualche modo, la memoria storica dei vigili del fuoco di Bergamo... La prima cosa che mi viene in mente alla sua definizione di “memoria storica” è che ormai sono diventato proprio vecchio! Tornando seri, direi che significa che il tempo corre velocemente e che nuove generazioni di colleghi molto preparati prenderanno il mio posto, magari ricordando qualche aneddoto di vita pompieristica raccontato da me.

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emoria storica


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VIGILI DEL FUOCO

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VIGILI DEL FUOCO

Cosa ricorda di quando, da bambino, vedeva passare i primi mezzi anti incendio? Sperava già avrebbero fatto parte, un giorno, della sua vita? E cosa ricorda dei suoi esordi al comando di Bergamo? Non ho ricordo del fascino che hanno i vigili del fuoco nell’immaginario di un bambino perché vivevo nella periferia di Milano, nell’azienda agricola di famiglia e non avevo occasione di veder passare i mezzi dei vigili del fuoco. Questo sì, lo ricordo. Sono giunto al Comando di Bergamo nel maggio del 1973. Venni accolto dall’allora Comandante ing. Alessio Scirè e dal suo vice il perito Antonio Fontana che mi fece da tutor. I mezzi di soccorso cominciarono ad essermi familiari e ad esercitare un fascino magico: in particolare mi colpirono due automezzi, un anfibio ed un’autogrù residuati del periodo bellico. Un suo ricordo legato a una giornata di lavoro del passato o a un mezzo del passato... Essendo milanese, non conoscevo la provincia bergamasca e durante i primi mesi di servizio, quando uscivo per un intervento, per non perdermi seguivo, a bordo della mitica Fiat 850, le tracce d’acqua lasciate dalle autopompe che mi precedevano. Ovviamente la cosa si faceva particolarmente difficile durante i giorni di pioggia!

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Il Comando Provinciale di Bergamo è Composto da: data di assegnaz. nel ruolo al Comando di Bergamo

Un Comandante Dott. ing. GIULIO DE PALMA

03.09.2009

Nove Ufficiali Dott. ing. MICHELE BOTTARI Dott. ing. CARMELO CALABRO Dott. ing. ANTONIO DUSI Dott. ing. MARCO PULLARA Geom. DANIELE LIMONTA Geom. MICHELE LOMBARDO Geom. GIANMARIO GNECCHI Geom. ORLANDO BOVE Geom. MARIO ALBERTI

25.09.1984 1.08.1991 11.05.1995 12.02.2007 02.05.1973 30.10.2006 01.08.1988 26.04.2002 10.05.2006

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Che uomini sono i vigili del fuoco di Bergamo? Ricorda con particolare affetto uno dei comandanti che lei ha visto succedersi? Non voglio essere retorico ma i vigili del fuoco ed in particolare quelli del nostro comando sono uomini eccezionali, instancabili e tenaci nel portare a termine il proprio lavoro, a qualsiasi costo.

Quando ero un tenentino alle prime armi ho imparato molto dai vigili anziani: persone tutte d’un pezzo, pratiche e con enorme esperienza che affettuosamente chiamavamo “marescialloni”. E’ anche grazie a loro che ho imparato ad amare questa professione e ad esserne fiero.

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Ed in fine i Comandanti… che cosa posso dire? Ho imparato da ognuno di loro perché nel nostro lavoro l’evoluzione delle normative è costante e bisogna essere sempre aggiornati. Li ricordo tutti con stima e simpatia e li ringrazio per il loro insegnamento. In che modo la tecnologia ha cambiato le cose durante i suoi 40 anni di esperienza?

La sviluppo della tecnica su tutte le macchine e le attrezzature di soccorso, ha portato ad una notevole riduzione dello sforzo fisico richiesto al personale di intervento, modificando in parte il nostro lavoro. Non ha però diminuito la passione, l’entusiasmo e l’altruismo che mettiamo nel portare aiuto a chi è in difficoltà.

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di Barbara Minenti - Mario Pesenti

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na scuola che si fa impresa

nizia con questo numero la presentazione della Scuola Internazionale di Dottorato (SID) in formazione della persona e mercato del lavoro dell’Università degli studi di Bergamo che, al suo secondo anno di attività, vanta già più di ottanta dottorandi provenienti da numerose nazioni del mondo. Animatori della SID sono il Prof. Giuseppe Bertagna, professore ordinario di Pedagogia generale dell’Università di Bergamo, Direttore del CQIA e Coordinatore della Scuola di Dottorato, ed il Prof. Michele Tiraboschi, professore ordinario di Diritto del lavoro dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Presidente di ADAPT e del Comitato direttivo della SID. La SID, in pieno accordo con il Rettore dell’università di Bergamo, prof. Stefano Paleari, è stata pensata come una risposta accademica qualificata, sia nel contesto nazionale che in quello internazionale, al bisogno di collegare il mondo universitario a quello delle imprese e alla necessità di unire inscindibilmente la formazione della persona al mondo del lavoro. www.unibg.it/phd-educationandlabour

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Innovativa nella concezione, nella struttura organizzativa, nel percorso e negli sbocchi la Scuola Internazionale di Dottorato SID - in formazione della persona e mercato del lavoro dell’Università degli studi di Bergamo nasce da un’inedita e strategica alleanza tra due significativi soggetti operanti nel panorama istituzionale nazionale ed internazionale: il C.Q.I.A. - Centro di Ateneo per la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento dell’Università di Bergamo e l’ADAPT - Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali di Modena. Perché questa sinergia operativa tra due strutture organizzative così apparentemente diverse, che svolgono attività di ricerca in ambiti e contesti differenti? Perché una simile collaborazione progettuale? La SID, grazie anche agli impulsi del precedente - prof. Alberto Castoldi - e dell’attuale Rettore dell’università di Bergamo - prof. Stefano Paleari, - vede la luce nel 2009 per collegare l’esperienza accademica con l’esperienza lavorativa e per rispondere in una prospettiva davvero formativa alle sfide del mondo del lavoro. Proprio quel mondo in cui le persone oggi devono essere sempre più preparate a manifestare una serie variegata di competenze, necessarie alle imprese e ai servizi, per far fronte alle sfide contemporanee. Dunque formazione e lavoro strettamente connessi ed intrecciati tra loro.

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UNIVERSITÀ

Rapporto con le imprese Centrale nella struttura e nell’attività della SID è il rapporto con il contesto produttivo; fattore indispensabile per evitare quell’inadeguatezza della formazione degli studenti rispetto alle richieste del mondo del lavoro che sta diventando sempre più drammatica nello scenario contemporaneo, almeno in Italia. Ecco perché le imprese possono partecipare al finanziamento della scuola proponendosi come sede per l’internship (momento formativo teorico-pratico) dei dottorandi, dei quali finanziano la borsa di studio. Tale scelta consente alle imprese di formare “su misura” i nuovi talenti, che sono chiamati a svolgere contestualmente sia una significativa ed orientante attività pratica nei loro contesti produttivi, che un’attività di ricerca presso l’università in stretto collegamento con il mondo del lavoro. Nuovo modo di fare ricerca Ben si capisce quindi perché la formazione della persona ed il mondo del lavoro siano lo scenario di riferimento della Scuola e perché la manifestazione delle competenze personali e le imprese siano centrali anche nella programmazione della attività formative: i contenuti, infatti, lungi dall’essere meramente accademici, sono diretti a garantire la piena occupabilità dei dottorandi e la spendibilità dei loro progetti di ricerca, in un’ottica di crescita professionale, ma anche di crescita imprenditoriale. Perciò non solo formazione teorica, ma anche laboratori, visite aziendali, attività di ricerca quantitativa e qualitativa, convegni internazionali preparati dagli stessi dottorandi, esercitazioni mirate, percorsi di stage in azienda, oltre alle lezioni frontali tenute sia da professori accademici, che da esponenti qualificati del mondo aziendale, sindacale e politico. Inoltre, per un’accattivante riflessione sull’importanza della manifestazione dei talenti personali di ciascuno, non mancano incontri con significativi testimoni del mondo sportivo e imprenditoriale: atleti ed allenatori, da un lato, imprenditori e lavoratori d’eccellenza, dall’altro lato, che si

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confrontano “a tu per tu” con i dottorandi per comprendere le proprie attitudini e coltivare i propri talenti. Sfida questa che accomuna l’università e l’impresa, lo sport e la vita. Inoltre per coloro che svolgono l’ internship in azienda, la formazione pratica diventa preponderante grazie al sostanzioso pacchetto orario settimanale vissuto direttamente nel contesto lavorativo dell’impresa, potendo così applicare direttamente le conoscenze teoriche acquisite. Ciò consente una piena consapevolezza delle proprie capacità, delle proprie abilità e delle proprie competenze; ma anche dei propri punti deboli, in modo da prepararsi accuratamente alle sfide poste dal mondo del lavoro. Quindi non solo riflessioni teoriche, ma anche momenti formativi in cui è chiamato in causa il diretto protagonismo di tutto il gruppo dei dottorandi. In effetti è l’interazione tra i dottorandi, veri e propri ricercatori talentuosi, anche con esperienze diverse, che rappresenta il miglior contesto di “lavoro formativo”. E’ proprio grazie allo scambio e alla collaborazione infatti che si può crescere singolarmente ma anche come gruppo. Professionisti di domani Arricchirsi ed arricchire. Imparare facendo. Qualificarsi non per un “sapere” fine a se stesso ma per essere competenti. Fare ricerca in una rete di relazioni. Questa è la “filosofia” della SID. Formazione sì, ma in una vera Scuola, con la “S” maiuscola, dove il percorso di ricerca non è, come purtroppo capita ancora in numerose università italiane, in perfetto isolamento accademico del dottorando, ma è vissuto al centro di preziose inter-relazioni ed è collegato al mondo del lavoro. In questo modo la Scuola Internazionale cerca di realizzare la propria mission: preparare i professionisti di domani, persone competenti e flessibili che possano spendere i propri talenti nelle imprese, nelle organizzazioni no-profit, nelle scuole e nei molteplici servizi per lo sviluppo della persona, sia in Italia che in tutto il mondo.

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Intervista al dottorando Andrea Stoccoro di Emmanuele Massagli e Mario Pesenti ndrea Stoccoro è nato il 26 ottobre 1983 a Pistoia. Si è laureato nel 2008 in Relazioni industriali e gestione delle risorse umane, Facoltà di Scienze politiche “C. Alfieri” - Università degli studi di Firenze e nel 2010 in Relazioni di lavoro, Facoltà di economia “M. Biagi” - Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. È dottorando al primo anno della Scuola Internazionale di Dottorato - SID. Attualmente è apprendista in alta formazione presso la Federazione Italiana Pubblici Esercizi - FIPE. Il suo progetto di ricerca è la contrattazione di secondo livello nel settore dei pubblici esercizi. Tu sei il primo dottorando apprendista iscritto alla Scuola Internazionale di Dottorato. Questa tipologia di percorso formativo è davvero nuova. Quali sono i tratti caratteristici e le note peculiari di questa modalità così innovativa? L’apprendistato per il conseguimento di un diploma di alta formazione è una delle tre tipologie di apprendistato previste dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003. Questa tipologia di apprendistato è finalizzata al conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, pari a titoli di studio universitari e di alta formazione. Inoltre può servire anche per specializzazioni tecnica superiore. L’apprendistato è un contratto di lavoro a causa mista, in quanto accanto al normale rapporto di lavoro è previsto l’obbligo per le aziende di garantire agli apprendisti la formazione necessaria per acquisire competenze professionali adeguate al ruolo e alle mansioni per cui sono stati assunti. La formazione dell’apprendista viene assolta secondo le modalità dell’alternanza, da un lato mediante la formazione in azienda e dall’altro attraverso la frequenza di corsi teorici mirati di livello secondario, universitario, specialistico. E’ una possibilità attivabile in tutta Italia? Teoricamente è attivabile in tutta Italia.Tuttavia l’aver affidato la regolamentazione dell’apprendistato in alta formazione alle Regioni si è rivelato un notevole vincolo allo sviluppo e all’implementazione di questo istituto come dimostrato da una ricerca realizzata da Adapt. In particolare come è nata l’idea di un dottorato in apprendistato? Cosa lo differenzia da una “semplice” (per quanto assolutamente innovativa in Italia) internship? Da poco più di un mese ho instaurato questo particolare rapporto di lavoro con la Federazione Italiana Pubblici Esercizi - FIPE - con sede a Roma. FIPE è l’associazione datoriale leader nel settore della ristorazione e dell’intrattenimento, nel quale operano più di 230 mila imprese tra bar, ristoranti, discoteche, stabilimenti balneari e mense, con circa un milione di addetti. Aderisce, a livello nazionale, a CONFCOMMERCIO. In FIPE, l’anno scorso, si è liberata una posizione nell’Area lavoro, previdenza e formazione e la dirigenza ha deciso di assumere un giovane e di formarlo al proprio interno, con la collaborazione della Scuola Internazionale di Dottorato dell’Università di Bergamo. La differenza tra il dottorato in apprendistato e quello in internship è nella natura del rapporto che si instaura tra il dottorando e il datore di lavoro. Nel primo caso tra i due soggetti si instaura un vero e proprio rapporto di lavoro dal quale ne derivano diritti (stipendio, contributi, ferie ecc.) e obblighi (ad esempio l’orario di lavoro). Al termine del dottorato l’azienda potrà decidere se confermare l’apprendista e trasformare il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, o se recedere il contratto. Nel secondo caso, nel dottorato in internship, non si instaura tra il dottorando e il datore di lavoro un rapporto di lavoro e in conseguenza di ciò l’azienda non è tenuta a pagare alcuna retribuzione né contribuzione. Infatti l’azienda ospitante paga una borsa di studio all’ente formatore.

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UNIVERSITÀ E’ stato burocraticamente complesso costruire il piano formativo e attivare il contratto di lavoro? La redazione del piano formativo è una procedura molto veloce attraverso la quale ogni anno il mio tutor aziendale individua le competenze e le conoscenze che dovrò sviluppare. La formazione è articolata in percorsi, consistenti in fasi d’aula, coordinate dalla Scuola Internazionale di Dottorato, alternate ad attività pratiche in azienda. Altrettanto semplice è stata l’attivazione del contratto di apprendistato in quanto il datore di lavoro ha eseguito tutte le procedure identiche a quelle che normalmente fa con una assunzione. Come si svolge concretamente e quotidianamente il tuo percorso “misto”? Ogni momento della giornata lavorativa per me è un momento di formazione. Imparo osservando il mio tutor aziendale che mi illustra non solo i compiti da affrontare ma soprattutto le strategie con cui è possibile affrontarli. In particolare, nel coadiuvare il responsabile della direzione lavoro, previdenza e formazione svolgo attività di consulenza sulle tematiche del lavoro alle imprese dei pubblici esercizi, assisto alle trattative sindacali e realizzo articoli e pubblicazioni per le imprese del settore. Infine vivo la formazione accademica nella Scuola di dottorato il venerdì ed il sabato. Quali sono a tuo parere le potenzialità di questo istituto? Un percorso formativo “misto” di fatto che vantaggi formativi ha? Dal punto di vista delle imprese i vantaggi sono diversi. Il primo è che i contributi previdenziali sono ridotti rispetto a quelli degli altri lavoratori dipendenti e le agevolazioni contributive sono previste, in caso di trasformazione del rapporto di lavoro, anche per l’anno successivo al giorno dell’assunzione a tempo indeterminato. Il secondo è che la retribuzione dell’apprendista è inferiore rispetto a quella dei lavoratori qualificati. Il terzo è che con l’apprendistato in alta formazione l’azienda ha la possibilità di formare il lavoratore con delle precise competenze secondo le effettive esigenze dell’impresa. Dal punto di vista del giovane lavoratore l’apprendistato in alta formazione permette di entrare nel mercato del lavoro, e di conseguire, nel mio caso, un titolo accademico (Dottore di Ricerca), corrispondente al terzo ciclo dell’istruzione universitaria. Al termine dell’apprendistato l’azienda potrà decidere se trasformare o meno il tuo rapporto a tempo indeterminato. Questa ipotesi ti crea disagio? Ti senti precario? Non mi sento assolutamente precario, al contrario con questa tipologia di contratto sono entrato nel mercato del lavoro ed ho la possibilità di crescere professionalmente all’interno di una importante associazione datoriale, grazie anche al sostegno di una prestigiosa Scuola Internazionale di Dottorato. Infine mi piace concludere sottolineando che “apprendistato” non fa rima con “precariato”, per cui è auspicabile che numerose aziende possano ricorrere in modo sostenuto a questo istituto.

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di Paola Vigani • foto Alberto Merisio

ccomi qui a parlare, per la prima volta, dalle pagine di questo bellissimo e patinatissimo giornale. Sono un po’ emozionata ma fortunatamente ciò che Vi devo raccontare è qualcosa che mi sta molto a cuore e che fà parte della mia vita già da qualche anno: i cavalli. Ma facciamo un passo indietro e andiamo a riprendere uno dei protagonisti, che nel primo articolo di questa rubrica, fa la sua conoscenza con la Cascina del Sole… L’amico Land. L’abbiamo lasciato in compagnia di un altro personaggio davanti al campo ostacoli della Cascina del Sole… quella foto è già un presagio perché gli elementi di questo nuovo articolo sono tutti lì: gli ostacoli e Marco… il nostro Istruttore. Che non me ne voglia Land, anche perché credetemi sta facendo la pacchia tra paddock e i giretti in giostra… è vero adesso è stato tosato e sente un po’ più il freddo ma Viviana, il suo angelo custode, ha provveduto a regalargli una coperta caldissima e quindi per ora lo salutiamo e ci dedichiamo a Marco. Sono contenta di poter parlare di questa avventura perché c’ero e l’ho vissuta dal suo inizio quando ancora si accennava appena a questo evento di Fiera ”CavalliaMilano”che era alla sua prima edizione. Si sentiva ogni tanto qualche annuncio e io ero già morbosamente alla ricerca di informazioni e dettagli perché volevo, volevamo esserci a tutti i costi. E così è stato… ogni tanto mi chiedo se non sia stata la nostra, la prima iscrizione tanto “mi sono portata avanti” sapendo che era a numero chiuso. E così l’avventura ha avuto inizio…i mesi sono passati in fretta e poi eccomi con Marco e l’altro grande protagonista di questa storia: Titanium, Castrone Belga di Otto anni (un giovincello) intraprendere il nostro viaggio di andata per la Fiera.

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È mercoledì 20 Ottobre, bel sole, aria frizzante e tutto procede secondo la tabella di marcia; a differenza di Marco che è meno severo in queste cose, io sono una fissata organizzatrice e prima di muovermi devo essere almeno ad un 97% sicura che tutto sia in ordine. Il primo impatto con FieraCavalli è entusiasmante, la struttura grandissima, imponente… e le entrate 4,5,6... quale quella giusta? Una Telefonata ed ecco Cargo 1 Via… si entra. E subito fermi, qui l’organizzazione è come piace a me… subito ispezione del veterinario, poi passaggio in Segreteria per registrazione e ritiro pass e poi in fila diligentemente accompagnati dagli operatori per sistemare cavallo e poi il camion nelle appositi spazi. Appena entriamo nell’area box, il primo respiro è quello


