Portfolio Urbanistica 2020

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laurea triennale

50011707 Sezioni di analisi della morfologia del tessuto mat. urbano

Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica UniversitĂ degli Studi di Sassari DADU

portfolio of

Pulino Gianluca


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La laurea di base in pianificazione fornisce gli strumenti teorici e professionali e il contesto culturale per leggere, rappresentare, interpretare e gestire i processi di trasformazione che coinvolgono la città, il paesaggio, l’ambiente. Il percorso di studi si intreccia in diversi momenti con quello di Architettura e, oltre ai contributi disciplinari dell’Urbanistica e della Pianificazione, costruisce le conoscenze e le competenze di base nella storia, nell’ecologia, nella rappresentazione, nelle matematiche, nella statistica descrittiva, nella sociologia e nell’economia. La laurea consente di proseguire in Corsi di studio magistrali in diversi settori, di accedere a Master di primo livello o di svolgere attività professionale (dopo aver superato l’Esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione e l’iscrizione all’Ordine Professionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori - sezione B dell’albo) nel campo della progettazione urbana, paesaggistica e territoriale; dell’analisi e della pianificazione negli stessi settori e in quelli dell’energia e dello sviluppo; della valutazione; della gestione di sistemi informativi territoriali, di monitoraggio, di processi, piani, progetti e programmi. Gli sbocchi occupazionali sono nella libera professione, anche in forma associata; presso studi professionali; nelle agenzie pubbliche e private di ricerca e sviluppo, di ingegneria e di servizi; negli Enti Locali e negli Enti pubblici di governo del territorio.

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Evoluzione della CittĂ e del territorio di PIACENZA


PERIODO ROMANO

PERIODO MEDIEVALE (primo periodo)

5-6 PERIODO MEDIEVALE (secondo periodo)

7-8 PERIODO CONTEMPORANEO

piccolo studio dell’evoluzione della città di Piacenza, utile per ripercorrere la storia e creare nuovi tipi di progettualità

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PERIODO ROMANO

Piacenza nacque nel 218 a.e. come avamposto a diffesa del territorio.Il castrum sorgeva su un piccolo rilievo tra il fiume Po e il fiume Trebbia, posizione strategica che gli permise di sopravvivere all’invasione di Annibale. Con l’invio di altri coloni inizio un processo di romanizzazione del territorio; in prima fase venne eseguita la centuriatio per l’assegnazione delle terre; in seconda fase, tramite operazioni di bonifica di paludi, venne estesa l’area di produzione agricola della colonia, facendola diventare uno dei centri produttivi della regione e rendendo necessaria nel 187a.c. per volere del console Marco Emilio Lepido la costruzione di un’arteria stradale: la Vìa Emilia, che collegava il centro Piacentino con la colonia di Rimini. Inizialmente utilizzata per gli spostamenti militari e in seguto asse portante di tuti gli scambi nell’itlia settentrionale, permise alla colonia di acquisire ulteriore importanza

fino a che, nel 90 a.e. la città ottiene sto status di municipium, ottenendo cosi una certa autonomia politica, oltre che abbandonare le sue funzioni strettamente militari per lasciare spazio a quelle di centro urbano, cambiando anche la tipologia di materiali per la sua stessa costruzione e diventando città marmorea. Piacenza si apriva sul territorio in tre assi viarie principali: quella per val Trebbia che si estendeva da Nord-Est a Sudovest dell’insediamento, l’asse della via Emilia che lo attraversava da Nord-Ovest verso Sud-Est e quello della Postumia da Est verso Ovest per Casteggio. La connotazione urbana della città si sviluppa sulle due direttrici del cardo maximus e del decumanus maximus dando spazio al forum in corrispondenza dell’intersezione dei due assi, circoscritto dalle odierne via Romagnosi, Via Roma, Via Carducci e Via Cavour. Il centro abitato aveva un edilizia ben articolata compresoria di case basse e domus magazzini, il macellum, il capitolium, le tombe nella parte del suburbio, il porto fluviale, probabilmente nella zona di Calendasco e un anfiteatro, annoverato tra i più grandi della regione.


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PERIODO MEDIEVALE

L’inizio dell’ evo antico viene indicato nell’anno 4 7 6 in cui avviene la deposizione dell’ultimo imperatore d’Occidente Romolo Augustolo a favore del barbaro Odoacre, la città e la vita cittadina vengono descritte come decadute e le aree coltivate si raccolsero intorno al nucleo della “curtis”. Nel Piacentino gli insediamenti umani erano scarsissimi nella zona della bassa pianura (lungo il corso del Po e verso la città, a nord della via Emilia), in cui potevamo trovare dominio incontrastato di boschi e paludi fino all’VIII-IX secolo, modificando in senso più ospitale l’ambiente; il resto della pianura, invece, oltre al pedemonte, erano aree di antichissimo insediamento e piuttosto densamente popolate anche nell’alto medioevo. Si può effettivamente dire che la città dei primi secoli del medioevo debba la sua sopravvivenza essenzialmente al fatto di

essere sede vescovile (precedentemente alla conversione longobarda addirittura duplice sede) in un clima di particolare favore politico per le istituzioni ecclesiastiche. La via romea, detta Francigena segue un doppio itinerario lungo le sponde del Po e a Piacenza


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PERIODO MEDIEVALE

Con il XII e XIII secolo, dunque, anche le piazze divengono luoghi di propulsione della vita sociale e punti forti della struttura urbanistica di Piacenza, comunicanti e coordinati tra loro. Dal punto di vista amministrativo l’abitato, sia interno che esterno, non converge su di esse, bensì sulle sei porte maggiori (Nuova, S.Antonino, S.Raimondo, S.Antonio, Borghetto o Milanese, Fodesta). Durante la sua fase liberocomunale (secc. XII-XIII) Piacenza visse una travolgente espansione demografica e urbanistica, che nell’arco di soli due secoli portò la città a quintuplicare la sua estensione, fino alla copertura del centro storico attuale entro la prima metà del Trecento. Testimonianza di questa crescita, tanto repentina quanto caotica, sono le numerose cinte murarie ( almeno tre, con andamento pressoché concentrico) progressivamente innalzate dal 1135 al 1324, nel vano tentativo

di contenere la prepotente espansione edilizia indirizzata soprattutto verso sud. La prima di queste cinte fortificate fu costruita quando la città si affermò come realtà industriale e commerciale, tra il 1135 ed il 1140, su iniziativa del giovane Comune piacentino, intenzionato ad incorporare i borghi cresciuti in precedenza all’esterno delle antiche mura romane,, la nuova cinta muraria (1139)


