30 segreti del giardiniere

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• PASSIONE VERDE •


30 segreti del giardiniere Piccoli e comodi espedienti di chi se ne intende

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a cura di Mimma Pallavicini


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Antonio Vallardi Editore s.u.r.l. Gruppo editoriale Mauri Spagnol www.vallardi.it Per essere informato sulle novità del Gruppo editoriale Mauri Spagnol visita: www.illibraio.it www.infinitestorie.it Copyright © 2012 Antonio Vallardi Editore, Milano A cura di Mimma Pallavicini con la collaborazione di Andrea Cattabriga Foto di Mimma Pallavicini Illustrazioni di Rita Ammassari Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, archiviata in sistemi server o trasmessa in nessuna forma e con nessun mezzo elettronico o meccanico, su cassetta, né fotocopiata, registrata o altro, senza il permesso scritto dell’editore. Ristampe:

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ISBN 978-88-7887-684-2 Finito di stampare nel febbraio 2012 da MS Printing – Milano


sommario

Sommario • I segreti? È solo esperienza • Capitolo 1 I segreti di fiori, foglie, frutti

pag. 7 9

• Capitolo 2 I segreti di animali e piccoli apprendisti

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• Capitolo 3 I segreti del giardino

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• Capitolo 4 I segreti dello stile

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• Capitolo 5 I segreti della decorazione

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• Capitolo 6 La sintesi di questo libro in un decalogo

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• Indice

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• Indirizzi utili

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i segreti? è solo esperienza

• I segreti? È solo esperienza •

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gni arte ha i suoi segreti e, se è vero che il giardinaggio è un’arte, a sua volta ha qualche segreto, facilmente svelabile praticando l’arte giorno dopo giorno: presi dal desiderio di produrre da sé le piantine si apprendono tutti i modi di seminarne i semi; a forza di scontrarsi con il problema delle lumache che si mangiano le insalate si impara a combatterle con ogni stratagemma possibile; volendo conferire al giardino un aspetto nuovo si imparano i segreti dell’allestimento e della decorazione. Più difficile da dirsi che da farsi, ogni problema che si presenta e ogni gesto che regola le attività di giardinaggio accumulano nuova esperienza. Questo libro svela alcuni segreti del giardinaggio, con l’augurio che per il lettore siano uno stimolo a scoprire da sé tutti gli altri. Buona lettura.

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• Capitolo 1 •

I segreti di fiori, foglie, frutti

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on sono molte le regole per avviare con successo una lunga carriera in veste di giardinieri amatoriali. Tutto risiede nel desiderio di appropriarsi della chiave di accesso ad un mondo sereno, curioso, pieno di perché. Questi che seguono non sono altro che segreti piccoli piccoli, ma piuttosto utili, per fare la conoscenza delle piante e dei loro comportamenti. Tutto il resto deve crescere un poco alla volta.

• Chiamarle per nome e cognome C’era una volta, nel Settecento, un professore di botanica svedese molto ambizioso. Il suo nome era Carlo Linneo (17071778). Stufo di chiamare le piante con lunghi giri di parole (per esempio: “pianta degli ambienti boschivi che fiorisce a inizio estate con fiori a forma di ditale purpurei”) e non capire di che pianta si trattasse, soprattutto negli scambi con i colleghi di altri Paesi, un giorno ebbe un’intuizione. Perché non cercare di dare alle piante un nome e cognome, esattamente come hanno le persone? La sua idea di classificazione delle piante in base alle affinità degli organi sessuali, cioè dei fiori, fu dapprima derisa, ma ben presto ebbe successo. Da allora le piante hanno un cognome – il genere a cui appartengono – che collega tutte quelle con caratteristiche comuni, e un nome – quello della specie, costituito da un aggettivo che spesso qualifica una caratteristica saliente di quella pianta. Il tutto in latino. Sicché, invece del lungo giro di parole, per la pianta con i fiori a forma di ditale da allora basta dire Digitalis purpurea perché i botanici e i giardinieri di tutto il mondo ab-

Il ritratto di Carl von Linné, ovvero Linneo, padre della botanica moderna.


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biano ben chiaro di quale pianta si sta parlando. Questo torna utile anche al più piccolo dei giardinieri da balcone, se vuole trasformare un hobby in un’arte da condividere. E questo è il primo di tutti i segreti del giardiniere.

• Due o tre cose da sapere dei semi

I fiori di Digitalis purpurea. Sotto: semi di fagiolo. Ci vuole una temperatura superiore a 20 °C per la germinazione, che avviene entro i primi 3-5 anni di conservazione. Per questo motivo è saggio scrivere sempre sulla confezione la data di raccolta.

