N. 257 ANNO XXVI
Maggio 2017
Dossier
Speciale
L’alfabeto dei dolori
Come mettersi in forma per l’estate con ginnastica e camminate
Alimentazione La dieta del digiuno
Sommario
Anno XXVI n. 257 Maggio 2017
Direttore responsabile Claudio Sampaolo Coordinamento editoriale Roberta Stagno Grafica e impaginazione Enrico Marinelli email: info@studiorocchetti.com Redazione Studio Rocchetti Comunicazione Strada Lacugnano Giardino, 3 06132 Perugia e mail: redazione@studiorocchetti.com Tel. 075 5170247 Fax 075 5171430 Marketing e pubblicità Francesca Capalbo Tel. 06 41481370 Fax 06 41481383 Gabriele Iannella Tel. 06 41481292 email: optima@comifar.it Collaboratori Francesca Aquino, Chiara Baldetti, Benedetta Ceccarini, Stefano Ciani, Pompeo D’Ambrosio, Melissa Finali, Francesco Fioroni, Andrea Giordano, Maria Mazzoli, Roberto Moraldi, Simona Peretti, Maria Pia Pezzali, Giuseppe Rinonapoli, Rolando Rossi, Gelsomina Sampaolo, Filippo Tini Consulente scientifico Dottor Pompeo D’Ambrosio Fotografie IPA Indipendent Photo Agency Fotolia - iStock Illustrazioni Sabrina Ferrero Editore Comifar Distribuzione S.p.a. Via Fratelli Di Dio, 2 20026 Novate Milanese (MI) Registrazione del Tribunale di Milano n.727 del 04/12/2008 Fotolito e Stampa Charterhouse in collaborazione con Rotolito Lombarda S.p.A. Via Sondrio, 3 20096 - Seggiano di Pioltello (MI) Prezzo per copia € 1,00 Costi di abbonamento: copie 50 € 250,00 copie 100 € 365,00 copie 150 € 505,00 copie 200 € 655,00 copie 300 € 950,00 copie 500 € 1.545,00 Rivista ceduta esclusivamente in abbonamento attraverso il canale Farmacia Info e abbonamenti: www.optimasalute.it
omaggio del tuo farmacista
Post-it
Rubriche
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Attualità in Farmacia La hit parade delle novità Post-it Pro-memoria della salute
di Francesca Aquino
Hobby House Cinema, musica e libri di Gelsomina Sampaolo
Ultima pagina Oroscopo, ricette, appuntamenti, curiosità
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Sommario
Anno XXVI n. 257 Maggio 2017
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Dossier
L’alfabeto dei dolori e degli infortuni Perché quando corriamo ci fa male il fegato? E i tendini? E le ginocchia? E come spuntano le vesciche? E la fitta al petto costituisce sempre un allarme? Ecco una guida ragionata sui principali malanni di chi fa attività sportiva a cura di Pompeo D’Ambrosio
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Scleroterapia: addio vene varicose Una efficace soluzione per la salute e la bellezza degli arti inferiori di Maria Mazzoli
La dieta del digiuno Un regime alimentare importante, ma va seguito sotto stretto controllo medico di Melissa Finali
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L’importanza dell’acido folico Una vitamina fondamentale per le donne in età fertile e per il neonato di Chiara Baldetti
Sos mal di schiena Come evitarlo e curarlo, con attività fisica, precauzioni e terapie mediche di Filippo Tini
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Come mi trucco? Naturale e luminoso le parole d’ordine per il make-up di questa stagione
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Meditazione veloce e casalinga Un metodo facile e semplice per staccare la spina e rigenerare la psiche
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Quel gran genio del mio cane Le razze più intelligenti e... quelle meno. Scuole e app per testarle
di Gelsomina Sampaolo
di Francesca Aquino
di Chiara Baldetti
Attualità in Farmacia
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Le novità e i prodotti in vendita in Farmacia
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Post-it salute
di Francesca Aquino
Prugne e frutti di bosco vs asma
La cianidina, una molecola presente sulla pelle della prugna e nei frutti di bosco, potrebbe aiutare nella lotta alla psoriasi e all’asma, anche la forma grave e resistente ai farmaci oggi disponibili. Lo afferma una ricerca pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, che ha dimostrato l’azione antinfiammatoria senza precedenti di questa sostanza in casi di psoriasi e asma grave non curabile con i farmaci glucocorticosteroidi. Per ora l’effetto è stato provato su cavie e sono necessarie ulteriori sperimentazioni per creare un farmaco del tutto naturale.
Il bebè tiene più sveglia la mamma
Forse non era necessaria una nuova ricerca per confermare una notizia già nota a tutte le mamme: la privazione del sonno quando arriva un neonato è maggiore per le donne. Kelly Sullivan, ricercatrice della Georgia Southern University, ha esaminato con il suo team oltre 5.000 persone ed ha stabilito che mediamente un bambino aumenta di quasi il 50 per cento le probabilità di sonno insufficiente per la mamma. Tra le donne sotto i 45 anni, il 48 per cento delle mamme dormiva almeno sette ore di sonno, rispetto al 62 per cento di quelle senza figli. Questa privazione di sonno potrebbe causare ricadute sulla salute generale e “la possibilità che ne possano risentire il cuore, la mente e il peso”, sottolinea l’autrice dello studio.
Depressione: allarme OMS
I casi di depressione sono in continuo aumento in tutto il mondo, con una crescita di quasi il 20% in dieci anni secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ne soffrono ben 322 milioni di persone, pari al 4,4% della popolazione mondiale, con un’incidenza più elevata tra le donne (5,1%) rispetto agli uomini (3,6%). Nonostante l’aumento esponenziale dei casi, solo la metà di chi ne è colpito ha accesso a cure e trattamenti adeguati, proporzione che cala al 10% in alcuni paesi particolarmente poveri. Di qui lo slogan “Depressione, parliamone” (Depression: Let’s talk) scelto dall’Oms per celebrare la Giornata mondiale della Salute 2017.
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Post-it salute
Dieta mima-digiuno contro il diabete
Una particolare dieta detta ‘mima-digiuno’ potrebbe essere una valida arma per sconfiggere il diabete. Questo regime alimentare ristretto, secondo uno studio italiano condotto nel laboratorio del biologo Valter Longo (ideatore della dieta), è risultato capace di riprogrammare cellule adulte del pancreas e ripristinare la funzione dell’organo, ovvero la produzione dell’ormone insulina per regolare la quantità di zucchero nel sangue. La nuova ricerca è stata pubblicata sulla rivista Cell e mostra le potenzialità della dieta di Longo sia sul diabete giovanile (di tipo 1) sia per il diabete più diffuso, legato anche all’obesità (di tipo 2 o insulino-resistente).
Donne, sempre più longeve
Nei prossimi 13 anni vivremo sempre più a lungo: nei 35 paesi industrializzati l’aspettativa di vita aumenterà almeno del 65% per le donne e dell’85% per gli uomini. La stima viene dai ricercatori dell’Imperial College di Londra e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in uno studio pubblicato sulla rivista Lancet. Le più longeve saranno le signore della Corea del Sud, prime al mondo a superare nel 2030 la barriera dei 90 anni come aspettativa di vita media, seguite da quelle di Francia, Spagna e Giappone. Migliorano comunque le prospettive anche per gli uomini, tanto che il vantaggio delle donne dovrebbe ridursi entro il 2030.
Discorsi prolissi? Possibile sintomo di Alzheimer
Discorsi prolissi e contorti, un po’ ripetitivi, possono essere un segnale del morbo di Alzheimer secondo alcuni ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston che stanno prendendo in esame scritti e discorsi di grandi autori e politici, come Iris Murdoch, Agatha Christie e Ronald Reagan. A tutti fu diagnosticata questa malattia degenerativa e in tutte le loro opere è evidente un calo del lessico, un vocabolario sempre più ristretto ed un aumento di ripetizioni e vocaboli generici. La Dott.ssa Sherman, alla guida del gruppo di ricerca, ha affermato che tra cinque anni potrebbe essere disponibile un test psicologico di valutazione del linguaggio che aiuti a diagnosticare precocemente l’Alzheimer.
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Post-it salute
Isolamento da social
Il tempo trascorso sui social network può triplicare la sensazione di essere socialmente isolati. Sembra un paradosso, ma lo afferma una ricerca pubblicata sull’American Journal of Preventive Medicine dai ricercatori dell’Università di Pittsburgh in Pennsylvania. Chi usava per più di due ore al giorno piattaforme come Facebook, YouTube, Twitter, Instagram, Snapchat, Pinterest e LinkedIn era due volte più propenso a sentirsi socialmente isolato rispetto a chi li utilizzava per meno di mezz’ora al giorno.
L’emozione del gesso sulla lavagna
Avete presente la brutta sensazione che si prova quando si passano le unghie o il gesso sulla lavagna o quando il coltello “graffia” il piatto? Ora ha un nome: “grima”. Si tratta dell’appellativo spagnolo (“ribrezzo” in italiano) studiato dagli esperti delle Università di Madrid e Konstanz nella ricerca pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology. Gli esperti hanno analizzato gli effetti indotti sull’organismo da questi suoni sgradevoli ed è emerso che le sensazioni provocate sono diverse e distinguibili dal disgusto perché possono essere anche controllate e in parte frenate. L’emozione “grima” è dovuta al fatto che lo stimolo sonoro scatenante è composto da frequenze acustiche particolarmente irritanti per l’udito umano. Si tratta di una condizione ancestrale, concludono gli autori del lavoro.
Gruppo sanguigno e problemi sessuali
Negli uomini la disfunzione erettile potrebbe dipendere anche dal gruppo sanguigno. Secondo quanto affermato da uno studio turco della Ordu University, i più fortunati sono quelli che appartengono al gruppo 0 (16%), mentre quelli che hanno maggiori rischi al gruppo A, B, oppure AB (42%). Gli studiosi hanno preso in esame 350 persone intorno ai 60 anni di età che si erano rivolte alla clinica di urologia in tre anni (aprile 2012-2015).
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SOS mal di schiena Colpisce ogni anno 4 milioni di italiani: come evitarlo e curarlo, con attività fisica, precauzioni e terapie mediche. E il movimento è sempre preferibile al riposo assoluto di Filippo Tini
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Per capire come mai, prima o poi,
tutti nel corso della vita denunciamo il cosiddetto “mal di schiena” (tecnicamente lombalgia), una patologia che affligge circa 4 mi-
lioni di italiani ogni anno, bisogna parlare un po’ di anatomia e, se vogliamo, di evoluzione della specie… La colpa, se di colpa si tratta, de-
riva dal fatto che noi siamo dei bipedi e dunque, al contrario di cavalli, elefanti, cani, ghepardi e mucche stiamo sempre in posizione eretta, in permanente equi-
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librio sui due piedi. Viviamo, cioè, in posizione verticale. Di conseguenza, anche la colonna vertebrale è posizionata in maniera differente e subisce sollecitazioni diverse nei due casi. Gli animali, al momento, non hanno il dono della parola, ma anche fosse, non lamenterebbero il “mal di schiena”. Al contrario, la nostra postura completamente differente ci costringe a ripartire il peso del corpo su una superficie di appoggio ristretta, perciò con un carico molto maggiore per ogni centimetro quadrato, il che rappresenta la più importante causa della lombalgia, un disturbo così comune da essere considerata “malattia sociale”, cioè una delle cause più comuni di assenza dal lavoro in tutto il mondo, con costi molto alti per la collettività. Spiega il dottor Pompeo D’Ambrosio, medico sportivo e cardiologo, consulente scientifico di Optima Salute: “La colonna vertebrale, che è una struttura armonica costituita da 33 elementi perfettamente integrati tra di loro
(almeno fino al momento in cui non cominciano i guai), è estremamente flessibile, flessuosa direi, e si adatta in modo egregio a tutte le sollecitazioni esterne: ha infatti la funzione, oltre che di sostenere la parte superiore del corpo, di ammortizzazione ed equilibrio. In poche parole: tra i corpi vertebrali delle vertebre c’è un disco cartilagineo fatto da una specie di gelatina rinforzata all’esterno; se il sostegno esterno si indebolisce, il disco tende ad espandersi, da una forma minima (protrusione), fino a una vera e propria fuoriuscita (ernia). In questo caso, se la sporgenza è posteriore, c’è la possibilità di compressione delle radici nervose (che fuoriescono proprio lì), responsabili del movimento e della sensibilità di quelle zone del corpo che vengono da queste innervate. Ciò causa irritazione e sofferenza delle radici nervose, con una sintomatologia periferica diversa a seconda del livello a cui avviene la compressione. Si può però soffrire di “mal di schiena”
con un rachide privo di patologie, come pure godere di buona salute anche in presenza di protrusione o ernia del disco. La colonna vertebrale è a sua volta protetta da una corazza muscolare, il cui caposaldo è rappresentato dal gruppo addominale, paravertebrale e dorsolombare; avere una muscolatura tonica e trofica è dunque garanzia di buona tenuta della colonna”. Prima di addentrarci tra le possibili cause di questa patologia è bene anche distinguere fra lombalgia e lombosciatalgia o lombocruralgia (queste ultime vengono comunemente dette “sciatiche”). Nella lombosciatalgia e nella lombocruralgia il dolore lombare, al contrario della “semplice” lombalgia, è irradiato ad un arto inferiore. Anzi, prevale il dolore alla coscia e alla gamba sul dolore alla schiena. Tale dolore irradiato è conseguente ad una compressione di una radice o più radici nervose a livello della colonna vertebrale (per esempio nell’ernia del disco o nella stenosi del canale lombare).
Cause e terapie personalizzate Ma perché si ha il mal di schiena? Come accennato all’inizio, stare a lungo in piedi da fermo costringe la muscolatura del tronco a un lavoro eccessivo, che con il tempo comporta una contrattura di difesa, così chiamata perché l’organismo cerca di evitare posture scorrette e in questo modo “mette a riposo” la colonna. Nel 90% dei casi il mal di schiena è di natura meccanica, legato cioè a delle sollecitazioni eccessive, di tipo compressivo, distorsivo rotatorio: quando queste forze, in modo acuto o cronicamente,
superano il livello di sopportazione della complessa struttura muscolo-osseo-legamentosa, compare, subdola o francamente manifesta, la sintomatologia dolorosa accompagnata da impotenza funzionale (cioè l’incapacità di svolgere le più comuni attività, come stare in piedi, camminare e via dicendo). In fase acuta, quando cioè si è rimasti bloccati con il classico “colpo della strega”, la terapia migliore è il riposo assoluto a letto per 24-36 ore; in questa posizione la muscolatura si allenta e il dolore scompare progressi-
vamente. Contestualmente si può applicare una fascia che trasmette calore, favorendo il rilassamento dei muscoli contratti. Per chi soffre di lombalgia perennemente o a periodi molto lunghi e frequenti, la terapia farmacologica si basa essenzialmente su antinfiammatori, miorilassanti e antidolorifici; importante è che questi soggetti conoscano anche quale deve essere il comportamento più corretto per salvaguardare la propria schiena e per non provocare un aumento della sintomatologia dolorosa.
Riposo assoluto o movimento? Le domande più frequenti che si sente rivolgere l’ortopedico sono sempre sostanzialmente le stesse: occorre stare a letto? Bisogna mettersi a riposo? Quali sforzi fare e quali evitare? Il movimento è libero o vanno prese precise precauzioni? E il materasso, va cambiato? Apriamo una parentesi subito su quest’ultima domanda. Un materasso consigliabile per tutti non esiste, non si può dire che quelli di lattice o ad acqua o a molle o ortopedici siano migliori di altri. Verosimilmente, ognuno deve scegliersi il materasso a lui più consono, anche in base alla posizione assunta (per esempio, nella norma, chi dorme in posizione prona, cioè a pancia sotto, tollera di meno i materassi rigidi) e in linea generale occorre scegliere prodotti di qualità. Passando al rapporto tra attività fisica e riposo, diremo che la stasi completa non sempre è risolutiva. Anzi, passata la fase acuta immediata, si è dimostrato che un lavoro muscola-
re, che consente di mantenere un buon tono-trofismo, è molto più salutare della prosecuzione del riposo. Esistono delle dimostrazioni scientifiche secondo le quali, in caso di lombalgia acuta, stare in completo riposo (per esempio a letto), non facilita il miglioramento. Tutt’altro. Studi recenti hanno dimostrato che l’esercizio fisico risulta essere significativamente più efficace nel migliorare la sintomatologia dolorosa. Ma qual è o quali sono gli esercizi più indicati? Innanzitutto l’attività fisica concessa è strettamente dipendente dalla causa del dolore e dalla intensità di questo. I movimenti, anche quelli banali della vita di tutti i giorni, devono essere controllati dal paziente. È ovvio che, nell’atto di raccogliere un oggetto per terra è consigliabile che chi soffre di mal di schiena si fletta sulle ginocchia e non sul tronco, o che sollevare oggetti pesanti è controindicato. Per quanto riguarda lo sport, si
consigliano il nuoto (stile dorso), le passeggiate, le pedalate in bicicletta, tutte attività che favoriscono una rapida guarigione, ancora più veloce se abbinata ad esercizi di potenziamento della muscolatura addominale e di allungamento di quella paravertebrale. In bicicletta, però, occorre far attenzione alla giusta altezza della sella, sia che si pedali all’aperto che durante sedute di spinning: troppo bassa, sottopone il tendine quadricipitale e la rotula a una sorta di conflitto; se è invece troppo alta, costringe le anche a un movimento altalenante che si ripercuote negativamente sulla colonna. Altre soluzioni efficaci, sempre da valutare volta per volta col vostro medico di fiducia vanno dagli impacchi, caldi e freddi, alle terapie mediche che riducendo l’infiammazione attenuano il senso del dolore, ad esercizi mirati, affidandovi alle mani esperte di fisioterapisti, osteopati e chiropratici.