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FINO AL CONTEMPORANEO

Fine ‘JOO -’900 La struttura urbana di Piacenza era composta da una cintura di forti, al centro del quale si trovava una piazzaforte principale che con fortificazioni bastionali prosegui’ dopo l’unità d’Italia, grazie alla costruuzione nel 1865 del primo ponte ferroviario . A partire dalla metà del XIX secolo, con la demolizione di tratti del circuito murario e, con l’aggregazione di comuni contermini nel 1923 che la città si espanse fuori dalle mura lungo nuovi assi stradali che determinarono la perdita della forma urbis. le due guerre mondiali interessarono fortemente la città sia in ambito estetico, per via dei bombardamenti, sia in ambito commerciale e abitativo, con una notevole partecipazione da parte dei piacentini nell’esercito. La città di Piacenza, situata all’interno

della regione dell’Emilia Romagna, , ha una popolazione 102.000 abitatanti, occupa una superfice di 108.000 chilometri quadrati ed è a un altitudine di 82 metrisopra il livello del mare, ed è attraversata dal fiume Po. Nella seconda metà dell’ottocento, Piacenza, rimane esclusa dal processo di sviluppo economico che coinvolge molti centri italiani e solo verso la fine del XIX secolo cominciano a nascere anche qui le prime


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In quest’ottica la città di Piacenza è emblematica: il pendola rismo verso la metropoli milanese è molto elevato, si per studio che per lavoro e in città le occasioni di lavoro sono spesso legate al settore terziario e alla logistica, quest’ultima concentrata in quartieri dedicato: Il tronco Torino-Piacenza nasce da una iniziativa della Provincia di Torino che nel luglio fonda la SATAP, società che sottoscrisse la costruzione e poi l’esercizion dell’autostrada . Nel febbraio 1963 ottenne la concessione e l’anno successivo iniziarono i lavori per la realizzazione che durarono più di 5 anni; l’autostrada entrò progressivamente in erercizio tra il Dicembre 1968 e il Dicembre 1969. Il costo fu di 130 miliardi. Il Collegamento con la Al fu completato nel 1972, quello con la Piacenza-Brescia nel 1973, Quello con la A7 Milano-Genova nel 1987.Dalla parte opposta si costituisce in SPA la Centropadane, società incaricata della costruzione e poi concessionaria del tronco Brescia - Piacenza. L’esodo verso le città, a livello mondiale, nonostante i problem i anni, le stime dicono che, entro il 2020, il 75% della popolazione mondiale vivrà in grandi

città. In quest’ottica le periferie si allargano ancora. La periferia non è più considerato come luogo di emarginazione e degrado ma anche come opportunità di rilancio dell’intera città. 1950 c., Le zone di degrado con alta criminalità e bassa qualità della vita, non sono, tuttavia, necessariamente geograficamente collocate in periferia; l’esempio tipico è la zona di Via Roma che ha finito con il creare una concentrazione di immigrati formando quasi dei “ghetti” culturali rendendo questo quartiere una vera e propria “sacca” di degrado a pochi passi dal centro.


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COhousing

grupp proge


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Progetto 91


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La città di Piacenza, situata all'interno della regione dell'Emilia Romagna, , ha una popolazione 102.000 abitatanti, occupa una superfice di 108.000 chilometri quadrati ed è a un altitudine di 82 metrisopra il livello del mare, ed è attraversata dal fiume Po. Nella seconda metà dell'ottocento, Piacenza, rimane esclusa dal processo di sviluppo economico che coinvolge molti centri italiani e solo verso la fine del XIX secolo cominciano a nascere anche qui le prime realtà industriali, e si fa presto strada un nuovo soggetto sociale, il ceto operaio; da questo momento, Piacenza diventa parte attiva del processo di sviluppo economico che sta travolgendo l'intero paese e anche quì si inizia agodere di un nuovo benessere mai conosciuto prima. Durante il secondo conflitto mondiale, Piacenza venne colpita dai bombardamenti alleati, i danni furono visibili nel centro storico e nel ponte ferroviario. L'eccezionale ripresa economica che Piacenza conobbe nella metà del secoloscorso porta la città a godere di un nuovo sviluppo industriale senza precedenti nel campo dell'agricoltura e dei trasporti. I consorzi agrari nacquero 22

in forma di società coperative sul finire dell'ottocento . Il 17 Ottobbre G.Vaciago fonda il consorzio terrepadane di Piacenza; dopo circa 50 anni, però venne bombardato nella zona dei Molini (1944) ,due anni dopo ci fu la ricostruzione post bellica, che portò a rimettere in funzione lo stabilimento, tuttora esistente, ma in gran parte in disuso. La presenza di estese periferie in italia, negli anni del boom economico, è stata una degli indici più evidenti di forte crescita economica. Il settore dell'edilizia era in espans10ne rapida e incontrollata, con la costruzione di grandi palazzi, quasi formicai, sopratutto nelle grandi città. Anche in una piccola città come Piacenza con livelli più ridotti e commisurati alla dimensione della città, il boom economico ha portato alla costruzione di grandi palazzi con numerosi appartamenti. Tipico è l'esempio dell'odierno quartiere Peep con un alto tasso di immigrati. Una delle conse guenze dello sviluppo economico è il pendolarismo: ci si sposta dalla periferia al centro o dai paesi limitrofi per lavorare o studiare in citta fino ad arrivare a considereare


la città più vicina come una periferia di una grande metropoli. In quest'ottica la città di Piacenza è emblematica: il pendola rismo verso la metropoli milanese è molto elevato, si per studio che per lavoro e in città le occasioni di lavoro sono spesso legate al settore terziario e alla logistica, quest'ultima concentrata in quartieri dedicato: Il tronco TorinoPiacenza nasce da una iniziativa della Provincia di Torino che nel luglio fonda la SATAP, società che sottoscrisse la costruzione e poi l'esercizion dell'autostrada . Nel febbraio 1963 ottenne la concessione e l'anno successivo iniziarono i lavori per la realizzazione che durarono più di 5 anni; l'autostrada entrò progressivamente in erercizio tra il Dicembre 1968 e il Dicembre 1969. Il costo fu di 130 miliardi. Il Collegamento con la Al fu completato nel 1972, quello con la PiacenzaBrescia nel 1973, Quello con la A7 Milano-Genova nel 1987. Dalla parte opposta si costituisce in SPA la Centropadane, società incaricata della costruzione e poi concessionaria del tronco Brescia Piacenza.