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del pulito e dell’ordine, c’è una indicazione per ogni cosa e per qualsiasi problema, fogli con numeri di servizio ovunque. Titanium ha il box 29215, in giro a cercarlo lo troviamo quasi subito… mi sembra un po’ piccolo per il nostro cavallone ma lui non si fa troppi problemi, ci entra ed è subito a casa. Poi scarichiamo l’armadio con dentro sella e finimenti e tutto il necessario per questi giorni di gara. Guardo Marco di soppiatto, io sono emozionata… forse anche lui ma lo vedo come più mi piace: concentrato e determinato. Dopo queste prime incombenze alzo lo sguardo e finalmente mi lascio affascinare da questa realtà che è in attesa di iniziare.. oggi la Fiera, mi ricordo, è ancora chiusa al pubblico e c’è solo chi animerà queste giornate. Mentre ci stiamo dirigendo alla Segreteria per le iscrizioni alle gare, ho il primo impatto con il campo prova e subito vedere dal vivo i beniamini del pubblico equestre, che solitamente ammiro sui giornali ed in televisione, mi crea un effetto strano… mi sento protagonista a mia volta di qualcosa di eccezionale che sta per succedere: vivere questa avventura sarà per me indimenticabile. Ecco, registrazione fatta. Io e Marco ci guardiamo intorno, l’atmosfera è vivacissima: ovunque ragazze e ragazzi indaffarati a scaricare, caricare, allestire stand e per un attimo ci troviamo in mezzo al crocevia di una moltitudine … cavalli, cavalieri, groom, espositori, segretarie, operatori… Giornalisti… Insomma l’anima, il cuore di Fieracavalli a Milano. E poi scusate, non resistiamo, non servono le parole tra me e Marco c’è solo uno sguardo: “Dove è il Campo Gara! Non serve cercare molto perché ci rendiamo subito conto che siamo già lì, alzando lo sguardo sopra di noi ci sono le tribune


e una grande parete bianca attira la nostra attenzione:“Giriamo qua dietro!” dico io, aggirando le tribune sulla destra, ed ecco lì, a metà, la porta grande e entriamo. Le luci sono basse ma non toglie importanza allo spettacolo del campo, questa sabbia bianchissima, morbidissima, sulla destra le tribune delle grandi occasioni, sulla sinistra i tavoli VIPS. E guarda anche la telecamera già installata e sì perché io so, marco sa che questa volta saremo pure in Tv. Sembriamo dei bambinetti e subito ci immortaliamo con i nostri cellulari per tornare a casa e dire guarda te “chi rob,” come dicono i milanesi. Ok, adesso dobbiamo tornare sulla terra, dedicarci a Titanium e affrontare le Competizioni. Le giornate successive passano veloci e venerdì e sabato l’esordio di Marco e Titanium in categoria C135 è sempre buono, qualche errore ma nulla di grave anzi, per le varianti che ci sono da affrontare, come campo nuovo, indoor, luci fortissime, tribuna dirimpetto agli ostacoli… Titanium e Marco se la cavano egregiamente. E poi arriva domenica, la gente è il triplo degli altri giorni e l’atmosfera della gara è particolarmente accesa perché sono quelle categorie di spettacolo a conclusione Fiera. La categoria che deve disputare Marco è una C135 con 2 Joker. In questo tipo di gare ogni ostacolo saltato ti dà un punteggio e in più ci sono questi due Jolly che altro non sono che ostacoli che puoi fare a scelta e che sono più alti degli altri: se passati ti fanno raddoppiare o al contrario in caso di abbattimento perdere i punti maturati. I Joker nel percorso di Marco sono il 4 e il 10 rispettivamente a 1,45 e a 1,55. Come dicevo l’adrenalina è alta per Marco, è l’ultimo giorno e vuole fare bene e poi ci sono tutti gli allievi della Cascina del Sole e sa che non può, non vuole Deluderli… e infatti è così, ci siamo praticamente tutti, quando mi siedo in tribuna mi rendo conto che l’ala centrale è boicottata da noi. E’ il numero 28 a partire e noi da bravi spettatori, guardiamo tutti i percorsi che lo precedono, vediamo molti errori e ci rendiamo conto che non è un percorso semplice, ma finchè vediamo errorare gli altri non ci fa neppure troppo dispiacere. L’atmosfera è sempre più carica di aspettativa e ogni tanto mi guardo in giro e le persone sono emozionate solo nello sguardo e penso che dovrebbe sempre essere così… anche se chi vive in questo mondo sa che con i cavalli non puoi dare niente di scontato e che un giorno sei in cima alla montagna e il giorno dopo sei perso chissà dove. Ma adesso meglio non pensarci e avere fiducia che l’attesa sta per finire… Ahh ecco. E che entrata in campo… “Oh Titanium sei già protagonista nel gesto”… ha un non so che di nobile e forse è il suo stesso nome che incute Forza e Leggiadria… l’occhio è quello del cavallo attento e sicuro e Marco sopra è bello concentrato… E noi… noi non resistiamo, appena chiamano il suo nome è un boato. Sì lo ammettiamo nemmeno i campioni oggi hanno avuto un pubblico così ed è forse l’unico momento in cui lo sguardo di Marco tradisce l’emozione del momento... ma è solo un attimo, adesso c’è lui, Titanium e il percorso: tutto il resto è Contorno. Suona la campanella e subito Titanium parte in una falcata regolare ed elastica ed ecco il primo… superato, leggero come il battito di un’ala, arriva il secondo e Titanium come nel primo vola sopra gli ostacoli con uno stacco eccezionale, mi pare perda tempo a saltare in alto invece che a superare l’ostacolo e basta. Passa anche il Terzo e poi ecco il primo Joker, 1,45 come un gioco… e poi inversione a U e un mega largo davanti al pubblico, un po’ più di energia e via poi per il 6 il 7: mi accorgo che non respiro, che i nervi sono tesi e lo sguardo che guarda ogni falcata, sembra che con tutte le mie forze voglia portare Titanium oltre l’ostacolo e poi eccolà lì, la dirittura per l’ultimo… eccolo uscire dalla curva e 5 tempi davanti a lui, l’ultimo Joker a 1,55… uno, due, tre, quattro, una aggiustatine alla distanza, cinque e vola, vola di là dal salto ma è solo quando tutti e quattro gli zoccoli toccano il terreno che mi sembra di tornare alla realtà e mi rendo conto che siamo tutti in piedi e applaudiamo il nostro istruttore che per un attimo non ha Up Bergamo

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sguardo che per lui, il suo cavallo e che insieme hanno fatto un percorso netto Perfetto… Spettacolare… che di più non si poteva fare. Mi rimbombano le orecchie tanto l’emozione si mischia all’adrenalina e alla tensione accumulata e poi ecco, devo scendere e andare da lui a dirgli che spettacolosità ha fatto… e ritrovo un Marco sereno e finalmente premiato per i suoi sforzi, per il suo impegno e per la sua determinazione… Ci abbracciamo fortissimo. E poi non ci sono altre parole, l’emozione non ha voce, nel vederlo in campo premiato tra i grandi dell’equitazione italiana, ad un ottavo posto che è come un primo e con la consapevolezza che questo è solo l’inizio e che Marco insieme a Titanium farà grandi cose… perché sono bravi, perché credono l’uno nell’altro, perché lavorano sodo e ci mettono l’anima… perché c’è qualcosa nell’esteriorità del cavallo che si attaglia perfettamente all’interiorità dell’uomo e che oggi Marco e Titanium sopra quel metro e 55 erano una cosa sola, l’uno nell’altro. Grazie a loro per tutte queste emozioni e sperando di non avervi annoiato troppo con i miei scritti mi rendo conto solo adesso che non mi sono presentata: sono Paola, la segretaria dell’universo Cascina del Sole ma in primis di Marco, Silvia e Silvano che è l’altra anima di Cascina del Sole, e che sono i “miei boss” come li chiamo sempre. Ma prima di essere tutto questo sono una Amazzone che ancora adesso, dopo sette anni di equitazione con Marco, il giorno della lezione si emoziona salendo a cavallo e che sopra la sua Cavalla Sziva le emozioni hanno sempre un sapore unico.

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n’aspra battaglia

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TRAVELLING iaggiare non vuol dire sempre andare lontano. Ci sono viaggi che durano anche poche ore; parti al mattino da casa e torni la sera arricchito; immagini nuove, un'esperienza in più. Ivrea, 24.000 abitanti, un Comune in provincia di Torino, a un'ora di auto da Milano. Ogni anno il carnevale porta nelle vie e nelle piazze di questa cittadina storia, tradizione, spettacolo, emozioni. Ivrea, nel periodo del carnevale, torna al Medioevo e rievoca. Il rifiuto della figlia di un mugnaio di sottostare allo jus primae noctis accese la rivolta popolare e il feudatario, un barone che affamava la città, venne scacciato. Ogni anno, a carnevale, Ivrea celebra la propria capacità di autodeterminazione. L'eroina della festa è la mugnaia che percorre le vie della cittadina su un carro lanciando fiori.

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a cura di Marco Goisis

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Il momento clou è la famosa e spettacolare battaglia delle arance che posiziona la festa tra le manifestazioni più importanti a livello nazionale ed internazionale. Lo scontro si svolge nelle principali piazze della città e vede impegnati equipaggi sui carri, a rappresentare le guardie del tiranno, contro squadre di tiratori a piedi, gli aranceri, che rappresentano i popolani ribelli. Gli aranceri sono sprovvisti di qualsiasi protezione mentre le guardie armate del feudatario indossano maschere protettive simili alle antiche armature. Ho visto ragazzi uscire dalla mischia col volto insanguinato. C'è chi vede in questa battaglia una rappresentazione barbara del carnevale. Le maschere della tradizione hanno un significato diverso, fatto di melanconia e pace. In realtà il senso della battaglia va oltre la semplice rappresentazione goliardica; è la lotta per la libertà, l'aspirazione di un'intera collettività al riconoscimento dei propri diritti. In segno di partecipazione alla festa tutti i cittadini e i visitatori scendono in strada indossando il berretto frigio, un cappello rosso a forma di calza che rappresenta l'adesione ideale alla rivolta. Ma perchè proprio le arance? Nel Medioevo i protagonisti della battaglia erano i fagioli. Si narra che due volte all'anno il feudatario donasse questi legumi alle famiglie povere, le quali, in segno di disprezzo, li gettavano per le strade. Il lancio delle arance affonda le sue radici intorno alla metà dell'Ottocento. Le giovani donne, per farsi notare, gettavano dai balconi sui carri del corteo carnevalesco, insieme a coriandoli, confetti, lupini e fiori anche qualche arancia. Dai carri si iniziò a rispondere scherzosamente a tono e, poco a poco, il gesto di omaggio si trasformò prima in duello, quindi in un vero e proprio testa a testa tra lanciatori dai balconi e lanciatori di strada. La battaglia assunse i connotati attuali solo dal secondo dopoguerra.

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a cura di Mario Pesenti

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tica e sport per la vita

udis iungit, è il motto latino legato allo stemma del Panathlon International. Ossia lo sport come fattore di unione, grazie ai valori comuni ed agli stessi ideali che affratellano tutti i popoli del mondo. Il Panathlon International (il nome deriva dalla fusione di due parole greche: Pàn - athlòn = tutti gli sport il suo significato letterale) è stato fondato a Venezia il 12 giugno 1951 quale Club di Servizio, che assunse una rilevanza internazionale nel 1982, quando venne fondata la federazione internazionale Panathlon International. E’ un’associazione aconfessionale, apartitica, senza distinzione di sesso e di razza, senza finalità di lucro. Lo scopo del Panathlon International è di diffondere lo sport, esaltandone la funzione educativa, e di difenderlo, data la sua importanza per la formazione e la crescita socio-culturale delle persone, dalle aggressioni e dalle eventuali deviazioni che potrebbero minacciarlo e rovinarlo. Nel corso degli anni il Panathlon International si è progressivamente diffuso in molti Paesi dell’Europa, dell’America latina, del nord Africa. Oggi conta 13.000 soci suddivisi in circa 300 clubs di 23 nazioni e di 3 continenti. In Italia si contano 9.000 Soci iscritti in 160 Clubs. Il Panathlon International è riconosciuto dal C.I.O. Comitato Internazionale Olimpico, - fin dal 1982, quale organismo culturale benemerito. Fa parte della Commissione culturale dello stesso C.I.O. e dell’Associazione generale delle Federazioni sportive internazionali. E’ membro del Consiglio direttivo del Comitato Internazionale per il fair play che opera sotto l’egida dell’UNESCO. Ha il riconoscimento giuridico dello Stato italiano dal 2001.

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PANATHLON INTERNATIONAL Ludis iungit CLUB DI BERGAMO


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Fra i Soci illustri del Panathlon International si annoverano: il presidente attuale Enrico Prandi, il membro d’onore Antonio Spallino, l’ex campione ciclista Vittorio Adorni, il past President del C.I.O. Juan Antonio Samaranch, l’ex campione di salto con l’asta Sergey Bubka ed anche Mario Mangiarotti, presidente onorario del Club di Bergamo. Il Panathleta Entra a far parte del Panathlon International non tanto chi è stato campione o comunque chi è un rilevante protagonista sportivo, quanto chi dà garanzia di autentica passione per lo sport ed esprime capacità operative per raggiungere le finalità educative ed istituzionali: chi si lascia affascinare dallo sport e si responsabilizza ad ogni livello per difenderlo, affrontando e risolvendo eventuali problemi, e chi mette la propria passione sportiva al servizio degli altri ed innalza a modello uno sport sano, generoso e leale. Lo sport è inteso dai panathleti come occasione per migliorarsi e per confrontarsi nel rispetto degli altri, per esprimere il meglio di se stessi nell’agone sportivo e nel rispetto delle regole. Sport dunque come occasione di valorizzazione personale, ma anche di miglioramento di tutti e di ciascuno, nonostante le differenze individuali.

LA CARTA DEL PANATHLETA L’essere Panathleta mi impegna a: 1. onorare il motto Ludis Iungit e a promuovere l’ideale panathletico; 2. rispettare le regole del Club di cui sono diventato socio; 3. dare il meglio di me a titolo di volontariato per far raggiungere al mio Club gli scopi che si è prefisso; 4. ricercare l’amicizia di tutti i Panathleti, praticarla, e aiutare i nuovi soci a integrarsi rapidamente nella vita del Club; 5. agire affinché lo sport sia considerato e vissuto come un elemento di cultura degli uomini e dei popoli; 6. operare permanentemente e dovunque per l’affermazione dell’etica sportiva basata sul fair-play; 7. prodigarmi affinché una sana educazione sportiva venga data alla gioventù della mia città, della mia regione, del mio paese; 8. essere d’esempio nel modo di praticare lo sport; 9. comportarmi da sportivo esemplare quando assisto ad una competizione; 10. essere un vero ambasciatore dello sport, inteso come elemento di emancipazione dell’uomo, e lottare contro tutto ciò che lo degrada. Rafforzerò il mio impegno con l’assidua partecipazione alle riunioni e alle manifestazioni organizzate dal mio Club e a quelle di altri Club del Panathlon International.

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CARTA DEL FAIR PLAY Qualunque sia il mio ruolo nello sport, anche quello di spettatore, mi impegno a: •

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Fare di ogni incontro sportivo, poco importa la posta in palio e la rilevanza dell’avvenimento, un momento privilegiato, una sorta di festa. Conformarmi alle regole ed allo spirito dello sport praticato. Rispettare i miei avversari come me stesso. Accettare le decisioni degli arbitri e dei giudici sportivi, sapendo che come me, hanno diritto all’errore, ma fanno di tutto per non commetterlo. Evitare la cattiveria e le aggressioni nei miei atti, parole o scritti. Non usare artifici o inganni per ottenere il successo. Essere degno nella vittoria, come nella sconfitta. Aiutare ognuno, con la mia presenza, la mia esperienza e la mia comprensione. Soccorrere ogni sportivo ferito o la cui vita è in pericolo. Essere realmente un ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare intorno a me i principi qui affermati.

Onorando questo impegno, sarò un vero sportivo.

Il Club Panathlon International di Bergamo Uno dei primi in Italia, il Club Panathlon International di Bergamo nasce il 25 luglio 1955. Opera da oltre 50 anni divulgando gli ideali sportivi tramite iniziative che si susseguono e che coinvolgono le istituzioni, le associazioni, le scuole e le aziende pubbliche e private. I servizi e le collaborazioni del Panathlon International di Bergamo mirano a diffondere i documenti fondanti dell’Associazione culturale P.I.: la Carta dei diritti del ragazzo nello sport, la Dichiarazione sull’etica dello sport giovanile, la Carta del fair play. Le attività del Club Panathlon International di Bergamo Tra le attività annuali del Club Panathlon International di Bergamo spiccano le cerimonie per aggiudicare i premi “Daniele Turani”, “Angiolino Quarenghi” ed “Enzo Sensi”: tre illustri panathleti che hanno fatto la storia dello sport e del club. In occasione della Giornata mondiale per il fair play, a fine novembre, vengono assegnati in una pubblica e solenne cerimonia i premi fair play (al Gesto, alla Carriera, alla Promozione). La classe scolastica distintasi nell’affermazione del fair play riceve la borsa di studio offerta dal Gruppo Agnelli.

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Con riferimento alle proposte e alle attività del Club di Bergamo degli ultimi anni meritano di essere messe in evidenza: • Borsa di studio per medici specialisti in medicina dello sport • Corsi di formazione per istruttori di atleti disabili • Rassegne internazionali di cinematografia sportiva • Viaggi di studio in Italia ed all’estero • Sostegno ad iniziative di particolare significato etico e morale • Concorso internazionale scolastico per il realizzo di un’opera d’arte grafica • Studi e ricerche sulla multiculturalità nello sport • Incontri-dialogo in classi scolastiche e società sportive sul fair play • Redazione ed attuazione del progetto “Fair play nello sport? Io voto sì” • Apertura del nuovo sito internet www.panathlonbergamo.it, con link a www.panathlon.net Il Consiglio direttivo del Panathlon International di Bergamo Attualmente il Club di Bergamo è diretto da un Consiglio direttivo così composto:

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Presidente - Maurizio Gamba, maestro di sport, già dirigente CONI

Past president - Silvio Magni, architetto, consigliere federale FITET

Presidente onorario - Mario Mangiarotti, medico sportivo e cardiologo

Vice presidenti - Gianfranco Testa, Baldassare Agnelli

Consiglieri - Luigi Galuzzi, Luigi Mariani, Giovanni Licini, Maurizio Bucarelli , Enrico Negretti, Paolo Valoti, Maurizio Radici

Le iniziative del Panathlon International Club di Bergamo, ricco di circa 80 soci, si sviluppano secondo due direttrici: i convivi mensili, veri e propri momenti di cultura sportiva, in cui si affrontano tematiche sportive e formative di interesse dei soci e/o suggerite dagli organismi centrali, e le azioni di service esterno secondo programmi definiti, approvati in stretta relazione collaborativa con Enti Sportivi ed Istituzioni del territorio.


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Sul prossimo numero: A TU PER TU con‌ Gianfranco Testa Vice Presidente e Responsabile della Commissione giovani del Panathlon International di Bergamo, vice Presidente della Co.Mark Blu Basket di Treviglio (Serie A Dilettanti maschile FIP 20102011), Amministratore delegato del gruppo Bresciani auto.

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di Cristiana Ghione • foto Chiara Isner Matera - Michele Maggioni

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o stile si tinge di... Rose

ome descrivere una donna che ha fatto della sua attività uno stile di vita, di gusto e di divertimento? Lisa Colleoni è una giovane donna solare e vivace, mamma e moglie, nonchè titolare del negozio Rose & Rose - a Bergamo, al 59/c di via Broseta - negozio di abbigliamento, accessori, bijoux e molto altro come… vedremo. Un ambiente romantico, due ampi locali uniti, con un soppalco su entrambi i lati, dipinto nelle tonalità del rosa e del bianco, con un sapore provenzale che si ritrova anche nei pezzi che arredano il negozio; legno decappato, negli stand appesi al soffitto con corde e bastoni fluttuanti, grucce parigine di perle, alle quali vengono appesi i capi in vendita; ed ancora bauletti, rigorosamente rosa, con paskmine e parei indiani in cotone di tutti i colori, teche in vetro per i gioielli in argento di fattura italiana e belga, cristalli e alcuni gioielli etnici

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provenienti dalla Birmania. Insomma, Lisa vende tutto ciò che piace a lei per prima, e da 20 anni si diverte nel ricercare e trovare idee e soluzioni sempre nuove per continuare a stupire e soddisfare le sue clienti. Inizia il suo cammino nel 1989 rilevando una piccola profumeria in via Broseta 106/D e si impegnerà in questo business di successo per tredici anni. Essendo Lisa una donna sempre attenta alle nuove esigenze del mercato, con l’apertura dei centri commerciali e quindi con una normale diminuzione della richiesta, tra il 1999 e il 2000, comincia a sostituire la profumeria inserendo gli accessori - che, dopo l’“austerità” dettata da Prada, finalmente tornano in voga e nel 2006 nasce Rose & Rose abbigliamento ed accessori. Durante lo stesso anno arriva anche la sua la grande intuizione: trasformare il primo negozio in un monomarca di Hello Kitty, famoso cartone animato degli anni 80, che è diventato in pochissimo tempo un fenomeno mondiale. Lisa, forte di questa sua intuizione, ed essendo, il suo, l’unico negozio a vendere questo marchio tra Bergamo e provincia, racconta un aneddoto che in qualche modo spiega la validità del suo progetto: dal giorno dell’ inaugurazione, il 10 dicembre 2006, in 10 giorni aveva già venduto tutto, portando un sostanzioso incremento delle vendite e iniziando un lungo periodo ricco di soddisfazioni, senza dubbio molto impegnativo, ma anche divertente ed entusiasmante fino al 2008. Passato il boom targato Hello Kitty Lisa non ha ceduto al diffuso sconforto generato dalla recente crisi globale e si è immediatamente concentrata su

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nuove idee. Ecco che l’imprenditrice che c’è in lei, le suggerisce una nuova e stimolante sfida: da poco tempo infatti Rose & Rose ha inserito Il Vintage; questo proprio per andare incontro alle nuove esigenze della sua clientela e per movimentare le vendite, visto il periodo veramente difficile che stiamo attraversando. Noi donne abbiamo gli armadi pieni

di capi, magari usati una volta o addirittura mai indossati. Da qui l’idea di creare, sul suo soppalco, un negozio nel negozio dedicato alla vendita di capi usati, per donna e bambino, che Lisa, come sempre, seleziona personalmente uno ad uno per poi decidere, insieme alla cliente, il prezzo al pubblico. Risultato? Vendite rifiorite di prodotti di qualità, firmati e a prezzi ragionevoli. Ennesima conferma di quanto, con passione e lungimiranza, si possa tener testa alla crisi e regalare soddisfazioni sempre nuove…

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di Fabiano Pirovano • foto Alberto Merisio

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iamo in contatto da diverse settimane ma, come spesso accade, ci incontriamo organizzandoci “al volo”. Ci accordiamo per vederci da lui, a Genova e le file di tir mi permettono di pensare alle ultime cose: cosa si chiede ad un giovane calciatore che non sia mai stato chiesto? Forse è un pensiero inutile, forse è il pensiero giusto prima di un'intervista.Vorrei descrivervi la casa, ma solo due parole possono definire quello che mi è rimasto del mio ingresso lì: accoglienza e mare. La famiglia al completo mi accoglie con grande calore e bastano pochi minuti perché mi senta a mio agio e a questo contribuisce questa terrazza che ti tiene sospeso davanti al Blu mosso di un mare così vicino che lo vorresti toccare. Fernando, complimenti per il panorama innanzitutto... e poi complimenti per i tuoi numeri: guardando il tuo tabellino ci si stupisce che tu sia così giovane! Ho iniziato a calcare i campi giovanissimo e come spesso accade non si fa troppo caso alle stagioni che passano... Quante sono le stagioni tra i professionisti? Questa è la settima. Ho giocato nell’Udinese, nell’Atalanta e ora sono un giocatore della Sampdoria. Ti ho cercato con Google ed ho visitato il tuo sito personale. Cosa ti ha spinto ha metterti online? Il calciatore lo conoscono tutti, la persona no. Con questo sito ho voluto creare uno spazio per incontrare i tifosi in modo più personale. Il sito è aggiornato e ricco di contenuti anche per i bimbi. Su fernandotissone.com c’è molta musica, che musica ascolti? Musica latina Cumbia Cuartetto Bachata Reaggetton, di Italiani mi piacciono Eros, Laura Pausini e Ligabue ma è la musica latina la mia passione, adoro ballarla. Tissolidale, nel sito, invece parla di attività benefiche. Non si fa mai abbastanza, io mi sento fortunato ora ma c’è chi ha davvero tantissimo bisogno di una mano e io cerco di promuovere e sostenere realtà importanti nella solidarietà. In questo momento sono molto vicino alla fondazione “Stefano Borgonovo Onlus” nel campo della ricerca per combattere la SLA e alla fondazione PUPI dei coniugi Zanetti a favore dell’infanzia. Mi dici tre-parole-tre per le città italiane dove hai giocato?

