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i n a v gio
La speranza s-postata
L
a resurrezione va creduta: Cristo, il Risorto, non muore più. È una vita che non finisce più, è un giorno che non ha più notte, è una speranza che diventa certezza. Questa speranza è s-postata cioè cambia di posto: dal futuro giunge al presente e il sogno diventa realtà; qualunque sogno: da una vita nuova a un cuore nuovo, da rapporti veri a fraternità possibili. Ma allora in chi credere? In quelli che predicano umanità, ma balbettano la loro dignità di uomini o in Cristo Risorto vero Dio e vero Uomo? La resurrezione, infatti, è altro dal reale di cronaca; è differente dalla promessa fatua di un futuro migliore; non segue le logiche di questo mondo. Crea distanza dai pensieri dei profani. Al caos del presente ripristina l'ordine di Dio e all'illusione di grandezze e poteri contrappone la speranza di cieli nuovi e terre nuove. La resurrezione, inoltre, è liberazione: dal male come dal peccato, dal limite come dalla sofferenza, dall'ingiustizia come dalla falsità, dal potere della legge
iniqua come dal potere sulla legge. La resurrezione dà il senso del vero, del giusto e del reale…Cosa è vero?: la descrizione dell'umana società vista dai potenti che l'umanità reputa falsi o la resurrezione opera di un Dio che dà salvezza? E poi, cosa è giusto? Subire le ingiustizie in questo mondo o sperare nella giustizia di Dio che affacciata nel qui e ora rinnova la faccia della terra? Ancora, a chi dare ascolto? A chi, uomo o donna, condivide la sorte del fratello straniero o a chi scava la fossa ai diritti primordiali e non permette la resurrezione in questo mondo? Infine, cosa è reale?: credere nella resurrezione di Dio o nella conversione dei grandi? È di tendenza (cristiana) seguire i poveri con rivelazioni di gioia e di speranza o cadere nella noia dei ricchi e dei loro consumi? La resurrezione è la speranza che entra nella vita, è la passione di Cristo che la fa ardere di amore, è la vittoria sul male che motiva ogni cammino di bene. E il vivere diventa comandamento.
vincenzo di palo INSERTO MENSILE DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DEL MONDO GIOVANILE A “LUCE & VITA” N.17 DEL 24 APRILE 2011 PIAZZA GIOVENE 4 - 70056 MOLFETTA SITO: www.lucevitagiovani.it POSTA: lev.giovani@gmail.com cuoreimmacolatomaria@gmail.com
L’inserto è curato da: VINCENZO DI PALO - Responsabile, Silvia Ayroldi, Vincenzo Bini, Mauro Capurso, Mariella Cuocci, Gian Paolo de Pinto, Valeria Lauciello, Giuseppe Mancini, Maria Isa Pia Marinelli, Vincenzo Marinelli, Annarita Marrano, Fedele Marrano, Maria Teresa Mirante, Antonio Tamborra, Giusy Tatulli, Alessandra Tedone, Fabio Tedone, Carmela Zaza. Grafica: Valentina de Leonardis. Collaboratori allestimento: Donato Magarelli, Milena Soriano.
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ono trascorsi 18 anni dal suo ultimo saluto eppure don Tonino, non ha mai lasciato nè il tempo nè lo spazio proseguendo il suo ufficio di pastore. Egli tutt'oggi parla, anima, ammonisce, incoraggia. Continua a svegliare la Chiesa con la sua tenacia, la sua voglia di amore per la gente, per Dio, per le cose semplici, per coloro che non contano niente. Don Tonino è una fucina di ingredienti, di esperienze, di profumi, di poesia, di santità. Ed è proprio per questo che nel periodo di quaresima, ho voluto ricercare tra i suoi scritti un compendio di luce che potesse farci riflettere. Partendo dal difficile momento storico che viviamo e che traballa sul piano della serenità e della pace ho ritenuto che questo scritto potesse essere un anelito di speranza. Mentre lo leggevo ho avvertito un fremito, sembrava che quelle parole provenissero proprio dalla sua bocca con quella voce di pastore calda, incisiva e tuonante. Bellissimo! Oggi più che mai dobbiamo sperimentare la speranza. Si, le parole profetiche di don Tonino, specchio della Parola di Dio, sono più che mai attuali. Don Tonino parla di speranza partendo dalla morte, dalle tristezze della nostra vita, dal nostro peccato quotidiano. Chi di noi non vive questo velo di morte nella sua
Consegnamoci al Padre!
