L'Urlo - Gennaio 2015

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Numero III - Gennaio 2015


L’Urlo

Gennaio 2015 - N.III Anno IX DIRETTORI Marta Gerosa, Konrad Borrelli CAPOREDATTORI Attualità, Recensioni e Svago Federica Dalle Carbonare Cultura e Cronache del Beccaria Beatrice D’Anna REDATTORI Davide Almiento, Gianluca Amato, Armando Bavaro, Alessandra Bossoni, Alice Brenna, Silvia Butti, Chiara Carugati, Roberto Cervieri, Elena Ciocchini, Camilla Cracco, Beatrice D’Anna, Letizia Doro, Laura Fracaro, Maria Chiara Fusco, Riccardo Giannattasio, Alessandro Giglia, Francesca Ginelli, Aurora Gulli, Tommaso Levi, Debora Lombardo, Sofia Londero, Alberto Mangili, Ludovica Medaglia, Chiara Mentore, Chiara Minora, Luca Murgia, Sonia Nannavecchia, Rebecca Petrosino Spirito, Alessandro Piazzoni, Lucia Quacchia, Duncan Re, Giacomo Riccabono, Silvia Ricevuti, Arianne Roma, Ludovica Romeo, Eleonora Roversi, Chiara Solarino, Martina Somperi, ILLUSTRAZIONI & GIOCHI Duncan Re, Sara Vinci, Giacomo Santoro FOTOGRAFIE Chiara Borsatti, Emma Bovati, Daniela Brafa, Tancredi Pelà, Irene Regazzoni, Arianna Spagnolo

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EDITORIALE L’essere umano sente il fisiologico bisogno di esprimersi, di far trapelare frammenti della propria identità in ogni sua azione quotidiana. Sa di dover sottoscrivere tutto con la propria firma, anche se questa firma, talvolta, diventa un pesante fardello di cui non ci si può liberare. Tutto ciò che facciamo, o diciamo, è inevitabilmente specchio del nostro essere. Come possiamo pretendere di capire gli altri, se per prima cosa non diamo spazio alla nostra voce interiore, quell’ammasso di idee che ci distinguono l’uno dall’altro, che ci rendono speciali? La paura ci trattiene, separa noi dal meglio di noi. La paura ci rende schiavi delle prime impressioni, ci fa implodere nel buio di una malsana chiusura al mondo. La paura di scoprire pareri diversi dai nostri, in particolare, ci deruba della meravigliosa possibilità di relazionarci agli altri, di crescere imparando dai nostri errori. Quello che è successo nella redazione di Charlie Hebdo è stato non solo un attacco alla libertà di stampa, ma una violazione di quel bisogno, che ci pervade, di manifestare il nostro pensiero, in qualunque forma esso sia: un articolo di giornale, un disegno, una canzone, non c’è nulla di più potente dell’arte nella sua poliedricità. Per comprendere l’arte, però, bisogna avere degli ampi orizzonti; la paura fa l’esatto contrario. La paura è un mostro egoista, non tollera la libertà d’espressione perché vorrebbe tenerci tutti per sé, avvinghiati nell’oscurità della nostra anima. Bisogna opporsi ad essa con la luce, rischiarando la mente, comunicando col mondo. Soprattutto, siate consapevoli delle vostre idee e non esitate a esprimerle. E se qualcuno dovesse spezzare quella vostra unica matita, perché non si trova d’accordo con voi e non ha modo migliore per farvelo capire, sappiate una cosa: voi avete anche un temperino, e da quella matita ne ricaverete ben due. Marta Gerosa

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CRONACHE DEL BECCARIA

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CORSI DI RECUPERO

Per chi fosse troppo giovane per averla quello odierno, perché comunque qualcosa vissuta in prima persona, fino a due anni si faceva; tuttavia, chi non aveva debiti per fa la settimana dei recuperi si svolgeva di- una settimana non toccava libro o dizionaversamente da come si è svolta quest’an- rio di sorta, sottoscritto compreso, per poi no. Innanzi tutto, solo chi aveva il recu- riprendere la settimana successiva con più pero partecipava ai corsi, per un totale fatica. Per lo meno ora, siccome si segue settimanale di 8 ore per latino e greco, 6 il normale orario, qualcosa da fare a casa per inglese e matematica; gli altri, nel frat- c’è. A partire dall’anno scorso la situaziotempo, prendevano parte a conferenze e/o ne è radicalmente cambiata. I professori potenziamenti. Questo metodo garantiva possono ora scegliere se permettere agli agli studenti recuperandi un ripasso appro- studenti di organizzare individualmente fondito delle materie principali, avendo a lo studio a casa e, in classe, fare attività disposizione molte più ore, e permetteva di approfondimento, soprattutto le mateagli studenti senza materie sotto di non rie orali, o se gestire un corso di recupero annoiarsi a rifare cose già svolte durante per tutta la classe. Il grande problema di il primo trimestre. Di contro però, coloro questa organizzazione è che c’è il rischio che avevano un debito in materie diverse che chi ha bisogno di lavorare lavori tropda quelle dette prima, dovevano studiare a po poco e chi ha voti sufficienti si annoi e casa per i fatti loro, senza il supporto di un magari disturbi gli altri. Non avendo avuto insegnante (a meno che non se ne avessero recuperi gli anni passati non ho un vero e uno privato). Oltre a ciò, tra i professori proprio metro di paragone, ma quest’ansorgeva il problema che, siccome gli alun- no ho avuto la netta impressione che non ni di più sezioni venivano mischiati per lo organizzare nessun corso particolare per svolgimento del corso, molte volte veniva chi ne avesse bisogno abbia reso il lavoro riscontrata poca attenzione da parte degli faticoso e, a volte, inutile. In primo luogo studenti non appartenenti alla propria clas- si hanno meno ore per recuperare e quelle se. Sempre il corpo docenti lamentava di che restano sono frammentate all’interno non poter seguire personalmente i propri della settimana; mi è parso anche difficile alunni, che talvolta trovavano più difficol- per alcuni professori gestire una classe nuta con un insegnante differente durante il merosa e al contempo aiutare gli studenti in recupero che durante il trimestre. Inoltre, difficoltà. Bisognerebbe provare a trovare era chiaramente osservabile una grande un compromesso anche se “entrambi i medispersione da parte di coloro che non todi hanno pro e contro, il metodo di svolavevano debiti per il continuo passare da gimento perfetto non esiste”, come afferun’aula all’altra durante i potenziamenti. ma una professoressa. Bisognerebbe fare Era quindi, come si può immaginare, un una sintesi dei due metodi, dopo un conmetodo largamente approvato dagli alun- fronto tra studenti e insegnanti, per manni, soprattutto da chi non necessitava del tenere solo gli aspetti positivi di entrambi. recupero, con disapprovazione però di Roberto Cervieri e Silvia Ricevuti molti professori. Personalmente, avendo partecipato a questo metodo di svolgimento senza avere debiti, lo preferivo rispetto a

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FREE CHARLIE – ATTRAVERSO I PENSIERI

SPECIALE LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Un corteo di emozioni quello che ha raccolto quasi tre milioni di persone per le strade di Parigi lo scorso 11 Gennaio. Emozioni sparse in giro, appiccicate a cartelli, striscioni, palloncini. Una manifestazione che profuma di libertà, di coraggio e di unità nonostante le differenze davanti alla strage che ha coinvolto la redazione di Charlie Hebdo, la Francia, l’Europa e, perché no, pure il mondo. Tra i messaggi che quelle persone mostrano, uno in particolare mi ha colpito forse anche più del popolarissimo hashtag #JeSuisCharlie, quello che più riassume per me il senso della marcia alla libertà: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire» E’ una frase che erroneamente si attribuisce a Voltaire per via del suo Trattato sulla Tolleranza (che tra l’altro casca a fagiolo) ma al momento non ci interessa il chi, il dove, il quando e il perché di ciò. Ci interessa di più il suo significato che non può essere più semplice e basilare di così. Predica proprio rispetto e tolleranza verso le opinioni altrui, non importa se qualcuno non è d’accordo, ognuno ha il diritto di esprimere la propria visione e, per quanto offensiva o satirica possa essere, non merita di certo né di essere censurata né di essere “uccisa” a colpi di kalashnikov. Andiamo, ce l’hanno spiegato all’asilo no? Gioco di mano, gioco di villano...figuriamoci uno di mitragliatrice. Sempre questo stesso allegro signore ha detto: “Chi sostiene la propria follia con l’omicidio è un fanatico”. Abbiamo abbastanza esperienza nel mondo per dire che ci sono moltissimi altri modi per difendere le proprie idee o per contestare quelle di qualcun’altro. Lo stesso meccanismo della manifestazione (quando resta non violenta, ovvio) che cos’è, se non un modo pacifico di protestare contro qualcosa che non ci sta bene? O di dire la nostra? E la stampa! Come si dimentica del centro di questa faccenda, lei, mezzo di divulgazione per eccellenza di idee e notizie spesso scomode! Ancora oggi in moltissimi paesi i governi passano sotto la maglia della censura tantissimi articoli, lo scopo si sa. Un popolo estraneo all’attualità è più

facile da contenere, da dominare. Pensiamo ai paesi sotto dittatura, vedi la Cina, dove proprio quest’estate è stata rinchiusa in carcere una giornalista settantenne accusata di aver fornito informazioni segrete del partito comunista accompagnata dal decreto che dice: “I reporter non potranno comunicare a nessuno, in nessuna forma (cioè anche attraverso social media, lettere personali o dichiarazioni estemporanee), le informazioni in loro possesso prima che possano essere controllate”. In Siria è iniziata con la guerra anche quella che l’Amnesty International chiama “Colpire il messaggero”. “La libertà di espressione è un diritto, non possono uccidermi per questo”. Sono le parole di Yara Saleh, conduttrice della televisione Ikhbariya, che ha lottato per difendere la libertà di pensiero e la libertà di stampa. E’ stata rapita e torturata da un gruppo di ribelli nel mese di agosto. Si moltiplicano le storie di giornalisti vittime di aggressioni. A città del Messico sono stati uccisi due figli di giornalisti, anche se in questo caso non si sa se per colpa della professione dei genitori o se per questioni di droga. Tuttavia il problema rimane. Possibile che questi paesi non abbiano ancora capito che non c’è modo di fermare gli eventi? Che l’uomo è fatto di pensieri e di opinioni? Che è inutile tentare di bloccare l’informazione? In ogni caso ognuno si farà un’opinione, uguale, diversa scomoda, pericolosa o innocua che sia, come è sempre avvenuto nella storia dell’uomo. E se questo mette in difficoltà i potenti allora farebbero meglio a manovrare gli animali che sono più disposti a farsi dominare, più facili da terrorizzare. Infondo è stato anche questo lo scopo della manifestazione dell’11 Gennaio, mostrare che non abbiamo paura di far sentire (e vedere) i nostri pensieri, di lottare per la libertà di esprimerli in tutto il mondo.