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Allora, fammi pensare, Udine sicuramente esordio, sogno e crescita! Bergamo? Maturazione, ringraziamento e passione. Rimane la città dove vivi ora. Champions League, mare e ritorno alle origini. Perché Genova è un ritorno alle origini? Mio nonno paterno era di Savona. Venire a giocare così vicino ha avuto molta importanza per me. A settembre ho accettato volentieri l’invito del Console Argentino a contribuire come sponsor privato alla creazione di un murales in omaggio all’emigrazione italiana che partì dal porto di Genova verso l’Argentina, ad opera di Nilda Actis Goretta (Munú) grande artista argentina come me. L’occasione era importante: il Bicentenario Argentino e il murales è a Genova davanti al Museo del Mare Galata. Tieni molto alle tue origini: ti senti diviso in due? In verità sono diviso in tre (ride): mia mamma è originaria di Capo Verde, un luogo splendido, visitarlo mi ha molto emozionato. Dunque Tissone si sente… Argentino al 100%. In Italia sto benissimo ma il mio cuore è argentino, ho vissuto in patria fino ai 16 anni. D’obbligo la domanda sulla nazionale. Maradona, Caniggia, Batistuta sono questi i giocatori per cui facevo il tifo e la Selección è la mia nazionale. Non potrei mai indossare un’altra maglia. Ho sempre il polsino con i colori argentini quando gioco e il sogno è che quel polsino un giorno diventi una maglia con il mio nome sulla schiena. So che l’anno prima di venire a Genova hai giocato poco a causa di infortuni fisici. Come si gestisce un periodo così? Il calcio ormai è il mio lavoro ma per assurdo è proprio in quei momenti che la passione per il gioco ti aiuta a non mollare.Volevo ritornare a toccare il pallone, mi mancava la partita, volevo Up Bergamo

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aiutare i miei compagni. Quando vi capita di divertirvi davvero nella vostra professione? A me la cosa che piace di più in assoluto è l’ingresso in campo: tutta quella gente, i rumori, i colori è una festa meravigliosa! Infatti rimango deluso quando capita di giocare in stadi semivuoti… E poi la vita dello spogliatoio è sempre divertente, si incontrano sempre ragazzi nuovi, gente che viene da tutte le città, si imparano parole di dialetti che fanno morire dal ridere. E di amici nel calcio ne hai? Per me l’amicizia è importantissima e sacra. Con tanti compagni ho ottimi rapporti ma i miei amici sono Talamonti e Pellegrino dai tempi dell’Atalanta argentini come me, anche le nostre famiglie sono molto legate. E poi sono sempre in contatto con gli amici Felipe, Zapata e Aguilar che giocavano con me a Udine. Sentite di essere un esempio per i più giovani? Sì, ce lo dicono e lo vediamo quando vengono i ragazzini al campo. Siamo sotto i riflettori e dobbiamo ricordarlo sempre ma umanamente si può sbagliare e non sono le pettinature di Balotelli ad essere diseducative, anche io da ragazzino mi facevo i capelli come Ronaldo, che fenomeno! Chiudiamo con un po’ di follia, qual è stato il tuo gesto più pazzo? Sicuramente il rigore decisivo calciato contro l’Udinese a Marassi. Ho fatto il cucchiaio, per fortuna ho fatto goal altrimenti i miei compagni mi avrebbero strozzato (ride). Gesto pazzo ma mi ha dato una grandissima soddisfazione. Sto rientrando e le file di tir ci sono ancora, la domanda originale forse non l’ho fatta nemmeno stavolta ma ho conosciuto un ragazzo davvero simpatico, umile e generoso che poco c’entra con l’immagine stereotipata del calciatore che pensa solo al superfluo e al divertimento.

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“Ciao, sono Aurora... ... sì Aurora, e da due anni ho una relazione fantastica con tuo marito. Lui è pazzo di me, solo non ha il coraggio di dirtelo. Così l’ho fatto io”

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a cura della dott.sa Sarah Viola

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omini in fuga. In fuga dalle donne. In ogni ambito, in ogni contesto, in qualsiasi dimensione relazionale. Persino quella degli amori mercenari. Il caso Marrazzo ha sicuramente portato il fenomeno alla ribalta, ma il numero dei maschietti che, anziché “preferire le bionde”, scelgono i transessuali è in costante aumento. E non dobbiamo pensare a loro come a pochi “malati” con devianze sessuali più o meno gravi, che vivono vite di miseria e solitudine affettiva. Al contrario, stiamo parlando di una schiera piuttosto nutrita di maschietti, con vite apparentemente “normali”, solitamente sposati e con figli che, ogni tanto o più spesso, incontrano l’uomo o la donna, o entrambe le cose, dei loro sogni nell’appuntamento con un transessuale. A volte, fortunatamente non frequentemente, accade poi che a casa della moglie arrivi una strana telefonata. Come è successo a “Cristina” nome di fantasia ovviamente, moglie di un mio paziente, la quale, durante l’ora in cui i bambini fanno gli ultimi compiti e le mamme preparano la cena, sente suonare il telefono di casa:”Pronto?” la risposta scontata. E di là:”Ciao, sono Aurora” dice una voce vellutata ma, ancora, assolutamente maschia:”sì Aurora, e da due anni ho una relazione fantastica con tuo marito. Lui è pazzo di me, solo non ha il coraggio di dirtelo. Così l’ho fatto io”. Cristina chiude la comunicazione. E’ confusa. Il battito del cuore accelera, il respiro si accorcia. Guarda l’orologio. Tra poco Fabio rientrerà e questo momento inverosimile avrà fine.

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PSYCOLOGY L’ascensore, i passi, la chiave nella toppa. Cristina va incontro a Fabio, gli lascia salutare velocemente i bambini poi, con una scusa, si blinda con lui nella stanza del “lettone dei grandi”. Racconta la telefonata e aspetta che Fabio rida, neghi, si offenda. Suo marito, però, si accascia sul letto. La guarda. Tace. Poi balbetta qualcosa. “Quando ha chiamato? Volevo dirtelo! Non pensare che… Non c’è stato niente… non c’è stato sesso”. Anche Cristina si accascia sul letto. Non ha niente da dire.

La sua vita si rompe in mille pezzi come un vaso di vetro lasciato inavvertitamente davanti ad una fiamma. Torna in soggiorno, ci sono i bambini che devono mangiare e, dopo qualche minuto di cartoni animati, andare a letto. Per lei e Fabio ci sarà tutta la sera, tutta la notte e quelle seguenti per capire. Ma Cristina non capisce. Le domande sono molte:”“Cosa hai cercato con lei? E poi con lei o con lui? Perché se uno ha ancora il suo “pene” allora è un lui. Ma allora tu sei gay? Eh sei gay? Che schifo. I bambini. Cosa dirò ai bambini? Perché mi hai fatto questo?” Cristina va contro Fabio con i pugni alzati, vuole fargli almeno la metà del male che sente lei. Fabio si lascia picchiare, non cerca neppure di fermare la moglie. Poi, quando lei si è sfogata, prova a parlare e quello che dice sembra a Cristina ancora più incredibile del fatto stesso. Fabio dice che con Aurora ha cercato dolcezza, ascolto, comprensione, ha cercato qualcuno che lo guardasse con stima, con ammirazione, come sua moglie aveva smesso da tempo di fare. Qualcuno che non trovasse che lui sbaglia sempre, qualsiasi cosa faccia e che, infondo, sia poco più di un fallito. C’è stato anche del sesso, sì, solo orale e solo ricevuto, dice Fabio, niente sodomia. “Ho cercato affetto, calore” è stata la sentenza raggelante di Fabio. Questo caso è solo uno dei tanti che si presentano ogni giorno alla realtà clinica e dei moltissimi che fanno parte della vita al di fuori dello studio degli specialisti. Persino le donne “professioniste” del sesso mercenario si lamentano del calo di lavoro dovuto al fatto che, sempre più spesso, gli uomini, anche sulla strada, cercano i transessuali. E ciò che più colpisce è proprio la risposta che i maschietti interrogati danno quando a loro viene chiesto perché si rivolgono a questo tipo di incontro: non è la ricerca di sesso trasgressivo, non è la curiosità di provare qualcosa di diverso, non è il bisogno di sentirsi “devianti”. Cercano un “modo di fare” che le donne, mogli, fidanzate o prostitute che siano, sembra non abbiano più. La capacità di far sentire il maschio tale: potente, bello e accettato per come è, coccolato, accudito, vezzeggiato, mai aggredito o preso di petto, o trattato con attenzioni meccaniche e frettolose. Il trans, evidentemente, nel mondo relazionale dei maschi del terzo millennio offre tutto quello che gli uomini desiderano e, per di più, essendo anche lui uomo, non va a toccare quei “nervi scoperti” che le donne non mancano mai di far saltare.

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D’altra parte un transessuale, interrogato su come mai, secondo lui, questo improvviso “successo” della sua categoria, mi rispondeva dicendo che le donne di oggi non sanno più sedurre, non sono più in grado di mettere un maschio a suo agio, farlo stare bene, specie nel momento dell’intimità che è, per i signori uomini, tanto desiderato quanto temuto. Non sanno e forse non vogliono più farlo, prese come sono dalle mille incombenze di una loro giornata che si dipana tra lavoro, casa, figli quando ci sono, palestra, dieta, e, buon ultimo, il partner. Ed ecco che questo, ben lontano dall’idea, più classica, di trovare in un’altra donna ciò che non ha a casa, anzi terrorizzato alla sola ipotesi di raddoppiare gli isterismi e le richieste assurde che già una donna sola porta nella sua vita, si rifugia nel caldo, forte e rassicurante abbraccio di un transessuale. E Caterina? La protagonista del racconto di qualche riga sopra? Caterina non ha lasciato il marito e, almeno per il momento, con l’aiuto di un terapeuta, sta cercando di capire se e come salvare la sua coppia. Anche Fabio, naturalmente, sta lavorando con lei allo stesso obiettivo, anche se, per ora, afferma che non si sente pronto a chiudere ogni contatto con il “suo” trans. Non è pronto a rinunciare alle lunghe chiacchierate serali via webcam, così complici e rassicuranti, non la rivedrà, certo, ma non è ancora in grado di ritrovarsi, tutto solo, tra le “sgrinfie” della sua aggressivissima signora. Alle donne, forse, tocca a questo punto qualche riflessione. Non so bene alla fine di ogni considerazione

quale tipo di morale si può trarre dall’analisi di questo fenomeno. Sicuramente un’osservazione è doverosa: una donna non può dare ad un uomo quello che può donargli un trans. Forse perché proprio non lo possiede.

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sche vive

a cura di Glenda Manzi

i sono delle storie che, anche dopo che le hai finite, ti restano addosso per giorni, settimane, mesi. I protagonisti e i luoghi di Esche Vive sono così, ti si cuciono addosso. Ti si cuce addosso Muglione, il paesino della provincia pisana abitato da anziani e disoccupati, dove le esistenze dei tre protagonisti si incrociano e si intrecciano.Ti si cuce addosso Fiorenzo, adolescente inquieto orfano di madre che a quattordici anni, in uno stupido incidente con un petardo, ha perso una mano. E con essa ogni speranza di diventare un campione del ciclismo come suo padre, burbero proprietario di un negozio di pesca e allenatore dell’Unione Ciclistica Muglionese, aveva sperato. Anche Tiziana ti si cuce addosso, con i suoi trent’anni e la decisione coraggiosa di rinunciare a una brillante carriera internazionale per tornare a Muglione e mettere le sue capacità al servizio della sua gente. Peccato che si ritrovi invece a gestire l’ufficio Informagiovani del paese, frequentato solo da anziani convinti che sia un bar, e a domandarsi se era quello che voleva. Almeno finché il destino non le offre un incontro speciale e inaspettato. E infine c’è il ragazzino prodigio che il padre di Fiorenzo ha incontrato per caso in Molise e si è portato a casa, sicuro della sua stoffa da campione: è Mirko, il Campioncino. Che per le sue contraddizioni, per la sua speciale miscela di fragilità emotiva e forza fisica, ti si cuce addosso con punti di sutura più stretti.

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Vivi come le esche del titolo, i personaggi disegnati da Fabio Genovesi compongono un affresco umano limpido e poetico e a Muglione ti viene quasi voglia di andarci, per vedere se incontri un anziano all’Informagiovani o qualcuno che pesca nel fosso. Peccato che Muglione non esista. Solo un nome di fantasia, scelto dall’autore perché «ha dentro il verbo “mugliare”, che nel dialetto delle mie parti significa “mugunare”, “mormorare lamentosamente”. Ma anche la natura muglia. Muglia il vento quanto soffia forte di libeccio e pure il mare, quando si avvicina la burrasca». E allora, non ci resta che aspettare che Genovesi ci mugli ancora qualcosa nell’orecchio, con il suo prossimo atteso romanzo. Fabio Genovesi è nato a Forte dei Marmi nel 1974. Nel 2007 ha pubblicato la raccolta di racconti Il bricco dei vermi, e nel 2008 il suo primo romanzo, Versilia Rock City (Transeuropa). Collabora con “Rolling Stone”, “GQ”, “La Repubblica”, “Il Tirreno”, “Satisfiction” e altri giornali.

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Arte a cura del prof. Pietro Gasperini

In questo numero di UP Arte si anticiperà il nuovo progetto per promuovere la crescita di alcuni artisti e la presentazione di una nuova ed eccezionale figura, responsabile di questa sezione, che con convinzione matura afferma: “L’arte è patrimonio del mondo e non deve essere vietato a nessuno l’accesso”. È infatti attraverso l’arte in tutte le sue forme che si trova spunto o conferma per studiare il passato della nostra civiltà e anche noi stessi. Sin dall’età paleolitica si sentiva il bisogno di raccontare ciò che era accaduto con graffiti e pitture sulle rocce, e così nei vari secoli si sono sempre illustrati i vari messaggi nelle chiese, nei grandi palazzi, piazze, strade... sino a giungere ai nostri giorni dove il design ci aiuta a capire il presente e ci proietta nel futuro. Siamo felici di ricordare che Daniel Harding, direttore inglese nel passato Concerto di Capodanno 2011 al Teatro La Fenice di Venezia augurò: “Buon Anno Italia, patria della cultura!”. Forse noi italiani non ne siamo accoratamente consapevoli ma la tutela e la valorizzazione dei nostri beni culturali è fondamentale per tutto il mondo. E chi ne sa meglio della nostra nuova squadra composta dal Professor Pietro Gasperini, responsabile di UP Arte e di Cesare Riccobono che si è tanto impegnato in questo progetto? Pietro Gasperini è stato Dirigente della Regione Lombardia per i musei e beni culturali, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui il Premio Marcegaglia 1995 come Migliore funzionario a livello nazionale. Plurilaureato, ha sempre lavorato con il cuore perché è pienamente consapevole che “l’arte è messaggera dei valori di un passato che continua anche nel presente”. In questo suo ideale ha trovato sostegno in Cesare Riccobono e in molti artisti che saranno presentati su questa rivista. Quali sono quindi i suoi propositi per UP Arte? Seguendo il motto di Leon Battista Alberti “Quisque faber fortunae suae” - Ognuno è costruttore della sua fortuna - si selezioneranno e supporteranno nella crescita artisti di qualità prescindendo dal valore economico e cercando di far capire a tutti i livelli il loro messaggio. Grazie all’impegno di Cesare Riccobono si esporranno in contemporanea sulla rivista UP Arte e in alcuni palazzi storici e gallerie della Lombardia. In particolare sarà nuovamente attuato il progetto “Adotta un monumento” che troverà un punto di riferimento anche all’interno dell’Expo 2015 in quanto si proporrà alle scuole milanesi di adottare una strada, una piazza, un monumento. In tale prospettiva grazie a UP Arte nella persona di Pietro Gasperini e di Cesare Riccobono il progetto Expo 2015 si estenderà anche ad altri siti della Regione Lombardia. Sara Masper - Cesare Riccobono Per informazioni: http://binarioarte.splinder.com - www.hi-life.it

ROBERTO GIAVARINI GIANFRANCO TESTAGROSSA VITO RICCHIUTI MUSEO TINO SANA Up Bergamo

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oberto

Giavarini

a cura del prof. Pietro Gasperini foto Chiara Isner Matera Michele Maggioni

oberto Giavarini, è nato a Calcinate nel 1973 e vive a Chiuduno (Bg). Sino dall’età di 4 anni lascia perplessi i suoi genitori e gli amici per la sua creatività che si manifesta nel riprodurre i giocattoli regalati in una serie di disegni, così come nell’amore per la musica, che ascolta con grande partecipazione, imparando a suonare su una tastiera da lui stesso disegnata su un grande foglio di carta, immaginandosi i suoni del pianoforte. Ricorda ancora con gioia immensa la sua visita, a 7 anni, alla Camera degli Sposi del Mantegna, dalla quale non voleva più uscire, incantato dalla bellezza assoluta dei grandi affreschi. Tra i ricordi emerge il suo incontro con la Divina Commedia di Dante, che lo portò a 13 anni a recitare a memoria numerosi canti. Potremmo continuare a lungo nel ricostruire questo suo passato ma è meglio cercare di approfondire la sua Weltanschauung, che è bene sintetizzata in un verso del sonetto Le corrispondenze di Baudelaire: “I profumi, i colori e i suoni si corrispondono”. Il suo amore per il bello nelle sue espressioni pittoriche, poetiche e musicali non costituisce un rimpianto per il passato, ma un punto di partenza per la ricerca continua della bellezza, perché pienamente convinto che, come dice Shakespeare: “La bellezza, da sola, basta a persuadere gli occhi degli uomini, senza bisogno di oratori”. Il problema è fare nascere e rendere comprensibile questa idea innata del bello che è l’anima di ogni realtà naturale.

Sacco con melograni, 2006

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roberto.giavarini@alice.it

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cell.: 339 4093358

Pettirosso, 2009 (particolare)

Isabella, 2004


Tralcio di vite con frutti, 2004

In ARTE A BORDO, libro recentemente pubblicato da SKIRA, una delle più importanti case editrici d’Arte al mondo, Roberto Giavarini è definito “una delle personalità più promettenti della giovane figurazione italiana”.

Crocifisso, 2004 - 2007

Silvia, 2009

Dipinto installato a bordo della nave da crociera Costa Deliziosa Up Bergamo

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Roberto Giavarini premiato da Vittorio Sgarbi per l’opera Crocifisso, 2008

Per realizzare questo suo sogno, Roberto Giavarini ha il privilegio di frequentare, dal 1999, la bottega di un Maestro indiscusso: Mario Donizetti, il più importante pittore figurativo contemporaneo. Così ha intrapreso un intenso percorso di studi, tecnici e filosofici, eseguendo disegni preparatori a matita e a punta d’argento, partendo sempre dalla variegata realtà del creato. Grazie ai grandi insegnamenti del Maestro ha arricchito anche la sua tecnica pittorica apprendendo i segreti della tempera a tuorlo d’uovo verniciata e velata con pigmenti organici, nonché del pastello encaustizzato ideato da Mario Donizetti: la più grande tecnica inventata in pittura. Roberto Giavarini ha continuato nella ricerca e, su suggerimento del Maestro, ha sviluppato una nuova tecnica con risultati cromatici eccezionali: sul modellato a pastello encaustizzato il dipinto è portato a termine con pigmenti veicolati con gommalacca. In un articolo del 2006 Mario Donizetti ha scritto: “Ritengo Roberto Giavarini un esempio di continuità storica. Quello che ha saputo imparare da me sarà la fonte del sapere che verrà dopo di lui”.

Roberto Giavarini nello studio

La breve descrizione delle modalità pittoriche di Roberto Giavarini fa capire la sua complessità. Parafrasando il poemetto in prosa di Baudelaire Le finestre si potrebbe dire che ogni opera di Roberto Giavarini suggerisce tante cose, come chi guarda una finestra chiusa. Non esiste infatti situazione più profonda e misteriosa, più feconda e abbagliante di una finestra rischiarata da una candela. In quel buco nero o luminoso “vive la vita, sogna la vita, soffre la vita”. Allo stesso modo in tutte le opere di Giavarini ci si immerge in questo messaggio vitale, che mette in gioco chiunque con tutto il proprio vissuto perché l’essere, il bello e il buono costituiscono un'unica cosa, e non ci si può limitare, guardando le sue opere, alle solite espressioni banali “mi piace” o “non mi piace”, “è bello” o “è brutto”. Il Crocifisso, con il quale Roberto Giavarini ha vinto il primo premio al concorso Non stop art di Darfo Boario Terme, che aveva in giuria, tra gli altri, Vittorio Sgarbi che in quell’occasione ha scritto: “Roberto ha la mano e la testa”, trasmette nel suo delicato contrasto tra


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Narciso, 2006

luminosità e tenebra, tra morte e speranza nella risurrezione, la chiave per comprenderne il messaggio: anche nella morte splende sempre la scintilla di una vita, nel giallo di un Sole che sorge e tramonta per riprendere il suo ciclo sino alla fine del mondo. Anche i suoi nudi di donna, che personalizzano le suites di “Costa Deliziosa” fanno riflettere sulla caducità dell’affaticato peregrinare o dell’andare per mari, come Ulisse alla ricerca di nuove realtà: cosi l’effimero si confronta con il senso infinito del mare. Da questo vagare invano, si è richiamati dal suo autoritratto da bambino: i suoi occhi sereni e profondi chiedono di avviare con lui una lunga conversazione, per cui il presente ritorna, grazie a una immaginaria macchina del tempo, al passato e di nuovo al presente, come se si gustasse per vivere la Proustiana “Madeleine”. Nel sapore di quel pezzetto di “Madeleine”, inzuppato nell’infuso di tiglio, si rivedono i propri vicini, la casa, la strada, la cameretta, la città, la piazza… Quel bambino diventa così il fratello, il proprio doppio… il pasco-

Roberto Giavarini al pianoforte

liano fanciullino. In tutte le sue opere, dal pettirosso ai ritratti… alle nature morte “ma quanto sono vive!”, ogni persona ritrova se stessa e quindi la vita che le è accanto, che l’accompagna come soffio impalpabile e irraggiungibile, spingendola continuamente ad un esame, che avrà come esito finale la certezza che la bellezza salverà il mondo e chi non la scoprirà dentro di sé, non la troverà mai, e non potrà capire le opere di Roberto Giavarini, frutto della sua complessa e ricca personalità. Oggi Giavarini non suona più su una tastiera di carta. Su un pianoforte a coda esegue i grandi capolavori della musica, da Bach a Mozart, da Beethoven a Chopin. Mi piace rivelare che è anche autore di composizioni che esegue con entusiasmo e virtuosismo tecnico da reggere un degno confronto con la sua Arte pittorica. Sono anch’io del parere di Cesare Riccobono che Roberto Giavarini è uno degli artisti emergenti più validi che potremmo riconoscere con Dante: “Venuto di cielo in terra a miracol mostrare”.