vita, dove spesso impotenti rinunciamo a vivere. Sì, rinunciamo a vivere la nostra vita, accatastando il tempo in boccali vuoti da dispense inusate. Curiamo il nostro corpo per renderlo immortale, dimenticando la carica dello spirito. Siamo troppo incagliati nella seduzione dell'apparenza e dell'avere, al punto da non riuscire più a navigare verso lidi della libertà. Siamo anemici, privi di vita. Troppo accecati dalla seduzione e dalla disperazione del peccato, da non vedere la mano del Padre che ci invita a cenare con lui. Eppure vivere significa ricodificare la nostra storia e inserire il “pin” di Dio. Se pur il peccato ci rende schiavi della nostra condizione umana criptando le onde dell'amore e della tenerezza, ecco che il codice da inserire per vedere “in chiaro” è proprio la ricerca della speranza. È proprio così! Come accade nel mondo cibernetico quando ci è chiesto di inserire il codice pin o la password per accedere alle nostre pagine riservate, così accade anche nella nostra vita dove il filtro della speranza ci permette di aprire il link alla conversione e al rinnovo spirituale. Dobbiamo cambiare rotta e cercare di vedere il male dal “versante giusto”. Chi di noi non ha vissuto una storia di sofferenza, di peccato, di sconfitte, di
fallimento, che non sono altro che la tangibilità della nostra fragilità, e chi di noi non ha sentito più il desiderio di spegnersi piuttosto che l'anelito ad ardere di vita? Non ci spaventi il peccato, perché può essere il primo atto della nostra salvezza. Dopo il buio c'è la speranza, e noi giovani cristiani dobbiamo sperimentarla e testimoniarla. Don Tonino era l'uomo della speranza e avrebbe invitato tutti a vivere queste esperienze di morte come luci di risurrezione che solo se fuse nel crogiuolo della fede forgerebbero strumenti di salvezza. Non terrorizziamoci. È Pasqua! É passaggio! Non è solo una festa liturgica, è un memoriale di salvezza, è il nostro passaggio dalla sconfitta alla speranza, dal buio alla luce e alla vita. Liberiamoci dalla tentazione del “io sono un peccatore, non sono degno”, perché Lui è venuto per noi, per riportarci alla luce. Spezziamo la nostra bulimia cristiana e serviamo la Chiesa, entriamo in essa perché è da lì che passa la nostra speranza. Noi cristiani abbiamo ricevuto mandato da Cristo per codificare il messaggio del Vangelo criptato dal buio del mondo. Coraggio, come dice don Tonino…in questo venerdì santo, consegnamoci al Padre per sperimentare questa salvezza.