M.C. Fusco

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#JESUISCHARLIE

Debora Lombardo

IPOCRISIA

SPECIALE LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Sembra una mattina come tutte le altre in rue Nicolas-Appert di Parigi. È il 7 gennaio 2015. La redazione del periodico Charlie Hebdo sta lavorando al numero della settimana. Idee e pensieri circolano in queste stanze. Pensieri che vogliono essere espressi, condivisi. E che vogliono far ridere. Sì, perché Charlie Hebdo è una rivista satirica che vuol far riflettere i suoi lettori, presentando personaggi o costumi della società in modo sarcastico, canzonatorio. Ovvero, secondo quello che è lo stile della satira. Non tutti, però, ridono davanti a queste vignette, anzi, alcuni ne rimangono offesi poiché si prendono gioco della religione in cui credono. Così, alle 11.30 di quel 7 gennaio 2015 i fratelli Kouachi fanno un attentato al settimanale per rivendicare il loro Dio, Allah. Piombano armati nella sede di Charlie Hebdo urlando “Allah è il più grande” e prendendo in ostaggio una disegnatrice e il figlio. Dopo essersi fatti condurre da questi all’interno dell’edificio, uccidono dodici persone, tra cui il direttore e numerosi vignettisti. Non si fermano neppure davanti a un agente della polizia; dopo averlo ferito tornano indietro per ucciderlo. Infine fuggono. Gli attentati, però, non finiscono qui. L’indomani, l’8 gennaio 2015, un altro terrorista, Amedy Coulibaly, apre il fuoco contro la polizia francese, provocando la morte di una poliziotta. Il giorno dopo si barrica in un supermercato tenendo alcune persone come ostaggio e chiedendo in cambio il rilascio dei responsabili dell’attacco a Charlie Hebdo. Nel frattempo nel resto del mondo c’è grande tristezza e paura. Molti parlano di libertà di pensiero e del diritto ad esprimersi, altri di rispetto; tutti, però, sono d’accordo sul fatto che un gesto così atroce non debba più capitare. Per questo l’11 gennaio per le strade di Parigi si è svolta una manifestazione. Al corteo hanno partecipato i premier delle nazioni europee, nonché anche altri leader politici. Non sono però intervenuti i rappresentanti del governo marocchino, poiché durante la manifestazione erano presenti immagini irrispettose per la religione islamica. Quel giorno, oltre due milioni di persone hanno sfilato unite per esprimere solidarietà ai famigliari delle vittime dell’attentato. Per lottare a sostegno della libertà di espressione.

Il 10 gennaio moltissimi tra capi di stato e politici di ogni origine e provenienza si sono riuniti per manifestare a Parigi per la strage alla redazione di Charlie Hebdo e per la libertà di stampa. Tutti a dire “siamo Charlie” in Francia, ma molti di loro hanno imprigionato centinaia di giornalisti nel loro paese per le stesse cose che faceva Charlie Hebdo. Per fare un esempio, il primo ministro turco Davutoglu era in prima fila alla manifestazione, e tanto di cappello, ma lui stesso poco tempo prima aveva fatto arrestare qualcosa come 50 giornalisti perché avevano fatto della satira su di lui. Inoltre è proprio la Turchia a detenere il “record” del maggior numero di giornalisti in prigione. Per non parlare del Re della Giordania Abdullah che ha condannato un giornalista a 15 anni di lavori forzati per aver “osato” scrivere qualcosa contro la monarchia, di Enda Kenny, il primo ministro d’Irlanda, dove la blasfemia è un reato penale, o di Cameron, PM del Regno unito che ha fatto distruggere moltissimi documenti che erano stati ottenuti da “The Guardian” perché ritenuti scomodi. Questi sono solo alcuni dei molti politici presenti alla manifestazione che hanno arrestato decine di giornalisti per il loro pensiero. Alla fine del 2014, circa 200 giornalisti in tutto il mondo si trovavano in prigione per lo stesso “reato”: la libertà. Quella stessa libertà per cui loro stavano manifestando. Come se un assassino andasse al funerale della propria vittima, o un vegetariano indossasse pellicce di visone. Questa è ipocrisia. Questo è fare finta di essere ciò che non si è per piacere agli altri, per dimostrare che siamo tutti amici e uniti quando ci fa comodo. Perché si, certo, viva la libertà di stampa e la satira, ma solo se ci va bene, solo se dice quello che vogliamo sentirci dire. Così però è troppo facile, accettare le cose solo quando ci piacciono. Molti dicono che ci dovrebbe essere un limite, che non si dovrebbero superare certe barriere e che alcuni argomenti sono “intoccabili”, ma se si pongono dei limiti allora non è più libertà, ma solo una parvenza di essa. Siamo liberi, ma a certe condizioni; possiamo fare quello che vogliamo, ma solo se va bene agli altri. Se noi fossimo davvero Charlie Hebdo, sapremmo bene che non esiste qualcosa di troppo esagerato o troppo forte, perché sono le idee rivoluzionarie che cambiano veramente le cose, ma spesso ci fanno troppa paura per capirlo.

Sonia Nannavecchia -5-


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LA SATIRA, DA IERI A OGGI

SPECIALE LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Nelle ultime settimane, in relazione all’attentato alla sede di Charlie Hebdo, si è parlato molto di satira e noi ci siamo chiesti: che cos’è precisamente la satira e da dove ha avuto origine? La satira si occupa da sempre di temi rilevanti, principalmente la politica, la religione, il sesso e la morte, e su questi propone punti di vista alternativi, e attraverso la risata veicola delle piccole verità, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi e mette in discussione le convinzioni. Sin dall’antica Grecia la satira ha sempre avuto una fortissima impronta politica, occupandosi degli eventi di stretta attualità per la polis e avendo una notevole influenza sull’opinione pubblica ateniese. Per questo motivo è stata soggetta a violenti attacchi da parte dei potenti dell’epoca. Uno dei suoi bersagli preferiti, inoltre, è sempre stata la religione ed in particolare gli esponenti pubblici del culto ed il ruolo politico e sociale svolto dalla religione. Non stupisce che spesso venisse (ed ahimè, forse ancora oggi venga) accuratamente censurata dalle diverse istituzioni religiose. Già la commedia greca di Aristofane fa della satira politica un ingrediente fondamentale ma solo con Ennio, tra il III e il II secolo a.C., si inizia a codificarla come genere letterario. Facendo un salto temporale, nel Rinascimento la diffusione della cultura ellenica favorì il dramma satiresco,

che traeva la sua origine dal mito dei satiri. Nel XVI si diffuse inoltre il fenomeno delle “statue parlanti”, in particolare a Roma Pasquino, una scultura a cui venivano affissi componimenti anonimi (chiamati pasquinate, termine poi entrato nell’uso comune) che dileggiavano uomini di potere della città papalina, non di rado lo stesso Pontefice. Con l’arrivo dell’illuminismo l’utilizzo della satira per denunciare i dogmatismi della religione e i privilegi dei nobili crebbe notevolmente, con illustri esempi come il Candido di Voltaire e Il Giorno di Parini. Fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo in Italia vi fu una grande fioritura di giornali satirici, tra cui il più noto è L’Asino, fondato nel 1892, di indole socialista e anticlericale, decisamente critico verso il governo di Giolitti. Le pubblicazioni interrotte dalla Prima guerra mondiale ripresero nel dopoguerra, anche se L’Asino fu costretto poi a chiudere nel 1925, all’indomani del delitto Matteotti. Oggi si tende ad identificare la satira con una delle forme possibili dell’umorismo e della comicità, spesso attaccando, attraverso la letteratura o l’arte, i personaggi politici, sociali e culturali. Tuttavia non bisogna dimenticare, citando Giorgio Forattini, che la satira è una grande dimostrazione, la più alta espressione, di libertà e di democrazia.

