Optima Salute Gold - Aprile 2017

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N. 256 ANNO XXVI

Aprile 2017

Dossier

Speciale

Terza EtĂ a tavola

Salute e benessere al tempo di internet. Il Network di Farmacie al vostro servizio

Bambini Crescere figli in gamba



Sommario

Anno XXVI n. 256 Aprile 2017

Direttore responsabile Claudio Sampaolo Coordinamento editoriale Roberta Stagno Grafica e impaginazione Enrico Marinelli email: info@studiorocchetti.com Redazione Studio Rocchetti Comunicazione Strada Lacugnano Giardino, 3 06132 Perugia e mail: redazione@studiorocchetti.com Tel. 075 5170247 Fax 075 5171430 Marketing e pubblicità Francesca Capalbo Tel. 06 41481370 Fax 06 41481383 Gabriele Iannella Tel. 06 41481292 email: optima@comifar.it

Collaboratori Francesca Aquino, Chiara Baldetti, Benedetta Ceccarini, Stefano Ciani, Pompeo D’Ambrosio, Melissa Finali, Francesco Fioroni, Andrea Giordano, Maria Mazzoli, Roberto Moraldi, Simona Peretti, Maria Pia Pezzali, Giuseppe Rinonapoli, Rolando Rossi, Gelsomina Sampaolo, Filippo Tini Consulente scientifico Dottor Pompeo D’Ambrosio Fotografie AGF Creative - Fotolia - iStock Illustrazioni Sabrina Ferrero Editore Comifar Distribuzione S.p.a. Via Fratelli Di Dio, 2 20026 Novate Milanese (MI) Registrazione del Tribunale di Milano n.727 del 04/12/2008 Fotolito e Stampa Charterhouse in collaborazione con Rotolito Lombarda S.p.A. Via Sondrio, 3 20096 - Seggiano di Pioltello (MI) Prezzo per copia € 1,00 Costi di abbonamento: copie 50 € 250,00 copie 100 € 365,00 copie 150 € 505,00 copie 200 € 655,00 copie 300 € 950,00 copie 500 € 1.545,00 Rivista ceduta esclusivamente in abbonamento attraverso il canale Farmacia Info e abbonamenti: www.optimasalute.it

omaggio del tuo farmacista

Post-it

Rubriche

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Post-it Pro-memoria della salute

di Francesca Aquino

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Hobby House Cinema, musica e libri

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Ultima pagina Oroscopo, ricette, appuntamenti, curiosità

di Gelsomina Sampaolo

Testata associata

www.optimasalute.it

OPTIMASALUTE

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Sommario

Anno XXVI n. 256 Aprile 2017

Dossier

L’alimentazione nella Terza Età Invecchiare bene non è difficile, visto che per il 70% dipende da fattori ambientali, a partire dall’alimentazione. Sì a frutta e verdura, cereali integrali, cibi ricchi di omega 3 come i semi oleosi e il pesce. E per gli anziani inappetenti i consigli dello psichiatra

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di Melissa Finali e Francesco Fioroni

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L’insonnia di aprile I disturbi del sonno si accentuano in primavera: consigli, igiene e alimentazione

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Pausa pranzo in salute Italiani sempre più attenti, sia mangiando fuori, sia portando da casa i cibi preferiti

di Filippo Tini

di Francesca Aquino

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L’importanza della convalescenza Per riprendersi da malattie e infortuni occorre il giusto tempo di recupero di Pompeo D’Ambrosio

Stretching alla scrivania Sei facili esercizi per evitare lombalgie, mal di testa e stanchezza

di Roberto Moraldi. Illustrazioni Sabrina Ferrero

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I massaggi della natura Anche lavanda, rosmarino e sambuco sono validi alleati per far rifiorire la pelle

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Stop al caffè. O no? Toccasana o bevanda da evitare? Tutti i pro e i contro per non sbagliare mosse

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di Gelsomina Sampaolo

di Benedetta Ceccarini

Come crescere figli in gamba Non ci sono segreti per avere successo da adulti, ma solo consigli di buon senso di Gelsomina Sampaolo



Post-it salute

di Francesca Aquino

Inquinamento e Alzheimer

L’inquinamento atmosferico e in particolare alcune particelle inquinanti (pm 2,5) potrebbero raddoppiare il rischio di Alzheimer. È quanto scrivono i ricercatori dell’Università di San Francisco in California sulla rivista Translational Psychiatry. Osservando la salute di un gruppo di donne anziane e confrontando il livello di inquinamento di ciascuna, è emerso che l’esposizione a un quantitativo superiore ai limiti (2,5 nanometri di diametro) è associato un aumento di rischio di ammalarsi di Alzheimer. Se ciò fosse confermato l’inquinamento atmosferico potrebbe essere responsabile di un caso su cinque di questa terribile malattia.

Dimagrimento in 3D

Smettete di guardarvi allo specchio e guardate il vostro rendering in 3D. Questo sarebbe il nuovo, infallibile metodo delle palestre statunitensi per tornare in forma e dimagrire. Osservare immagini tridimensionali del proprio corpo, aggiornate regolarmente dallo scanner insieme a dati quali massa muscolare, girovita, massa grassa… permetterebbe di avere un’idea più precisa sul proprio stato fisico e di salute e lottare contro il sovrappeso con maggiore cognizione di causa.

Proteine degli squali contro la fibrosi

C’è un anticorpo degli squali che potrebbe salvare l’uomo dalla fibrosi polmonare, una malattia incurabile che provoca cicatrici nei polmoni e un progressivo peggioramento della respirazione. In Australia è iniziata la sua sperimentazione, attraverso un farmaco che crea in laboratorio una proteina umana costruita sul modello di un anticorpo estratto da uno squalo wobbegong del Melbourne Aquarium. Il farmaco AD-114 è riuscito a uccidere le cellule che causano la fibrosi e impedire la formazione di tessuto connettivo cicatriziale nei polmoni.

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Post-it salute

Dopo i 50 solo partner coetanee

Quello dell’uomo adulto o anziano che cerca partner più giovani man mano che va avanti con gli anni potrebbe essere solo un vecchio stereotipo. Lo sostiene una ricerca dell’università finlandese Abo Akademy, che ha analizzato quasi 3.000 adulti tra i 25 ed i 50 anni di età, la maggior parte eterosessuali, ma anche gay. Nella prima età adulta, gli uomini hanno dimostrato un interesse più generale verso donne più giovani anche di dieci anni, ma dopo i 35 anni hanno mostrato di scegliere partner coetanee.

Un cane per i cardiopatici

Che la pet-therapy fosse utile in casi di disturbi mentali o malattie psichiatriche era ben noto, ma ora uno studio pubblicato su Circulation dimostra che adottare un cane aiuta anche chi soffre di patologie cardiovascolari. Per questo il Centro Cuore degli Istituti di ricovero e cura Iseni-Sanità di Malpensa ha iniziato a consigliare la pet-therapy ai propri pazienti, in collaborazione con Animal’s Emergency Onlus, una delle associazioni lombarde più note che si occupa di assistere gli animali abbandonati.

Il naso degli adolescenti

Perché gli adolescenti non sembrano sentire il cattivo odore delle loro stanze? Secondo gli studiosi danesi dell’Aarhus University, i ragazzi hanno meno probabilità di identificare odori come quelli del sudore, del fumo di sigaretta e del sapone. Sarebbero invece bravissimi a “fiutare” hamburger, ketchup e caramelle. I test effettuati hanno riguardato in particolare 125 odori ed è emerso che tutti riuscivano ad identificare caffè, benzina e pesce, mentre adulti e adolescenti si distinguevano nell’individuare altri odori, come il sudore, non identificato da un ragazzo su 7, o il fumo di sigaretta, non identificato invece dal 10% dei più giovani.

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Post-it salute

Esame urine per la dieta

Da oggi non si potrà più mentire al dietologo. È stato infatti creato il primo test delle urine che svela il tipo di alimenti consumato e quanti grassi, zuccheri, fibre e proteine abbiamo mangiato. Dall’Imperial College di Londra, dove è stato ideato, potrebbe presto essere adottato per ottimizzare la riuscita di programmi di dimagrimento e aiutare i pazienti reduci da infarto ad adottare uno stile alimentare salutare abbandonando scelte dietetiche sbagliate.

Fratelli maggiori più intelligenti?

Quella tra fratelli è una disputa che non ha mai fine, ma secondo uno studio dell’università di Edimburgo, i maggiori sarebbero più intelligenti dei fratelli minori. Questo risultato sarebbe imputabile ai maggiori stimoli e supporti che i primi figli ricevono rispetto a quelli successivi. Dei 5mila bambini dai 2 anni ai 14 anni presi in esame tutti avevano ricevuto lo stesso livello di attenzione, anche emotiva, ma i genitori avevano trascorso meno tempo in attività intellettuali (leggere, ascoltare musica, attività manuali) con i figli più piccoli. Questo potrebbe spiegare anche il risultato di un’altra ricerca, pubblicata dall’università dell’Essex, secondo cui i primi figli hanno il 16% di possibilità in più di avere un’istruzione migliore.

Prebiotici antistress

C’è chi combatte lo stress con la meditazione, chi con lo sport e chi con il riposo. Da oggi anche i prebiotici ci vengono in aiuto, soprattutto come stimolanti per il sonno. Per ora l’effetto positivo, in primis sulla flora intestinale, di queste fibre (presenti in diverse fonti vegetali, tra cui asparagi, avena e legumi) è stato dimostrato solo sui topi, ma ad oggi non esistono comunque controindicazioni per la loro assunzione.

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L’ insonnia aprile diaprile In questo periodo non sempre è “dolce dormire”, anzi i disturbi del sonno si accentuano proprio in primavera. I consigli, l’igiene del sonno e l’alimentazione utile di Filippo Tini

s

Chi ha coniato il proverbio “aprile dolce dormire”, rifacendosi ad una antica tradizione popolare (primi caldi, senso di stanchezza, tepore, astenia…) non immaginava certo che nel Terzo Millennio, con tutti gli input che ci bombardano, la grande voglia di appisolarsi che ci cattura durante il giorno, spesso svanisse quando

si mette la testa sul cuscino. Perché? Al di là di cause specificatamente psicologiche, legate ad eventi o stati d’animo, troppa tivù, troppi congegni elettronici collegati (pc, smartphone, tablet, videogames...) e persino troppa attività fisica prima di coricarsi, sono tutti potenziali nemici del sonno e dunque responsabili della temu-

tissima insonnia, della quale soffrono circa il 15-20% degli abitanti del pianeta Terra (33% dopo i 65 anni) e oltre 10 milioni di italiani. È corretto dire che l’insonnia si manifesta più frequentemente nella popolazione femminile e aumenta con il progredire dell’età, sebbene non sia considerato prettamente un evento fisiologico dell’invec-

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chiamento. Nei maschi si ha un primo picco tra i 24 e i 34 anni ed un secondo dopo i 65 anni; nelle femmine, invece, in coincidenza della menopausa e dopo i 65 anni. Inoltre, secondo studi accurati, esistono diversi fattori predisponenti quali l’appartenere a classi sociali meno elevate, essere single, pensionato, divorziato, casalinga. Le patologie legate alla privazione del sonno sono molteplici, addirittura tra 60 e 90 secondo quella che è considerata la bibbia in materia, cioè la ICSD (International Classification of Sleep Disorders, Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno) forse la più importante tra le fonti diagnostiche, epidemiologiche e di codifica per medici e ricercatori. Le otto principali categorie sono considerate: 1) Insonnia primaria (sintomo precoce di disturbi dell’umore, dell’ansia o dell’abuso di sostanze). 2) Disturbi correlati alla respira-

zione (apnee notturne). 3) Ipersonnia primaria (sonno compreso tra le 8-12 ore, associato a sonnolenza diurna con frequenti addormentamenti e difficoltà al risveglio. Legata anche a disturbi dell’umore e abuso di sostanze stimolanti). 4) Disordini del ritmo circadiano (esempio: narcolessia, con ripetuti attacchi di sonno, correlati a disturbi mentali e/o dell’umore, ansia, uso di sostanze). 5) Parasonnie (incubi, terrore, sonnambulismo). 6) Disturbi motori (gambe senza riposo, bruxismo). 7) Sintomi isolati. 8) Altri disturbi. Detto questo è bene precisare che l’insonnia va considerata una vera e propria malattia e che un esame obiettivo del paziente dovrebbe sempre tenere presente se esistono altre patologie, internistiche o psichiatriche (per esempio è quasi sempre presente nei disturbi dell’umore, nelle situazioni di de-

pressione o disturbi psichici), che potrebbero influenzare in maniera evidente la prognosi ed il successivo trattamento diagnostico. Come tale il primo presidio, spesso anche l’unico e il più importante è il medico di base, che conosce alla perfezione il proprio paziente. Per esempio saprà riconoscere ed evidenziare alcuni sintomi-sentinella come: costante difficoltà a prendere sonno e poi a mantenerlo, svegliarsi troppo presto, o sentirsi stanchi appena alzati. Importante sarà anche farsi elencare eventuali disturbi rivelatori che possono verificarsi durante il giorno, come senso di fatica, sonnolenza, riduzione dello spirito di iniziativa, dell’energia e della motivazione, malessere, difficoltà di concentrazione, riduzione della memoria, problemi di relazione sul lavoro o a scuola con conseguenti disturbi dell’umore o irritabilità, fino a mal di testa da tensione e disturbi gastrointestinali.

Le raccomandazioni: a letto solo per dormire Se non dormiamo bene la notte, durante il giorno diventiamo intrattabili: rispondiamo male, sbadigliamo in continuazione, siamo preda di mal di testa e irritabilità. Anzi, secondo il dottor Pierluigi Innocenti, neurologo e presidente di Assirem (associazione scientifica italiana per la ricerca e l’educazione nella medicina del sonno), bisogna tenere presente che: “molte importanti funzioni si svolgono prevalentemente durante il sonno, come la produzione di alcuni ormoni e il consolidamento della memoria e vanno sottolineate le gravi conseguenze sociali, basti pensare ai colpi di sonno alla guida o sul lavoro causa spesso di incidenti mortali”. E allora, una volta che ci rendiamo conto di tutto questo, pren-

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diamo i giusti provvedimenti? Quasi sempre la risposta è no, eppure le raccomandazioni sono essenzialmente di buon senso e le ha elencate recentemente proprio l’Assirem. Primo: si dovrebbe dormire almeno l’85% del tempo che trascorriamo a letto. Secondo: bisogna addormentarsi entro 30 minuti dal momento in cui si va sotto le lenzuola. Terzo: se ci si risveglia più di una volta per notte è il segnale che qualcosa non va. Quarto: se l’addormentamento iniziale risulta impossibile, mai rimanere stesi, bisogna invece alzarsi e restare svegli fino a un massimo di 20 minuti per favorire l’arrivo della stanchezza e dello stimolo a tornare a nanna. In aggiunta a tutto questo si può

approfondire la ricerca di quella che viene definita “igiene del sonno”, cioè quel particolare modo di andare a letto che contempla una serie di piccole regole, facili da attuare ma spesso contrastanti con abitudini di vita sedimentate negli anni. Per esempio: è assolutamente sconsigliato leggere o guardare la tv stando a letto, specialmente se il libro o il film non hanno alcunché di rilassante. Viceversa: quando sentite il bisogno di dormire, andate a letto prima di perdere i sensi sul divano, davanti alla tivù e spegnete subito la luce. Molto utili sarebbero esercizi per decontrarre i muscoli, specialmente se avete avuto una giornata faticosa, guidato a lungo, lavorato in piedi o fatto un’attività


sportiva intensa. Il momento di andare a letto dovrebbe essere “accompagnato” da riti ben precisi: mangiare leggero, evitare fumo, eccesso di alcolici e naturalmente, per i tanti che lavorano a casa, cercare di

smettere almeno un’ora prima di coricarsi. Secondo l’Assirem, inoltre, i sonnellini diurni, specialmente nel tardo pomeriggio, sono potenzialmente un’abitudine da evitare perché di fatto riducono la ne-

cessità di sonno notturno: in ogni caso un pisolino dopo pranzo è concesso. Altra pessima abitudine, coltivata da molte persone, è quella di guardare l’orologio durante la notte. Meglio nasconderlo.

