Selezione di Sapori | 2021 04

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I L M A G A Z I N E D I VA L S A N A LUG | AGO 2021


EDITORIALE

SELEZIONE DI SAPORI: Il magazine di Valsana Team editoriale: Giorgia Barbaresco, Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Alessandro De Conto, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Martina Iseppon, Sara Mazzucco, Anna Maria Pellegrino Direttore: Giulia Basso In copertina: Michael Steiner di Eggemoa Foto di Beatrice Mancini Editore: Valsana srl Via degli Olmi, 16 - Godega di Sant’Urbano TV Registrazione Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017

Il cuore di questo magazine è il viaggio, che finalmente torna ad essere possibilità di incontro, di ispirazione, di progettazione. Vi raccontiamo: la prima visita con la rete vendita post-pandemia in Valle Aurina, per incontrare Michael Steiner e riscoprire i formaggi di Eggemoa; “l’intervista al macellaio” Marco Pasquotto dell’Azienda Agricola Le Capanne, dove siamo stati assieme ad alcuni colleghi per capire come nasce la tartare; e soprattutto possiamo ufficializzare le date dei nostri appuntamenti di settembre, in cui avremo la possibilità di reincontrare tantissimi nostri clienti, sia in Italia che all’estero, grazie ad alcune fiere, dal Cheese di Bra (CN) al Mondial du Fromage di Tours in Francia. Un po’ di ossigeno dopo tanti mesi di preoccupazione, che cerchiamo di affrontare con la prudenza richiesta dal momento ma anche con fiducia nella scienza e con l’ottimismo che ci contraddistingue. In questo numero muoviamo anche un passo in un nuovo territorio, quello dei super food, grazie alla collaborazione con White&Seeds, un’azienda giovane che ci ha convito con il kefir, ma non solo. E facciamo un passo avanti anche sul fronte del packaging sostenibile: tante aziende si stanno finalmente muovendo su questo fronte e abbiamo scelto di presentarvi le Lattelline, mozzarelle della Valtellina prodotte dalla Latteria di Chiuro, anche per questo motivo: un originale bicchiere di carta totalmente riciclabile. Non mancano le proposte di stagione, dalla Pasta alla Norma di Danilo Gasparini ai Fiori di Zucca di Anna Maria Pellegrino, ma queste ve le lascio scoprire sfogliando le prossime pagine. Buona estate! Martina Iseppon


SOMMARIO LUGLIO | AGOSTO 2021

Viaggio in Valle Aurina

TUTTI AL MASO!

04

Intervista doppia

POMODORI PER L’ESTATE

Dietro le quinte

I CONTROLLI IN INGRESSO

Il momento migliore per

LA COLATURA DI ALICI

Il mondo a tavola

LE MILLE E UNA NOTTE IN MEDIO ORIENTE

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Economia al forno

NUVOLE AL FORNO

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Novità a catalogo

DELSANTO | WHITE&SEEDS | e molto altro

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Chiedilo al macellaio

LA TARTARE LE CAPANNE

L’Italia è servita

LA PASTA ALLA “NORMA”... NORMALE 24

Abbinamenti a 4 mani

KAISERTEIL 26

Il prodotto dimenticato

CECINA DE LEON IGP

28

Fiere ed Eventi

APPUNTAMENTI IN ITALIA E IN EUROPA

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Lacucinadiqb

FIORI DI ZUCCA FRITTI

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viaggio in valle aurina

TUTTI AL MASO! Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

Il nostro primo viaggio con la rete vendita, dopo la serrata del Covid, è stato in Valle Aurina, per incontrare Michael Steiner e riscoprire i formaggi di Eggemoa 4 minuti di lettura

Il profumo del fieno, l’aria tersa di montagna, la voglia e l’entusiasmo di ritornare a passare del tempo insieme sono le tre cose che assocerò sempre al viaggio fatto a fine maggio da Eggemoa, a Selva dei Molini (BZ); un viaggio diverso, perchè il primo in gruppo dopo la grande serrata del Covid. Un gruppo bello energico, formato dai nostri agenti e collaboratori interni, sicuramente ne riconoscerete più di uno guardando le foto.

Eggemoa è un maso, una struttura fisica e sociale secolare, che è riuscito però a scardinare le logiche del “si è sempre fatto così” attraverso metodo, creatività e originalità. Michael ci ha raccontato che tante son state le “battaglie” con il papà Gebhard per cambiare le ricettazioni dei formaggi e adeguarle così alle richieste di un mercato più ampio del territoriale, e guardando ai formaggi capiamo da soli chi l’ha spuntata tra i due.

Ma mettiamo da parte i protagonismi e concentriamoci sul soggetto principale - lo vedete pure in copertina - Michael Steiner, casaro e titolare insieme ai genitori del Maso Eggemoa.

STEINER Piccolo formaggio a crosta lavata, dalla pasta morbida e suadente, stagionato almeno 5 settimane. Viene prodotto con latte vaccino crudo da vacche allevate in Valle Aurina, alimentate al pascolo in estate e con fieno in inverno. Elegante, fondente al palato, profumato e persistente, rispetta appieno le aspettative per un formaggio “di montagna”. cod 31602 | peso 280 g circa

Con la famiglia Steiner abbiamo iniziato a collaborare nell’Ottobre scorso, in occasione di Sapori, e devo ammettere che le soddisfazioni sono state molte. I loro formaggi a latte crudo hanno riscosso diversi apprezzamenti, non solo per l’aspetto qualitativo-organolettico, ma anche per il pratico formato e i fantasiosi affinamenti.

Arriviamo nel tardo pomeriggio, è la prima giornata di sole di un maggio piovoso, Michael ci accoglie dopo averci fatto da navigatore telefonico per l’ultimo impervio tratto di strada. Non dimentichiamo che Selva dei Molini è un borgo a 1300 metri slm. Dopo Eggemoa è un maso, una aver scambiato quattro chiacchiere lo seguiamo struttura fisica e sociale per visitare la stalla e il secolare, che è riuscito però fienile nella parte storia scardinare le logiche del ca del maso, retrostante alla parte nuova dove ora “si è sempre fatto così” invece ci sono caseificio e attraverso metodo, creatività sala di degustazione.

e originalità

Avevamo quindi voglia di portare tutta la nostra forza vendita ad incontrare il produttore, a toccare con mano gli equilibri tra maso e natura, vacche da latte e pascoli, formaggi e sapori, esperienza e creatività. Per fare cosa? Per prendere coscienza dello stretto legame che c’è tra prodotto, produttore e territorio e capire che questo, oggi più di ieri, fa la differenza sul mercato gastronomico.