antonio tamborra
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...Riconciliamoci con la speranza. Arriva la Pasqua: frantumi il peccato, frantumi le nostre disperazioni. Ci faccia vedere le tristezze, le malattie, la nostra confusione, il nostro fallimento, il nostro smacco, il nostro buco (perché potrebbe sembrare che abbiamo bucato nella vita)... ci faccia vedere perfino la morte nel versante giusto, nel versante della risurrezione, che è il versante della speranza.(...) Non rassegnamoci. Consegnamoci, se mai. Il Venerdì Santo è il giorno della consegna: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.” (don Tonino Bello, 4 aprile 1993)
antonello tamborra
C
'è una coppia in macchina. Lui guida ed è concentrato, lei rilassata guarda fuori dal finestrino e ad un certo punto, pensando quasi ad alta voce dice: “Chissà chi vincerà oggi”. Lui, quasi interdetto, distrae per un attimo lo sguardo dalla strada e lapidariamente risponde: “Oggi non c'è il campionato!”. Sembra una barzelletta, ma è un episodio che molto simpaticamente la stessa coppia mi ha raccontato durante il weekend di elezioni per la guida della regione di BadenWürttemberg in Germania. Ho scelto di cominciare così queste righe, perché nella confusione dei miei pensieri suscitati dall'attualità, credo che questo episodio, simpatico quanto indicativo, esprima alla perfezione l'idea di risulta che ne vien fuori. Il disastro nucleare di Fukushima, ormai relegato nei bassifondi dei quotidiani, racchiuso in piccole note dei notiziari televisivi, è uno degli eventi più drammatici che la nostra storia poteva confezionare. L'emotività suscitata da tale avvenimento ha imposto quella che molti amano ormai chiamare la “pausa di riflessione” che molti nuclearisti hanno dovuto prendere. Fino a poto tempo fa, sulle reti televisive, imperversava uno spot sul “forum nucleare” in cui ogni personaggio era seduto di fronte al suo gemello. Bene io non credo di avere un gemello da affrontare su questo tema, ma ciò che mi interessa non è tanto esporre quello che sarebbe un mero parere personale, quanto la poca chiarezza che tutta questa vicenda continua ad avere. Si parla di “centrali di terza generazione”, depositi di scorie, nocciolo, acque di raffreddamento, tassi di radioattività, approvazione delle regioni, referendum passato e futuro…ma quanti di noi hanno avuto la reale possibilità di andare a fondo e di farsi una propria opinione? Restano simpatiche battute che ci fanno sorridere amaramente sulla nostra incapacità a risolvere il problema dei rifiuti in Campania, o sulla presunta risposta politica ai nostri dubbi che risponderebbe alla dicitura “piano Scajola”: ve lo immaginate seduto di fronte al suo gemello che gli ha comprato
la casa? Molto attuale è il caos nel Magreb, in particolare quello Libico. Ho provato ad immaginare la difficoltà che potrebbe avere un autore di sussidiari per gli alunni delle generazioni future. Sotto il paragrafo “La guerra libica” la maestra dovrebbe dapprima spiegare la premessa: tra Italia e Libia c'erano accordi commerciali che garantivano stabilità da un punto di vista economico, politico e della gestione dei flussi migratori. Il primo sottoparagrafo potrebbe essere: “la rivoluzione dei giovani libici” con il sottotitolo, il clima politico dell'area nord africana si diffuse in tutti i paesi e raggiunse anche la dittatura di Gheddafi. E poi ancora “l'intervento francese” con l'Italia che si affanna a correre dietro. La titubanza di altri paesi esteri, l'intervento della Nato e dunque la gestione della guerra “lampo” (qui uno studente attento già potrebbe ansimare e aver paura che non finirà così facilmente il capitolo). Tra gli ultimi titoli dei paragrafi potremmo trovare: “l'invasione dei profughi”, “le difficoltà della gestione umanitaria”, “la Francia respinge gli immigrati al confine italiano” (ma come? La stessa che ha approntato il primo attacco?)…Non vorrei essere nei panni di quell'autore di sussidiari. Ciò che rimane certo è che siamo in un periodo in cui si stanno concretizzando fatti “storici” che forse nei nostri sussidiari erano dilazionati in secoli. Noi assistiamo quasi frastornati ad un cursus che sembra procedere autonomamente, come se vivesse di vita propria. Siamo un po' come spettatori non paganti, quasi occasionali, direi annoiati. Per fortuna siamo a Pasqua. Le giornate cominciano a farsi belle, si festeggia in famiglia (anche se il detto dice Pasqua con chi vuoi!) e si mangiano le uova. Attenti al momento dell'apertura, non si sa mai che nocciolo si trova. Per la cronaca il partito della Merkel ha perso per la prima volta le elezioni nella suddetta regione tedesca. Non è bastata la tempestiva scelta di spegnere i 7 reattori nucleari più vecchi, così come l'intempestiva scelta di temporeggiare sull'affare libico. Hanno vinto i verdi.. ma non quelli del calcio balilla!
fedele marrano
Attenti all’uovo di Pasqua!