Le ore di sonno raccomandate per età Quanto dobbiamo dormire ogni notte? Chiarito che i neurologi amano poco questo tipo di classificazione, perché più che le ore di sonno conta la qualità, vi forniamo,

a scopo puramente esemplificativo la tabella diffusa da National Sleep Foundation, ente no profit che negli Usa si occupa della promozione del sonno nell’ambito di un corretto

stile di vita. Ecco dunque le ore di sonno consigliate per ogni fascia di età e differenziate per quantità di riposo “raccomandato”, “appropriato” e “non raccomandato”:

Neonati 0-3 mesi Raccomandato: dalle 14 alle 17 ore Appropriato: 11-13 ore e fino a 18-19 ore Non raccomandato: al di sotto delle 11 ore e al di sopra delle 19

6-13 anni Raccomandato: dalle 9-11 ore Appropriato: 7-8 ore fino a 12 Non raccomandato: meno di 7 ore e più di 12

Dai 4 agli 11 mesi Raccomandato: dalle 12 alle 15 ore Appropriato: 10-11 ore o 16-18 Non raccomandato: meno di 10 ore e più di 18

14-17 anni Raccomandato: 8-10 ore Appropriato: 7 ore fino a 11 Non raccomandato: meno di 7 ore e più di 11

1-2 anni Raccomandato: dalle 11 alle 14 ore Appropriato: 9-10 ore e fino 15-16 Non raccomandato: meno di 9 ore o più di 16

18-25 anni Raccomandato: 7-9 ore Appropriato: 6 fino a 10-11 Non raccomandato: meno di 6 ore e più di 11

3-5 anni Raccomandato: dalle 10-13 ore Appropriato: 8-9 ore fino a 14 Non raccomandato: meno di 8 ore e più di 14

26-64 anni Raccomandato: 7-9 ore Appropriato: 6 fino a 10 Non raccomandato: meno di 6 ore e più di 10

65 anni e oltre Raccomandato: 7-8 ore - Appropriato: 5-6 ore fino a 9 - Non raccomandato: meno di 5 ore e più di 9

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I cibi nemici e i 7 alleati del dolce dormire Secondo alcuni studi, una gran parte dei casi di insonnia è dovuta a scelte alimentari sbagliate. Per esempio, è noto che cibi a base di zuccheri raffinati, formaggi stagionati, bevande gassate o contenenti caffeina sono assolutamente da evitare perché stimolano e tengono sveglio il sistema nervoso. Per garantirsi un dolce dormire, ecco invece sette alimenti che ci possono aiutare coadiuvando il sonno.

4) Alghe marine

1) Kiwi

Un’ora in più di riposo per notte. Questo il risultato ottenuto da una sperimentazione effettuata dall’Università di Stato della Louisiana, somministrando alle persone coinvolte due tazze di succo di amarene. La motivazione scientifica è la rapida attivazione dell’ormone della melatonina creato dalle amarene.

Possiedono una grande concentrazione di vitamina C ed hanno proprietà antiossidanti grazie alla presenza di fibre e potassio. Un test effettuato dalla Taipei Medical University, su un campione che soffriva di disturbi del sonno e per 4 settimane ha consumato due kiwi un’ora prima di andare a letto ha dato ottimi risultati in quanto a diminuzione del tempo necessario ad addormentarsi, aumento della profondità del sonno, qualità, efficacia e durata.

2) Noci

Oltre a contenere proteine, glucidi e grassi Omega 3 (utili per combattere l’invecchiamento) le noci, secondo una ricerca della University of Texas, aumentano i livelli di melatonina, ormone chiave per la regolazione del sonno, preposto al meccanismo del ciclo sonno-veglia.

3) Mandorle

Ricche di magnesio, vitamine e Omega 3, sono importanti anche per una giusta qualità del sonno. Lo ha rivelato uno studio americano, secondo il quale l’assenza di magnesio porterebbe a un depauperamento della qualità del riposo notturno. Il consiglio è di consumare qualche mandorla al giorno per recuperare i quantitativi di magnesio consigliati (circa 400 mg al dì).

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Non è certo un alimento che abbonda sulle nostre tavole, ma comunque va tenuto ben presente, almeno da quando l’Università di Oxford, dopo uno studio effettuato su 360 bambini, ha scoperto che con un piccolo supplemento quotidiano di estratti di alga, la qualità del sonno e la presenza di Omega 3 sono nettamente migliorati.

5) Succo di amarene

6) Pane e burro di arachidi Parliamo di alimenti prettamente americani, ma da tenere comun-

que in considerazione. Nel burro di arachidi sono contenuti i grassi in grado di attivare la produzione d’insulina e quest’ultima è da sempre collegata alla sonnolenza. Così come i carboidrati, che aiutano, se consumati la sera, a prendere sonno facilmente. Ovviamente è bene non esagerare con le quantità perché stiamo parlando di alimenti altamente calorici.

7) Camomilla

Non potevamo certo dimenticare, in questa carrellata alimentare, la beneamata camomilla, la cui efficacia è testimoniata da milioni di persone, specialmente se preparata con i fiori secchi della pianta. Sono molti gli studi scientifici che hanno dimostrato negli anni la validità di questa bevanda, ultimissimo uno giapponese che ha dimostrato come i topi curati con camomilla dormissero come quelli curati con benzodiazepine che hanno notoriamente proprietà sedative e ansiolitiche.

Trattamento farmacologico Oltre a tutte le raccomandazioni che trovate in questo articolo, si può ricorrere ad una terapia farmacologia mirata. Ci si basa di regola su benzodiazepine che agiscono nella fase di addormentamento, e antidepressivi triciclici, che regolano il sonno in generale, oltre ad avere un effetto sulla depressione, che oggigiorno rappresenta l’approccio più efficace ed economico per trattare i pazienti insonni. Lo scopo è quello di indurre il paziente, attraverso l’uso di farmaci per un periodo massimo di qualche settimana, a ripristinare la propria condizione fisiologica preesistente ed in questo senso si può anche associare un supporto psicologico. n




Pausa pranzo in salute Italiani sempre piĂš attenti a quello che mangiano al bar o al ristorante. E aumentano coloro che si portano i cibi preferiti direttamente da casa di Francesca Aquino

s

I tempi del panino al volo o del pa-

sto surgelato preparato nel microonde in ufficio sono ormai lontani

per la maggior parte degli italiani. Secondo un’indagine svolta da Edenred (azienda inventrice dei

ticket restaurant), infatti, il 55% dei nostri connazionali avrebbe imparato a scegliere pasti salutari

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anche sul posto di lavoro o, comunque, fuori casa. All’incirca un italiano su due, secondo il succitato sondaggio, evita di mangiare snack, cibi contenenti zucchero e pietanze troppo salate. Quattro intervistati su dieci, tutti possessori di buoni pasto, hanno dichiarato di riuscire ad essere fedeli ad un regime alimentare salutare, nonostante trascorrano la pausa pranzo tra mense, bar o ristoranti. Inoltre, uno su cinque consuma frutta più volte durante l’orario di lavoro. Ma cosa mangiano per mantenere una dieta equilibrata? Il 33% si affida a legumi o cereali, il 77% sceglie prodotti di stagione o a Km 0. Sono in aumento, inoltre, coloro

che scelgono un regime vegano, vegetariano, gluten free o crudista. E i ristoratori devono adattarsi alle esigenze di tutti. Interpellati in proposito, ben il 37% di loro ha ammesso un continuo aumento della richiesta di piatti equilibrati e salutari nei ristoranti che gestiscono. Il 24% degli esercenti ha assistito ad una crescita nella richiesta di piatti bilanciati secondo criteri nutrizionali così come di porzioni ridotte. Anche cuochi e camerieri confermano la richiesta sempre maggiore di pietanze sane, di stagione e leggere. Nel 64% dei casi i ristoranti offrono delle formule per guidare i clienti (menu completo, menu primo, menu secondo, sconti) e il 57% offre menu a prezzo fisso.

Nella scelta di trascorrere la propria pausa pranzo in un locale piuttosto che un altro entrano in gioco diversi criteri oltre ai principi alimentari di ognuno: la rapidità del servizio è il primo (a causa del tempo limitato a disposizione del lavoratore), seguito dalla varietà nel menu e dalla distanza dal luogo di lavoro. Ci sono poi i prezzi, seguiti dalla qualità nutritiva delle pietanze offerte. Secondo il sondaggio, il criterio di selezione meno importante risulta la capacità del personale all’interno dei bar e ristoranti di informare circa le proprietà nutritive degli alimenti. Per il 39% degli intervistati un importante criterio di selezione è rappresentato dalla composizione nutrizionale bilanciata dei piatti.

Le regole da rispettare Dopo tanti numeri e piatti bilanciati vediamo in effetti che cosa occorre veramente fare, ogni giorno, per una pausa pranzo sana ed equilibrata. Proviamo a darvi qualche consiglio per punti, da seguire sia al ristorante che al bar che se vi preparate a casa la schiscetta (altrimenti detta portavivande) per il giorno dopo. 1. Mai saltare A molti lavoratori capita, ogni tanto, di saltare la pausa pranzo. Se questa diventa però un’abitudine, può causare non pochi danni alla salute, tanto da diventare un vero e proprio disturbo dell’alimentazione. Tra le conseguenze peggiori: lo stress doppio, da digiuno e da sovraccarico quando finalmente si ha il tempo di mangiare (solitamente la sera), l’obesità causata dagli attacchi di fame che prima o poi sopraggiungono e il calo di produttività sul posto di lavoro. 2. Mantenere l’equilibrio Per i nutrizionisti il pasto dovrebbe essere così suddiviso:

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proteine 10-15%, carboidrati 55-60%, grassi 25-30%. Fatevi dunque due calcoli prima dell’ora di pranzo e non ragionate con lo stomaco! 3. Meglio cambiare Se avete la fortuna di disporre di una mensa aziendale siete a cavallo, perché vi verranno proposti piatti diversi ogni giorno, ma attenti alle porzioni (la pasta, ad esempio, non deve superare gli 80 grammi) e ai condimenti troppo pesanti (es. aggiunte di formaggio extra). Se invece dovete o volete pranzare al bar, evitate i panini con salse (maionese, tartara, ecc...), i fritti e i salumi troppo calorosi. Il panino ideale? Due fettine di pane integrale o senza grassi (no ai tramezzini o al pane al latte o strutto) farcito con bresaola e grana, oppure verdure grigliate e formaggio magro. Hamburger (solo carne di manzo o pollo e verdure) al massimo una volta alla settimana e senza patatine e bibite gassate di accompagnamento. 4. Dolci e snack Sono la tentazione più dura alla

quale resistere, sia al bar che davanti alla macchinetta. Ma, voglie a parte, ne abbiamo davvero bisogno? La risposta è no. L’assunzione di zuccheri in eccesso provoca un calo di insulina, che, a sua volta, aumenta la glicemia, oltre a causare un’insopprimibile sonnolenza. 5. Acqua sempre e comunque L’idratazione è la base dell’alimentazione e dovrà essere l’acqua la nostra bevanda preferita della giornata. La bottiglia piena sulla scrivania deve essere svuotata entro la fine dell’orario di lavoro (mettetevi una sveglia ogni 20/30 minuti se rischiate di dimenticarvi di bere) e dovrete sostituirla, se non ogni giorno, almeno una volta a settimana, perché alla lunga la plastica può diventare un ricettacolo di batteri. Per quanto riguarda le altre bevande, sarebbe bene evitare tutte quelle zuccherate o gassate, sostituire i succhi di frutta con spremute fresche e limitare i caffè a 3 al giorno (meglio se amari o dolcificati con miele o latte).



6. Con calma Chi mangia di fretta, alla scrivania o in piedi, rischia di aumentare il proprio stress invece di rilassarsi durante l’orario di pausa. Per digerire bene e sentirci sazi impieghiamo almeno mezz’ora, quindi mangiando di corsa o alla scrivania non solo non faremo calare la

tensione, ma rischieremo di sentirci ancora affamati. 7. La merenda Ogni dieta che si rispetti prevede uno spuntino a metà mattina e uno a metà pomeriggio. Ma questo non significa affatto via libera alle merendine ipercaloriche! Cercate di portarvi da casa della frut-

ta fresca o secca, delle gallette di riso da tenere nel cassetto della scrivania o uno yogurt magro con muesli. Se non avete fatto spesa o vi siete dimenticati di portare lo spuntino da casa, scegliete una merendina semplice al pan di spagna o dei cracker integrali dal distributore.

Il progetto FOOD, idee e suggerimenti L’indagine della quale abbiamo parlato all’inizio si inserisce in un progetto europeo molto più ampio di cui Edenred è partner principale: FOOD, acronimo di Fighting Obesity through Offer and Demand (ovvero, combattere l’obesità attraverso offerta e domanda). Nato nel 2009 per contrastare una vera e propria malattia sociale, FOOD è un programma sviluppato tramite ristoranti, lavoratori

e aziende in sei paesi: Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Italia, Spagna e Svezia, a cui si sono poi aggiunti Slovacchia, Portogallo e Austria. In quest’ottica sono stati creati strumenti pratici e adeguati per i ristoratori e i consumatori. L’andamento del programma viene valutato periodicamente con quelli che sono definiti come “barometri europei”, per comprendere e analizzare i mutamenti

Per i ristoratori • Scegliere metodi di cottura che riducono l’impiego di grassi (prediligere la cottura a vapore, al forno o su grill). • Non lasciare i contenitori del sale a disposizione sui tavoli (Belgio). • Servire sempre acqua del rubinetto (Francia). • Proporre i piatti in due modalità, normale o piccola (Italia).

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• Proporre più cereali, verdure e frutta, prodotti regionali e di stagione, conditi con olio di oliva e olio di semi di colza (Repubblica Ceca). • Indicare chiaramente i piatti più sani all’interno dei menu (Spagna). • Creare dei vassoi che raffigurano il pasto completo e bilanciato (Svezia).

della società e le esigenze dei dipendenti e dei ristoranti. Nel 2015 l’accordo è stato rinnovato per altri 3 anni, con 23 partner in 9 paesi e l’idea è quella di allargare il progetto FOOD a quanti più Paesi possibile per la salute degli europei. Sul sito del progetto FOOD abbiamo trovato qualche suggerimento, sia per chi prepara le pause pranzo che per chi le consuma. Ve li riportiamo di seguito.

Per i consumatori • Assaggiare il cibo prima di aggiungere sale e/o provare altri condimenti. • Diminuire l’uso di grassi e scegliere preferibilmente quelli vegetali. • Limitare il consumo di grassi saturi (che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari) con grassi insaturi come olio di oliva.

• Mangiare almeno 5 porzioni di frutta e verdura ogni giorno. • Preferire dessert a base di frutta fresca o, in alternativa, yogurt e latticini. • Scegliere metodi di cottura che richiedono pochi grassi (al forno, al vapore o alla griglia). • Bere preferibilmente acqua durante il pranzo.



Ricette veloci e di qualità Se siete a corto di fantasia (o anche di ingredienti) vi diamo qualche ricetta facile, veloce e sana per la vostra pausa pranzo. Si tratta di tutti piatti unici, per praticità, che possono essere consumati caldi o freddi a seconda dei gusti e che presentano ottime qualità nutrizionali.

intenderci) è ottimo, perché ricco di fibre e più digeribile di quello bianco. Ottimo con verdure grigliate e caprino, o bresaola, scaglie di parmigiano, limone, olio, pepe e rucola.

Cous cous, orzo o riso integrale alle erbe Ottimi sostituti della pasta, riso, orzo e cous cous non appesantiscono ma soddisfano comunque l’appetito. Potete prepararli con un mix di verdure (carote, zucchine, melanzane) o un semplice trito di menta e basilico, pomodorini, pinoli e feta.

Avocado È un frutto ottimo, ricco di vitamine e sali minerali e grassi omega 3. Potete unirlo ad un’insalata mista o a del tonno o sgombro. Ottimo anche con le uova strapazzate.

Alternative vegan Per la pausa pranzo sono ottimi tutti i sostitutivi proteici vegetali, come Insalata di lenticchie o ceci tofu o seitan grigliati per preparare Lavate molto bene le lenticchie (o un’insalata leggera. i ceci) in barattolo e conditele con carote, pomodoro fresco, insalata e Insalata di pollo feta. Un goccio d’olio, un pizzico di La sera prima grigliate due fettine di sale e il gioco è fatto. Per i ceci pote- petto di pollo (o tacchino), tagliatete anche aggiungere del pepe e un le a striscioline e unitele a lattuga, po’ di succo di limone. scaglie di parmigiano, olio e sale.