Dentro ad un seme c’è tutto ciò che serve per creare una nuova pianta. Ma la natura ha posto dei “paletti”. Se infatti una nuova piantina nascesse in un periodo di gelo, quasi sicuramente finirebbe per soccombere, e così in un periodo di siccità o di grandi piogge. Sicché quasi per ogni specie c’è un momento ideale, e questo dipende dalla temperatura e dall’umidità del luogo in cui si fa la semina. Se la questione dell’umidità è chiara (come fa un seme a gonfiarsi e ad aprirsi se non c’è acqua?), meno chiaro è il motivo per cui ogni specie ha una sua temperatura ideale per avviare la germinazione. Per far nascere bene e velocemente una piantina di anguria è perfetta una temperatura di 35 °C, ce ne vogliono oltre 20 per far nascere un fagiolo, ne bastano meno di 15 per un pisello.


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Tradescantia andersoniana ‘Sweet Kate’. Essendo una varietà, per conservare il colore dei fiori e il biondo delle foglie va riprodotta esclusivamente per talea. Ma la specie nasce solo se seminata nei mesi tra marzo e settembre.

Piccolo trucco

Un’epoca per nascere Si dice che in primavera nasce di tutto ed è quasi vero. Dopo il periodo di quiete invernale in cui si dice che i semi sono in dorminenza, da fine febbraio a tutto maggio la temperatura sale di giorno in giorno e, con la complicità delle piogge, attiva i semi che hanno diverse esigenze di calore. Non si conosce ancora bene un altro fattore, secondo il quale ci sono comunque periodi dell’anno più o meno favorevoli alla nascita dei semi. Per esempio, alle nostre latitudini la digitale ha una germinazione eccellente da marzo a maggio e poi di nuovo in agosto e settembre, tuttavia se si offrono ai suoi semi le condizioni giuste, questi possono nascere in qualsiasi mese dell’anno. Al contrario la zinnia nasce bene da marzo a maggio, con un po’ di riluttanza nasce anche in giugno, ma in tutti gli altri mesi dell’anno non nasce affatto. E così un altro bel fiore per i giardini, Tradescantia andersoniana. Non si sa perché nasca bene da marzo a settembre, e non nasca affatto negli altri mesi, per quanto sia sufficiente, per la germinazione dei suoi semi, una temperatura bassa, cioè di soli 5 °C.

Se seminate negli alveoli di plastica, spesso avete difficoltà a estrarre il pane di terra e radici per procedere al trapianto. Se invece mettete un pezzetto di nastro sintetico (del tipo da confezione regalo) all’interno di ogni alveolo prima di versare la terra e seminare, al momento opportuno non dovrete fare altro che sollevare i lembi del nastro e l’intera zolla di terra uscirà subito.


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Nascerà una pianta? Come si fa a sapere se il seme è ancora vitale? Un trucco semplice insegna, appena prima della semina o usando un pizzico di semi come campionatura, a versarli in un bicchiere di acqua. Entro qualche ora al massimo i semi vitali andranno a fondo, quelli che non lo sono più galleggeranno perché non contengono più niente al loro interno.

La vernalizzazione Numerose piante che in natura abbandonano i loro semi sul terreno prima del gelo hanno preso le dovute precauzioni. Infatti germinano solo dopo il gelo e solo se lo hanno subito. Così il giardiniere sa che per far nascere le piantine dai semi di rosa, come di tutti gli arbusti da bacca e di alberi come il tasso e la quercia, deve procedere con un trucco che si chiama vernalizzazione. In gennaio si prendono i semi, si lavano in un bicchiere di acqua che contiene un cucchiaino di candeggina (così non si presentano muffe pericolose) e si ripongono in un sacchetto da freezer che contiene due pugni di sabbia fine umida. Il sacchetto, ben chiuso, va poi dimenticato nel ripiano basso del frigorifero per uno o più mesi. Una volta tirati fuori dal frigorifero e seminati in un vaso o una seminiera a temperatura ambiente, in un attimo una dopo l’altra nascono molte piante.

La durata dei semi

I semi della zucca ‘Queensland Blue’, piuttosto grossi, rimangono vitali alcuni anni (massimo 8). In alto. i frutti di Rosa moyesii ‘Geranium’. I semi all’interno danno vita a nuove piante dopo un periodo di freddo.

Per quanto tempo si possono conservare i semi con la sicurezza che daranno nuove piante? Tutto dipende dal tipo di seme e dalla quantità di acqua che contiene. Alcuni hanno un tegumento (cioè il rivestimento) durissimo, dunque gli scambi con l’esterno sono minimi e il seme rimarrà vitale parecchi anni. Così in genere per i semi voluminosi, perché hanno al loro interno sostanze di riserva sufficienti per sopravvivere anni. Le piante con semi finissimi, come sono quelli di aquilegia, digitale, papavero, al contrario si conservano poco, al massimo tre anni.