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70% residenziale , 30% residenziale

11 ettari

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c r o n o p r o g r a m m a

direzionale

mixitè d’usi

biblioteche lab

strutture di ricerca

spazi comuni

stabili

librerie

fab lab

negozi

expo brevi permanenze

carrabili ciclabili camminabili

alloggi temporanei

polo tecnologico meccatronico

residenze

parco

culturale/istruzuone

infrastrutture

servizi 29


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Fosso della noce

Emiciclo

Vista dal cavalcavia

Valle del Rosello

53 M A S T E R Docenti: Studenti:

P L A N

Valentina Talu, Alessandro Plaisant, Nadja Beretic, Tanja Congiu

Gianluca Pulino, Michelangelo Picconi, Filomena Merella, Simone Soro


Durante lo svolgimento del corso sono stati svolti dei seminari in cui sono stati affrontati degli argomenti volti al comprendere meglio il ruolo, l’importanza e le tipologie della componente vegetale nelle aree urbane. Il secondo seminario è stato esplicitato dal professor Emmanuele Farris, botanico del Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università di Sassari, mediante l’utilizzo di concetti già introdotti nel primo seminario svolto da Gianluca Melis incentrato sui servizi ecosistemici. Farris propone un approccio ecologico-funzionale per la gestione del verde urbano, partendo dal principio che non possiamo più stabilire un confine tra città e campagna come accadeva del medioevo. È più opportuno ragionare in modo sistematico ovvero, parlare di territorio come un sistema molto complesso che contiene dei sottosistemi altrettanto complessi che possono essere gli ecosistemi forestali, agricoli, marini, costieri e non di meno sono inclusi gli ecosistemi urbani. La città non è l’antitesi della campagna, essa ha bisogno di essere interpretata come un ecosistema anche se presenta caratteristiche che ben la distinguono dal resto degli ecosistemi. L’ecosistema urbano ha la caratteristica importante di essere l’unico ecosistema veramente e prettamente sempre eterotrofo, rispetto a tutti gli altri che si basano in maniere diverse sulla fotosintesi. Questo significa che gli ecosistemi autotrofi hanno la capacità di sostenersi autonomamente, mentre la città ha continuamente bisogno di energie e materiali che provengono dall’esterno (dagli altri ecosistemi autotrofi). La città, come nel resto degli ecosistemi, ha caratteristiche biotiche per la presenza di organismi viventi quali animali e vegetali, ma ha alcuni fattori abiotici (non viventi) che la distinguono. Un esempio è il fattore climatico (abiotico), negli ecosistemi urbani la temperatura è tipicamente più alta rispetto agli ecosistemi che urbani non sono; questo è il fenomeno dell’isola di calore che in questi ultimi anni sta provocando notevoli disagi dovuti al cambiamento climatico ed al costante aumento della temperatura media giornaliera 36

nelle città.


La composizione del suolo e del sottosuolo è un altro fattore abiotico che influenza per esempio il ciclo dell’acqua; questo cambia in relazione alla permeabilità del suolo perché, l’acqua che penetra nel sottosuolo diminuisce alla perdita di copertura verde ed all’aumento della copertura urbana. Questo fa sì che una maggiore quantità di acqua scorra sulla superficie e in casi di forti eventi torrenziali causa numerose difficoltà date anche dalle inondazioni. L’aumento della frequenza di questi eventi pone una problematica, e bisogna iniziare a capire in che modo è possibile adattare la città per mitigare il cambiamento climatico. Una risposta ci viene offerta dagli ecosistemi verdi, perché ad esempio, la presenza di vegetazione e di suolo permeabile favorisce un abbassamento della temperatura e un minor accumulo di acqua in superficie. La realizzazione di una infrastruttura verde, mediante cui il verde può essere interpretato come un vero e proprio strumento, renderebbe possibile soddisfare un ventaglio molto ampio di bisogni. Questi possono essere di tipo materiale come la produzione di ossigeno, ombra, alimenti, ma soprattutto di tipo immateriale di cui la popolazione beneficia. Il verde nelle città non produce solo ossigeno, esso ne contribuisce alla produzione solo in minima parte, il vero polmone del mondo sono gli oceani; le vere funzioni che vengono attribuite alle aree verdi dei centri urbani sono intangibili: l’aspetto spirituale, emozionale, salutare, ecc. Il progetto di un’infrastruttura verde però necessità di una conoscenza della componente vegetale molto dettagliata, perché il verde non è tutto