Pasta light Se proprio non potete rinunciare ad un piatto di pasta, che almeno sia Insalata di spinaci a crudo leggera. Sceglietela integrale e conComprate spinaci freschi (anche in ditela con verdure grigliate o un’inbusta), lavateli bene, tagliateli e uni- salata di ceci, zucca a cubetti e feta, tevi noci, pere e gorgonzola o par- da gustare anche fredda. migiano. Se vi piace potete condirli con l’aceto balsamico per un tocco Vellutate e zuppe da veri gourmet. Sono il salvagente di ogni pasto: basta cuocere le verdure, frullare e conPanino di segale servare in frigo, anche per 2/3 giorni, Il pane di segale (quello nero, per ed avrete sempre il pranzo pronto. n

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L’importanza della convalescenza Il giusto tempo di recupero è lo strumento che il nostro corpo naturalmente richiede per riprendersi da una malattia, un infortunio o un imprevisto di Pompeo D’Ambrosio medico sportivo, cardiologo

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A

volte si tralasciano collegamenti tra parole, cose, occasioni talmente vicine tra di loro da apparire quasi un tutt’uno; in questo modo non si va oltre l’apparenza

e non si riesce a stabilire un contatto tra due situazioni che sono lì lì per toccarsi da quanto sono vicine. Facciamo un esempio: un atleta,

un nuotatore che si allena in piscina, spesso si sottopone a una sessione di prove ripetute; questo significa che la distanza totale dell’allenamento viene suddivisa

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in più prove, chiaramente di lunghezza inferiore, effettuate però a una velocità maggiore di quella che potrebbe essere sostenuta in un’unica prova. In questo modo l’atleta si abitua ad allenarsi su una distanza uguale o maggiore di quella della gara, ma ad una velocità sicuramente più alta. L’organismo viene stressato per migliorare e in questo processo la cosa più importante è il giusto dosaggio del tempo intercorrente tra una prova e l’altra: se troppo breve, la velocità delle prime prove non può essere mantenuta per il totale dell’allenamento, mentre

se è troppo lungo l’allenamento non sarà sicuramente efficace perché non vengono messi in atto dall’organismo quegli adattamenti che consentono, a medio-lungo termine, il miglioramento delle prestazioni. Un bravo allenatore saprà sicuramente miscelare velocità di percorrenza e tempi di recupero tra una prova e l’altra, basandosi sulle proprie conoscenze, sull’esperienza ed anche sulla sensibilità dell’atleta, che saprà fornirgli valide indicazioni sul lavoro effettuato. Tutto questo giro di parole per de-

finire un concetto che nel mondo dello sport, e non solo, è sotto gli occhi di tutti: il recupero. Il termine, in realtà, ha un significato molto più vasto, e può essere riferito a molteplici situazioni: recupero tra una prova e la successiva, tra un allenamento e l’altro, tra un ciclo di allenamento e il seguente. L’investimento temporale può perciò dilatarsi a dismisura e coinvolgere vari aspetti della vita. Il recupero dopo uno sforzo, dopo un intenso periodo di stress fisico, il recupero tra un periodo di luce e l’altro (comunemente chiamato “notte”).

Come natura insegna Del resto la natura da sempre ci insegna che esistono tempi e scadenze determinate, che, nonostante i tentativi dell’uomo, non possono essere modificati. Pensiamo al corso delle stagioni, che da sempre si alternano in una lenta ma inarrestabile danza, oppure alla durata di certe patologie: un banale raffreddore, malattia delle prime vie respiratorie provocata da un virus, mille anni fa guariva in sette giorni, mentre ora, con tutti i progressi della scienza medica, per essere debellato necessita di... una settimana. Trasportato al quotidiano, tutto ciò ci deve insegnare che non bisogna stravolgere il corso na-

turale, pena ritrovarsi in una situazione spiacevole e talvolta irrimediabile. Fa ora al caso nostro parlare proprio di un fenomeno che ci coinvolge spesso, anche in maniera diretta. Stiamo parlando, sempre rimanendo in tema, di un’altra forma di recupero, cioè della convalescenza, una parola forse desueta nel linguaggio di tutti i giorni, ma che torna prepotentemente alla ribalta ogni qualvolta si ha una malattia, un intervento chirurgico o un infortunio da cui si guarisce. Andiamo con ordine. La vita di un uomo è di durata variabile, e l’unica certezza, ribadita da tutte le religioni, dalla scienza e dalle

credenze popolari è che ha un termine, assolutamente non prevedibile a priori. Certo, al momento non ci si può illudere di campare 150 anni, però indiscutibilmente la vita e l’aspettativa di vita si sono allungate di molto, e non è escluso che prima o poi si possa raggiungere questo traguardo. Però, lo ribadiamo, anche Lorenzo Il Magnifico scriveva che “del doman non v’è certezza”, con la consapevolezza dell’imprevedibilità della vita stessa. Durante questo lasso di tempo, si diceva, si ha a che fare con eventi o situazioni spiacevoli e negative che possono abbreviare o interromperne del tutto la durata.

Prevenzione, ma non solo Malattie o infortuni sono dietro l’angolo, e per quanto si possa fare per la loro prevenzione, è impossibile non incappare più di una volta in una di queste spiacevoli

situazioni che il destino ci prospetta nel percorso quotidiano. È indiscutibile che tanto si è fatto per evitare malattie o limitarne la portata, e lo stesso si può dire per

gli infortuni. La prevenzione primaria nei confronti di una patologia è rappresentata da ogni corretto comportamento o strategia adottata per



impedirne la comparsa. Ad esempio pensiamo a certi vaccini che hanno completamente stravolto la medicina: il vaiolo, che ha decimato le popolazioni, non esiste più da quando è stato scoperto e diffuso capillarmente il vaccino. In campo lavorativo, tante malattie professionali sono state scoperte, curate o debellate: le intossicazioni da piombo, da collanti o certi tumori provocati da amianto e asbesto sono solo un triste ricordo, almeno nei paesi civili. Nell’infortunistica, del pari, l’adozione di caschi e scarpe protettive o l’adozione di strumenti come le cinture di sicurezza o gli airbag hanno avuto un ruolo fondamentale. Tutto questo evita in maniera drammatica che il male abbia il sopravvento. C’è poi la prevenzione secondaria, non meno importante della primaria, anche se purtroppo un danno è già avvenuto in precedenza. Lo scopo, in questo caso, è di limitare la portata, attraverso terapie e stili di vita che ne impediscano il potenziamento o la ricomparsa: la cardiopatia

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ischemica è un esempio calzante. Dopo un infarto del miocardio, la terapia adeguata, l’attività fisica, l’abolizione del fumo e l’eventuale calo ponderale contribuiscono in maniera determinante ad evitare un nuovo evento, al punto che spesso la qualità della vita di un paziente è migliore di quella precedente la malattia.

I vaccini hanno debellato molte malattie letali L’organismo umano vive comunque in un equilibrio precario, in cui virus, funghi e batteri, ma anche stress fisici e psichici, eventi naturali (valanghe, terremoti) e situazioni imprevedibili (incidenti stradali, cadute banali) sono sempre in agguato, pronti a prendere il sopravvento e a minarne la stabilità.

Fortunatamente ci si ammala ma si guarisce, si cade, ma ci si rialza, si invecchia, ma si trovano nuove spinte morali e fisiche per rialzare prontamente la testa e riprendere il cammino. Viene la pelle d’oca al solo pensiero di quante situazioni pericolose, o malattie, infortuni e incidenti ci sfiorino o si abbattano con violenza nel corso di una vita, nella maggior parte dei casi senza conseguenze devastanti. In rete gira una specie di mantra che ogni tanto ricompare nei messaggi o nei filmati, a proposito delle condizioni di vita degli anni ‘60-70: • si guidavano i motorini senza il casco; • si entrava nelle utilitarie in 6 o 7 persone; • non esistevano le cinture di sicurezza. Eppure si viveva ugualmente, e bene. Tutto vero, con opportune disquisizioni sulla sicurezza che non staremo qui a ricordare. Comunque, al di là dell’aspetto romantico, forse si viveva più spensierati, ma meno a lungo e in condizioni più sfavorevoli di adesso.


Tornare in pista Un aspetto però è comune, e riguarda l’argomento che si è un po’ trascurato e che rappresenta il tema principale: la convalescenza. Ora come allora, come è sempre stato e sempre sarà, l’equilibrio cui si è fatto cenno, a volte viene rotto e allora ci si ammala, ci si infortuna, ma il più delle volte si guarisce e si torna in pista. Allo stesso modo? Ma certo che no! In un incendio nel bosco, dopo che si è spento il fuoco, si vedono i danni provocati dalle fiamme: dove c’era il verde, ora compaiono arbusti bruciati e spelacchiati, e l’immagine è davvero desolante. Per ripristinare la flora precedente occorrono anni, e tanti. Ugualmente, una patologia, dopo la guarigione, lascia il segno, che è tanto più marcato quanto più forte è stato l’impatto con l’organismo. Nella maggior parte dei casi il danno è modesto e transitorio, però è sempre necessario un periodo di transizione, di recupero, prima di riavere le stesse prestazioni antecedenti la malattia. Ecco che si ritorna al concetto iniziale, al recupero, concetto

fondamentale nello sport e nella vita. Nel campo delle malattie, il termine specifico di recupero acquista un altro nome, quello di convalescenza. Prima di tutto spieghiamo l’etimologia della parola, da cui si comprende tutto.

Le ricadute da influenza figlie di convalescenze troppo brevi Sono presenti due termini, il più importante prende spunto da “valescere”, che significa “essere sano, riacquistare vigore, stare bene”, in questo caso tornare a star bene. Il termine “con” che è all’inizio della parola rafforza il concetto. Pertanto convalescenza contiene tutti i presupposti sin qui sviluppati: la malattia ha colpito l’individuo prendendo il sopravvento, ne ha debellato il corpo e lo spirito (spesso), ha fatto il suo corso e a questo punto,

semplicemente grazie alle difese naturali o con l’aiuto di una terapia adeguata, è stata sconfitta. È il momento più delicato, quello dello stato labile e inconsistente che può evolvere in un senso o nell’altro: è il momento della convalescenza. Per tornare ad essere come prima, bisogna rispettarne i tempi, per ottenere il ripristino dell’equilibrio tra i diversi organi offesi dalla patologia. Per prima cosa è necessario un periodo di riposo, più o meno lungo a seconda della gravità. Si potrebbe obiettare che sino a quel momento il riposo, inteso come degenza a letto o comunque lontano dalle attività quotidiane, non è mancato, ma non è così. “Convalescere” significa progressivo ritorno all’attività partendo da una condizione più o meno deficitaria, non irruenza nel riprendere la stessa all’identica velocità di prima, senza un adeguato periodo di riadattamento. Si può anche correre il rischio di rifare tutto e subito, ma con il pericolo di una cronicizzazione o di una riacutizzazione della malattia.

Qualche esempio concreto Esempi concreti possono chiarire meglio la situazione. Tutti abbiamo contratto un’influenza, soprattutto nel periodo invernale, e siamo tornati rapidamente alla stessa vita di prima; a volte, però, se il freddo era particolarmente intenso, o il lavoro svolto particolarmente duro, o l’impegno stressante dal punto di vista psicologico, si è ripiombati in un nuovo episodio influenzale, con un periodo di astenia e disturbi generali più lungo e difficile. Sfortuna?

Certo che no, solo mancanza di rispetto dei tempi necessari a ristabilire l’equilibrio di cui sopra. A volte le cose evolvono pure in peggio, quando la solita influenza colpisce un individuo debilitato che, incurante dei segnali che l’organismo timidamente (poi in modo sempre più energico) invia, riprende troppo precocemente, senza “convalescere” abbastanza. Il risultato è che l’influenza può trasformarsi in qualcosa di più serio, ad esempio una bron-

chite o una polmonite. A quel punto la malattia può evolvere in modo diverso, e la terapia, sino a quel momento solo sintomatica (utilizzata cioè solo per attenuare i sintomi), può richiedere l’utilizzo di antibiotici, con tutte le conseguenze del caso. Non bisogna solo pensare all’apparato respiratorio, il concetto può essere valido anche nel campo dello sport. In questo campo la medicina ha davvero fatto grandi passi in avanti, ma certe scaden-

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ze vanno rispettate in ogni caso. Pensiamo a una frattura: se è necessario un intervento chirurgico i tempi, rispetto al passato, si sono notevolmente accorciati, ma in caso contrario non c’è molta differenza rispetto a qualche decennio fa; sicuramente i mezzi terapeutici sono migliori, certamente la rieducazione permette di guadagnare qualcosa, ma un osso, più o meno, inizia e continua il processo di riparazione con la stessa tempistica di secoli fa. Accorciare il periodo di immobilizzazione comporta rischi grandi di ricaduta, e lo stesso recupero

Le fratture si riparano con la stessa tempistica di molti secoli fa deve prevedere tempi giusti, per permettere un appropriato “convalescere” dell’atleta. Del resto, i nemici invisibili dell’or-

ganismo sono sempre in agguato, pronti a prendere il sopravvento in caso di diminuzione delle difese: un organismo debilitato è facile preda di attacchi da parte di batteri o, in caso di soggetti particolarmente deboli, di funghi. Una banale influenza, causata da un virus, può trasformarsi in una patologia gravissima se trova le condizioni opportune; il virus può annidarsi nei muscoli e arrivare al cuore, causando un’infiammazione che può provocare aritmie mortali o una dilatazione irreversibile con conseguenze gravissime.

Vademecum del buon “convalescente” Se le nonne, per rimanere confinati all’agiografia popolare, hanno sempre ricette e consigli per tutti e in tutti i campi, anche in questo caso vanno ascoltate senza dubbio alcuno: 1. Riposare per tutto il tempo che è necessario. 2. Non riprendere subito il lavoro o la scuola. 3. In caso di infezione, non frequentare luoghi affollati, per il rischio di contrarre altre malattie a causa delle difese diminuite. 4. Dopo interventi chirurgici, rispettare le indicazioni del medico in modo scrupoloso: meglio un giorno di convalescenza in più che uno in meno. 5. Rispettare i ritmi circadiani, mangiando con regolarità e dormendo un numero di ore sufficienti al recupero. 6. L’alimentazione deve essere equilibrata e ricca di vitamine, utilizzando frutta e verdura fresche ed

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evitando cibi di difficile digestione. 7. I vaccini sono stati, sono e saranno dei mezzi di aiuto fondamentale per l’uomo; vanno utilizzati sempre, naturalmente sotto il consiglio medico. 8. La sensazione di spossatezza fa parte del quadro quotidiano di ogni convalescente, specie nei primi giorni; ascoltare i segnali negativi che l’organismo invia e, se perdurano troppo a lungo, consultare il medico. 9. Di contro, una malattia, un infortunio o un intervento chirurgico sono eventi “naturali” che fanno parte della vita di ognuno; non bisogna pertanto pensare di essere entrati in un tunnel senza fine, perciò è necessario reagire, nei tempi e nei modi opportuni, sia fisicamente che psicologicamente. P.S.: in caso di dubbio, consultare direttamente una nonna, anche di un amico o parente, in mancanza della propria. n




INSERTO APRILE 2017

Salute e benessere al tempo di internet L’esplosione del web, con tutti i suoi servizi e le sue opportunità pone in primo piano il Network Valore Salute, nato per affiancare e consigliare i consumatori: dall’integrazione all’alimentazione, dal mondo degli animali a quello degli sportivi. Ed in più le risposte degli esperti e i tanti servizi offerti dalle nostre Farmacie a cura dei farmacisti Valore Salute


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Internet

è una magia. Che ci accoglie quando ci alziamo, ci accompagna durante la giornata, a volte disturba (ma basta disattivare le notifiche, per dire…), ci facilita la vita in mille modi. Non soltanto e non solo perché ormai può dare risposte a qualsiasi quesito, ma soprattutto perché ci guida lungo strade di città sconosciute (con l’utilissimo Gps) e ci aiuta a fare acquisti mirati, in tutti i campi. Sia cercando informazioni attraverso siti di comprovata serietà, sia comprando direttamente senza uscire di casa. E non è certamente un caso che grandi aziende di ogni settore merceologico ormai abbiano affiancato in modo permanente le vendite classiche nei negozi o negli store sul territorio a quelle rintracciabili nei mille rivoli del commercio elettronico. Internet è una magia perché, per dire, i due colossi del commercio elettronico mondiale hanno nomi totalmente evocativi. Su Alibaba c’è poco da aggiungere: il gigante di Hangzhou ha scelto un nome che arriva direttamente dall’antica Persia, dalla storia di “Alí Babà e i quaranta ladroni”, dalle parole magiche usate (“apriti sesamo”) per trovare l’oro. Nel caso di internet acquisti convenienti, come qualità e come prezzo. E Amazon? Al momento della sua fondazione si chiamava “Cadabra”, contrazione del termine “abracadabra”, parola magica di origini antichissime (aramaica o ebraica), universalmente considerata nella magia mistica. Il terzo “player”, eBay, che si potrebbe tradurre con “Baia elettronica”, è non solo molto più piccolo dei due succitati, ma anche scelto di autodefinirsi con la Baia di San Francisco, simbolo della città nel quale è nato. Etimologie a parte, quello che fa impressione sono i numeri degli incassi globali. Alibaba da solo fattura 170 miliardi di dollari in vendite, cioè una somma maggiore quasi del doppio delle vendite sommate di Amazon (90) ed eBay (14). Il gruppo cinese fondato nel 1999 da Jack Ma per offrire un servizio commerciale e connettere produttori cinesi con acquirenti e distributori stranieri ha oggigiorno una valutazione stimata tra i 55 e 120 miliardi di dollari. Alibaba controlla anche Taobao, fra i 20 siti più visitati al mondo, con un numero complessivo di un miliardo di prodotti, e con il 60% della distribuzione di pacchi della Cina; Alipay, infine, è il servizio di pagamento della compagnia, una versione simile a PayPal. Amazon, 154.100 dipendenti, si deve accontentare di un ruolo di rincalzo ma può vantarsi di essere stata tra le prime grandi imprese a vendere merci su internet. Fondata da Jeff Bezos nel 1994 col nome di Cadabra, Amazon.com ha iniziato come libreria online,

ma presto ha allargato il campo d’azione e la gamma dei prodotti venduti a DVD, CD musicali, software, videogiochi, prodotti elettronici, abbigliamento, mobilia, cibo, giocattoli e altro ancora. Amazon possiede anche Alexa Internet, A9.com, Internet Movie Database (IMDb) e Twitch.tv. Infine eBay Inc., sito di vendita e aste on-line, fondato il 3 settembre 1995 da Pierre Omidyar, arrivato in Italia nel 2001 rilevando il preesistente francese iBazar. La differenza tra gli altri due siti di e-commerce consiste nel fatto che eBay è una piattaforma web che offre ai propri utenti la possibilità di vendere e comprare oggetti sia nuovi sia usati, in qualsiasi momento, da qualunque postazione Internet e con diverse modalità, incluse le vendite a prezzo fisso e a prezzo dinamico, comunemente definite come “aste online”.