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• La conservazione dei semi Se raccogliete i semi con la previsione di usarli per ottenere nuove piante, abbiate cura del vostro bottino. Prima di tutto selezionate i migliori e scartate subito quelli più piccoli, privi della colorazione tipica (vuol dire che non sono maturi) o che sono maturati su piante malate o in un periodo di forti piogge. Prima di riporli in sacchetti di carta, badate che siano perfettamente disidratati. Versateli in una scatoletta di cartone che poi esporrete al sole o appoggerete su un termosifone caldo per un paio di giorni, agitando di tanto in tanto per mescolare il contenuto. Il cartone assorbe l’umidità in eccesso e i semi in breve saranno pronti per essere ritirati in attesa dell’uso. I semi più preziosi e più facilmente deteriorabili trovano accoglienza in frigorifero, chiusi in una bustina di carta, poi in una scatola con coperchio stagno insieme ad una bustina di silica gel (la recuperate dall’imballaggio di un’attrezzatura elettronica).

Il gelo come antiparassitario Tutti i semi sono ricercati da insetti parassiti, alcuni semi più di altri, come nel caso dei piselli che sono il cibo esclusivo del tonchio. Le larve di questo coleottero si nutrono della polpa dei semi di pisello, talvolta lasciando integro l’involucro, se non fosse che un forellino circolare dichiara la presenza di un inquilino. Problemi simili hanno tutti i legumi. Una volta all’anno (ogni 6 mesi per i semi più a rischio) conviene far passare al vostro bottino, ben chiuso in una confezione stagna, 24 ore nel congelatore. Eventuali uova e larve di parassiti moriranno ma i semi, privi di acqua al loro interno, no.

• Altri modi per moltiplicare le piante I vegetali possono nascere dai semi o “rinascere” da un pezzetto di una pianta che, proprio per il ruolo che ha, viene chiamata pianta madre. Questo metodo di riproduzione pren-

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Fare talee in 4 mosse 1. Prelevate la talea con le forbici all’apice di un ramo

2. Togliete tutte le foglie, lasciando solo quelle alla sommità.

3. Immergete la base nell’apposita polvere radicante.

4. Interrate la base della talea in un vasetto di torba e sabbia in parti uguali.


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Magie della propaggine in trincea Volete fare un esperimento che racconta la capacità delle piante di rigenerarsi? Prendete un alberello nato da solo in giardino da un paio di anni, per esempio un melo nato da seme. In autunno, quando è privo di foglie e la linfa non circola, piegatelo verso il suolo e copritelo di terra, lasciando fuori solo i rami laterali. Probabilmente dovrete fissare il cumulo di terra con grosse forcine di filo di ferro piegato a U, altrimenti in primavera la pianta tenderà a sollevarsi in ossequio ad un fenomeno del regno vegetale che si chiama geotropismo positivo. Ovvero: le radici tendono sempre verso il basso e la vegetazione mira sempre verso il cielo. Se fissato in quella posizione, il giovane tronco non potrà sollevarsi, ma lo faranno invece i suoi rami che, per quanto sembri incredibile, si ergeranno verticali ed emetteranno radici, diventando tante nuove piante da una sola.

I gerani si moltiplicano facilmente da talea. Basta prelevare un ramo privo di fiori.

de il nome di “riproduzione vegetativa” e se siete giardinieri furbi imparate a farne tesoro. Infatti in questo modo potete piantare un intero giardino senza alcun costo. Potete moltiplicare le piante partendo da una talea (in genere interrando l’apice tenero di un rametto che non porta fiori) oppure per propaggine, obbligando a fare radici al ramo di un arbusto, opportunamente piegato a terra e ancora collegato alla pianta-madre. Un’altra forma di riproduzione vegetativa è la margotta. Consiste nel legare, in una sorta di sacchetto, un po’ di torba o un’altra sostanza organica umida attorno al fusto non legnoso di una pianta (spesso da appartamento) perché in quel punto si formino radici. Ci vorranno mesi o forse un anno, ma alla fine vi basterà tagliare al disotto della margotta e ripiantare la porzione di pianta con le radici per avere pronto un nuovo esemplare. In sintesi, se una pianta


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vi piace tanto potete chiedere al proprietario di darvi una talea (geranio, impatiens, lobelia, ortensia ecc.), oppure di farvi pazientemente una propaggine (quasi tutti gli arbusti e rampicanti come la vite vergine) o, se è davvero un amico, di sacrificare una parte di una sua pianta (ficus, filodendro, olivo, melograno, azalea, camelia ecc) facendo per voi una margotta.