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Nella parte storica c’è anche il precedente caseificio, piccolo e a detta del giovane Michael “non più adeguato”. Il sistema maso è molto raccolto, un incastro perfetto che come da tradizione risponde alla triade pascolo - stalla - caseificio. Inoltre esso è concepito a misura di famiglia, 12 ettari di pascolo ai margini del bosco (decisamete ripido, da sfalciare a mano), 15 vacche di Razza Bruna e un caseificio che lavora 3-4 quintali di latte al giorno.


Autoproduzione è la regola aurea a cui il maso si rifà, quanto meno per gran parte del fabbisogno si cerca di reperire all’interno della proprietà ciò di cui si necessita sia in stalla, sia in caseificio. Qualcuno la chiama filiera corta. La stalla è al piano terra, è forse il prossimo locale da restaurare ci dice Michael, vorrebbe dare più spazio di stabulazione alle vacche che per altro non vengono private delle corna come invece si fa di solito, scelta che va nell’ottica del benessere animale. Gli animali escono al pascolo in ogni caso a periodi alterni, non regolarmente e solo a prati asciutti. I prati ripidi non sono sicurissimi per l’animale, e quando un bovino si fa male c’è purtroppo ben poco fa fare. Vige pertanto la cautela e l’equilibrio con la montagna. E’ papà Gebhard che si prende cura di animali e mungitura, ma anche di sfalcio e mantenimento dei prati.

Al piano superiore si trova un posto piuttosto suggestivo e strategico, il fienile. E’ concepito con un corridoio centrale e diverse buche laterali che comunicano direttamente con la stalla e che raccolgono i fieni di sfalci diversi, avendo questi caratteristiche di fibrosità crescenti con l’avanzare dell’estate. Mi spiego meglio. In tarda primavera e in estate è importante si far pascolare le vacche all’aperto, ma anche preparare il fieno che diventerà provvista alimentare per l’inverno. Si opera così una rotazione dei pascoli e dei prati da fieno, cercando di operare almeno 3 tagli nel corso della stagione. Certo, anche la situazione metereologica fa la sua parte. I tre tagli producono fieno sempre diverso, via via sempre più fibroso. Il primo fieno pertanto è il più abbondante, è tenero e facilmente “ruminabile” dalla vacca, darà un latte ricco di proteina; il secondo e il terzo taglio invece sono più scarsi, ma ricchi di fibra eccellente, e daranno un latte più ricco di grasso.

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Michael Steiner dopo gli studi e le esperienze all’estero è tornato a casa nel 2017: da allora è il casaro, oltre che titolare insieme ai genitori, del Maso Eggemoa


Il fienile è un luogo aperto, che ha anche funzione di essicatoio, non sempre il tempo permette di essiccare perfettamente l’erba al sole. L’apertura è una finestra sulla valle, che panorama fantastico, rigenerante.

CANDIDUM Piccolo formaggio a pasta morbida e crosta fiorita, dalle spiccate note lattiche, stagionato almeno 3 settimane. Ha un gusto dolce, con una leggera acidità che lo rende molto intrigante; la crosta risulta leggermente pronunciata all’assaggio

Continuiamo la visita dividendo il gruppo in due per evitare affollamenti: il primo gruppo visita il mini caseificio e le celle di stagionatura ove le formaggelle di Eggemoa maturano su piccoli taglieri di legno, mentre il secondo gruppo ozia sul prato con un calice di vino gentilmente offerto da mamma Irmgard. I formaggi son prodotti sempre in piccoli lotti, potendo quindi operare con tanta cura e manualità. Il caseificio è il regno di Michael: qui mette in pratica gli studi, le esperienze fatte all’estero e quelle accumulate da quando è tornato a casa nel 2017.

cod 31600 | peso 280 g circa

LARIX Caciottina a crosta fiorita affinata con aghi di larice tostati, raccolti da Michael nel bosco intorno al maso. La pasta è morbida e accattivante, il gusto delicato, dolce e suadente, elegante; l’olio essenziale degli aghi di larice riscalda il palato nel finale aggiungendo complessità all’assaggio cod 31604 | peso 280 g circa

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I formaggi li assaggiamo alla fine, nella splendida sala degustazione panoramica di recente costruzione. E’ un’escalation di consistenze , diverse dolcezze, diverse fragranze, accomunate dal fattor comune della finezza. Non cito i singoli formaggi poichè già li conoscete.

FLORALPINA Piccola caciotta a crosta lavata affinata con timo e ginepro, nata dall’idea di Michael di unire in un unico formaggio la cultura alpina e quella mediterranea. Ha un gusto dolce, il timo prevale l’assaggio in un primo momento per poi lasciare terreno all’aroma resinoso del ginepro cod 31601 | peso 280 g circa

Anzi no, uno merita la citazione: il Silva, formaggio stagionale a latte crudo cinto da corteccia di abete. Burrosità, suadenza, resinosità, eleganza sono alcune delle sue connotazioni. Cominciate ad aspettarlo, ad Ottobre ritornerà disponibile. Che bellezza ritornare a visitare anche i produttori più lontani, che bellezza rimettersi tutti in viaggio, che bellezza rimetterci attorno ad un tavolo per degustare dei formaggi. Reportage fotografico di Beatrice Mancini

HERBARIUS Caciottina a latte crudo e a crosta lavata, affinata con la trigonella, la spezia usata anche nel famoso pane altoaltesino “schuttelbrot”. La pasta ha una texture fondente ma sostenuta. Ha un gusto dolce, piacevolmente morbido al palato, decisamente caratterizzato dalla trigonella cod 31603 | peso 280 g circa

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intervista doppia

Giulia Basso giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste

Lucia Amore

Edoardo Trentin

POMODORI PER L’ESTATE Siciliani semi-disidratati o pugliesi confit? D’estate il pomodoro è buono in tutte le salse 3 minuti di lettura

L’avventura di Pomup è iniziata una ventina d’anni fa, da una scommessa: riuscire a creare dal pomodoro, uno dei frutti più noti della terra siciliana, un prodotto completamente diverso da quelli esistenti. “Mio padre si mise in testa l’idea di far nascere un’azienda che producesse qualcosa di unico nel mercato, perciò si concentrò sul pomodoro e cominciò a fare una serie interminabile di prove per ottenere ciò che aveva in mente: un prodotto saporito e polposo, a metà strada tra il fresco e il secco”, racconta Lucia Amore, General Manager di Pomup. Il pomodoro è molto delicato, riuscire a preservarlo non è semplice: l’alta percentuale d’acqua nella polpa fa sì che la contaminazione batterica risulti sempre molto elevata. Perciò il padre di Lucia decise di rivolgersi a degli esperti per farsi progettare dei forni su misura, che riuscissero a disidratare l’ortaggio preservandolo il più possibile. Servirono cinque anni di tentativi, con percentuali di scarto pari al 97%, per riuscire a mettere a punto il metodo e ottenere dei pomodori siciliani semidisidratati dall’aspetto e dal gusto inconfondibile. Intanto Lucia e il fratello, che all’epoca delle prime prove erano ancora ragazzini, diventarono adulti e nel 2015 rilevarono l’azienda, con l’obiettivo di migliorare ancora, puntando sull’innovazione del packaging, il miglioramento saporito e polposo Pomup della tracciabilità e della qualità SICILIA della materia prima. “Facciamo solo forno questo prodotto perché vogliamo semi-disidratati farlo bene - spiega Lucia -. Perciò in Lucia Amore futuro vogliamo ampliare la gamma, ma orizzontalmente, mantenendo pomodori unicità come base l’unicità dei nostri pomodori semi-dried”.