I 50 siti più visti al mondo... 1. Google 2. Facebook 3. Youtube 4. Yahoo 5. Baidu.com - provider cinese 6. Amazon.com 7. Wikipedia.org 8. Taobao.com - sito di vendite cinese 9. Twitter 10. Qq.com - provider internet cinese 11. Google.co.in - Google in versione indiana 12. Live.com - motore di ricerca Microsoft 13. Sina.com - IM provider cinese 14. Weibo.com - portale cinese 15. Linkedin 16. Yahoo.co.jp - versione giapponese di Yahoo 17. Tmall.com - sito di vendite cinese 18. Ebay.com 19. Google.co.jp - Google in versione giapponese 20. Blogspot.com blog gratuiti su piattaforma Blogger 21. Yandex.ru - il più grande motore di ricerca russo 22. Vk.com - social network russo 23. Google.de - Google in versione tedesca 24. Hao123.com - sito cinese 25. Bing.com - motore di ricerca Microsoft 26. T.co - servizio di Twitter 27. Msn.com - portale Microsoft 28. Google.co.uk - Google in versione inglese 29. Sito di spam e malware 30. Ask.com - motore di ricerca 31. Amazon.co.jp - Amazon in versione giapponese 32. Sohu.com - sito cinese 33. Google.fr 34. Instagram.com 35. Google.com.br - Google in versione brasiliana 36. Reddit.com - aggregatore di notizie 37. Aliexpress.com - vendite al dettaglio 38. Mail.ru - servizio di email russo 39. Wordpress.com siti gratuiti del tipo Wordpress.com 40. Pinterest.com 41. Gmail.com 42. Sito di video sharing per adulti 43. Paypal.com 44. Tumblr.com 45. Google.ru - Google in versione russa 46. Imgur.com - sito per condivisione immagini 47. Microsoft.com 48. Google.it 49. Fc2.com - sito giapponese 50. Apple.com

... e i 50 più cliccati in Italia 1. Google.it 2. Facebook.com 3. Google.com 4. Youtube.com 5. Amazon.it 6. Yahoo.com 7. Wikipedia.org 8. Libero.it 9. Ebay.it 10. Repubblica.it 11. Corriere.it 12. Subito.it - compravendita di oggetti 13. Live.com 14. Twitter.com 15. Mediaset.it 16. Linkedin.com 17. Gazzetta.it 18. Sito di spam e malware 19. Virgilio.it 20. Ilmeteo.it 21. Msn.com 22. Booking.com - servizio per hotel 23. Paypal.com 24. Googleadservices.com 25. Wordpress.com 26. Poste.it 27. Ilfattoquotidiano.it 28. Tiscali.it 29. Unicredit.it - la più importante banca italiana 30. Telecomitalia.it 31. Tripadvisor.it 32. Adcash.com - affiliazione pubblicitaria 33. Sito di video sharing per adulti 34. Sito di video sharing per adulti 35. Ask.com - motore di ricerca 36. Kijiji.it - per annunci gratuiti di ebay 37. Ilsole24ore.com 38. Instagram.com 39. Diretta.it - per risultati di avvenimenti sportivi 40. Fanpage.it 41. Agenziaentrate.gov.it - equitalia 42. Alice.it - provider della Telecom 43. Ansa.it - agenzia giornalistica 44. Sito di video sharing per adulti 45. T.co - accorciatore di Twitter 46. Sito di video sharing per adulti 47. Aruba.it 48. Microsoft.com 49. Inps.it 50. Wordreference.com - dizionario multilingue Fonte: Alexa Internet Inc.


Da Valore Salute un aiuto online per stare meglio Chi legge Optima sa di cosa parliamo quando suggeriamo di seguire i consigli e i servizi del sito “Valore Salute”, brand di un Network di Farmacie presenti su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è quello di avvicinare le persone al concetto di servizio e di salute “informata”. Per questo Valore Salute si pone l’obiettivo di aumentare l’attenzione sui concetti della prevenzione attraverso un costante impegno nell’aiutarti ad essere protagonista della tua salute. In ciascuna Farmacia Valore Salute, infatti, la comunicazione è studiata per aiutare nella scelta dei prodotti, con i prezzi sempre ben evidenziati e informazioni sulle novità e sulle promozioni in corso. Attraverso appositi monitor potrai vedere e ascoltare tutte le informazioni di settore, news in tempo reale e promozioni disponibili. Inoltre, hai sempre a disposizione gratuitamente una vasta selezione di pubblicazioni dedicate alle piccole patologie più diffuse. E quando acquisti vieni subito premiato con la carta fedeltà che puoi utilizzare in tutti i punti vendita del Network. Nei nostri siti è possibile perciò trovare una vastissima gamma di consigli e di suggerimenti, che qui elenchiamo sinteticamente.

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una reale carenza, non colmabile con una più corretta alimentazione. Varie sono le carenze e molteplici le possibilità di intervento che gli integratori ci offrono per colmarle. Si può ben dire che in ogni età e ogni momento critico della vita, vitamine e sali minerali, estratti naturali e fermenti lattici ci vengono in aiuto e stimolano al meglio il nostro organismo, per far sì che tutti i “sistemi” riprendano il loro ritmo. Quindi gli integratori, quando ben utilizzati, non modificano i nostri organi vitali, ma li aiutano a superare le salite della vita. Per saperne di più si può cliccare sul nostro sito specifico, www.dipingisalute.it, dove trovare riferimenti a varie tipologie di integratori in rapporto a diverse esigenze. Dunque multivitaminici per energia e memoria, il meglio per difese immunitarie e vie respiratorie, cuore e circolazione, equilibro gastrointestinale, bellezza e forma fisica, donna e uomo, articolazione, muscoli e ossa. Il sito attraverso l’utilizzo congiunto del codice colore, dei filtri multipli per destinazione d’uso e principio attivo, guida in maniera semplice ed intuitiva all’individuazione dell’integratore più idoneo all’interno di una scelta di oltre 650 referenze: posso selezionare la destinazione d’uso, per esempio “cuore e circolazione” e poi “colesterolo” oppure attivare più filtri contemporaneamente, per fornitore, per principio attivo, e appaiono solo le referenze conseguenza della selezione, con immagine, descrizione e tasto “prenota” per un comodo ritiro in Farmacia.

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Dossier 172

L’alimentazione nella Terza Età

Invecchiare bene dipende per il 70% da fattori ambientali, alimentazione in testa. Il menu della nutrizionista ed i consigli dello psichiatra per gli anziani inappetenti di Melissa Finali biologa, nutrizionista

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2015 ha dichiarato che nel 2050 gli Over 60 saranno quasi due miliardi, con costi sociali e sanitari elevati per tutte quelle patologie collegate con l’invecchiamento. Dipende anche dal fatto che la popolazione è sempre più longeva, ma il dato più strano è che, nonostante la nostra aspettativa di vita stia aumentando, la viviamo sempre meno in salute, quindi con “acciacchi” più o meno severi, che ne contraddistinguono il decorso e che avvengono sempre più da

giovani. Questo significa che stiamo perdendo mesi e mesi di vita in salute, pertanto è importantissimo imparare a invecchiare bene. Purtroppo durante la Terza Età le carenze nutrizionali sono un problema molto più frequente che è lì, in attesa dietro l’angolo, se gli diamo terreno fertile. Questo scoglio ovviamente è da ricercarsi nell’evoluzione del processo di invecchiamento influenzato dalle abitudini alimentari che si sono consolidate nei periodi precedenti (età matura ma soprattutto età giovanile)

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Dossier e che incidono sulla senescenza, e dai pregiudizi su determinati alimenti che portano a una dieta monotona e senza gusto, abitudini contratte nell’infanzia e in famiglia che conducono spesso le persone con una certa età a un’educazione alimentare poco conforme ai loro bisogni reali. Un altro problema è spesso la riduzione dell’introito alimentare causato dalla perdita di motivazione all’assunzione di cibo, ma anche da questioni economiche. Per tutti questi motivi la dieta occupa un posto estremamente importante. C’è da dire che, purtroppo, un anziano viene costantemente “bombardato” da messaggi contrastanti sull’alimentazione che possono portare molta confusione, fino a non sapere più cosa mangiare, ma soprattutto come vivere serenamente il momento del pasto. Ecco che ne risulta una selezione alimentare con regimi noiosi e con fattori di carenze multiple. Inoltre un’alimentazione selettiva, con poco sapore, estremamente cotta, con poche verdure e legumi che si pensa erroneamente possano influenzare i problemi digestivi più frequenti, può provocare ulteriore inappetenza, aggravando il deficit alimentare e l’astenia dell’anziano. Il tutto complicato da una dentatura difettosa, che è all’origine di una cattiva masticazione che porta a un’ulteriore selezione del cibo spostando la scelta

spesso a favore dei carboidrati come pasta e pane, ignorando completamente il ruolo fondamentale, ma soprattutto la varietà dei cereali, considerati dai più “cibo per uccelli”. A tutto questo si aggiunge la ricerca del gusto del dolce e in particolar modo degli zuccheri più elaborati. Andando avanti con l’età infatti diminuisce il livello di attività fisica e il tessuto muscolare diventa meno efficiente cominciando ad essere rimpiazzato da quello adiposo (sarcopenia). Conseguenza concreta: l’insulina, ormone adibito alla regolazione dei livelli di glucosio ematico che abbassa la glicemia, trova chiusa la porta di alcuni recettori muscolari per il glucosio, innescando la meglio nota resistenza insulinica, che porta alla voglia di zucchero e alimenti dolci. In questo modo lo zucchero viene trasportato verso le cellule adipose e convertito in grasso. Più l’insulina fa fatica a entrare nelle cellule, più ne viene prodotta e si determina la condizione di diabete mellito 2, molto frequente negli anziani. Le modificazioni della composizione corporea, che tendono all’aumento dell’adiposità e alla diminuzione della massa magra, richiedono pertanto un adeguamento delle quantità di cibo proporzionato alla riduzione del fabbisogno energetico, fisiologico con l’aumentare dell’età.

Le sostanze da consumare e quelle da evitare Viste le problematiche di cui sopra, le prime indicazioni su come gestire l’alimentazione dell’anziano potrebbero essere le seguenti: • attenzione alle calorie, né troppe per contrastare l’aumento della massa grassa, né troppo poche per prevenire una eccessiva magrezza; • non eccedere con le proteine di origine animale derivanti da carne e latticini; • attenzione all’eccesso di latticini che potrebbe peggiorare il processo osteoporotico e non il contrario (prediligere piuttosto le fonti di calcio altamente biodisponibile presenti in alcuni alimenti di origine vegetale); • non escludere le fibre per favorire una corretta funzione intestinale e contribuire alla prevenzione di obesità e diabete; • bere durante l’arco della giornata (non solo ai pasti) e prima di sentire sete; • prediligere cibi ricchi di antiossidanti e vitamina E, per prevenire il deterioramento cognitivo, le malattie cardiovascolari e i tumori; • attenzione alla carenza di vitamine tipo B12, B6 e D. Quest’ultima, spesso deficitaria, è fondamentale per permettere un buon assorbimento del calcio alimentare e favorire una adeguata funzione mu-

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scolare e ossea, mentre la vitamina B12 è fondamentale per evitare anemia megaloblastica e per garantire le funzioni cognitive. La B6 invece serve a formare la trama ossea. In tutto questo panorama, la buona notizia è che il nostro invecchiamento dipende solo per il 30% da fattori genetici e per il 70% da fattori ambientali. Questo significa che in base alle nostre scelte possiamo invecchiare bene o male, pertanto anche se i geni non sono dalla nostra parte, possiamo comunque avere possibilità di successo se facciamo scelte giuste e quindi “rallentare l’invecchiamento”. A tale proposito dobbiamo fare attenzione agli alimenti contenenti AGE (Advanced Glycation End Products), ovvero quei cibi che portano alla produzione di sostanze che si formano quando si alza la glicemia sopra i 120 mg/100 ml. In questo caso l’emoglobina diventa glicata e il risultato è l’invecchiamento dei tessuti e la perdita di funzione. È in buona sostanza quello che succede nei diabetici: il corpo invecchia prima e ne risentono tutti gli organi, dalle vene ai reni, dai capillari agli occhi e la pelle, tutto questo per colpa dell’eccesso di zucchero, come dicevamo poco sopra. Gli alimenti che di più influenzano questo proces-


so sono pasta raffinata, farine raffinate, pane bianco, biscotti, consumo frequente di dolci, crackers e un consumo troppo basso di verdure. Quindi è necessario che l’alimentazione sia a basso indice e carico glicemico, costituita da alimenti integrali o semintegrali, nel caso in cui i primi siano più difficili da tollerare per problematiche intestinali, e in ogni caso costituita da alimenti che siano quanto meno lavorati il meno possibile, attingere per esempio dai cereali e pseudocereali, magari sperimentando una cucina più sfiziosa visto che si prestano molto bene per creare tortini, burger e sformati. Gli AGE inoltre si formano quando la cottura di questi cibi supera i 120°C (reazione di Maillard), con scarsità di acqua ed eccesso di zuccheri e proteine. Accanto agli AGE possono formarsi anche gli ALE (Advanced Lipidic Peroxidation End Products), ovvero i prodotti derivanti dalla perossidazione dei grassi che sono quelli che portano all’aumento dei trigliceridi e del colesterolo “cattivo” LDL, pertanto è importante che l’alimentazione sia limitata nel consumo dei grassi saturi, per esempio della carne rossa, burro, panna e latticini in genere, a favore di quelli insaturi del pesce, frutta secca a guscio e olio extravergine d’oliva. C’è da dire però che la concentrazione del colesterolo cresce anche quando si consumano cibi ad alto indice glicemico, pertanto glicemia e colesterolo vanno a braccetto, infatti concentrazioni elevate di insulina contribuiscono alla produzione di colesterolo endogeno. Sono tutte sostanze che incrementano lo stato infiammatorio dell’organismo, spes-

so dovuto allo sfinimento del pancreas che deve produrre tantissima insulina per sopperire ai picchi glicemici, favorendo la comparsa di disturbi comuni nella terza età, come artrite, degenerazione del sistema nervoso e osteoarticolare, neoplasie e infiammazioni croniche. Per questo motivo alcune scuole di pensiero consigliano di non superare i 110°C nella cottura e far sì che sia presente una buona quota di cibi crudi. Pertanto frutta e verdura a volontà, ancora cereali integrali, cibi ricchi di omega 3 come i semi oleosi, il pesce e l’olio di semi di lino, le spezie come la curcuma, lo zenzero e la cannella che possono venirci in grande aiuto per tenere a bada l’infiammazione. Inoltre le spezie che abbiamo appena nominato possono essere utilizzate per dare sapore ai cibi senza usare troppo sale che purtroppo, oltre a essere rischioso per l’aumento della pressione, tipico di questa età, facilita la ritenzione idrica e si sa che la pelle delle persone anziane tende a rimanere più secca. Inoltre cellule ben idratate sono anche cellule che invecchiano meno velocemente, perciò non aspettiamo di avere sete per bere! Un’altra sostanza fondamentale per invecchiare in salute è la lisina, un aminoacido essenziale a partire dal quale si forma il collagene, componente fondamentale delle cartilagini: la troviamo nella ricotta fatta a partire dal solo siero di latte, ma ce ne sono abbondanti quantità anche nei legumi. La biosintesi del collagene inoltre è aiutata dalla presenza di vitamina C, motivo in più per mangiare frutta e verdura.