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uguale e non tutto fornisce gli stessi servizi. Innanzitutto, il picco di servizi ecosistemici non si raggiunge negli ecosistemi più naturali, ma in quelli antropogeni in cui l’uomo ha saputo modificare l’ecosistema naturale in modo graduale non troppo radicale; per questo aree coltivate, dedicate al pascolo o anche all’insediamento urbano, oltre ai servizi naturali offrono quelli produttivi e storico culturali. La conoscenza approfondita che necessita la progettazione di una infrastruttura verde, non per forza deve essere acquisita dalla figura tecnica che la pianifica, ma è molto importante che il pianificatore si sappia circondare di esperti (botanico, ecologo, zoologo, antropologo, storico, ecc.), e che abbia la capacità di coordinare e far dialogare tra loro, tecnici e scienziati che parlano linguaggi molto diversi. Per poter progettare una infrastruttura verde si ha la necessità di entrare maggiormente nello specifico, non si può più parlare di solo verde urbano, un approfondimento ci induce alla distinzione in tipologie di verde. Il verde è una realtà complessa e per capire di quale tipologia si ha bisogno per soddisfare una determinata esigenza, bisogna capire come è fatto, quali sono le sue componenti e a cosa serve in una moderna visione ecosistemica. Il verde può essere categorizzato in tanti modi, ma per avere alcuni strumenti operativi è possibile distinguerlo in due categorie: 1. La componente strutturale del verde urbano, ne determina la forma ed il design paesaggistico: - arborea (gli alberi, molto utilizzati) - arbustiva (gli arbusti, poco utilizzati) - erbacea (le erbe, utilizzate pochissimo) - lianosa (le piante arrampicanti, non utilizzate) 38

2. La componente corologica, ne definisce la provenienza geografica;


in questo caso si è utilizzato un significato più ampio del termine intendendo non solo la geografia ma anche la componente d’uso: - ornamentale (prevalentemente alloctone, esotiche) - ruderale (prevalentemente autoctone, sterpaglie) - naturale residuale (prevalentemente autoctone, boschetti) - agricola (prevalentemente alloctone, orti) LE COMPONENTI STRUTTURALI - La componente arborea, rappresentata dagli alberi, è la più utilizzata, spesso in modo sbagliato perché il grande apparato radicale e fogliare degli alberi, che si sviluppa dimensionalmente nella stessa misura, entra in collisione con elementi urbani quali strade e marciapiedi. Inoltre, possono ostruire la luminosità e la visibilità dei cartelli stradali. Gli alberi però sono fonte di ombreggiamento e contribuiscono all’offerta di servizi ecosistemici. È meglio evitare alberature monospecifiche perché l’arrivo di un patogeno o di una patologia potrebbe danneggiare tutta l’alberata; inoltre si consiglia l’utilizzo alternato di specie sempreverdi e caducifoglie per un miglior comfort durante i periodi freddi. - La componente arbustiva, di minori dimensioni e utilizzata in misura inferiore rispetto a quella arborea, può svilupparsi linearmente in aiuole non voluminose. A seconda del contesto e della specie, offre un effetto barriera dall’inquinamento atmosferico, acustico e visivo. Inoltre, dal punto di vista ecologico gli arbusti rappresentano un importantissimo corridoio in cui organismi piccoli e grandi possono muoversi e cibarsi. - La componente erbacea, rappresentata dagli organismi vegetali che

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hanno un ciclo di vita annuale, spesso viene interpretata in modo negativo. In questo caso si ha la necessità di un forte cambio culturale, perché questi sono organismi che si sono adattati al clima mediterraneo in cui vivono e svolgono un ciclo di vita che prevede un periodo in cui la pianta è verde e uno in cui le erbe virano al giallo, si seccano e per vari motivi vengono sfalciate. Le erbe urbane derivano dai sistemi di prato, pascolo seminaturali che si trovano nel territorio circostante e rappresentano il legame funzionale tra città e sistemi ecologici agro-silvopastorali tradizionali. - La componente lianosa non viene utilizzata. Le piante arrampicanti sono radicate nel terreno, per mettere le foglie nella posizione più adatta rispetto alla luce, si appoggiano ad altre piante con il fusto o i rami i quali sono troppo deboli per mantenersi autonomamente.   LE COMPONENTI COROLOGICHE - Il verde ornamentale è composto prevalentemente da piante alloctone. Esso è bello, ma è costoso non solo impiantarlo, ma anche mantenerlo e soprattutto molti costi indiretti sono dovuti al fatto che una certa quota di queste piante, se ben si ambienta inizia ad espandersi per conto proprio diventando invasiva ed andando a generare il problema delle piante aliene invasive. - Il verde ruderale ha un’alta naturalità ma una bassa qualità, lo si ritrova nei bordi strada o nelle aree semi-abbandonate. Potrebbe avere una valenza estetica almeno per alcuni periodi e comunque deve essere gestito e non abbandonato. - Il verde naturale residuale, presente in quasi tutte le città, è un serbatoio di biodiversità ed è una testimonianza dei precedenti assetti vegetazionali. - Il verde agricolo è un’altra componente importante perché, anche se costituito prevalentemente da piante esotiche non native, queste sono state introdotte ed addomesticate da tempi più o meno lunghi. In ogni caso questa componente è entrata nella componente identitaria (gli orti, 40

gli oliveti), ha un alto valore economico, storico e identitario, ma può


avere anche valore ornamentale e sociale in termini di ambienti condivisi. Un errore che è stato fatto sino ai giorni nostri è la valutazione del verde solo da un punto di vista quantitativo: il verde urbano non è la somma dei metri quadrati, degli alberi o il rapporto di alberi per cittadino. Secondo una definizione più funzionale il verde urbano è la somma dei servizi ecosistemici erogati dal verde meno la sommatoria dei disservizi ecosistemici; infatti se il verde urbano funziona bene in tanti ne traggono beneficio, ma se funziona male altrettanti subiscono svantaggi. Il verde diventa un problema quando viene gestito in modi non idonei; per esempio il verde arboreo presenta il problema del tempo, perché il lasso di tempo tra la piantumazione e l’età adulta di una sola pianta è veramente ampio e chi ha pensato di piantarlo non può rendersi conto dei benefici e dei problemi che esso può generare. Per questo bisogna saper utilizzare le altre specie, arbustive, erbacee, lianose. Un problema che si presenta nella gestione delle specie erbacee riguarda lo sfalcio, questo deve essere fatto in un certo periodo (fine stagione) perché, effettuandolo prima si rischierebbe di non rispettare il ciclo biologico dell’organismo e da un punto di vista economico risulterebbe dispendioso perché dovrebbe essere ripetuto più volte.