Chirurgia e neurostimolazione E se tutta la vasta gamma di terapie e consigli non ottiene gli effetti desiderati? Esistono soluzioni di tipo chirurgico, adottabili in caso di dolore cronico, come l’intervento di neurostimolazione, che può essere indicato come alternativa più efficace e meno invasiva dell’intervento chirurgico stesso. “Si tratta - spiega il dottor Giancarlo Barolat, medico torinese che da 40 anni si occupa di alleviare il dolore non oncologico nei centri di Como e Denver - di piccoli elettrodi impiantati nella spina dorsale, attivati da un piccolo pacemaker impiantato sotto pelle. II segnale elettrico che raggiunge il midollo spinale cattura il segnale
di dolore riducendolo a un livello tollerabile. Visto che l’elettricità è il modo naturale di funzionamento del sistema nervoso, la neurostimolazione non ha effetti negativi a lungo termine. Gli elettrodi possono essere impiantati sia nella spina dorsale, sia lungo le piccole terminazioni nervose nella zona dorsale e lombare, di solito nello strato sottocutaneo. I pazienti hanno un telecomando esterno, attraverso cui possono controllare il funzionamento del device, accenderlo, spegnerlo o mandare un segnale più debole o più forte. La neurostimolazione può essere provata in modo temporaneo e il paziente può decidere, in base al
test, se proseguire o meno con l’impianto finale. Si può portare per decenni senza avere effetti collaterali. Nella mia esperienza, è efficace nel ridurre il mal di schiena e o delle gambe nel 70% dei pazienti impiantati. In molti casi è più efficace della chirurgia sulla spina dorsale. Importante è pero che sia eseguita da professionisti ben formati: nel mio centro a Denver arrivano pazienti da tutti gli Stati Uniti e quasi la metà ha un impianto di elettrostimolazione eseguito in modo non corretto”. Detto chiaramente, lo scopo della neurostimolazione non è di guarire il mal di schiena, ma di ridurre il dolore a livelli tollerabili. n
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Scleroterapia: addio vene varicose La bellezza degli arti inferiori passa per una soluzione sempre piĂš diffusa, che elimina gli antiestetici capillari a ragnatela viola-bluastri. Ottimi risultati in 5-10 sedute di Maria Mazzoli
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Caldo, sole, voglia di gonne e short leggeri, di mare e di abbronzatura: la stagione estiva scopre le gambe e le mette in mostra.
E ogni donna si ritrova ad osservare la propria pelle, millimetro per millimetro, sotto un fascio di luce diretta, cercando di stenderla con
le dita, dalla caviglia al polpaccio, fin sopra (e dietro) il ginocchio, compresa la coscia, punti critici su cui si focalizza l’occhio, da
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giugno a settembre: sempre gli stessi, quasi dei classici, in cui compaiono quelle odiose ragnatele viola-bluastre che ricordano tanto le gambe di una volta, quelle della nonna, che all’epoca non sapeva neppure dell’esistenza di una sorta di magica pozione per cancellarle: la scleroterapia. Una vera rivoluzione della bellezza, la soluzione sempre più diffusa per eliminare gli antiestetici capillari, tanto che è difficile oggigiorno trovare una donna, magari avanti con l’età, che giri a gambe nude, avendone anche solo uno in mostra. Del resto, purtroppo, sono ben visibili quando compaiono, tant’è che sono stati anche ideati specifici prodotti per il camouflage (una sorta di fondotinta per le gambe), utili a mascherare momentaneamente l’inestetismo, a rendere il colorito omogeneo, non a risolvere il problema. La loro genesi, infatti, è sinonimo di una fragilità capillare, di cattive abitudini (come sedentarietà, alcol e fumo eccessivi), di un disturbo ereditario, ma anche di una insufficienza venosa quando si dilatano in varici, che peggiorano in alcuni periodi della vita o in determinate condizioni, come durante la gravidanza, se si è in sovrappeso o quando si assumono alcuni farmaci o ormoni. Ma anche con l’avanzare dell’età: l’invecchiamento dell’organismo porta ad accentuare questa problematica, perché con gli anni i vasi sanguigni diventano più fragili e tendono a rompersi; la pelle, inoltre, tende ad assottigliarsi rendendo i capillari ben più visibili. La scleroterapia resta così la soluzione per cancellarli. Ma quanto c’è di vero in molte delle domande che ci si pongono frequentemente, relativamente alla possibile recidiva dopo il trattamento (se li trattiamo poi si moltiplicano, più si chiudono e più ritornano), alla proibizione di operarsi d’estate, per non dire delle ipotesi più bizzarre sulla sostanza che viene iniettata?
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Per fare chiarezza abbiamo girato dubbi e domande a chi tratta questa patologia da anni, come il dottor Francesco Ferrara, chirurgo generale e cardiovascolare, flebologo, scleroterapeuta. Dottore, spieghiamo cos’è la scleroterapia “È considerata una tecnica fondamentale nel trattamento radicale delle varici. Consiste nell’iniezione, per mezzo di siringa ed ago, del farmaco sclerosante (destinato a un’azione non generale, ma solo locale e privo di effetto su vene sane); immediatamente segue l’applicazione di bendaggio o calza elastica. Non è necessaria alcuna anestesia né locale né generale. Le infiammazioni e le cicatrizzazioni che ne conseguono, porteranno ad una riduzione del calibro delle vene o ad un loro raggrinzimento, ottenendo così una riduzione del reflusso.
Il dottor Ferrara spiega l’importanza di questa tecnica L’azione è paragonabile a quella compiuta dal falegname nell’uso della colla (il farmaco sclerosante iniettato), per attaccare due pezzi di legno (le pareti delle vene). Affinché la procedura abbia un duraturo successo, il buon falegname usa una morsa ben stretta (calza o benda elastica), da qui la necessità di associare una corretta terapia compressiva”. Cosa contiene la soluzione iniettata? Può provocare dolore? “No l’iniezione non ‘deve’ essere dolorosa, ma suscitare al massimo solo una modesta sensazione d’irritazione, compatibile con l’effetto della sostanza sclerosante. Essa, infatti, in forma liquida o
di schiuma che sia, è destinata ad un’infiammazione della vena, che normalmente è insensibile nel suo rivestimento interno alle varie concentrazioni adeguate alla loro efficacia”. Quando viene eseguita? “La scleroterapia ha dimostrato la sua efficacia nel tenere sotto controllo il complesso della varicosi come trattamento ambulatoriale delle varici di qualsiasi calibro, dalle safene alle varici capillari”. Quando è meglio sottoporsi al trattamento? È vero che non si fa d’estate? “Non esistono controindicazioni assolute in questo senso, è tuttavia opportuno considerare Paese per Paese le influenze climatiche: sia sull’abbigliamento, dovendo poi indossare fasce o calze, sia sulla reattività cutanea al sole. Un ciclo d’iniezioni sclerosanti provocherebbe disagio del paziente nei Paesi dell’area mediterranea, per il periodo che va da giugno a settembre”. Quali le controindicazioni? “Fatte salve quelle derivanti da valutazioni mediche specialistiche (allergia nota alle sostanze sclerosanti, malattie internistiche scompensate, importanti patologie circolatorie, ecc.), direi che le controindicazioni sono poche, salvo il fatto che potrebbe verificarsi un leggero fastidio nel camminare. Il gran privilegio della scleroterapia è di consentire, pur in corso di trattamento, il mantenimento delle proprie abitudini di vita, e lo svolgimento di qualsiasi delle comuni attività lavorative”. A chi affidarsi? “Come per tutte le specialità mediche è prudente rivolgersi a medici di consumata esperienza in questa pratica terapeutica. E come tutti i pazienti, anche chi è affetto da varici consulta internet per guardarsi intorno, informarsi e scegliere. A loro, come a tutti, io do un consiglio: non navigare nel web senza una bussola, oggi diremo senza guida satellitare, se
Dopo l’intervento calze elastiche e attività fisica
non vuoi naufragare. Tale guida è offerta dalle società scientifiche, associazioni mediche o chirurgiche dotate di una riconosciuta autorevolezza nelle specialità da esse rappresentate. Le più importanti sono raggiungibili con internet ed offrono una risposta alle più comuni domande ed esigenze dell’utente. La Società italiana di flebologia, SIF (www. societaitalianaflebologia.it), è tra queste. Io, che ne sono un esponente, posso testimoniare che la SIF, tra le diverse istituzioni, ha fornito prova dei maggiori sforzi compiuti fino ad oggi, nel mantenere elevato ed affidabile lo standard assistenziale in Flebologia, istituendo non solo scuole e corsi accademici di perfezionamento in questa moderna specialità, ma anche un registro dei Flebologi, ossia di tutti i medici che hanno dimostrato una specifica ed affidabile competenza sia in scleroterapia che in altri trattamenti delle malattie delle vene”.
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Dottore, ma se elimino una vena cosa accade alle altre? “In una gamba ci sono migliaia di vene che assicurano ritorno del sangue dal piede e dall’intero arto fino al cuore. Le varici o vene varicose hanno perso tale funzione, non solo, ma portano il sangue alla rovescia: dal cuore al piede (il reflusso di cui parlavo prima). Ciò affatica le vene sane che, nel farsi carico anche del lavoro non più sostenuto da quelle malate, alla lunga, anch’esse si dilateranno e diverranno varicose. Immaginate una grande barca con tanti rematori, le varici si comportano come dei marinai cattivi che remano contro, provocando l’affaticamento dei rematori buoni, i quali lentamente alla spicciolata, stanchi, si uniranno agli ammutinati… e la barca così sarà destinata a procedere alla rovescia. Sarà questo il caso più avanzato, in cui appariranno gonfiori delle caviglie, ulcere e tante altre complicazioni. Cosa fare? Gettare in
mare gli ammutinati, cioè queste vene malate! Ciò vale non solo a migliorare esteticamente e funzionalmente, ma rappresenta anche l’unico strumento capace di prevenire la trasformazione di vene sane in altrettante varici”. E se chiudo i capillari è vero che poi, intorno al punto trattato, se ne formano di più, secondo il cosiddetto fenomeno “matting”? “È ormai noto che anche i capillari non vanno trascurati perché talvolta da essi originano le varici di più grosse dimensioni. Infatti, questi “capillari” non sono altro che sottili vene varicose, collocate nella superficie della pelle, e che si chiamano teleangectasie. Essi altro non rappresentano (nel nostro esempio) che i primi marinai disobbedienti e sobillatori, un accorto comandante li punirebbe con severità per prevenire un pericoloso ammutinamento. La sclerosi competente e tempestiva delle teleangectasie non comporta alcuna sequela funzionale o estetica, compreso il matting, da considerarsi una complicanza rara (0,5% dei casi) della scleroterapia e non l’effetto imprevedibile ed inevitabile della sua regolare evoluzione”. E cosa diciamo a chi paventa il rischio della comparsa di emboli? “La scleroterapia ha più di un secolo, è comprensibile che si parli di sporadici eventi aneddotici, anzi mitologici, cioè da antichi racconti, se riferiti ad un tempo in cui tecniche mediche e chirurgiche erano gravate dalle più strane complicanze. Tuttavia, per corretta informazione, occorre precisare che l’embolia polmonare è un raro esito della malattia trombotica venosa. Questa può costituire una ancor più rara complicanza della malattia varicosa, quando si associa ad altre sofferenze importanti, ivi compresa la prolungata immobilità a letto. Ciò da un lato induce a considerare la cura delle varici, con iniezioni sclerosanti, una valida
prevenzione della malattia trombotica, dall’altro ci rende ragione di una sua possibile insorgenza come semplice concomitanza al trattamento sclerosante e non come conseguenza dello stesso. È per tale motivo che nei circa 40 anni della mia pratica scleroterapeutica non ho mai osservato alcun fenomeno trombotico o embolico, e che del resto sono presenti, nelle attuali casistiche scientifiche, con
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una frequenza inferiore ad uno su diecimila casi”. Quali possono essere gli effetti indesiderati, allora? “Le complicanze generali importanti, oltre a quella trombotica sopra esposta, sono comunque alquanto rare (insorgerebbero solo nello 0,2% delle sedute) e sono rappresentate dall’allergia al farmaco e dalle necrosi di aree più o meno estese di tessuto. Meno
rari, ma comunque poco frequenti (solo 1,6% dei casi trattati), sono i disturbi generali brevi, lievi e di spontanea risoluzione che possono insorgere dopo una seduta, a prescindere dall’abilità dell’operatore, quali cefalea, tosse, febbre o sfarfallii davanti agli occhi. Pur se ugualmente infrequenti (1% dei casi trattati) le complicanze locali sono per lo più legate al livello di esperienza tecnica e tutte di livello sostanzialmente estetico: aloni o macchie residue, reazioni infiammatorie nella sede d’iniezione e il già citato matting”. In media, quante sedute occorrono per trattare un intero arto? “Dipende da tre fattori: tecnica impiegata dal medico, il particolare assetto della varicosi, e l’estensione della stessa. In media si utilizzano sedute settimanali in numero variabile da 7 a 10. Molto dipende dalle tecniche adottate, come dicevo; io ad esempio cerco di contenere il trattamento in 5 sedute, opportunamente collocate in un ciclo di 21 giorni”. Restano lividi? “I lividi non rappresentano una complicanza. Essi spariscono in tempo più o meno breve, ma possono essere evitati usando aghi meno traumatici ed una compressione elastica più attenta”. Dopo il trattamento occorre eseguire una terapia orale? E quali sono le regole comportamentali? “Al di fuori del già citato uso di bende o calze elastiche, non ci sono precauzioni particolari da adottare dopo una seduta di scleroterapia, l’attività fisica è possibile ed anzi incoraggiata. Più interessante è sapere cosa fare prima della seduta: evitare di applicare pomate o lozioni sulla pelle, avvertire il medico della presenza di allergie, dell’uso di farmaci ormonali o anticoagulanti, anche se questi ultimi non costituiscono una controindicazione alla scleroterapia”. n
La dieta del digiuno Tutto sul regime alimentare lanciato dal best-seller del professor Longo, che ha anche molte controindicazioni. Fondamentale seguirlo sotto stretto controllo medico di Melissa Finali biologa, nutrizionista
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Digiuni, semi-digiuni, digiuni intermittenti, mima-digiuno, restrizioni caloriche. Se ne sentono tante su questo argomento, soprattutto negli ultimi tempi. Ma sono veramente utili per mantenere uno stato di salute adeguato? Vediamo insieme cosa c’è di vero e se possiamo seriamente trarre beneficio da queste pratiche che, va detto, si basano tutte su considerazioni che aprono ad un cam-
bio di prospettiva netto rispetto alle diete basate sulle calorie. Il “polverone” è stato alzato recentemente, quando anche in televisione si è cominciato a parlare dei risultati degli studi del Prof. Valter Longo e della sua dieta della longevità, la mima-digiuno, il che ha portato ad un vero e proprio fenomeno fanatico di persone che la volevano provare. Premettiamo subito che il protocollo della dieta mima-digiuno è
stato concepito per essere eseguito sotto stretto controllo medico e non è un vero e proprio digiuno, ma una restrizione calorica di cinque giorni (appunto un “digiuno mimato”), di cui circa 1000 kcal il primo giorno e circa 800 Kcal nei giorni successivi con proporzioni dei macronutrienti ben definite. Di conseguenza, si sconsiglia il fai da te, soprattutto se in stato di salute compromesso.