• Due o tre cose da sapere delle foglie,

dei fiori e dei frutti

Le foglie sono la fabbrica della fotosintesi. Ovvero: catturano la luce del sole e la trasformano in zuccheri. Un bravo giardiniere sa che lo zucchero è energia: serve a lui per agire, come alle sue piante per crescere, fiorire e fruttificare. E anche per accumulare riserve per i momenti grami. Infatti i bulbi, i rizomi e gli altri organi sotterranei ingrossati non sono altro che la dispensa dove alcune piante accumulano energia. E questo insegna a non togliere le foglie dei tuli-

I tulipani ‘Apricot Impression’ rifioriscono molti anni se i bulbi possono accumulare sostanze di riserva dopo la fioritura. A sinistra: un banco di vendita di bulbi: ognuno è una pianta.


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I “fiori” (amenti) del nocciolo e, sotto, i fiori insignificanti dell’ortica. Entrambi sono fortemente allergenici.

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pani, dei narcisi, dei gladioli, delle dalie e di tutte le altre bulbose prima che siano seccate. Sennò le foglie non fanno la fotosintesi e poi non immagazzinano quel che serve per fiorire anche gli anni seguenti.

• Certe foglie hanno paura di bagnarsi Attenti quando annaffiate le piante del giardino e dell’orto. Alcune di loro non sono affatto contente di bagnarsi l’abito, ovvero la vegetazione. Le foglie delle rose sono particolarmente schizzinose: se per caso ci sono circa 20 gradi di temperatura e voi per far presto avete bagnato dall’alto, potete stare certi che i vostri rosai mostreranno quasi immediatamente il disappunto macchiandosi di bruno. Infatti l’umidità richiama sulle foglie di rosa, più che su qualsiasi altro arbusto da giardino, ogni genere di funghi microscopici: ticchiolatura, macchia nera e quant’altro. Nell’orto le foglie più capricciose sono quelle dei pomodori, degli zucchini, delle bietole e delle cicorie: una goccia d’acqua, e si offendono al punto da negarvi il raccolto. In sintesi: annaffiate sempre per scorrimento, cioè facendo correre l’acqua sul terreno o sulla terra dei vasi, e non dovrete imparare a vostre spese quali foglie non sono affatto contente di bagnarsi.

• I pollini allergenici I fiori sono gli organi sessuali delle piante e, per essere fecondati, hanno bisogno del vento oppure degli insetti cosiddetti pronubi. Quelli che si avvalgono della collaborazione del vento in genere sono penduli così, dondolando al minimo soffio d’aria, disperdono una quantità enorme di polline. È il caso di alberi come il nocciolo e la betulla, e infatti se soffrite di allergie da polline è meglio che non li piantiate o, nei giorni di fine inverno in cui sbocciano, rimaniate chiusi in casa. Sono allergenici purtroppo anche l’olivo, il cipresso e molte altre conifere, il faggio, la quercia... Come se non bastasse


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c’è una quantità incredibile di erbacce che creano problemi ai giardinieri sensibili alle allergie da polline, dalla parietaria all’ortica, dall’artemisia al chenopodio e all’amaranto. E insomma, questo discorso serva per dire che le erbacce vanno tolte non appena si formano, non quando ormai sono fiorite e magari sono anche andate a seme, perpetuando così più di un problema.

• Le mele e il loro gas Quando sono mature, le mele secernono in grande quantità un gas che si chiama etilene, elaborato a partire da un ormone che nel regno vegetale garantisce la schiusura delle gemme, la maturazione dei frutti, il rinnovo dei rami e così via. Ma anche senza essere giardinieri che se ne intendono di fisiologia vegetale, è bene sapere che questo gas delle mele è utile a far maturare altri frutti. Per esempio, vale la pena raccogliere i kiwi ancora duri come sassi (operazione da farsi tra metà ottobre e inizio novembre) in modo da farli maturare pochi alla volta in mezzo alle mele. Il raccolto sarà così disponibile sino a fine inverno. Per contro, mai mettere le mele a contatto con piante a riposo (l’etilene ne attiverebbe la schiusura anticipata delle gemme, ed è il caso anche delle patate immagazzinate in cantina accanto alle mele), né unirle agli altri frutti nel portafrutta. Banane e pere, per esempio, sarebbero indotte presto a marcire. Anche l’uva, che invece ci guadagna a rimanere appesa alla pianta sino ai primi geli. Se si tratta di una varietà con buccia spessa, infatti, gli acini appassiscono un poco ma i grappoli rimangono dolci e buoni sino a Natale.

Uva bianca all’ultimo sole d’autunno: appesa in cantina si conserverà ancora per settimane. Sotto: una dozzina di mele di altrettante varietà “antiche”. Un bel bottino d’autunno, a patto che siano immagazzinate separate.


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