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ianfranco Testagrossa a cura del prof. Pietro Gasperini foto Chiara Isner Matera - Michele Maggioni

’incontro con l’artista Gianfranco Testagrossa ti lascia stupito, anzi meravigliato, perché ti trovi all’improvviso staccato dalla realtà e risucchiato dalla misteriosa e impalpabile macchina del tempo. Ti senti così spogliato di tutto, al primordi dell’umanità quando i nostri antenati muovevano i primi passi, da veri uomini, scoprendo le potenzialità e le varie forze dal lancio di un sasso o si adattavano con indumenti e ricoveri particolari ai vari ambienti e climi. Ma soprattutto la luce dell’iperuranio illuminava le loro menti, sviluppava gestualità e linguaggi essenziali, concretizzando e umanizzando idee innate fondamentali per il loro cammino sulla terra:

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la nostra madre. Non trovo migliore introduzione all’arte di Gianfranco che citare alcuni versi del sonetto “corrispondenze” di Baudelaire: “La natura è un tempio dove pilastri vivi mormorano a tratti indistinte parole: l’uomo passa, li’, tra foreste di simboli che osservano con sguardi familiari”. Questa poesia ci aiuta a generare il giusto clima che costituisce il punto di partenza della creatività di Gianfranco, nuovo demiurgo, che non ha bisogno come tutti i veri artisti di essere collegato per forza con altri precursori, rendendolo uno pseudo discepolo, ma di fatto togliendogli la sua identità e unicità. Quasi per incanto le sue opere ti immergono in un bagno salvifico che ti fanno risorgere a nuova vita: questa catarsi nasce da un gesto di amore disinteressato, votato alla ricerca continua di chi si mette sempre in gioco, lasciando il certo per l’incerto, la luce per l’ombra… la vita per la morte. Ti ritrovi anche tu, incognito compagno di viaggio, sostenuto da questo artista, che con umiltà e discrezione ti offre il sostengo del corifeo: quasi innato genius loci, che nei secoli si è andato maturando in Italia, come se la nostra terra fosse stata prescelta dalla storia dell’umanità ad essere crogiuolo e culla della bellezza per tutto il mondo. Questo suo messaggio lanciato nel manifesto “Neo primitivismo anno 2000” nel lontano 1972 si concretizza nelle sue pitture, sculture, opere grafiche e poetiche, costringendoti a cogliere le corrispondenze tra segni, colori, parole, che incidono profondamente la mente e il cuore. Anche la sua particolare tecnica affresco-graffito, con la quale fa rivivere eroi, cavalli, donne…ti ricostruisce pagine delle mostra storia tramandata oralmente, incisa su rupi, massi avelli o dipinta e scolpita in grotte, monumenti, castelli , chiese, case… cimiteri.

Ridotti ad essere “uno, nessuno, centomila”, ma costretti a ritornare nell’attualità di un mondo distratto e spesso privo di identità, senti proprio il bisogno di un incontro con un artista di questo carattere, il cui messaggio si può ascoltare solo nel silenzio, perché così le sue opere diventano specchi nei quali puoi riflettere il tuo inseparabile doppio: quel perenne fanciullo di pasco liana memoria, che soffre, piange, sorride o ti guarda. Certo non arriverai mai al gesto disperato di Dorian Gray, di alcuni personaggi di Dostoevskij o della cronaca quotidiana perché osservando le opere di Gianfranco o leggendo le sue poesie, ti ritroverai pure tu per incanto un protagonista, con la certezza di non essere solo per ricominciare ogni giorno un nuovo cammino. Anche se “ Angelo Ribelle” capirai come Gianfranco in una sua poesia che “ Crei, la bellezza nell’umanità, il pensiero nella verità, l’anima nella sincerità.”

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a cura del prof. Pietro Gasperini foto Chiara Isner Matera Michele Maggioni

V on trovo migliore presentazione di un artista come Vito se non quella di rifarmi a un testo classico della letteratura romana “La storia naturale” di Plinio laddove nel libro II al capitolo LXIII così scrive dopo aver parlato dell’aria: “Ora viene la terra, l’unica delle parti della natura alla quale, per i suoi meriti veramente notevoli, abbiamo tributato il nome di madre. Essa appartiene agli uomini come il cielo a Dio: ci accoglie alla nascita, una volta nati ci nutre e una volta messi al mondo ci sostenta per sempre. Alla fine, respinti dal resto della natura, essa ci abbraccia racchiudendoci come una madre nel suo grembo…”

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Quando osservi attentamente le opere di Vito percepisci di trovarti di fronte ad un artista pittore-scultore: messaggero prescelto della natura. La natura lo ha catturato, facendolo innamorare di uno dei suoi prodotti legati al tempo, al luogo, ai cicli vitali: il legno. Senza il legno non si sarebbe sviluppata la vita sulla terra e quindi neppure la nostra civiltà’. Anche oggi che vantiamo prodotti innovativi il legno resta per sempre un benvenuto nelle nostre dimore pubbliche o private. Vito però non taglia alberi, non concorre alla deforestazione ma si fa carico di ricercare questo prodotto della madrenatura gettato, bruciato, sporcato portandoselo a “casa”. Così lo pulisce, lo studia, lo sistema, lo ritaglia, lo accosta e accomuna per dimensione e tipologia, per colore e venatura. Come una bella donna lo colora e imbelletta sognando già di realizzare nella vastità del nostro pianeta città ideali, nelle quali su cieli variopinti si staglia un armonico susseguirsi di costruzioni che ti incantano per la loro naturale serenità. Anche le cornici ideate ad hoc da Trittico ti aiutano a capire il messaggio, costringendoti a soffermarti su ogni singola opera per approfondire il valore della “civitas”: infatti, in queste sue città ideali ciascuno si può sentire protagonista al pari dei suoi simili, senza per questo sovrastare gli altri per una casa più alta, più bella … Proseguendo nella visione delle sue opere Vito ti porta a capire ciò che sta alla base di ogni città, degna di tale appellativo, t’innalza nel cielo azzurro per farti cogliere in sintesi le testimonianze che nei secoli hanno portato alla formazione di tutte le città.

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I vari percorsi, che le stratigrafie documentano, hanno sempre lasciato testimonianze di questa storia continua, come il susseguirsi del giorno e della notte. L’abilità dell’artista, con la sua tipologia di legni e colori, che costituiscono la materia prima dei suoi quadri-bassorilievi ti costringono quasi a partecipare ai tempi e alle modalità costruttive di queste città, che pure le cornici ti aiutano a capire e apprezzare. Nelle ultime opere di Vito, resti come basito: le cornici lineari spariscono e sono sostituite da elementi costruttivi di città ideali che ti circondano, mentre ti rifletti all’improvviso in uno specchio. In quel momento non puoi sottrarti all’incanto conturbante di essere diventato anche tu parte di un’opera, dove il tuo vissuto si confronta con la gioia e il dolore di altri diventando così “uno, nessuno, centomila”. Questa in breve la chiave di lettura di tre momenti produttivi di Visto che ha creato un qualcosa di veramente unico nel panorama dell’arte non solo italiana. Un grazie sentito a Vito, con l’auspicio che continui nel suo operare artistico e un altro grazie di cuore a chi ha creduto in lui come Cesare Riccobono che ha contribuito a inventare e realizzare le originali cornici.

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a cura del prof. Pietro Gasperini foto Chiara Isner Matera - Michele Maggioni

l Museo del Falegname Tino Sana si unisce indissolubilmente al nome del suo ideatore e realizzatore come bene documenta nel suo testo l'arch. Cesare Rota Nodari, che in questi anni ha accompagnato con la sua progettazione museografica e museologica le tappe espositive del Museo stesso nel suo evolversi storico. A partire dal lontano 1985 Tino Sana incominciò a dare concreta attuazione a un suo sogno giovanile: raccogliere vecchi attrezzi, macchinari e documenti sul lavoro del falegname. Dopo neppure tre anni il 20 giugno 1987 inaugura la prima sede museale all'interno degli spazi della Ditta omonima, sottolineando così le strette relazioni tra le due istituzioni. Il 21 dicembre 1997 apre la seconda sede espositiva con l'obiettivo ormai preciso di realizzare una nuova struttura museale. Oggi è sotto gli occhi di tutti la nuova realtà che è diventata tale nell'arco di un anno: fatto più unico che raro non solo a livello nazionale. Questo Museo diventa lo specchio delle vicende umane di Tino Sana, ma nel contempo assurge ad archetipo di tutti i falegnami del mondo, che con i loro lavori accompagnano l'evolversi di tutte le civiltà: per questo Tino Sana e "il falegname" sono da considerare un unicum. La vita di ciascuno di noi è un sogno, come dice Calderón de la Barca, ma in questa caso il sogno non è morto all'alba, ma si staglia con la sua accattivante

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realtà sul pianoro in quel di Almenno San Bartolomeo dove sorge all'improwiso la dolce e inaspettata visione di San Tomè: uno dei capolavori del Romanico. San Tomè, che si può scorgere anche dall'interno del Museo, e la grande colonna dorica, che ti accoglie all'esterno, ti invitano a riflettere sul valore del luogo che stai visitando, perché, anche se moderno, affonda le sue radici in un passato traboccante di storia e d'arte. Da semplice e curioso spettatore ti ritrovi chiamato misteriosamente a essere attore di un processo di autoeducazione, che ti può trasformare e rinnovare profondamente, se ti mostri sensibile ai messaggi delle Muse che parlano, cantano, danzano sui leitmotiv dell'ingegnosità legata alla manualità del falegname. Il falegname, con tutte le sue più diversificate attività, occupa certo un posto d'onore nel Museo e ti parla delle sue abilità e tecniche: dal taglio dell'albero alla lavorazione del legno e di altri materiali per produrre mobili, carri, botti, gabbie, strumenti musicali, macchinari e attrezzi vari... Come in un grande albero si sono sviluppati alcuni rami che a prima vista sembrano estranei all'assunto del Museo: la bicicletta, la bottega del "brüsafer", i burattini e le marionette. Solo con la visita si comprendono le motivazioni di questi inserimenti che si radicano in un humus composito, fatto di legami affettivi, collegamenti sociali, trasmissioni tecnologiche, impegni disinteressati. Nella sezione dedicata alla bicicletta si passa dalla prima in legno all'ultima ideata e realizzata da Tino Sana ed esposta al Museo della bicicletta di Los Angeles. Nuovamente il passato e il presente si fondono rilanciando verso il futuro messaggi tecnologici, economici, sociali, culturali e sportivi. In particolare merita attenzione la donazione fatta dal campione del mondo Felice Gimondi, delle sue biciclette, maglie e medaglie che lo hanno accompagnato nella sua lunga e gloriosa carriera. Un'altra curiosità è rappresentata dalla bottega del "brüsafer" Aldo Caratti. Qualcuno, forse, si chiederà come Manzoni a proposito di Carneade: "Chi era costui?". È l'ultimo di una famiglia di Fabbri che a partire dall'XI secolo si sono tramandati di padre in figlio quest'arte. Da pochi anni il "brüsafer" ci ha lasciati per sempre, ma resta per fortuna la sua bottega, qui ricostruita, con i Ferri originali del mestiere e alcune opere significative: un teatrino, maschere, guerrieri, un volo di uccelli, un pavone. Anche qui le sue opere parlano e nel ritmato battere del martello sull'incudine o sul ferro, nello sfarfallio di faville senti riecheggiare dal lontano passato i versi del Canto dell'Iliade di Omero con Vulcano che forgia il capolavoro: lo scudo di Achille. Da non perdere è certamente la sezione dei burattini e delle marionette: ti accolgono tutti schierati, in buon ordine, ora sorridenti ora sornioni ma pronti nelle abili mani di un burattinaio a farti entrare in gioco, rendendoti partecipe al grande teatro del mondo nel quale ciascuno ogni tanto prende coscienza di recitare la sua parte: maschera, pupo, attore, o semplice comparsa. Se a qualcuno dovesse girare la testa per le numerose botteghe da visitare o strumenti da osservare suggerisco di uscire all'esterno per ammirare la grande segheria "Zanella" qui ricollocata e proveniente dalla vicina Valle Imagna. Inoltre, il

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Museo ha tutte le carte in regola per realizzare gli obiettivi di ricerca, tutela e valorizzazione di tutti i materiaIi esposti nelle nuove sale o nel deposito che merita certamente una visita attenta per il numero di oggetti e strumenti e in particolare per la ricca raccolta di carri e carrozze che non trovano spazio nel Museo. La biblioteca, l'archivio, lo spazio espositivo, le aule predisposte per corsi di aggiornamento e di perfezionamento dei

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falegnami rendono il Museo un vero centro culturale in continua crescita e ben inserito in un contesto non solo lombardo. Un riconoscimento profondo, fatto di stima e gratitudine, al fondatore del Museo Tino Sana, ma a lui vorrei accomunare la moglie, i figli, i nipoti, i volontari e tutti coloro che nel passato hanno contribuito a far crescere una persona cosĂŹ ricca e profonda, come mamma Camilla e la moglie defunta Maria. Un complimento particolare all'arch. Cesare Rota Nodari

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per il suo impegno progettuale e realizzativo profuso nella nuova sede. Tuttavia per capire veramente questa Museo penso si debba prenotare un incontro con Tino Sana, quasi fosse un bene museale o musealizzabile. Di fatto la sua storia personale l'ha portato ad esplicitare la sua Weltangschauung non solo nel percorso didattico-scientifico del Museo ma anche nel suo stile di vita e nelle sue massime apposte all'interno della ditta e serenamente vissute dai suoi collaboratori a tutti i livelli di responsabilitĂ . Auguro a tutti un impatto costruttivo con questa realtĂ piĂš unica che rara e... ad multos annos.

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iretti al gusto a cura di Annamaria Fortini

i fronte alla profonda crisi che ha investito l’agricoltura e l’economia, la Coldiretti ha guardato al momento di difficoltà come a una occasione unica per ridare alle cose un nuovo ordine e far riacquisire il primato alla verità e concretezza che sono le parole d’ordine dell’agricoltura

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italiana. Su queste basi, ha proposto al Paese un progetto in favore delle imprese italiane e dei consumatori per superare il problema del basso potere contrattuale del settore e far valere la ricchezza della produzione nei confronti degli altri attori della filiera. Oggi per ogni prodotto agricolo realizzato nei campi o negli allevamenti situati in Italia, si sviluppa un Made in Italy alimentare cinque volte più grande tra contraffazioni e imitazioni. A fronte di 20 miliardi di export Made in Italy nel mondo,

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ci sono altri 60 miliardi generati da prodotti che non hanno mai visto il nostro Paese e, tolti i prodotti a denominazione di origine, solo un prodotto su tre di quelli venduti nella grande distribuzione italiana è realizzato con prodotti agricoli italiani. E tutto questo nessuno lo sa. Nonostante ciò l’agricoltura italiana è una grande realtà che ha in sé le potenzialità per trovare una nuova strada. Da qui il progetto di Coldiretti per realizzare una filiera agricola tutta italiana, un grande sistema agroalimentare, che premi i produttori e offra ai consumatori prodotti di qualità e a un prezzo giusto. L’idea è di dare vita a una filiera italiana fino in fondo perché tutti i processi devono avvenire in Italia, dalla produzione agricola rigorosamente Made in Italy alla trasformazione effettuata nel nostro Paese, a vantaggio non solo Up Bergamo

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degli agricoltori, ma di tutta l’economia e dei territori; una filiera agricola in quanto gestita per una parte sempre più importante direttamente dagli agricoltori; una filiera firmata nel senso che renda visibile e riconoscibile “l’italianità” nei confronti del consumatore finale, basandosi sulla trasparenza della filiera, sull’indicazione dell’origine in etichetta e sul legame del prodotto con il territorio di riferimento. La “firma” contraddistinguerà il prodotto agricolo in ogni canale di vendita, sia esso il farmers’ market o lo scaffale del supermercato o ancora l’export. Insomma un modo per trasferire e rendere riconoscibile al consumatore il valore dell’agricoltura e degli agricoltori italiani nei prodotti alimentari. Non è un progetto contro qualcuno. È un modo per creare più concorrenza, più trasparenza, più potere contrattuale per gli agricoltori, più vantaggi per i cittadini e, soprattutto, per valorizzare e distinguere il vero Made in Italy fatto di agricoltura italiana.

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È in questa ottica che si collocano i 5 farmars market stabili di Campagna Amica e i due progetti che la Coldiretti di Bergamo sta realizzando con altri soggetti presenti sul territorio per valorizzare i prodotti a chilometro zero e la filiera corta: “Mangio locale, penso universale” rivolto alle scuole di Bergamo e il Festival “Bergamo Terra&Cibo a km 0” in collaborazione con i ristoratori. “Mangio locale, penso universale” È un progetto - promosso da Comune di Bergamo, Coldiretti, Bergamo Servizi Pubblici e SerCar - che si propone di portare i cibi del territorio nelle mense scolastiche per far acquisire ai ragazzi una maggiore consapevolezza sull’alimentazione, l’agricoltura e il territorio. Nei giorni 10 marzo, 5 aprile e 9 maggio verranno proposti nelle mense scolastiche delle scuole di Bergamo tre menù a “chilometro zero”, con piatti elaborati secondo i principi di un’alimentazione equilibrata, ma anche considerando la varietà e la stagionalità dei cibi, utilizzando proposte di alimenti tipici dell’agricoltura locale. Dal progetto “Mangio locale, penso universale” si svilupperanno nei prossimi mesi ulteriori iniziative che coinvolgeranno le scuole anche dal punto di vista didattico. “Bergamo Terra&Cibo a Km Zero” Coldiretti, Ascom e Confesercenti stanno progettando un Festival Enogastronomico che valorizzi la filiera corta e il Km Zero e, quindi, i prodotti genuini e la creatività culinaria della bergamasca. L’iniziativa,“Bergamo Terra&Cibo a Km Zero”, durerà un mese, dal 10 maggio al 10 giugno 2011, e proporrà nei Ristoranti partecipanti un menù realizzato (in prevalenza) con materie prime a Km Zero, prodotte nel territorio. LA COLDIRETTI DI BERGAMO La Coldiretti è la principale Organizzazione degli imprenditori agricoli a livello provinciale, nazionale ed europeo. La sua presenza sul territorio bergamasco è molto capillare grazie ai suoi 8 uffici operativi, ai sui recapiti e ai suoi numerosi dirigenti provinciali e locali. Associa oltre 3 500 imprese agricole. La Coldiretti è una forza sociale che rappresenta le imprese agricole e valorizza l’agricoltura come risorsa economica, umana ed ambientale. Grazie alla Fondazione Campagna Amica è aperta anche a tutti i cittadini. Il presidente della Coldiretti di Bergamo è Giancarlo Colombi, il direttore è Lorenzo Cusimano. Up Bergamo

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ashion & luxury

PAOLO PECORA MILANO PATRIZIA FRATTA KRIZIA

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di Paola Vavassori

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ositività... velata di grigio

sservo attentamente la vetrina del N°1, monomarca PAOLO PECORA MILANO, in via S.Alessandro 11. La precisione dei dettagli e le linee pulite mi colpiscono da subito. Varco la soglia e mi accoglie con un sorriso un ragazzo dall’aspetto rassicurante, vestito di tutto punto, con indosso occhiali dalle lenti grigio-azzurre, mi domando il perché, senza sapere che di lì a poco avrò la mia risposta. Si tratta di Beppe Fedoni, responsabile della boutique. Secondo te qual è il must have per ogni uomo? Questa stagione abbiamo proposto il total look maschile, quindi l’abito PAOLO PECORA MILANO. In questo caso abbiamo utilizzato cotoni cinzati che rendono in pieno l’idea di giacca da cerimonia, portata con il nostro pantalone anch’esso in cotone cinzato, o facilmente sdrammatizzata dal pantalone in denim per uno stile urban street. Quali sono i colori predominanti di questa stagione? I nostri colori partono dal tortora, per arrivare al bianco, agli azzurri, poi l’ecru, senza dimenticare il nero e, ovviamente, tutte le nuance dei grigi, i quali rappresentano l’intera nostra visione. Quanto è importante il capospalla questa primaveraestate? Il capospalla è importantissimo. Dal ragazzo al business man, l’esigenza di completare il proprio stile è forte e il capospalla è determinante. Con la nostra proposta permettiamo diverse soluzioni stilistiche. Secondo te, ad oggi, c’è un’evoluzione dello stile maschile oppure, come sostengono i tradizionalisti, c’è un’involuzione, quasi una tendenza al femminile.