Alcuni disservizi erogati dal verde non gestito o non pianificato: - Le allergie da pollini

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- La scarsa visibilità dei cartelli stradali - Il dissesto di strade, marciapiedi e tubature - Diminuzione della luminosità - Rischio incendio - Caduta rami - Marciapiedi e strade scivolosi a causa delle foglie Alcune problematiche generate dalla modalità di gestione del verde possono essere risolte come già avviene con il regolamento del verde, ma questo non basta. Si ha la necessità di un piano del verde che sia contemplato come il piano della mobilità sostenibile, il piano energetico, ecc. e deve dialogare con il piano urbanistico comunale e con tutti gli altri strumenti di governo del territorio.   ALCUNE BUONE PRATICHE - Usare tutte le componenti del verde (alberi, arbusti, erbe) - Prevedere aiuole lineari, con siepi arbustive o anche solo erbe laddove non fosse possibile piantare alberi - Recintare le aiuole per evitare il calpestio e il parcheggio abusivo - Piantare almeno un arbusto, liana o bulbosa in ogni aiuola - Puntare molto anche sugli elementi puntiformi (pergolati, singoli alberi) - Usare alberi sempreverdi e caducifogli a seconda dei contesti e delle esigenze - Limitare l’uso di specie impollinate dal vento (potenzialmente allergeniche) e incrementare l’uso di specie impollinate da insetti (che hanno anche il pregio di produrre fiori colorati e talvolta profumati) - Incrementare l’uso di specie che producono frutti carnosi (bacche, drupe) - Limitare l’uso di fitofarmaci e concimi chimici - Non gestire foglie e rami secchi come rifiuti, ma utilizzarli per riportare in città catene alimentari legate ai detriti organici - Limitare l’uso di tappeti erbosi sempreverdi da irrigare, orientarsi verso prati secchi mediterranei più naturali e sostenibili 42

- Coinvolgere la cittadinanza non solo ad usare ma anche a gestire e


studiare (citizen science) il verde urbano.

Sintesi del seminario a cura di Efisio Chighini

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OBBIETTIVO

L’obbiettivo è qu infrastrtuttra ver spettro di Serviz Per miglirorare l prestando partic emergenze clim richiedano un Si

OBBIETTIVO: L’obbiettivo è quello di progettare un infrastrtuttra verde che ora un ampio spettro di Servizi Ecosistemici.

PROPOSTA PROGET

Per miglirorare la qualità della vita urbana prestando particolare attenzione alle emergenze climatiche e sociali che richiedano un Sistema Urbano resiliente.

Ridare centralità ripensare le con ed il Sistema urb Stato attuale

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PROPOSTA PROGETTUALE: Ridare centralità al Sistema vallivo e ripensare le connessioni tra quest’ultimo ed il Sistema urbano della città di Sassari. Quindi dare maggiore connessione ai quartieri tramite il sistema vallivo. Elemento interessante è il primo nucleo edicatorio al di fuori della cinta muraria, sorto intorno agli anni Quaranta dell’Ottocento lungo il Corso Trinità, al anco della Chiesa della SS. Trinità e della discesa verso la famosa fontana del Rosello. Le abitazioni hanno mantenuto quasi inalterato il loro aspetto originario, caratterizzato da edici separati da una serie di vicoli chiusi, stretti e paralleli fra loro. Essi riprendono le tipologie edilizie contadine dell’antico centro storico e hanno mantenuto tali i loro caratteri, aspetto non di poco conto, se si considera la loro particolarità di edici pionieri dopo l’agognato permesso regio di espansione extra muros. Queste costruzioni si aacciano sulla ben nota Valle del Rosello, una delle valli che caratterizzano la morfologia del territorio sul quale sorge la città. Tale sistema vallivo, delineato dal Rio di Ottava, può essere ritenuto una persistenza naturale di elevato valore ambientale e culturale.

Planivolumetria sintetica Area di progetto

mobilità Ambo i versi

inaccessibilità

Fisica , visiva e percettiva

TIPOLOGIA

METODO:

vuoto urbano

G

L’utilizzo degli strumenti urbanistici introdotti nel Corso di Urbanistica hanno aiutato e pilotato gli studenti nella stesura dei loro lavori. Ad ogni scala di progetto si utilizzava lo strumento adeguato. come per esempio l’utilizzo del PPR (piano paesaggistico regionale), ci ha aiutato a capire e quali erano le azioni che prendevano in considerazione, nel nostro caso, il sistema vallivo.

E

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Corso Trinità - prospetto di analisi degli accessi pubblici e privati alla Valle del Rosello

uello di progettare un rde che offra un ampio zi Ecosistemici. la qualità della vita urbana colare attenzione alle matiche e sociali che istema Urbano resiliente. F

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à al Sistema vallivo e nnessioni tra quest’ultimo bano.

Strategia

mobilità Ambo i versi

mobilità Ambo i versi

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accessibilità potenziale

3 tipi ti vicolo cieco Elemento interessante è il primo nucleo edificatorio al di fuori della cinta muraria, sorto intorno agli anni Quaranta dell’Ottocento lungo il Corso Trinità, al fianco della Chiesa della SS. Trinità e della discesa verso la famosa fontana del Rosello. Le abitazioni hanno mantenuto quasi inalterato il loro aspetto originario, caratterizzato da edifici separati da una serie di vicoli chiusi, stretti e paralleli fra loro. Essi riprendono le tipologie edilizie contadine dell’antico centro storico e hanno mantenuto tali i loro caratteri, aspetto non di poco conto, se si considera la loro particolarità di edifici pionieri dopo l’agognato permesso regio di espansione extra muros. Queste costruzioni si affacciano sulla ben nota Valle del Rosello, una delle valli che caratterizzano la morfologia del territorio sul quale sorge la città. Tale sistema vallivo, delineato dal Rio di Ottava, può essere ritenuto una persistenza naturale di elevato valore ambientale e culturale.

Stato attuale Vicolo C C/D/F RES.

RES.

RES.

RES.

RES.

A/B

RES.

RES.

RES.

RES.

RES.

RES.

RES.

RES.

potenziale accesso alla valle (vicolo cieco)

luogo di culto

E

RES.

RES.

RES.

spazio pubblico

accesso alla valle

spazio privato

piano residenziale piano commerciale

RES.