Federica Dalle Carbonare

INDIFFERENZA

Chissenefrega. Tutto d’un fiato. Si esce di casa, si compra il giornale, si legge, si guarda ma non ce ne importa, tanto è in Francia, tanto è in Nigeria, tanto è in Corea, che differenza mi fa? Cosa mi cambia? Io ho già mille cose a cui pensare; se proprio mi sento una brava persona condividerò qualcosa su Facebook in proposito o al massimo andrò a qualche manifestazione nella mia città, così poi ne approfitto per andare a fare shopping. Beh, è qui che sbagliamo, è qui che la nostra piccola mente si imbroglia da sola; siamo nel 2015, in un mondo che vola verso la globalizzazione e ciò che succede in Francia, in Corea, in Nigeria, ci riguarda da vicino e l’errore più grande che possiamo fare è fregarcene, per pigrizia, per ignoranza, perché non ci va di informarci o, se lo facciamo, preferiamo stare in superficie e accettare solo ciò che gli altri vogliono farci vede-

re. Questo è l’errore più grande, non solo perché giriamo le spalle a chi ha bisogno, ma ben peggio, perché questo errore ci rende pilotabili, una massa di persone che vede solo ciò che le viene mostrato e che recepisce passivamente un’opinione che non è la sua, che non è in grado di vedere entrambe le facce della medaglia, che preferisce farsi i fatti suoi e girare lo sguardo piuttosto che esporsi e prendere una posizione. Prendere una posizione è nostro dovere e tutto ciò che di sbagliato accade nella nostra società e in questo mondo è anche nostra responsabilità: sicuramente la democrazia è una forma di governo auspicabile per uno stato, ma il mantenimento di tale condizione implica che tutti i suoi cittadini prendano parte a ciò che essa riguarda; il governo degli ignavi, invece, si chiama totalitarismo, ed il loro non prendere una decisione ha favorito lo sviluppo (in un’epoca non troppo

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ATTUALITA'

Francesca Ginelli

LA LIBERTÀ DI RIDERE

16 Dicembre, vigilia dell’uscita del nuovo film della Sony “The Interview”, commedia sul leader nordcoreano Kim Jong Sun, quando un gruppo di hackers appellatosi “Guardians of Peace” promette rivendicazioni contro i cinema che oseranno proiettare il film. 7 Gennaio, due uomini armati fanno irruzione nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, uccideranno 12 uomini trai quali i 4 disegnatori Tignous, Wolinski, Cabu e Charb. Due avvenimenti distanti geograficamente e non della stessa risonanza ma con in comune la vittima: la libertà d’espressione. Negli ultimi tempi l’intolleranza e il fanatismo si sono avvicinati sempre più alla violenza, utilizzando come casse di risonanza quella terra di nessuno che è la rete (l’Isis in primis ne è l’esempio) o colpendo i simboli della società occidentale. Lo scopo dei terroristi è dimostrare la fragilità della nostra società, rendendo i governi e i cittadini paranoici e meno lucidi, spingendoci in pensieri frutto delle nostre paure. Non a caso gli Stati Uniti e la Francia, le prime due vittime, sono due simboli: gli Stati Uniti rappresentano nel bene e nel male i presupposti liberali su cui si è basata la nostra storia recente, la Francia invece è la culla di tutte le libertà. La satira, figlia prediletta della libertà, nata nel mondo classico e arrivata sino a noi passando per Charlie Chaplin e i Monty Python, ha sempre colpito le religioni, la politica e i mali del nostro tempo in maniera ancor più efficace di chi invece si avvale di una forma di denuncia, per così dire, più moderata. È un arma che può essere impugnata solo dai più temerari. Nel 2011 una molotov aveva distrutto gli uffici del settimanale, un monito caduto nel vuoto. Charlie Hebdo nel corso del sua vita ha sempre intrapreso una strada difficile e controversa,

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SPECIALE LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

CRONACHE DEL BECCARIA CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO lontana) delle peggiori barbarie e atrocità che sia H&M che indosseremo sabato sera per andare mai stata commessa: lo sterminio degli ebrei du- a ballare è frutto dei massacranti turni di lavorante la Shoah. L’indifferenza continua tutt’oggi e ro di un bambino uzbeko o cambogiano che ha lascia al buio genocidi “silenziosi” di cui nessuno lavorato 16 ore in cambio di una misera ciotola sa niente e lo sfruttamento di bambini nelle fabbri- di riso. Sembrano ancora parole lontane perché che e nelle miniere di Asia e Africa, realtà in cui l’Uzbekistan non ci riguarda: viviamo in Italia, l’interesse economico di alcuni prevale sulla vita dove queste cose non accadono… ma se fossimo di altri. Mostri vero? Eppure siamo così anche noi, noi dall’altra parte? nel momento in cui non sappiamo che il vestito di

creando una satira universale che colpisce tutti, senza ritegno, e che avvicinandosi sempre di più al limite ci dimostra che un limite alla satira non esiste. Charb e i suoi colleghi sono morti per fare ironia sulla religione, motivo di presa in giro sin dall’antica Grecia dove gli dei pagani venivano ridicolizzati da alcuni autori. The Interview é stato minacciato per prendere in giro un dittatore... non vi ricorda niente? La storia tende a ripetersi, ma solo i morti di Parigi sembrano aver mostrato la gravità del problema. Il mondo occidentale non deve fare il gioco dei terroristi e cadere nell’isteria collettiva, deve affrontare il terrorismo con freddezza e lucidità, guardando in faccia il male. La vigilia di Natale The Interview è uscito, molti americani hanno riso di Kim Jong Sun e nessun cinema è saltato in aria. Charlie Hebdo è uscito con regolarità e le sue copie sono andate a ruba in pochi minuti mentre persone di tutto il mondo hanno sorriso davanti ad una caricatura. Dipingi un Maometto glorioso, e muori. Disegna un Maometto divertente, e muori. Scarabocchia un Maometto ignobile, e muori. Gira un film di merda su Maometto, e muori. Resisti al terrorismo religioso, e muori. Prendi per cretino un oscurantista, e muori. Cerca di discutere con un oscurantista, e muori. Non c’è niente da negoziare con i fascisti. La libertà di ridere senza alcun ritegno la legge c’è la dà già, la violenza sistematica degli estremisti ce la rinnova. Grazie banda di coglioni. Charb, Charlie Hebdo, 15 ottobre 2012

Mattia Stefanutti


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NOT IN MY NAME

“Colui che uccide una vita è come se avesse ucciso l’intera umanità, colui che salva una vita è come se avesse salvato l’intera umanità”. Mi permetto di cominciare con questa citazione di un verso del Corano, in nome del quale io, come tanti altri, difendiamo pace e libertà, in nome del quale supportiamo l’utopia dell’unione, in nome del quale tentiamo di opporci al menefreghismo cercando di diventare veri esseri umani. Mi rendo conto che ciò potrà suonare strano per molti, dal momento che, ultimamente, a sentir parlare di Corano o semplicemente alla vista di una ragazza con il velo, viene subito in mente il fenomeno del terrorismo, tendendo quasi involontariamente a creare un’associazione mentale per cui, per esempio, si immagina tale ragazza come potenziale criminale armata, pronta in qualsiasi momento ad attentare alla propria vita. Si potrebbe dire che esageri, ma l’esperienza diretta mi porta a dire che non sono molto lontana da quel che si pensa realmente. Islamofobia, diffidenza, divisione, pregiudizi, sono ormai parole topiche tra alcune persone che non capiscono che proprio con questi atteggiamenti stanno portando a compimento l’obiettivo ultimo dei terroristi. Si sta purtroppo assistendo ad una grave decadenza del senso di umanità tra gli uomini, per cui l’egoismo e la mancanza di fiducia in se stessi e negli altri sta diventando così opprimente da farci diventare facile preda di atti terroristici, finalizzati a sgretolare dal fondo ogni sentimento umanitario. Tra i vari interventi molto interessanti che ci sono stati nella manifestazione in piazza Duomo del 10 gennaio, uno in particolare è pertinente a quanto ho detto, ossia che “la percentuale nel mondo di gente che non spara e non uccide è maggiore del 99,99%: siamo la maggioranza, siamo i più forti, non esiste un noi e un voi, esiste un noi e gli assassini…”. In sintesi si può dire che “il numero fa la forza”, ma quando questo numero si disinteressa? Quando pensa solo a se stesso? Quando si ferma ad apparenze e generalizzazioni? Quando addossa tutta la colpa al “mondo crudele”? Ma chi compone il mondo? Non siamo proprio noi, umili esseri umani? Siamo noi a rendere cru-

dele il mondo, siamo noi ad aver dimenticato il significato di amore, di pace, di fratellanza, di unione e di molte altre “belle” parole ormai cancellate dai nostri dizionari … Abbiamo invece fatto ampio uso di parole quali ipocrisia, crudeltà, uccisione, odio… Tanti, purtroppo, sono i sentimenti negativi che alimentano i nostri cuori, aumentano di giorno in giorno, di ora in ora, di secondo in secondo, più si va avanti più si accrescono sentimenti disumani e incivili, mentre noi stiamo fermi, viviamo circondati e guidati da essi, non abbiamo più una nostra personalità che possa frenarli. Siamo forse troppo deboli? Oppure facciamo finta di esserlo? Siamo davvero impotenti, oppure ci convinciamo di esserlo? È vero che desideriamo cambiare, ma abbiamo bisogno di un saldo punto di riferimento, facciamo finta di niente e pensiamo alla rinomatissima frase “tanto da solo non posso farci niente”, oppure “se ne fregano tutti, perché proprio a me dovrebbe importare?” Per dare un quadro molto approssimativo ma che rende abbastanza l’idea, noi siamo come divisi in alcuni gruppi base: quelli che diffondono il virus (odio), quelli che si lasciano facilmente infettare, quelli che si chiudono in casa per paura del virus e quelli che lottano contro il virus, aventi ferma fede che la medicina (pace e unione) c’è ma non è ancora stata applicata, o a causa dell’ottusità dei malati che la ritengono amara da mandar giù, o a causa di una specie di “mafia” segreta che la tiene nascosta perché si diletta nel vedere primeggiare il dolore. Il vero problema sta dentro ciascuno di noi, abbiamo paura di riflettere, lasciamo andare, preferiamo credere a chi ci fa più comodo: i terroristi dicono uccidiamo in nome di Dio e tutti accusano la religione e se ne distaccano come il fosse il più grande dei mali, mentre se noi diciamo invochiamo la pace in nome di Dio, otteniamo solo poca credibilità e tanto scherno, tale che ora ci si vergogna di professare la propria religione per paura di essere derisi dagli altri. Io sono una ragazza musulmana, fiera di esserlo, che mi vergogno sì di quel che è accaduto ma non della mia religione. Sono doppiamente indignata per il

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grave massacro, in primo luogo perché chiunque avesse nel cuore un briciolo di umanità condannerebbe tale atto di sangue, che rappresenta un’offesa per l’intero genere umano, poi, perché quegli assassini hanno abusato indegnamente del nome dell’islam per indicare atti terroristici che non ci appartengono. Concordo con il filosofo Al Ghazali che una volta disse “L’islam è una causa moto vincente, ma purtroppo i suoi avvocati fallirono nel portarla avanti”. Non mi ritengo all’ altezza di fare io un’apologia dell’islam, ma il mio intento

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era perlomeno, di dire, a quelli che ci accusano tutti di essere dei tagliagole, che come un milanese non può essere accusato di essere un mafioso soltanto perché nel sud d’Italia c’è la mafia, così non si possono accusare circa due miliardi di musulmani di essere tutti degli assassini spregiudicati, soltanto perché c’è chi ingiustamente compie atti terroristici adducendo il nome dell’islam.