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Ad oggi c’è una grandissima evoluzione e c’è anche una sinergia tra l’abbigliamento prettamente maschile e l’universo femminile; lo stile che proponiamo non è così austero come è invece quello classico proposto/imposto all’uomo negli anni, il nostro è un abbigliamento di grande ricerca di tessuto, un minimal di gran gusto, che viene apprezzato anche dalla donna. E grazie a questa esperienza di apprezzamenti al femminile, nascerà anche il primo monomarca PAOLO PECORA donna, una linea disegnata dal “creativo” (Paolo Pecora), che vedrà la luce in via S.Alessandro a settembre 2011, in questo modo la sinergia continua. Cosa pensi del binomio uomo-borsa? Il binomio uomo-borsa in questo momento è fondamentale, soprattutto per andare a distruggere quello che è il pensare la borsa come accessorio unicamente femminile. Nelle nostre proposte, l’assenza di logo, unito a pellami della massima qualità combinati ai tessuti felpati, descrive proprio chi porta e veste il prodotto e non tanto il prodotto in sé, che in questo caso non viene necessariamente pubblicizzato. Ti senti in qualche modo connesso con il pensiero e l’ispirazione dello stilista? La mia connessione è al 100%, sono completamente preso, è una full-immersion costante alimentata dalla vicinanza del “creativo”. Questo costante collegamento mi porta ad avere una visione mondiale di quello che è il momento. PAOLO PECORA MILANO non è solo un modo di vestire, ma uno stile di vita personale, un equilibrio che non ho mai ritrovato in nessun altro brand. Si può dire che tu sia l’iniziatore, insieme allo stilista in primis e ai produttori, di questo “fenomeno PAOLO PECORA”. Ti senti parte di una grande famiglia? Sì, siamo un gruppo. Un gruppo che, come viene definito proprio da Paolo, è un “gruppo pazzesco”, dove ciascuno nella sua mansione

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investe il 110%. La nostra è una sinergia unica, che è poi quella che racchiude il segreto del successo, nel coesistere e nello star bene assieme. Qual è la soddisfazione più grande lavorando in questo primo monomarca PAOLO PECORA MILANO? La soddisfazione più grande è racchiusa nel proporre un articolo essendo pienamente coscienti della qualità di quest’ultimo; si tratta di un prodotto che parla proprio di noi e del nostro essere “terra terra”, attaccati ad un filo, il filo conduttore che è poi quello che rappresenta il nostro prodotto, la maglia. Anche la nostra metodologia fa la sua parte. L’uomo che entra nella boutique PAOLO PECORA MILANO viene coccolato, la nostra attenzione è totalmente destinata a lui, in modo che si possa sentire veramente gratificato e, soprattutto, che possa indossare un prodotto del quale si sente parte integrante, come se fosse una seconda pelle. La nostra cultura e professionalità ci porta a comunicare con il cliente nel miglior modo possibile. Raccontaci una piccola chicca o curiosità di questo negozio. La stranezza è stata proprio quella di notare, all’apertura della boutique il 3 ottobre 2009, quante donne si siano fermate a vedere le nostre vetrine e abbiano poi condotto il proprio marito a vedere la nostra collezione. Vuoi dirci qualcosa in particolare sul vostro prodotto? La cosa importante visto che si sta parlando di un monomarca è il rapporto qualità-prezzo. La nostra è una ricerca minuziosa dei tessuti unita ad un rapporto con la vendita impareggiabile, e questo è il monito che il cliente deve sapere e per il quale venire a trovarci. Qual è il tuo motto sul lavoro? Il mio motto sul lavoro è “Positivo, estremamente positivo”. Sorrido, mentre concludo l’intervista e mi rendo conto, quasi inconsciamente, che la positività di Beppe ha conquistato anche me. E per un attimo, guardandomi intorno, mi sento parte di questo spazio velato di grigio, che è il mondo PAOLO PECORA MILANO. Up Bergamo

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di Giovanni Volpe • foto Giovanni Crivello

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estimonial... per caso

n campione, è un campione… sempre! E Cristiano Doni, testimonial d’eccezione della collezione “Spring-Summer 2011” di Paolo Pecora Milano, l’ha subito dimostrato, appena varcata la soglia della boutique di Via Sant’Alessandro… Come tutti i campioni ha, innanzitutto, impiegato pochi istanti a calarsi in una veste a lui poco usuale: quella di modello. Come ogni campione che abbia a cuore le sorti del match che si accinge ad affrontare, non ha esitato ad ascoltare con attenzione le direttive del suo “mister a tempo” Beppe che, tra uno “schema” e l’altro, ha saputo motivare il suo giocatore e carpirne l’attenzione e l’interresse.

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Nessun trauma, dunque, nonostante i frequenti cambi affrontati da Cristiano che, come solo una bandiera dentro e fuori dal campo sa fare, non si è curato delle diverse “divise” indossate e le ha, anzi, sapute ben presto far sue; una grande individualità al servizio della squadra... Il tempo scorreva tra t-shirt di seta, chiodi di lino, e giubbini in morbida pelle in grado di “calzare” quanto la più artigianale delle scarpette. E, giunti ormai a fine partita, proprio quando era lecito aspettarsi un minimo di umana stanchezza, ecco invece l’ultimo colpo di coda del campione, il tocco che distingue un fuoriclasse carismatico dal pur importante uomo di fatica delle retrovie: è il capitano a dare la carica… a dispensare sorrisi ai “compagni” e al mister “Beppe”; è lui a non aver fretta e a dimostrare di voler abbandonare questo suo inedito “campo di gioco”, solo dopo il fatidico triplice fischio finale. È Paolo Pecora, “arbitro del match” e padrone di casa, a mandare per l’ultima volta il nostro campione negli spogliatoi; Cristiano Doni e Paolo Pecora Milano hanno dato vita ad un “dream team” senza precedenti perché un campione, è un campione… sempre!

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di Sara Masper

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n gioiello d’artista

atrizia Fratta è una creatrice di gioielli che realizza a mano lei stessa grazie ad il suo passato di restauratrice e scenografa in giro per il mondo dove ha aquisito precisione, manualità e fantasia. Le sue creazioni sono state richieste dalle redattrici per le pubblicazione sulle maggiori riviste di moda e d’arredamento per quel loro essere al tempo stesso ornamenti preziosi ed oggetti d’arte ma anche spesso indossate dalle stelle dello spettacolo. La sua collezione è composta da materiali come pietre semipreziose, lamine appositamente preparate solo per lei in oro, argento e rame, stoffe pregiate, corno, bottoni, perle australiane ed altri materiali da ricerca che assemblati tra loro danno vita a moderni ricami ed inaspettati accostamenti cromatici con forme profondamente diverse e talvolta sbilanciate: così il bracciale, gli orecchini o la collana si muovono e seguono gli spostamenti del corpo creando lievi suoni che tengono compagnia. Per inaugurare il nuovo anno Patrizia Fratta ha ridato vita a materiali di recupero quali bottiglie colorate o bicchieri di plastica che, con le loro prestampate pieghe, onde e linee, riflettono una luminosità inaspettata.

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Patrizia vive e lavora a Bergamo. Ultimi appuntamenti: 5-6-7 Marzo: ROMA - Oro Capital Event c/o Palazzo dei Congressi. 21-25 Maggio: VICENZA ORO - GLAMROOM c/o Fiera di Vicenza. 10-14 Settembre: VICENZA ORO - GLAMROOM c/o Fiera di Vicenza. 3-4-5-6 Giugno: LAS VEGAS (USA) - YCK c/o Mandalay Bay Convention Center - Stand VICENZA ORO Italian Club.

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asserella di genio e raffinatezza di Marianna Peluso

a sempre nell’Olimpo della definizione “moda”, Mariuccia Mandelli (meglio nota come Krizia) continua a incantare. Quello che non tutti sanno è che la culla dell sig.ra Mandelli è proprio la città di Bergamo. Come è nato il suo amore per la moda? Sin da bambina mi divertivo a cucire i vestitini per le mie bambole. Mi rifugiavo sempre in una sartoria vicino alla casa dei miei genitori: è lì che è nata la mia passione per la moda.

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Come è riuscita a restare sempre in auge, da quando i riflettori sono stati puntati su di Lei la prima volta fino ad ora? Lavorando incessantemente senza mai lasciarmi condizionare. Da dove trae maggiore ispirazione? Dalla mia testa e da ciò che mi circonda. Come ci vestiremo nell’imminente estate 2011? Con grinta. Unico vezzo della mia sfilata p/e 2011: i miei abiti monospalla. Osare o no? Equilibrio o pazzia? Andare o restare? Basta essere coerenti con se stessi. Quindi rispondo a tutte le domande con una risposta sola: essere se stessi e sentirsi in equilibrio in ogni frangente della propria vita, anche con ciò che si indossa. Ci può indicare l’icona di riferimento delle Sue creazioni? Nessuna cantante, né modella, né attrice o imprenditrice. La mia icona di riferimento è la donna in generale, senza mitizzare o idolatrare nessuno. Molto apprezzata la linea PER LEI. Perché la moda va oltre l’idea di una taglia. Sono stata la prima a capire che la donna non va rinchiusa nel cliché della modella. La donna è perfetta anche se non indossa una 42. I progetti per il futuro. Cosa non abbiamo già visto in passerella e cosa ci sorprenderà? In un mondo pieno di eccessi, la miglior sorpresa è la sobrietà.

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Ogni tanto torna nella Sua città d’origine? Ci torno spesso. Amo passeggiare nella mia bellissima Bergamo, ricca di storia e di paesaggi incantevoli. Cosa consiglia a chi vorrebbe approcciarsi allo scintillante mondo del fashion? Di lavorare tanto a testa bassa, senza guardare a quello che fanno gli altri e senza farsi condizionare. Ciò che conta sono le idee. Progetti per il futuro? Ve ne svelo uno appena realizzato: la mia nuova boutique a New York, nel Meatpacking District: nuova zona cool di Manhattan, che ho scoperto per caso e di cui non ho potuto fare a meno d’innamorarmi.

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ome & design

COLLEONI ROBERTO & C TECNOCASA PROGETTO GIARDINO S&B SOLUZIONI IDRAULICHE

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di Marianna Peluso

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ascino lusitano... gusto italiano

arcare la soglia di questa casa significa incappare, tutti, nella medesima domanda “è una casa o un museo?” e basta guardarsi intorno per capire che la domanda

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è legittima. 600 mq di splendore e follia sulla baia di Lisbona, con una vista mozzafiato come quadro principale della mostra. Tutto il resto, angolo per angolo, stanza per stanza, è passato attraverso il gusto di Rita Galliani e allo studio di un’équipe a botto sicuro: consegnata a luglio nelle mani dell’architetto Mauro Mattaini di Milano e del tappezziere di haute couture Colleoni Roberto & C., il risultato è arrivato pochi mesi dopo, a ottobre, ed è ora visibile in queste pagine.

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«Il proprietario di casa, originario di Lisbona e nostro affezionato cliente, ha una vera e propria passione per l’arte» racconta Giacomo Colleoni. Dalla scelta della scultura come epicentro della casa, al pezzo unico e all’esigenza di un arredo e corredo che rispecchiasse i suoi gusti, il passo è breve. La forza delle Tappezzerie Colleoni è come un’impronta che resta indelebile nelle case che valorizza: Roberto, Giacomo e Gianandrea Colleoni credono fortemente nella ricerca continua, nella sperimentazione di accostamenti materici nuovi, che creano una visione d’insieme come non si era mai immaginata.

Due sale da pranzo, saloni, camere, terrazze panoramiche e bovindo si intrecciano su dodici livelli e quattro piani, mostrando la primitiva struttura di un agglomerato di case. Nella cucina resistono le azulejos, piastrelle della tradizione portoghese, a dimostrazione che passato e presente possono amalgamarsi alla perfezione se si trova la giusta sincronia. La sala da pranzo è tutta sui toni del blu, tende comprese in abbinamento, impreziosite da inserti bianchi.

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Il salone è un tripudio di lusso: tende in taffetà di seta, divani realizzati interamente da Colleoni Tappezzerie, dal disegno, alla struttura (fabbricata nel laboratorio di falegnameria annesso) fino al rivestimento Z&R, cuscini d’arredo Sahco e tappezzeria sulle pareti De Gournay, con tessuti pregiati fatti a mano in foglia d’argento, per investire l’ambiente con una cascata di luce e di stile. La sala da ballo si trasforma in sala da pranzo in caso di colazioni o cene da oltre 15 invitati. Circondati da vetri di Murano e tende damascate color fragola, il convivio corre senz’altro il rischio di passare in secondo piano. La camera degli ospiti ha una demarcazione di carattere che pochi riescono ad affrontare con disinvoltura: una camera tappezzata di pannelli imbottiti di raso arancione tagliati a losanga, firmati Jab e Sahco. Per l’angolo relax, maxischermo e divano di velluto firmato Cesaro. Qui il relax è una cosa seria. Letti ricamati per sogni merlettati, perché il giorno e la notte siano diversi da quelli vissuti in qualsiasi altro posto. Questa è la filosofia della casa e di chi l’ha realizzata. Ogni casa è diversa dall’altra: Lisbona, St Estevao, Parigi, Luanda, Mussulo, Bologna… il proprietario di questa casa ha scelto il mondo intero come dimora, con tutta la bellezza che la diversità di paesaggi racchiude in sé. Unico fil rouge: tutti gli arredi, in qualsiasi punti del globo, sono curati dalla Colleoni Roberto & C. Uno stile unico, per momenti unici e irripetibili.

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di Giovanni Volpe • foto Chiara Isner Matera - Michele Maggioni

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n successo in quattro tappe

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er raccontare un successo imprenditoriale, basta sempre più spesso raccontarne l’aspetto più evidente, per esempio un logo… oppure citarne lo slogan. Ciò che ci sta invece più a cuore è andare a scoprire cosa e, soprattutto chi, si celi dietro una realtà in costante crescita, Equipe Solutions srl; crescita che continua ormai da circa dodici anni in un settore, quello immobiliare, che mai come negli ultimi tre anni, ha invece segnato il passo ben oltre i nostri confini locali.

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Francesco Casadoro e Giovanni Spinelli; sono loro gli artefici di questo piccolo miracolo che, sempre e comunque sotto i colori di Tecnocasa, hanno recentemente inaugurato a Gorle una nuova sede, la quarta, dalla quale inizia il nostro viaggio a ritroso… Innanzitutto, perche Gorle? La sede di Gorle rispecchia in modo ideale il nostro modo di agire in ambito imprenditoriale; abbiamo presto capito che proprio la crisi, foriera di cambiamenti più o meno forzati, non doveva indurci a uno sterile disfattismo; abbiamo semmai tratto nuovi stimoli, nuove opportunità capendo in anticipo, come abbiamo sempre tentato di fare, ciò che il mercato stesso stesse cercando di suggerirci. Ecco il perché dell’apertura della nuova sede di Gorle; un paese sempre più considerabile quale vero e proprio quartiere residenziale di Bergamo, pur nella sua efficiente autonomia. Con Gorle, la nostra società compie un importante passo avanti andando a operare con una clientela di target elevato all’interno di un mercato immobiliare caratterizzato da prodotti di

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elevata qualità e impatto estetico. Un po’ ciò che avevate fatto nel 2008 con l’apertura a Torre Boldone… È così; anche Torre Boldone è sempre più parte integrante di Bergamo; allo stesso tempo, però, rappresenta anche una prima tappa sull’asse di nostra peculiare e storica competenza. Per noi, infatti, l’importanza strategica di Torre Boldone, in qualità di importante anello di congiunzione tra il capoluogo e la prima Valle Seriana; ad oggi questa nostra sede rappresenta una delle nostre scommesse vinte più importanti visto che, come ci sentimmo di prevedere, Torre Boldone si è presto trasformata in una sorte di traino per le nostre altre due agenzie, quella di Alzano, datata 2001 è la nostra prima sede, quella di Albino, inaugurata nel 1999. Alzano è senza dubbio un centro d’eccellenza in vari settori; in che modo questo aspetto ha contribuito allo sviluppo del vostro progetto? Senza dubbio in maniera decisiva; la nostra sede, posta in pieno centro, rappresenta da sempre un esempio di efficienza… Una prerogativa, questa, che accomuna un po’ tutta la realtà di

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questo importante paese che eccelle, come noto, in ambito ospedaliero, industriale e in quello legato all’istruzione. Un altro aspetto dietro al quale si cela senza dubbio il segreto dell’efficienza e della qualità del servizio percepita dalla nostra clientela di questa sede, è la preponderante presenza di quote rosa; lo staff, infatti, il cui organico consta di cinque elementi, è composto da donne per quattro di loro; e proprio nella loro presenza, io e il mio socio, ci sentiamo di individuare le ragioni di questo ideale riscontro da parte di chi si rivolge a noi con fiducia da ormai dieci anni; merito di quelle capacita prettamente femminili di ascoltare, di recepire e dunque, di soddisfare, le aspettative della clientela. Albino, infine, è la vostra sede storica, datata 1999… vi sentite di stilare una sorta di bilancio? Beh, albino è un po’ il fulcro della Valle Seriana; lo è dal punto di vista economico, commerciale e, prima ancora, culturale; ovviamente la crescita, nel corso degli anni, non può essere continua… anche il più ricco e generoso dei

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mercati, col tempo, tende in qualche modo a saturarsi; Albino invece ci ha ancora una volta dato prova di essersi dimostrato un ottimo punto di partenza in quell’ormai lontano 1999; con la nuova superstrada e con l’operatività di TEB, questa piazza si è via via tornata al fermento di qualche tempo fa, e noi ci siamo fatti trovare pronti… Uno sguardo al futuro… Lungimiranza e capacità di ascoltare, di capire i cambiamenti e coloro che, di questi cambiamenti sono e saranno i protagonisti… queste sono prerogative alla base del nostro modo di fare impresa… ecco perché mi sento di definire la nostra sede di Gorle, non come un semplice traguardo, ma come un nuovo inizio!

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rogetto giardino nasce da un’idea sviluppatasi negli anni e diventata realtà con l’apertura, nel novembre 2009, dello spazio di Albano Sant’Alessandro. Definirlo un negozio sarebbe riduttivo perché, con una superficie espositiva di 500 mq, il cliente ha la possibilità di ammirare, in un ambiente chic e perfettamente a tema, un’infinità di arredi da esterni creati ad hoc e trovare l’assistenza, la progettazione e le proposte d’ arredo oltre ai singoli pezzi venduti al dettaglio. Protagonisti indiscussi sono l’erba sintetica, i pavimenti in teak birmano, o i nuovi rivestimenti in PVC misto a legno in tonalità cromatiche calde; e poi piscine incassate, idromassaggi e splendidi gazebo in ferro battuto o legno, per poi spaziare nei complementi d’arredo particolari e dal design raffinato, come barbecue, serre per orchidee e vasi in tutte le sfumature di colore della terra; insomma un insieme di gusto e raffinatezza che danno la giusta importanza all’arredamento esterno, ricreando l’atmosfera di un rilassante giardino o di una splendida terrazza.

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di Cristiana Ghione • foto Michele Vargiu

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rogettisti di sogni

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In questa sua continua evoluzione Progetto Giardino ha puntato molto sulla progettazione, diventata il suo fiore all’occhiello e punto di forza. Lo staff qualificato parte da un idea e realizza i sogni del cliente, partendo dal non trascurabile presupposto che, anche un buon ambiente esterno, sia importante al fine di migliorare la qualitĂ della vita. Ed è con questo obiettivo che, ascoltando e andando incontro alle richieste e alle aspettative di chi si affida a loro, il preparatissimo staff crea un ambiente fatto su misura, nel quale il cliente si rispecchi; un luogo che lo faccia sentire a proprio agio proprio come quando si indossa un tanto agognato abito sartoriale, su misura.

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Tutto parte da un bozzetto realizzato a mano, per poi passare all’assistenza continua durante la realizzazione del lavoro, ovviamente anche durante la scelta di ogni singolo arredo e dettaglio; e proprio parlando di dettagli, una delle priorità dello staff è capire la sensibilità del cliente; l’aver vissuto in campagna piuttosto che in città, cambia molto la visione del proprio esterno e, di conseguenza, consigliare la giusta tonalità di colori, la scelta di piante fiorite rispetto al solo verde, oppure creare un ambiente Zen, costituisce il punto di partenza per il raggiungimento del migliore risultato finale. La tendenza più attuale si concentra sull’arredo delle terrazza; ecco, dunque, che la comodità di vivere in città senza rinunciare al proprio spazio verde, l’importanza di un grande relax regalato da una splendida Jacuzzi incassata in un sottotetto permettono allo staff di Progetto Giardino di mostrare tutta la propria competenza, accontentando anche i clienti più esigenti.

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Sempre alla ricerca di nuovi materiali e soluzioni, per rimanere al passo con le nuove tendenze e tecnologie, Progetto Giardino viaggia, visita fiere di settore e, per essere leader, non manca di andare alla ricerca di materie prime e soluzioni uniche.. Un cenno particolare meritano, poi, le piscine per le quali in questi ultimi anni sono stati fatti passi da gigante in quanto a materiali, velocità di posa e realizzazione. Un prodotto innovativo sono le piscine realizzate in polistirene, facili da assemblare perchÊ concepite con il nuovo IDROKIT, un sistema di armatura del calcestruzzo costituito da cassaforme a perdere in EPS diritte e curvabili, da incastrare tra di loro per formare il manufatto desiderato. Questo nuovo concetto a livello di materiali e di realizzazione, offre molteplici vantaggi sia per la manutenzione e la pulizia della vasca, che per il piÚ duraturo mantenimento della temperatura dell’acqua, essendo il polistirene una

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sorta di isolante; per non parlare, infine, del contenimento dei costi d’acquisto di questo materiale. Razionalizzazione dei costi che non incide affatto in quanto a qualità, visto che la piscina viene realizzata sempre e comunque su misura e senza alcuna rinuncia in fatto di materiali, finiture, lavorazioni e personalizzazioni. Progetto Giardino è in continua evoluzione e crescita ecco perché è lecito aspettarsi soddisfazioni e traguardi sempre nuovi…

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di Giovanni Volpe • foto Alberto Merisio

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iscela di lusso...

Otello, con cristallo strass Swarovsky, è la linea senza tempo che interpreta il gusto di chi vuole preziosità in bagno

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poco più di quattro anni dalla sua nascita, S&B Idraulica conferma la propria specializzazione nella realizzazione di impianti idraulici a livello civile e industriale, soprattutto per quanto riguarda l’impiantistica dedicata a immobili di pregio. In questa nicchia di mercato, Ivan Selini e Giuseppe Panseri, sottolinenano l’importanza di forniture di alto livello, componenti, cioè, in grado di valorizzare stanze da bagno inserite in contesti immobiliari d’eccellenza. In tal senso, assume particolare rilevanza una delle aziende alle quali S&B Idraulica attinge per le proprie realizzazioni, quando c’è bisogno di rubinetterie di alto livello: Resp Italia. È Ivan Selini a sottolinerare il livello qualitativo dei prodotti Resp, azienda di Pogno, a due passi da Novara, nata nel 1948 e riconosciuta a livello nazionale tra le più importanti e prestigiose del settore.