EDIFICIO ABBANDONATO

Analisi dimensione stradale

Verde verticale dimensioni

Visiva e percettiva

4,8m pedonale

7m 4,8m dimensione pedonale carreggiata doppiodi cui 1,5m utilizzati senso di marcia come spazio per parcheggio

Planimetria d’intervento sul sistema Via San Donato - Vicolo chiuso C - Valle del Rosello

V E R T I C A L E

P R I V A T O

A. I N T E R V E N T O

V E R D E P U B B L I C O

S. P E D O N A L E

Via San Donato Valle del Rosello

Vicolo chiuso C Corso Trinità

Fontana del Rosello

V E R D E

Via delle Muraglie

Lavatoio

V E R D E

Sezione d’intervento A

M A S T E R Docenti:

P L A N

Valentina Talu, Alessandro Plaisant, Nadja Beretic, Tanja Congiu Studente:

Gianluca Pulino

marc.

Corso Trinità

Antiche mura

Viale San Donato

Via delle Muraglie

A1

muro marc.

Vicolo Chiuso C accesso alla valle

Valle del Rosello


I ta l ia n Fac a de s


C h u rc h e s as bac kg ro u n d o f u r ba n l a n d s c a pe


duomo di roma La basilica di San Pietro è la più grande chiesa del mondo, con una superficie totale di 23 mila metri quadrati. Alla sua edificazione, che richiese più di un secolo (15061626), lavorarono i maggiori architetti del tempo, fra cui Bramante, Michelangelo, Raffaello e Bernini. Fu costruita in sostituzione dell’antica basilica costantiniana (IV secolo), che sorgeva sul luogo di sepoltura di San Pietro. Il ricchissimo interno si articola in tre navate, decorate da decine di statue e diecimila metri quadrati di mosaici, risalenti prevalentemente al XVII e XVIII secolo. Nelle cappelle trovano posto opere eccelse come la Pietà di Michelangelo, i monumenti funebri realizzati da Bernini, Canova e Pollaiolo, il Tabernacolo del Santissimo Sacramento del genio del barocco. Al centro, sotto la cupola, troneggia il Baldacchino berniniano, proprio di fronte all’abbagliante reliquiario della Cattedra del Santo. L’esterno è definito scenograficamente dalla piazza e dal colonnato, sintesi dei progetti di Michelangelo e Bernini. Sulla facciata troneggia la cupola monumentale, composta da due calotte sovrapposte sul modello del duomo di Firenze.

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Il duomo di milano El Domm de Milan l’è la gesa la pu granda de Milan, e la se troeuva in mezz a la Piazza del Domm, in del center de la cittaa. L’è vunna di costruziun gotich pussee famos e pussee grand del mond. El Domm l’è dedicaa a la Santa Maria Nassent, e in scima a la gulia pu alta del Domm gh’è ona statoa tutta d’ora de la Madonna (ciamada, per l’appunt, La Madonnina). Il Duomo è una delle chiese che ha impiegato più tempo per potersi dire compiuta è stata iniziata nel 1386 ed è andata avanti per 500 anni visto che la facciata è stata ultimata alla fine del 1800. A volere il Duomo è stato Gian Galeazzo Visconti, che era il Signore di Milano e già nel progetto originale era deciso che il Duomo sarebbe stato coperto di marmo bianco, infatti le cave di Condoglia appartenevano alla famiglia Visconti che le donò alla Fabbrica del Duomo, l’organizzazione che si occupò della costruzione e che anche oggi segue ogni tipo di manutenzione di cui necessita la chiesa.

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duomo di venezia Inizialmente l’attuale Basilica di San Marco era solo un piccolo tempio dedicato a San Teodoro, poi nell’820 i Veneziani trafugarono da Alessandria d’Egitto le spoglie di San Marco e s’iniziò la riedificazione del vecchio tempio. Negli anni successivi la chiesa fu continuamente ristrutturata. Ha sempre avuto un ruolo determinante per la vita religiosa e pubblica dei Veneziani. Ai tempi delle Repubblica vi venivano consacrati i dogi. La Basilica è a croce greca con una cupola centrale; su ogni campata vi sono quattro cupole emisferiche; nel Duecento su ogni cupola furono costruite delle piccole cupole a bulbo. L’interno fu rivestito di mosaici a fondo d’oro. Il prospetto esterno La Basilica presenta una facciata divisa in un doppio ordine di cinque arcate. Nella prima arcata si trova il mosaico “Traslazione del corpo di San Marco nella chiesa”; nella seconda “Il corpo di San Marco venerato dal doge”. I bassorilievi che sono posti al centro rappresentano i mestieri di Venezia.

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Duomo di firenze la cui costruzione fu progettata da Arnolfo di Cambio, è la terza chiesa del mondo (dopo San Pietro a Roma, San Paolo a Londra) e la più grande in Europa al momento della sua ultimazione nel ‘400: è lunga 153 metri, larga 90 alla crociera ed alta 90 metri dal pavimento all’apertura della lanterna. Essa, terza e ultima cattedrale fiorentina, fu intitolata nel 1412 a Santa Maria del Fiore con chiara allusione al giglio, simbolo della città. Sorse sopra la seconda cattedrale, che la Firenze paleocristiana aveva dedicato a Santa Reparata. Le notevoli diversità di stile rivelate nelle sue parti sono la testimonianza del variare del gusto nel lungo periodo trascorso fra la sua fondazione ed il completamento. La prima pietra della facciata venne posta l’8 settembre 1296, su progetto di Arnolfo di Cambio. Egli lavorò per il Duomo dal 1296 al 1302. Ideò una basilica dagli spazi classici, con tre ampie navate che confluivano nel vasto coro dove è posto l’altare maggiore, a sua volta circondato dalle tribune su cui poi si innesterà la Cupola.