Aya El Koush

“CREDI CHE DIO PARLI ARABO O EBRAICO? RIESCE A SENTIRE LE TUE PREGHIERE O LE MIE?”

Dio o Allah? O solo due differenti nomi per parlare della stessa cosa? Questo ci insegnano a scuola, che la parola monoteismo deriva dal greco monos più zeòs, vale a dire il credere in un unico dio, che, nel caso di Cristianesimo ed Islam, è precisamente lo stesso, anche se chiamato in modo diverso e fatto conoscere agli uomini da diversi personaggi (se possiamo così banalizzare il ruolo di Gesù e Maometto). Fede, Speranza e Carità sono gli stessi pilastri su cui entrambe le credenze si fondano e, se leggessimo con attenzione il contesto nel quale le due fedi sono nate, vedremmo che l’Islam, più recente, si pone come sigillo di chiusura dopo Cristianesimo ed Ebraismo, religioni da esso ufficialmente rispettate perché seguono ciascuna un libro della verità che le è stato svelato da Dio. Allora come mai continuiamo a sentire di guerre fra credenti ed estremismo religioso, come i recenti avvenimenti di Parigi ci hanno ricordato? Cos’è una Guerra Santa, ed è possibile che si possano uccidere uomini in nome di Dio? Tutte le religioni monoteiste professano: “Ama il tuo prossimo come te stesso”: ebbene, con tutto ciò non si evince da dove arrivi l’idea di ammazzarsi l’un l’altro in nome della Chiesa. Semplicemente da un desiderio umano di prevalere sugli altri, come l’uomo fa da secoli e ha sempre fatto. Se ogni popolo crede di essere il solo al quale Dio ha rivelato la verità, per lui diffondere la via per la salvezza diventa un dovere, e tale diffusione può avvenire pacificamente o in modo cruento, e spesso e

volentieri il primo metodo è accantonato in favore del secondo. Il termine Jihad, che oggi viene usato per indicare la Guerra Santa intrapresa dagli estremisti islamici contro chi non lo è, aveva in origine una connotazione differente: i musulmani chiamano così la generica guerra contro il male e contro i politeisti, ma da qui a farla diventare un affare di stato contro chi non onora Allah c’è voluto molto poco. D’altronde, ogni credente potrebbe pensare a come sia possibile che esistano due verità religiose che non si assomigliano e che prescrivono comportamenti diversi ai fedeli, a partire dal cibo che deve essere mangiato, e così ognuno si sente libero di sopprimere chi, a suo parere, è nel torto. Così la guerra diventa un “male minore” necessario affinché i precetti del proprio Signore siano rispettati. Perché allora Dio ha voluto che solo alcuni venissero a conoscenza della verità e dovessero trasmetterla agli altri? Forse che sia paragonabile ad una madre che si rivolge differentemente ai propri figli, pur amandoli allo stesso modo, perché hanno caratteri diversi? Ciò che gli uomini dimenticano sono le basi comuni delle differenti religioni, che sono solo strade diverse per raggiungere la stessa meta, ossia la certezza che l’essere Eterno è uno e sempre lo stesso, e non dovrebbe avere importanza che venga chiamato in molti modi, se confidiamo nel fatto che lui ci sia.

Beatrice D’Anna

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L’ENNESIMA STRAGE MARITTIMA

Il 28 dicembre al largo delle coste albanesi si è assistito all’ennesimo disastro marittimo su una nave battente bandiera italiana: il Norman Atlantic, traghetto noleggiato dalla compagnia greca Anek Lines per il servizio tra Italia e Grecia, ha preso fuoco e ha causato la morte di 11 persone. Sono ancora poco chiare le esatte cause dell’incendio, perché nei giorni seguenti al rogo della nave il relitto era ancora fumante ed era impossibile un sopralluogo. La prima visita all’interno della pancia della nave, avvenuta il 20 gennaio, non ha riscontrato nessuna presenza di corpi e quindi il numero dei dispersi, a quasi un mese dall’incidente, ammonta ancora a 18. Secondo l’ipotesi più probabile, il rogo sarebbe partito dal garage, in seguito all’incendio di un tir, e da lì le fiamme si sarebbero estese a tutto il traghetto. I passeggeri sono stati costretti a trasferirsi sui ponti esterni, sui quali si correva il rischio di ipotermia, date le basse temperature e le pessime condizioni meteo-marine. I soccorsi sono stati organizzati soprattutto dall’Italia, che ha partecipato con tre rimorchiatori e la nave militare San Giorgio. Purtroppo due marinai albanesi hanno perso la vita durante i soccorsi, investiti da un cavo del loro rimorchiatore che si è sganciato dal traghetto. Per la strage del Norman Atlantic gli indagati sono due: l’armatore e il comandante della nave, Argilio Giacomazzi. Quest’uomo, come dovrebbe fare ogni comandante degno, ha abbandonato la sua nave per ultimo, dopo aver aiutato tutti i passeggeri a scendere; naturalmente gli italiani, non abituati a questo tipo di azioni, non hanno esitato a dargli l’appellativo di eroe, che lui ha giustamente rifiutato. Le indagini si concentrano soprattutto su alcune certificazioni ottenute dalla nave, che possedeva delle dotazioni non in regola e su un malfunzionamento del sistema antincendio, che avrebbe dovuto impedire al fuoco di arrivare ai ponti più elevati del traghetto. In questo caso, a differenza di episodi precedenti, come Moby Prince e Costa Concordia, probabilmente non c’è un errore palese del comandante, ma lo sbaglio è quasi sicuramente dell’armatore, che ha fatto navigare un mezzo non in regola e ha fatto imbarcare più autoveicoli di quelli previsti. In ogni caso, nonostante le proibitive condizioni marine, la causa dell’incendio divampato a bordo della nave è di nuovo un errore umano.

Alessandro Piazzoni

BODY CAGE

“A world so hateful some would rather die than be who they are.” - Macklemore «Quando avevo 14 anni venni a sapere cosa significasse essere transgender e piansi di felicità. Dopo 10 anni di confusione finalmente sapevo chi ero. Lo dissi immediatamente a mia madre, e reagì in modo estremamente negativo, dicendomi che era solo una fase, che non sarei mai stato davvero una ragazza, che dio non commette errori. Che mi sbagliavo.» Questo scrive Leelah Alcorn, 17 anni, nella lettere postata sul suo blog in cui annuncia il suo suicidio. Racconta di come i suoi genitori non lo abbiano mai accettato, di tutti gli psichiatri (rigorosamente di religione cattolica) da cui veniva frequentemente portato perché le persone che avrebbero dovuto amarlo di più al mondo volevano trovare a tutti i costi una cura per qualcosa che una malattia non era. Com’é possibile che due genitori diventino la causa della depressione e del seguente suicidio del figlio? Com’é possibile che le persone che ti hanno messo al mondo, sangue del tuo sangue, ti facciano sentire inutile? Ci sarebbe da parlare con queste persone, chiedere loro se pensano di aver svolto per bene il loro compito, se pensano di aver amato abbastanza loro figlio, di averlo fatto sentire abbastanza protetto. E la risposta a queste domande é no, assolutamente no, perché questo ragazzo é morto. E non é morto perché un giorno il suo cuore ha deciso che era abbastanza, che non poteva più andare avanti. É morto perché lo voleva, perché stava talmente male con se stesso e con il mondo che ha preferito morire piuttosto che rimanere a guardare ciò che gli riservava il futuro. É morto perché il suo corpo era diventato una gabbia, una prigione, e semplicemente nessuno l’aveva capito, nemmeno le persone più vicine a lui. Probabilmente i suoi genitori direbbero comunque che lo amavano ma erano spaventati, che volevano che loro figlio avesse una vita ‘normale’, come tutti gli altri ragazzi. Ma chi decide cos’é normale? Chi decide se un ragazzo può voler essere una ragazza e comportarsi come tale e viceversa oppure no? Questi genitori avrebbero risposto ‘Dio’, avrebbero risposto che andava contro la loro religione, ciò che la natura ha imposto. Cari genitori, “se la vostra religione vi fa sentire come se vostro figlio fosse inutile e non valesse niente, forse dovreste chiudere con la religione, non con il bambino”.

Chiara Carugati - 10 -


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PERCHÈ LE “STRONZETTE DI DAMASCO” E NON I “NOSTRI EROI”?