I Contadini nasce in essicatori statici confit Puglia, nel Salento, a due passi da PUGLIA spiagge dorate e Salento iContadini un mare cristallino. Edoardo Trentin La composizione del terreno e il agricoltura integrata microclima ideale, grazie anche alla vicinanza del mare, rendono questa zona perfetta per la produzione di ortaggi. “E’ stato mio nonno Fiumano ad avviare qui una piccolissima azienda agricola: ricordo quando da ragazzino andavo ad aiutarlo nei campi”, racconta Edoardo Trentin, che oggi gestisce l’azienda insieme ai suoi due fratelli. Fiumano coltivava patate novelle, capperi e aveva iniziato a produrre pomodori essiccati, oltre a venderli ad altre aziende che poi ci facevano conserve. “Quando nei primi anni del 2000 siamo entrati in azienda, noi fratelli abbiamo cercato di gestirla adottando una filosofia più giovane e fresca, che puntasse sempre alla massima qualità della merce: nel 2008 abbiamo deciso di creare la nostra linea di prodotti, con l’obiettivo di distinguerci dalla concorrenza anche grazie a un design accattivante. Ancora oggi le nostre parole d’ordine sono qualità e radicamento sul territorio”. L’azienda oggi possiede oltre 20 ettari dove coltiva, a campo aperto e seguendo i principi dell’agricoltura integrata, pomodori, melanzane, zucchine, peperoni e carciofi. Così i prodotti sono sani, oltre a essere saporitissimi. Per l’essiccazione si fa come una volta: gli ortaggi vengono posti su graticci e lasciati al sole o, nel caso dei pomodori, inseriti in essiccatori statici che garantiscono un risultato estremamente naturale.


“Abbiamo intervistato Lucia Amore e Edoardo Trentin, per capire le differenze tra i loro due prodotti” POMODORI SEMI SECCHI POMUP

POMODORINI CONFIT

cod 93626 | peso 2 kg (disponibile anche in formato da 180 g)

cod 93896 | peso 1,6 kg (disponibile anche in formato da 230 g)

1) Nome del prodotto?

Pomup pomodori semi-dried.

Pomodorino Confit I Contadini.

2) Origine della materia prima?

Sicilia.

Salento, Puglia.

3) Caratteristiche della materia prima?

Pomodori tondi, lisci e polposi, di calibro Pomodorini ciliegini, dolci e profumati. medio, con livello di maturazione al 70-80%.

4) Come vengono coltivati?

In serra, per poterli controllare durante A campo aperto e secondo i dettami tutto il ciclo. dell’agricoltura integrata.

5) Come si svolgono la raccolta e la La raccolta è manuale. La selezione è Rigorosamente a mano, prima della selezione? in quattro fasi: sul campo, scegliendo i lavorazione, dopo l’essiccazione e durante il grappoli con frutti di medie dimensioni; in confezionamento in vasetti. azienda per calibro e consistenza; durante il taglio e prima del confezionamento. 6) Vengono proposti interi o tagliati?

Li tagliamo in 6-8 fettine ciascuno.

Tagliati a metà.

7) Come avviene la disidratazione?

In un forno a bassa temperatura, dove i pomodori stanno circa una decina d’ore, espellendo lentamente l’acqua in eccesso: così il prodotto “suda” senza alterazioni di colore e di sapore, rimanendo polposo all’interno.

Viene effettuata a temperatura inferiore ai 50 gradi, su telai posti in essiccatori statici. Così si mantengono inalterate le qualità organolettiche e il colore rimane brillante.

8) Quali ingredienti utilizzate per il Prima di infornare usiamo del sale, Zucchero e sale in proporzioni diverse, per condimento? conservante naturale che ci aiuta a far conferire una piacevole nota agrodolce. espellere l’acqua. Dopo la disidratazione aggiungiamo aglio, origano e olio di semi di girasole. 9) Perché è diverso dagli altri?

Perché è un prodotto fresco e naturale: già E’ una produzione totalmente artigianale, dal colore si nota la differenza. che sfrutta la ricetta Confit, inventata dai francesi, ma ci aggiunge un tocco unico dato dal metodo di essiccazione, che consente di ottenere un prodotto morbido e qualitativamente superiore.

10) Consigli per la conservazione?

Da chiuso basta tenerlo in frigo, una volta Il prodotto è stabile, ma una volta aperto aperto va ricoperto con olio di semi e dura conviene consumarlo in breve tempo, nel giro un 15 giorni circa. di alcuni giorni.

11) ) Qualche abbinamento da suggerire? E’ ottimo frullato e messo in bruschetta o Sono eccezionali abbinati a una tagliata di per condirci una pasta pomodoro e tonno. manzo, o aggiunti come rivisitazione delle classiche orecchiette alle cime di rapa, o ancora accanto a un branzino per un tocco leggermente agrodolce. 12) Un suggerimento per una pizza: Mortadella e pistacchio, con il Pomup pomodorini e...? da aggiungere a fine cottura. O con un formaggio dal sapore forte come un pecorino o un cacio: si esaltano a vicenda.

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Adoro la ricetta classica, con una bella mozzarella di bufala e basilico fresco o con pesto di basilico. Il Confit va aggiunto sempre dopo la cottura.


dietro le quinte

I CONTROLLI IN INGRESSO Un processo articolato, per intercettare da subito eventuali problematiche e garantire la qualità dei nostri prodotti Martina Iseppon Responsabile Marketing

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L'ingresso dei prodotti nel nostro magazzino segue un rigido protocollo definito nel piano HACCP che prevede tre fasi: 1) lo scarico del pallet che ci viene consegnato dai trasportatori e il precarico; 2) il controllo dei prodotti e il carico della merce idonea in banchina; 3) il versamento a scaffale. Solo a questo punto i prodotti, verificati dai nostri ragazzi del reparto "ricezione merce", eventualmente con il supporto dell'ufficio qualità, diventano disponibili e possono essere prelevati per evadere gli ordini dei nostri clienti.