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Ad ogni patologia il suo menu Vediamo a questo punto quali possono essere gli alimenti e le sostanze specifiche per gestire al meglio le problematiche più frequenti nella Terza Età:

1) Osteoporosi e problemi articolari

Tra gli alimenti a cui bisogna prestare maggiore attenzione per via del loro effetto chelante, ovvero che tendono a trattenere il calcio limitandone l’assorbimento a livello intestinale, ci sono spinaci, prezzemolo, peperoni verdi, uva, bietole, fragole, mirtilli e tè. Per questo motivo non vanno consumati in eccesso. Al contrario le proteine vegetali della soia, amaranto, grano saraceno e dei semi oleosi sono le migliori per assicurarsi la struttura portante dell’osso. Tra quelle animali invece sono da preferire ricotta, pesce, uova e carni bianche, anche se, queste ultime, da usare in piccole quantità. Le proteine di origine animale andrebbero assunte una volta al giorno e non di più, fatta eccezione per lo yogurt. Aiutano l’ossatura il sesamo, cereali integrali, le prugne, i legumi e i semi di lino, chia e noci. Attenzione all’eccesso di latte vaccino e relativi latticini che invece di farci assorbire calcio potrebbero scatenare l’effetto contrario, quindi un giusto quantitativo potrebbe limitarsi alle 2-3 assunzioni a settimana.

2) Mantenere giovane il cervello

I flavonoidi sono sostanze che vengono in aiuto all’attività cognitiva. Uno dei più studiati è il resveratrolo presente per esempio nella buccia dell’uva e nelle noci, per il suo effetto neuroprotettivo, anche nei confronti di patologie come il Parkinson. Ottimo antinfiammatorio a tale proposito è anche la curcuma, una spezia che può essere aggiunta ai cibi che però per l’attivazione ha bisogno della combinazione con il pepe nero; utile anche per i dolori articolari.

3) Colesterolo e glicemia

È fondamentale ridurre l’apporto di acidi grassi saturi provenienti da carni rosse e conservate, burro e formaggi, a favore degli acidi grassi insaturi presenti in semi oleosi, olio d’oliva extravergine spremuto a freddo, avocado. È importante assicurarsi un giusto quantitativo di fibra alimentare per permettere di limitare l’assorbimento di colesterolo e glucosio a livello intestinale.

4) Ipertensione

È necessario eliminare gli zuccheri semplici e gli alcolici, oltre a tenere sotto controllo il peso. Utilizziamo alimenti che aiutano la diuresi, come frutta e verdura cruda ricche di potassio (banane, avocado, prezzemolo e basilico) e ovviamente controlliamo l’apporto di sale. Molto meglio utilizzare le spezie per insaporire i cibi.

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5) Salute dell’occhio

La prima cosa da fare è assicurarsi un bell’apporto di liquidi, perché un occhio disidratato è un occhio che invecchia prima. Dopo di che assicurarsi di assumere buone quantità di vitamina A, consumando per esempio quelle verdure e frutta di colore arancione (carote, zucca, albicocche, mango) ma anche prezzemolo, rucola, radicchio verde e uova, dove si trova in forma attiva. Importantissima è anche la vitamina B2, la cui carenza può causare lesioni dell’occhio, quindi anche qui sono fondamentali cereali integrali e frutta secca, ma anche asparagi e lievito. E in conclusione non facciamoci mancare grassi DHA, un tipo di omega 3, che troviamo nel pesce, nei semi di lino (macinati) e nel loro olio e nelle noci.

6) Reflusso

Il peggior nemico di questo disturbo è lo zucchero, che va evitato, in quanto crea ulteriore acidità. Bisognerebbe controllare anche l’assunzione di patate, pomodori, melanzane, peperoni, caffè e alcol e le proteine animali a cena, che ritardano la digestione, pertanto meglio consumarle a pranzo. Ci si può aiutare inoltre con infusi di finocchio, malva e camomilla e con un pinzimonio di carote, finocchi e cavolo cappuccio, che mettono a tacere l’acidità dello stomaco.

7) Sonno

Il fabbisogno di ore di sonno diminuisce con l’avanzare dell’età, ma questo non significa che non debba essere un riposo di qualità, infatti un sonno disturbato può influenzare la funzionalità cardiovascolare e far diminuire le capacità cognitive, per questo si ipotizza che ci siano anche correlazioni tra sonno di cattiva qualità e primi stadi dell’Alzheimer oltre che con disturbi metabolici. È chiaro perciò che per avere un riposo notturno equilibrato sia necessaria una buona digestione, quindi non consumare la cena troppo tardi ed evitare proteine di origine animale che richiedono tempi lunghi di digestione, meglio verdura, cereali, semi oleosi e legumi, che essendo ricchi di magnesio concorrono per la qualità del sonno. Concludendo, è bene ricordare che l’alimentazione va costruita sulla persona. Ci sono indicazioni di base che possono andare bene per tutti, ma, soprattutto nel caso dell’anziano, è importante farsi consigliare da professionisti del settore che siano in grado di selezionare al meglio gli alimenti più adeguati che non interferiscano con i farmaci (per esempio, se si segue una terapia anticoagulante sarebbe bene non assumere alimenti ricchi di vitamina K come le crucifere) e che siano specifici per determinate problematiche.


L’inappetenza negli anziani e il rifiuto del cibo di Francesco Fioroni medico psichiatra, psicoterapeuta

Capita di trovarli a tavola inappetenti, svogliati nel mangiare anche il loro piatto preferito o che si sono dimenticati di preparare il pranzo, la cena. Per chi vive la terza età, spesso nutrirsi diventa quasi un optional, un di più quotidiano troppo impegnativo. Uno scarso interesse legato al fatto di dover mangiare da soli, ma anche preparare un piatto per due poco cambia. E se manca l’appetito, ingerire il cibo non viene vissuto come un piacere, ma un vero e proprio sforzo fisico. La conseguenza è vedere gli anziani inappetenti scendere di peso giorno dopo giorno, dimagrire drasticamente, fino ad accusare malesseri come mal di stomaco, mal di testa, dolori muscolari e articolari per la carenza di sostanze nutritive. Un percorso subdolo verso la strada del deperimento che preoccupa anche i familiari meno apprensivi, perché gestire gli anziani non è facile. Mangiare è importante sì per sopravvivere, ma anche per fornire all’organismo il giusto apporto di energia utile per svolgere tutte le funzioni sia fisiche che intellettuali, dal pensare al camminare al ricordare. Tenendo conto che, ad una certa età, c’è un dispendio minore di energie, ma anche un’esigenza diversa: occorre rispettare un regime equilibrato e completo di tutti i principi nutritivi essenziali. Per cui è importante che

le persone anziane non scelgano gli alimenti in relazione alle abitudini acquisite negli anni, ma in base alla consapevolezza che ciò che si mangia può influire negativamente sullo stato di salute e sull’efficienza fisica e mentale. Ma quali possono essere le cause che portano all’inappetenza? Diverse, soprattutto se si considerano le varie fasce di età. Si passa da quelle fisiologiche, legate ad esempio al cambio di stagione, e perciò alla modifica delle ore di sole/luce, o a momenti di stanchezza fisica e mentale, a quelle prettamente psicosomatiche, quindi conseguenti a periodi della vita particolarmente stressanti; da quelle patologiche, scatenate da semplici influenze o disturbi gastrointestinali, a quelle prettamente di tipo psicologico-psichiatrico, causate da disturbi dell’alimentazione. Una inappetenza la cui scala di gravità cambia a seconda che sia di tipo occasionale o prolungata. La prima, legata a malanni di stagione, è essenzialmente transitoria, perciò anche più facilmente gestibile e superabile. L’inappetenza prolungata è una condizione a volte più impegnativa da trattare, poiché dipendente da cause organiche come patologie a carico dell’apparato gastrointestinale, renali, ematiche e metaboliche, comprese quelle di origine

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Dossier psichica conseguenza, ad esempio, di uno stato di ansia o di depressione, che nella peggiore delle ipotesi può essere una premessa verso l’anoressia. Lo stato emotivo degli anziani non va mai sottovalutato. Diventati più vulnerabili ma anche più sensibili, si sentono spesso inutili. Avendo già perso il partner di una vita o vedendo negli occhi dell’altro un senso di alienazione mista a rassegnazione per l’inesorabile conto alla rovescia, si sentono arrivati al capolinea della vita, dove ciò che si faceva prima non ha più tanto senso. Un disagio interiore che pesa e incide, anche sullo stimolo dell’appetito. Tristezza e depressione sono per loro dietro l’angolo. Gli anziani italiani sono i più depressi perché perdono presto il ruolo dominante nella famiglia, vivono in solitudine e spesso con disabilità. Così solitamente perdono l’interesse nel cibo o lo considerano non più buono. In alcuni casi la perdita di peso può essere drammatica, fino a 10 chili in una settimana. Da segnalare, anche se meno frequentemente, durante l’episodio depressivo che altri pazienti aumentano l’apporto di cibo con pasti frequenti e abbondanti pur con scarsa gratificazione. Di fatto, la depressione nell’anziano, negli ultimi anni, è stata oggetto di crescente attenzione. Diverse le motivazioni:

1) L’invecchiamento della popolazione, amplificando la prevalenza delle innumerevoli condizioni di svantaggio che sono fattore di rischio di sintomi depressivi, ne ha amplificato la prevalenza. 2) La classe medica ha sviluppato una progressiva maggior sensibilità sui problemi della cronicità e della qualità della vita dei pazienti e di conseguenza anche della sofferenza depressiva degli anziani. 3) Molecole sempre più innovative hanno permesso anche a noi medici specialisti di avere maggior confidenza con i trattamenti psicofarmacologici. 4) In generale, resta il fatto che un quadro clinico depressivo comporta, a tutte le età, un umore disforico (cioè sentirsi tristi, irritabili, scoraggiati, privi di entusiasmo), la perdita di piacere o interesse nelle normali attività quotidiane. La depressione è una malattia che poggia sulla tristezza senza speranza di guarire, sul sentimento di colpa e sul dolore morale. E le espressioni psichiche coinvolte sono l’umore, la psicomotricità, il pensiero e gli istinti. Con presenza, inoltre, di sintomi neurovegetativi che interessano appunto l’appetito, ma anche il sonno e la libido, nonché alterazioni del ritmo sonno-veglia e dei ritmi stagionali.

Depressione in aumento tra gli anziani Il numero di persone depresse nel mondo è salito del 18% nell’ultimo decennio, arrivando a 322 milioni di persone. A segnalarlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (fonte Adnkronos), sollecitando una maggiore attenzione nei confronti dei gruppi di persone ad alto rischio. La crescita della depressione tra il 2005 e il 2015 non è legata solo all’aumento della popolazione mondiale, ma anche a quello dell’aspettativa di vita, segnala l’agenzia delle Nazioni Unite. Il rischio di incappare in questa patologia, infatti, aumenta nelle fasi più avanzate della vita. In media il 5,1% delle donne e il 3,6% degli uomini è depresso, ma i tassi fra gli anziani salgono a circa il 7,5% nelle prime e il 5,5% tra i secondi. Ma le persone avanti negli anni non

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sono le sole meritevoli di particolare attenzione. È importante intervenire anche nei confronti dei giovani, delle donne in attesa e delle neomamme, spiega l’autore dello studio, Dan Chisholm, ai giornalisti a Ginevra. E dal momento che le pressioni sociali sui bambini sono aumentate, gli insegnanti e gli psicologi dovrebbero - secondo gli esperti - insegnare loro strategie di difesa contro la depressione. Anche perché la depressione incide pesantemente sulla qualità della vita delle persone, ed è responsabile del 7,5% degli anni di disabilità globale. Il pericolo di incappare in questa patologia aumenta infine in caso di povertà, disoccupazione, perdita di una persona amata, malattia fisica e abuso di sostanze.


I sintomi da non sottovalutare Passiamo ora ai sintomi. La mancanza di fame può accompagnarsi ad altri che variano a seconda della malattia, del disturbo o della condizione sottostanti. Ad esempio, l’inappetenza può insorgere in concomitanza con sintomi che interessano l’apparato digerente, tra cui crampi o dolori addominali (pirosi gastrica), bruciore di stomaco, nausea, diarrea cronica, costipazione, ma può essere accompagnata a tosse, che si aggrava nel corso del tempo, difficoltà di respirazione, irritabilità e cambiamenti di umore, leggera febbre persistente, tachicardia, spossatezza, etc. Fino a che punto una inappetenza può destare preoccupazione? Ma soprattutto, quali sono le conseguenze più significative? Il primo campanello di allarme scatta verso le carenze nutrizionali, che possono portare un abbassamento delle difese immunitarie, perdita di capelli, insonnia, anemia, debolezza muscolare, affaticamento, ansia, depressione, fragilità ossea, etc, etc., fino ad arrivare alla disidratazione per la minore assunzione anche di liquidi. Quando la mancanza di appetito si prolunga nel tempo, il dimagrimento diventa consistente (facendo registrare a volte uno stato di chetosi, ovvero una carenza di zuccheri nel sangue) fino a far insorgere disturbi alimentari più seri quali l’anoressia, con un rifiuto cronico del cibo a tal punto da mettere a rischio la vita. Conseguenze importanti, soprattutto considerando che nell’anziano la mancanza di appetito è un problema molto comune e di difficile gestione. E allora, come affrontarlo? Una volta esclusi motivi legati a cause funzionali, tipo problemi di masticazione (mancanza di denti o protesi mobili), deglutizione, infiammazioni croniche del cavo orofaringeo, etc. possono essere utili, sempre sotto stretto consiglio medico, l’assunzione di vitamine del gruppo B e C, folati, miscele di aminoacidi, fruttosio, somministrati anche per infusione endovenosa, o polivitaminici, creatina etc. Nei casi in cui la deglutizione sia difficoltosa, ci si può orientare verso i cibi omogeneizzati a base di carne, pesce, verdura e frutta. In ogni caso, è fondamentale individuare la strategia d’intervento a seconda del suo bisogno specifico. Situazioni ben più complesse (tipo grave malnutrizione caloricoproteica) devono essere invece affrontate con interventi mirati (infusione di miscele lipidiche, etc), effettuati sotto stretta indicazione e sorveglianza medica. In linea di massima, la carenza di appetito negli anziani è spesso legata a più cause che si intrecciano tra loro, ma anche ad un disagio psicologico più che fisico, spesso mascherato sotto sintomi diversi che si può curare in maniera non invasiva attraverso farmaci antidepressivi e ansiolitici. Qualora sussistano

forme di depressione con mancanza di appetito e rifiuto di curarsi occorre orientarsi verso un trattamento mirato, perché a rischio. In questi casi la persona non va solo spronata, poiché essendo in una probabile condizione mentale di apatia, non solo non prende iniziative ma è portata verso una negazione di utilità di ogni cosa/azione. Spesso queste persone non si curano di propria iniziativa, ma se lo lasciano fare passivamente quando sono ricoverate, per questo è importante sostenerle e accompagnarle dal medico per una valutazione, contattandolo direttamente per loro conto, spiegando la situazione. Un fattore da non sottovalutare quando si manifesta l’inappetenza, inoltre, sono anche i farmaci che si è costretti ad assumere per l’insorgenza di varie patologie croniche e non solo (quindi antibiotici, antinfiammatori, chemioterapici, etc.) che inibiscono lo stimolo della fame o altri medicinali che alterano il gusto rendendo poco piacevoli i sapori del cibo. Se fosse questa la causa, mai comunque modificare il dosaggio da soli o sospendere la cura. La questione va affrontata con un medico specialista, per capire sia quali possano essere le cause scatenanti, sia le strade da percorrere per affrontare e superare al meglio anche un problema che può sembrare insormontabile. Tenendo presente che oggi esistono diverse soluzioni, da quelle naturali a quelle farmacologiche, in grado di far ripartire lo stimolo per assaporare un piatto della tradizione e un buon bicchiere di vino. Mangiare (bene) è salute. È prendersi cura di sé, partendo dalla tavola.