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, sequestrate in Siria a fine luglio mentre lavoravano come cooperanti sono libere e finalmente in Italia. E’ giusto pagare, e soprattutto, è stato realmente pagato un riscatto? Quest’ultima domanda è stata posta direttamente al ministro degli Esteri Gentiloni da Lilli Gruber durante la trasmissione ‘Otto e mezzo’, il giorno della loro liberazione. La domanda ha suscitato l’evidentissimo imbarazzo del ministro che ha risposto in modo assai vago. La ragione della sua reticenza è ovvia: queste sono trattative segrete che devono rimanere tali. Magari c’è stato uno scambio di prigionieri o son stati presi accordi sui territori, a noi però non sarà dato saperlo. Ma, mi chiedo io, come si può dare un valore economico alla vita di una persona; in particolare a una persona che rischia tutti i giorni per fare del bene? Non vi è alcuna differenza tra la negoziazione di questi ostaggi e dei precedenti, come è avvenuto ad esempio nel sequestro Sgrena oppure nel caso delle due Simone. Come ha infatti precisato Gentiloni, la trattativa si è svolta nelle modalità solite utilizzate anche nei governi precedenti e dagli altri stati. La notizia della liberazione delle due ragazze ha scatenato un odio insensato e senza freni soprattutto sul Web, con sconcertanti dichiarazioni anche da parte di esponenti politici di rilievo. Si sono sostanziate due scuole di pensiero: la prima riconosce in questo gesto un’espressione d’impegno e di solidarietà individuale di grande valore, l’altra sostiene che la presenza di due giovani e inesperte donne in una zona di guerra sia una follia. “Che schifo ‘sto governo che paga per ‘ste qui che giocando a fare le volontarie se la sono andata a cercare! Invece i nostri due marò?” Non si possono mettere sullo stesso piano le vicende dei marò e delle due volontarie, non ha proprio senso. Il paternalismo del “Potevano stare più attente”, inoltre, è una giustificazione all’egoismo personale, come se non avessero già pagato a caro prezzo l’evidente impreparazione della loro missione e se non fosse invece altrettanto responsabile chi deve garantire la sicurezza di chi presta servizio nella cooperazione internazionale. La destra italiana ha utilizzato la vicenda dei due marò per fare campagna

elettorale appena prima della fine della legislatura passata, costruendo un’imponente campagna mediatica sui “Nostri eroi”. Ma eroi di cosa?!? Girone e Latorre hanno ucciso due pescatori, confusi per pirati, all’interno delle acque territoriali indiane mentre prestavano servizio su una nave privata (In Italia l’Esercito mantiene il monopolio della scorta di imbarcazioni private perché non esiste una legislazione che disciplini l’utilizzo di milizie private, pur essendo prevista questa possibilità). Greta e Vanessa sono state ancora usate per farne una speculazione elettorale. Sono state usate come bersaglio dalle frustrazioni più basse degli italiani: sono diventate “Le Stronzette di Damasco” da “far lavorare gratis” per ripagare della collettività il danno subito. Forti le critiche da parte del M5S e della destra, in primis Salvini, il quale propone di far lavorare i volontari italiani lontani dalle zone di guerra. Quest’ultima proposta può strapparci un sorriso dal momento che proprio le due cooperanti, paradossalmente, potrebbero rappresentare uno dei princìpi cardine della Lega Nord: “aiutiamoli a casa loro”. Le due ragazze sono andate là dove c’è bisogno, là dove si soffre, là dove la gente scappa a causa della guerra cercando solidarietà e aiuto in Italia, qui però vengono visti solamente come un peso. Lasciamo il “se la sono andata a cercare” a ‘L’ Italia peggiore’, populista e xenofoba; sottolineando il fatto che gran parte di costoro sono gli stessi che fino a ieri urlavano Je suis Charlie. Greta e Vanessa erano spinte da nobili ideali ed ecco come si riduce volgarmente il desiderio di due donne di fare qualcosa di buono per tentare di cambiare le cose: coperte di insulti sessisti, illazioni e infamie. Si smetta di fare speculazione politica sul loro caso e si porgano delle scuse.

Tommaso Proverbio

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COS’È LA LIBERTÀ “Libertà d’espressione è dare un colore, una forma alla nostra identità. Gridare al mondo chi siamo, senza timore, senza restrizioni” -Marta Gerosa

“La libertà d’espressione è il diritto inviolabile di dire la nostra, di contraddire e di contrastare. Di far vivere il nostro pensiero attraverso le parole. Senza filtri.” -Letizia Doro

“Libertà d’espressione è il poter dire ciò che si pensa liberamente, senza temere un giudizio. Libertà d’espressione è il contrario di Guerra, poiché la Guerra è l’assoluta mancanza di comunicazione.” -Silvia Butti “La libertà d’espressione non è altro che la possibilità, per un individuo, di esprimersi, pensare e comportarsi secondo la propria volontà, senza limiti e costrizioni.” -Arianne Roma

“La libertà d’espressione è la possibilità di mettere per iscritto un idea, un modo per lasciare un segno permanente che non verrà cancellato dalla censura, l’opportunità di far sentire al mondo intero la propria opinione.” -Ludovica Romeo Zingarelli

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D’ESPRESSIONE “Libertà d’espressione. Libertà di dire sì. Libertà di dire no. Libertà di contestare. Libertà di dubitare. Libertà di discutere. Possibilità di progredire.” -Konrad Borrelli

“Libertà d’espressione è dare un foglio bianco a chi è intrappolato in se stesso, ed aprirgli una finestra sul mondo” -Valentina Patassini

“La libertà di espressione è l’unico mezzo che permette all’uomo di dialogare e di distinguersi, senza di essa nessun uomo avrebbe dignità e gli umani sarebbero come le altre specie viventi.” -Alessandro Piazzoni

“La libertà di espressione è necessaria all’essere umano come l’aria per respirare” -Laura Fracaro

“Diritto di dire il proprio pensiero. Questa è la libertà di espressione. Poter esporre in alcune righe, a parole o con un disegno un’opinione, un’idea. E avere tutto il potere di farlo, senza esitazione, senza paura che ciò possa andare contro la propria persona” -Debora Lombardo

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CONTRO UN NEMICO SPIETATO

“Sono un soldato che si è ferito nella lotta contro un nemico spietato”: ecco come si auto-definisce Fabrizio Pulvirenti, il “paziente zero” italiano contagiato da ebola. Sono ormai passate due settimane da quando è stata resa nota la notizia della guarigione del medico, dopo essere stato ricoverato il 25 novembre nel reparto di alto isolamento dell’ospedale Spallanzani di Roma ed essere stato seguito e monitorato ogni istante da 30 persone specializzate nelle malattie infettive. Dopo essere stato curato per mezzo di quattro diversi farmaci sperimentali e, dopo un periodo di convalescenza per riacquistare la forma fisica perduta, Fabrizio ipotizza già di fare ritorno in Sierra Leone, dove era stato contagiato dal virus. Il suo sangue, insieme a quello di altri pazienti guariti da ebola, verrà utilizzato per produrre un “plasma di convalescenza”, ossia una specie di vaccino: infatti, i sopravvissuti al virus dovrebbero avere sviluppato anticorpi, ora presenti nel loro sangue, che, grazie a trasfusioni, permetterebbero ad altri malati maggiori probabilità di guarigione.

Pulvirenti racconta che, nonostante durante l’isolamento cercasse di mantenere la mente lucida e distaccata per un’analisi scientifica, l’estremo dolore gli impediva di rimanere concentrato. Sebbene conoscesse rischi e pericoli del suo viaggio, ha deciso di partire lo stesso perché “Chi pratica la medicina senza avere studiato è come chi naviga senza carte nautiche; chi pratica la medicina solo sui libri è come chi non naviga affatto”. Così afferma che l’esperienza in Sierra Leone è stata eccezionalmente formativa, sia dal punto di vista clinico ma soprattutto sotto il profilo umano: la professione medica infatti non si limita alla cura della malattia ma si estende al ‘prendersi cura’ del malato. Nonostante tutto, come egli fa notare, l’interesse della comunità internazionale c’è solo quando un occidentale contrae l’infezione, mentre passano in sordina le centinaia di morti nei paesi maggiormente colpiti. In un’intervista alla radio Fabrizio dichiara di non essere un eroe, ma dice solo di avere svolto il suo lavoro con un pizzico di coraggio in più… sarebbe bello avere anche solo la metà del coraggio di quest’uomo.

Silvia Butti

SONO SOLO FATTI

Sono passati settant’anni. Settant’anni da quando il campo di concentramento di Auschwitz è stato liberato dall’ersercito russo, il 27 gennaio, e da allora questa data è stata proclamata Giornata della Memoria. Dopo tanto tempo sembra che ormai sia diventata una giornata come le altre, una commemorazione scontata, che si ripete allo stesso modo tutti gli anni. Un’occasione per fare attività diverse a scuola, per vedere qualche film, per pubblicare belle frasi su Facebook e poi dimenticarsene per un altro anno. Temo che in noi giovani si sia radicata l’idea che quel pezzo di storia non ci riguardi, che siano anni lontani da studiare su i libri di storia. Per quanto i tempi possano essere cambiati, però, gli av-

venimenti della Seconda Guerra Mondiale si ripercuotono sul nostro moderno mondo e, in verità, anche sulle nostre vite quotidiane. A partire dai partiti neonazisti che stanno crescendo nei Paesi di tutta Europa. In Grecia il partito di nazionalista Alba Dorata è il terzo del Paese e alle ultime elezioni ha preso il 6.3% dei voti. A Milano, il 20 dicembre c’è stato il “Movimento Nazionalista dei Popoli Europei”, una “amichevole” riunione dei partiti neonazisti e neofascisti europei, tra cui, solo per citarne alcuni, Alba Dorata, lo spagnolo Democracia Nationàl, il tedesco NPD, il norvegese Svanskarnas Parti, il British National Party e, per concludere in bellezza, il partito neofascista italiano Forza Nuova. Star

