i n a v gio
Nato stanco S
i potrebbe affermare, con una certa dose di sana ironia, che la stanchezza abbia radici addirittura bibliche: all'inizio Dio creò la terra poi creò l'uomo, infine creò la donna e si riposò. Da allora né Dio né l'uomo hanno più riposato. Nascere stanchi dunque è una condizione fisica e mentale a cui dovremmo essere già predisposti naturalmente. Purtroppo questa nostra "predisposizione" sta abbandonando le scene del quotidiano, a discapito delle nostra capacità di indignarci davanti a situazioni espressamente sgradevoli. Ecco perché è d'obbligo recuperare il nostro "stato naturale" attraverso un esercizio, ripensando a ciò che ci stanca particolarmente. Comincio io: Sono stanco delle banalità in giacca e cravatta, della simpatia a tutti i costi, di esperienze personali che col metodo scientifico diventano deduttivanti; stanco di non sognare, di chi non ascolta e propone le stesse domande, stanco di una sessualità che si veste di una gestualità spicciola. Stanco delle distrazioni dai problemi malcelati, delle auto-incoronazioni, stanco delle vicissitudini quotidiane dai contorni televisivi, delle assurdità e cattiverie gratuite; stanco di rimanere col dito alzato, di battere pugni sul proprio petto INSERTO MENSILE DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DEL MONDO GIOVANILE A “LUCE & VITA” N.22 DEL 29 MAGGIO 2011 PIAZZA GIOVENE 4 - 70056 MOLFETTA SITO: www.lucevitagiovani.it POSTA: lev.giovani@gmail.com cuoreimmacolatomaria@gmail.com
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Io non
sono cool! L e moderne “chiavi di comportamenti” partoriscono le tendenze ed i criteri per definire un uomo o una donna come trendy, alla moda, affascinante, accattivante… in una parola cool. Ve d i a m o d i s c h e m a t i z z a r e macroscopicamente tali criteri. Aggiornamento continuo. Per essere cool bisogna essere informati delle ultime mode, delle più recenti usanze. Non solo. Bisogna anche aggiornare e non lasciare che anche l'ultimo dei nostri conoscenti non sappia dove siamo, cosa facciamo e come stiamo. È figo localizzarsi in un ipermercato o in un aeroporto. Pubblicare la foto del pranzo domenicale “taggando” l'intera rubrica di contatti è ritenuto fondamentale per la propria reputazione. Così l'anziano che
L’inserto è curato da: VINCENZO DI PALO - Responsabile, Silvia Ayroldi, Vincenzo Bini, Mauro Capurso, Mariella Cuocci, Gian Paolo de Pinto, Valeria Lauciello, Giuseppe Mancini, Maria Isa Pia Marinelli, Vincenzo Marinelli, Annarita Marrano, Fedele Marrano, Maria Teresa Mirante, Antonio Tamborra, Giusy Tatulli, Alessandra Tedone, Fabio Tedone, Carmela Zaza. Grafica: Valentina de Leonardis. Collaboratori allestimento: Donato Magarelli, Milena Soriano.
continua Nato stanco
continua Io non sono cool!