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Laser, la linea di tendenza ispirata all'essenziale

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Monoforo cucina Capri, per gestire con la massima praticitĂ il tempo dedicato alla cucina

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Sintonia assoluta tra qualità dei materiali impiegati e design, si ritrova in ognuna delle rubinetterie di Resp Italia; elevati standard qualitativi certificati e non solo attribuibili alla silhouette di questi mixe, che anche a livello strutturale possono vantare lavorazioni capaci di garantire nel tempo elevate performance. Perfettamente in linea, dunque, S&B Idraulica e Resp Italia, le cui filosofie aziendali sono rivolte, sempre e comunque, alla qualità del prodotto finito e dell’ambiente realizzato. Non deve stupire, nell’ottica di un concreto upgrade a livello di immagine, la presenza di pietre pregiate e design avveniristici – pur nel rispetto dei più classici stili del Made in Italy – che Resp Italia realizza e Ivan Selini installa sempre più frequentemente nelle strutture di pregio di cui cura l’impiantistica.

Arté diamante, è la versione esclusiva della serie Arté. La linea elegante e raffinata che un maestro orafo ha impreziosito con una gemma cubic zirconia, incastonata con metodo a baffo

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VANONCINI

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di Cristiana Ghione • foto Chiara Isner Matera - Michele Maggioni

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a tecnologia, in particolar modo in ambito informatico, è in continua e rapidissima evoluzione… Per sapere in che modo restare al passo con questi cambiamenti e per andare alla scoperta delle origini di tale rivoluzione, abbiamo incontrato la famiglia che si cela dietro una delle più importanti e ricche di trazione realtà bergamasche di questo settore,Vanoncini s.a.s. Interlocutore ideale a cavallo tra passato e futuro, è senza dubbio Daniele, figlio del fondatore dell’azienda, che saprà rispondere alle nostre domande anche fornendoci un quadro completo di ciò che questa famiglia ha saputo creare nel corso degli anni. Partiamo dal principio; come e quando nasce la Vanoncini s.a.s.? La Vanoncini s.a.s. nasce nel 1978 dalla intraprendenza di Ferruccio Vanoncini. Assunto alla filiale Olivetti di Bergamo a soli 15 anni con la mansione di magazziniere. Si fa apprezzare per la sua dedizione al lavoro e si fa le ossa sul campo operando come tecnico sulle prime macchine-calcolatrice e macchine da scrivere meccaniche. Tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ’70, l’evoluzione sposta la tecnologia dalla meccanica all’elettronica, e Ferruccio si specializza e distingue nella installazione e riparazione dei sistemi di fatturazione Audit 5. Dopo vent’anni di esperienza in filiale, coglie l’occasione di aprire una

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concessionaria esclusivista a Torre Boldone dove, con l’aiuto della moglie Lucia, ha inizio la vita dell’azienda. Il progresso tecnologico attraverso gli occhi di padre e figlio… Ce lo racconti… In tutti i campi, e specialmente in questo, vale il detto “chi si ferma è perduto!”. L’evoluzione tecnologica ci spinge continuamente in avanti ma non deve essere fine a se stessa. Deve portare, attraverso la semplificazione, a un miglioramento della qualità nell’ambito lavorativo che si traduce poi in un vero e proprio miglioramento della qualità della vita. Ricordo che, appena introdotto il nostro attuale software gestionale, mio padre era spesso contrariato perché non riusciva a ottenere le informazioni che voleva, dovendo per questa ragione spesso dipendere da altri. Ora mi scopro divertito quando il sabato mattina, da solo, è in grado di estrarre ed analizzare molte più informazioni di prima. Ecco il progresso buono… che inizialmente spaventa un po’, finisce poi per semplificare e migliorare le attività quotidiane. Cosa salvare di ieri e a cosa non rinunciare oggi? Di ieri voglio salvare l’integrità morale e la dignità; qualità che portavano spesso a chiudere contratti sulla parola e con una stretta di mano. Oggi non rinuncerei sicuramente al rapporto diretto con il cliente. Non è sempre facile. È vero… Ma si tratta sempre e comunque di un confronto finalizzato a migliorare le nostre soluzioni. In ogni caso riuscire a mantenere un contatto diretto “face to face”, in questa società che è sempre più schiava di numeri e frenesia, ripaga enormemente. Core-Businness di Vanoncini s.a.s.: spiegazioni generiche dell’ attività originaria e delle sue più moderne declinazioni. Vanoncini sas nasce come Conc. Olivetti per la fornitura e l’assistenza delle macchine e dei mobili per ufficio. Con l’entrata in società del figlio Daniele il core business si è orientato verso il mondo dell’IT sia hw che sw. Oggi che tutto converge verso l’informatica, dai registratori di cassa alle macchine multifunzione a colore, possiamo dire di aver fatto la scelta giusta. Inoltre grazie alle nostre competenze abbiamo un ottimo know out nelle attività sistemistiche e di networking che ci permettono di seguire il cliente a 360° e quindi di proporci come unico fornitore di prodotti office e servizi a valore aggiunto. Per essere un grande gruppo, bisogna avere un grande team, e anche qui La Vanoncini s.a.s, come mi spiega Daniele, si può avvalere di uno staff qualificato che lavora fianco a fianco con i proprietari, a partire da Ferruccio,il fondatore, Lucia la moglie, anima dell’azienza, Daniele che si occupa del commerciale ed è responsabile dei sistemi informativi; Guido, commerciale nonché responsabile del settore Retail; Silvana Costumer Care dei prodotti gestionali; Lorena, che si occupa dell’amministrazione; Matteo. Tecnico di Riprografia e Ratail; Paolo tecnico di hardware e Networking; Marcello addetto allo sviluppo del software e dei sistemi. In che modo Vanoncini s.a.s, nel più completo rispetto della tradizione familiare, continua ad essere all’avanguardia tecnologica. La tecnologia è una grande onda che ti spinge ma che, se non è seguita nel modo giusto, ti può affondare. Noi ci siamo circondati di partner che offrono prodotti in costante aggiornamento e di pari passo ci aiutano nella formazione sia tecnica che commerciale. Voglio citare in particolare e Olivetti e Microarea, due dei nostri principali brand. Insomma dalla competenza all’affidabilità,al rapporto diretto con il cliente, allo staff che segue e collabora, la Vanoncini s.a.s. è sinonimo di alta tecnologia e professionalità una certezza e una grande sicurezza per i suoi clienti.

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di Marianna Peluso • foto Alberto Merisio

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l modo migliore di fare una pausa


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Comfort Break • UNI EN ISO 9001 • SA 8000 • EN ISO 14001:2004 i sono comodità di cui non potremmo più fare a meno e di cui siamo così tanto avvezzi che bisognerebbe provare a non averle più, per renderci conto di quanto siano importanti. I distributori automatici sono il lusso di una pausa nell’accezione contemporanea del termine, con caffè e golosità che danno la carica ovunque ci troviamo, in ufficio, in ospedale e ovunque ci sia affluenza di gente. E varrebbe la pena di fare un’inversione di marcia nelle abitudini giornalistiche, evitando ciò che fa scandalo, per soffermarsi sulle belle notizie, per meravigliarsi un po’ e trovare un esempio positivo da seguire. L’azienda Serim rispecchia fedelmente questa descrizione: in costante crescita da oltre trent’anni, risponde alle esigenze dei momenti di relax, in aziende pubbliche, private e luoghi di collettività. Non si tratta di un’azienda di vending, o almeno, non solo: è prima di tutto un’azienda al servizio delle persone, che offre soluzioni ad hoc in base alle esigenze dei clienti e assistenza 365 giorni all’anno, 24 ore su 24. L’ultimo restyling affrontato è di natura visiva: l’occhio vuole la sua parte e impreziosire i distributori automatici con grafiche accattivanti e foto invitanti non può che rendere più gradevole la pausa “comfort break”. In fondo, perché non aggiungere l’estetica alla qualità? Sebbene siano due caratteristiche molto diverse tra loro, perché non averle entrambe? La qualità è materia esperienziale, con cui confrontarsi seduta stante come prova. Chi desiderasse anche certezze nero su bianco deve sapere che Serim può offrirle. Il primo traguardo raggiunto dall’azienda è stato la normativa internazionale UNI EN ISO 9001: 2008 cioè la certificazione di qualità per l’ottimo livello organizzativo aziendale; il secondo riguarda la SA8000, una certificazione sociale, garante delle condizioni di lavoro eque e coerenti con i diritti umani e dei lavoratori nelle organizzazioni

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e lungo tutta la loro catena di fornitura; infine, la terza certificazione tocca il sistema di gestione ambientale ISO 14001:2004, una norma internazionale che certifica l’operato della catena produttiva nel pieno rispetto dell’ambiente, dal controllo sulle fonti inquinanti, all’utilizzo razionale di fonti energetiche, fino all’adeguato smaltimento di scarti e rifiuti. È curioso pensare che sia tutto partito, all’inizio degli anni’80, dalla mente e dalle ambizioni di Bruno Mazzoleni affiancato da soli due operai, mentre adesso il numero dei collaboratori supera le 150 persone. Mattone su mattone, competenza su competenza, clienti su clienti, la Serim si è aggiudica un posto sull’Olimpo del

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settore: dati statistici alla mano indicano Serim tra le prime dieci società italiane del settore, coi suoi venti milioni di fatturato annuo. Ma il capitale più prezioso della Serim è il capitale umano. Perché la preparazione tecnica e l’attenzione al cliente sono i valori imprescindibili di cui è forte l’azienda. Una forza in crescendo, che non ha subito battute di arresto nemmeno nel periodo ribattezzato “di crisi economica”. L’attitudine aziendale a guardare alle persone è deducibile anche dalla tendenza del Presidente Bruno Mazzoleni ad elargire fondi per mostre d’arte e per associazioni sportive, perché, «intervenire sul territorio, per aiutare attività positive, culturali o sportive che siano, fa crescere bene le future generazioni e fa stare meglio tutti noi. Dare una mano mi sembra un dovere morale». Recentemente Serim si è anche fatta carico del recupero artistico e architettonico del Santuario di Sombreno: informazione inutile in tema tecnico, ma che rivela l’imprinting del fondatore sull’azienda. E chi sa guardare lontano non ha bisogno di altre parole.

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di Giovanni Volpe • foto Chiara Isner Matera - Michele Maggioni

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apidità e sicurezza nelle consegne, offerte fatte su misura, un competente interlocutore locale ed una rete capillare strategicamente distribuita tra la nostra città e la provincia. Ecco i plus delle sedi bergamasche di GLS, acronimo di General Logistics Systems, un solido gruppo internazionale con struttura in franchising che si è da sempre distinto per i suoi elevati standard qualitativi nel mondo dei corrieri espressi ad alta affidabilità.

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GLS è leader europeo in un settore dove la concorrenza è spietata. Non è più sufficiente essere in grado di consegnare con rapidità una busta, un pacco o un bancale, ma ci vuole una marcia in più, servono una serie di servizi accessori, sviluppati con lo scopo di ridurre al minimo lo sforzo del mittente e l’attesa da parte del destinatario. Sono fattori che fanno la differenza e divengono determinanti nella scelta di uno o dell’altro corriere, e questo lo sanno bene i fratelli De Rui: Silvano, Stefano e Alberto, fondatori, titolari e registi delle cinque sedi bergamasche della GLS, che occupa per dimensioni e giro d’affari uno dei primi posti in Italia. Dopo qualche anno di esperienza professionale nel mondo dei trasporti, i fratelli De Rui iniziano ad operare in proprio a Bergamo nel settore dei corrieri espressi come filiale in franchising di Corriere Executive. Quest’ultimo diventa Direzione Gruppo Executive Spa nel 1993, che viene a sua volta acquisita nel 2001 da GLS B.V.

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È il connubio tra il forte gruppo internazionale e la caparbietà dei tre fratelli De Rui a segnare la nascita della nuova realtà bergamasca: Silvano, personalità eclettica e poliedrica, incline ai rapporti interpersonali, grazie alle precedenti esperienze professionali che gli hanno permesso di maturare un’eccellente conoscenza settoriale dei trasporti, diviene amministratore unico e coordinatore dell’area commerciale della società di famiglia. Stefano grazie alla spiccata capacità organizzativa e gestionale si inserisce come responsabile dell’ambito logistico e distributivo, mentre ad Alberto, grande appassionato di elettronica e di sistemi informatici, viene affidata la completa

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gestione dei rapporti con le altre sedi, il coordinamento dei sistemi informatici e lo sviluppo dei programmi. Un organigramma snello ma efficace quello delle strutture bergamasche di GLS, efficace esempio di aziende che hanno saputo crescere in modo graduale e con le idee chiare di tre fratelli che hanno avuto dalla loro, oltre al fatto di nutrire una profonda stima reciproca, anche un’indiscussa abilità nell’individuare le giuste figure professionali che potessero affiancarli nella crescita aziendale, così da creare team che opera da sempre con grande motivazione e in perfetta sintonia, con uno spiccato spirito di squadra, la cui finalità è quella di soddisfare ogni esigenza della clientela. Il 1998, un anno importante per GLS Bergamo e per la sede di Cividino, dalla quale parte il nostro viaggio alla scoperta di ognuna delle quattro sedi di GLS, strategicamente posizionate all’interno del territorio bergamasco. La sede di Cividino, racchiude in sé alcuni dei segreti del successo GLS Bergamo; innanzitutto la capacità da parte di Silvano De Rui nell’individuare profili in grado di assecondare il suo originario progetto di espansione di GLS, per la cui realizzazione ha rivestito un ruolo importante l’introduzione nell’organico di Cesare

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Riccobono, al quale si deve l’importante crescita del personale di questa sede - della quale è tutt’ora il responsabile - che nel 1997, quando nacque, non recava ancora il marchio GLS; si trattava, infatti, di un punto di raccolta, all’interno del quale lavoravano sette dipendenti. Nel 1998 la sede di Cividino ricevette un forte impulso commerciale e non solo; impulso che, un anno più tardi, - era il 1999 - si concretizzò con l’ufficializzazione della nascita della sede GLS di Cividino; era il risultato di una crescita figlia della supervisione di tutti i passaggi e della formazione del personale da parte di Silvano De Rui affiancato, nel frattempo, dal fratello Stefano nel seguire i vari passaggi della distribuzione e da Alberto, per l’operatività della sede, nei suoi più disparati ambiti. Risultato? Oggi la sede GLS di Cividino può vantare un organico di ben ventuno dipendenti e rappresenta un anello di congiunzione commerciale ideale, tra la provincia di Bergamo e quella di Brescia, oltre che un concreto esempio di quanto, il connubio tra capacità e determinazione da parte dei titolari, e motivazione e unione di intenti da parte di tutti i collaboratori, siano forieri della prestigiosa posizione, nel mondo dei corrieri espressi, di GLS Bergamo.

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n azienda tutta verde

di Marzia Cattaneo

n questo numero di Up abbiamo scelto di dedicare un articolo ad un’azienda bergamasca che ha fatto del verde la propria missione, trasformando la propria professione in una vera e propria filosofia di vita. Per conoscere meglio la realtà di Tillia abbiamo intervistato il Titolare, Matteo Scarpellini, mente e braccio dell’azienda. Sig. Scarpellini, cosa l’ha spinta a creare l’azienda Tillia? Grazie a mio padre ho imparato ad amare la natura ed in particolar modo la botanica già da giovanissimo. L’esperienza maturata nel settore del giardinaggio mi ha portato a credere che fosse necessario creare un’azienda che superasse il concetto di semplice impiantistica e manutenzione del verde e che si concentrasse in una più ampia opera di integrazione tra spazi naturali ed urbanistica, soprattutto in un momento così delicato e sempre più attento alle esigenze ambientali e di territorio. Così è nata Tillia, ormai al suo quinto anno di vita. Quali sono i vostri principali clienti? Certamente. Tillia si rivolge ad un pubblico eterogeneo e trasversale. Operiamo a livello nazionale ed estero sia su piccoli che grandi cantieri, portando la nostra pluriennale esperienza non solo nella piantumazione del verde e nella sua regolare manutenzione. È nostro interesse collaborare con tutti quei privati o quegli enti pubblici sensibili alla protezione ed al miglioramento dell’ambiente, desiderosi di creare ambienti ecocompatibili in grado di migliorare l’estetica del paesaggio, ma anche capaci di importanti funzioni collaterali non meno importanti.

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Può farci degli esempi concreti di eco-compatibilità e sostenibilità ambientale promossi da Tillia? Deve sapere che la nostra filosofia si basa essenzialmente su tre punti focali: la salvaguardia del presente e salvabile, l’arresto e la mitigazione degli impatti ambientali causati dall’uomo e il ripristino di situazioni apparentemente o realmente perdute. Contiamo in tutto ben sedici servizi diversi dedicati al verde a tutto tondo: dallo studio dell’ecosistema al controllo delle specie invasive vegetali ed animali, passando per una serie di interventi di recupero di risorse (es. acqua piovana, drenaggio e deflusso), di pianificazioni a livello ingegneristico per l’assorbimento di rumori e per la mitigazione delle polveri presenti nell’aria. Il nostro lavoro è il frutto di varie competenze che vertono intorno all’ambiente a 360° e che vanno a conciliare le diverse esigenze dei nostri interlocutori. Quali interventi realizzativi ritiene più interessanti? Da un punto di vista prettamente culturale, amo molto gli interventi di tipologia didattica pensati per le scuole e per le amministrazioni pubbliche. Tuttavia ritengo che la vera sfida del futuro sia sempre più concentrata intorno al cosiddetto “verde funzionale”, una sfida che Tillia sta già raccogliendo da tempo e che è destinata a divenire il core business della nostra attività. “Verde funzionale” sembra una terminologia piuttosto tecnica… No, guardi, in realtà è un concetto molto semplice. Il verde funzionale consiste in quella tipologia di verde che, oltre ad assolvere un compito puramente estetico e decorativo, consente di ottenere un’ampia serie di vantaggi aggiuntivi. Da un punto di vista ambientale i vantaggi principali sono: miglioramento del microclima esterno ed interno agli ambienti vivibili, maggiore fruibilità di spazi, recupero di risorse idriche, insonorizzazione, filtraggio delle polveri; da un punto di vista economico: durata maggiore della impermeabilizzazione e delle coperture delle strutture contro gli agenti atmosferici, migliore isolamento termico e conseguente risparmio energetico, aumento del valore dell’immobile, possibilità di usufruire di forti incentivi statali. I vantaggi economici aumentano se il verde funzionale è abbinato anche ad altre soluzioni perfettamente integrabili (es. pannelli solari). Si tratta forse di quelle soluzioni oggi definite “tetti verdi” o “giardini pensili”? Detto in termini suggestivi, sì, si possono comunemente chiamare anche così. In realtà le definizioni più corrette sono “coperture a verde pensile”. Si tratta di lavori molto complessi? Diciamo che si tratta di qualcosa in più che di semplici mega fioriere; sono senz’altro lavori dove la competenza e la professionalità si rendono assolutamente necessari. Per creare un “tetto verde”, ovvero la copertura a verde pensile di un tetto, per esempio, bisogna prima studiare un sistema ad hoc che possa integrarsi con la copertura presente. Di seguito vanno posti gli strati intermedi (drenante, impermeabilizzante, filtrante) e solo alla fine lo strato biotico di terreno e zona verde, ovvero lo strato finale visibile in tutta la sua bellezza. E questi interventi sono costosi? Richiedono poi una manutenzione impegnativa? Per quanto riguarda costi e manutenzione dobbiamo distinguere fra coperture a verde pensile di tipo estensivo e verde pensile di tipo intensivo. Il verde di tipo estensivo, ideale per strutture industriali e capannoni, è più resistente ed è realizzato in modo da approvvigionarsi d’acqua quasi autonomamente tramite processi naturali. La manutenzione avviene una o due volte l’anno ed i costi sono pressoché contenuti. Il verde di tipo intensivo invece, studiato per tetti di case, garage, terrazze e simili, è costituito da una gamma più ampia di piante ed erbe; richiede costi proporzionali alla complessità dell’intervento nel momento della posa, mentre tempi e costi di manutenzione sono simili a quelli di un giardino tradizionale. Up Bergamo

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Esistono altre soluzioni di verde pensile adatte a diverse realtà private e pubbliche? Sì, esistono anche altre soluzioni che sono in grado di accontentare realtà sia grandi che piccole: sono le “pareti a verde pensile”, più conosciute come “pareti verdi”. Si tratta di operazioni di rinverdimento di muri e pareti verticali tramite pannelli grigliati e/o substrati di rampicanti con sviluppo ascensionale, in grado di ricreare vere e proprie isole felici grazie ad un sensibile miglioramento del clima (l’Istituto di Biometeorologia del Cnr di Firenze ha stimato una variazione di cinque gradi in più d’inverno e cinque gradi in meno d’estate). Si prestano perfettamente per cortili, case e scuole. Garantiscono un efficace risparmio energetico ed in più consentono l’installazione di sistemi anti-intrusione nascosti nel verde e, quindi, invisibili all’occhio. Praticamente avete una soluzione adatta ad ogni contesto? Siamo perfettamente consapevoli che ogni spazio abbia delle esigenze specifiche ed imprescindibili, vuoi per la tipologia della struttura, vuoi per la destinazione e la frequenza d’uso, per le persone che vi accedono e per la cornice in cui tale spazio è inserito. Per questo motivo è fondamentale un sopralluogo, cui deve seguire un attento studio di fattibilità ed un accurato lavoro di realizzazione. È un lavoro che da soddisfazione? Sicuramente. È un lavoro, ma per nostra natura è una passione. La professionalità che ci distingue e l’amore per la natura ci portano a conciliare estetica e senso civico, rendendo alla fine un buon servizio a noi stessi, alla comunità che abitiamo e al nostro pianeta in senso allargato (e di rimando ancora a noi stessi). Possiamo dunque concludere che Tillia è un’azienda tutta verde? Sì, credo proprio che sia una definizione che ben ci rappresenta e che rispecchia pienamente la nostra attività. Ci auguriamo che la crescente sensibilizzazione su una tematica così importante quale è quella dell’ambiente, soprattutto ai nostri giorni, possa contare col tempo un numero sempre più copioso di persone consapevoli, in grado di compiere scelte mature e responsabili per il benessere proprio e collettivo. Ripeto: sono certo che il “verde funzionale” sia una delle maggiori sfide del futuro. Noi non ci tiriamo indietro. Abbiamo iniziato un percorso che ci piace e non è nella nostra “natura” lasciare le cose a metà! Con questa simpatica chiosa si conclude per il momento il nostro viaggio all’interno dell’azienda Tillia, che speriamo poter incontrare nuovamente in futuro con ancor più fervide novità. Del resto, non si può certo dire che l’ambiente non sia un tema “sempreverde”!