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MORTI NEL SILENZIO

Mentre in Francia ci si uccide per dell’inchiostro, nella periferia del Mondo, la Nigeria, una bambina di dieci anni viene fatta esplodere al mercato della città di Maiduguri provocando venti morti e diciotto feriti. Era appena stata fermata al metal detector posto all’entrata del mercato per presunta presenza di esplosivo, quando, prima ancora che i vigilantes potessero intervenire, è stato fatto deflagrare l’ordigno. Questa è una delle ultime atrocità di una guerra iniziata nel 2002 dal gruppo oltranzista islamico “Boko Haram”, fondato dallo sceicco Mohammed Yusuf con l’obiettivo di combattere tutto ciò che di occidentale era presente in Nigeria - dalle elezioni all’abbigliamento – e di ripristinare la sharia (legge islamica). Da allora sono migliaia i morti provocati da questo assurdo conflitto. La domanda che vien da porsi è se la bambina fosse consapevole di esser stata mandata a morire. Forse, indottrinata da uomini che di umano non hanno più nulla, pensava che quello fosse il miglior modo per dare un senso alla sua innocente vita. Oppure, ignara di quello che le sarebbe successo di lì a poco, andava allegra a far spesa per

dell’incontro è stato Udo Voigt del Partito Nazionaldemocratico di Germania, lo stesso uomo che nel 2004 in un’intervista ha detto candidamente: «Indubbiamente Hitler è stato un grande statista tedesco», dimenticando i milioni di morti causati dal Fuhrer e i campi di sterminio. Due anni dopo è stato condannato da un giudice della Corte distrettuale a sette mesi di pena (poi sospesa) per incitamento all’odio razziale e diffamazione insieme ad altri due funzionari del partito. Udo Voigt fa anche parte della commissione parlamentare che si occupa delle libertà civili nell’UE: in pratica deve difendere i nostri diritti. Solo io vedo l’ironia? La Giornata della Memoria non dovrebbe solamente servire per ricordarsi di quello che è accaduto settant’anni fa, ma es-

la madre. Due diverse forme della nostra angoscia. Sono numerosi gli episodi di questo genere. Il 25 novembre, sempre nello stesso mercato, due donne si sono fatte esplodere, ma con una tecnica ancora più atroce: una delle due donne ha innescato l’esplosivo in un secondo momento, tra le vittime ed i soccorritori della prima, in modo da aumentare ancora di più il numero dei morti. L’ultimo dell’anno poi, sempre in Nigeria, i militari sono riusciti a fermare appena in tempo, con una raffica di mitra, una donna imbottita di esplosivo che si stava lanciando contro una caserma. La macchina dell’orrore non smette mai di reclutare nuovi disperati, da istruire e sfruttare: per continuare ad alimentare queste stragi servono infatti molti kamikaze. Bisognerebbe tuttavia riflettere su come lo spazio concesso dai mass media a questo sanguinoso conflitto, rispetto alla pur importante vicenda parigina, sia stato assai ridotto. Nella civiltà della comunicazione, ai fatti che succedono lontano dai mezzi di informazione non è mai attribuito il giusto peso. Tuttavia, il conteggio delle vittime cresce di giorno in giorno.

Davide Almiento

sere un’occasione, uno spunto per informarsi, leggere e soprattutto criticare. Criticare non vuol dire soltanto accusare e diffamare, ma avere un pensiero critico, capace di analizzare e giudicare i fatti. Ecco, allora io vi scrivo altri fatti: oltre ai partiti neonazisti di tutta Europa che si riuniscono per un convegno proprio qui vicino, aggiungo che le stragi nel mondo non sono finite, a causa delle innumerevoli guerre nel mondo ci sono ancora decine di massacri. Eccone solo quattro. Pakistan: 55 mila vittime dal 2004, 2.500 solo nel 2014. Nigeria: 11 mila vittime dal 2009, 5 mila nel 2014. Iraq: 22 mila vittime dal 2011, 7.500 nel 2014. Siria: 250 mila vittime dal 2011, 30 mila nel 2014. Sono solo fatti.

Silvia Ricevuti - 15 -


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L’ULTIMO DISCORSO DEL PRESIDENTE

La notizia era nell’aria ormai da settimane. Nel consueto discorso di fine anno, il suo nono, Giorgio Napolitano annuncia di fatto le dimissioni ormai prossime. “Non intendo sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono. È dovere ritornare alla regolarità dei tempi di vita delle istituzioni”, afferma il Capo dello Stato. Le burrascose elezioni politiche del 2013 hanno portato ad un clima di forte instabilità politica: Pierluigi Bersani, leader del centrosinistra, vinse le elezioni per il rotto della cuffia, non potendo avere di conseguenza la maggioranza in parlamento, dove il Movimento di Beppe Grillo aveva ottenuto una clamorosa e inaspettata maggioranza (25%). L’incontro fra questi due partiti ha avuto un esito negativo e il vincitore Pierluigi Bersani è incappato in una crisi ancora prima del suo insediamento a Palazzo Chigi. A tutto ciò si aggiunge la fine del mandato di Giorgio Napolitano e urge trovare una persona che sia largamente condivisa. Dopo le prime tre votazioni si giunge ad un nulla di fatto: nel primo scrutinio Franco Marini non riesce a raggiungere il quorum richiesto per 220 voti. Nel secondo e nel terzo scrutinio i principali partiti politici non riescono a trovare un nome in comune e votano scheda bianca. La sinistra propone il fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi, ma anche questa volta è un fallimento. Centouno franchi tiratori si rifiutano di votare il fondatore del proprio partito di appartenenza, provocando un clima ancora più caldo, con il conseguente ritiro della candidatura dello stesso Prodi. A seguito di questa figuraccia Bersani annuncia le proprie dimissioni da segretario del Partito Democratico. In tutto questo fermento, il presidente uscente apre ad una clamorosa rielezione, preannunciando subito che la sua disponibilità è strettamente connessa al superamento del caos post-elettorale e all’approvazione delle riforme fondamentali, quella elettorale e quella fiscale. Subito dopo il suo secondo insediamento, Napolitano decide di affidare l’incarico di formare il governo ad Enrico Letta, vicesegretario del Pd, governo retto anche dai voti della destra. È l’inizio

del governo delle larghe intese. Oggi però il clima è molto diverso e Giorgio Napolitano ha deciso che il momento è quello propizio: “Con l’auspicio di un’incisiva riforma delle istituzioni repubblicane che è stato realizzato”. Il Presidente ribadisce anche l’altra faccia della medaglia, ovvero il mancato superamento della crisi finanziaria dalla quale dal 2007 tutto l’occidente è stato colpito. Nel 2014 l’Italia non è riuscita a uscire da questo baratro, a differenza degli Stati Uniti d’America, dal cui la crisi ha avuto origine “anche per scelte politiche errate”. Giorgio Napolitano invita a “ritrovare le fonti della coesione, della forza e della volontà collettiva che ci hanno permesso di superare le prove più dure e che ha permesso di festeggiare il cento cinquantenario con orgoglio e fiducia”. Prima dell’augurio di un felice 2015, il presidente tiene a ricordare e a elogiare italiani esemplari come Fabiola Giannotti, eletta all’unanimità direttore generale del centro Europeo per la Ricerca Nucleare (CERN) di Ginevra, come l’astronauta Samantha Cristoforetti, prima italiana nello spazio, come Fabrizio, il medico di Emergency accorso in Sierra Leone per combattere il virus Ebola, anche a costo di esserne contagiato in prima persona, come Serena Petricciuolo, che sulla nave Etna ha aiutato una migrante a dare alla luce il proprio bambino. Il presidente si congeda visibilmente emozionato: in questi due mandati ha saputo incarnare lo spirito patriottico. Ha avuto il coraggio di metterci sempre la faccia nelle molte azioni degne di note e soprattutto in quei pochi errori che hanno rischiato di intaccarne la credibilità e l’efficienza. Al Parlamento l’arduo compito di trovare un successore degno di sedere al Quirinale.

Armando Bavaro

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LATINE LOQUI HODIE

Sodalitas Latina Mediolanensis è il nome di un’associazione che dal 1985 organizza incontri didattici, attualmente accolti dalla Biblioteca ! Ambrosiana. Sodalitas significa associazione. Cicerone, che considera il vocabolo sinonimo di sodalicium, spiega che il termine designa associazioni perlopiù private, come quelle culturali, sia patrizie sia plebee, o quelle conviviali. Per due venerdì al mese, chiunque lo desideri, studenti e appassionati, ha l’opportunità di assistere a incontri che riflettono lo spirito di questa parola e la profonda conoscenza di studiosi, accademici e amanti della lingua latina che animano questa singolare associazione. Per quanto “nostalgica” possa sembrare la volontà di disquisire in latino su temi di letteratura, di politica, di arte, di filosofia, i sodales sono persone al passo con i tempi e quindi ben organizzate anche sui social media. Fino ad ora ho partecipato a due incontri, con parte della mia classe al più recente. Il primo è stato una lettura commentata di brani, tratti dal dialogo “Sull’avarizia” di Poggio Bracciolini, su fra’ Bernardino da Siena e i Frati Predicatori, seguito da una discussione su un adagio di Erasmo, Duabus Sedere Sellis. Parte principale del secondo sono state invece la presentazione e il commento di un quadro di Tiziano, “Adorazione dei Magi”. Il tutto, naturalmente, spiegato in un latino sorprendentemente fluido. Immagino che il lettore possa aver sbadigliato almeno un paio di volte e che queste parole non lo abbiano certo invogliato a intraprendere un tale percorso, che si protrarrà fino a primavera. Eppure, lo posso garantire per esperienza personale, occasioni di questo genere hanno un grande valore, che non sarà però questo breve testo a riuscire a trasmettere. L’approccio così diretto alla lingua, che nel nostro liceo è privilegio di pochi studenti, è innanzitutto uno strumento efficace per apprendere l’idioma di Cesare. La sensazione iniziale è la stessa di quando

si atterra in un paese straniero, in principio non si capisce assolutamente nulla e si può essere contenti se si coglie il significato di un verbo o si intende il senso di una parte di frase, peraltro espressa con la pronuncia restituta. A poco a poco, però, lo stile essenziale del latino dimostra le sue capacità. Ciò che è stato studiato sulla grammatica prende forma e se anche non si coglie il significato di ogni singola parola, la brevitas, la natura sintetica del latino, fa dono di una sorta di miracolo: la piena comprensione. La concisione rimane impressa o forse richiede meno sforzo - ancora non sono in grado di spiegarlo - ma garantisco che è così, e che “decifrare” qualcuno che parla in una lingua che si è abituati solo a leggere e a tradurre e provare a interagire usando lo stesso strumento espressivo è gratificante e perfino emozionante. Vorrei infine sottolineare un altro aspetto che rende suggestive e niente affatto anacronistiche queste esperienze culturali tardo-pomeridiane. Non si prova quasi mai la sensazione, al di fuori dell’ambiente scolastico e talvolta neppure al suo interno, di ricevere un bene, intangibile come può essere il sapere, con l’entusiasmo e la forza che sono propri soltanto di chi ne sia appassionato depositario. L’autentico interesse per il latino, ovvero la passione che anima i relatori di questi incontri, trasmette a chi vi assiste qualcosa che in qualche modo rallegra e che senz’altro è destinato a rimanere. Si esce dalla Biblioteca Ambrosiana, si riaccende il telefonino per riconnettersi con il presente e si capisce che quello che si è condiviso non è stato solo un esercizio della mente, ma una forma libera, e chiaramente ancora viva, di educazione dello spirito. Il programma proposto è vario e lo si può consultare sul sito: www.facebook.com/groups/latinasodalitas/ (oppure usa il QR Code qui accanto).