e pacche sulla propria spalla, stanco di pregare per chiedere e mai per ringraziare. Stanco di credere nella fortuna, di inseguirla a tutti i costi non accontentandosi della felice quiete, stanco di togliermi la maschera la sera quando vado a letto, stanco della compagnia senza fiducia; stanco di non trovare consolazione dagli uomini, stanco di scavare fossati, di essere catalogato, stanco di chi è credente e non credibile, stanco di chi dice sempre si con la testa, stanco di sfogliare il giornale in cerca della buona novella, di ascoltare le varie risposte quando non si è terminato ancora di fare la domanda...Penso, invece, ad un modo nuovo di stancarmi e ve lo lascio come augurio: vorrei tanto stancarmi nel tenere le braccia verso l'alto aperte nel ringraziare incondizionatamente; stancarmi in un abbraccio, stancarmi in una corsa folle verso la verità; stancarmi per aver riso di gusto, stancarmi nello stringere mani gratuitamente sincere. giuseppe mancini
prima portava appeso un pulsante per la comunicazione di eventuali problemi, ora va in giro con un I-phone con il quale può documentare la sua passeggiata e addirittura chiedere consigli su come compilare la colonna vincente del totocalcio. Abitudini. Cool non è chi arriva puntuale, né tanto meno in anticipo. Lo è chi si lascia attendere e alle feste arriva dopo il festeggiato. Accoglie tutti con un sorriso smagliante stroncando sul nascere le possibili lamentele. Organizza le sue attività seguendo le massime indiane “armiamoci e partite” e “perché fare oggi quello che possiamo rimandare a domani”. Mangiare sano e regolare è ritenuto superato e noioso. Una persona cool sperimenta, è innamorata del cibo esotico e adora il mangime per cani, l'importante è che sia biologico. Rapporti. È ritenuta sana usanza non chiamare le persone per nome. Meglio apposizioni come compagno, sorella, amici, o atavici attributi come carissimo, bellissima. Scrivere alla propria moglie su Facebook ciò che un tempo si scriveva sul post-it incollato sul frigorifero è segno di grande fascino. Le frasi del proprio profilo devono essere misteriose, ermetiche e possibilmente sgrammaticate. Si consiglia di partire con della buona punteggiatura, tutto minuscolo, decisamente incomprensibile. Se nessuno clicca su “mi piace”, allora sei fuori strada. Se sei di buon umore non vale: il malinconico è più cool. Perché aspettare di conoscere una persona se
puoi giudicarla prima dall'abbigliamento o da ciò che vive. Sei di destra? Di sinistra? Credi? No, non mi dire che credi ancora? Ti prego non dirmi che “sei di Gesù”! Look. “Se non hai quegli occhiali, beh… non hai quegli occhiali!”. Il taglio per cui ti sei vergognato quando eri bambino, ora è di gran moda, peccato che nel frattempo hai perso i capelli. È fondamentale alterale la geometria dei propri indumenti. Se hai una polo alza il colletto, alzare una sola gamba del tuo pantalone della tuta è molto figo. Se qualcuno ti chiede perché la risposta da dare è: “in bene o in male purché si parli”. Funziona sempre. Linguaggio. In presenza di più persone è meglio parlare con tono sostenuto, magari alzando un po' la voce, tenendo gli occhi fissi nel vuoto. Sono consigliati i termini specifici, tecnici, noti ai pochi, meglio se neologismi fatti in casa. La lingua amatoriale è cool! Un linguaggio aggressivo e passionale, possibilmente poco chiaro, rende il discorso trendy di sostanza. Non è importante cosa dici. Sigla tutto: abbreviare è la nuova frontiera della c o m u n i c a z i o n e . L'importante è parlare. Un personaggio cool non sta quasi mai in silenzio. Mentre facevo queste riflessioni, anche divertendomi, devo confessarlo, mi sono ricordato della mia canotta, la famosa maglia della salute, ottima contro il mal di schiena. Non porto occhiali, spesso sono silenzioso e ormai si contano i miei capelli. In genere il titolo lo si sceglie alla fine dell'articolo. Beh ora sapete come è nato! fedele marrano
Maria,
donna del “SI”!