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na famiglia rassicurante di Cristiana Ghione • foto Michele Vargiu


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a prima percezione che si ha entrando nella sede della AGC SRL, al numero 7 di via Guglielmo D’Alzano, è di un ambiente caldo, luminoso e accogliente. Il suo fondatore, Luigi Scaramucci, mi accoglie nel suo ufficio operativo e, uno ad uno, mi presenta i suoi familiari, anima del gruppo e punto di forza di questo grande successo imprenditoriale, del quale fanno parte la moglie Grazia, il figlio Marco ,amministratore delegato della società, e il fratello Giampaolo. Insomma, una famiglia che con la sua forza ed unione ha creato in questi anni un importante realtà conosciuta e stimata. Ma vediamo come siano arrivati fino a qui… Luigi Scaramucci, classe 1951, appassionato di tennis - è nientemeno che arbitro federale Fit - inizia la sua attività nell’ambito assicurativo, nel lontano 1969; diventa presto sub agente nella zona dell’Isola, in provincia di Bergamo e, successivamente, apre una sub agenzia a Nembro; diventa egli stesso agente nel 1982 e dal 1985 viene affiancato da sua moglie Grazia, il suo braccio destro e colei che lo ha aiutato e sostenuto in questi anni. Apre una prima agenzia a Bergamo per poi spostarsi nella sede attuale nel 2005, data di nascita del gruppo AGC SRL, anno dell’inserimento nel gruppo di Giampaolo e Marco. Il nome della società AGC è un acronimo dei tre punti sui quali la famiglia Scaramucci ha investito le proprie energie; da ciò si può dedurre quanto siano diversificate le attività nelle quali il gruppo opera, dalle assicurazioni, punto cardine della società, alla gestione di aziende, soprattutto in campo informatico, grazie anche all’esperienza del figlio Marco; per poi arrivare alle consulenze, con particolare attenzione alle più disparate

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e recenti normative, per il cui aggiornamento AGC SRL può contare sull’appoggio dello studio legale associato Tassinari&Sestini di Bergamo. Marco e Giampaolo hanno ampliato la gamma della consulenza avvalendosi di collaborazioni e partnership importanti; nel campo della telefonia con il gruppo Qcom, e con REAR G.S.A. che gestisce la sicurezza antincendio con progettazione e realizzazione di impianti all’avanguardia; infine con FORT Fibre Ottiche, che opera in vari settori, e in particolar modo in quelli dell’Illuminotecnica, della trasmissione dati, dell’endoscopia e di applicazioni speciali. Grande crescita, dunque, quella di AGC SRL che, nel corso degli anni, ha saputo mettere al servizio dei suoi clienti le migliori tecnologie e strutture e il massimo della qualità in ogni campo. Una famiglia che, con la sua forza e compattezza, è giunta a rappresentare un modello di assoluta eccellenza, in continua evoluzione ed espansione, sempre e comunque all’avanguardia.

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di Giovanni Volpe • foto Chiara Isner Matera - Michele Maggioni

nizia il nostro viaggio alla scoperta dei più intraprendenti giovani imprenditori di casa nostra… Un viaggio durante il quale vi presenteremo giovani uomini e donne che saranno i grandi di domani, coloro che, con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, si stanno cioè preparando a diventare il simbolo del miglior modo di fare impresa, ben oltre i nostri confini. Protagonista del primo capitolo de “ i GRANDI di domani”, è Sandro Riccobono, titolare di HLN srl, la cui attività, come vedremo, si sposa a meraviglia con il nostro nuovo “percorso editoriale”… Raccontaci in breve HLN, il suo core business con riferimento particolare alla sede di Cividino da te gestita - personale, veicoli, partnership –. HLN Srl nasce con l’obbiettivo di soddisfare l’esigenza delle aziende locali di avere un corriere affidabile con il quale gestire il traffico da e per la Germania, e dall’esigenza di aziende tedesche e corrieri espressi tedeschi che cercavano un partner serio - affidabile e pronto a dare risposte immediate, quindi con la conoscenza della lingua tedesca - al quale ‘’girare’’ tutto il traffico di merci tra Italia e Germania. Dieci anni fa abbiamo iniziato con un solo furgone e relativo autista, oltre a un operatore che svolgeva anche mansioni di vendita. Poi, col tempo, nemmeno troppo a ben vedere, visto il continuo incremento del parco clientelare, venne da sé l’esigenza di aumentare l’organico con autisti, operatori e venditori. Spiegaci il concetto di “brokeraggio” all’interno di un’attività come quella di HLN... HLN Srl riveste il ruolo di broker nel mondo dei trasporti, applicando, cioè, il concetto di “gruppo d’acquisto” su scala più ampia, ed estendendo i vantaggi anche ai propri clienti. L’azienda offre alla propria clientela tutti i servizi di trasporto conto terzi, a prezzi altamente competitivi grazie alla logica del brokeraggio ma non solo, vista anche l’offerta di servizi dedicati, servizi diretti, servizio taxi e limousine. Per i nostri clienti HLN Srl è come fosse la sede distaccata di un importante loro ufficio interno; sempre e comunque prioritaria resta, ovviamente, la cura di tutti gli interessi della “casa madre” che, mai come nel caso di HLN, sono clienti e, allo stesso tempo, partner. Come sei approdato ad HLN? Quale la tua formazione, prima di raggiungere HLN? Beh, HLN Srl è nata da un esigenza che riscontravo da parte delle sempre più numerose aziende che necessitavano trasporti di ogni genere. È dunque un’idea che si è concretizzata dopo aver più volte riscontrato l’insoddisfazione degli interlocutori con i quali mi relazionavo. Molti si lamentavano di come fossero poco reattivi i corrieri internazionali nell’organizzazione di ritiri o consegne dalla Germania - la nostra zona è piena di produttori di materie prime semilavorate destinate al Centro Europa ma soprattutto in Germania -.

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Lamentele inerenti il fatto che, una volta affidata una spedizione a un corriere, non vi era modo di avere informazioni immediate sullo stato delle spedizioni; insoddisfazione riguardante operatori di numeri verdi e la loro diffusa superficialità nell’affrontare i problemi dei clienti; infine, lamentele sui costi del trasporto che gravavano eccessivamente sul bilancio aziendale di piccole e medie imprese. Da queste esigenze e problematiche ha avuto origine il desiderio di dare una risposta, di trovare una soluzione concreta… Quanto alla mia formazione, beh, ha apparentemente poco a che vedere con la mia attività lavorativa, se non per la fantasia che, a volte, serve per trovare rapide e poco onerose soluzioni. Ho conseguito la maturità artistica a Milano; ho lavorato come fotografo e per qualche anno ho operato nell’ambito delle gallerie d’arte contemporanee, nel quale svolgevo più mansioni; organizzazione di eventi, reportage fotografici, impaginazione e realizzazione di cataloghi; grazie alle lingue che conosco, spesso mi capitava di avere direttamente a che fare con gli artisti che Up Bergamo

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provenivano da tutto il mondo, anche il compito di organizzar loro serate in varie location milanesi. Dopo l’esperienza nell’ambito artistico, ho lavorato presso un grosso corriere nazionale come venditore; da lì l’idea di HLN... In che modo gli studi effettuati pensi ti abbiano facilitato o, in qualche modo, ostacolato in un mondo come quello al quale appartiene HLN? Sono nato in Germania, dove ho frequentato la scuola materna e, fino all’età di 15 anni, ho trascorso le mie vacanze estive imparando il tedesco che, oggi, parlo come l’italiano. A scuola ho sempre frequentato sperimentazioni con indirizzi linguistici e l’apprendimento di inglese e francese non è stato difficile, probabilmente grazie all’elasticità mentale che l’apprendimento del tedesco mi ha trasmesso… Poter, poi, comunicare nel mondo dei corrieri internazionali direttamente con i corrispondenti è stato sicuramente uno dei motivi della scelta di concretizzare HLN Srl nel mondo dei corrieri Internazionali. Che cosa significa fare impresa, in un mondo competitivo come quello in cui opera HLN, per un trentenne? Oggi più che mai si richiede molta elasticità mentale e una pronta risoluzione dei tanti problemi dovuti alla difficoltà del mercato. La crisi ha sensibilizzato tutte le aziende nella ricerca dell’ottimizzazione dei costi e io, con HLN Srl, rispondo prontamente alle richieste della mia clientela. HLN rappresenta di certo un punto di vista privilegiato sull’attuale situazione economica mondiale... Qual è la tua prima riflessione in merito? Noi giovani imprenditori veniamo spesso sottovalutati e soprattutto abbandonati al nostro destino con un fardello di problemi e difficoltà con il quale fare i conti… Con l’aiuto di buoni “consiglieri”, di esperti del settore, sono riuscito a liberarmi dalla dipendenza dalle banche, e questa mia autonomia mi permette di essere più competitivo nella taratura dei costi dei miei servizi, sempre e comunque altamente qualificati e precisi. Naturalmente tutte le aziende produttrici devono utilizzare una forma di trasporto per consegnare il loro prodotto; se prima della crisi si utilizzava il “collettamista” per soddisfare grosse partite per il rifornimento di magazzini del cliente, oggi è il cliente finale che fa l’ordine della merce; ordina, cioè, solo il venduto evitando così di fare scorte a magazzino per non avere costi immediati. Oggi, quindi più che mai, il lavoro del corriere espresso riveste un ruolo davvero basilare per soddisfare di tutte le più diverse esigenze delle aziende. Essenziali sono la rapidità nelle consegne, l’accuratezza delle informazioni e, chiaramente, la competitività dei prezzi. Un esempio di soluzioni rapide affrontate poco tempo fa… Venni chiamato da un cliente alle 16 in punto… “Buonasera Sandro, ho un grossissimo problema... alle 22 si fermerà una catena di montaggio presso un mio cliente vicino a Francoforte; questa catena bloccata ci costerà 1000 euro all’ora e devo, perciò, consegnare una busta di guarnizioni entro quell’ora per evitare che mi addebitino i costi di fermo macchina; come posso fare? Ha modo di far partire subito una macchina per Francoforte?” Dopo aver calcolato i costi delle varie possibilità e i tempi di percorrenza, ho trovato l’unica soluzione fattibile per evitare il grave problema del fermo macchina. Non avendo molto tempo a disposizione, fatta ritirare la busta da un mio collaboratore, ho disposto mi venisse prenotato un volo andata e ritorno per Francoforte. Il risultato è s t a t o

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impeccabile! Le guarnizioni sono state consegnate al destinatario alle ore 20.00. Giusto il tempo di scendere dall’aereo consegnare la busta di guarnizioni al destinatario, venuto in aeroporto di persona, e mi trovavo già nuovamente seduto a bordo dello stesso aereo dal quale ero appena sceso, per il comprensibile stupore della hostess… Qual è il primo traguardo che ti sei prefissato di raggiungere con HLN per questo 2011? Quest’anno, vista la chiusura molto positiva del bilancio 2010, ho deciso di investire su due nuovi giovani commerciali e su un’altra figura operativa; questo, per aumentare il potenziale del servizio di assistenza dedicato ai nostri clienti.. Sono certo incrementeremo del 30..35% il nostro fatturato per l’anno in corso e, sicuramente amplieremo la superficie del nostro magazzino data l’acquisizione di nuovi clienti nell’ambito della logistica.

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ALESSANDRA BRENA SPECIALE CABRIO: AUTO IN BONALDI MOTORI MASSI CAR Up Bergamo

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uando e come hai mosso i primi passi nel mondo delle competizioni automobilistiche?

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Beh, la mia carriera inizia alla tenera età di cinque anni quando, dopo aver visto alcuni bambini che stavano provando dei kart al Kartodromo Orobico di Curno, ho voluto provare anch’io quell’esperienza. All’inizio un bravissimo meccanico, Costantino, mi teneva legato il retro del kart con una corda e mi correva dietro per la pista, in modo da non farmi andare a sbattere in caso avessi sbagliato. Dopo di che ho iniziato a fare i primi giri senza la corda, durante i quali ho fatto il mio primo piccolo incidente andando a sbattere contro le protezioni in un tornante ma… è stata tutta esperienza! Al termine di un periodo fitto di prove al volante di kart a noleggio, i miei genitori hanno deciso di comprarne uno tutto per me. Ho iniziato a fare le prime esperienze di guida nel parcheggio di un supermercato e poi, dopo aver raggiunto un “buon tempo sul giro”, ho iniziato le prove nel kartodromo di Curno. Qui ho trovato molte persone disposte ad aiutarmi, alle quali devo molto e sarò sempre grata; una su tutte, Fabrizio Colombi - proprietario del kartodromo e, anni addietro, valente pilota di rally, - Marco Colombi - figlio di Fabrizio e suo successore nei rally e, infine, Stefano Pellizzoni e suo figlio Kevin, che hanno avuto un ruolo rilevante nella mia crescita agonistica. Nel 2009 ho finalmente mosso i primi passi nell’automobilismo, a bordo di una formula Junior. Nel 2010 ho invece provato una Formula Renault 2000 e ho iniziato i test con la Formula Abarth. In questo 2011, la mia avventura continua; sto infatti effettuando dei test con la scuderia Euronova di Vincenzo Sospiri, che mi accompagnerà nel Campionato Italiano Formula Abarth, al quale prenderò parte.

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Chi ti ha scoperta e chi ha creduto e continua a credere in te alla vigilia di una nuova esperienza come questa? Le persone che mi hanno “scoperta” sono state senza dubbio i miei genitori perché sono loro che hanno intuito che il kart per me non era solo un gioco ma che ci mettevo tanta passione e grinta; poteva quindi diventare qualcosa in più; e di questa loro lungimiranza sarò sempre grata. Inoltre posso dire che siano loro quelli che hanno sempre creduto in me e che continuano a farlo… Mi reputo fortunata perché nella persona di mio padre accentro due figure: il papà e il manager; infatti “il mio manager” e la società AD Project mi seguono sin dagli esordi, organizzandomi le pubbliche relazioni, l’immagine, la scelta del team e, soprattutto, badando alla ricerca di sponsor sempre nuovi, anche a fronte dei notevoli costi di una stagione in Formula Abarth. Devo comunque ringraziare anche altre persone che hanno creduto e continuano a credere in me; tra queste, Giancarlo Minardi, che mi ha sempre dispensato ottimi consigli; Vincenzo Sospiri, che mi sta aiutando molto nella crescita in un

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mondo impegnativo come quello dell’automobilismo; ultimi, ma non certo per importanza, tutti gli sponsor che mi hanno appoggiata e quelli che continuano ad appoggiarmi. Cosa significa farsi largo in un mondo, quello delle corse, da sempre prettamente maschile? Ti sottovalutano, rispettano, temono? Devo dire tra compagni di gara c’è estremo rispetto. Penso, interpretando anche il pensiero dei miei rivali, che un avversario, maschio o femmina che sia, è sempre un avversario; certo, capisco che talvolta possa essere fastidioso essere battuti da una ragazza! Quali cambiamenti comporta per te il passaggio in Formula Abarth, a livello fisico e psicologico? I cambiamenti tra kart e Formula Abarth sono enormi. Innanzitutto la macchina è molto più difficile da guidare sia a livello fisico, che psicologico. A livello fisico perché la monoposto ha un peso e una potenza molto diversi dal kart; servono, dunque, più fiato e un maggiore sforzo muscolare, il che mi ha spinta ad appoggiarmi al centro fisioterapico e di preparazione atletica, Fisiology Center di Forlì, quindi al professor Fabrizio Borra; un centro frequentato da importanti piloti di GP2 (Dovizioso) e di Formula 1 (Alonso). In questo centro sono seguita dal professor Luca Rafelli che mi ha “prescritto” ben quattro giorni settimanali di allenamento in palestra e una

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dieta ferrea; il tutto per arrivare a una preparazione psicofisica idonea ad affrontare il campionato di Formula Abarth. Il cambiamento è, poi, molto drastico anche per quanto riguarda la psiche. Questo perché i riflessi sono totalmente diversi da quelli del kart poiché le velocità sono molto più alte e quindi i tempi di reazione necessariamente molto più brevi. Questo porta a una difficoltà nel mantenere la concentrazione - aspetto sul quale mi sto allenando molto soprattutto con test in pista e con alcuni esercizi in palestra -. Quali sono le tue aspettative per questa tua prima stagione in Formula Abarth? L’obiettivo principale di questa stagione, è fare esperienza, in quanto andrò a confrontarmi con piloti molto più esperti e grandi di me. Ora il mio obiettivo è, quindi, quello di arrivare alla prima gara riuscendo a guadagnarmi una posizione a centro classifica; tutto ciò che di meglio dovesse poi arrivare, sarebbe vissuto come una vera e propria vittoria: lo confesso, non mi dispiacerebbe salire almeno una volta sul podio! Comunque sono convinta che la stagione 2011 sarà una stagione per me spettacolare, di svolta… e, cosa che certo non guasta, mi divertirò un mondo… Divertirvi con me!

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di Giovanni Volpe foto Chiara Isner Matera Michele Maggioni

oker... scoperto

adillac XLR-V. Il più delle volte il marchio Cadillac rievoca le mastodontiche cabrio a stelle e strisce, che dominavano le scene dei più celebri film cult dei mitici anni 70 e 80... Non tutti probabilmente sanno, però, che Cadillac oggi può vantare all’interno della sua gamma, una vettura in grado di dar filo da torcere alle più blasonate supercar scoperte del vecchio continente, sia dal punto di vista costruttivo e tecnologico, che da quello più squisitamente prestazionale: il suo nome è XLR-V. Gli interni segnano un marcato salto di qualità rispetto a quelli delle più appariscenti vetture statunitensi passate; possono essere personalizzati scegliendo un’impostazione più classica con legname “Black Olive Ash Burl”, o una più sportiva con inserti in metallo satinato “Bermuda”; in entrambi i casi la plancia è ora rivestita in pelle naturale cucita a mano. Dinamismo di alto livello e prestazioni pure mozzafiato per questa vettura il cui V8 di 4.4 litri eroga la bellezza di 450cv, domati dall’esclusivo sistema di sospensioni “Magnetic Ride Control System” che, comunque, non le impedisce di raggiungere i 100km/h da fermo, in soli 4,5 secondi.

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SPECIALE CABRIO AUTOIN

azda MX5. Ne ha fatta di strada la piccola spider giapponese nata nell’ormai lontano 1989 e giunta alla sua quarta generazione e, oggi, persino disponibile in versione con tetto rigido ripiegabile elettricamente. La Miata - così la chiamano gli appassionati di tutto il mondo - con le sue oltre 850mila unità vendute, il cui primo spot dei tempi recitava “guardala... quest’auto ti sorride”, non solo rimane la spider più venduta di sempre, ma è anche tornata a “sorridere” in questa sua ultima versione; pur senza i suoi “occhi” a scomparsa che facevano tanto supercar, infatti, l’attuale MX5 ricorda nel frontale la sorridente progenitrice. Molta sostanza nella recente scoperta del Sol Levante che, senza tradire il progetto originario, ha compiuto come ovvio, enormi passi in avanti in fatto di sicurezza e comfort, pur restando letale fra le curve. Il suo segreto? In luogo del vecchio millesei da 116cv, oggi vi sono un milleotto e un duemila con potenze rispettivamente di 126 e 160cv, per una massa di soli 1075kg Ventuno anni, trazione posteriore, dinamismo e piacere di guida a piene mani, per una vettura ormai senza tempo.

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aab 9-3 Cabriolet Independence Edition. Sono solo 366 gli esemplari prodotti di questa edizione speciale della Sabb 9-3 cabriolet; immediatamente riconoscibile per la verniciatura Amber Orange, la scoperta svedese ricalca il top di gamma Aero; dedicato anche i cerchi in lega da 18” a cinque razze cromati e satinati. All’interno pelle e fibra di carbonio a profusione tra sedili sportivi, strumentazione e pannellerei; completano il corredo interno un volante sportivo con impunture arancioni e dei tappetino coordinati. Al performante ma parsimonioso 1.9 turbodiesel da 180cv con turbina doppio stadio e cambio a sei marce sia in versione automatica che manuale, la responsabilità di regalare emozioni anche su strada. Un’ultima chicca è, infine, costituita dal lunotto posteriore, all’interno del quale potrete scoprire quale delle 366 vetture realizzate, sia la vostra.

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SPECIALE CABRIO AUTOIN

orvette 2011 e Pack Z07. In attesa del modello completamente nuovo, previsto per la fine del 2013, la Corvette 2011 si evolve ulteriormente, pur senza reali rivoluzioni. La Z06 attinge dalla cattivissima Z01 alcuni dettagli in grado di renderla ancora più efficace; innanzitutto gli pneumatici speciali dedicati, i Goodyear F1 Supercar Generation 2, e uno scarico di inedito design - denominato “X-Pipe” che, secondo i tecnici Corvette, migliorerebbe le prestazioni oltre che il sound della vettura. Disponibile anche l’inedita Z06 Carbon che spicca per un inedito kit aerodinamico oltre che per una verniciatura satinata, dedicata. Per chi, ancora, non si accontentasse, ecco la possibilità di acquistare il Pack Z07: composto da pneumatici specifici Michelin montati su cerchi da 20”, sospensioni Magnetic Ride e impianto frenante carboceramico Brembo, renderà ancora più appagante spingere al massimo questo simbolo della sportività USA, i cui pesi sono ora perfettamente ripartiti tra assale anteriore e posteriore.