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Consigli stimolanti: strategie per l’uso Tante e semplici possono essere le accortezze per stimolare l’appetito negli anziani. Piccole strategie che possono essere messe in campo da chi gli vive vicino per far seguire loro una alimentazione regolare e corretta. Prima di tutto occorre pazienza. Cosa non facile da mantenere quando si ha a che fare con i nonni, data l’ostinazione che contraddistingue chi ha una certa età, associata alla mancanza di memoria. Spesso, pur lasciando un pasto pronto a ridosso dell’ora del pranzo, lo dimenticano nel frigo (o addirittura sui fornelli) o si limitano a mangiare un frutto. Sapendo che l’alimentazione aiuta a tenere in salute l’organismo (rendendolo anche meno vulnerabile ai virus), vale la pena insistere e dedicare tempo alla cura della loro alimentazione.

Una passeggiata di mezzora aiuta a stimolare l’appetito In ogni caso, occorre proporre cibi che siano appetibili ma allo stesso tempo digeribili (quindi poco elaborati e poco conditi, non fritti e non piccanti), variati, dall’aspetto e dal profumo invitante (ma non troppo forte), soprattutto scelti tra quelli che sono di gradimento a chi li deve mangiare, serviti nel piatto ad una temperatura adeguata. Occorre non mettere

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ansia né fretta, rispettare i loro ritmi, assecondarli e stimolarli nella giusta misura, proponendo bocconi adeguati alla loro capacità, evitando fonti di distrazione durante il pasto, frazionando la distribuzione nell’arco della giornata anche attraverso le merende. Una strategia per rendere il pasto più sostanzioso è quella di arricchire in senso calorico e proteico le preparazioni, sia con l’aggiunta di alimenti (parmigiano, olio, farine di cereali) sia di integratori fra quelli che si trovano in commercio (solo proteici, solo a base di carboidrati, completi ed aromatizzati) liquidi o in polvere. Un consiglio utile per aumentare la sensazione di appetito è la pratica di un esercizio fisico, regolare, all’aria aperta. Una semplice passeggiata quotidiana di 30 minuti è sufficiente, non serve svolgere un’attività sportiva impegnativa (spesso anche controindicata). Inoltre, un po’ di sano movimento produce effetti benefici sul sistema cardiocircolatorio e sulle articolazioni (qualora non esistano anche qui controindicazioni), incide positivamente sul sonno. Ricordarsi sempre dell’importanza dell’idratazione, bevendo acqua, anche e soprattutto lontano dai pasti. Senza dimenticare gli effetti terapeutici che si ottengono dallo stare in compagnia: mangiare insieme agli altri stimola l’appetito. Come anche dedicare un po’ di tempo alle cose piacevoli, tipo un hobby o giocare a carte: distrae, allenta le tensioni, tiene allenata la memoria e mette di buon umore. Tutti ingredienti che predispongono a rimettere in moto la fame. n




Stretching da scrivania Una postura errata può provocare danni importanti alla colonna vertebrale. I consigli degli esperti e sei facili esercizi per evitare lombalgie, mal di testa e stanchezza di Roberto Moraldi Illustrazioni Sabrina Ferrero

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Lombalgia, mal di testa, collo “indurito”, stanchezza, indolenzimento. È tutto quello che vi capita (o vi capiterà, statene certi) se siete abituati a svolgere un lavoro da ufficio senza prendere le necessarie precauzioni, evitando, per esempio, di stare seduti per troppo tempo davanti al pc, magari assumendo una postura sbagliata. Cioè abbassando troppo le spalle, arrotondandole per curvarsi sullo stomaco (tecnicamente sono definite posizioni a “S” o a “C”), non

facendo pause ad intervalli regolari e dunque non sgranchendo mai le gambe, anche solo per andare alla macchinetta del caffè, non allungando i muscoli del dorso con piccoli esercizi di stretching. Tutto questo senza dimenticare un concetto importante: la colonna vertebrale ha delle curve fisiologiche (cervicale, dorsale e lombare) la cui funzione è sostenere il peso del busto e della testa, oltre ai carichi esterni, e se queste curve esistono non c’è motivo di farle

scomparire o accentuarle con una postura scorretta. Eppure parliamo di un elemento fondamentale nello svolgimento e nella evoluzione della nostra vita. L’ha ben spiegato il dottor Steven Weiniger, medico di Atlanta specializzato in posturologia, biomeccanica e chiropratica, che lo scorso anno ha scritto il best-seller “Stand taller live longer” (più o meno “state dritti, vivrete più a lungo”), nel quale sostiene parecchie cose importanti da sapere.

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Segnali d’allarme: mal di schiena e formicolii Per esempio che una cattiva postura è un esatto indicatore del nostro stile di vita e della nostra età; per esempio che i problemi posturali si manifestano lentamente, ma i loro effetti si fanno sentire nel tempo e non impattano solo sulla qualità dell’esistenza, ma anche sull’aspettativa di vita. A lungo andare, infatti, una postura errata influisce anche sulla capacità di respirare bene e profondamente, comprime gli organi interni e ha conseguenze sulla circolazione e sulla salute del cuore, rosicchiando, anno dopo anno, fino a 7,5 centimetri all’altezza di una persona. Nemmeno a dirlo uno dei primi campanelli d’allarme è costituito dalla comparsa, graduale ma costante, di mal di schiena, mal di collo, mal di testa o formicolio

nelle mani. Molti di questi disturbi si manifestano sia stando seduti sia quando ci si alza dalla sedia. Il dottor Weiniger consiglia di farvi scattare due foto riprese di fianco, mentre siete seduti alla scrivania e poi in piedi. Una volta stampate, tracciate delle linee verticali che colleghino la testa, le spalle e le anche, il che vi permetterà di valutare la vostra reale postura. Dicevamo degli intervalli, che Weiniger chiama “posture break”. Così a palmi il consiglio è di fare delle piccole soste di due minuti ogni ora. Oltre al vostro fisico ne trarrà giovamento anche la produttività, perché i muscoli in continua contrazione consumano più energia e portano più velocemente all’affaticamento. Altro consiglio, che come sappiamo vale per molte altre patologie

è quello di bere acqua. In questo caso l’idratazione serve per migliorare l’elasticità dei tessuti, ma anche per “lubrificare” i dischi intervertebrali, che hanno una funzione da cuscinetto ammortizzante per la spina dorsale. Infine consigli che potremmo definire di buon senso: sfruttate ogni opportunità per lavorare in piedi (parlare con un collega o al telefono) assicurandovi di poggiare il peso su tutta la pianta del piede. Se invece passate molto tempo al cellulare, usate gli auricolari o delle cuffie, per evitare di reggere l’apparecchio sulla spalla, perché a lungo andare questa postura provoca un’asimmetria fra le due metà del corpo. Chi fa sport scelga nuoto, yoga e pilates, che aiutano a muovere tutti i muscoli.

Fate piccole soste di due minuti ogni ora di lavoro

Come sedersi correttamente davanti al pc Passiamo ora ai consigli pratici. Quando si sta al pc o alla scrivania per molto tempo, il carico del busto è sostenuto dalla colonna in misura maggiore, in quanto, stando seduti, le gambe sono “fuorigioco”. Se vogliamo aiutare la nostra colonna vertebrale, dovremo tenere a mente quanto segue: 1) il monitor deve essere perpendicolare allo sguardo. Il che significa che dovremmo poter lavorare senza alzare o abbassare la testa per lavorare, come quando si va a

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fare una fototessera e si sistema lo sgabello sulla linea degli occhi, tanto per intenderci; 2) la tastiera dovrà essere all’altezza dei gomiti, perpendicolari al terreno (ciò risulta però difficile con i laptop o notebook, che dovrebbero per questo motivo essere utilizzati solo per brevi periodi); 3) lo schienale della sedia dovrà essere ergonomico, permettendo la naturale posizione delle curve vertebrali; 4) l’altezza della sedia dovrà con-

sentire il formarsi di un angolo delle ginocchia, con i piedi poggiati a terra, di circa 90°; 5) i piedi dovranno poggiare completamente a terra, anche con l’aiuto di un poggiapiedi o un rialzo; 6) il busto dovrà risultare eretto, mai piegato né avanti né indietro rispetto al bacino. Attenzione però a non eccedere nella rigidità, poiché contraendo troppo i muscoli si rischiano dolorose conseguenze sui dischi vertebrali, oltre che un eccessivo affaticamento del collo e della schiena.


Gli allungamenti del benessere Come abbiamo visto fin qui una delle cose più importanti è mantenere una corretta postura quando si lavora davanti al computer, ma anche i più ligi al... dovere possono comunque trovarsi a mal partito, sentendosi stanchi dopo diverse ore trascorse nella stessa posizione, benché fisiologicamente corretta. Cosa fare allora per non arrivare alla sera indolenziti, con addosso dolori articolari e spossatezza, nemmeno foste andati in palestra invece che in ufficio?

Esattamente quello che dovreste fare (fatelo!) quando avete finito di correre, marciare o saltare durante una lezione di zumba o aquagym: la parola magica, nei casi di post-allenamento o post-scrivania è sempre quella: stretching. Un esercizio fondamentale (pensate al vostro gatto che lo pratica con cura tutti i giorni più volte al giorno) che i vecchi professori di ginnastica chiamavano molto più efficacemente “allungamento”, che permette a tutti i muscoli im-

piegati di rilassarsi e tornare alle loro funzioni normali. Nel caso del lavoro alla scrivania, però, lo stretching non è da relegare agli ultimi dieci minuti della giornata, prima di scappare a casa, ma andrà diluito durante le ore lavorative, a intervalli regolari (magari anche appiccicando un post it davanti agli occhi) per non rischiare di rimanere “incriccati”. A seguire ecco dunque una serie di semplici esercizi di stretching da scrivania, molto semplici e fruibili da parte di tutti.

1. Braccia e dorso

Unite le mani sopra la testa. Piegate il busto verso destra fino a sentire tirare. Mantenete questa posizione per circa 20 secondi e ripetete dall’altro lato. Questo semplice esercizio permette di risvegliare non solo la schiena, ma anche le braccia e le spalle.

2. Braccia, spalle e collo

Provate a toccarvi la scapola con la mano corrispondente. Afferrate il gomito con l’altra mano e spingete dolcemente verso il palmo della mano. Fate la stessa cosa con l’altro braccio. Questo esercizio fa sciogliere soprattutto i tricipiti (i muscoli delle braccia che sentirete tirare), ma fa lavorare anche spalle e collo e può essere eseguito con nonchalance anche durante una riunione!

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3. Gambe

Seduti alla scrivania, stendete in avanti le gambe e tenetele sollevate orizzontalmente per qualche secondo. Ripetete l’esercizio per 5 volte. Il bello di questo esercizio è che non impegna braccia e mani, quindi potrete eseguirlo mentre lavorate, state al telefono o parlate con un collega.

4. Polsi

Stendete le mani di fronte a voi, con il palmo rivolto in avanti. Afferrate le dita di una mano con l’altra e spingete leggermente verso di voi. Fate lo stesso con l’altra mano. In questo modo potrete rilassare i polsi che subiscono fortemente lo stress della tastiera. Potrete eseguire l’esercizio più volte durante la giornata, specialmente prima o dopo aver scritto a lungo, ma state sempre attenti a non spingere troppo.

5. Spalle

Sollevate le spalle (come se faceste spallucce) e mantenetele in questa posizione per circa 5-10 secondi. Abbassatele. Questo esercizio è perfetto per la sensazione di “blocco” delle spalle e può essere eseguito quante volte vi pare durante il giorno. Potete anche abbinare un movimento circolatorio delle spalle per sciogliere i muscoli ancora di più.

6. Braccia

Seduti alla scrivania, incrociate le dita sopra la testa. Stendete le braccia in alto avendo cura di tenere sempre le dita incrociate. Rimanente in questa posizione per circa 5 secondi, anche tendendo un po’ le braccia verso l’alto. Abbassate le braccia, sempre con le dita incrociate. Questo esercizio aiuta a riscaldare i muscoli assopiti di braccia e spalle e aiuta il flusso circolatorio. n

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I massaggi della natura Anche fiori ed erbe come lavanda, rosmarino e sambuco possono essere validi alleati per far rifiorire la pelle. Con un nuovo trattamento che arriva dalle foreste tedesche di Gelsomina Sampaolo

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La primavera è nell’aria, il clima è più caldo, il sole splende spesso, i fiori stanno sbocciando e noi ci sentiamo già meglio, già proiet-

tate verso l’estate. Per questo è bene cominciare a pensare a trattamenti di bellezza, a “rifiorire” ispirandoci proprio alla natura

di questo periodo. E che il vostro problema sia un fastidioso mal di schiena, l’immancabile stress, la ritenzione idrica o la comparsa di

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nuove rughe sul viso, il rimedio potrebbe essere trovato esattamente cercando tra piante e fiori: si chiama Permanent Contour. Si tratta di un metodo di massaggi innovativo, ma del tutto naturale e per farcelo spiegare nel dettaglio abbiamo interpellato la nostra estetista di fiducia, Didona Mihaela Stoica, esperta in trattamenti estetici e di benessere. Didona, come funziona il Permanent Contour? “In pratica si tratta di una tecnica di massaggio, per viso e corpo, effettuato tramite un macchinario che si serve di tamponi in garza naturale contenenti erbe e fiori (selezionati a seconda delle necessità del paziente) attraverso i quali passa vapore acqueo ad una temperatura specifica per ottenere il risultato desiderato”. Qual è la sua genesi? “Esattamente come la stragrande maggioranza di tutti i trattamenti naturali e biologici ha origine in oriente ed ha il grande pregio di unire la scienza terapeutica e la tecnologia recente europea alle antiche tradizioni, le discipline terapeutiche e pratiche occidentali con quelle asiatiche, fondendosi

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in un’esperienza completamente riequilibrante”. Parliamo dello scopo di questo trattamento “Gli scopi e gli effetti sono molteplici... si potrebbe dire che ogni fiore o pianta contenuta nel tampone da massaggio ha un effetto specifico e inimitabile: dal rilassamento, al drenaggio (grazie all’aggiunta di cristalli di sale, ad esempio) ad un effetto distensivo sulla pelle, anche grazie al vapore che passa attraverso la garza durante il trattamento. Il vapore, impregnato degli agenti attivi delle erbe e dei fiori, viene rilasciato sulla pelle in quella che si definisce “fase idrofila”. I movimenti del massaggio, poi, lasciano penetrare più a fondo il mix di erbe e vapore, che può essere arricchito, a seconda delle necessità, anche con oli essenziali”. Quali sono gli “ingredienti” che possiamo trovare nei tamponi? “Sono tantissimi, ma i più richiesti sono il mix Old India, che stimola le recezioni olfattive inebriando e rilassando il paziente e attiva la circolazione sanguigna; quello alle erbe alpine, che attiva la circolazione del sangue, migliora il metabolismo e distende le tensioni muscolari o anche quello alle vinacce, drenante e ideale per prevenire l’invecchiamento cellulare. Infine quello alle alghe è indicato per la pelle a buccia d’arancia e al rassodamento”. Oltre all’effetto puramente estetico, questi massaggi hanno anche uno scopo più terapeutico? “Sì, certamente. Il tampone alla crusca di frumento, ad esempio, ha un effetto calmante e riequilibrante della pelle irritata, mentre quello alla birra è ottimo come tonificante, calmante, antispasmodico e battericida. Poi c’è il tampone al fango di Moor che ha un effetto antinfiammatorio e an-

tispasmodico ed è indicato nelle contratture muscolari. Anche il sale, come abbiamo detto, gioca un ruolo essenziale, soprattutto su pelli irritate e sensibili, perché le leviga e stimola la rigenerazione di nuove cellule”. Ci sono anche erbe e fiori più primaverili all’interno dei tamponi? “Sì, e si possono vedere chiaramente attraverso la garza. Molti vengono raccolti a mano e selezionati accuratamente, per usare solo la parte “buona” del fiore. Ad esempio il tampone alla lavanda, rosmarino e sambuco che ha un effetto drenante, armonizzante e stimolante grazie agli aromi che questi fiori sprigionano. Poi c’è il tampone alla rosa, che unita al lemongrass, permette di nutrire e ribilanciare la pelle, soprattutto quella del viso. Se invece avete una pelle particolarmente delicata, il fiore che fa per voi è la calendula, dall’effetto lenitivo, adatta per chi soffre di couperose, ad esempio. Anche la malva è ottima, in particolar modo per le pelli impure e per combattere l’acne”. Come si svolge il massaggio sul viso? “Con movimenti delicati e profondamente rilassanti che si estendono anche al décolleté. Il massaggio è eseguito contemporaneamente con due tamponi, sui due lati del viso, per un relax totale. Ogni tensione viene così allentata, il viso appare disteso, liscio e rilassato e il massaggio si conclude in genere con una maschera finale che permette agli agenti di oli e erbe di penetrare più profondamente”. Che durata hanno questi trattamenti? “In genere il massaggio del corpo può durare dai 40 ai 60 minuti, mentre quello di viso e décolleté anche 25 minuti soltanto, ma ricordiamo che per prenderci cura di noi stessi non bisogna mai avere fretta!”. n




Stop al caffè. O no?