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Io straniera
entre scrivo questo articolo, sono in treno: un week end nella mia terra, a Sud, che mai avrei immaginato di desiderare e rimpiangere. Come molti, ho spesso desiderato cambiare la mia vita, fatta di ritmi regolari, di visi quotidiani, di situazioni a volte troppo strette e da cui volevo evadere. Mi consideravo una batteria carica, ma utilizzata solo al 50 per cento, senza sfruttare tutte le sue potenzialità. Pertanto, spesso mi soffermavo a fantasticare su quello che sarebbe potuto essere, su come sarebbe stato bello premere il tasto reset e ricominciare, in un ambiente nuovo, dove nessuno ti conosce e tu puoi giocare le tue carte senza bleffare. Quando è arrivata la possibilità di scegliere se restare o andare, ho preso la valigia e mi sono imbarcata in una nuova avventura, con tante incertezze, e, allo stesso tempo, con tante speranze. Dal profondo Sud ho attraversato più di metà Italia e sono arrivata nell'acclamata Pianura Padana, tanto cara al Carroccio. Estese di verde al posto dell'azzurro del mare; file ordinate di auto in attesa che scatti il verde anziché i chiassosi incroci del Sud; strade pulite ed un fervido rigore per la raccolta differenziata, senza il timore che qualche netturbino faccia confusione: nonostante siano confronti detti e ridetti, guardarlo con i propri occhi ha un effetto diverso. Ricordo la mia prima sera lontana da casa: un tavolo lungo, con volti sconosciuti, ed io seduta in fondo, in silenzio, ad aspettare che qualcuno mi rivolgesse la parola. Imbarazzata addentavo i miei panini avanzati dal pranzo, che mia madre la sera prima aveva preparato con tanta cura. Mi sono detta: “È normale. È solo la prima sera”. Al mattino seguente, ero sempre in attesa di quel primo passo, che spesso avevo fatto io verso un nuovo
arrivato, un estraneo, uno straniero. Se lo vedevo in difficoltà in un angolo, mi avvicinavo, con la curiosità di conoscerlo, di scoprirlo, di capire la diversità. Quel passo non arrivava: ogni minuto che passava mi sembrava infinito e non vedevo l'ora di chiudermi in camera, stendermi sul letto e piangere. Non avevo mai provato sulla mia pelle la freddezza del Nord, la solitudine vera, soprattutto fisica. Tutto diventava più complicato quando sentivo spesso parlare di un noi e di un voi, di Nord e Sud. Non sapevo se sentirmi fiera o se vergognarmi. Ammettevo dentro di me che molte critiche erano fondate: i brogli burocratici, il disinteresse verso l'ambiente e la poca cura nella raccolta differenziata, la costante migrazione a Nord in cerca di lavoro. Allo stesso tempo cercavo di ricordare il profumo del mare, le sere in piazza con gli amici, la spontaneità nei gesti, l'accoglienza del Sud. Dentro di me sorridevo, rassicurata dai messaggi e dalle chiamate di affetto delle persone a me care, che nonostante fossero distanti chilometri hanno riscaldato la mie giornate, permettendomi di superare quei momenti di sconforto e di isolamento, quegli attimi in cui mi sono sentita una straniera, un'immigrata. Le giornate passavano, e pian piano quei luoghi mi sono diventati famigliari, come quotidiani mi sono diventati molti dei nuovi volti. Ho riscoperto il piacere del silenzio, della lettura tra i campi, la mia capacità di stare bene con me stessa. Rido se scherzano sul mio accento barese, senza mai provarne v e r g o g n a . M i contraddistingue, mi rende diversa. Descrive le mie origini e, forse, segna la mia appartenenza al “voi”. Un voi che mi riscalda, che è parte di me, perché come cantava Rino Gaetano, “anche questo è Sud”.