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Lo scopo: ridurre le proteine L’obiettivo principale è quello di attivare un processo di rigenerazione cellulare partendo da un’importante riduzione dell’apporto proteico, dato che le proteine sono il principale mediatore dell’ormone della crescita GH, pertanto più proteine si consumano, più ormone della crescita si produce; questo processo è necessario nelle fasi di sviluppo di un essere umano, ma diventa pericoloso in fase adulta, quando cioè si comincia ad invecchiare. Il GH è il precursore di IGF-1 e IGF-2, anch’essi fattori di crescita che però sono responsabili della divisione cellulare che va di pari passo con i processi d’invecchiamento e, di conseguenza, anche
con patologie cronico-degenerative e tumori. La più importante conseguenza di questa restrizione calorica è pertanto il ringiovanimento degli organi: rientra la resistenza all’insulina (principale causa del diabete) e si attiva la produzione interna di cellule staminali che resetta il sistema immunitario. Quindi lo scopo di questa dieta è quello di creare volontariamente un deficit di glucosio e proteine che costringe il corpo a generare energia alternativa, ovvero i corpi chetonici, partendo dalle nostre riserve di grasso. Inoltre, per gli amanti dello sport, sembra che la massa muscolare non venga minimamente intaccata e anzi
possa migliorare grazie ad una sintesi proteica molto più efficiente. D’altra parte non significa che se applichiamo la mima-digiuno per cinque giorni al mese oppure ogni tre mesi per poi avere abitudini alimentari sbagliate tutto il resto del tempo, siamo “salvi” da qualsiasi effetto avverso per la nostra salute. Chi pensa questo si sbaglia di grosso. Tutto ciò ha un senso se l’alimentazione quotidiana rispetta regole sane, non si tratta certo di una scorciatoia per il benessere. Quindi, fin qui, tutto ok. Se volete applicare una restrizione calorica di questo tipo aggiustate prima le vostre abitudini alimentari e poi fatevi seguire da un professionista.
Il “segreto” della dieta mediterranea La pratica del digiuno ha delle radici molto antiche: torniamo un po’ indietro e partiamo da Ancel Keys, inventore della dieta mediterranea. Durante un soggiorno in Italia lo scienziato partecipò al primo “Convegno sull’Alimentazione” che si tenne a Roma nei primi anni ‘50, dove rimase affascinato dal dato della bassa incidenza di patologie cardiovascolari e di disturbi gastrointestinali della regione Campania e dell’isola di Creta… se ci vedesse ora non ci crederebbe! Ad ogni modo, iniziò a studiare le abitudini alimentari di 7 paesi tra cui appunto Italia e Grecia ma anche Finlandia, Giappone, Olanda, Usa e Jugoslavia nel suo “Seven
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Countryes Study”. Dopo decenni di indagini giunse alla conclusione che l’alimentazione a base di pane, pasta, frutta, verdura, moltissimi legumi, olio extra-vergine di oliva, pesce e pochissima carne era la “responsabile” dello straordinario effetto benefico sulla popolazione locale, anche perché all’epoca i cibi di origine animale erano un lusso per pochi e non tutti potevano attingerne, non sapendo in realtà che non facevano altro che farsi del bene. Nel 2004 però lo stesso studio di Keys è stato oggetto di critiche da parte di un gruppo di ricercatori dell’università di Creta, oltre che da Joeffrey Cannon in un articolo chiamato “Out of the Chri-
stmas box” uscito nel 2004 su “Public Health Nutrition”. Queste critiche in particolare si riferiscono al fatto che Keys e colleghi non avrebbero preso in considerazione che, nelle popolazioni più virtuose dove fu eseguito lo studio, gli abitanti erano soliti praticare i precetti della chiesa ortodossa cristiana. La religione ortodossa, come tutte quelle cristiane, prevede periodi più o meno lunghi di digiuno durante l’anno, soprattutto nei giorni precedenti le feste liturgiche e in uno studio Katerina Sarri, appunto dell’Università di Creta, metteva a confronto i valori metabolici di chi seguiva un semi-digiuno e chi no, e i primi erano migliori.
Non è necessario mangiare tanto, ma bene, poco e giusto
L’esempio del professor Veronesi Va detto che il digiuno totale a soli liquidi non è un gioco, soprattutto quando si pratica per giorni interi: la dottoressa Catherine Kousmine, per esempio, consigliava di iniziare la dieta con un digiuno di sei giorni, accompagnato da enteroclismi quotidiani, in modo da svuotare completamente l’intestino e rinnovare la flora batterica ed anche stimolare l’organismo, depurandolo; un percorso del genere veniva consigliato sull’individuo con patologia (e cambiava ovviamente in base alla malattia stessa), sotto stretto controllo medico. Ma il digiuno deve essere seguito da una dieta rigorosa, altrimenti non ha alcun senso averlo fatto. Può essere eseguito a sola acqua ma anche con succhi ed estrat-
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ti di frutta e verdura, spremuti al momento e senza polpa. Più attuabile in autonomia è invece il digiuno totale di un giorno a settimana, per esempio, come faceva il Prof. Umberto Veronesi, che sosteneva, tra l’altro, che anche durante i giorni “normali” non fosse necessario mangiare tanto, ma mangiare bene, poco e giusto. E non finisce qui: nel calderone troviamo anche la pratica del digiuno intermittente o intermittent fasting (IF), che consiste nell’alternare momenti di alimentazione a momenti di restrizione calorica o digiuno. La versione più conosciuta ed anche più utilizzata dagli sportivi, consiste nel dividere la giornata in due momenti: una finestra di digiuno della durata di diverse ore dette di “fast” (di soli-
to almeno 16 ore) in cui non viene introdotto alcun cibo ad eccezione di acqua e qualche altra bevanda tipo tisane o tè chiaramente senza zucchero, mentre nelle ore rimanenti, dette di “fed”, ci si nutre normalmente, ovviamente in maniera sana. Quindi nella pratica le ore di “fed” potrebbero andare dal mattino alle 8.00 fino alle 16.00 del pomeriggio, consumando perciò colazione, merenda, pranzo e merenda pomeridiana, e in seguito passare al “fast” per le 16 ore successive saltando la cena e tornando a mangiare nella colazione del giorno dopo. Le modalità e la frequenza con la quale mettere in atto questa pratica vanno chiaramente concordate con un esperto del settore e mai in totale autonomia.
Dieta depurazione Giorno 1 Colazione 100g yogurt magro naturale + 1.5 cucchiai di semi di lino tritati + 2 frutti + 2 cucchiai di semi oleosi
Giorni 2-3-4-5 Colazione 100g yogurt magro naturale + 1 cucchiaio di semi di lino tritati + 2 frutti
Pranzo verdura cruda e cotta in quantità libere (no pomodori) 40g cereale integrale 20g legume (peso crudo) 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
Pranzo verdura cruda e cotta in quantità libere (no pomodori) 40g cereale integrale 1.5 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
Cena verdura cruda e cotta in quantità libere (no pomodori) 30g cereale integrale 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
Cena verdura cruda e cotta in quantità libere (no pomodori) 30g cereale integrale 1 cucchiai di olio extra vergine d’oliva.
Gli effetti su insulina e glucagone In conclusione, il digiuno o restrizione calorica, agisce su ormoni come l’insulina che tende a diminuire nei giorni di digiuno. In questa fase interviene anche un altro ormone che ha funzione praticamente opposta a quella dell’insulina, ovvero il glucagone, anch’esso prodotto nel pancreas. A differenza dell’insulina però la sua produzione aumenta durante i periodi di digiuno e diminuisce successivamente ad un pasto, ha quindi un effetto lipolitico in quanto quando il glucosio ematico tende a ridursi grazie al digiuno, il glucagone viene stimolato per alzare la glicemia e mantenere costanti i livelli di glucosio. Altri effetti positivi della restrizione calorica sono il miglioramento di vari parametri metabolici tra cui colesterolo LDL, PCR (Proteina C Reattiva), massa grassa e trigliceridi. Ma forme di digiuno molto intenso e totale possono prevedere effetti anche gravi, come perdita
di peso, massa muscolare, riduzione delle difese immunitarie e richiedono quindi un’attenta supervisione medica. In sostanza non è facile trovare un’indicazione univoca anche perché gli studi esistenti sono stati effettuati con protocolli differenti: periodi di dieta con giorni di restrizione, giorni di digiuno totale o parziale con giorni liberi, restrizione delle calorie con allenamento, digiuni di tempi più o meno lunghi fino ad arrivare addirittura a 6 mesi! Tutte queste pratiche hanno dimostrato dei vantaggi sia nella perdita di peso che nella composizione del peso stesso, che negli indicatori di prevenzione; entriamo in una fase in cui siamo efficienti consumando meno, in sostanza mettiamo i motori al minimo, attiviamo meccanismi di riparazione cellulare, ci difendiamo da alcune forme tumorali e aumentiamo le nostre difese
immunitarie. Nonostante questo, pensare che il digiuno sia la risoluzione a tutti i mali è un errore. Un digiuno eccessivo e mal valutato può portare al catabolismo dei muscoli, alla chetosi, a debolezza fino a stati depressivi e di apatia, per non parlare dell’aumento dell’acidità metabolica e la perdita di importanti proteine del sangue. Come abbiamo visto precedentemente, l’incoraggiamento risiede piuttosto nell’adottare dei protocolli di restrizione sotto controllo di professionisti, in modo da poter selezionare il metodo giusto in base al caso e di poter monitorare ed eventualmente modificare i parametri in base alle necessità, valutando la durata dell’intervento e la tipologia della persona, infatti in fase di sviluppo queste pratiche sono fortemente sconsigliate e anche negli anziani gli studi dimostrano che la restrizione può essere controproducente.
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Dieta mima-digiuno 1°
2°
giorno
giorno
Colazione:10g noci, 1 mela (150g), 1 pesca noce (150g), tisana.
Colazione: 150g di mela, 1 pesca noce (150g), 5g mandorle, tisana.
Spuntino: 2/3 prugne, 7 mandorle.
Spuntino: 200g di prugne (3/4).
Pranzo: 200g di carote crude, 100g di cavolo cappuccio crudo, 200g di zucchine (crude o cotte), 200g di bieta (pesata a crudo e consumata cotta), 20g di olive, 20g di olio di oliva extravergine spremuto a freddo.
Pranzo: 200 g di carote crude, 200 g di cavolo cappuccio crudo, 100 g di zucchine (pesate a crudo ma consumate anche cotte), 15 g di olio di oliva extravergine spremuto a freddo.
Spuntino: 5 mandorle, tisana.
Spuntino: tisana.
Cena: 200g di carote crude, 100g di cavolo cappuccio crudo, 20g di cipolla (cruda o cotta), 150g di cavolfiore (pesato a crudo e consumato cotto), 20g di olio di oliva EV spremuto a freddo.
Cena: 200g di carote crude, 100g di zucchine (pesate a crudo ma consumate anche cotte), 100g cipolla (cruda o cotta con zucchine), 15g olio di oliva EV spremuto a freddo.
1) Nel terzo giorno successivo al semi-digiuno reinserire gradualmente alimenti a contenuto di carboidrati e proteine: • A pranzo, oltre alle verdure sopra indicate, aggiungere anche 40g di cereali integrali a scelta e 20g di legumi, anche passati. • A cena, oltre alle verdure sopra indicate,
aggiungere 30g di cereali integrali a scelta. 2) Seguire fedelmente il piano senza interpretazioni personali. 3) È importante idratarsi molto, quindi le indicazioni dei liquidi del piano alimentare, sono anch’esse da seguire fedelmente. 4) Se in difficoltà contattate la vostra nutrizionista. n
Consigli
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utili
INSERTO MAGGIO 2017
In forma per l’estate È arrivato il momento di rimettersi in marcia verso un fisico più tonico e ritrovare il benessere psico-fisico generale, con camminate veloci e piccoli esercizi mirati e facili da fare. E nelle Farmacie Valore Salute consigli e prodotti per supportare l’attività fisica sana, finalizzata a stare bene a cura dei farmacisti Valore Salute
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Quando
le ore di luce a disposizione aumentano, cresce parallelamente il desiderio di stare fuori, non solo per respirare aria buona producendosi in una sana passeggiata nelle vie principali della città invece che nei gorghi di qualche centro commerciale, ma anche per dedicarsi all’attività sportiva preferita o iniziarne una nuova di sana pianta. In entrambi i casi ottime idee, ma la domanda che spesso ci facciamo è la seguente: siamo pronti per mettere le scarpette ai piedi e cominciare a camminare/correre/saltare? E se tutto questo sport facesse... male? Partiamo allora da un dato di fatto incontrovertibile: muoversi fa bene, camminare fa benissimo, l’attività fisica è considerata una valida alternativa low-cost per tornare in forma ma soprattutto per stare bene e prevenire tante patologie. Tutto ciò premesso, è chiaro che chi comincia una qualsivoglia attività e non è più un giovanotto, ha avuto (o ha) patologie più o meno serie, dovrebbe comunque sempre consultarsi con il proprio medico di base e poi, probabilmente, effettuare una visita medico-sportiva, ivi compresa una “prova da sforzo”, cioè un test per capire fino a che punto siamo pronti a partire e se esistono delle controindicazioni. La prova da sforzo è uno dei test più diffusi tra gli sportivi, sia agonisti che praticanti occasionalmente un’attività fisica: in questo modo si ha una più precisa valutazione delle proprie condizioni fisiche e di salute. Solitamente viene effettuata su un tapis roulant o su un cicloergometro, che ad intervalli prestabiliti aumentano la velocità e la pendenza (tappeto) oppure la resistenza che si oppone alla pedalata (bicicletta). Durante l’esecuzione del test viene misurata la pressione arteriosa ad intervalli regolari, e, tramite elettrodi adesivi applicati al torace, il soggetto viene monitorato con un elettrocardiografo, anche in fase di recupero, permettendo così al cardiologo una precisa valutazione dell’apparato cardiovascolare.
La strategia del camminatore provetto Camminare, camminare e ancora camminare. Ormai è diventata questa la parola d’ordine, quasi una specie di diktat per chi vuole stare meglio, cambiare stile di vita, magari anche dimagrire, certamente sfruttare il benefico influsso indotto dalla produzione di endorfine e serotonina. Le prime, come sappiamo, sono sostanze che provocano un innalzamento della soglia del dolore, riducono gli effetti negativi della tensione nervosa e migliorano il tono dell’umore. Quanto alla serotonina, è noto a tutti che si tratta dell’ormone che influenza il ritmo sonno-veglia ed è scientificamente provato che chi pratica un’attività fisica con regolarità, non soffre
certamente di insonnia. Ma quanto e quando dobbiamo camminare? Ci sono diversi sistemi, molte tabelle di allenamento da consultare (su Optima Salute ne sono state pubblicate numerose nei numeri passati) e naturalmente un buon medico sportivo da interpellare. Ma come primo approccio si può semplicemente cominciare a camminare, mettendo un piede davanti all’altro, senza cronometro al polso. Il compianto dottor Enrico Arcelli, preparatore atletico, scrittore, fondatore tra l’altro della Enervit, in un libro del 2012 (Voglio correre, Sperling & Kupfer), sosteneva, per esempio, che tutto di-
pende a partire da quale età si inizia a camminare come “terapia” e da quale storia sportiva si arriva. Se si parte da zero, per esempio, un ventenne per cominciare a creare modificazioni significative nell’organismo (i cosiddetti adattamenti) dovrebbe iniziare col camminare almeno per un’ora a settimana, distribuita su tutti i sette giorni. Chi ha 30 anni scende a 50 minuti e così via a scalare fino ai 20 minuti di sessantenni sedentari. La fase più importante è quella successiva, perché una volta presa confidenza col semplice gesto del camminare, anzi del rito quotidiano (mettere le scarpette, infilare la tuta, uscire...), l’obiettivo, per tutti, è arrivare a marciare a buon passo, senza andare in affanno, per un’ora e mezza/due ore a settimana. Naturalmente la camminata sportiva implica una regola chiara: si cammina di buona lena e possibilmente senza fermarsi. Le soste davanti alle vetrine
o, magari, al bar che si trova a metà strada, non solo non contano ma andrebbero evitate. Scegliete possibilmente percorsi in mezzo alla natura e, per una volta, scordatevi la lenta camminata dello shopping. È dannosa per la salute e per le tasche... A questo punto qualcuno si chiederà: che significa “camminare di buona lena”? Il consiglio, che vale per tutti e per sempre, è anzitutto quello di mettersi in marcia possibilmente assieme ad una o più persone e di misurare la velocità proprio in base a quanto e come riuscite a parlare senza fare fatica. Perciò: se parlando sentite affanno rallentate, se invece la cosa è naturale e non avvertite nessun disturbo, aumentate leggermente il ritmo. Le chiacchiere tra amici, mai come in questo caso saranno salutari. Insomma: cominciate a muovervi e considerate, come ulteriore stimolo, che camminando si consumano molte più calorie di quello che pensate.
Rinforziamo seno, glutei e gambe Fin qui abbiamo dato qualche input di carattere generale, ora passiamo ai... fatti, anche se saranno comunque movimenti facili da eseguire, per migliorare la tonicità di seno, glutei e gambe, abbinando anche alcune cure estetiche. Cominciamo dal seno, che come ben sappiamo è una delle zone più fragili e delicate del nostro corpo, essendo sostenuto solo da fibre muscolari e tessuto cutaneo. Perciò, l’abbinamento tra attività fisica e sapiente uso dei cosmetici può consentire di migliorare il trofismo e la tenuta delle fasce muscolari, rendendo tonica e compatta l’epidermide, che in questo caso svolge il doppio compito di contenitore e di sostegno. E poi migliorare anche l’aspetto estetico, che resta sempre saldamente al primo posto tra le preoccupazioni femminili. Dicevamo dell’esercizio fisico, sempre indicato come ottimo supporto per il seno, che non essendo dotato di muscoli propri sfrutta quelli che partono dalle ascelle ed arrivano trasversalmente al collo. Per ottenere una azione mirata a questo scopo, lo sport che più aiuta a rassodarlo è il nuoto, sia perché le bracciate esercitano proprio i muscoli di cui il seno si serve per stare su, sia perché il contatto con l’acqua fredda tonifica la pelle. Se siete frequentatrici di palestre, usate sempre un reggiseno che contenga senza costringere, sostenga e protegga da traumi e oscillazioni. Per le più attente e motivate di voi si può consigliare un semplicissimo esercizio, chiamato “lo schiaccianoci”, da sempre tra i movimenti più semplici ma anche più efficaci.