Meglio consumarlo come panacea di tutti i mali o eliminarlo per evitare controindicazioni? Ecco tutti i pro e i contro, comprese le ultime ricerche internazionali di Benedetta Ceccarini

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Il caffè fa bene, il caffè fa male, quante volte abbiamo sentito pareri contrastanti su questa bevanda diffusissima nel nostro Paese? C’è chi senza la tazzina del mattino non riesce proprio ad alzarsi dal letto e chi ne fa volentieri a meno o lo consuma alla stregua di un medicinale, per tirarsi su nei periodi di fiacca. Ma quali sono i

suoi effetti sul nostro organismo? È vero che va consumato a piccole dosi? Come spesso accade, la risposta sta nel mezzo: assunto in dosi moderate può avere effetti positivi su molti organi e sistemi, ma occhio alle eccezioni! Il caffè, infatti, a causa della caffeina in esso contenuta, è pericoloso per alcune categorie di

persone, come ad esempio i cardiopatici, chi soffre di ulcere gastriche o di colite, ecc… La dose di caffeina che un organismo normale può tollerare ogni giorno è di 300mg, che equivalgono a tre tazzine di espresso (o sei tazze di tè, 10 lattine di cola o 400gr di cioccolato fondente extra).

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Tutti gli effetti positivi e negativi Partiamo dalle buone notizie. Il caffè, se assunto nelle dosi consigliate precedentemente (ovvero al di sotto dei 4mg/kg al giorno) può: • Stimolare la secrezione gastrica, salivare e biliare con un effetto blandamente digestivo. • Rallentare la frequenza cardiaca, provocare dilatazione coronarica e broncodilatazione migliorando le condizioni allergiche e asmatiche. • Combattere l’obesità grazie all’effetto anoressizzante e termogeno della caffeina. • Presenta blande proprietà diuretiche. • Migliora l’attività psicomotoria, le prestazioni atletiche, l’umore e la resistenza al sonno e alla fatica. Negli ultimi tempi, inoltre, molte ricerche si sono concentrate sugli effetti positivi della caffeina. Per fare un esempio, secondo i ricercatori della Stanford University School of Medicine e dell’Université Bordeaux 2 di Bordeaux Cedex potrebbe aiutare a combattere l’infiammazione cronica che spesso risulta associata all’invecchiamento, contrastando gli stati infiammatori e le malattie cardiovascolari legate all’età. Per gli studiosi della University of Wisconsin-Milwaukee, 3 tazzine di caffè al giorno aiuterebbero poi a mantenere il cervello in forma, prevenendo la demenza e il declino cognitivo soprattutto nelle donne. Infine, bere da 3 a 5 caffè aiuterebbe nella lotta contro malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e disturbi neurologici. Ad affermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Circulation, ad opera di un team internazionale di ricercatori coordinato da Ming Ding dell’Harvard School of Public Health di Boston. Come detto, però, c’è sempre un’altra campana da ascoltare e riguarda i lati negativi, che emergono soprattutto a seguito di un

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consumo eccessivo o concomitante ad altri alimenti contenenti caffeina, nicotina o alcol. • Disturbi gastrici come bruciori e acidità di stomaco, esofagite e reflusso gastroesofageo. • Tachicardia, ipertensione e aritmie. • Effetto ansiogeno, che provoca tremori, insonnia ed eccitabilità. • Riducendo l’assorbimento di calcio e ferro, favorisce la comparsa di osteoporosi e quadri anemici. Anche in questo quadro negativo non mancano le ricerche universitarie che evidenziano gli effetti collaterali del consumo di caffè. Una della Duke University, ad esempio, ha messo in luce un aumento di quasi il 10% dell’apporto di zuccheri conseguente al consumo di caffè o bevande con-

tenenti caffeina. In questo modo aumenta il rischio di disturbi cardiovascolari e obesità, anche se, va detto che, ovviamente, non è tanto la tazzina di espresso a causare i danni ma l’eccessivo consumo di zucchero. Insomma, se prendete il caffè amaro non correte questo rischio. L’effetto negativo più evidente del consumo di caffeina è sicuramente la perdita del sonno, che potrebbe essere letta anche come positiva nel caso in cui il caffè si consumi appunto per restare svegli. Meglio non esagerare comunque, se una ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Sleep Medicine ha sottolineato che è sufficiente assumere caffeina entro sei ore prima di coricarsi per compromettere la qualità del sonno.


Cosa succede quando smettiamo di berlo Se dovessimo decidere, per un qualsiasi motivo, di smettere di bere caffè cosa succederebbe? Ve lo siete mai chiesti? Bene: il nostro organismo tenderebbe innanzitutto a compensare la mancanza di caffeina con improvvise voglie di cibo (soprattutto dolci), comportando il rischio concreto di un aumento di peso. Ci sentiremmo ovviamente più stanchi, privati dello stimolante contenuto nel caffè, ma il risposo notturno ne beneficerebbe e, dopo qualche giorno, acquisiremmo un nuovo equilibrio sonnoveglia sicuramente più sano e naturale. Sempre a causa della mancanza di stimolanti, il nostro organismo avrebbe in circolo minori quantità di adrenalina e dopamina, noti

anche come “ormoni della felicità”. Dall’altro lato aumenterebbe l’adenosina, ormone della stanchezza, e potremmo incorrere in spossatezza ed emicranie. Ecco perché si consiglia una riduzione di caffè per gradi e non improvvisa. Per contrastare stanchezza e irritabilità e rimanere comunque svegli e concentrati anche senza caffeina, si può provare a masticare della gomma al sapore di menta. Lo ha provato una ricerca pubblicata sul British Journal of Psychology, evidenziando tempi di reazione notevolmente ridotti e risultati sul lavoro migliori. Tra gli altri effetti negativi dell’astinenza da caffeina anche l’ansia, capogiri, eccessiva irritabilità o sbalzi d’umore e persino la depressione. Ma sono tutti disturbi momenta-

nei che si risolvono generalmente entro una o due settimane. Passando agli effetti positivi, il primo sarà sicuramente un miglioramento delle condizioni dello smalto dentale: più bianco e meno corroso già dopo un paio di settimane. Dopo una sola settimana senza caffeina si noterà un miglioramento generalizzato della capacità produttiva sul lavoro, perché si eliminerà il senso di affaticamento post-pranzo che eravamo abituati a risolvere con il caffè. E per chi ricorresse al caffè per aumentare la motilità intestinale, il consiglio è quello di variare la propria dieta con altri “aiuti” altrettanto validi, come una maggiore assunzione di fibre, acqua ed una regolare attività fisica.

Con zucchero e latte una bomba calorica Come abbiamo visto anche all’interno dell’articolo, non è tanto il caffè a far male, soprattutto alla nostra linea, ma le aggiunte, come zucchero, dolcificanti e latte. Una recente indagine dell’Università dell’Illinois pubblicata sulla rivista Public Health ha evidenziato come l’aggiunta di zucchero o latte (o entrambi) rende la bevanda più consumata al mondo una sorta di bomba calorica. Basta fare un rapido calcolo: se una bustina di

zucchero (pari a 1 cucchiaino abbondante) contiene circa 11 calorie e un cucchiaio di latte 9, aggiungiamo al nostro caffè ogni volta 20 calorie delle quali potremmo fare a meno. Moltiplicate per il numero di caffè assunti ogni giorno (mediamente 3) ed avrete assunto un totale di 60 calorie, l’equivalente di 5 arachidi, 100gr di clementine o un succo di frutta zuccherato! E, cosa ancora più significativa, per consumarle occorrono mediamen-

te 15 minuti di camminata a passo moderato. Nello studio americano si parla addirittura di 69 calorie al giorno in più, rispetto a chi consuma caffè amaro o senza latte. Ma se proprio non riuscite a bere l’espresso amaro, vi suggeriamo almeno di dimezzare la quantità di zucchero o provare il latte di soia, più leggero di quello vaccino con sole 32 calorie ogni 100 grammi invece delle 63 del latte intero o le 49 di quello parzialmente scremato.

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Le regole d’oro per un espresso perfetto Ci sono vari step da seguire per ottenere un espresso perfetto, vediamo quali sono le regole d’oro: Macinatura: deve essere quella giusta, per macchina espresso o moka, le dimensioni della “grana” cambiano molto il risultato finale. Preparazione della macchina: fondamentale il preriscaldamento del circuito interno, facendo scorrere l’acqua calda “a vuoto” prima di fare il caffè. Il rischio, non compiendo questa operazione, è quello di bere un caffè al vago sapore di metallo. Dose giusta: 7 grammi circa per un caffè, 14 per due. Aiutatevi col

misurino, solitamente in dotazione. Pressatura: date qualche colpetto ai lati del filtro per livellare il caffè, poi pressate leggermente. La maggior parte delle macchinette, infatti, hanno un portafiltro pressurizzato e non è necessario premere troppo. Erogazione: una volta premuto il tasto della macchinetta, versate circa 25 ml (l’ideale sarebbe contare fino a 25 perché una buona macchina eroga 1 ml al secondo), finché la miscela non comincia a schiarirsi. Tazzina: meglio se a pareti spesse, per mantenere il calore e la

crema. Se invece siete abituati a fare il caffè con la tradizionale moka, le indicazioni cambiano leggermente: 1) La caldaia deve essere riempita con la giusta quantità d’acqua, cioè sotto la valvola interna. 2) Contrariamente a quello che si fa con la macchina per l’espresso, non pressare mai. 3) Regolare la fiamma del gas molto bassa. 4) Spegnere il gas o rimuovere la moka dal fornello non appena inizia a gorgogliare. 5) Non pulire mai la moka in lavastoviglie o col sapone.

Chi usa la macchina per l’espresso deve far scorrere l’acqua calda prima di fare il caffè

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Nove modi per ordinare un buon caffè Che noi italiani (napoletani in testa) siamo i depositari del segreto per fare un caffè perfetto non è certo una novità, tanto è vero che l’espresso è la cosa che più ci manca quando siamo all’estero. Se però guardiamo la situazione da un altro punto di vista, capita spesso di inorridire davanti alle balzane ordinazioni dei turisti in visita nel nostro paese. Per questo il quotidiano britannico The Telegraph ha stilato questi 9 curiosi “comandamenti” su come gustare un caffè in Italia senza creare incidenti diplomatici. 1) Bere latte solo al mattino Cappuccino, latte o caffè macchiato non hanno senso di esistere dopo le 10 del mattino. Un po’ perché indubbiamente il latte appesantisce e affatica la digestione, un po’ per non rovinare il gusto di un buon pasto. 2) Fare ordinazioni semplici Il turista in vacanza in Italia, di fronte al barista italiano medio, deve scordarsi cose come frappuccini, caffè alla menta o simili. Se proprio volete qualcosa di diverso chiedete un caffè aromatizzato (alla nocciola ad esempio), un marocchino o una spruzzata di cacao sul cappuccino... niente stranezze. 3) Non dire mai espresso In Italia non c’è bisogno di specificare ogni volta: il caffè è sempre espresso. Vanno specificate solo le eccezioni, come il caffè lungo, corto, d’orzo o americano. 4) Il caffè doppio Questo si può ordinare, ma in Italia non è un’abitudine molto diffusa perché gli italiani, preferiscono piuttosto prendere

più caffè nel corso della giornata che una dose doppia una sola volta. 5) Pagare alla cassa dopo aver bevuto A differenza di quanto accade all’estero, in Italia mediamente ci si fida del cliente e lo si lascia consumare il caffè in santa pace prima di esigere il pagamento. Ordinate, gustate e pagate alla cassa prima di uscire. 6) Eccezioni L’ordine dei fattori cambia se ci si trova in un luogo di transito (aeroporti, stazioni) o piuttosto affollato (locali notturni). In questi casi prima si paga la consumazione e poi, mostrando lo scontrino al barista si consuma. 7) In piedi In Italia il caffè si consuma velocemente, in piedi davanti al bancone del bar. Quella di sedersi, anche per ore, al tavolo è un’usanza tipicamente parigina. 8) Caldo ma non troppo Per il motivo di cui sopra, il caffè viene servito a una temperatura tra il tiepido e il caldo. Se fosse troppo caldo, infatti, richiederebbe un’attesa eccessiva per berlo. Non è raro sentir ordinare un cappuccino o un macchiato tiepido (fatto con latte freddo o comunque non bollente), proprio per questa ragione. 9) Eccezioni consentite Queste le varianti accettabili nei bar italiani: cappuccino e caffè latte, caffè macchiato o latte macchiato, espresso con un goccio di latte o un latte caldo con un goccio di caffè (ricordate, solo al mattino); caffè corretto (con alcol), caffè freddo o cappuccino freddo, caffè lungo o un caffè ristretto, eventuale aggiunta di acqua (calda) nel caffè espresso. n

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Come crescere figli in gamba Buon senso e consigli pratici valgono più degli 11 comportamenti educativi elencati da una psicologa americana. Intervista col dottor Cardelli di Gelsomina Sampaolo

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Come mai alcune persone hanno più successo di altre? Perché alcuni eccellono sul lavoro, in uno specifico campo e altri no? Se molto dipende dall’indole e 60 OPTIMASALUTE

dalle occasioni che nella vita ci si presentano, altrettanto deriva dall’ambiente in cui siamo cresciuti, dalla famiglia in cui siamo nati e dall’educazione che abbia-

mo ricevuto sin da piccoli. Tutte affermazioni, fin qui, che possono essere frutto di un banale ragionamento e di buon senso. Ma la psicologa Julie Lythcott-


Gli 11 comandamenti Usa Riportiamo di seguito gli 11 comportamenti consigliati ai genitori dalla dott.ssa Julie LythcottHaims nella sua ricerca per avere figli di successo. 1. Fate svolgere ai bambini i lavori domestici 2. Insegnate loro abilità sociali 3. Riponete alte aspettative in loro 4. Abbiate rapporti sani tra adulti 5. I genitori devono avere un alto livello di istruzione 6. Insegnate loro i rudimenti della matematica già da piccoli 7. Sviluppate una relazione con i vostri figli 8. Siate meno stressati 9. Date valore agli sforzi per evitare i fallimenti 10. Le mamme devono lavorare 11. Meglio avere uno status socio-economico elevato. Haims, dell’università di Stanford, ha presentato una ricerca più dettagliata che elenca ben 11 comportamenti educativi che possono porre ottime basi da piccoli per il successo nella vita da adulti. La dott.ssa Lythcott-Haims ha esposto le sue teorie ad una recente “Ted conference”, la conferenza-evento che si svolge periodicamente negli Stati Uniti e il cui scopo è diffondere idee innovative in tutto il mondo. L’esperta si è rivolta direttamente ai genitori, elencando 11 comportamenti e qualità da avere per facilitare i bambini negli studi ed aiutarli a raggiungere importanti traguardi da adulti. Noi abbiamo analizzato uno ad uno questi suggerimenti insieme al dottor Gianandrea Cardelli, psicologo, psicoterapeuta ed educatore che lavora con bambini e adolescenti. Dott. Cardelli, cosa ne pensa della ricerca della dottoressa Lythcott-Haims? “Ho avuto modo di leggere un articolo sulle sue teorie e mi è subito sorta spontanea una domanda:

cosa significa avere successo nella vita? Essere soddisfatti? Guadagnare molto? Essere famosi? Già le basi di partenza dello studio mi risultano un po’ fumose e possono essere molto soggettive. Detto ciò, mi preme sottolineare come lo studio presentato al TED parte un po’ dalle conclusioni, si tratta di una ricerca a ritroso insomma, svolta partendo da persone famose o di successo e andando a rintracciare comportamenti comuni nelle loro storie infantili e metodi educativi”. Parliamo allora di cosa può essere considerato un successo per un bambino. “Un bambino di per sé non conosce il concetto di successo o di soddisfazione. L’importante per lui è essere sereno, esprimere sé stesso nell’ambiente in cui vive, ricevere attenzioni positive... i bambini fino ai 10 anni, al termine delle scuole elementari più o meno, vivono in una dimensione quasi idilliaca nella quale non concepiscono gli aspetti negativi della realtà come

tali, ma solo tramite gli adulti di riferimento (genitori, nonni o insegnanti)”. Un bambino perciò riflette l’ambiente in cui vive, più che costruirselo... “Sì, il bambino interagisce col suo ambiente, non lo crea propriamente. C’è sempre una componente di temperamento diverso in ognuno, ma sicuramente l’ambiente affettivo in cui un bambino cresce gli dà la misura del mondo che lo circonda e gli strumenti principali per affrontarlo e per poterlo modificare nel bene o nel male”. Entriamo nel vivo degli 11 punti esposti dalla dottoressa Lythcott-Haims. Il primo è educare il bambino a dare una mano con le faccende di casa, cosa che non avviene in tutte le famiglie, specialmente in Italia e con i bambini maschi... “Stavo pensando proprio a questa distinzione un po’ vetusta e stereotipata, se vogliamo. Ma le cose stanno cambiando, non sono più solo le femminucce ad aiutare ad apparecchiare o sparecchiare la tavola e cose simili, anche perché ci sono sempre più papà impegnati sul fronte casalingo e questo crea una più equa distribuzione dei compiti nella quale possono essere inseriti anche i bambini. Facendoli entrare in questo meccanismo di collaborazione domestica, i bambini acquisiscono doti di empatia e imparano il lavoro di squadra che sicuramente gli sarà utile nella vita e nel lavoro da adulti. Inoltre possono sviluppare capacità manuali che gli serviranno in futuro. Questo primo punto mi trova d’accordo con la dottoressa Lythcott-Haims”. La ricerca parla poi di educazione alle abilità sociali, di cosa si tratta e a cosa serve? “Sono tutte quelle abilità di interazione che un bambino sviluppa e migliora nei rapporti interpersonali con i suoi coetanei. Ecco perché si consiglia di mandare i bambini alla scuola materna (se non all’asi-