annarita marrano
Il Mio Secondo Tempo I
l brano di Max Pezzali colpisce molto per il messaggio di speranza e voglia di vivere che trasmette a prescindere dal significato che l'artista gli ha voluto dare. Già il titolo, “il mio secondo tempo” è fortemente simbolico e rimanda a due idee: una seconda chance, ma anche ad un'età matura. La condizione dell'essere maturo racchiude in sé diversi aspetti ed atteggiamenti positivi: la responsabilità nelle scelte; la riflessione, che va oltre l'apparenza e permette di cogliere il senso, la sostanza delle cose; l'equilibrio nei comportamenti e anche il coraggio delle azioni. “Bisognava decidere”, “era l'ora di scegliere”. Vivere pienamente è risolversi di fare qualcosa e assumersi la responsabilità di ciò che si fa, uscendo dall'abitudine e dal condizionamento della massa, è non lasciarsi vivere. Come Nietzsche sosteneva è necessario m e t t e r e f u o r i quell'oltreuomo che è in noi, uscir fuori dal “gregge” (non in senso biblico) e liberarsi dai condizionamenti esteriori. Questi inevitabilmente influiscono sullo svolgersi della nostra vita, ma siamo noi a dover dare il contributo fondamentale. Non si vive pienamente finché “cose e persone ci succhiano via”. Il momento di decidere, però, non arriva “un bel giorno” quando si è adulti, ma è sin da giovani, direi anzi già da piccoli, che ci si allena per essere forti e scegliere. Ciò non significa precludersi delle esperienze, ma imparare a vivere dandosi un ordine e un equilibrio. Il criterio di quest'ordine lo d e c i d i a m o n o i ,
impegnandoci a scoprire giorno per giorno i valori più veri, anche da bambini. Forse è più semplice vivere ogni istante della vita orientandola secondo questi valori, che rendersi conto ad un certo punto della necessità di “buttare quello che fa male” o “quello che non vale” e trovarsi a dover s c o n v o l g e r e un'impostazione già data. È strettamente collegata poi alla responsabilità la riflessione. Questa ci aiuta nella vita a non lasciarci ingannare dalle apparenze, dalle cose che “sembravano importanti”. Ci guida, quindi nelle scelte, permettendoci di stabilire delle priorità e di scartare alcune cose. La frase “non è il momento di scherzare”, infatti, non penso che esprima la necessità di dover essere seri, ma quella di dare il giusto tempo ad ogni cosa. Il messaggio di Pezzali, però non si esaurisce qui. Esso dà speranza a chi si è reso conto con l'età di dover dare un ordine alla vita. Nel momento in cui si prende consapevolezza degli “armadi da svuotare”, dell'assetto da dare, bisogna anche armarsi di forza e coraggio, non pensando alle “occasioni perse”, che potrebbero sembrare irrecuperabili. “Buttare tutto”, tutto ciò che è radicalizzato in noi non è semplice e il rischio è quello di sentirsi inesorabilmente vuoti e incapaci. Occorre pensare, invece, di trovarsi ad un nuovo inizio, “un po' mi sento come all'inizio”. Non è mai troppo tardi per ravvedersi e correggere ciò che non va. Il secondo tempo è per noi e dobbiamo godercelo, non perderlo.