40-50 pallet di merce in ingresso ogni giorno

12.616 ordini fornitori caricati nel 2020

942 resi a fornitori per merce non conforme nel 2020

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I CONTROLLI ALLO SCARICO

Ogni giorno riceviamo circa 40-50 pallet di merce che vengono accuratamente verificati dai nostri ragazzi del reparto "ricezione merce". Il primo filtro è affidato a Benedetto Patera, responsabile dello scarico, che si occupa di controllare innanzitutto le condizioni igieniche del vano di carico del trasportatore con cui la merce ci viene consegnata, ma soprattutto la temperatura a cui la merce ha viaggiato. Il rispetto della catena del freddo è infatti fondamentale per garantire la sicurezza alimentare e la corretta conservazione dei prodotti. Su questo siamo molto rigorosi: nel foglio di entrata che riporta la lista dei prodotti in ordine che ci aspettiamo di ricevere è riportata anche la temperatura massima a cui la merce può viaggiare; se la temperatura riportata nel foglio di entrata non è rispettata viene avvisato l'ufficio qualità e la merce viene respinta direttamente allo scarico. Se la catena del freddo è rispettata, Benedetto procede quindi con la verifica dell'integrità e con la conta dei colli, dati che vengono riportati nel foglio di entrata assieme alla temperatura rilevata allo scarico. Terminati i controlli con esito positivo viene apposto sul documento di trasporto il timbro di accettazione della merce,

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che può quindi essere precaricata a PC, per dichiarare che la merce è arrivata. Tutte le fasi di movimentazione della merce vengono infatti gestite attraverso un software di WMS (Warehouse Management System) ossia di gestione del magazzino, che permette di gestire la rintracciabilità di ciascun prodotto/lotto. Prima di passare alla fase successiva viene richiesta a Benedetto solo un ultima verifica, ossia controllare che nei bancali non ci siano animali infestanti: i bancali vengono quindi posizionati in una cella di ingresso definita "banchina", dove verranno poi gestiti dai colleghi che si occupano del carico.

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LA BANCHINA E IL CARICO A SISTEMA

Christian Sacconi e Christian Rizzo sono le persone che si occupano principalmente del controllo dei singoli prodotti e del loro carico a sistema, per renderli poi disponibili per gli ordini. Li affiancano anche Mario Antoniazzi, al momento il nostro jolly tra diversi reparti ed Enrico Terzariol, che a breve concluderà la sua esperienza in magazzino per mettersi in gioco e iniziare un nuovo percorso di carriera come agente, sempre in Valsana. Il carico è la fase più delicata dei controlli in ingresso, perchè per ciascuna referenza devono essere verificati e registrati sul terminalino lotto, scadenza e quantità, sia a pezzi che a peso, verificando inoltre la corrispondenza tra prodotto e documento di trasporto. Scritto così sembra facile, non fosse altro che, lavorando con piccoli artigiani, ogni produttore ha un suo modo di indicare il lotto, con timbri, sigle e quant'altro, che dobbiamo essere in grado di decodificare. Ogni bancale viene spalletizzato per poter separare ciascun prodotto/lotto, che viene verificato singolarmente e identificato con un


codice a barre (SSCC) monoprodotto e monolotto, per gestire la rintracciabilità. Viene inoltre fatta una verifica della shelflife dei prodotti in ingresso, che devono rispettare la vita minima richiesta all'arrivo stabilita dal nostro ufficio qualità. Chi si occupa del carico è inoltre responsabile di verificare che i prodotti rispettino i requisiti concordati con i produttori, ad esempio in termini di stagionatura, in base a quanto stabilito nei capitolati di acquisto. Anche in questo caso, laddove vengano riscontrate delle difformità viene interpellato l'ufficio qualità, che valuta se i prodotti possono essere comunque accettati oppure se devono essere respinti. I nostri ragazzi, grazie alla loro esperienza, riescono spesso a intercettare eventuali problematiche di etichettatura o di prodotto, segnalazioni importantissime che ci permettono di gestire tempestivamente eventuali problematiche. I prodotti conformi, una volta caricati, vengono quindi posizionati in una cella di transito, in attesa di essere versati a scaffale.

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IL VERSAMENTO A SCAFFALE

Andrea Colmellere, Andrea Michielon e Alessio Botteon sono i ragazzi che in primis si occupano di posizionare nelle rispettive celle i prodotti, una volta verificati e caricati dai colleghi. Ciascun pallet viene quindi prelevato dalla cella di transito e portato nella cella di destinazione, stabilita in base ai requisiti di conservazione di ciascun prodotto in termini di temperatura e umidità. La maggior parte dei nostri prodotti viene infatti gestita con un picking assegnato: ciò significa che ogni prodotto ha un posto ben definito all'interno del nostro magazzino e ogni volta che arriva viene posizionato sempre nella stessa cella e sempre nello stesso scaffale. La merce viene versata in modo da facilitare i colleghi che si occupano del prelievo, quindi secondo la logica FIFO (First In First Out), che prevede che il primo prodotto che entra sia anche il primo a uscire. Viene sempre verificata la scadenza dei prodotti già disponibili a prelievo, solitamente di un lotto precedente, in modo da posizionare il nuovo lotto dietro a quello già disponibile oppure in un posto scorta, più in alto nello stesso scaffale. Una volta confermato il versamento, i prodotti diventano finalmente disponibili e possono quindi essere prelevati dai colleghi del reparto spedizione per soddisfare gli ordini dei nostri clienti. L'ingresso merce è un processo articolato, che abbiamo messo a punto negli anni, nel tentativo di garantire un controllo accurato di tutti i prodotti nel momento in cui entrano nel nostro magazzino. Il filtro all'ingresso è infatti importantissimo per poter intercettare subito eventuali problematiche e garantire così la qualità dei prodotti della nostra selezione. Non sempre magari ci riusciamo, ma facciamo del nostro meglio per provarci!

I nostri ragazzi del reparto "Ricezione Merce" Sono loro in prima battuta i garanti della qualità dei prodotti che entrano in Valsana. Un compito che vivono con grande impegno e responsabilità.


il momento migliore per...

LA COLATURA DI ALICI Colatura in estate? Certo che sì, ancora di più in questo momento in cui vengono aperte le botti del 2018 Giorgia Barbaresco Responsabile Qualità

6000 kg di alici fresche lavorate ogni anno (circa 700 casse)

53 kg il peso di una botte completa (contiene l’equivalente di 7 casse)

2/6 litri da una singola botte si ottengono dai 2 ai 6 litri di colatura

4 minuti di lettura

In questo periodo dell’anno normalmente aumenta il consumo di frutta e verdura, piatti freddi e cibi freschi, perché diciamocelo, chi ha voglia di stare tanto tempo ai fornelli con il caldo estivo? Pensando all’articolo e a quale fosse il prodotto “giusto” mi sono venute in mente diverse proposte, spazzate via in un baleno dopo una telefonata serale con l’amica Imma di Acquapazza Gourmet. Ci stavamo scambiando stati d’animo e considerazioni sul periodo che abbiamo attraversato e su quelli che possono essere gli aspetti positivi, perché ogni medaglia ha il suo rovescio e abituarci a vedere entrambe le facce ha i suoi vantaggi.