Madonna col bambino - Raffaello
I
n questo mese di maggio, che la pietà popolare dedica a Maria, come non pensare alle pennellate ora rapide e sfumate, ora precise e poeticamente accostate, che don Tonino ha dipinto di lei. Come ben pochi artisti dello spirito magistralmente sanno fare, egli ha saputo adornare l'immagine popolare della Vergine di ferialità e di quotidianità. Accanto ai fasti e agli onori degli altari, ecco declamate alcune tra le più belle “litanie” di una spiritualità che sa farsi prossima, vissuta e temprata dalle gioie e dalle sofferenze della vita, più che dalle illuminanti intuizioni di un trattato di teologia. Dai suoi scritti mariani emerge il volto non di una santa irraggiungibile e imperturbabile che abita i cieli, distante dai tumulti dell'animo umano, ma anzitutto di una donna. Perché Maria era, ed è, donna “vera, acqua e sapone”, “senza retorica”, di poche parole e brevi sussurri, come il suo “fiat”, perché si è fatta abitare dalla Parola; è donna “feriale” perché ha orientato lo sguardo della esistenza sull'orizzonte della speranza celeste; è donna “obbediente” perché sua volontà è la ricerca del volto di Dio; è donna “che conosce la danza” perché solo chi sostiene l'affanno del respiro, le contrazioni del corpo e l'esultanza del cuore può essere partner dell'Amore smisurato fino alla fine, fino alla croce; è donna “del vino nuovo”, che colma della gioia e della speranza del Risorto le giare vuote delle nostre vite; è donna “del terzo giorno” vigile e abile nello scrutare bagliori impercettibili anche nelle esistenze più buie; è donna “in cammino” che indica traguardi di salvezza a coloro che girano a vuoto, senza un approdo di vera pace; è donna “dell'attesa”, sentinella di un mattino veniente oltre ogni rassegnazione; è donna “del primo sguardo” che infonde sempre fiducia ad ogni umana relazione anche dopo i fallimenti più eclatanti; è donna “accogliente” capace di vivere oltre gli schemi consolidati per fare spazio all'improvvisa creatività con cui Dio si rivela all'uomo; è donna “missionaria” latrice del grido mesto e silenzioso di ogni povertà umana al cospetto di Dio e delle società opulenti; è donna “bellissima” perché non si vende a sguardi impudici, ma sa custodire la dignità che la abita; è donna “di servizio”, della logica paradossale e liberante del Vangelo; è donna “del silenzio”
“[Maria] vogliamo vederla così. Immersa nella cronaca paesana. Con gli abiti del nostro tempo. Che non mette soggezione a nessuno. Che si guadagna il pane come le altre. Che parcheggia la macchina accanto alla nostra. Donna di ogni età. A cui tutte le figlie di Eva, quale che sia la stagione della loro vita, possano sentirsi vicine”. Don Tonino Bello
non schiava della retorica accaparratrice dei media e dei comizi elettorali, ma uditrice della Parola eterna che non passa mai di moda perché sempre nuova; è donna “del popolo” aliena dalla sindrome del casato nobiliare, fautrice di comunione oltre ogni distinzione; è donna “di frontiera” o “globale” capace di accogliere ogni uomo sotto lo stesso manto; è donna “del primo passo”, preveniente, attenta alle esigenze di chi è a fianco prima che alle proprie; è donna “conviviale” sempre disposta ad aggiungere un posto in più alla mensa celeste del suo Figlio, dove siedono gli operatori di pace oltre ogni discordia; è donna “dei nostri giorni”, in nulla diversa da noi, dalla nostre paure di amare Dio, di dirci cristiani, dalla difficoltà di rinnovare la nostra mentalità sulla logica del Vangelo; dal timore di perdere se stessi, la propria vita per un progetto dalle vedute più alte, dall'orizzonte più ampio ma non subito interamente visibile, che a noi è proposto da Dio. Maria ha detto “Sì!” a Dio. “Sì!”sul quale lo Spirito ha edificato il compimento della storia della salvezza dell'uomo. Lo stesso Spirito, che verrà a Pentecoste, trovi il terreno del nostro cuore oltremodo fertile!
vincenzo marinelli
”
Ho una doma l’energia nda: nucleare
?