Ludovica Medaglia

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LA TEORIA DEL TUTTO di Luca Murgia

Quella di Stephen Hawking è una delle figure più riconoscibili del mondo scientifico e la sua storia una delle più forti esperienze di vita dell’ultimo secolo. Già nel 2005 la BBC aveva tributato il professore nell’omonimo Hawking, in cui l’interprete principale era Benedict Cumberbatch; ironicamente quest’anno sfiderà agli Oscar un interprete proprio del ruolo che gli ha dato i primi allori. Eddie Redmayne però non è un interprete qualunque: si potrebbe spiegare la qualità della sua prestazione, ma è sufficiente dire che Stephen Hawking ha versato una lacrima alla visione e ha pensato in certi momenti di vedere sé stesso in lui. Tuttavia sarebbe riduttivo limitarsi a parlare di questo solo personaggio, siccome in questo film non si mostra tanto la carriera scientifica di Hawking quanto il rapporto tra lui, gli amici, i genitori e soprattutto la moglie: si può davvero parlare del film di Stephen e Jane Hawking. La sua figura è centrale nel corso del film (basato sulla biografia scritta proprio dall’ex-mrs Hawking) ed è delineata in una donna forte che realmente capisce l’importanza del lavoro del marito, che l’ha assistito nel lento degrado della malattia senza arrendersi nonostante le enormi difficoltà; la loro, anziché di corpi, è un’unione di menti. Un personaggio così forte è supportato da un’interpretazione altrettanto intensa di Felicity Jones, anche lei in competizione agli Oscar e in rampa di lancio. Le due ore di film sono supportate dalla regia sognatrice di Marsh, dalla fotografia morbida in cui domina una gran varietà di colori e da una colonna sonora delicata e mai fuori posto (candidata sia ai Globes che agli Oscar). Le scelte adottate hanno portato in parte a tralasciare la parte più scientifica della ricerca di Hawking, preferendo una riflessione più spirituale sulle meraviglie dell’universo e facendo prevalere la lotta della più grande mente umana in un corpo che progressivamente lo abbandona. Finché c’è vita c’è speranza.

di Luca Murgia

Il gioco dell’imitazione è un test ideato da Alan Turing per stabilire se una macchina sia in grado di pensare: per la prima volta l’idea di intelligenza artificiale venne esaminata. Un’idea rivoluzionaria, che ha ispirato geni come Steve Jobs e Stephen Hawking e ci ha permesso di disporre del computer come lo conosciamo oggi. Alan Turing è stato anche e soprattutto un eroe di guerra ignoto per 50 anni, poiché lui e un team di matematici lavorò nel corso della II guerra mondiale alla costruzione di una macchina che decrittasse i codici di comunicazione dell’Asse, lavoro che si stima abbia abbreviato la guerra di almeno 2 anni. Purtroppo per lungo tempo i suoi meriti sono stati coperti dal segreto di stato e la sua figura macchiata dalla persecuzione per omofobia nei suoi confronti e riabilitata solo tra il 2009 e il 2013 dalla regina Elisabetta. Questo film è quindi una celebrazione della vita di Alan Turing: per quanto il personaggio sullo schermo sia stato reso più incompreso e impacciato rispetto alla realtà, lo percepiamo in tutta la sua genialità, il suo tormento e la sua sfida con la Marina britannica, inserendo il tutto in una struttura thriller che scalza così il pesante paragone con A Beautiful Mind. A interpretare il padre dell’informatica troviamo un Benedict Cumberbatch in stato di grazia e ormai lanciatissimo anche al cinema dopo i fasti di Sherlock; l’attore si è impegnato al massimo per rendere onore al personaggio e si è immedesimato al massimo per mostrarci la persona in ogni sua sfaccettatura. Altre note di merito vanno al resto del cast, da Keira Knightley candidata all’Oscar a Mark Strong, alla sceneggiatura di Graham Moore che tiene sempre viva l’attenzione e alla colonna sonora del pluri-candidato agli Oscar Alexandre Desplat; meno eccezionale la regia di Morten Tyldum. Un film ben confezionato, che tributa Alan Turing proprio dopo la grazia postuma ricevuta e che dopo il fiasco ai Globes si presenta agli Oscar con ben 8 candidature.

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OROSCOPO di Silvia Butti e Arianne Roma

ACQUARIO

SEGNO DEL MESE (21 GENNAIO-19 FEBBRAIO)

Questo mese andrà particolarmente bene: siete più equilibrati nelle scelte e vi sentite più sicuri. Solo le condizioni economiche non sono a vostro favore… dimenticate le sfogliatelle alla nutella! Novità per i single: chi aspettavate da tempo si è fatto avanti, ecco spiegato il debito in greco… vi ama! Il fiume in piena delle verifiche vi travolgerà ma niente paura: avrete qualcosa di solido a cui aggrapparvi.

SEGNI DI TERRA (TORO, VERGINE & CAPRICORNO)

Dicembre ha risvegliato in voi le energie, adesso però mettete in ordine tutto ciò che sta intorno a voi, a partire dal sottobanco. Dovete vivere questo periodo con calma e senza farvi prendere dal panico, quindi non abbiate paura di questa settimana scolastica piena zeppa di interrogazioni e nella quale i professori fanno a gara per il titolo “Satana della scuola”! Non esagerate con gli sforzi o con le prove di coraggio e non mettetevi troppo in gioco: insomma, non dovete offrirvi alle interrogazioni. Non è il periodo adatto.

SEGNI D’ARIA (GEMELLI, BILANCIA & ACQUARIO) Non mancheranno le forze e ci saranno molte possibilità per cambiare, voltare pagina e crescere in tutti i sensi. Avete bisogno di una pausa, e state quindi cercando il tasto “stop” sulla spalla destra dei professori per avere un po’ di tregua. Questo periodo vi fa venire voglia di buttarvi sul divano con una cioccolata calda tra le mani a guardare un documentario sui pinguini al posto di poggiare il vostro sederino d’oro sulla sedia e dedicarvi a greco. Bene, a questo non c’è via d’uscita. Pensate solo alle conseguenze di questa vostra pigrizia. SEGNI D’ACQUA (CANCRO, SCORPIONE & PESCI) Questo è un mese di calma, pace e tranquillità. Non cambierà quasi niente rispetto a dicembre: quindi se avevate 4 in latino, 4 vi resta. Potreste compiere atti avventati ma non dovete esagerare con l’entusiasmo o con le iniziative. Se avete bisogno di sfogarvi, fatelo solo con le persone di cui vi fidate. (Greco non è un vero amico, fa sempre il doppio gioco). Superate egregiamente gli stati di tensione e affrontate questo periodo con il sorriso che dimostra, a voi stessi e ai prof, che avete fiducia in ciò che fate. SEGNI DI FUOCO (ARIETE, LEONE & SAGITTARIO) Siete tesi, sotto pressione e da due settimane siete a dieta strettissima: avete deciso che quest’anno sarete proprio voi a vincere il titolo di Mr/Miss Beccaria! Un consiglio: rilassatevi e fate un bel respiro. Non avete nessuna possibilità di trionfare: sanno già tutti che la prossima edizione è già stata truccata in partenza e a vincere sarà qualche prof! In questo periodo siete più nervosi del solito e dovete fare attenzione a non rispondere troppo impulsivamente poiché rischiereste di mettere a rischio alcune relazioni.

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CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA RECENSIONI

Buongiorno a tutti e bentornati alla vostra rubrica mensile di spazio e stelle, Space Jerk! In quest’edizione voglio parlarvi di due sonde spaziali che, dopo molto tempo e molti lanci spaziali, sono cadute nell’oblio: Voyager I e II. Le due Voyager, esattamente uguali, vennero costruite nell’ambito del programma scientifico statunitense del 1977, che aveva come scopo quello di esplorare il sistema solare esterno, situato dopo la fascia di asteroidi e dove sono collocati i pianeti “gassosi”, come Saturno, Giove, Nettuno e Urano. Vi propongo di seguire il viaggio di entrambe le sonde negli ultimi cinquant’anni, di individuare la loro posizione odierna, e di fare una previsione sul loro futuro. Voyager I venne lanciata il 5 Settembre del 1977, e osservò da vicino sia Giove, il 5 Marzo 1979, che Saturno, il 12 Novembre 1980. Durante questi due sorvoli, fornì informazioni molto dettagliate riguardo ai satelliti di Giove, agli anelli di Saturno e all’atmosfera di Titano, che prima di allora rappresentavano un grande punto interrogativo per gli studiosi. Da quel momento, Voyager I ha iniziato ad allontanarsi dal nostro Sistema Solare. Nel Dicembre del 2004 avrebbe superato una zona dell’eliosfera chiamata “Termination Shock”, nella quale il vento solare, a causa dell’interazione con il mezzo interstellare, rallenta fino a velocità subsoniche, creando una variazione del campo magnetico. Nel Giugno del 2010, alla distanza di 114 UA dal sole, la sonda Voyager I rilevò che la velocità del vento solare era arrivata a zero, e si ipotizzò che si trovasse nell’Eliopausa, la zona dell’Eliosfera in cui il vento solare è