maria isa pia marinelli
F
inché un bel giorno mi sono accorto che bisognava decidere finché un bel giorno la carta d'identità non mi ha rivelato la verità non è il momento, non è il momento di scherzare qui c'è un casino, un casino di cose da fare ho superato, ho superato la metà del mio viaggio e mi devo sbrigare che c'è il mio secondo tempo e non voglio perderlo perché io un po' mi sento come all'inizio dello show però è il mio secondo tempo e io voglio godermelo perché io, spero tanto che sia splendido
Finché un bel giorno io non ho capito che era l'ora di scegliere cose e persone che mi succhiavano via anche soltanto un grammo di energia buttare tutto, buttare quello che fa male o perlomeno buttare quello che non vale non vale niente o non vale almeno un'emozione se non vale mi devo sbrigare che c'è il mio secondo tempo e non voglio perderlo perché io un po' mi sento come all'inizio dello show però è il mio secondo tempo e io voglio godermelo perché io, spero tanto che sia splendido Quanti armadi da svuotare, quante cose da buttare che sembravano importanti e invece non mi servono quante occasioni perse da recuperare quante carte da giocare che c'è il mio secondo tempo e non voglio perderlo perché io un po' mi sento come all'inizio dello show però è il mio secondo tempo e io voglio godermelo perché io, spero tanto che sia splendido. Max Pezzali
“Falso specchio” di Renè Magritte
Anestesia cosciente
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Anestesia cosciente” un film con questo titolo salta agli occhi; mi ha incuriosito talmente tanto che ho voluto leggerne la trama: racconta di un uomo che si sottopone ad un intervento chirurgico in anestesia generale ma, seppur risultando clinicamente anestetizzato, cerebralmente rimane cosciente e dunque continua a sentire tutto ciò che i medici dicono durante l'intervento e il relativo dolore. Non ho potuto fare a meno di associare questo fenomeno a quello che sta accadendo alla società giovanile odierna. Ritengo che anche noi giovani viviamo uno stato di anestesia cosciente culturale e non solo; questo vuol dire che ci rendiamo esattamente conto di ciò che succede intorno a noi, ma rimaniamo a guardarlo quasi fossimo paralizzati. Aldo Moro diceva che non può nascere una società innovativa senza l'azione influente di “coloro per i quali il passato è passato e che sono completamente aperti verso l'avvenire”, che non essendo legati ad ideologie sono aperti ad ogni novità ed a contestare i valori loro tramandati. Attenzione però, contestare non significa eliminare, ma mettere in discussione, verificare. Ma dove sono questi giovani di cui parlava Aldo Moro?! In un paese dove la classe politica non si rinnova, dove per molti la politica è solo un insieme di idee e concetti astratti che non hanno niente a che fare con loro, dove nessuno si indigna più di niente, che ruolo resta ai giovani? Forse quello dei casalinghi disperati. Gli studenti
africani muoiono a centinaia; quelli italiani sono tutti morti, sepolti nel limbo mediatico e sulla lapide c'è la data del 14 dicembre 2010. Dopo il nulla o quasi. I giovani sono scomparsi dallo scenario dell'opinione pubblica (che ormai è l'unico che conta), che li esaltava quando indossavano striscioni o si facevano scudo con i libri. Qualcuno avrà pensato che se non ci sono gli studenti, ci sono le donne con il loro movimento; e poi a Sanremo ha vinto Vecchioni..non è il segnale della riscossa?? E invece no! Ci scomodiamo a scendere in piazza solo quando viene messa in pericolo la nostra realtà. Tutto ciò è il risultato di una cattiva informazione da parte di media, della scuola, e dei genitori che spesso anziché spiegare le situazioni in cui ci troviamo se ne disinteressano, nonostante il nostro presente sia frutto del loro passato. È il momento di dare una scossa a questa generazione addormentata, troppo impegnata a sognare un futuro ideale, per rendersi conto che tra poco la parola futuro sarà un lontano ricordo. Purtroppo a distanza di molti anni le parole di Antonio Gramsci suonano ancora attuali perché i problemi sono gli stessi, perciò voglio riportavi le sue parole che esprimono a pieno il mio pensiero: “Odio gli indifferenti! L'indifferenza è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Odio gli indifferenti perché mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Vivere vuol dire essere partigiani.” E allora spero tanto in un risveglio intraoperatorio di noi giovani, prima che ci rubino il futuro.