IL MOMENTO E’ ORA Imma mi racconta che il forte rallentamento delle vendite di colatura ha prolungato la permanenza delle alici nelle botti e in questo periodo stanno aprendo quelle dell’annata 2018. Mi si è accesa una lampadina, ho pensato “questa è un’occasione imperdibile, sarà difficile che si ripresenti, devo assolutamente raccontarlo!”. E così anche se tradizionalmente sul territorio la colatura è vista come un condimento per il periodo natalizio, voglio dirvi che è questo il momento migliore per degustare la Colatura di Alici di Cetara di Acquapazza! LA COLATURA Per chi non la conosce la colatura di alici è un prodotto ottenuto dalla maturazione delle alici (Engraulis encrasicolus L.) sotto sale, si presenta come un liquido trasparente e ambrato. È una specialità tradizionale prodotta nel piccolo borgo marinaro di Cetara, in Costiera Amalfitana. Il profumo intenso e persistente richiama quello di alici sotto sale, di alici fresche e di salmastro. Il sapore umami è deciso, con spiccata sapidità percepita. Uso questo termine perché la sapidità non è esclusivamente dovuta all’utilizzo del sale ma VALSANA | 12

è anche conseguenza dei processi enzimatici e della parte proteica residua, caratteristica del loro processo produttivo, per questo diventa un ingrediente eccezionale se si vuole ridurre l’utilizzo del sale (2 g di colatura insaporiscono come 10 g di sale). IL PROCESSO PRODUTTIVO Nel periodo che va da marzo a luglio le alici vengono pescate nei pressi della costiera amalfitana nel Golfo di Salerno, immediatamente vengono sistemate in casse (del peso di circa 7-10 kg ciascuna) e ricoperte di ghiaccio. In questo modo arrivano freschissime e subito si inizia la lavorazione (fig. 1) che deve essere il più rapida possibile (la loro dura 4/5 ore) per ridurre al massimo la formazione di istamina, un composto azotato spesso presente nel pesce conservato e che in quantità elevata può scatenare reazioni allergiche. Per questo Acquapazza analizza la colatura di ogni botte prima che venga commercializzata. Tutto il processo produttivo richiede un enorme lavoro manuale, all’arrivo delle casse viene fatta una cernita della materia prima, scartate le sarde e le alici non integre. Quelle selezionate vengono poste su un banco e coperte di sale per far uscire parte del liquido e sciogliere il ghiaccio. A questo punto personale specializzato (una volta erano solo donne ma il lavoro è molto pesante quindi oggi vengono formati anche gli uomini per farlo) procede con la decapitazione ed eviscerazione delle alici, eseguita esclusivamente a mano, per ottenere la completa rimozione della testa e delle interiora, evitando l’insorgenza di possibili alterazioni del prodotto durante la maturazione. Arrivati fino a qui già si perde un terzo del peso iniziale. Le alici più grandi verranno destinate alla produzione di alici sotto sale, messe ordinatamente in botti di legno dove vi rimangono (nel caso di Acquapazza) per almeno 8/9 mesi. Le alici più piccole,


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invece, vengono destinate alla produzione di colatura, allo stesso modo vengono fatti strati di alici e sale, fino a riempire la botte (fig. 2) e terminato il riempimento si chiude con un disco di legno sopra il quale viene messo un peso di circa 20/22 kg. Questa azione di pressatura farà salire nei giorni successivi del liquido, un misto di acqua sale e sangue che viene eliminato. Questo processo continua fino a quando il liquido che fuoriesce sarà solo di un paio di dita e a questo punto il peso viene sostituito con un sasso (fig. 3), come vuole la tradizione e le botti, generalmente di castagno, trasferite in bottaia dove la temperatura è controllata e l’aria filtrata. Ovviamente la bassa temperatura richiede tempo per la maturazione. PERCHÉ È DIVERSA DALLE ALTRE A Cetara la colatura si produceva proprio a partire da questo liquido di scarto che veniva trasferito in un contenitore di vetro e lasciato sul balcone fino a dicembre. Quando poi lo si donava ad amici e parenti si trasferiva in bottiglie di vetro nelle quali si infilava qualche rametto di origano al posto del tappo, per tenere lontane le mosche. Si trattava quindi di un prodotto di scarto della produzione di alici sotto sale. La colatura di Acquapazza invece è il risultato della sovramaturazione delle alici, è un prodotto nobile, intenso e raffinato, ottenuto solo ed esclusivamente con alici selezionate e sale marino di Trapani della salina Culcasi. Un altro focus doveroso riguarda il tempo della maturazione. Secondo il disciplinare di produzione della Colatura di Alici di Cetara DOP, il processo di maturazione dura 7-9 mesi, Acquapazza invece non inizia mai la spillatura se non sono trascorsi almeno 18 mesi. INFLUENZE E CONTAMINAZIONI Qualcuno potrebbe chiedersi perché ci sono queste differenze e quale sia l’origine di questa colatura. Non si tratta di un’invenzione o di una

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modifica dovuta all’innovazione, bensì, come è spesso accaduto nella storia delle specialità mediterranee, è frutto di una contaminazione fra paesi legata agli spostamenti dell’uomo. Al tempo dei romani, durante le guerre puniche, veniva utilizzato il Garum (una salsa liquida di origine orientale ottenuta macerando le interiora dei pesci con erbe e sale) come condimento di varie pietanze. Si produceva nei centri nordafricani da Cartagine alla Numidia, l’attuale Algeri, ed è proprio da qui che deriva la colatura di Acquapazza. Nel dopoguerra molti sono stati costretti a emigrare perché il territorio non offriva la possibilità di lavorare e così il padre di Pasquale, cognato di Gennaro Marciante, partì alla volta dell’Algeria. Al suo rientro in Italia portò con sé qualche botte, ma soprattutto l’arte di preparare una colatura diversa, un vero concentrato di profumi e aromi, diverso da ciò che era abituato a consumare quando era partito. Così, nel 2003 è iniziata la produzione di colatura per il ristorante Acquapazza, attività che nel 2013 ha dato poi vita ad Acquapazza Gourmet. PROFILO GUSTATIVO Se avete già avuto modo di acquistare questa colatura avrete notato che il colore dapprima ambrato diviene più scuro con il passare del tempo: è la naturale ossidazione del prodotto in vetro alla luce del sole, che vi assicuro non influenza minimamente il sapore. Se l’avete già assaggiata sarete d’accordo con me che non può essere confusa con altre colature, ma vi consiglio di provarla in questo periodo: le botti del 2018 regalano una complessità che commuove, il primo impatto è di spiccata sapidità ma immediatamente si trasforma in un’esplosione di sapori e aromi, un vero concentrato di alici, lungo e persistente, il sale sparisce, il palato rimane pulito e coccolato dalle note più calde di legno e tostato. Buona degustazione e buona estate!