Si può eseguire in un momento qualsiasi della giornata e rafforza, senza troppa fatica, il pettorale: palmo contro palmo, inspirando, portate i gomiti in alto, unite e stringete le mani esercitando una forte pressione, proprio come se si dovesse schiacciare una noce. Reggete per almeno tre secondi poi rilassatevi espirando. Se ci riuscite ripetete 20 volte. Reparto cosmesi, ora, partendo da una considerazione di carattere generale: scegliete sempre prodotti di qualità. In questo caso andate diritte verso tutto ciò che aiuta a prevenire il rilassamento, contrasta la disidratazione, le smagliature e i danni dell’invecchiamento. Quindi prodotti con presenza di collagene ed elastina, normalmente contenuti nel derma, che hanno proprietà di idratazione, di sostegno e di protezione. Altri preziosi ingredienti sono i fitoestrogeni, ricavati soprattutto da soia e luppolo, che hanno un effetto tonificante, rassodante e rivitalizzante, poi avena, grano saraceno ed estratto di uva nera che, per le proprietà antiossidanti, svolgono una azione protettrice sull’apparato circolatorio e anche sulle cellule dell’epitelio mammario. Infine vitamina E e B6 che proteggono contro l’invecchiamento dei tessuti. Per i massaggi, invece, sono perfetti gli oli di mandorle, germe di grano o d’oliva. Le applicazioni vanno eseguite quotidianamente, finché al completo assorbimento del prodotto, eseguendo un leggero massaggio circolare verso il collo per stimolare la microcircolazione cutanea e favorire l’assorbimento dei principi attivi, senza passare sul capezzolo. Ottimo l’abbinamento con trattamenti antismagliature.
Glutei tonici con corsa, bici e squat I glutei, ahinoi, sono la parte del corpo che per prima tende a perdere volume, compattezza e tonicità, tanto è vero che molto spesso la sola attività sportiva è insufficiente a risollevarla. I glutei, infatti, possono presentare dei punti “vuoti” proprio come se avessero perso parte del loro contenuto di grasso e apparire piatti e per nulla seducenti. Con l’avanzare degli anni, poi, le strutture del corpo vengono coinvolte in un fisiologico processo di decadimento: la cute perde la sua naturale elasticità, le ossa si assottigliano, i muscoli vengono attratti verso il basso dalle forze gravitazionali. Per combattere la gravità, però, non c’è bisogno di essere votate a ore e ore di palestra tutti i giorni, si può iniziare un lavoro capillare, progressivo, che porterà comunque a buoni risultati. Le attività sportive più indicate per tonificare i glutei sono considerate lo sci, il pattinaggio, il ciclismo (all’aperto o indoor come lo spinning o anche la bici stazionaria), lo step, l’allenamento su macchine specifiche, sempre sotto la guida di un personal trainer o di un istruttore e naturalmente la corsa, attività utile per qualsiasi necessità fisiologica. Per le più pigre, che hanno bisogno di pensarci ancora un po’, suggeriamo quattro facili esercizi da fare in casa. 1) Contrazioni segrete Contraete i glutei ogni volta che potete: mentre camminate, quando state seduti in ufficio, in auto, pure in piedi se state dietro un bancone, al pubblico. Tanto nessuno se ne accorgerà, tranne i vostri glutei che ve ne saranno grati... 2) Benedetta tivù Non sapete rinunciare alla tivù accesa e siete attrat-
te dal divano? Cercate un piccolo compromesso di pochi minuti. Prima di “spiaggiare” sopra i comodi cuscini provate a fare dei piccoli squat (sarebbero delle accosciate) davanti alla televisione, che vi farà comunque compagnia anche nel corso di questo “esperimento”. Lo squat è considerato l’esercizio migliore per tonificare e rinforzare glutei, quadricipiti, adduttori e polpacci. E se avete timore di non saperlo fare, sappiate che è il movimento che eseguiamo, inconsciamente, ogni volta che ci sediamo e solleviamo da una sedia. Solo che stavolta la sedia non c’è e dovete provare a restare in equilibrio mentre salite e scendete con il vuoto sotto di voi. Se i glutei tirano, significa che lo state facendo bene. 3) Scalini e talloni Anche uno scalino, che l’abbiate direttamente in casa o fuori dal portone, può essere utile per far lavorare i glutei. Poggiate le piante del piede sullo scalino e lasciate i talloni nel vuoto, poi cominciate dei piccoli movimenti spingendo in basso i talloni e tornando diritti. Per mantenere l’equilibrio potete anche aiutarvi sorreggendovi con una mano al muro o ad una ringhiera. A proposito di scale: ricordatevi di preferirle sempre all’ascensore, nemico giurato dei glutei. Altra cosa: il movimento dei talloni è molto importante, anche quando fate lo squat o pedalate. 4) Affondi al muro In piedi, con le mani appoggiate a una parete, alzate una gamba lateralmente e ritornate alla posizione di partenza senza slanci ma con un movimento lento. Ripetete 12 volte per gamba per 3 serie di esercizi. Ottimo, in casa, anche saltare alla corda.
Le creme ad effetto lifting Chi non vuole ricorrere alla chirurgia estetica troverà creme ricche di sostanze nutritive, rassodanti ed elasticizzati che migliorano il trofismo, rassodano lo strato cutaneo producendo, attraverso una funzione dermotensoria, anche un effetto lifting. L’azione tonificante, lipolitica e drenante è dovuta a estratti di ananas, ruscus, ippocastano e luppolo che agiscono sulla circolazione stimolando un naturale drenaggio linfatico. Invece l’azione rassodante deriva dall’uso di echinacea, che ha proprietà cicatrizzanti, rassodanti, antismagliature e attiva i meccanismi rigenerativi dei tessuti, di salvia e arnica, con proprietà der-
mopurificanti, emollienti, antinfiammatorie, stimolanti e rassodanti, e di aloe vera con funzione lenitiva e cicatrizzante. Modalità d’uso: applicare sui glutei con un energico massaggio circolare dal basso verso l’alto fino a completo assorbimento. Un trattamento costante permette di vedere risultati nell’arco di 3-4 settimane; in questa prima fase sono consigliate due applicazioni al giorno poi occorre almeno un mese di mantenimento con una applicazione al giorno, magari alternando il rassodante con un prodotto contro la cellulite.
Nuoto a rana e acquagym sport in gamba L’elemento più rilevante per la bellezza delle gambe é la tonicità dei tessuti, in particolare dell’interno coscia: si tratta di una zona particolarmente critica destinata, talvolta anche in giovane età, al rilassamento cui spesso si associa la comparsa di smagliature. Molto spesso si tratta di “falsa cellulite” legata allo scivolamento distrettuale dei tessuti cutanei e sottocutanei, per forza di gravità: sembra pelle a buccia d’arancia, ma in questi casi l’aspetto disomogeneo della cute non è dovuto alle tipiche alterazioni cellulitiche ma ad un rilassamento muscolare (però l’aspetto terribile è tutt’altro che falso!). Il fattore che più concorre allo scivolamento verso il basso dei tessuti è proprio lo scarso tono muscolare. La somiglianza con la cellulite può trarre in inganno e indurre a trattamenti estetici e fisioterapici non adatti: infatti, i prodotti spe-
cifici contro la cellulite vera non sono efficaci contro quella falsa. Perciò l’ideale è affidarsi agli strumenti diagnostici dei centri medici o estetici, capaci di stabilire con certezza di che problema si tratta e di suggerire un trattamento mirato. Venendo alla benedetta attività sportiva, se all’inizio non ve la sentite di correre o uscire in bici, va benissimo camminare, all’aperto in questa stagione, sul tapis-roulant o sulla cyclette in inverno. In palestra, comunque, è sempre bene concentrarsi su esercizi di tonificazione e di potenziamento muscolare. Avvicinandoci all’estate, l’esercizio fisico in piscina (fruibile anche in vacanza) rimane il più efficace perché l’acqua, scorrendo sulla pelle, provoca l’alternarsi di tensione e di rilassamento nei tessuti e in questo modo stimola e riattiva le funzioni organiche: ideali sia lo stile a rana che l’acquagym.
L’aiuto per superare gli sforzi degli sportivi Molte volte ci hanno chiesto come mai, se lo sport fa bene, bisogna ricorrere a supporti di varia natura, acquistabili in farmacia. Innanzitutto è bene specificare che la farmacia non è un “negozio per malati”, ma un posto dove è possibile trovare molti prodotti utili nella pratica sportiva, oltre alla possibilità di utilizzare la consulenza professionale del farmacista. Continuate a leggere per qualche esempio concreto.
GLI INTEGRATORI
Sotto questo nome si raccolgono moltissimi prodotti adatti a tutte le fasi delle attività, sia prima che durante e dopo lo sforzo. Come dice la parola stessa, un integratore ha il compito di “completare” l’assunzione di alcuni principi carenti o assenti nell’organismo per svariate ragioni.
Per fare un po’ di chiarezza, è bene suddividere questi prodotti in tre tipi: • Integratori da assumere prima dell’attività • Integratori da assumere durante l’attività • Integratori post attività. I primi sono indicati e pensati soprattutto per chi svolge uno sport a livello agonistico, con la necessità di prepararsi ad una gara o ad uno sforzo prolungato (ad esempio una gara ciclistica o una maratona). Questo tipo di integratori solitamente sono a base di carboidrati perché costituiscono una fonte energetica immediatamente disponibile per l’organismo e vengono spesso arricchiti con caffeina, che essendo uno stimolante naturale fa sì che il sistema nervoso aumenti la produzione di adrenalina. La formulazione migliore è sotto forma di gelatine o tavolette masticabili da assumere 1-2 ore prima dello sforzo fisico.
Il secondo tipo di integratore è costituito da tutte quelle formulazioni liquide o in polvere da sciogliere in acqua e assumere durante lo sforzo fisico. In questa categoria rientrano le maltodestrine, dei carboidrati complessi, in grado di fornire energia sia nel breve che nel lungo periodo, senza modificazioni della glicemia. Si tratta in linea generale di un mix di sali minerali, vitamine e carboidrati per il pronto reintegro delle sostanze perse con la sudorazione. Sono indicati principalmente per le attività aerobiche intense e prolungate, da mettere nella borraccia e tenere sempre a portata di mano. L’ultimo tipo di integratori sono quelli adibiti al reintegro delle sostanze perse durante l’attività sportiva e si presentano spesso sotto forma di barrette ad alto contenuto proteico, per recuperare dopo uno sforzo muscolare. Spesso, si fa l’errore di confondere questi snack con dei sostitutivi del pasto. Niente di più sbagliato, poiché, non essendo stati formulati con questo scopo, non apportano tutte le sostanze nutritive necessarie; così facendo si rischia di compromettere sia la dieta (non danno sazietà dopo aver mangiato una barretta) che l’allenamento (non reintegrando correttamente le sostanze perse durante l’attività). Un discorso a parte meritano le formulazioni studiate
per la pratica del bodybuilding. Si tratta di integratori in polvere pensati per supportare uno sforzo fisico intenso come è il sollevamento pesi e aiutare la crescita muscolare con l’idea che ogni volta che un muscolo viene sottoposto a stress si lesiona leggermente e nell’immediato processo di ricrescita aumenta di dimensioni e tono. Per questo vengono consigliati integratori a base di proteine del siero del latte (o WP, dall’inglese whey proteins) che, oltre ad avere un alto valore biologico, contengono tutti gli aminoacidi essenziali ed alcuni a catena ramificata (fondamentali per la crescita muscolare e il recupero in seguito allo sforzo) e sono facilmente digeribili. Inoltre esistono anche integratori a base di aminoacidi a catena ramificata (Valina, Isoleucina e Leucina), da introdurre necessariamente con la dieta poiché l’organismo non è in grado di produrli autonomamente. Sono utili perché non devono essere metabolizzati dal fegato ma vengono captati direttamente dal sistema muscoloscheletrico dove sono utilizzati per riparare le strutture proteiche danneggiate o per scopi energetici. Un discorso a parte va fatto anche per gli integratori di acidi omega 3, di cui si è molto parlato negli ultimi tempi. Si tratta di una categoria di acidi grassi essenziali naturalmente contenuti nel pesce azzurro (acciughe, aringhe, sardine, sgombro...); se non sono assunti regolarmente e in quantità sufficienti con la dieta, possono essere integrati con supplementi. La principale funzione sta nella capacità di abbassare i livelli ematici di trigliceridi e colesterolo, riducendo il rischio di patologie cardiovascolari. In ambito sportivo sono spesso usati per le loro qualità antinfiammatorie e nella regolazione del dolore, soprattutto in quegli sport che richiedono sforzi lunghi e intensi come gare di endurance, ciclismo, maratone, nuoto... Gli omega 3, grazie alla loro azione antinfiammatoria si sono dimostrati efficaci per la riduzione del DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness, Indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata) la cui natura è legata principalmente ai microtraumi delle fibre muscolari e del tessuto connettivo in seguito alle sedute di allenamento. Oltre all’effetto antinfiammatorio, sembra che gli omega 3 agiscano positivamente anche per il maggior afflusso ematico nei distretti muscolari interessati dal DOMS.
VITAMINE E SALI MINERALI
Potrebbero essere inseriti all’interno della famiglia degli integratori, ma i multivitaminici necessitano di una spiegazione a parte. Molto spesso la spossatezza, non necessariamente legata ad uno sforzo fisico, può essere dovuta ad una carenza vitaminica o di sali minerali. In questo caso un consiglio di un farmacista può essere molto utile. Una carenza di magnesio e potassio, ad esempio, si manifesta con stanchezza,
debolezza, perdita del tono muscolare, crampi (anche notturni), lieve appannamento dei riflessi, scarsa lucidità mentale... sintomi che possono anche essere interpretati come generale stanchezza e sottovalutati. In realtà, con un opportuno integratore, possono attenuarsi o sparire. Un’ottima soluzione per gli sportivi sono i multivitaminici, che forniscono sali minerali, vitamine e oligoelementi nella giusta proporzione per colmare il fabbisogno di un fisico attivo. Le formulazioni in commercio sono molteplici: bustine da sciogliere in acqua, compresse rivestite, compresse effervescenti e granuli orosolubili. Esistono poi integratori per patologie specifiche, come ad esempio quelli a base di Bromelina per contrastare le infiammazioni e gli edemi o quelli che agiscono sul collagene e la cartilagine.
La novità elastotaping: il cerotto elastico che limita e corregge la contrazione muscolare PRONTO INTERVENTO
Chi fa sport deve mettere in conto anche l’eventualità di incidenti e infortuni; anche in questo campo la farmacia può essere d’aiuto nell’allestimento di un kit di pronto intervento da tenere in casa o nei luoghi dove si svolge attività fisica. Una bomboletta di ghiaccio spray è utile per la sua rapidità e facilità di azione nei piccoli traumi. Lo stesso vale per lo spray emostatico, che ferma velocemente il sanguinamento e per il ghiaccio istantaneo da applicare sulla parte interessata per alleviare il dolore e arrestare l’edema. In farmacia si può inoltre trovare una gamma pressoché infinita di cerotti, bende, garze, disinfettanti, ecc... per intervenire prontamente su molti dei piccoli infortuni sportivi.
ANTIDOLORIFICI E ANTINFIAMMATORI
Quando l’infortunio si cronicizza o lo stato doloroso si prolunga oltre il momento dell’incidente sportivo, possono essere utili pomate, gel o emulsioni antidolorifiche e antinfiammatorie. Sono prodotti indicati in caso di lombo-sciatalgia, nevralgie, torcicollo, dolori reumatici o traumi a carico di articolazioni, muscoli, tendini. Oltre a questi prodotti, con le stesse indicazioni, stanno incontrando un certo successo cerotti adesivi che contengono gli stessi principi attivi di cui sopra. Inoltre, la terapia del caldo o del freddo,
rimedio naturale noto da secoli, ha trovato nuova vita anche grazie a fasce o cuscini di varie forme e misure, contenenti un gel atossico che si scalda o si raffredda a seconda della necessità, da applicare sulla parte interessata (anche sul viso in seguito ad un trauma da contatto).
DECORSO POST-INFORTUNIO
In seguito ad un infortunio spesso è necessario seguire un percorso di riabilitazione che richiede l’uso di tutori o bende elastiche, di colorazione diversa a seconda della resistenza alla trazione posseduta. Queste fasce elastiche vengono anche adottate a scopo preventivo in ambito sportivo o come step successivo ad un’immobilizzazione dell’articolazione coinvolta.