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lo nido) per socializzare. Ma attenzione, questo non significa dover costringere un bambino timido a socializzare per forza: ognuno ha le sue attitudini che un genitore deve innanzitutto comprendere e favorire. Ogni lato del carattere del bambino può essere volto a suo favore o sfavore, reso una forza o un limite, sta all’abilità del genitore, almeno nei primi anni di vita, cercare di positivizzare le sue caratteristiche. Per fare un esempio pratico virtuoso guardiamo a ciò che ci insegna la Danimarca, uno dei paesi più felici del mondo secondo le Nazioni Unite: nelle scuole si insegna l’empatia, il rispetto degli altri, il lavoro di squadra e l’autostima. Genitori e insegnanti hanno come obiettivo primario lodare gli sforzi dei bambini, indipendentemente dai risultati. I genitori si sforzano di trovare dettagli positivi in una situazione negativa per valorizzare il tempo trascorso insieme”. La dottoressa Lythcott-Haims

menziona poi le aspettative della famiglia e l’insegnamento della forza di volontà come stimolo ai propri figli. È d’accordo? “Su questo punto mi sento di fare delle precisazioni. Secondo la mia esperienza non tutti i bambini sono in grado, almeno in tenera età, di trasformare la pressione dei genitori in uno stimolo. Questo perché in età scolare, come ho detto prima, vivono molto nel loro mondo, e ciò vale a dire nel presente, senza pensare ad eventuali effetti o conseguenze delle loro azioni su un possibile futuro. È certamente vero che i bambini vanno stimolati, nello studio come nello sport, ma magari con metodi ludici, più leggeri e divertenti. Inoltre, il rischio di riporre troppe aspettative sui propri figli è quello di allontanarli o spingerli a fare cose che non rispecchiano la loro volontà o indole, ma quella del genitore. Questo emerge in ma-

niera molto più prepotente durante la fase adolescenziale, quando il mondo idilliaco del bambino scompare per fare posto a quello da adulto. In questo passaggio soprattutto bisogna essere molto cauti, porre le basi del dialogo e della sicurezza durante l’infanzia per poi rassicurare l’adolescente nel momento della ribellione. La metafora che uso spesso è quella del viaggio in barca: durante l’adolescenza il ragazzo parte per scoprire nuovi lidi ed è perfettamente normale che voglia farlo da solo, ma se sa che c’è sempre un porto sicuro in cui tornare si tratterà soltanto di una fase di allontanamento, che non deve preoccupare”. È per questo tipo di aspettative che alcuni ragazzi si adagiano sugli allori o, al contrario, si ribellano ai genitori? “In alcuni casi sì. E ciò avviene in ogni tipo di ambiente: dalle famiglie che vivono un disagio a

Non tutti, in tenera età, sanno trasformare la pressione in uno stimolo

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quelle di estrazione elevata. Se i figli non vengono compresi, responsabilizzati per step e lasciati liberi, a volte, anche di sbagliare, non imparano mai a reggersi sulle proprie gambe e si ritrovano a 30 anni ancora a carico dei genitori. La famosa generazione dei bamboccioni italiani è il frutto di un eccesso di protezione da parte di mamma e papà”. Parlando di estrazione sociale ha toccato un altro punto della ricerca secondo la quale famiglie in condizioni socioeconomiche favorevoli offrirebbero maggiori opportunità ai propri figli. Cosa ne pensa? “Non è detto. Avere più opportunità significa anche avere più scelte, perciò deve essere stimolata la capacità di critica e di autorealizzazione, la motivazione gioca un ruolo preponderante: pensiamo ai rampolli di famiglie potenti che dilapidano il patrimonio senza mai impegnarsi in nulla o, all’opposto, a chi cresce in condizioni di profondo disagio e fa di tutto per riscattarsi ottenendo ottimi risultati nella vita e sul lavoro”. Passiamo ai genitori. Secondo la Lythcott-Haims devono avere un buon rapporto tra loro, essere istruiti e le mamme devono lavorare. “Anche in questo caso non mi sento di generalizzare, ma è chiaro che se un bambino cresce in una famiglia amorevole e con relazioni sane al suo interno sarà facilitato nei rapporti quotidiani e nella sua vita futura in generale. Ricordiamoci che non è sempre necessario discutere di fronte ai figli o in macchina: possiamo spostarci in altre stanze e risolve-

re i nostri problemi da adulti senza necessariamente coinvolgere i più piccoli. Per quanto riguarda il grado di istruzione dei genitori, la ricerca in questione afferma che le madri diplomate o laureate hanno maggiori probabilità di avere figli che faranno lo stesso, ma non sono d’accordo. Spesso avviene anche il contrario, proprio come detto per le condizioni socio-economiche. Di nuovo, non si può generalizzare”. E per quanto riguarda le mamme in carriera? “Anche in questo caso, è difficile dare una risposta univoca, ma dobbiamo sicuramente tenere presente che nella nostra società quasi tutte le mamme lavorano, è la normalità, ma l’importante è trovare del tempo da condividere con i propri figli. Magari non davanti a un tablet o alla tv, ma tempo di qualità. Ricordiamo che la presenza della mamma nei primi 3 anni di vita di un bambino è fondamentale, si tratta di un fattore biologico prima ancora che psicologico. Mamma e bambino sono un tutt’uno e la presenza della madre garantisce al bambino il cosiddetto ‘contenimento affettivo’ necessario a farlo sentire sicuro e protetto nell’ambiente casalingo, fondamentale anche per la costruzione della sua autostima”. Passiamo all’argomento “scuola”. La ricerca sottolinea il ruolo fondamentale delle nozioni matematiche anche prima della lettura e della scrittura. “Il ruolo della matematica nell’apprendimento è stato dimostrato da diversi studi, l’avevano capito già gli antichi greci con la scuola

di Pitagora, per fare un esempio. Ma se un bambino dimostra di non essere interessato né portato per i numeri non va forzato ‘perché lo dice la scienza’. Come detto, i bambini vanno indirizzati ma sempre all’interno del campo delle loro potenzialità e della loro indole, altrimenti rischiamo di minare la loro fragile autostima e fare danni anche gravi”. Questo significa che un bambino deve essere lasciato sempre e comunque libero, anche in un contesto scolastico? “Non esattamente. Il bambino va sempre contenuto, gli va insegnato il comportamento corretto da tenere e va sottolineato quando sbaglia, ma meglio punirlo con uno sguardo di traverso o con un tono di voce severo che con le sculacciate, che spesso si rivelano inutili. Quando sbaglia, il bambino deve innanzitutto capire il perché”. Infine, un punto curioso tra gli 11 proposti durante la conferenza al TED: il nome di battesimo. La Lythcott-Haims afferma che chi ha un nome breve e comune avrà vita più facile da adulto. Lei cosa ne pensa? “Sinceramente? Fa un po’ sorridere. Anche questo dipende da un fattore di autostima, da come ti fa sentire chi quel nome l’ha scelto per te, cioè i tuoi genitori. Chi ha un nome raro o difficile dovrebbe sentirsi speciale, unico, dovrebbe potersi vantare di quel nome e portarlo con fierezza. Il genitore, in questo, deve raccontare al bambino come e perché ha deciso di chiamarlo con quel nome e, anche in questo caso, trasformare la realtà in una favola”. n

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Hobby House

di Gelsomina Sampaolo

Libreria Bambini

Le 6 storie delle paroline magiche

Masha e l’Orso e altre fiabe popolari russe

Lacrime di sale

Una mente sempre giovane

Parole come “scusa”, “grazie”, “per favore” sono semplici ma non scontate: sono alla base della buona educazione ed esprimono rispetto e benevolenza. Agostini S., Tonin M.; Gribaudo; Euro 10,00

Il cartone animato è ispirato a una celebre fiaba tradizionale russa. In questo volume insieme a tante altre straordinarie fiabe. Afanase’v A.N.; Newton Compton; Euro 4,90

In Salute La storia di Pietro Bartolo, il medico che da oltre 25 anni accoglie, cura e ascolta i migranti a Lampedusa. La sua storia si intreccia a quelle di tanti disperati. Bartolo P., Tilotta L.; Mondadori; Euro 17,00

Le neuroscienze e gli antichi saperi orientali sulla resilienza, la mindfulness e le pratiche di riduzione dello stress, mostrano come invecchiare bene, con un cervello sano, vivace e attivo. Alter D., Emmonds H.; Feltrinelli; Euro 16,00

Best Seller

Se non ti vedo non esisti

Anita, redattrice in una rivista di moda, sembra avere tutto ma è inquieta e sbaglia spesso quando si tratta di uomini. Levante, dopo la prova da cantautrice, diventa scrittrice. Levante; Rizzoli; Euro 17,00

Cinema Neruda

Regia: P. Larrain; con L. Gnecco, G. Garcìa Bernal Trama: gli ultimi anni di fuga del celebre poeta cileno. Giudizio: Larrain trova l’equilibrio perfetto tra biopic e film storico.

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Torto marcio

Tre luoghi di Milano, vicini sulla mappa ma lontanissimi tra loro, accomunati da una serie di omicidi su cui indagano il sovrintendente Carella e il vice Ghezzi. Robecchi A.; Sellerio; Euro 15,00

Musica Thick as Thieves Temper Trap

La band australiana cresce e si evolve forse in direzione più pop con produttori di calibro internazionale. La voce resta quella inconfondibile di Dougy Mandagi.



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ricette

Risotto agli asparagi e fragole • 150 g di riso • 8 fragole • 200 g di asparagi • vino bianco, scalogno, erba cipollina, brodo vegetale, olio extra vergine di oliva, sale e pepe verde. Scaldate lo scalogno tritato con l’olio d’oliva, poi aggiungete il riso facendolo tostare un minuto e sfumate con il vino bianco. Unite al riso gli asparagi tagliati e aggiungete sale, erba cipollina e pepe verde. Fate cuocere aggiungendo il brodo gradualmente, mescolando di tanto in tanto. Verso fine cottura aggiungete le fragole sminuzzate e lasciate amalgamare per almeno un paio di minuti.

W Oscar

La vera felicità “La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello (Oscar Wilde) che si ha”

Lo Sapevate?

La Borsa è nata a Bruges nel 1400 La Borsa valori, croce e delizia per molti milioni di persone, è nata ufficialmente a Bruges (Belgio) nel 15mo secolo. Deve il nome alla famiglia di mercanti Van der Burse, di origine veneta (cognome originale, appunto, era “Della Borsa”) presso la casa dei quali si svolgevano le riunioni per determinare il valore delle merci.

Web Zone

Google Masterchef Il motore di ricerca ha aggiunto al suo sistema una funzionalità che, oltre a fornire i risultati in base alla chiave cercata, mostra delle etichette con suggerimenti per ricette più specifiche e ingredienti correlati. Per un periodo Google aveva reso disponibile una ricerca simile per le immagini, ma in questa versione enogastronomica, l’app farà in modo di proporre nuove soluzioni culinarie che il pubblico ancora non conosce.

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Oroscopo Segno del mese Ariete 1/03 - 20/04

È arrivato il momento di mettere a frutto la vostra proverbiale creatività, sia per importanti progetti di lavoro sia nel campo degli affetti. E bando alla sedentarietà.

Toro 21/04 - 20/05

Rinsaldate i legami esistenti, è tempo di fare gruppo per avere successo.

Arriva Lego Life Si chiama Lego Life, ed è una specie di social network per i giovani appassionati di mattoncini colorati che consente ai bambini di informarsi sulle novità e condividere le loro creazioni, con la possibilità di mettere like e commentare. Per prevenire la pubblicazione di contenuti non adatti, Lego si è affidata a società di moderazione che sfruttano un doppio sistema di controllo.

Leone 23/07 - 23/08

Ecco gli album Instagram sta testando una nuova funzione che permetterebbe di caricare fino a dieci foto nello stesso post. Il risultato finale dovrebbe essere una sorta di slideshow, un album vero e proprio per poter creare narrazioni e racconti per immagini, senza essere più costretti a scegliere lo scatto migliore o a fare più post di uno stesso evento.

Vergine 24/08 - 22/09

CONCERTI

Gemelli 21/05 - 21/06

Non siate sempre impazienti. Le decisioni migliori si prendono con sangue freddo.

Cancro 22/06 - 22/07

È il momento delle decisioni emotivamente forti. Non restate in mezzo al guado. Meno sogni e più concretezza per realizzare le vostre ambizioni. Smussate gli angoli col partner. E ogni tanto lasciatevi andare.

Bilancia 23/09 - 22/10

Il naturale carisma vi aiuterà a sconfiggere chi cerca di frapporvi ostacoli.

Scorpione 23/10 - 22/11

Avete da sfruttare quintali di energia, in tutti i campi. Ma attenti a non esagerare.

Sagittario 23/11 - 21/12

Concentratevi su di voi, non sempre essere altruisti porta buoni frutti.

Capricorno 22/12 - 20/01

Non restate nell’ombra, bando alle incertezze e venite allo scoperto senza esitazioni.

Acquario 21/01 - 19/02

Programmate un futuro attivo e rigenerante. L’immobilismo alla lunga fa solo danni.

Pesci 20/02 - 20/03

Avete creatività, talento, immaginazione. Cominciate a mostrarli!

Le date del mese Fiorella Mannoia: 7 Ascoli Piceno, 10 Crotone, 12 Lecce, 20 Napoli, 22 Genova, 23 Reggio Emilia. J-Ax e Fedez: 3 Reggio Calabria, 5 Bari, 7 Padova, 8 Conegliano, 10-11-13-14 Assago, 16 Trieste, 19 Genova, 21 Montichiari, 22 Pesaro. Vinicio Capossela: 2 Firenze, 4 Parma, 5 Ancona, 10 Roma. Giorgia: 1 Roma, 6 Acireale, 8 Bari, 9 Eboli, 12 Perugia, 13 Firenze, 15 Rimini, 18 Ancona, 20 Verona, 22 Padova, 23 Conegliano, 26 Torino. Mario Biondi: 18 Catania, 22 Napoli, 24 Roma. Baustelle: 4 Milano, 7 Torino, 8 Reggio Emilia, 13 Massa, 19 Pescara, 21 Napoli, 30 Roma. Max Gazzè: 3 Roma, 8 Firenze, 10 Napoli, 11-12 Milano, 13 Padova, 14 Torino. Carmen Consoli: 7 Cagliari, 11 Palermo, 12 Agrigento, 14 Messina, 24 Firenze, 29 Mantova.




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