COLATURA DI ALICI DI CETARA cod 94000 | boccetta 50 ml cod 94001 | boccetta 100 ml cod 94002 | bottiglietta 250 m l IN CUCINA Ideale nelle preparazioni estive: usatela sulle verdure cotte alla piastra o crude, per preparare gli spaghetti aglio olio e peperoncino (non salate l’acqua della pasta, aggiungete la colatura quando la saltate in padella), nell’insalata di riso con pomodori, tonno e capperi, per preparare un pesto fresco con olive e mandorle tritate. Oppure cimentatevi con la preparazione del Pesto alla Cetarese. Qui sotto il video di Gennaro Marciante che spiega la ricetta:

valsana.link/pesto-alla-cetarese


il mondo a tavola

LE MILLE E UNA NOTTE IN MEDIO ORIENTE Vittorio Castellani giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com

La cucina mediorientale è considerata come una delle massime espressioni della cultura gastronomica del mondo arabo. Questo riconoscimento è frutto dell’apporto di culture millenarie che qui si sono incontrate, mescolate e armonizzate fino a rendere unico e inconfondibile il suo modo di banchettare 3 minuti di lettura

Spesso si sente parlare in modo vago e confuso della cucina araba... Comunemente sotto questa etichetta troviamo citati piatti come il couscous, i falafel o il doner kebab, solo per citare qualche specialità, che appartengono in realtà a tradizioni diverse, si spazia infatti dal nord Africa, alla cucina turco-ottomana passando per quella mediorientale.

e confini geografici, risulta altamente confusivo. Nel nostro viaggio tra le tradizioni mediterranee ci soffermeremo questa volta sulla cucina del Medio Oriente, che tiene insieme un repertorio gastronomico che spazia dall’Egitto alla Siria, passando per Palestina, Libano, Giordania, con la presenza d’Israele, che merita un discorso a parte.

In alcuni casi sarebbe più corretto parlare di cucina islamica, ad esempio quando ci riferiamo a tutte quelle tradizioni gastronomiche sottoposte alla precettistica religiosa coranica, che spaziano però dal nord della Cina, fino all’Asia insulare, passando per il vicino Oriente, in tutti quei Paesi cioè che fanno parte del variegato mondo islamico. Oppure potremmo riferirci alle tradizioni dei soli Paesi che compongono la Penisola Arabica, dove però nessuna delle specialità sopra citate può essere considerata come un cibo tradizionale.

Chi ha avuto modo di viaggiare in quest’angolo del Mediterraneo orientale avrà potuto osservare molte similitudini tra le cucine dei vari Paesi, specie per quel che riguarda il gusto di banchettare in modo conviviale.

Appare quindi evidente che parlare in modo generico di cucina araba, a prescindere da aree VALSANA | 14

Il livello di raffinatezza raggiunto dalla cucina siro-libanese si è imposto come lo standard ed è diventato sinonimo di alta cucina nel mondo arabo, avendo conquistato i gusti e le cucine di alcuni dei più prestigiosi alberghi e ristoranti dei Paesi del Golfo, del mondo islamico e non solo. OLTRE I CONFINI NAZIONALI Parlare oggi di confini nazionali nell’area mediorientale è assai complesso, poiché nel corso dei secoli e sotto le varie dominazioni, gli Stati stessi hanno subito profonde trasformazioni, basti pensare al problema israeliano-palestinese per rendersene conto.


Spesso è proprio quando si parla di cibi come il doner kebab, l’hummus o i falafel, che scatta l’orgoglio nazionale che fa sì che ciascuno si attribuisca la paternità di questo o quel piatto.

Questa pluralità di religioni ha avuto risvolti enogastronomici significativi, la stessa ricetta può essere interpretata in modo diverso in osservanza ai diversi precetti religiosi islamici o ebraici.

Di fatto parliamo di cibi che troviamo in tutta l’area mediorientale. Come mai? Il merito di aver contribuito a una certa omogeneizzazione tra le diverse cucine di quest’area va riconosciuto all’Impero Ottomano. All’epoca dei sultani tutte le migliori leccornie dei territori sottomessi al dominio turco; entravano a far parte del repertorio della Saray Cuisine, ovvero della Cucina di Palazzo di Istanbul.

Nel caso del Libano e di Israele poi troviamo un’importante produzione vinicola, pur trattandosi di un prodotto vietato nell’Islam.

Istanbul, con la sua biblioteca gastronomica, dove vennero trascritte le ricette e i costumi della tavola dei popoli sottomessi, divenne una specie di Università di Scienze Gastronomiche. Una volta diventata patrimonio ottomano, la cucina turco-ottomana venne “spalmata” ed esportata in ogni angolo dell’Impero. È per questo motivo che molti piatti assai simili tra loro li troviamo sparsi dalla Grecia all’Egitto, con leggere variabili locali e denominazioni assonanti. UNA CUCINA, PIÙ RELIGIONI Sarebbe però un errore pensare alla cucina mediorientale come a un’unica espressione della tradizione islamica, poiché le comunità ebraiche e quelle cristiano ortodosse o cattoliche sono assai diffuse, come nel caso del Libano e di Israele, lo Stato ebraico per definizione.

IL BANCHETTO DE “LE MILLE E UNA NOTTE” La cucina Mediorientale è considerata una delle migliori al mondo e si è fatta apprezzare nei cinque continenti per la raffinatezza dei suoi banchetti o mezé. I francesi l’hanno ribattezzata come gastronomie de l’oeil per il suo aspetto scenografico. Immaginate una tavola imbandita con tanti piccoli piattini o vassoi che vengono serviti da un minimo di sei a un massimo di sessanta portate! Si spazia dalle pietanze calde a quelle fredde, da bocconi di terra agli assaggi di mare in una sinfonia di sapori. Il mezé è un cibo conviviale che accompagna tutte le feste ma è anche un pretesto per bere; lo si accompagna solitamente con arak, un distillato d’uva dallo spiccato sentore di anice che può raggiungere i 60° alcolici. Era questo il modo preferito di mangiare dei sultani che amavano sbocconcellare...