“Vi presento una scienziata esperta di nucleare, che darà risposta alle vostre domande.” In realtà sono solo una studentessa e attraverso questo articolo alquanto fittizio per la struttura, ma spero di no per i contenuti, cerco di trasmettervi ciò che so riguardo l'argomento, a partire dalle conoscenze di base. È bene che le informazioni siano maggiormente approfondite. “Avete domande?” “Sì. Una domanda scontata, ma a quanto pare non per tutti, anche per le 'cariche più alte', che dovrebbero aver chiaro l'argomento: cos'è il nucleare?” “L'energia nucleare è una forma di energia che deriva dalla fissione nucleare, ovvero dalla divisione di un nucleo di uranio a seguito di bombardamento da parte di un neutrone. La rottura di un atomo di uranio in due frammenti libera energia ed altri neutroni che inducono la scissione di ulteriori atomi di uranio, a creare la cosiddetta reazione a catena.” “Cosa sono le scorie nucleari?” “Sono i rifiuti di una centrale nucleare. Durante il processo di fissione si liberano anche radiazioni. Tutto ciò che è esposto a queste radiazioni diviene radioattivo, andando a costituire le scorie radioattive. Il decadimento radioattivo, ovvero il processo che rende innocue queste scorie non può essere accelerato, quindi devono essere stoccate.” “Qual è l'impatto sull'ambiente?” “Le centrali nucleari non liberano anidride carbonica o altre sostanze causa del buco dell'ozono o dell'effetto serra. Tuttavia, le scorie radioattive risultano al momento un grande problema, perché non si conosce un modo per eliminarle definitivamente. Vengono perciò 'seppellite' a centinaia di metri nel sottosuolo, causandone un inquinamento del loco. Il danno maggiore per l'ambiente si potrebbe verificare in caso di incidenti della centrale stessa. In questo caso il materiale radioattivo in quantità estremamente piccole, disperso nell'atmosfera, diventa pericoloso per qualunque essere vivente.” “Quali sono i costi delle centrali nucleari?” “L'energia prodotta sfruttando il nucleare ha dei costi molto bassi e potrebbe risolvere i problemi di dipendenza energetica dell'Italia dagli altri paesi. Ma bisogna considerare i costi complessivi necessari per costruire, mantenere e
smantellare una centrale. La costruzione di una centrale richiede almeno 10 anni. La loro vita media è di circa 30 anni, alla fine dei quali è richiesto lo smantellamento, i cui costi sono il doppio di quelli di costruzione. La manutenzione nel corso del suo funzionamento non va sottovalutata (ma si può ammettere che questa fase riguarda tutti i tipi di impianti di produzione energetica e non). Ma molto più importanti sono i costi per la gestione dei rifiuti radioattivi, per cui è necessario individuare un luogo di stoccaggio(talvolta bisogna giungere ad un compromesso anche economico per 'convincere' una popolazione ad avere scorie radioattive a pochi passi dalla propria abitazione) e creare le opportune condizioni per cui i residui possano effettuare il loro processo di decadimento senza alcun problema.” “Cosa possiamo dire dell'uranio?” “L'uranio non è una fonte inesauribile. Si prevede che fra circa 20-30 anni non sarà più disponibile e questo non farà altro che aumentarne i suoi costi, come sta accadendo col petrolio. D'altronde l'Italia non ha risorse di uranio, quindi il problema di una dipendenza di materia prima si potrebbe verificare ancora.” “Qual è la posizione dell'Italia nei confronti del nucleare?” “Nel Novembre 1987 l'Italia ha detto no al nucleare attraverso un referendum. Da qualche anno si è riaperta la questione, e ancora oggi, anche se a fronte di un grande disastro come quello che sta accadendo in Giappone, se ne discute. Si parla di reattori di terza e di quarta generazione, che dal punto di vista strutturale sono sicuramente migliori e probabilmente più sicure. Ma c'è sempre un fattore a noi sconosciuto: l'imprevedibilità.” “Avete altre domande?”