CEROTTI SPECIALI
Vorremmo porre maggiore attenzione su alcuni tipi di cerotti. Qualche anno fa ci fu il boom dei cerotti utilizzati per respirare meglio; applicati sul naso, consentono una dilatazione delle narici e un conseguente miglior flusso aereo. Trovano applicazione anche nei disturbi del sonno, limitando il russamento. Un altro tipo molto utile è quello da utilizzare nelle vesciche. Ne esistono di specifici per ogni parte del piede (tallone, dita, calcagno, pianta del piede) e possono essere utilizzati sia a scopo preventivo (ad esempio quando si indossa un nuovo paio di scarpe per l’allenamento) che curativo. Il particolare materiale idrocolloide di cui sono composti agisce da seconda pelle, proteggendo la vescica da urti, acqua e batteri e favorendo l’assorbimento del liquido interno. Infine, negli ultimi tempi, si è molto parlato di un metodo chiamato elastotaping, che in inglese non significa altro che “nastro adesivo elastico”, costituito da cerotti colorati applicati per la cura di disturbi muscolari o ortopedici. Non è un metodo nuovo, ed è stato inventato in Giappone negli anni ‘70 dal chiropratico Kenzo Kase e poi diffuso negli Stati Uniti. L’elastotaping non è, come si potrebbe pensare, un cerotto medicato: agisce solo a livello meccanico, limitando o correggendo la contrazione muscolare. A seconda di come viene applicato può anche agire sulla circolazione sanguigna, aumentandone o riducendone il flusso. Agisce anche sulla circolazione linfatica, se posizionato in punti specifici, per ridurre gonfiori determinati da un accumulo di liquidi. Non può essere applicato autonomamente, ma è necessario rivolgersi ad un professionista (medico, fisioterapista, chiropratico) con un’adeguata preparazione. Se vi state chiedendo il perché dei colori sgargianti dell’elastotaping, la risposta sta nella cromoterapia: i colori scuri potenziano l’effetto meccanico ed il trofismo muscolare, il rosso l’afflusso sanguigno, l’azzurro per alleviare le infiammazioni, ecc. In realtà, però, cambia solo il colore, non la sostanza.
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L’ alfabeto di dolori e infortuni
Perché quando corriamo ci fanno male fegato, milza, tendini o ginocchia? E la fitta al petto è sempre un allarme? Una guida ragionata sui principali malanni di chi fa sport a cura di Pompeo D’Ambrosio medico sportivo, cardiologo
s
Avere un infortunio o soffrire di una patologia è una
realtà a volte ben diversa dall’accusare un dolore, momentaneo o prolungato, che in definitiva può anche non avere alcun significato. Un atleta ben allenato generalmente conosce molto bene il proprio corpo e sa gestire opportunamente dolori, fatiche e
manifestazioni sgradevoli in genere, che si manifestano nel corso della prestazione sportiva o subito al termine di essa. Ma lo sportivo occasionale, o meglio quello alle prime armi, difficilmente sa riconoscere con precisione cos’è quel fastidio insistente che compare dopo qualche minuto di esercizio, o
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Dossier quel crampo che insorge all’improvviso la notte; lo stesso si può dire per i “mal di pancia” legati alla fatica o per il dolore “come se si fosse stati punti con uno spillo” al polpaccio dopo qualche tiro al canestro sotto casa. Ecco, questa non vuole essere un’enciclopedia medica del fai-da-te, ma semplicecome attività fisica. Se è da tutti risaputo che A lo sport, inteso come movimento, attività ludica, fa bene alla salute, è altrettanto vero che la pratica non deve essere occasionale: è ormai da tutti accettato il dogma che bisogna esercitarsi almeno 3 volte la settimana per 50 minuti, o comunque per 150 minuti totali nel corso dei sette giorni.
come benessere. Per poter raggiungere queB sta condizione e soprattutto mantenerla a lungo nel
tempo, è necessario che nell’organismo si instaurino gli adattamenti, cioè quelle modificazioni degli organi ed apparati che si stabilizzano nel tempo e permettono “il salto di qualità” della salute: la bradicardia a riposo, l’aumento del numero dei capillari in periferia, l’abbassamento dei valori del colesterolo...
C
come contrattura. È una lesione muscolare di primo livello, quando cioè le fibre, per una sollecitazione eccessiva, non si rilasciano più dopo la contra-
Una marcata disidratazione può causare anche una contrattura
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mente un abbecedario per tentare di rispondere ai mille perché che si affollano nella mente del neofita sportivo o comunque di chi vorrebbe saperne di più ma non è in grado di trovare da solo una risposta al quesito. Procediamo pertanto rispettando rigorosamente l’elenco alfabetico.
zione fisiologica e rimangono “rattrappite”. Questo può avvenire in maniera acuta, durante l’esercizio fisico, o più tardivamente, anche il giorno dopo. La causa può essere dovuta anche a una marcata disidratazione, a un terreno di esercizio non adeguato (campi da calcetto con superfici distrutte, corsa con troppa salita e/o discesa, sforzo di qualità o quantità eccessiva, calzature non adeguate).
come dolore. È questa una parola ricorrente D nel corso della vita di ognuno. In campo sportivo, è legato a molte situazioni: 1) un trauma diretto, provocato da un colpo (un calcio, una pallina da golf o da tennis che impatta sul corpo con violenza…); 2) la fatica, che, esasperata al massimo livello, comporta un dolore fisico nel vero senso della parola, che coinvolge muscoli, articolazioni, apparato digerente una lussazione o distorsione articolare, con perdita temporanea o duratura dei rapporti abituali
tra i capi articolari; 3) un’eccessiva sollecitazione dell’organismo rispetto al grado di allenamento: troppi km in bicicletta o di corsa, ritmo troppo veloce nella parte iniziale della prestazione, una nuotata troppo prolungata.
E
come equitazione. Già, chi va a cavallo sa bene che non bisogna scherzare con questo sport, non tanto (o non solo) per il rischio di essere sbalzati di sella, quanto (e si torna al punto precedente) per il pericolo di dolore da infiammazione dei muscoli adduttori, che si trovano nella parte interna delle cosce. Anche la schiena è un tratto del corpo particolarmente a rischio, per i continui sbalzi del cavallo, che si ripercuotono sui dischi intervertebrali. Perciò, contrariamente a quanto si possa pensare superficialmente, è necessaria un’adeguata preparazione, per rinforzare le strutture maggiormente implicate. come forza. Chi pratica una ben precisa disciF plina sportiva sa che la forza è una componente
fondamentale di ogni sport, che però va espressa in modo specifico per ciascuno di essi. Anche nella vita quotidiana (ciò può essere verificato anche da chi è uno sportivo occasionale) si ha a che fare con delle esercitazioni di forza. Quella che si deve applicare ai muscoli delle gambe per vincere la resistenza della gravità, oppure quella qualità che si allena quando in palestra, campioni o vispi ottuagenari allo sbaraglio, tentano di sollevare un bilanciere; ugualmente forza è quella che utilizza il bambino quando solleva il cestino dell’asilo con dentro la merenda. Importante che il carico da spostare o da contrastare sia adeguato alla
forza applicata, altrimenti si creano i presupposti per un infortunio o comunque per provocare delle microlacerazioni muscolari con piccoli stravasi di sangue ed edema tra le fibre, che sono responsabili dell’affaticamento e del forte dolore delle ore e dei giorni successivi. Zappare la terra se non lo si è mai fatto è un esercizio di forza che comporta lo stesso doloroso risultato, come lo è del resto anche camminare per ore sui saliscendi di una città da visitare se si è abituati a camminare solo in pianura.
G
come glutei. Facciano attenzione le rappresentanti il gentil sesso, perché questo è il gruppo muscolare maggiormente chiamato in causa soprattutto quando si avvicina la stagione in cui si scoprono le gambe o si indossano pantaloni aderenti. I glutei possono essere allenati “a carico naturale” oppure con sovraccarichi, cioè con esercizi che comportino l’uso di pesi. Sono i muscoli dei velocisti, molto ben evidenti nel sedere dei soggetti di razza nera anche per l’atteggiamento marcatamente in lordosi (cioè con la convessità rivolta in avanti) della colonna lombare, ma sono anche i muscoli dei calciatori, dei lanciatori, cioè di tutti coloro che hanno bisogno di una muscolatura particolarmente trofica e potente per esprimere picchi di forza adeguati con le cosce. I glutei sono molto grossi, e per poterli sollecitare sono necessari carichi importanti, in ogni caso adeguati alle capacità del soggetto, altrimenti, specie chi va in palestra (le signore) e fa le accosciate con il bilanciere, se sbaglia il carico si ritroverà con “le spade” dentro i glutei per giorni e giorni.
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come hotel. Questo è un argomento particolare. Spesso, soprattutto in vacanza, si scelgono sistemazioni alberghiere di un certo livello, dotate apparentemente di ogni comfort, palestra inclusa. In realtà, il più delle volte, si tratta di luoghi angusti, seminterrati e con scarsa ventilazione, in cui vengono ammassati, in pochi metri quadrati, una cyclette, un tapis roulant e due o tre macchine. Il risultato è che ci si disidrata da morire, salvo utilizzare il bilanciere delle dimensioni sbagliate, con i pesi fuori misura e i muscoli addolorati, oltre che dal lavoro sbagliato, anche dal lungo cammino per le strade della città da visitare. Non sempre naturalmente avviene questo, ma l’esperienza personale mi suggerisce di consigliare, se si vuole sollecitare il fisico, di correre fuori dall’albergo (è turistico anche questo aspetto), al limite di camminare, ma di evitare, se non sussistono le condizioni e la giusta assistenza, i centri fitness degli alberghi. intestino. Spesso, quando si corre, specie Isecome non si è particolarmente allenati, compare un do-
lore più o meno forte in corrispondenza dell’addome. In questi casi si cerca l’origine nei posti più svariati, lo stomaco, “la pancia”, la milza o il fegato, attribuendo la colpa ai fenomeni più diversi: “Ho mangiato male, troppo, troppo vicino all’inizio dell’attività, eccetera”. In realtà, il più spesso delle volte non è il fegato né la milza la causa di ciò, ma più semplicemente l’intestino, in particolare una parte di esso, il colon, anatomicamente a contatto con la parte inferiore del fegato e della milza. L’apparato digerente è dotato di una muscolatura involontaria, che si contrae ritmicamente a seconda delle situazioni: durante l’attività fisica, durante la vita quotidiana, e nella normale fase di digestione. Questi movimenti, in momenti particolari quali eccessivi stress sia di natura fisica che psichica, se prolungati e continui, possono dar luogo a degli spasmi, in cui la muscolatura rimane contratta e provoca dolore addominale. Questo può essere riferito, a seconda della sede, in particolare al fegato o alla milza, e di intensità tale da provocare a volte l’interruzione dell’attività. Perciò è consigliabile iniziare lo sforzo in modo blando, dopo un pasto non abbondante e povero di grassi, soprattutto dopo un adeguato lasso di tempo che consenta la digestione.
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come lattato. Stiamo parlando del famigerato acido lattico, quella sostanza prodotta dall’organismo, nel sangue e nei muscoli, nel corso di sforzi violenti e di breve durata (al massimo pochi minuti). L’acido lattico è il prodotto finale del meccanismo di produzione energetica di tipo anaerobico. Per le sue caratteristiche chimiche, diminuisce il ph del sangue, responsabile di quella sgradevole sensazione di dolore muscolare violento che interessa quei muscoli coinvolti nello sforzo. Aldilà delle credenze popolari,
che narrano di giorni e giorni necessari a smaltire il lattato, questo “veleno metabolico” viene rimosso dall’organismo in meno di 40-50 minuti, e non ha nulla a che fare con quei dolori sordi e diffusi che compaiono nei muscoli dopo molte ore fino a uno o due giorni di distanza da un certo tipo di attività fisica. Di essi abbiamo già parlato a proposito della lettera “F”: si tratta di quei dolori tardivi conseguenti a microlacerazioni delle fibre muscolari e all’edema che si forma tra di esse. Non esiste trucco per limitare il dolore da acido lattico, salvo astenersi dal tipo di sforzo in cui viene formato. Del resto basta guardare in televisione una gara di sci da discesa o di velocità prolungata dell’atletica (i 400 metri sono l’esempio più significativo): gli atleti, arrivati in fondo alla prestazione, crollano a terra esausti, con la bocca spalancata alla ricerca di chissà quale fonte di energia e incapaci di compiere altri movimenti. come motivazione. Sappiamo che la compoM nente psicologica gioca un ruolo fondamentale nella vita. In particolare nello sport la motivazione permette, sia pure temporaneamente, di sopportare qualunque tipo di dolore. Ciò è dovuto anche alle endorfine,
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quella sorta di droga autoprodotta dall’organismo nel corso dello sforzo: si tratta di una sorta di “morfina de noantri”, chimicamente una sostanza oppioide in grado di combattere il dolore fisico e anche di creare una vera e propria dipendenza nello sportivo, al punto da generare una sorta di depressione quando non si riesce a svolgere l’attività programmata.
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come naturale. Bisogna partire dal presupposto che non tutto accade come dovrebbe, nel senso che fare sport “è cosa buona e giusta”, ma in ogni caso bisogna accettare, anche se non di buon grado, il fatto che tendini, ossa, articolazioni e muscoli possono andare incontro a un deterioramento, sia per fenomeni legati all’eccessivo uso che per un fisiologico invecchiamento. Sul secondo aspetto c’è poco da fare. Si può ritardare, ma il tempo ci presenta prima o poi il conto. Diverso è l’atteggiamento nei confronti della prima condizione, perché i mezzi a disposizione per evitare un’usura precoce ci sono. A meno che non si tratti di agonismo esasperato (e non è il nostro caso), per prima cosa consigliamo di variare le attività: nuoto, ciclismo, corsa, cammino veloce sono ugualmente valide, ma con impegno muscolare e articolare ben diverso. Quindi cross training (letteralmente allenamento incrociato, nel senso di alternanza) dovrebbe essere la parola d’ordine, valida non solo per le discipline menzionate, ma per il più ampio panorama possibile, seguita successivamen-
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te da altre piccole regole: utilizzare sempre materiale efficiente (calzature, racchette eccetera), rispettare il giusto intervallo tra pasti ed attività, dormire un numero di ore sufficienti a garantire un adeguato riposo, non eccedere con alcolici e bevande gassate, bandire il fumo. Sono tutti accorgimenti noti e semplici, il difficile, forse, è metterli in pratica. Così facendo, però, verrà aiutata anche la natura a rispettare il suo corso: i tendini troveranno sollievo, le articolazioni lavoreranno, ma con minor sollecitazione, i muscoli elimineranno le sostanze tossiche responsabili delle lesioni, insomma l’organismo si manterrà efficiente, ma utilizzando meccanismi energetici e strutture diverse a seconda dell’attività praticata. come ortesi plantare. Si tratta di quelle soO lette personalizzate, create su misura in base all’ap-
poggio del piede, studiato con una semplice impronta o, nei casi più sofisticati, con l’ausilio di una cinepresa che consente di riprendere il movimento. Le ortesi possono correggere appoggi scorretti che alla lunga comportano dolorosi infortuni, in grado di allontanare dall’attività anche per lunghi periodi. A volte è sufficiente un semplice rialzo di pochi millimetri all’interno di una sola calzatura per risolvere problemi apparentemente insormontabili, mentre in altri casi la correzione è più sofisticata e consente di scaricare e ridistribuire il carico. Non bisogna solo pensare al piede, perché a volte con un’ortesi si pos-
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sono correggere difetti quali una rotula mal allineata rispetto al femore e alla tibia o un quadricipite troppo sollecitato da uno squilibrio posturale. Entrambe le situazioni, ad esempio, comportano dolore intenso, che non compare sempre e subito, ma che alla lunga si manifesta comunque e rende insopportabile la pratica sportiva.
come polpacci. Il polpaccio è la parte posteP riore della gamba, essenzialmente costituito da tre muscoli, i due gastrocnemi (detti anche gemelli) e il soleo, che vanno a comporre il tricipite. Ha un ruolo fondamentale in quasi tutte le attività fisiche, e rappresenta il tratto di congiunzione tra il piede, esecutore finale del movimento, e il resto del corpo che vi esercita tutto il suo peso. Il polpaccio è dolente in tutti i casi di sforzo non commisurato al grado di allenamento, ma in particolare in bicicletta quando si spingono rapporti troppo duri (specie in salita), nella corsa quando si affrontano pendenze eccessive o si calcano terreni particolarmente duri e/o elastici (piste di atletica in materiale gommoso, campi da tennis sintetici o in cemento) o anche quando si pratica una disciplina con calzature ormai consumate che non mantengono l’opportuno dislivello tra parte anteriore e posteriore del piede.
come qualità e quantità. Chi ci ha letto con Q attenzione finora avrà notato l’accento posto sul cor-
retto rapporto che deve esistere tra tolleranza allo sforzo e caratteristiche dello stesso. In altre parole, non bisogna oltrepassare certi limiti se non si vuole andare incontro al rischio di dolore muscolare se non addirittura di infortunio. La percentuale di questo rischio naturalmente aumenta se si cerca di incrementare contemporaneamente sia l’intensità (qualità) che la durata (quantità) di una qualunque attività. Le strutture sono in questo modo sottoposte a un carico eccessivo che prima o poi le farà cedere. Si consiglia vivamente, prima di esasperare la qualità, di preparare l’organismo con un progressivo aumento della quantità.
come resistenza al dolore. Il dolore è un sinR tomo soggettivo, che deriva dalla stimolazione di
recettori specifici posti in tutto il corpo, che trasmettono attraverso le fibre nervose l’informazione al sistema nervoso centrale. La sopportazione è legata a molti fattori, influenzati dall’educazione, dalla cultura, dalle caratteristiche psichiche del soggetto, ed è sicuramente variabile da individuo ad individuo. Detto questo, il dolore rimane comunque un campanello di allarme, che informa che nell’organismo si è verificato un evento tale da non permettere una continuazione dello sforzo con lo stesso approccio e lo stesso atteggiamento adottato prima della sua comparsa. In ogni caso il dolore non deve essere sopportato “ad ogni
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costo”, non va sottovalutato, ma interpretato, per tentare di capire se è giusto e necessario proseguire oltre.
come sella. È la volta della bicicletta, mezzo S meccanico tra i più popolari, semplici e immediati che si conoscano. Però, attenzione, c’è una componente apparentemente insignificante che può essere causa di dolore e infortuni: la sella o sellino che dir si voglia. Prima di tutto per la sua forma e per la posizione con cui lo si “cavalca”: è comunque scomodo e sottopone le natiche a una sofferenza che a lungo andare diventa insopportabile. Il dolore locale può anche essere dovuto alla compressione esercitata, nei maschi, dalla sella sulla prostata, specie dopo una certa età, quando questo organo si ingrandisce per un fisiologico invecchiamento.