VALSANA | 15


economia al forno

NUVOLE IN FORNO Una focaccia soffice ma croccante, una base versatile per proposte al tavolo ma anche per servizi più veloci: stiamo parlando della Nuvola Quadra di Antonio Follador Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione

3 minuti di lettura

UNA NUVOLA, TANTE POSSIBILITÀ

MENU' DEL GIORNO: FOOD COST E MARGINALITÀ

Riprendiamo a parlare di soluzioni da forno e ricominciamo il nostro viaggio da Nuvola Grande Quadra, una focaccia leggera a lunga lievitazione, prodotta con farine di grano tenero di tipo 1 e 0 di provenienza 100% italiana, farina di farro proveniente dal Friuli Venezia Giulia, semola di grano duro pugliese e lievito madre.

In questo numero diamo spazio a tre idee che prevedono tre diversi utilizzi di Nuvola con altrettanti tipi di rigenerazione. Anche questa volta tendiamo un occhio allo strumento del food cost (box giallo). Aggiungiamo però alcune nuove considerazioni: un sapiente uso delle materie prime, tanto più quando queste sono di qualità, può dare soddisfazioni in termini non solo di tipologia o ricercatezza di proposta ma anche di marginalità. Abbiamo parlato lungamente di questo con Antonio, che con la sua esperienza nel settore ci sottolinea sempre quanto i buoni risultati si raggiungano con i prodotti giusti: delle materie prime di qualità, prodotte con cura, seguendo le giuste tempistiche di produzione e senza accelerazioni, hanno un costo più elevato ma consentono il più delle volte di ridurre al minimo gli scarti e quindi di avere una resa maggiore. Ma l'attenzione è posta anche sul sapore: alcuni prodotti sono un vero e proprio concentrato di aromi. Pensiamo ad esempio al Cappero Selargino: rispetto a un cappero qualsiasi ne basterà un quantità inferiore per ottenere un risultato eccellente.

Il nome "Nuvola" lascia immaginare facilmente la leggerezza della pasta ottenuta da una prima lievitazione classica seguita da una seconda di oltre 20 ore in teglino. Ma Nuvola lascia anche molto spazio alla fantasia: di forma quadrata con delle dimensioni di circa 22x17 cm e con una bella altezza si presta a moltissime personalizzazioni, dalla farcitura classica in superficie a quella interna stile panino, oppure tagliata a metà e arrotolata, fino a una versione aggiornata del club sandwich.

NUVOLA GRANDE QUADRA Focaccia leggera grazie a una lievitazione di oltre 20 ore su teglino. E' estremamente soffice ma piacevolmente croccante. Va rigenerata in forno preriscaldato a 220/240 °C per circa 6 minuti cod 95017 | box da 12 x 270g

Il creatore di Nuvola è Antonio Follador e come tutte le sue proposte presenti nel nostro assortimento questa focaccia è confezionata in atmosfera protettiva (ATP): una soluzione messa a punto proprio per andare oltre alla vendita al dettaglio e la distribuzione di prossimità, dando al pane una più lunga conservabilità e un perimetro più ampio di utilizzo. Una soluzione nuova che riesce ad andare incontro alle esigenze spesso variabili della ristorazione. A dirla tutta, abbiamo visto un grandissimo interesse per questo pane parzialmente cotto e semplicemente da rigenerare in forno anche nel mondo della vendita al dettaglio: a riprova della giusta intuizione di Antonio e dell'estrema versatilità delle sue proposte da forno anche per il consumatore finale.

Come non essere d'accordo? PROMEMORIA: IL FOOD COST Per essere sostenibile economicamente il costo della materia prima necessaria per realizzare un piatto dovrebbe mantenersi attorno al 30% del prezzo finale. Per accertarsi di questa proporzione c'è lo strumento del food cost che consiste nell'elencare tutte le materie prime utilizzate nella realizzazione di un piatto assieme alle relative grammature e al costo. La somma dei costi dovrà essere circa 1/3 del prezzo di vendita. D OO

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NUVOLA DEL POSTO La focaccia è stata tirata fuori dal frigo e direttamente farcita con passata di pomodoro, mozzarella julienne, pomodorini freschi a spicchi e olive. Dopo la cottura in forno a 240° C per 6 minuti è stata completata con capperi e pesto. Food cost: € 4,76

ingrediente

costo acquisto

q.tà porzione

nuvola

€ 2,78 al pezzo

1

€ 2,78

mozzarella julienne

€ 7,04 al kg

50 g

€ 0,35

passata solania 0,7 l

€ 1,16 al pezzo

60 g

€ 0,08

capperi 200 g

€ 7,8 al pezzo

5g

€ 0,19

olive taggiasche 190 g

€ 5,57 al pezzo

30 g

€ 0,88

pesto pra 150 g

€ 3,78 al pezzo

10 g

€ 0,25

pomodorini freschi

€ 4,50 al kg

50 g

€ 0,23

costo porzione

CUBE SANDWICH ingrediente

costo acquisto

q.tà porzione

nuvola

€ 2,78 al pezzo

0,5

€ 1,39

pancetta affumicata

€ 9,63 al kg

16 g

€ 0,15

cotto rustichello

€ 11,57 al kg

56 g

€ 0,65

formaggio sesto

€ 9,55 al kg

58 g

€ 0,55

uovo

€ 0,20 al pezzo

1

€ 0,20

Incredibile ma vero: il club sandwich può essere preparato in anticipo! Una rivisitazione del famoso panino creata con tre strati di nuvola (1+1/2) rifilati, tostati e farciti. Si ottiene un mattoncino che confezionato con sottovuoto leggero può durare in frigo un paio di giorni. Al bisogno sarà sufficiente estrarre dal frigo, tagliare in 6 cubi (da cui ottenere 2 spicchi ciascuno) e passare in forno il tempo utile per far sciogliere il formaggio. La porzione è di un 1 cubo che pesa 260 g circa.

verdure

€ 3,00 al kg

55 g

€ 0,16

Food cost per una porzione: € 3,10

costo porzione

NUVOLA IN CICCHETTI Nuvola è rigenerata in forno prima della farcitura, finita la cottura viene leggermente rifilata per ridurre la proporzione di crosta agli angoli e tagliata in 6 porzioni. Per la farcitura ecco sei proposte: "Crudo di Sauris e Bocconcini Borgoluce", "Regina di S. Daniele e zucchine", "Mortadella, stracciatella e pistacchio", "Sopressa e caciofino", "Cotto e Cantadou al rafano", "Burrata di Bufala e pomodorini Pomup". Food cost cicchetto con mortadella: € 0,87

ingrediente

costo d'acquisto

nuvola

€ 2,78 al pezzo

1/6

€ 0,46

mortadella nettuno

€ 7,83 al kg

30 g

€ 0,23

stracciatella 250 g

€ 2,9 al pezzo

10 g

€ 0,10

4g

€ 0,08

granella di pistacchio € 19,50 al kg

q.tà porzione

costo porzione


novità a catalogo

DELSANTO Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

NOVITÀ

Qualità della filiera produttiva, originalità della linea e bontà dei sapori: ecco a voi i nuovi prodotti DelSanto 1 minuto di lettura