giusy tatulli
M
ark Zucherberg ha soli diciannove anni ma è già un brillante programmatore quando in una notte del 2004 si siede davanti al suo pc in una stanza del campus universitario di Harvard e in poche ore crea FaceMash, l'antenato di Facebook, un sito che raccoglie le foto delle studentesse del campus permettendo agli utenti di votare tra loro la più attraente. L'intento di Z u c h e r b e r g e r a semplicemente quello di mettere in imbarazzo la sua ragazza che l'aveva appena piantato ma in una notte il sito diventa talmente popolare da mandare in crash i server dell'università. È l'inizio di un'epopea soprattutto giudiziaria (come racconta il film The social Network uscito qualche mese fa nelle sale) che porterà il venticinquenne Zucherberg, padre di Facebook, a diventare multimiliardario. Oggi Facebook è un'enorme banca dati di interessi, gusti, stili di vita. Un album che racconta la varietà umana. Ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare, ti permette di dire anche quello che non diresti mai direttamente a una persona, con la certezza che questa visiterà il tuo profilo e recepirà comunque il messaggio. Ha rivoluzionato anche il concetto di fotografia: non più un ricordo privato di un'esperienza particolare ma momento obbligato di ogni serata con
gli amici, di ogni giornata, anche quella più monotona, perché vetrina in cui mettere il prodotto migliore che abbiamo: noi stessi e la nostra personalità, vera o finta che sia non importa, basta sapere quanto “ci piace”! Facebook, terreno di provocazioni, sconti a colpi di link e malintesi. Face book che ti consente di avere cinquecento amici di cui spesso non vedi regolarmente nemmeno la metà ma non importa perché più amici hai, più sei popolare e tutti sanno dove sei e con chi. Facebook è la tua bacheca che vende agli altri il lato più affascinante di chi sei. Facebook è dire a tutti che si è sempre troppo impegnati ma mai abbastanza per non pubblicare cosa stai pensando, anche alle sette di mattina mentre in stazione aspetti il treno per l'Università. E mentre in Egitto gli studenti organizzavano le loro manifestazioni di piazza tramite Facebook e altri social network, diventati strumento privilegiato per la circolazione di idee di libertà e ideali a cui aspirare, noi nel nostro piccolo mondo continuiamo a usare Facebook per lo stesso primario motivo per cui è stato creato quella notte di sei anni fa: colpire, giudicare, vendere immagini e splendidi contenitori... vuoti. Allora si che possiamo dire : siamo caduti nella rete!
maria teresa mirante
essere una d o n n a totalmente diversa da questa, perché i n f o n d o ognuno ha un suo destino, ma nessuno sa con certezza quale sia e se corrisponde ai propri progetti e ai propri sogni. Tuttavia, vorrei soltanto che qualsiasi cosa ti riserverà il futuro, tu non perdessi mai la voglia di sognare e di sperare, la forza e il coraggio di ricominciare nonostante le difficoltà, le sofferenze e gli ostacoli della vita. Vorrei che tu non smettessi mai di avere fede nel Signore e che ogni mattina, in qualsiasi luogo e tempo ti troverai, Gli rendessi grazie per l'immenso dono della vita. Vorrei, anzi sono certa, che non potrai fare a meno di amare, perché noi siamo stati fatti dall'Amore e per l'Amore. Chissà, magari tra vent'anni ritroverai questa lettera e mi piace pensare che arrivata a questo punto preciso tu sorridessi pensando ad una ragazza, di circa 25 anni, che una sera, non riuscendo a dormire, ha viaggiato sulle ali del pensiero e della fantasia, sognando il suo futuro con la speranza nel cuore, qualche dubbio e paura negli occhi e una sola certezza tra le mani: nessuno potrà impedirle di scrivere, giorno per giorno, la sua vita…qualunque cosa essa abbia in riservo per lei. Cara me, concludo questa lettera ricordandoti alcuni versi di una poesia, la mia preferita, che mi auguro di non dimenticare mai: “Sii sempre il meglio di qualunque cosa tu possa essere”!
Cara me...