silvia ayroldi
Sottovuoto
fatti pensati senza conservanti di gian paolo de pinto
domenica 27 marzo
God save the Princes
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Il sorriso di Dio
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ibi Aisha è una ragazza afgana di soli diciotto anni ma appartiene a lei il volto mutilato che, fotografato da Jodie Bieber, ha inorridito il mondo riempiendo le copertine di importanti giornali tra cui il celebre Time Magazine. Sposa bambina di un uomo talebano molto più grande, è costretta a vivere le sue giornate tra violenze ed umiliazioni e a trascorrere le notti in una stalla insieme agli animali. Un giorno trova il coraggio di scappare da questo inferno ma un commando di talebani riuscirà a trovarla restituendola al marito che la punirà tranciandole una narice e l'orecchio. Oggi Aisha, grazie all'aiuto delle forze americane, si è lasciata alle spalle questa società in cui le donne sono ridotte a ombre silenziose senza dignità, parola o pensiero, una società in cui la violenza è prevista vergognosamente dalla legge e la democrazia è solo una lontana illusione, privilegio di terre irraggiungibili. In America Aisha ha ricevuto l' Enduring Heart Award, un premio per quelle donne coraggiose che combattono violenza e soprusi. Quel vuoto che aveva oltraggiato la sua bellezza ancora acerba adesso non c'è più: Aisha ha una protesi che le ha restituito oltre che la normalità soprattutto la sua dignità di donna. La storia di Aisha, cruda come quel taglio
ripugnante che l'ha segnata, ci riporta alla mente tante storie che spesso la cronaca ci racconta, non ultima quella di Iman al- Obeidi, una donna libica di trent'anni che lo scorso ventisei Marzo ha fatto irruzione nell'albergo di Tripoli dove alloggiano i giornalisti durante il conflitto per denunciare le violenze subite dai soldati del regime che l'hanno fermata presso un posto di blocco, sequestrata e stuprata per due giorni solo perché è una cittadina di Bengasi. Ma nemmeno i giornalisti sono riusciti a proteggerla: i funzionari d ell'albergo l'hanno fatta caricare su un auto bianca, facendola passare per “mentalmente disturbata” e da giorni ormai nessuno sa più nulla di lei. In molti hanno suscitato dubbi sulla credibilità della donna in questione ma non c'è dubbio che tenga su come ancora oggi esistano società in cui le donne sono private dei più elementari diritti umani. Realtà, queste, così lontane da noi che spesso dimentichiamo il privilegio che abbiamo di vivere in un paese che, seppur con mille difetti e limiti, è un paese democratico e libero. Mi piace pensare che se Dio ha un sorriso sia come quello di Aisha: quel sorriso unico di chi dopo il dolore è riuscito a incontrare finalmente la libertà.
maria teresa mirante
onsiderati scandali e rivelazioni del recente passato, fino al 29 aprile, nozze di William e Kate, i fedeli sono invitati a pregare per i novelli sposi dalla Chiesa anglicana corsa ai ripari con una preghiera preparata proprio in vista dell'evento che implora la benedizione del Signore sulla coppia affinchè, almeno questa resti fedele in eterno. Preghiera speciale perchè quella reale è si una famiglia come le altre, ma a volte crea molto imbarazzo.
giovedì 31 marzo 2011
Rinascimento extra-italiano
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l 5/05 a New York si chiude l'Italian Innovation Day, dedicato al genio italico. Non quello di Leonardo e del Rinascimento pateticamente brandito ogni volta si fanno i conti con l'attuale inadeguatezza della Ricerca Italiana rispetto ai paesi più avanzati. Giovani italiani che hanno realizzato altrove imprese innovative otterranno il riconoscimento globale rubando la scena all'interminabile e stucchevole commedia burlesca italiana. Altrove, ovviamente.
martedì 5 aprile 2011
L'anomalia del normale
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e il muratore deve spaccarsi la schiena e il cuoco cucinare per 35 anni prima della pensione, se il pescatore deve uscire in mare di notte e l'operaio restare in fabbrica e il medico operare in ospedale, e l'architetto disegnare, il giornalista informare o disinformare per piu' di un terzo della vita, perchè Ferrara considera “situazione anomala" quella della Boccassini che “da vent'anni indaga su Craxi e Berlusconi", ovvero fa il suo lavoro?
martedì 12 aprile
Aspettando una nuova Fukushima
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hi si oppone alla corsa al nucleare evocando lo spettro di Chernobyl è stato rassicurato con fare sardonico “Non ci sarà più un'altra Chernobyl". Arriva oggi l'allarme ufficiale dall'Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare che ha innalzato al livello massimo l'allarme per la centrale di Fukushima, come di Chernobyl. Ora i fanatici del nuclerare si affrettano a dire che non ci sarà una nuova Fukushima, aspettando una nuova Fukushima!