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fermato dal mezzo interstellare. Il 25 Agosto del 2012, a una distanza di 121 UA la sonda rilevò raggi cosmici diversi da quelli registrati fino ad allora: aveva raggiunto lo spazio interstellare. Oggi 30 Gennaio 2015, Voyager I si trova nello spazio interstellare, a una distanza di quasi 130 UA dal sole, e si sta allontanando con una velocità di 17,016 chilometri al secondo, in diminuzione a causa dell’attrazione gravitazionale del sole. Più precisamente la sonda si sta dirigendo verso la costellazione dell’Ofiuco: tra trentamila anni uscirà dalla nube di Oort, e tra trentottomila anni, passerà a 1,7 anni luce dalla stella Gliese 445, nella costellazione dell’Orsa Minore. Purtroppo, il giroscopio, ovvero lo strumento che ci permette di comunicare con lei, smetterà di funzionare nel 2016, e la batteria a radioisotopi che alimenta la sonda, si esaurirà nel 2025. Voyager II venne lanciata poco prima della “sorella”, il 20 Agosto 1977, e non solo eseguì una serie di fotografie di Giove e Saturno, rispettivamente nel 9 Luglio 1979 e 25 Agosto 1981, ma, sfruttando un allineamento particolare, osservò da vicino sia Urano, nel 24 Gennaio 1986, e Nettuno, nel 25 Agosto 1989. Attraversò il Termination Shock nel Settempre 2007, tre anni dopo Voyager I. Oggi la sonda Voyager II, a contrario della sorella, che viaggia già nello spazio interstellare, si trova in un’area compresa tra il Termination Shock e l’Eliopausa, l’elioshealth, a 106,25 UA dal Sole. La sonda sta viaggiando a 15,397 chilometri orari, anche lei in diminuzione per l’attrazione solare, verso la costellazione di Andromeda, e tra quarantamila anni,

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raggiungerebbe la distanza di 1,7 anni luce dalla stella Ross 248. Invece tra trecentomila anni passerà vicino a Sirio, stella più luminosa del cielo notturno. Tuttavia già quest’anno il giroscopio della sonda dovrebbe smettere di funzionare, impedendo ulteriori contatti. L’alimentazione di Voyager II, uguale a quella di Voyager I, si esaurirà del tutto nel 2025. La cosa più affascinante di queste due sonde è che, anche da spente, continuano a portare un nostro messaggio: il Voyager Golden Record. Questo disco per grammofono di rame, placcato

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in oro, contiene centocinquantacinque immagini, numerosi suoni tipici del nostro pianeta, le melodie più conosciute e folkloristiche prodotte dall’uomo e cinquantacinque saluti in lingue diverse, tra le quali, per la gioia di classicisti Extraterrestri, ci sono anche il greco antico e il latino. Sulla sua copertina, il disco reca le istruzioni per l’uso, dove si trova il sole, prendendo come punti di riferimento quattordici pulsar, e le informazioni di base sull’elemento più importante dell’universo: l’idrogeno.

Konrad Borrelli

POESIA DI ASJA Fingiamo di essere felici Quando vogliamo solo difenderci Dalla nostalgia di un ricordo Di qualcosa che è svanito da tempo Qualcosa che abbiamo cercato di trattenere Ma nelle nostre mani non è rimasto nulla Se non un tentativo vano, una parola nascosta E una ferita divenuta un sorriso Fingiamo di essere qualcun altro Perché abbiamo paura Paura di non poter essere abbastanza O di non conoscerci veramente La ricerca di noi stessi continua Si imbatte impetuosa e violenta su di noi Come un fiume, ci attraversa E non ci dà mai una risposta Fingiamo di essere sicuri Quando non sappiamo reagire Quando il silenzio possiede la risposta E il nostro coraggio non è in grado di proteggerci Quando pensiamo di essere accettati Senza renderci conto Che la menzogna è un abito E non siamo costretti a indossarlo tutta la vita.

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RUBRICHE SULLA STRADA DEL RITORNO

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Crocevia dei naufraghi mari caldi e dei secchi Venti nordici. Amata città, arida e prospera, vedo che una tale ansia ti prende, da creare il nulla dal niente. da accumulare tutto lo stantio sterco e sperare che cresca qualche futile rosa. Mi deridi, o nebbiosa? Mi riempi infatti gli occhi, mai appaio solo. E in tal riempimento vien riempito il pieno con il vuoto. Ma è pieno, già; di vanità, di amore, di superbia e di merda, che mischiandosi assurdamente creano l’amorosa visione della cagosa banalità, tempestata da floreale frustrazione e dove la rettale elevazione viene a formarsi in grembo a tale sterile e sensuale città. Tu, squallida, riempi Bastarda i tuoi ronzanti parassiti Di sicurezza per lo slancio. Tu, cuore delle razionali accozzaglie prodotte dalla noia umana, Splendi gemmaica, unica e inestimabile rosa rosa! Oh rosa! Splendi su tutte queste storte e sanguinarie rampicanti! E allora, mia adorata, muori e sprofonda nel tuo splendore, cagosa città. Soltanto al fangoso bruco che tu eri devi la tua forma eterea di farfalla. Non dimenticarlo mai, o sconfortata. Fruga nella tua miseria, perché solo da lì Deriva la tua immorale purezza.

OCCHI TURCHINI

Nelle notti calde e stellate, Con il ritmo che freme, E il suolo che romba sotto la forza della vita di migliaia di persone, Accaldati e sudati, Pieni gli altri di speranze, Balliamo la nostra meccanica danza. Non amore, non passione, non diletto, Eseguiamo le mosse di una vita passata, Spossati e annoiati, Con il ritmo che freme DI PIETRO ALLEGRETTI E che infine, cinereo, s’esaurisce. - 22 -


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L’ANGOLO DEL G RDO

Dopo una lunga e traumatizzante versione di greco, il Gordo, ancora più affamato del solito, ha preso la rincorsa e ha imboccato via Procaccini, per poi svoltare a destra in via Londonio e a sinistra in via Sabatelli; dunque svolta nuovamente a destra in via Canonica e prosegue in via Paolo Sarpi 60 dove si trova Hållbar, parola che in svedese significa “sostenibile”: e sostenibile è in tutti i sensi, dai materiali, alle attrezzature, alle materie prime e alla proposta ai clienti. Entrando, il Gordo non ha potuto evitare di notare lo stile moderno, lineare ed essenziale con molte foto artistiche ovunque e, dopo qualche minuto di attesa, si è potuto sedere ad un tavolo. Hållbar è frequentato maggiormente a pranzo e ogni giorno propone cinque piatti diversi, fatti con ingredienti autentici e genuini, con la finalità di sorprendere i clienti e farli sentire a casa. Avendo l’acquolina in bocca e il vuoto nella pancia, si è buttato su degli gnocchetti di patate conditi con ragù e cimetta. Dopo averli divorati in un sol boccone, ha ordinato un fuso e cosciotto di pollo con funghi e patate. Infine, per chiudere in bellezza trascurando la dieta post natalizia, ha ordinato due dolci: una mini sacher e un soufflè al cioccolato. Completato il suo abbondante pranzo, il Gordo si è ritenuto molto soddisfatto del servizio riservatogli, perciò si è informato a proposito dei particolari e della filosofia di questo locale parlando con Luigi Batzella, il titolare e cuoco di Hållbar, che ha svolto il ruolo di chef in alberghi di lusso in Italia e all’estero, come il Four Seasons Hotel a Milano, il Principe di Savoia e il Park Hyatt, conquistando un’esperienza decennale. Parlando, il Gordo ha scoperto che il ristorante dove ha mangiato è nato nel 2012 come un’avventura, finalizzata al “creare un locale sobrio che non si consumi col soffio di una stagione, al passare di una moda, quindi essenziale e senza sprechi.”, perciò si impegna a diventare uno spazio capace di affascinare e coinvolgere le persone, sorprendendole ogni giorno. Si comprende dunque che l’arredamento è volutamente “freddo”, così da non imporre un target troppo alto ai suoi clienti. Lo chef quindi sente ogni giorno la necessità impellente e l’obbligo morale di realizzare piatti migliori e ancora più buoni di quelli del giorno prima. Il locale ospita, come accennato inizialmente, molte mostre di fotografia che abbelliscono e rendono ancora più particolare questo angolo sostenibile. Dopo la simpatica chiacchierata, il Gordo si è diretto alla cassa per pagare: il totale sarebbe stato di 26 euro, ma il proprietario gli ha gentilmente offerto i dolci, quindi si è ritrovato soltanto 18 euro in meno nel portafogli. I punti a favore di Hållbar sono innumerevoli, a partire dai prezzi economici: Luigi Batzella ha portato l’alta cucina sulle tavole di tutti a un prezzo davvero notevole. Altri pregi sono la creatività, la passione e la fantasia che vengono mescolate inseme per ottenere un clima ottimo, sia per i clienti sia per chi ci lavora. Questo locale può vantarsi di essere molto social, perché ogni giorno vengono pubblicate le foto dei piatti presentati in modo eccellente di Luigi Batzella. Il sito internet è www.hallbar.it, ma potrete trovarli anche su Facebook. Sono aperti dal lunedì al sabato, dalle 7.00 alle 21:00. Domenica forse sì/forse no. È senza dubbio il posto giusto per chi come il Gordo vuole riempirsi la pancia con piatti raffinati e, nel contempo, sentirsi a suo agio.

Letizia Doro e Ludovica Romeo

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“Lo so che non vuoi seguire la lezione solo perchè sono pelato.” do è la Beauti-

i Esio “La Teogonia d ful degli dei!”

“E poi vedo quell’altra persona che è proprio stufa... di quella stufezza!” enerasu come una g o d en en v te ta “S n po’ di vita ra U i! it ll o m m ra zione di imouindicenni e d q ei d e et si . .. gazzi ni” strate ottant’an

“Ragazz i, dobbia mo fare zione! P la otreste e ntrare pe Rivolur favore? ” - 24 -


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