Il sellino della bici non regolato è spesso responsabile del mal di schiena La sella, inoltre, può causare dolore, indipendentemente dalla compressione, quando l’altezza del canotto (quel tubo metallico che la sostiene e che la collega al telaio) è sbagliata: se è troppo bassa lavora male il ginocchio, in particolare il tendine rotuleo, che si inserisce sulla tibia e si infiamma dopo alcune uscite in bicicletta con la sella regolata male (può essere sufficiente una sola volta se il chilometraggio è notevole). Viceversa, una sella troppo alta costringe il bacino a un basculamento alternativamente verso destra e sinistra, che si ripercuote sulla schiena in misura rilevante. Il consiglio, ovviamente, è di regolare correttamente la sella. Una passeggiata di pochi chilometri con l’altezza sbagliata non comporta conseguenze, solo benefici alla salute, ma se il gesto viene ripetuto per un lungo periodo o anche una sola volta, ma per tanti chilometri il mal di schiena non tarderà a manifestarsi. come tendini. Sono una delle strutture più forti, T ma al tempo stesso più fragili di tutto il corpo. Forti al punto da non cedere in caso di una singola trazione violenta ed eccessiva che arriva a strappar via un frammento osseo, fragili perché poco vascolarizzati ed incapaci pertanto di smaltire le sostanze mediatrici dell’infiammazione che si accumulano in caso di sollecitazioni ripetute che li mettono a dura prova. I tendini si trovano in tutto il corpo, sono il punto di congiunzione tra osso e muscolo, di cui rappresenta-
no la parte terminale che si inserisce sull’osso e consente il movimento. Sono poco estensibili, in quanto poveri di fibre elastiche, e devono essere sottoposti a un costante e progressivo allungamento mediante lo stretching. Tendini e dolore, qual è il legame? Ogni attività quotidiana, ogni disciplina sportiva si affida a determinati muscoli e quindi ai tendini ad essi collegati: nella pallavolo quelli della spalla e del gomito, nel calcio quelli del ginocchio e nella corsa quelli del piede. Non è detto che in una precisa disciplina non possano essere implicati i tendini di altre strutture, ma statisticamente questa è la priorità. Oltre allo sport, inoltre, possono verificarsi danni anche in attività di vita comune: di tendinite al gomito soffrono i tennisti, ma anche gli operai che utilizzano il martello pneumatico, di tendinite all’achilleo i corridori di resistenza, ma anche ragazze che passano dal tacco di 12 centimetri a una scarpa piatta o addirittura a camminare scalze in vacanza. Attenzione anche alla tipologia del dolore. Quando l’infiammazione è acuta si è impossibilitati a compiere quei movimenti che chiamano in causa il tendine interessato, mentre se la flogosi è cronica il dolore compare solo all’inizio dell’attività, non è particolarmente intenso e scompare dopo qualche minuto per poi ripresentarsi al termine della seduta. Non bisognerebbe arrivare a questa fase, perché il tendine è indebolito, ispessito e nei casi più gravi si corre il rischio di una rottura. Questo può avvenire anche quando si assumono, per curare un’infezione, alcuni tipi di antibiotici, che possono causare come effetto collaterale la rottura di tendini anche in buone condizioni.
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come uso. Utilizzare sempre le migliori soluzioni. Si vada a correre con calzature adeguate, acquistate in negozi specializzati, altrimenti le strutture osteoarticolari potrebbero essere sollecitate in modo anomalo. In palestra utilizzare sempre la cintura lombare quando si sollevano bilancieri, indipendentemente dalla tecnica appropriata e con il giusto carico. Anche nelle attività lavorative e nelle faccende domestiche vanno utilizzate le regole opportune, per la movimentazione dei carichi e per evitare che il dolore faccia la sua comparsa, in maniera violenta o subdola che sia. Ma anche U come usura, che dovrebbe essere controllata quando si tratta di calzature, tecnologia, strumenti di lavoro o di svago. In caso contrario, ad essere usurati inizieranno ad essere i nostri organi ed apparati, e prima o poi il dolore si farà manifesto. come vesciche. Certo, dopo tante nobili argoV mentazioni parlare di questo banale e increscioso in-
conveniente sembra inadeguato. Chi le ha avute sa benissimo invece come una vescica alle mani o ai piedi possa compromettere l’uso di quella parte ed essere causa di vivo dolore, al punto di interrompere una partita a tennis o una corsa. La vescica è una
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Dossier “bolla” piena di sangue o altri liquidi, che si accumula negli strati superficiali della pelle o tra questi e il derma. Si forma per ripetute sollecitazioni o sfregamenti delle zone più utilizzate nell’attività sportiva o nella vita comune, soprattutto quando la cute non è stata preparata in precedenza (uso improvviso o eccessivo di quella zona, sollecitata da strumenti esterni, come calze o calzature, racchette o altro). Spesso, comunque, è sufficiente utilizzare scarpe della misura giusta, avere unghie tagliate correttamente, indossare calze non usurate e non troppo spesse. Il liquido all’interno della vescica si forma gradual-
mente, e causa dolore quando le pareti della vescica sono così ripiene da comprimere gli strati sottostanti, ricchi di terminazioni nervose, o quando la bolla si rompe e la lacerazione della pelle rappresenta una vera e propria ferita. La prevenzione rappresenta il più importante, anzi l’unico mezzo di difesa, perché, una volta formatasi e raggiunte le dimensioni critiche, la sospensione da ogni attività è la conseguenza quasi certa.
Z
come z. È l’ultima lettera dell’alfabeto, che chiude anche i nostri ragionamenti...
E attenti al cuore, il muscolo più importante Chiudiamo questo particolare alfabeto facendo riferimento alla cardiopatia ischemica, tanto comune e al tempo stesso tanto temuta. Durante l’attività fisica si può manifestare, in pieno benessere, un dolore al torace. Non va sottovalutato, ma non va neanche preso come espressione di un dramma in atto. Semplicemente, si deve pensare che il dolore toracico, se riferito al cuore, ha delle caratteristiche particolari: può essere percepito in tanti modi, ma si deve prestare particolare attenzione quando si avverte un senso di bruciore dietro lo sterno, o come una mano che stringe al collo, o un peso che opprime il torace; spesso è accompagnato da malessere generale, da una sudorazione fredda, e si può irradiare al braccio, alla mandibola, alle spalle. Non è una regola, ma le famose “fitte” che si avvertono al petto, o il dolore puntorio a livello delle coste, non hanno alcun significato, come pure quella sensazione di “respiro incompleto, con conseguente necessità di inspirare profondamente e tutto svanisce”. Il dolore di origine cardiaca viene ben descritto, come nei miglio-
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ri trattati di cardiologia, anche da chi “non ha studiato” ma che, in presenza di un’ischemia (ridotta quantità di ossigeno pervenuta al cuore rispetto alla richiesta; è lo stesso di quando si dice “discrepanza tra domanda ed offerta”) sa descrivere alla perfezione i sintomi. Naturalmente, per complicare le cose, non sempre la cardiopatia ischemica è caratterizzata dal dolore, tanto è vero che in alcune situazioni questo non compare e si parla proprio di “ischemia silente”. Per rimanere nella pratica, cosa fare quando si avverte un dolore al petto? Chi è un cardiopatico accertato sa come comportarsi e quale farmaco assumere; diversamente, non bisogna certo perdere la calma, ma, se la sensazione sgradevole o dolorosa persiste, è opportuno recarsi, meglio se accompagnati, al Pronto Soccorso. In ogni caso, visto che la miglior cura è la prevenzione, prima di iniziare un’attività, anche se ludica e niente affatto agonistica, sarebbe opportuno fare una visita medico sportiva o cardiologica o medico sportiva che includa un test da sforzo massimale. n
L’importanza dell’acido folico È la vitamina ritenuta fondamentale per le donne in età fertile e dunque per la salute del nascituro. La dieta corretta, l’integrazione e la fortificazione alimentare di Chiara Baldetti
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Di acido folico e della sua utilità
per le donne in età fertile sentiamo ormai parlare (per fortuna) da anni. Si tratta, per fare un breve
ripasso, di una vitamina idrosolubile del gruppo B (B9), molto importante per diversi processi organici, con in testa la gravidan-
za. Questa vitamina, però, non può essere prodotta dall’organismo umano, ma deve essere introdotta giornalmente median-
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te una corretta alimentazione e, all’occorrenza, con una supplementazione. Ora, però, nel corso del suo recente XXII Congresso Nazionale, la Società Italiana di Neonatologia ha aperto un altro fronte, rivolgendo un appello alle aziende alimentari italiane per la fortificazione di alcuni prodotti con acido folico, considerando che la sua assunzione costante da parte delle donne in età fertile permette di prevenire fino al 70% dei casi di spina bifida e degli altri gravi difetti del tubo neurale. Su questo tema specifico abbiamo chiesto il parere del dottor Mauro Stronati, presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN). Partiamo dall’inizio: quali sono i motivi per i quali consigliate l’assunzione di acido folico? “Perché è fondamentale nella prevenzione delle malformazioni neonatali, particolarmente di quelle a carico del tubo neurale (NTD), tra cui la spina bifida. Ancora oggi, solo il 30% delle donne attua la profilassi volontaria con acido folico, raccomandata dal momento in cui iniziano a programmare una gravidanza, che non si è dimostrata sufficiente a ridurre l’incidenza di queste patologie. Le cause dei difetti del tubo neurale non sono ancora certe, ma una cosa è sicura: l’assunzione di acido folico previene il 50-70% dei casi di spina bifida. Tra le più importanti e frequenti anomalie congenite del sistema nervoso centrale (SNC) vi sono, oltre alla spina bifida (mancata chiusura della spina dorsale, con alterazioni del midollo spinale; ndr), l’anencefalia (incompleto sviluppo del cervello; ndr) e l’encefalocele (erniazione di tessuto cerebrale e meningeo; ndr), gravi quadri patologici che si creano durante lo sviluppo embrionario, per alterazioni della chiusura del tubo neurale”.
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Queste patologie incidono sulla gravidanza? In che modo? “Ogni anno, solo in Europa circa 5.000 feti sono affetti da spina bifida e, secondo stime dell’Istituto Superiore di Sanità, almeno 200 in Italia. Con l’affinarsi delle tecniche ecografiche e dei programmi di sorveglianza prenatale, molti di questi casi vengono riconosciuti in utero e considerati per l’interruzione volontaria della gravidanza”.
Il fabbisogno giornaliero in gravidanza varia tra 400 e 800 mcg E sulla vita del neonato e della famiglia? “Queste patologie possono essere incompatibili con la vita già in epoca neonatale, o estremamente invalidanti con esiti cognitivi e neuro-motori: alterazioni del controllo degli sfinteri, manifestazioni epilettiche, difetti del tono muscolare e neurosensoriali, paralisi cerebrale. Il percorso di cura in epoca neonatale e nelle età successive è estremamente lungo e complesso, richiedendo la partecipazione di numerose figure professionali, con importanti costi assistenziali per il SSN e soprattutto per le famiglie, che pagano un prezzo sociale ed emozionale molto alto. Il rischio di ricorrenza dopo un figlio affetto è del 3-4% e arriva al 10% dopo 2 figli affetti”. In che quantità va assunto l’acido folico? “Il fabbisogno giornaliero si aggira tra i 50 e i 200 mcg in base all’età, ma aumenta in gravidanza a valori compresi tra 400 e 800 mcg/die. L’acido folico è es-
senziale per il funzionamento del sistema nervoso e per il midollo osseo. È fondamentale che l’embrione abbia a disposizione un adeguato apporto di acido folico fin dai primi giorni di gravidanza, periodo in cui inizia la formazione degli organi”. È sufficiente la sola profilassi farmacologica o dev’essere integrato anche attraverso gli alimenti? “In maniera estremamente pragmatica nel 1998, negli USA, congiuntamente a programmi di informazione alla popolazione, si è imposta per legge alle industrie alimentari una fortificazione con acido folico di alcuni alimenti molto diffusi nella dieta americana, in particolare quelli a base di cereali. Un recente report dei Centers for Disease Control and Prevention ha rilevato che dopo 16 anni, i tassi di NTD si sono ridotti del 35%, con circa 1.300 casi all’anno in meno, senza alcun rilievo di effetti indesiderati riferibili a questa strategia profilattica. Anche in Europa numerosi Stati hanno prodotto raccomandazioni per la prevenzione dei NTD con l’assunzione volontaria da parte delle donne di acido folico, senza tuttavia far tesoro dell’esperienza di oltre Oceano, che dimostrava l’efficacia della procedura imposta per legge”. Quindi la sola profilassi farmacologica volontaria non è sufficiente? “I dati dicono di no. Per esempio, le donne che non programmano una gravidanza o che semplicemente attraversano una fase riproduttiva e non applicano misure anticoncezionali, dovrebbero assumere acido folico quotidianamente, sin dall’adolescenza. È noto che tutte le donne in età fertile dovrebbero seguire una dieta sana e bilanciata ricca di alimenti contenenti folati, come gli agrumi, le banane, il latte, le fragole, la frutta secca, il fegato, il lievito di birra, i legumi, le bar-
babietole, i cavoli, gli asparagi, gli spinaci e i cereali integrali, tenendo presente che se questi alimenti non vengono conservati o cotti in modo adeguato il contenuto di acido folico può ridursi. Quanto ai dati, uno studio europeo ha recentemente considerato più di 11.000 casi di NTD, raccolti da 28 registri nazionali (Italia compresa con dati di Emi-
lia-Romagna e Toscana), su oltre 12,5 milioni di nati tra il 1991 e il 2011, evidenziando una prevalenza globale pari a 9,1 per 10.000 nati, dato particolarmente scoraggiante e sostanzialmente invariato tra il 1991 e il 2011, a dispetto di ogni strategia di profilassi volontaria finora utilizzata. Questo a riprova che la sola raccomandazione della profilassi
Che cos’è la fortificazione alimentare Come abbiamo appena letto, la Società Italiana di Neonatologia auspica anche in Italia un intervento per migliorare e implementare la presenza di acido folico negli alimenti, termine che si riassume con “fortificazione alimentare”. Attualmente sono 37 i paesi che la praticano nel mondo, ma in Europa nessuno Stato ha ancora sviluppato un progetto di fortificazione obbligatoria delle farine di grano con acido folico. Negli Stati Uniti e nel Canada questo processo è iniziato venti anni fa e via via si sono accodati molti paesi sudamericani, mentre la Nuova Zelanda e l’Australia hanno iniziato recentemente. A questo proposito, per completezza di informazione, diremo che in rete si trovano ampi stralci di un importante documento redatto da parte dell’EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare) sui rischi e benefici della supplementazione obbligatoria con acido folico. Nelle conclusioni del rapporto si legge tra l’altro che “il beneficio nella prevenzione dei DTN è acclarato, mentre non è ancora definitivo il giudizio sulla prevenzione primaria dei rischi cardiovascolari, nei tumori e nel decadimento cognitivo”. Per concludere così: “Occorrono nuovi dati per valutare meglio il rapporto rischio/beneficio che può derivare dalla fortificazione obbligatoria con acido folico”.
farmacologica volontaria non è sufficiente a ridurre l’incidenza di queste patologie. Ciò è comprensibile se si considera che una quota certamente inferiore alla metà delle donne pianifica la gravidanza e che una quota ancora minore è informata riguardo a questa strategia profilattica”. Riassumendo? “Riassumendo l’unica evidenza scientifica è che l’assunzione di acido folico comporta una marcata riduzione del rischio di NTD. L’effetto protettivo si manifesta con dosaggi variabili (ottimali 0,4-0,5 mg/die), assunti almeno un mese prima del concepimento e fino alla dodicesima settimana di gravidanza. Dosaggi anche maggiori potrebbero essere necessari per le donne a rischio”. Oggi la prevenzione migliore e più efficace della spina bifida e degli altri gravi difetti del tubo neurale risulta quindi essere la fortificazione di alcuni alimenti di grande consumo con acido folico. In che modo può essere incentivata secondo voi? “La Società Italiana di Neonatologia è da anni impegnata su diversi fronti per la prevenzione e diagnosi precoce delle malformazioni neonatali a carico del tubo neurale (NTD). Ha sensibilizzato il Ministero della Sanità sulla problematica, auspicando un’azione di profilassi con acido folico attraverso la fortificazione obbligatoria di alcuni alimenti selezionati (per esempio le farine), sulla scia della positiva esperienza americana. Per favorire il consumo di alimenti fortificati con acido folico, le aziende alimentari italiane potrebbero, anche autonomamente, prevedere i prodotti da fortificare, contribuendo così alle campagne di informazione per le donne e le famiglie, che la SIN sta già portando avanti attraverso la rete dei neonatologi presenti su tutto il territorio nazionale”.