Andiamo a Betlemme per vedere cosa vi sta accadendo A
gnese ha 76 anni, è cristiana e vive a Gerusalemme Est da quando è nata. La sua vita è la storia della sua amata e martoriata Palestina che, per l'80% ormai, oggi “appartiene” ai suoi fratelli israeliani. Daniela invece è ebrea; la famiglia della madre è stata deportata ad Auschwitz e non ne è rimasto nessuno. La Shoah le ha insegnato che non si può rimanere indifferenti al dolore degli altri. Così Daniela si reca quasi quotidianamente ai checkpoint dove ogni giorno vengono fermati o rallentati senza alcun motivo i palestinesi che vogliono spostarsi nel loro paese. L'attesa dura anche ore sotto il sole e mette a dura prova la loro salute oltre che la loro pazienza. Daniela fotografa, osserva, scrive e racconta queste ingiustizie su Machsom Watch perché non può proprio far finta di niente. Jihad è un giovane che vive nel campo profughi di Dheisheh, uno dei migliori della Palestina rispetto agli altri dal quale, però, non può uscire. Jihad è stanco di questa vita e dei soprusi che subisce il suo popolo. Vuole essere un giovane normale, libero di uscire, di viaggiare, di studiare, di divertirsi, di
vivere liberamente nel suo paese. E poi c'è anche Laura che dal Trentino è arrivata in Palestina con Operazione Colomba, un'associazione della Comunità Papa Giovanni XXIII e che ora vive da tre anni ad At Tuwari, un piccolo villaggio di 150 abitanti che è sovrastato dalle case dei coloni. I coloni avanzano ogni giorno, strappano terra ai palestinesi contro ogni legge, distruggono gli alberi di ulivo, ammazzano pecore, impediscono perfino ai bambini di andare a scuola. Cosa è successo in Palestina? Nella terra dove è nato Gesù, ogni giorno i diritti umani vengono calpestati, i palestinesi umiliati e derisi e con essi tutti i principi che hanno portato a creare l'ONU nel secondo dopoguerra. Perché nella terra scelta dal nostro Signore non si riesce a portare la pace? Perché in questo luogo in cui il Verbo si è fatto Carne oggi nasce solo violenza e sopraffazione con la complicità del silenzio internazionale? “Andiamo a Betlemme”, dice il Vangelo, “per vedere cosa vi sta accadendo”. Questo dovrebbero fare tutti i pellegrini che da ogni parte del mondo ogni giorno
http://www.bocchescucite.org ; http://guerrillaradio.iobloggo.com
giungono su questi luoghi santi e si fermano a guardare le pietre invece che a incontrare le persone, a parlare con la gente, a conoscere le loro storie. Andiamo a Betlemme... Questo è l'invito che don Nandino Capovilla (responsabile delle azioni in Israele e in Palestina per Pax Christi Italia) fa a tutti noi con il suo libro “Bocche Scucite” (2007). Questo è l'invito che ci fanno i nostri fratelli palestinesi, dai bambini agli anziani, perché non vogliono più essere soli, perché hanno diritto ai diritti, perché i diritti non possono essere privilegi nel 2011. In questo libro finalmente, le loro storie hanno degli interlocutori e le loro parole possono essere ascoltate dopo anni di silenzio. Il nostro compito è fare in modo che le conoscano ovunque e andare a vedere con i nostri occhi, se possibile. Andiamo dunque a Betlemme a vedere cosa sta accadendo. Mai come oggi il Vangelo è così attuale e vero in questa esortazione. La nostra fede ci impone l'obbligo morale di farci eco di queste voci piccole, ma ancora piene di speranza se non abbandonate a se stesse.
carmela zaza