Caduti nella rete
O
ggi è uno di quei giorni in cui non riesci proprio a prendere sonno, in cui nella testa un fiume di pensieri scorre veloce e incontrollato e ti travolge fino quasi a toglierti il respiro. Oggi è uno di quei giorni in cui la domanda: “Che ne sarà di me?” fa un po' paura, in cui l'incognita del domani genera una vera e propria guerra tra i dubbi e le paure da una parte e i desideri e le speranze dall'altra. Insomma è uno di quei giorni in cui non ti resta che viaggiare con l'immaginazione e provare a dare un volto, un corpo e un'anima a quel fantasma chiamato “futuro”. Se dovessi guardare lontano, mi piacerebbe immaginarti, tra vent'anni, come una donna, ormai sulla quarantina, iperstressata, ma abbastanza felice. Sicuramente, già da qualche anno e non senza sacrifici, sarai riuscita a realizzare il tuo sogno: quello di diventare una psicoterapeuta affermata e stimata, sempre pronta ad aiutare gli altri, non con la presunzione di chi tutto sa e può, ma con l'umiltà di chi cerca di dare il meglio e il massimo di sé per la serenità altrui. Ti immagino, la mattina, svegliarti con mille pensieri e preoccupazioni riguardanti non solo il lavoro ma anche la famiglia. Sì, perché sono sicura che non avrai rinunciato a seguire il sogno più grande della vita: quello di sposarti con l'uomo che ami e con cui dare al mondo dei bambini, però massimo due, perché si sa che due è il numero perfetto. Non credo che la tua vita sarà tutta rose e fiori, anzi immagino i problemi, quelli quotidiani, le volte in cui penserai di non farcela, le volte in cui se potessi tornare indietro magari cambieresti tutto. Ma ti immagino una donna forte e combattiva che saprà accettare le sconfitte e ringraziare il Signore per le vittorie e le gioie che vorrà regalarle. Forse sbaglio e tra vent'anni potresti anche
mariella cuocci
Sacco mezzo pieno o mezzo
vuoto? N
on è molto lontano nella memoria l'11 settembre del 2001: 14 anni da poco compiuti, con le mie amiche decidemmo di andare al cinema, allo spettacolo pomeridiano. Ricordo ancora il titolo del film: “Save the last dance”, tipico film da quattordicenni innamorate della danza e delle storie d'amore. Mancavano pochi minuti alle tre, quando accesi la tv: Io e mio fratello restammo impressionati. Credo che ciò che vedemmo rimarrà per sempre impresso nella nostra mente. Tutto il mondo si è fermato di fronte alla tv e non è più stato lo stesso. A scuola durante le assemblee d'istituto comparvero argomenti come la guerra e la democrazia, il burqa e la questione delle donne musulmane. All'improvviso ciò che prima era ignoto è diventato il baricentro delle nostre conversazioni. L'Occidente si è scoperto interessato ad un mondo fino ad allora nascosto in un angolino, indifferente, silenzioso. All'interesse è seguita la paura, la diffidenza, lo sguardo guardingo mentre si è in treno e di fronte a te è seduto un uomo dalla barba scura e il Corano tra le mani. Prima dell'11 settembre, una donna musulmana, con il velo sul capo, poteva serenamente passeggiare in una città occidentale, spiando le vetrine, come una donna qualunque: inosservata, si confondeva tra la massa. Adesso, che possiamo vedere le Torri Gemelle solo in qualche vecchia cartolina, ella ogni mattino deve chiedersi se indossare o meno il velo, se seguire la propria religione sia una mancanza di rispetto, se deve sentirsi un'ospite, un'attentatrice, una donna diversa. Al mio primo viaggio in
aereo, ricordo la battuta scherzosa della mia amica su un uomo seduto poco avanti a noi: “avrà per caso dell'esplosivo?”. Per non dimenticare, tutte le accortezze prima della partenza: “non si possono portare liquidi, non si possono portare lamette, forbici”. Viaggiare è diventato un rischio, un protocollo da seguire attentamente. Sorge spontanea la domanda: noi occidentali, esportatori di democrazia e di libertà, cosa siamo adesso dopo dieci anni di guerra? Più liberi o meno liberi? Cosa possiamo raccogliere da seminatori civilizzati e civilizzanti? Libri e film inediti sulla civiltà musulmana, sull'integralismo islamico? Il mio pensiero va a tutti coloro che l'11 settembre hanno perso qualcosa: la vita, un fratello, un amico, un ricordo; ai milioni di civili che hanno perso la vita innocentemente; ai bambini afghani privati della loro infanzia; a noi sopravvissuti, che, inevitabilmente, abbiamo perso qualcosa in quegli aerei: la nostra serenità nel viaggiare, la tolleranza per una religione diversa, la discrezione verso un popolo che ha le sue tradizioni e la sua “civiltà”, l'umiltà di non sentirci mai primi, ma sempre ultimi, sempre bisognosi di imparare e non di insegnare. Il sacco non è pieno di semi, ma nulla vieta al contadino di rileggere il suo registro di campo, di valutare i punti di forza e di debolezza, gli errori e le buone azioni. Nulla vieta all'uomo di riprogrammarsi, di diventare reale seminatore di pace. Come disse “Qualcuno” tempo fa, “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.
annarita marrano
Sottovuoto
fatti pensati senza conservanti di gian paolo de pinto
martedì 19 aprile 2011
Passione, ci vuole Passione.