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Dove trovarlo: cibo e integratori La forma di acido folico comunemente presente nei cibi è chiamata folato. I folati si possono trovare in maggior misura nelle frattaglie (rene, fegato), nelle verdure a foglia verde (lattuga, spinaci, broccoli), nei legumi e nelle uova. La sua presenza è scarsa nella frutta e nel latte. Parte dell’acido folico (circa il 50% o anche più), però, si può perdere durante la cottura in quanto termolabile. Non solo: parliamo di una delle vitamine per cui è più facile sviluppare caren-
ze, anche a causa del consumo di cibi di origine animale (tranne il fegato) che sono poveri di acido folico, mentre i vegetali che ne sono ricchi, di norma, non vengono consumati nelle dovute quantità. Inoltre, il metabolismo dell’acido folico può essere danneggiato da alcuni fattori, come l’assunzione di alcool e di alcuni farmaci nonché dalla luce e dal calore, ed è per questo motivo che la vitamina B9 è carente nelle verdure cotte. Ecco dunque perché molti gine-
Prodotto Lattuga a foglia larga Corn flakes, germe di grano, soia, lievito di birra
cologi consigliano alle donne in gravidanza di integrare questa vitamina facendo ricorso a integratori di acido folico. I più indicati normalmente sono proprio quelli che, in un’unica dose giornaliera, mettono a disposizione della gestante una quantità di vitamina B9 pari ad almeno 0,4 mg. In termini più generali non vi è alcun rischio di sovradosaggi di acido folico, dato che le quantità in eccesso vengono eliminate con le urine.
Contenuto medio
(microgrammi/100g) 1700 1500 - 1200
Fegato di pollo
800
Muesli
650
Fegato di manzo
560
Fiocchi di crusca, mais
550 - 400
Tuorlo d’uovo
320 - 200
Spinaci bolliti, zucchine
290 - 180
Cavoletti di Bruxelles
270
Barbabietole rosse
260
Funghi secchi
250
Asparagi, broccoli, carciofi
240 - 180
Patate bollite
90
Pomodoro in conserva
70
Arance
60
Fagioli
50
Cioccolato
40
Fave, lenticchie
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50 - 40 n
Come mi trucco? Le parole d’ordine per il make-up di questa stagione sono due: naturale e luminoso. Scopriamo le tendenze primavera-estate per scegliere prodotti e colori ad hoc di Gelsomina Sampaolo
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Un occhio alle passerelle, uno alle
riviste ed è subito chiara la tendenza beauty per questa primavera-estate 2017: il look naturale.
Ma naturale non significa affatto trasandato o meno curato del solito, significa, piuttosto, un’estetica che punta più alla salute e
all’aspetto luminoso di una pelle giovane, attraverso alcuni accorgimenti nel make-up ed una cura particolare nella scelta di prodotti
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e colori, vediamoli insieme.
Viso pulito, trucco invisibile
Le grandi firme del make-up puntano tutto sull’invisibilità: meno colore, meno filtri, più luce e distensione. Sarebbe bello poter uscire di casa senza un filo di trucco e apparire comunque belle e fresche come a 15 anni (e le testimonial sempre più giovani delle maison di moda lo dimostrano), ma se avete superato gli “anta” non è affatto facile. Allora dovremo affidarci all’effetto “nude” per riprodurre quella luce tipica delle pelli giovani e sottili, attraverso primer per correggere senza aggiungere spessore, fondotinta liquido da applicare con tocchi leggeri dell’apposita spugnetta e cipria su zigomi, naso e fronte per creare delicati giochi di luce. Anche questa primavera-estate i prodotti blush e bronzer, sia in polvere che in crema, saranno utilissimi per creare un effetto “appena tornate dalle vacanze”, anche se le ferie sono ancora lontane. Tra gli stilisti c’è chi suggerisce addirittura un effetto bagnato, postSpa o palestra, ma non si adatta proprio a tutte e sicuramente non a tutte le giornate, quindi da usare con moderazione.
Verde, colore del 2017
E il colore, direte voi? Si concentrerà quasi esclusivamente sulle palpebre, ma potrà essere anche eccessivo, fluorescente ed esagerato. Dite addio a tecniche di precisione e tutorial sul Youtube: l’effetto smokey eyes si potrà improvvisare con le dita tutto intorno agli occhi, creando macchie irregolari, anche con più di due colori, basta che l’effetto sia dirompente. Il colore di quest’anno sarà il verde in tutte le sue sfumature, come suggerito anche da Pantone che ha decretato il Greenery colore del 2017: “tonalità rivitalizzante e autentica ventata di freschezza, Greenery è il simbolo di nuovi im-
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pulsi”. Niente di più adatto al risveglio della natura, no? Concentriamoci dunque su tutta la “palette” dei verdi, ma anche dei blu: smeraldo, turchese, zaffiro... da abbinare, perché no, all’arancione o alle tonalità metalliche di oro e platino. Insomma, per gli occhi potrete farne davvero di tutti i colori.
Effetto ciglia finte
Il mascara, secondo molti studi, è il prodotto di make up più utilizzato dalle donne, quello a cui non rinuncia nemmeno chi non tiene al trucco o si trucca poco. Anche solo con una punta di rimmel, infatti, lo sguardo acquisisce luminosità e si apre. Chi non ama lo sguardo da cerbiatto? Per questa nuova stagione 2017 le novità, più che nelle formulazioni, stanno negli applicatori, sempre più tecnici e professionali, per regolare volume, lunghezza e curvatura. Li troviamo in design esclusivi, nuovi materiali (gomma, silicone, elastomeri, ecc...), con punta sferica per catturare tutte le ciglia, anche le più corte, dalla radice alla punta. Troviamo in commercio anche i nuovi applicatori 2 in 1 che svolgono anche la funzione di piegaciglia, un attrezzo poco comodo e sempre meno usato. Per chi vuole osare di più ci sono i mascara ad effetto ciglia finte, che grazie alle speciali fibre in essi contenute, non solo allungano, ma infoltiscono ed hanno una capacità di durata fino a 24 ore.
Tra le formule innovative segnaliamo quelle arricchite con cera d’api e cere di origine vegetale per aumentare volume e lunghezza, mentre i mascara con polimeri conferiscono maggiore curvatura alle ciglia e le rivestono di prodotto senza eccessi, mentre il D pantenolo le rinforza. Qualche consiglio per l’applicazione: • pulite sempre lo scovolino da eccessi di prodotto; • per separare bene le ciglia sollevate con un dito la palpebra superiore o guardate verso il basso; • potete procedere con il metodo classico a zig-zag, per conferire maggiore volume; • stendetelo prima sulla parte inferiore poi su quella superiore delle ciglia, in due passate, per un effetto da bambola; • potete usare due mascara contemporaneamente: uno volumizzante e uno allungante; • in caso di sbavature o errori potete passare un cotton fioc imbevuto con un po’ d’acqua o di tonico sulle ciglia o intorno agli occhi.
In punta di labbra
Passando alle labbra, dopo l’esplosione di colore degli occhi, possiamo limitarci ad un rossetto semplice e mate. Il volto risplenderà già di luce propria grazie agli accorgimenti che abbiamo visto sopra, perciò sulle labbra potrà bastare una tinta opaca dal rosato all’arancione fino al rosso lampone, il cui effetto si potrà attenuare evitando l’uso di matite (che creano un’eccessiva definizione) e passando magari una velina sulle labbra subito dopo l’applicazione. Il gloss, se proprio non sapete rinunciarvi, è da limitare ai colori scuri (vinaccia, cioccolato, amaranto) per alleggerirli un po’. Per chi, infine, si sente in vena di osare c’è l’opzione bi-color con labbro superiore di un colore e inferiore di un altro, oppure i nuovi grigio e azzurro pastello, più indicati con carnagione e capelli scuri.
Quando la bellezza è hi-tech L’innovazione tecnologica non interessa soltanto il campo delle comunicazioni, della medicina o delle scienze, ma si sta allargando ad ogni aspetto della nostra vita, compresa l’estetica. Vediamo qualche esempio proposto dalle aziende di bellezza per facilitarci la vita. Capelli: sono in commercio da pochissimo tempo spazzole intelligenti che permettono, con una semplice spazzolata, di fare un accurato check-up del capello. Ci si pettina e si riceve direttamente sullo smartphone lo stato della nostra chioma: secchezza, rottura e presenza di doppie punte e suggerimenti su come prendersene cura. Esiste anche una sorta di cerchietto futuristico che, se indossato almeno 3 volte alla settimana per 3 minuti, favorisce la crescita dei capelli sollecitando le radici attraverso energia luminosa ed emissioni laser. Trucco: una catena di grandi magazzini statunitensi ha iniziato adottando i “memory mirror” (degli specchi in grado di memorizzare l’outfit delle clienti anche per mesi) nei propri camerini, dopodiché li ha portati anche nel reparto profumeria, dove sono stati impostati per registrare le gestualità del make up artist per poi inviarle allo smartphone delle clienti come video-tutorial. In questo modo si può ricreare il lavoro del truccatore professionista anche a casa. Inoltre, in profumeria si trovano sempre più fondotinta intelligenti, in gra-
do di variare in base alle condizioni della pelle di ora in ora durante la giornata. Ciò avviene grazie ad una tecnologia in grado di rilevare i livelli di sebo e ottimizzare l’idratazione, anche in base alle condizioni di clima e luce. Anti-Age: esiste una maschera per il viso che sfrutta i meccanismi d’azione del magnetismo per contrastare i segni dell’età. Contiene polvere di ferro ed è attivata da particelle magnetiche che generano interazioni elettromagnetiche per ridurre i segni dell’invecchiamento e rinvigorire la pelle stressata. Si applica la maschera e poi si rimuove con un magnete in dotazione all’interno della confezione, senza acqua né detergente. Creme personalizzate: alcune aziende di cosmesi, anche in Italia, danno la possibilità di personalizzare la propria crema viso inserendo caratteristiche e preferenze sul loro sito internet con milioni di combinazioni possibili. In qualche caso si può richiedere anche l’analisi dermatologica da parte di un esperto per stabilire di cosa ha esattamente bisogno la propria pelle e creare un prodotto ad hoc. Manicure: è stato creato uno smalto trasparente da passare lungo i profili dell’unghia e sulle cuticole prima di applicare lo smalto colorato, per creare una pellicola invisibile che contiene gli sbaffi e si rimuove al termine della manicure come una sorta di cerotto. Niente più errori! n
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Meditazione veloce e casalinga Un metodo facile e semplice per rigenerare la psiche, anche con poco tempo a disposizione. Cominciando a staccare la spina, da tv, tablet e cellulari di Francesca Aquino
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Qualche tempo fa avevamo parlato della necessità di affidarsi anche a “ritiri spirituali” per disconnettersi dal mondo digitale e ritrovare sé stessi. Purtroppo, non tutti riescono a trovare il modo, il tempo e il denaro per concedersi queste vacanze speciali, lontano dalla frenesia della vita moderna, e anche trovare un luogo che offra questo tipo di ritiro in Italia non è semplicissimo. Ecco perché dovremmo tutti imparare a ritagliarci
del tempo per meditare o anche semplicemente fermarci un attimo nella vita di ogni giorno, a casa nostra. Il Dott. Chris Bailey, scrittore esperto di produttività e mindfulness, ha indicato un metodo veloce e pratico per trovare questo tempo prezioso per noi e la nostra mente, facilmente integrabile nella routine di chiunque. Prima però, un po’ di necessario approfondimento sul significato di questa nuova parola: mindfulness
è un termine inglese che vuol dire sostanzialmente “consapevolezza”, una modalità - spiega il dottor Jon Kabat-Zinn, medico del Massachusetts, uno dei pionieri di questo approccio - di prestare attenzione, momento per momento, al fine di risolvere (o prevenire) la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza che comprende: sensazioni, percezioni,
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impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni. L’approccio della mindfulness deriva ed è basato sulla meditazione di consapevolezza - una delle principali tradizioni meditative del buddhismo classico - e consiste proprio nel proporre un livello introduttivo, iniziale di pratica di meditazione che sia adeguato e adatto a contesti quotidiani, all’esperienza di vita normale che
sperimentiamo tutti i giorni. In sintesi un approccio che possa aiutarci a metterci in una diversa relazione col disagio, che prima o dopo, in un modo o nell’altro, tutti sperimentiamo. Non è una tecnica di rilassamento. Non è un modo per entrare in qualche forma di trance, né per svuotare la mente e raggiungere il “vuoto”. Non è una modalità per garantirsi un facile benessere psi-
cofisico (che non esiste…). Non è una sorta di “spa emozionale”. Non è una forma di “buonismo” che ci spinge ad accettare tutto, ad accogliere acriticamente quello che ci accade, ad essere passivi nel nome dell’accettazione. È solo un metodo per trovare quel rilassamento, muscolare e mentale, che spesso cerchiamo in mille modalità, anche molto costose economicamente.
Metodo 1: meditazione domestica, mezza giornata (tempo necessario: 4 ore. Dalle 5:30 alle 9:30)
• 5:30* - 6:15: sveglia, doccia, preparazione mentale. • 6:15 - 6:45: meditazione camminata (all’aperto, se possibile). • 6:45 - 7:30: spuntino leggero, preparazione mentale e una tazza di caffè o tè verde (per concentrarsi maggiormente nelle meditazioni successive). • 7:30 - 8:15: meditazione da seduti.
• 8:15 - 8:45: meditazione camminata (all’aperto, se possibile). • 8:45 - 9:15: meditazione guidata (ad esempio quelle di Tara Brach, sul sito tarabrach.com durano dai 10 ai 30 minuti, oppure potete trovarle su CD, audiolibri o Youtube). • 9:15 - 9:30: meditazione camminata (all’aperto, se possibile).
Metodo 2: meditazione domestica, giornata intera (tempo necessario: 7 ore. Dalle 5:30 alle 12:30)
• 5:30* - 6:15: sveglia, doccia, preparazione mentale. • 6:15 - 6:45: meditazione camminata. • 6:45 - 7:30: spuntino leggero, preparazione mentale e una tazza di caffè o tè verde (per concentrarsi maggiormente nelle meditazioni successive). • 7:30 - 8:15: meditazione da seduti. • 8:15 - 8:45: meditazione camminata (all’aperto, se possibile). • 8:45 - 9:15: meditazione guidata. • 9:15 - 10:00: meditazione camminata (all’aperto, se possibile). • 10:00 - 11:00: pulizia mentale e canti.
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• 11 - 11:15: spuntino leggero. • 11:15 - 11:45: meditazione guidata o colloquio dharma talk (troverete anche delle app per aiutarvi in questo, come Dharma Seed). • 11:45 - 12:30: meditazione camminata (all’aperto, se possibile). * Nota: la maggior parte dei ritiri di meditazione iniziano molto presto al mattino, intorno alle 5. A casa questo potrebbe risultare difficile, quindi stabilite un orario di sveglia, anche un po’ più tardi, ma mantenetelo costante.