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coperte dalla “A” alla “V”

di Giovanni Volpe

udi A3 Cabrio Young Edition. Mai Audi A3, la compatta premium della casa di Inglostadt, era stata tanto vicina ai giovani. Una vicinanza che, con la gamma Young Edition, si concretizza nel prezzo ma anche in una filosofia di fondo tipicamente giovane. La Cabrio, protagonista del nostro speciale, è disponibile in due motorizzazioni che badano, alla luce della loro cavalleria, al contenimento dei consumi, dei costi d’esercizio e a un’affidabilità a tutta prova; si tratta infatti di un 1.2 TFSI litri a benzina da 105cv e di un TDI diesel 1.6 litri da 105cv. Parlare, soprattutto ai giovani ai quali questa versione è espressamente dedicata, di rinunce in fatto di allestimento e dotazione, pare un po’ eccessivo… Questa A3 Cabrio, infatti, fa a meno di pochi dettagli; si tratta degli specchietti esterni ripiegabili elettricamente, qui manuali e non riscaldabili e, all’interno, del climatizzatore, ora “solo” semiautomatico” . Nulla di trascendentale a fronte di contenuti di alto livello e immagine da vendere, ad una cifra inferiore ai 30mila euro.

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udi A5 Cabrio. Classe, raffinatezza e dinamismo; questi tre semplici termini riassumono idealmente ciò che rende la A5 Cabrio, una vettura in grado di suscitare emozioni, da ogni punto di vista. Osservando la vettura a capote – rigorosamente in tela e comunque capace di garantire un comfort, acustico e termico, straordinario – si ha l’impressione di avere di fronte una vettura di gran classe; si intravede un vero e proprio salotto per quattro, a cielo

aperto e rifinito con estrema cura, sin nel più insignificante e nascosto dettaglio. Parlando di comfort superiore, non si può non citare l’impianto di climatizzazione a tre zone in grado di coccolare collo e testa di ogni occupante. Tecnologia, sicurezza e prestazioni al top della categoria e oltre; merito di propulsori a benzina e a gasolio modernissimi, parsimoniosi e prestazionali – con potenze comprese tra 160 e 333cv – abbinati a trasmissioni efficaci e trazione anteriore o integrale permanente Quattro. Up Bergamo

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SPECIALE CABRIO BONALDI MOTORI

udi R8 Spyder. L’Audi R8 Spyder e , in particolar modo, la più recente versione 5.2 V10, introduce il marchio degli anelli nell’olimpo delle fuoriserie sportive di razza. Bastano pochi dati per rendere l’idea di che bolide si abbia di fronte: il propulsore dieci cilindri di derivazione Lamborghini, la bellezza di 525 inesauribili cavalli e uno 0-100 km/h coperto in soli 4,1 secondi. Prestazioni rese possibili da un comparto tecnico di assoluta eccellenza, grazie anche all’opzione del fulmineo – ma anche morbido e confortevole all’occorrenza – cambio R-Tronic. Sempre elegante e pulita nel design, questa speciale R8 non rinuncia a qualche dettaglio “minaccioso”; è il caso dell’inedita calandra cromata, dei grossi cerchi in lega dal disegno specifico e dei terminali ovali sdoppiati posteriori dai quali esce un sound coinvolgente eppure mai fastidioso. Ennesimo esempio di sintonia tra raffinatezza e prestazioni, elementi in questo caso elevati all’ennesima potenza.

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olkswagen Golf Cabrio. Era la Golf che mancava… E mancava da tempo, visto che “sorellastra” Eos del 2003 non è mai riuscita del tutto a farne dimenticare l’assenza che, già al primo sguardo, progettisti e designer di questa nuova cabriolet hanno colmato permettendo a questa Golf di sfoggiare un’inimitabile capote in tela. Questo dettaglio, che rappresenta uno degli elementi distintivi delle Golf cabrio di sempre, nasconde un ennesimo traguardo del Gruppo Volkswagen che, infatti, ha recentemente acquisito la storica carrozzeria Karmann, da sempre specializzata nella realizzazione di vetture scoperte. La nuova Golf Cabrio nasce sulla base della recente Golf VI rispetto alla quale, però, cambia in alcuni dettagli decisivi per la trasformazione in vettura scoperta; ci riferiamo ai montanti anteriori, sensibilmente più inclinati, e alla “coda” che, a parte i gruppi ottici a led presi in prestito dalle sorelle più sportive, è tutta nuova. A capote chiusa cambia anche la linea complessiva di questa vettura che, soprattutto nella parte posteriore della copertura, non manca di un certo slancio.

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Nell’abitacolo, comodo per due occupanti anteriori, più due alle loro spalle, si ritrova quella sensazione di qualità ed ergonomia che poi trova pieno riscontro nei fatti; tutto, anche in questa Cabrio, è qualitativamente al top, pur senza fronzoli, come nel più consueto stile Volkswagen. Anche meccanicamente la nuova Golf Cabrio ricalca l’eccellenza delle sorelle chiuse: ampia gamma di motorizzazioni con moderni propulsori benzina, diesel e dotati di Blue Motion Tecnology, cioè particolarmente attenti all’ambiente. Le potenze variano tra i 105 e i 210 cavalli; le emozioni a cielo aperto, ora fruibili in soli 9.5 secondi, sono invece di serie su tutta la gamma!

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di Giovanni Volpe foto Chiara Isner Matera Michele Maggioni

l Massi...mo

l concetto di carrozzeria come tipico luogo nel quale portare a riparare la propria vettura incidentata, è ormai sostanzialmente superato. Lo conferma, se possibile ancor di più, l’azienda che vi presentiamo in queste pagine, e soprattutto, l’affiatato team che vi opera seguendo i dettami del titolare Massimo Carrara, quarantenne ma già in grado di vantare quasi venticinque anni di esperienza in questo competitivo settore.

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Cosa significa svolgere oggi la sua attività ad alti livelli, come avviene con Massi Car? Significa, innanzitutto, sapersi occupare a 360 gradi di quanto possa concernere il post vendita di una vettura; oggi come non mai, poter offrire un servizio completo ed efficace, nel minor tempo possibile, significa avere un feedback sempre più positivo da parte del cliente, si sa, poco incline a “far sconti” quando di mezzo c’è la propria auto. Ecco perché, definire semplicisticamente Massi Car una carrozzeria, sarebbe in buona sostanza un errore; noi sostituiamo, per esempio, cristalli in tempi brevissimi; leviamo con macchinari all’avanguardia le bolle causate dalla grandine; offriamo il servizio di recupero con carro attrezzi e la vettura di cortesia non manca mai. E in caso di sinistro che causi anche problemi meccanici? Beh, il nostro prioritario obbiettivo è quello di sollevare il nostro cliente da ogni stress; ecco perché operiamo con delega da parte del cliente alla gestione del sinistro in questione; e in caso di necessità di “cure” meccaniche, ci avvaliamo della sinergia con una officina di alto livello, la Tecnicar del rallista Alessandro Perico. Per tanti tipi di lavorazione, avrà a disposizione uno staff di pregio…

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Oltre al sottoscritto, Massicar vanta uno staff di quattro elementi fissi, ciscuno con capacità notevoli nel singolo tipo di intervento; inoltre per il trattamento di lamierati più o meno recenti, non posso fare a meno dell’inimitabile manualità di due esperti lattonieri che mi sento di definire quasi più artisti che carrozzieri in senso stretto. A proposito di arte… Massicar ha sfornato, nella sua storia, vetture realmente rare… uniche… In effetti Massicar, oltre a essere specializzate nell’intervento su supercar del calibro di Ferrari e Maserati, ha lavorato al ripristino di vetture d’epoca davvero uniche; una su tutte una splendida Fiat 500 Special, appartenuta al principe Ranieri

di Monaco, il cui intervento avvenne in collaborazione con il “mago delle 500”… noto in tutta Italia ed Europa, l’amico Antonio Cassella di Villa di Serio. Che prospettive ha, dunque, Massi Car? Abbiamo appena rinnovato le nostre attrezzature e i nostri macchinari; e continueremo a farlo in modo tale che condizioni ed efficacia del lavoro siano sempre ai massimi livelli e il disagio psicologico ed economico per il cliente, sempre inferiore, in un’era nella quale le vecchie lamiere lasciano sempre più spazio a materiali plastici e leghe dall’alluminio.

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on solo quadri di Marzia Cattaneo • foto Alberto Merisio

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LAST MINUTE TRITTICO ART GALLERY

mmaginate di essere a Bergamo città e correre tra paesaggi bucolici, verdi e lussureggianti; o di uscire dalla piscina e trovarvi di fronte ad un avvolgente tramonto dall’orizzonte africano. Vi domanderete come ciò sia possibile… Come in ogni storia che si rispetti occorre partire dall’inizio. Qualche anno fa, un imprenditore curioso della vita, appassionato d’arte e amante della cultura a tutto tondo, ha fatto suo il principio secondo il quale il benessere di una persona si ottiene ponendo su un unico piano tutte le sfere che compongono la nostra esistenza, in particolare quella emozionale. Cesare Riccobono, moderno dandy dai mille interessi e dalle mille esperienze in Italia e all’estero, ha scelto di dedicarsi all’arte pittorica percorrendo una strada tutta nuova e soprattutto fruibile a tutti coloro desiderino condividerne la sensibilità: il mondo del falso d’autore, rivisitato in chiave moderna. Da qui la creazione di Trittico Art Gallery, una vera e propria galleria d’arte fino ad oggi indirizzata soprattutto al pubblico specializzato (ricordiamo la costante presenza di Trittico Art Gallery presso le fiere più importanti del settore quali Milano, Padova, Verona,Vicenza, Napoli, Bari, Palermo, oltre che presso le fiere alberghiere di Rimini, Carole e Genova). Grazie ai riscontri ottenuti nel tempo, sempre più importanti in termini di successo e di critica, Cesare Riccobono ha pensato ora di aprire le porte della galleria ad un pubblico più ampio, rivolgendosi anche al privato.

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Chi di noi non vorrebbe possedere un’opera d’arte calda ed evocativa di Gaugain, delicata e leggera di Monet o surreale e folle di Van Gogh? Certo, le alternative all’originale esistono: tristi e squallidi poster appesi alle pareti, banali copie limitate alla riproduzione di immagini senza alcun pregio… Trittico Art Gallery risponde ad un palato più raffinato che, pur cercando soluzioni accessibili da un punto di vista economico, non vuole rinunciare alla bellezza e all’originalità. Per questo la galleria offre falsi d’autore realizzati nel rispetto dell’ambiente e delle persone finiti in laboratorio artigianale con materiali atossici, realizzati con tecniche innovative e capaci di mantenere l’opera integra nel tempo, con cornici dipinte a mano. Ogni quadro è impreziosito da una cornice scelta in base al soggetto, al gusto del committente e all’ambiente dove andrà ad inserirsi, così da rendere ancora più appagante il risultato finale. Infine, l’opera è corredata da un certificato di garanzia sulla manifattura e sui materiali adottati, a maggiore trasparenza di informazione e tutela dell’acquirente. Il catalogo di Trittico Art Gallery relativo ai falsi d’autore è ricchissimo; ma la galleria non si ferma qui. Grazie al suo staff di laboratorio, è in grado di creare opere esclusive assolutamente personalizzate anche nel soggetto. L’acquirente può infatti scegliere di vedere realizzata un’immagine assolutamente personale, al fine di rendere indelebile nel tempo un momento particolarmente rappresentativo o un ricordo particolarmente intenso del proprio vissuto. Partendo da una fotografia, un dipinto, una stampa, tela o stoffa, Trittico Art Gallery può rielaborare l’immagine sotto forma di quadro perfettamente inserito nella sua degna cornice, coniugando l’estetica con la forza dell’impatto emotivo. Sia per queste lavorazioni che per i falsi d’autore, l’acquirente può altresì scegliere la dimensione del quadro:

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si parte da cm 30x30, passando da cm 120x120, fino ad arrivare al vero e proprio su misura (gigantografie e simili). Come già accennato, fino ad oggi Trittico Art Gallery si era rivolta esclusivamente ad un target ben definito. Bergamo diventa oggi formalmente la prima città italiana in grado di accedere liberamente alle opere d’arte Trittico, grazie anche ad una collaborazione cominciata lo scorso 8 marzo con la rinomata location I-Club San Marco. In quella data Trittico Art Gallery e il club più prestigioso del centro città, punto nevralgico, sede di incontri e avvenimenti, hanno dato il via ad un’ampia mostra temporanea di opere firmate Trittico Art Gallery; mostra che sta proseguendo con grande apprezzamento da parte del pubblico e di molte autorità, tanto da indurre gli organizzatori a studiare un evento per il mese di maggio. Come già accaduto lo scorso 8 marzo, anche in quell’occasione l’accesso al Club sarà libero e gratuito, per consentire anche ai non soci I-Club di entrare ad ammirare (ed eventualmente acquistare) le opere esposte o consultare il catalogo Trittico. L’esposizione di Trittico Art Gallery presso I-Club terminerà a fine maggio. Chi desiderasse avere maggiori delucidazioni o visionare i quadri esposti, comunque già accedere all’interno previa richiesta presso la reception (I-Club San Marco, Piazza della Repubblica 3, Bergamo). Trittico sta altresì lavorando per aprire una nuova azienda che distribuirà le opere d’arte tramite negozi in franchising, supportata da un portale per il commercio elettronico (www.artbytrittico.com) ed è aperta a collaborazioni di ampio spettro, dalla regalistica privata a quella aziendale, senza dimenticare la possibilità di arredo e di allestimento di negozi e uffici.

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di Cristiana Ghione • foto Alberto Merisio

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na nobile dimora risalente al XIII sec. immersa in un parco secolare,Villa Suardi a Trescore Balneario, ha fatto da cornice alla mostra organizzata da Colleoni Proposte D’Arte, una delle tante iniziative che la famiglia Colleoni propone ormai da qualche anno alla sua affezionata clientela. In quest’occasione esponevano diversi artisti, tutti rappresentanti, a pieno titolo, della realtà della pittura contemporanea. Una mostra prestigiosa, con recensioni del critico Fernando Noris, redatte su catalogo con bibliografia di ogni singolo artista; un grande evento suggestivo ed emozionante. La passione per l’arte, a partire da Roberto, il padre, poi trasmessa ai figli Giacomo e

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Gianandrea, ha fatto sì che nascesse nel 2006 Colleoni Proposte D’Arte. La scelta di promuovere nuovi giovani artisti, ma anche personaggi già conosciuti nel panorama contemporaneo internazionale, con almeno tre mostre all’anno all’interno della loro azienda, è stata vincente, e ha riscosso un sempre maggior successo di pubblico e critica. Visto il grande riscontro di questa iniziativa, Colleoni Proposte D’Arte ha da poco acquisito un nuovo spazio di circa 200mq, che si aggiungono

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alla già ampia e prestigiosa sede storica di via Baioni. L’obbiettivo è quello di avere sempre in esposizione almeno una sessantina di opere scultoree e pittoriche, offrendo quindi un’ampia possibilità di scelta, per soddisfare tutte le esigenze della clientela, dall’arredo su misura fino al pezzo d’arte. Il grande punto di forza del lavoro di Colleoni Roberto & C Ta, dunque di Colleoni Proposte D’Arte, è costituito dalla possibilità di avere accesso alle abitazioni della clientela; ecco che, conoscendone i gusti, diventa più facile individuare e proporre tessuti, tendaggi e, ovviamente, sculture e opere d’arte. Stile, raffinatezza e creatività di una famiglia ricca di passione e capace di portare allo stato dell’arte, sogni e aspettative della clientela.

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INFO

MCF Systems Srl 24030 Pontida (BG) - Via Leonardo da Vinci, 28 tel: 035 796389 www.mcfsystems.it

Cascina del Sole 24060 Carobbio degli Angeli (BG) - Via Carducci, 6 tel: 035 954042 info@cascinadelsole.it

Progetto Giardino - gruppo La Fercolor 24061 Albano Sant’Alessandro (BG) - Via Tonale, 81 tel: 035 582340 www.progettogiardino.info

Viola Dr. Sarah Medico Chirurgo Psichiatra 24122 Bergamo - Via Cucchi Francesco, 1 tel: 035 249921

Coldiretti Bergamo 24125 Bergamo - Via Giuseppe Mangili, 21 tel: 035 4524011 www.bergamo.coldiretti.it

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Paolo Pecora Milano Bergamo - Via S. Alessandro, 11 tel: 035 214332 www.paolopecoramilano.com

Patrizia Fratta tel: 333 4569339 www.patriziafratta.it info@patriziafratta.it

Colleoni Roberto & C. S.r.l. 24123 Bergamo - Via Baioni, 21 tel: 035 223300 • 035 242090 www.colleoniroberto.it

Tecnocasa 24020 Gorle (BG) - Via Mazza, 10 tel: 035 664519 bghc4@tecnocasa.it

S & B Soluzioni Idrauliche 24060 Bagnatica (BG) - Viale Papa Giovanni XXIII, 63/D tel: 035 680254

Vanoncini S.A.S. Di Vanoncini Daniele & C. 24124 Bergamo - Via Gianforte Suardi, 4 tel: 035 4173335 www.vanoncinisas.com

utti gli amici di UP Bergamo ALL THE FRIENDS OF UP BERGAMO

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Serim S.r.l. 20061 Carugate (MI) - Via del Lavoro, 8 tel: 02 9254865 www.serim.it info@serim.it

Auto In 24124 Bergamo - Via C. Correnti, 41/43 tel: 035 363617 info@autoinonline.it

GLS - Sede di Cividino 24060 Castelli Calepio (BG) - Via Molinaretti, 26 tel: 030 7435442 cividino@gls-italy.com

Bonaldi Motori 24124 Bergamo - Via V. Alpini, 8 tel: 035 4532711 info@bonaldi.it

Tillia Gardens’ Mirabilia 24124 Bergamo - Viale Giulio Cesare, 26 tel: 035 19951458 www.tillia.it tillia@tillia.it

Massi Car 24060 San Paolo d’Argon (BG) - Via A. Volta, 7/A tel: 035 958405 massi_car@alice.it

Trittico… non solo quadri 24060 Cividino (BG) - Via Molinaretti, 26 tel: 339 2136025 www.tritticononsoloquadri.it AGC S.r.l. AGENZIA GENERALE 24122 Bergamo - Via G. D’Alzano, 7 tel: 035 211718 www.agcsrl.org

Castelli Bolis Polifrafiche s.p.a. 24069 Cenate Sotto (BG) - Via A. Voltai,4 tel: 035 4258528 www.castellibolis.it info@castellibolis.it HLN Service 24060 Castelli Calepio (BG) - Via della Repubblica, 16 tel: 030 7435657 www.hlnservice.com hlntrasporti@virgilio.it

Fotolito90 s.r.l. 24048 Curnasco di Treviolo (BG) - Via Gandhi, 18/a tel: 035 201471 www.fotolito90.it info@fotolito90.it

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IL LUSSO DA SFOGLIARE

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IL LUSSO DA SFOGLIARE

COVER STORY M.C.F. SYSTEMS progettiamo il futuro

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Anno IV - Primavera 2011 Periodico trimestrale

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Guests VIGILI DEL FUOCO UNIVERSITÀ PANATHLON LISA COLLEONI FERNANDO TISSONE SARAH VIOLA FABIO GENOVESI UP Arte ROBERTO GIAVARINI GIANFRANCO TESTAGROSSA VITO RICCHIUTI MUSEO TINO SANA Food COLDIRETTI BERGAMO Fashion & Luxury PAOLO PECORA MILANO PATRIZIA FRATTA KRIZIA Home & Design COLLEONI ROBERTO & C TECNOCASA PROGETTO GIARDINO S & B SOLUZIONI IDRAULICHE Hi-Tech VANONCINI Factory SERIM GLS - CIVIDINO TILLIA AGC - CARIGE HLN Motori ALESSANDRA BRENA AUTO IN BONALDI MOTORI MASSI CAR Last Minute TRITTICO ART GALLERY COLLEONI PROPOSTE D’ARTE

Info abbonamenti 030 65 93 723 up.bergamo@gmail.com

UP Bergamo Periodico Trimestrale Primavera 2011 - n. 07 Direttore Responsabile Giovanni Volpe up.bergamo@gmail.com Art Director Silvia Benaglia silvia.benaglia@alice.it Editore TOP TEN s.r.l. - Bergamo 035 000 0000 Progetto grafico e impaginazione Fotolito 90 s.r.l. - Curnasco di Treviolo (BG) Stampa CASTELLI BOLIS Poligrafiche s.r.l. Cenate Sotto (BG) Postalizzazione GLS - Bergamo Distribuzione Dif S.p.a. - Azzano San Paolo (BG)

Info pubblicità 347 537 8130 up.bergamo@gmail.com Autorizzazione Tribunale di Bergamo n° 33 del 26/11/2008 Testi e materiale fotografico contenuti in questa rivista, sono di proprietà di TOP TEN s.r.l. È pertanto vietata ogni riproduzione, anche solo parziale, non autorizzata dall’editore e/o dal direttore responsabile.

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Collaboratori Testi Cristiana Ghione Paola Vavassori Marianna Peluso Laura Fattorini Marzia Cattaneo Glenda Manzi Paola Vigani Sarah Viola Sonia Rottichieri Tito Locatelli Marco Goisis Sara Masper Foto Michele Maggioni Chiara Isner Matera Michele Vargiu Alberto Merisio Un ringraziamento particolare a: Silvano De Rui Cesare Riccobono Alessandro Curtò Luigi Stracuzzi Alberto De Rui Stefano Brena Sandro Riccobono Stefano De Rui Giuseppe Presti Roberto Ferri Guido Presti Pinuccio Mauriello Daniela Moraschi Loretta Guerci Luca Pezzotta Gigi Maggioni Daniela Maraglino Paolo Epis Giacomo Colleoni Roberto Colleoni Silvano De Rui Gigi Stracuzzi Alessandro Curtò Annamaria Fortini Daniele Limonta Mario Pesenti Fabiano Pirovano Giorgia Manzi Pietro Gasperini Beppe Fedoni Gigi Vavassori Michela Mantecca Roberto Careri



FABIO MONTELEONE STUDIO D’ARTISTA

BERGAMO - VIA SAN TOMASO N° 92/B Tel. +39 347 7080030 - info@fabiomonteleone.it - www.fabiomonteleone.it


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