L
'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro...mal/non retribuito. L'Italia è quel Paese dove è scandaloso e suicida parlare di contratti e retribuzione durante un colloquio di lavoro. "Ma come, ti offriamo il lavoro e prima di iniziare ci chiedi pure quanto ti daremo?". Ha ragione Sergio, spietato direttore di produzione in "Boris" che allo stagista intima saggiamente "Ma che contratti, ce vole Passione". Sapevo che la cultura non si mangia, ma la Passione?
giovedì 28 aprile 2011
Bombe umanitarie
Scene di ordinaria... follia!
L
a Lega chiede il voto delle Camere sulla Libia, insofferente all'offerta di otto aerei italiani per bombardare Gheddafi. Improvvisa svolta pacifista dei padani? In realtà Bossi, Maroni & Co. eviterebbero i bombardamenti solo per scongiurare il rischio di nuovi sbarchi alla vigilia delle elezioni. Preferirebbero infatti bombardare direttamente i barconi dei profughi risolvendo il problema immigrati e alzando l'indice di gradimento del proprio elettorato.
L
e cronache dei primi giorni di maggio ci raccontano di due episodi molto simili tra loro, di due scene di “razzismo quotidiano”. Il primo episodio si svolge a bordo di un treno delle Ferrovie Appulo Lucane, l'altro su di una circolare urbana AMTAB in pieno centro a Bari. In entrambi i casi, i rispettivi “controllori”, avendo constatato delle irregolarità nei biglietti di alcuni cittadini extracomunitari, sono stati protagonisti di due scene che avremmo volentieri preferito non ascoltare. Altra caratteristica in comune dei due gesti è stata la reazione degli altri individui che erano a bordo dei mezzi; nel primo il vile gesto è stato filmato da un ragazzo il quale ha provveduto a crearne un caso su internet, mentre, nell'altro tre ragazze hanno provveduto a denunciare l'accaduto con una lettera pubblicata attraverso le pagine della “Gazzetta del Mezzogiorno”. Ed è stato proprio grazie al contributo di questi giovani cittadini che è stato possibile sanzionare gli autori di questi orribili gesti; si tratta di un passaggio importante, poiché questo significa che forse le nuove generazioni hanno qualcosa da dire e non sono soltanto le incarnazioni del dolce far niente. Al contrario, i due controllori non hanno ancora capito cosa significa il rispetto dell'altro indipendentemente dal colore della pelle. Nella lettera alla “Gazzetta” le tre ragazze citano Martin Luther King, e ci piace riportare la loro citazione a conclusione di questa breve cronaca…“abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte del vivere come fratelli”.
mauro capurso
mercoledì 20 aprile 2011
Verba volant, Scripta manent
A
lla fine il Lassini ha fatto il passo indietro esatto dai suoi colleghi di partito e coalizione scandalizzati che il candidato al Consiglio comunale di Milano avesse messo per iscritto su decine di manifesti il pensiero del loro Presidente di partito, nonchè del Consiglio dei Ministri, professato da palchi e predellini: "Fuori le BR dalle Procure". Dove la differenza? Per Silvio verba volant et fraintesa sunt, per Lassini scripta manent e cavoli sua sunt.
sabato 14 maggio 2011
Tresette col morto
D
ove sono finiti realmente il leader libico Gheddafi e il deposto Hosni Mubarak? C'é chi dice siano morti, alcuni affermano che si stanno godendo i propri patrimoni gonfiati da anni di dittatura in qualche ''paradiso in terra''. Ora testimoni attendibili dichiarano che i due si trovano in una caverna sperduta in Afghanistan e passano gran parte del loro tempo giocando a tresette col morto, che in questo caso é Bin Laden.