Sette cose da sapere prima di iniziare 1) Assicuratevi di trovare il tempo necessario e il luogo adatto A seconda del vostro stile di vita, potrebbe essere difficile reperire una mezza giornata libera, figuriamoci una giornata intera. Se riuscite a ritagliarvi il tempo necessario, però, dovrete trovare anche un luogo tranquillo per la vostra meditazione. Può essere frustrante meditare in un luogo rumoroso o con il chiacchiericcio che proviene magari da un’altra stanza e vi disturba. Cercate di pianificare il vostro ritiro in un momento in cui la casa è vuota e potete concentrarvi senza distrazioni. 2) Prendetevi un giorno di pausa Prendetevi una pausa di mezza giornata o un giorno intero dal lavoro, in modo da organizzare il vostro ritiro in un giorno feriale, quando non c’è nessun altro in casa. Inoltre, il fatto di non avere altri impegni nelle 24 ore, vi
aiuterà sicuramente a focalizzare meglio e a dare valore alla vostra giornata di meditazione. 3) Entrate in ritardo al lavoro Un’altra opzione è andare a letto presto il giorno prima, poi alzarsi alle 5 e meditare fino alle 9, in modo da poter comunque sfruttare la giornata di lavoro. Magari entrerete in ufficio con un po’ di ritardo, ma sicuramente rigenerati. 4) Disconnettetevi Sembra quasi scontato dirlo ma la meditazione è una pratica che richiede tutta la vostra attenzione, senza alcuna distrazione da parte di cellulari, smartphone, tablet, computer o tv. Spegnete tutto e dimenticatevi dei vostri dispositivi elettronici almeno per la durata del vostro ritiro. Saranno sempre lì ad aspettarvi quando avrete finito. 5) Stabilite una scaletta Può essere utile usare una sveglia o un cronometro per calcolare
bene i tempi e passare allo step successivo nel momento giusto. Potete anche stamparvi la tabella del vostro mini-ritiro in modo da non dover pensare alla logistica mentre state meditando. 6) Provate in viaggio Potete programmare una mezza giornata di meditazione anche quando siete fuori per lavoro, ad esempio in una stanza d’albergo. Potete fare provviste di snack nella sala colazioni e mangiarle mentre meditate, come previsto dalla scaletta. 7) Andate a dormire e svegliatevi disconnessi Quando ci si sveglia con smartphone, tablet e computer spenti o in modalità aereo, si inizia la giornata con un umore più sereno. Stessa cosa quando si va a letto la sera, un paio d’ore dopo essersi completamente disconnessi. Ricordatevelo sempre, non solo nelle giornate di ritiro.
E mindful fa rima con vegetariano Se siete curiosi di sapere cos’è un pranzo o una cena mindful, sappiate che questa pratica di consapevolezza si estende anche all’alimentazione. Per mangiare secondo i dettami della mindfulness è necessario concentrarsi sul cibo, generalmente vegetariano, onorandolo, utilizzando tutti e cinque i sensi e servendolo in piccole porzioni da masticare lentamente. Una normale giornata di ritiro meditativo mindful si svolge più o meno così: 6:15: sveglia 6:45 - 7:30: meditazione da seduti 7:30 - 8:45: colazione mindful
8:45 - 9:45: meditazione da seduti 9:45 - 10:30: meditazione camminata 10:30 - 11:15: seduti 11:15 - 12: camminata 12 - 12:30: seduti 12:30 - 14:30: break, pranzo mindful 14:30 - 15:15: seduti 15:15 - 16: camminata 16 - 16:45: meditazione guidata da seduti 16:45 - 17: camminata 17 - 18:15: cena mindful 18:15 - 19: seduti 20:30 - 21: camminata 21 - 21:30: seduti 21:30: a dormire. n
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Quel gran genio del mio cane La proverbiale intelligenza del migliore amico dell’uomo è un argomento su cui si dibatte da tempo. Negli U.S.A. sono nate anche scuole e app per testarla di Chiara Baldetti
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“Centro di Cognizione Canina”, è questo il nome dell’Università dei cani di Yale a cui aspirano tutti i padroni orgogliosi dei propri amici a 4 zampe. Nato tre anni fa, il centro è subito stato preso d’assalto da cinofili che volevano un riconoscimento nero su bianco dell’intelligenza dei propri amici pelosi.
Qui, infatti, la capacità cognitiva dei cani viene testata, valutata e certificata tramite esercizi e test effettuati da psicologi veterinari specializzati in questo campo e i padroni guidano anche diverse ore per sottoporre i propri cani a queste valutazioni su base volontaria. “Proprio come i genitori che
aspirano ad avere figli intelligenti, anche i padroni vogliono cani che si dimostrino superiori agli altri”, afferma la direttrice del centro Laurie Santos, “E c’è anche chi evita di sottoporre il proprio cane a questi test per paura che non si dimostri all’altezza”. Lo scopo ultimo del centro, però,
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non è dare soddisfazione o qualcosa di cui vantarsi ai padroni, bensì fare ricerca sul cervello dei cani e sulle loro abilità cognitive, all’interno dell’annosa discussione sull’effettiva superiorità dei cani rispetto ad altri animali. Gli psicologi comparativi stanno mettendo a confronto le capacità cognitive di cani e bambini, ad esempio, per provare se effettivamente è vero ciò che si dice, ovvero che l’intelligenza di un cane è pari a quella di un bambino di 3-4 anni. Tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che quando un padrone parla dell’intelligenza del proprio cane, sta imponendo una sovrastruttura umana a quella animale: un cane sembra più intelligente agli occhi del proprio padrone quando comprende ed esegue i suoi ordini. I veterinari “comportamentalisti”, in pratica, sono dell’idea che quando dicia-
mo che il nostro cane è intelligente, in realtà intendiamo dire che è facilmente addestrabile. “Le persone pensano che i cani siano più intelligenti dei gatti perché, a differenza di questi ultimi, ci obbediscono” afferma Fans de Waal, biologa e primatologa dell’Emory University di Atlanta. “Ma non è la stessa cosa”. I cani, infatti, hanno vissuto insieme alle persone per circa 30.000 anni e si sono evoluti di pari passo, adattando quelle che erano esigenze vitali (come mangiare ed avere un tetto sopra la testa) a quelle dei loro padroni. In pratica non hanno fatto altro che seguirci per un mero istinto di sopravvivenza. Se non intelligenti, sicuramente sono furbi. Il campo della cognizione canina è uno studio in costante evoluzione, con ricerche importanti nelle università degli Stati Uniti, Inghilterra, Ungheria e Giappone in te-
sta. Chiaramente c’è anche chi ha monetizzato questa “umanizzazione” dei cani, offrendo app che valutano la loro intelligenza, cibi per nutrire la materia grigia, giochi e test per aumentare le capacità cognitive dei nostri compagni a quattro zampe. Ma un cane intelligente, secondo quanto emerso dalle ultime ricerche, non è necessariamente piacevole da avere come compagno. I ricercatori definiscono un cane intelligente più come un adolescente saputello che come un bravo bambino. “I cani intelligenti possono essere una bella scocciatura” dice Clive D. L. Wynne, professore di psicologia che dirige il Canine Science Collaboratory presso l’Università dell’Arizona, “Sono irrequieti, si annoiano facilmente e fanno spesso danni”. Insomma, siamo sicuri di volere un cane laureato col massimo dei voti?
Tutte le App di Fido Abbiamo parlato di alcuni giochi e app per valutare l’intelligenza del proprio cane. Una si chiama SensDog, ideata dal comportamentalista canino ungherese Adam Miklosi e collegabile ai sensori dell’Apple Watch per raccogliere informazioni sulle abitudini del proprio cane e valutarne le capacità cognitive. C’è poi Dognition, il cui claim è piuttosto invitante “Scopri il genio nel tuo cane”. Il progetto, diretto da Brian Hare del Canine Cognition Center presso la Duke University, richiede un’iscrizione di 19$ tramite cui i padroni ricevono un questionario ed un video di istruzioni per raccogliere informazioni sul proprio cane. Dopodiché questi dati vengono trasmessi a Dognition tramite sito web e, una volta analizzati, si
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ottiene un profilo dell’animale, raggiunto confrontando le risposte degli altri iscritti. Finora i padroni di cani che lo hanno usato sono oltre 25.000.
Border Collie la razza più intelligente
È il Border Collie la razza più intelligente tra i nostri amici quadrupedi, almeno secondo una autentica autorità in materia come il dottor Stanley Coren, professore emerito di psicologia all’Università della British Columbia (Vancouver, Canada), autore di numerosi saggi che analizzano capacità e caratteristiche dei cani. La hit parade che mette in ordine per quoziente intellettivo ben 110 razze, basandosi sulle valutazioni di circa 200 educatori canini esaminate, è datata 1999 ma ancora ha una sua validità. Dunque primo posto per il Border Collie, razza che nasce tra Scozia e Inghilterra, per questo il primo nome (Border, cioè confine), mentre l’etimologia di Collie potrebbe rifarsi sia a “coleius” (fedele, in gallese) che “coley” (nero) oppure “colley”, razza di pecore scozzesi. Il Border Collie è considerato un cane robusto e longevo, tanto da raggiungere i 15 anni di età senza bisogno di cure particolari. La sua intelligenza è brillante, soprattutto perché impara
molto in fretta ed è fondamentale non impartire la prima volta comandi errati. La sua grande abilità si estrinseca in numerose varianti, ma è considerato un formidabile cane da pastore, capace di guidare e indirizzare il gregge, tenendolo unito e portandolo dove ha deciso il pastore, al contrario, per esempio, dei pastori maremmani preposti unicamente alla guardia. Due ricercatori americani (John Pilley ed Alliston Reid) hanno dimostrato come Chaser, un giovane esemplare femmina di Border Collie da loro addestrato, abbia imparato 1.022 parole nell’arco di tre anni. I due ricercatori, specializzati in psicologia comportamentale, sostengono che questo cane, come anche gli altri cani di questa razza, abbia una massa cerebrale pari a quella di un bambino di 2 anni. I primi 10… 1. Border Collie 2. Barbone 3. Pastore tedesco 4. Golden Retriever 5. Doberman Pincher 6. Pastore delle Shetland 7. Labrador Retriever 8. Papillon 9. Rottweiler 10. Pastore Australiano … e gli ultimi della lista 106. Borzoi 107. Chow Chow 108. Bull dog 109. Basenji 110. Pastore Afgano. n
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Hobby House
di Gelsomina Sampaolo
Libreria Bambini
La banana maculata
La banana è soltanto un frutto? Potrebbe essere la luna o un calzino. Tu cosa ci vedi? Un libro da creare con le mani assemblando le schede, una storia da leggere e da costruire! Guerrieri I.; Gribaudo; Euro 12,90
Sulle tracce degli antenati
Un’avventurosa indagine per scoprire l’evoluzione del genere umano. Anche il nonno aveva un nonno? E prima ancora chi c’era? Siamo davvero parenti delle scimmie? Pievani T.; Editoriale Scienza; Euro 19,90
In Salute
La dieta della longevità
Come curarsi con il cibo per vivere sani fino a 110 anni. La dieta mima-digiuno spiegata dal medico che l’ha ideata. Longo V.; Vallardi; Euro 15,90
Perchè io no?
Sono sempre più numerose le donne che desiderano un figlio e che non riescono ad averlo. Viaggio nel mondo dell’infertilità con informazioni e consigli pratici. Sipos N., Emmonds H.; Sperling & Kupfer; Euro 17,00
Best Seller
Qualcosa
La Principessa Qualcosa di Troppo, fin dalla nascita, rivela di possedere una meravigliosa, ma pericolosa caratteristica: non ha limiti. Finché non incontra il Cavalier Niente. Gamberale C.; Longanesi; Euro 16,90
Cinema Io, Daniel Blake
Regia: K. Loach con D. Jones, H. Squires, D. McKiernan Trama: un uomo alla ricerca dell’assistenza di uno stato che non c’è. Giudizio: realismo umano e protesta civile che creano commozione.
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La casa dei Krull
I Krull, in quanto tedeschi, sono gli stranieri, i diversi in Francia. Quando davanti a casa Krull viene ripescato il cadavere di una ragazza violentata e uccisa, i sospetti non potranno che cadere su di loro. Simenon G.; Adelphi; Euro 19,00
Musica Prisoner Ryan Adams
Un chitarrista folkrock come non ne facevano dai tempi di Bruce Springsteen. Un’ottima prova anche vocale e poetica.
Ultima pagina
ricette
Seppioline con carciofi • 250 ml di brodo di pesce o vegetale • 8 carciofi • 30 g di pinoli • 400 g di seppioline già pulite • 30 g di burro, 2 spicchi di aglio, 1 scalogno, 4 rametti di timo, 1 bicchiere di vino bianco, 1 ciuffo di prezzemolo, olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b. Rosolate scalogno e carciofi con olio e burro, per 10 minuti, unendo un mestolo di brodo di pesce. A parte fate scottare le seppioline per 10 minuti, con 4 cucchiai di olio, 2 spicchi di aglio e un bicchiere di vino. Infine unite tutto, amalgamate e coprite, cuocendo a fuoco basso finché le seppioline saranno tenere. Quasi a fine cottura aggiungete timo, prezzemolo e pinoli.
W Oscar
Saggi sciocchi “Agli esami, gli sciocchi fanno spesso domande a cui i saggi non sanno rispondere” (Oscar Wilde)
Lo Sapevate?
Il pic-nic ha tre secoli ed è un termine francese La parola pic-nic è apparsa per la prima volta nel 1748 sull’Oxford English Dictionary. L’etimologia deriva dal termine francese piquenique, che abbina piquer (prendere, rubacchiare, spilluzzicare) all’arcaico nique (piccola cosa di poco valore).
Web Zone
Le gif della lingua dei segni Recentemente Giphy, la pagina interamente dedicata alle immagini animate diffusissime sul web (gif) ha integrato sulla sua piattaforma anche un contenuto utile: 2000 immagini in movimento che illustrano la lingua dei segni americana. Estrapolate dalla serie di video educativi intitolata “Sign with Robert”, mostrano il significato di uno o più segni, usando i movimenti delle mani, per imparare la lingua dei non udenti.
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Oroscopo Segno del mese Toro 21/04 - 20/05
I vostri progetti troveranno finalmente uno sbocco positivo, grazie anche al clima positivo che avete creato attorno a voi. È il momento di riprendere una amata attività sportiva.
Gemelli 21/05 - 21/06
Nuove amicizie e relazioni sul posto di lavoro. Ma non fate troppe confidenze...
Cancro 22/06 - 22/07
Spot nei video e live Con un post intitolato “Un aggiornamento nella monetizzazione dei video“, Facebook ha introdotto la sperimentazione di inserzioni a pagamento all’interno dei video. Agli inserzionisti andranno il 55% degli introiti mentre Facebook terrà il 45%. Le pubblicità, dette “mid-roll”, dovranno essere di almeno 20 secondi, riservate a pagine con almeno 2mila follower e con dirette e video che raggiungano almeno 300 spettatori.
La vostra consueta esplosione di entusiasmo per le nuove iniziative sarà ben apprezzata.
Leone 23/07 - 23/08
Saprete motivare chi vi sta sotto con praticità e diplomazia. E tutti vi apprezzeranno.
Vergine 24/08 - 22/09
Se volete arrivare lontano è ora di alzare le vele, mollando le troppe ancore che vi bloccano.
Bilancia 23/09 - 22/10
Avete bisogno d’indipendenza per soddisfare la vostra curiosità. Ma usate equilibrio.
Scorpione 23/10 - 22/11
Per disegnare nuove importanti strategie abbandonate il vostro realismo. Sognate!
Sagittario 23/11 - 21/12
Se volete fare passi in avanti sul lavoro dovrete modificare un po’ il vostro stile di vita.
Capricorno 22/12 - 20/01
Occorrono più realismo e stabilità per andare avanti. E uscite dal cono d’ombra.
Acquario 21/01 - 19/02
Ogni tanto seguite i vostri hobby e le vostre passioni. Si vive una volta sola!
Pesci 20/02 - 20/03
Sistemate i problemi di cuore, avrete vantaggi anche sul lavoro.
Ariete 21/03 - 20/04
I recenti successi necessitano di un periodo di stabilizzazione. Evitate di strafare.
#depressione Un gruppo di studiosi ha analizzato l’andamento dell’hashtag #depression sulla piattaforma trovando 95.046 foto all’anno così catalogate. Il campione è stato ridotto poi a 788 foto per l’analisi. L’hashtag era riferito a post di diversa natura, molti dei quali riconducibili ad autolesionismo, disturbi alimentari, ansia o altri disturbi di salute mentale. Analizzando i commenti ai post, poi, è emerso il forte ruolo di supporto e aiuto della community.
CONCERTI
Le date del mese Fiorella Mannoia: 2 Bologna, 3 Montecatini, 5 Mantova, 6 Bergamo, 8 Cremona, 9 Varese, 11 Parma, 13 e 14 Firenze, 16 Roma, 18 e 19 Milano, 20 Padova, 22 Torino, 24 Trieste, 27 Bologna, 30 Roma, 31 Milano. Il Volo: 3 Roccaraso, 5 Torino, 6 Casalecchio di Reno, 9 Assago, 12 e 13 Roma, 15 Ancona, 17 Livorno, 19 e 20 Verona. Patti Smith: 4 Parma, 6 Torino, 8 Verona, 10 Cremona, 12 Bologna, 13 Roma. Francesco Renga: 5 Assago, 16 Napoli, 18 Firenze, 20 Torino, 22 Casalecchio di Reno. Ermal Meta: 7 Milano, 16 Roma. Levante: 4 Roma, 5 Perugia, 6 Bologna, 12 Roncade, 13 Venaria Reale, 16 Milano.