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Duomo di napoli La realizzazione del Duomo, costruito per volere dell’imperatore Costantino I che lo arricchì molto con le sue donazioni, non possiamo collocarla con precisione nel tempo, ma è avvenuta di sicuro in seguito alla fine dello Scisma d’Oriente, sull’area di un tempio dedicato ad Apollo. I lavori per la costruzione della cattedrale iniziarono probabilmente durante il Regno del fondatore della dinastia angioina Carlo I, mentre le parti più antiche della chiesa, la tribuna e le cappelle vicine, risalgono al 1270 circa. L’opera di edificazione continuò durante il regno di Carlo II e di Roberto, sotto cui ci fu il completamento della struttura. Nel 1314 il Duomo fu dedicato all’Assunta per volere di Umberto d’Ormont, originario della Borgogna. La facciata del Duomo, alta circa 50 metri, è dotata di tre portali: due laterali e uno centrale. I portali sono entrambi in asse con le navate laterali e le cappelle absidali dedicate ai santi. La porta di destra veniva dischiusa soltanto per le festività che celebrano San Gennaro e in alcuni casi straordinari. La facciata della cattedrale ha subito nel corso degli anni molti cambiamenti radicali.

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Duomo di Pisa Fondata nel 1064 grazie al bottino che i Pisani riportarono dal saccheggio di Palermo e dalle imprese antisaracene di Reggio, Sardegna e Bona, la Cattedrale di Santa Maria testimonia il prestigio raggiunto dalla Repubblica marinara di Pisa al suo apogeo. Lo dimostra il fatto che la chiesa fu eretta fuori dalla cinta muraria, a simboleggiare un potere che non temeva minacce. Il Duomo fu edificato in due fasi, rispettivamente legate agli architetti Buscheto, autore dell’impianto originario con corpo basilicale a cinque navate, transetto a tre navate e cupola sulla crociera; e Rainaldo che progettò il prolungamento dell’edificio e creò la facciata che presenta cromie a contrasto bianco e nere, e un uso insistito di materiali di reimpiego provenienti da monumenti di età romana, a ribadire la grandezza di Pisa. La cucitura tra la navata di Buscheto e il prolungamenti di Rainaldo, a causa degli stessi cedimenti del suolo che conferiscono alla torre campanaria l’inclinazione per cui è nota in tutto il mondo, mostra dissesti e differenze di livello.

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RELAZIONE DI TIROCINIO collaborazione al progetto ricerca relativo al progetto INTERREG: QUALIPORTI, in collaborazione con la RAS.

STUDENTE: TUDENTE: PULINO GIANLUCA Dipartimento di Architettura Design e Urbanistica Laboratorio LEAP-UNISS Palazzo del Pou Salit, Piazza Duomo, 6- 07041 Alghero (SS) Laboratorio di ricerca

Tutore aziendale: Dott.ssa Silva Serreli

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Questa relazione finale documenta il mio percorso di tirocinio svolto nel Laboratorio Internazionale sul Progetto Ambientale (LEAP) che promuove e diffonde i risultati di ricerche nell’ambito del progetto della città e del territorio con particolare orientamento alla dimensione ambientale. Essendo la mia prima attività formativa professionale il mio compito, come primo approccio, era quello di apprendere le modalità di progettazione di programmi europei utilizzando le attrezzatture e strumenti del laboratorio. Ho deciso di intraprendere questo primo percorso di tirocinio presso un laboratorio di ricerca universitario proprio per conoscere quali sono le progettualità internazionali in rapporto con la pianificazione ambientale e soprattutto quali fossero i rapporti che ha l’università e la Regione nel mio caso la RAS (regione autonoma della Sardegna); affascinante anche i programmi europei che permettono alle regioni di avere uno strumento anche comune per contrastare qualsiasi criticità, nel mio caso Ambientale.

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l’obbiettivo primario, oltre a voler prendere quei cfu, era quello di farmi un’idea di quale poteva essere la mia professione dal punto di vista lavorativo, come funzionano i laboratori di ricerca universitari, chi lavora all’interno di essi e quali sono la relazione con la regione, come in qualche modo intervengono sul campo. Un altro obbiettivo era quello di imparare appunto un nuovo mestiere, conoscere bene la pianificazione ambientale e i vari strumenti di controllo del territorio. L’affaccio ai temi di sviluppo interregionale e la conoscenza del fondo europeo di sviluppo regionale FESR.


About The International Laboratory’s work on the Environmental Project promotes and disseminates the results of research concerning the city and territory project oriented in particular towards the environmental dimension. Its research involves different kinds of technical and contextual knowledge in the project, aiming at a unitary vision at all scales. The research group consists of lecturers, researchers and collaborators engaged in teaching and research activities belonging to the field of urban space design at all operative scales.

about leap

Research activities are implemented in the work of the “City and Territory� teaching block, the teaching laboratories and graduate school, summer schools and activities linked with international scientific publications

The laboratory has developed international collaboration with prestigious universities in various countries to realise projects based on cooperative research activities and teaching. 63


1. Capire che cosa è interreg europe Come funziona Interreg Europe

tematiche e senza fine di lucro.

IE coinvolge i governi regionali e locali di tutta l'Europa per lo sviluppo di azioni e politiche migliori che puntano sull'innovazione.

Cosa sostiene

Creando opportunità di condivisone di soluzioni che mirano a garantire investimenti pubblici, portino un impatto integrativo e sostenibile per il benessere comune e del luogo.

I progetti di cooperazione interregionale

Lo strumento mira a attonere il massimo rendimento dai 359 mln di euro finanziati dal fondo Europeo di sviluppo regionale FESR per il periodo 2014-2020. I beneficiari Le autorità pubbliche investimenti locali regionali e nazionali. Autorità di gestione e organismi intermedi-sono quelli incaricati dei programmi di investimento della crescita e dell'occupazione o della cooperazione territoriale europea. Agenzie, istituti di ricerca, organizzazioni 64

Ricerca e innovazione competitività delle PMI, economia a basse emissioni, ambiente ed efficienza delle risorse. Attraverso i progetti di cooperazione interregionale, i partners dovranno ideentificare un interesse comune per poi lavorare, appunto in cooperazione per dai 3 ai 5 anni, condividendo esperienze, idee e know-how. Ogni regione partner deve produrre un piano di azione, creare un gruppo di stakeholder.