Habemus
(Beatum)
Papam
I
l primo maggio 2011, a Roma se lo ricorderanno per tanto tempo. È stato infatti un giorno speciale. Oltre al concertone che ogni anno celebra l'unità (di ventiquattro ore) dei sindacati dei lavoratori e che quest'anno celebrava i centocinquanta anni dell'unità italiana, è stato proclamato beato, Papa Giovanni Paolo II, come tutti sanno. In occasione della sua beatificazione, come in quella della sua morte, Roma è stata invasa da milioni di fedeli provenienti da ogni parte del mondo che hanno sopportato code interminabili, soste sotto il sole o al freddo della notte, pur di vederlo l'ultima volta o pur di essere presenti nel momento della sua proclamazione a beato. È stato ed è ancora un papa molto amato forse perché ha avuto una vita da laico piuttosto lunga prima di entrare in seminario. Molti lo hanno anche definito “un uomo che è diventato papa” proprio per evidenziare la sua dimensione umana anche da pontefice. Sappiamo che amava il teatro e recitava lui stesso da ragazzo, prima che la guerra sconvolgesse la sua vita già segnata dalla morte della madre e dei fratelli quando era un bambino. Ma Karol ha fatto anche l'operaio e non ha dimenticato il suo passato quando è diventato successore di Pietro. Così l'abbiamo visto in carcere a visitare i http://www.habemuspapam.it/
detenuti, nei consigli di fabbrica a parlare con gli operai, negli ospedali a confortare gli ammalati, tra moltitudini di giovani a cantare e pregare, nei paesi più lontani a portare le sue parole. Parole di speranza e di coraggio come quelle nel 1994, in Sicilia, dopo le stragi di mafia. Un papa-uomo fino alla fine quando, malato, non esitava a mostrarsi a tutti con la sua malattia, con i suoi tempi lenti, con tutte le sue difficoltà anche nei gesti più semplici. Un papa che ci ha insegnato ad accettare la vita e a renderla speciale con il servizio e l'umiltà, dandoci l'esempio. Mentre assistevo alle celebrazioni e riflettevo su papa Wojtyla, pensavo anche all'altro papa che invece avevo visto al cinema qualche giorno prima, quello del film di Nanni Moretti che certi ambienti ecclesiastici avevano consigliato di non vedere. Anche in quella pellicola avevo visto un papa-uomo che però non riesce a superare l'ansia e il panico che lo prendono quando deve cominciare la sua missione, nonostante le preghiere dei fedeli e la forza dello Spirito Santo. Un papa-uomo che si mischia alla gente comune, che ascolta ma che vuole anche essere ascoltato, che viene messo da parte perché anziano, che fa tenerezza, un papa che si arrende. Io non mi sono scandalizzata per questa
paura, per questa ammissione di piccolezza, per la dichiarata sensazione di abbandono. Nella Bibbia stessa sono tante le confessioni, le lamentazioni, le grida di disperazione: “Perché continuo a soffrire? Il mio dolore è come una piaga che nessuna medicina riesce a guarire. E ora, anche tu mi deludi, come un torrente dalle acque incostanti” (Ger 15, 18), solo per fare un esempio. Eppure non credo che sarebbe tanto male avere un pontefice magari anche fallibile, che però si renda il più possibile vicino alla gente e alle sue sofferenze quotidiane, che non si stanchi di aiutare, ma anche di chiedere aiuto alla Chiesa universale, ai fedeli, nella missione di portare al mondo la buona novella, come ha fatto lo stesso Giovanni Paolo II. Ma niente paura: era solo un film! In passato monaci, preti, semplici fedeli e persino pontefici ne hanno passate di peggio. Ad esempio una canzone popolare che andava di moda a Roma 150 anni fa, recitava così: “E a Roma a Roma/ ci sta un papa/che di soprannome/si chiama Pio Nono/lo butteremo giù dal trono/dei papa in Roma/non ne vogliamo più”. E invece no, di papi a Roma ce ne sono stati altri e, da qualche giorno, c'è anche un papa, beato, in più.
carmela zaza