Cos'è il programma INTERREG Italia Francia Marittimo 2014-2020 Interreg Italia-Francia Marittimo 20142020 è un programma di cooperazione territoriale Europea, fondato su priorità individuate dalla STRATEGIA EUROPA 2020; affronta le problematiche delle aree costiere, ma anche delle zone interne. Cooperazione tra i territori di 2 Stati Membri (Francia e Italia): la Corsica (Haute-Corse e Corse du Sud), la Sardegna (province di Sassari, Nuoro, Cagliari, Oristano, Olbia-Tempio, Ogliastra. MedioCampidano, Carnomia-Iglesias), la Liguria (province di Imperia, Savona, Genova, La Spezia) e le 5 province della costa Toscana (Massa-Carrara, Lucca, Pisa, Livorno, Grosseto), alle quali si sono aggiunti i dipartimenti francesi delle Alpi-Marittime e del Var, situati nella Regione ProvenceAlpes-Côte d'Azur (PACA).

L’obiettivo principale del programma Italia - Francia Marittimo è quello di contribuire a rafforzare la cooperazione transfrontaliera tra i territori partecipanti e a rendere lo spazio di cooperazione una zona competitiva, inclusiva e sostenibile nel panorama europeo e mediterraneo.

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3. qualiporti La qualità delle acque marine dei porti è condizionata dalla attività che necessariamente producono scarti, rifiuti e in generale inquinamento delle parti a terra e soprattutto delle acque marine. Il progetto QUALIPORTI si concentra sulla qualità delle acque all’interno delle infrastrutture portuali localizzate in contiguità ai contesti urbani e caratterizzate da una molteplicità di funzioni. L’attività di monitoraggio e disinquinamento all’interno dei porti è ormai una procedura costante e frequente. Molto meno frequentemente è stato invece affrontato il problema relativo a sostanze inquinanti provenienti dall’esterno della struttura del porto, e cioè da tutte quelle attività antropiche che producono residui che, seppur smaltiti in maniera corretta possono determinare situazioni di inquinamento sia perché le acque reflue arrivano comunque in mare, sia a causa di guasti o disattenzioni che, seppur di modeste intensità, determinano situazioni pericolose 66

di inquinamento anche all’interno della struttura portuale Il progetto QUALIPORTI si concentra certamente sulle azioni necessarie per intervenire sull’inquinamento delle acque marine portuali causato dalle attività direttamente collegabile al porto e amplia lo studio delle cause dell’inquinamento ad un area più ampia di quella definita dal porto per individuare le attività o i soggetti che possono influenzare le acque marine portuali. In numerosi casi si è rilevata nell’immediata prossimità dei porti la presenza di aree di pregio ambientale, o produttive marine, che possono trarre beneficio dalle azioni di riduzione o elimanzione dell’inquinamento delle acque, fornendo così un valore aggiunto al progetto QUALIPORTI. il presente lavoro, finalizzato ad analizzare i quattro porti campione localizzati nelle città di Ajaccio, Porto Feraaio, Savona, Olbia.


Il partenariato QUALI PORTI – costituito da istituzioni competenti nella gestione dei porti turistici. Si impegna attraverso la realizzazione di questo progetto, a studiare e analizzare le acque dei porti interessati in particolare per definire con precisione il tipo di inquinanti presenti, i loro contenuti e le loro origini. La realizzazione di questa prima fase consentirà lo scambio e il trasferimento di pratiche tra i partner, integrati alla governance dei porti turistici.

riduzione ed eliminazione dei reflui. Ogni partner gestendo i porti turistici svolge anche delle azioni pilota, coerenti con il piano di azione comune, utilizzando sistemi digitali per garantire la gestione e l'informazione sulla qualità dell'acqua. Con l'obbiettivo della trasferibilità del progetto verrà anche costituito un sistema per la valutazione delle acque portuali

Sulla base di questi rapporti di situazione, i partner prevede di : definire orientamenti strategici per l'attuazione di una forma concentrata di governance locale specifica per ciascun porto, nel quadro di un approccio partecipativo attuato a livello locale (coinvolgimento dei vari attori identificati nelle fasi di studio, come aventi impatto nelle qualità delle acque) . Attuare un piano di azione congiunto per la

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3.1 metodologia

individuare il contesto di riferimento, cioè quella porzione di territorio costiero/marino nella quale la presenza delle attività antropiche, residenziali, produttive, di collegamento, ecc. producono sostanze e reflui inquinanti che, a causa dei venti e delle correnti marine, possono determinare o contribuire a determinare inquinamento nelle acque interne del porto. Tale porzione di territorio, subisce direttamente gli effetti negativi derivanti dall’azione inquinanti determinate dalle attività che si svolgono all'interno delle infrastrutture portuali. La dimensione del contesto territoriale di riferimento è dunque determinata dallo sviluppo di queste attività antropiche in relazione al porto: oggetto di studio attraverso 68

le correnti aero marine. L'ambito da analizzare può tenere conto, ad esempio del bacino idrografico, o di più bacini idrografici , interessanti l'area portuale. Analizzando il contesto di riferimento, lo studio si concentra sul porto e sulle attività che nel porto si svolgono senza trascurare quelle localizzate nelle aree a terra di carattere commerciale e industriale.


riferimento Il questionario è un documento nel quale vengono raccolti i dati necessari per definire ed analizzare il contesto territoriale di riferimento e individuare gli elementi e gli attori che nel proseguo del progetto QUALIPORTI diventeranno gli elementi sui quali agire per raggiungere il fine che il progetto si pone, cioè eliminare o ridurre drasticamente l'inquinamento nelle acque portuali

-analisi delle attività presenti e delle qualità delle acque nel contesto territoriale di riferimento -analisi del porto. progettazione di programmi europei utilizzando le attrezzatture e strumenti del laboratorio.

Nella fase iniziale l'obbiettivo del questionario è quello di raccogliere informazioni sulle attività e sui soggetti attori quanto più complete ed esaustive possibili in modo da avere già in questa fase un idea sui punti maggiormente critici sui quali intervenire in seguito. Com'è organizzato il questionario. -Informazioni di carattere generale -Analisi del contesto territoriale di 69



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