Qualità della filiera produttiva, originalità della linea e bontà dei sapori: questi motivi, uniti alla necessità di espandere la scelta del prodotto in conserva, ci hanno fatto pensare di ampliare l’assortimento dell’azienda di Gianni DelSanto. In questo magazine vi presentiamo soltanto una piccola parte delle novità inserite, il resto ve lo presenteranno i vostri commerciali di riferimento. I NUOVI INSERIMENTI Si comincia dai Fagioli Borlotti, legumi rigorosamente italiani che vengono lessati direttamente nel vaso da 300 g: sono dolci, delicati e privi di spezie prevalenti. Facilissimi da utilizzare e integrare sia in preparazioni fredde sia calde. Volendo si può ricavare una crema inserendo il minipimer nel vasetto, mi raccomando non buttate l’acqua di vegetazione! Troverete poi un accattivante antipasto Cipolla e Peperoni in agrodolce, che ci ha colpiti per freschezza, croccantezza e ottimo bilanciamento della parte acetica. Questa è una delle preparazioni che dona alla selezione di DelSanto un tocco di originalità. E’ ora il turno della passata, sembra superfluo dire che è ottenuta da pomodori italiani, ma vi assicuro che non lo è. Unica aggiunta il sale. Niente zucchero, niente erbe aromatiche, concentrati di pomodoro o correttori di acidità. La consistenza è vellutata e il sapore d’altri tempi; la fragranza del prodotto e la dolcezza naturale fan pensare alla conserva di casa, assolutamente da provare. E chiudiamo con delle croccanti Cipolle Borretane in Aceto Balsamico di Modena IGP. Cipolle di piccola dimensione, croccanti, leggermente glassate e belle intense di sapore da reggere il confronto con l’aceto balsamico, un antipasto che ci ha stupiti per bontà e bilanciamento. Gianni suggerisce di non buttare il liquido ma utilizzarlo per condire insalate. Buon divertimento! VALSANA | 18

FAGIOLI BORLOTTI Fagioli di origine italiana lessati e conservati al naturale, in acqua e sale cod 96232 | box da 6 x 300 g

CIPOLLE E PEPERONI IN AGRODOLCE Antipasto fresco, croccante e colorato, a base di cipolle e peperoni gialli e rossi affettati cod 96237 | box da 6 x 280 g

PASSATA DI POMODORI Passata ottenuta da pomodori 100% italiani con sola aggiunta di sale. Dolcissima e vellutata cod 96230 | box da 6 x 280 g cod 96231 | box da 6 x 550 g

CIPOLLINE BORETTANE GLASSATE Antipasto a base di piccole cipolle dalla consistenza croccante, in aceto balsamico cod 96233 | box da 6 x 280 g cod 96234 | busta da 1,7 kg


WHITE&SEEDS

NOVITÀ

Una linea di prodotti freschi dedicata a una sana alimentazione... senza rinunciare al gusto!

YOGURT+CHIA MANGO Minipasto a base di yogurt vaccino arricchito con semi di chia e mango cod 21540MA | peso 180 g

1 minuto di lettura

YOGURT+CHIA PESCA

IL PROGETTO Appena questa giovane azienda si è presentata via mail, ci siamo detti “Incontriamoli!”. Il progetto di Alessandro Guizzardi e sua moglie Federica Zanaglio, biologa e nutrizionista, ci ha colpiti per freschezza, adeguatezza ai tempi, innovazione. Ma di cosa si tratta? Di una linea di yogurt alla frutta additivati di semi di chia e di una linea di kefir, bevanda fermentata a base di yogurt, della quale al momento abbiamo scelto di iniziare con il gusto naturale. Ah dimenticavo, questa linea è prodotta in un caseificio in provincia di Bergamo dove Federica e Alessandro si sono appoggiati per dare vita a questo progetto estremamente interessante. YOGURT E SEMI I semi di chia, originari del sud America sono considerati una fonte di energia strabiliante, se ne parla da anni, e insieme allo yogurt costituiscono un pasto dall’apporto nutrizionale importante (Omega 3, Omega 6, Fibre, Calcio, Ferro, Potassio ecc). Vi dico solo che gli aztechi li chiamavano “semi della forza”. Gli yogurt hanno una dimensione importante da 180 g, proprio perché assolvono alla funzione del mini pasto

nobile, della merenda di metà mattina, ma contengono più fibre di una mela, le proteine di un uovo, gli antiossidanti di 20 mirtilli. Disponibili quattro gusti frutta: mango, pesca, fragola e ribes e infine frutti di bosco. E se la quantità è eccessiva nessun problema, si può chiudere con il tappo salva freschezza e consumare successivamente. IL KEFIR DA BERE Il kefir invece di innovativo ha solo la commercializzazione, perché esiste e si consuma da migliaia di anni dalla Mesopotamia ai Balcani. Si tratta di una bevanda energizzante e nutriente a base di yogurt, acqua, fermenti e lieviti. E’ un cosiddetto superfood, comodo da bere e che ha dalla sua una composizione di fermenti che tanto bene fa al nostro intestino, il secondo cervello del nostro corpo. Il sapore è all’impatto molto simile allo yogurt, ma poi rivela note leggermente acide, di fermentato e formaggio fresco. E’ contenuto in una comoda bottiglia richiudibile da 250 ml e diventa perfetto per integrare la colazione o diventare una merenda ricca di energia e nutrienti.

Minipasto a base di yogurt vaccino arricchito con semi di chia e pesca cod 21540PE | peso 180 g

YOGURT+CHIA FRAGOLA E RIBES Minipasto a base di yogurt vaccino arricchito con semi di chia, fragola e ribes cod 21540FR | peso 180 g

YOGURT+CHIA FRUTTI DI BOSCO Minipasto a base di yogurt vaccino arricchito con semi di chia e frutti di bosco cod 21540FB | peso 180 g

KEFIR BIANCO NATURALE Bevanda energizzante a base di yogurt, acqua, fermenti e lieviti cod 21541 | peso 250 g


novità a catalogo

LE LATTELLINE Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

NOVITÀ

Un progetto nuovo di Latteria Chiuro: mozzarelle prodotte con latte fresco della Valtellina, in bicchiere di carta 1 minuto di lettura

IL PROGETTO DI LATTERIA CHIURO

MOZZARELLA LATTELLINA GOLD Mozzarella prodotta con il latte raccolto da allevatori della Valtellina, dal sapore caratteristico, fresco, dolce e lattico cod 21550 | peso 200 g disponibile anche 100 g x 6 in sacchetto

MOZZARELLINE “PERLE DI LATTELLINA” Mozzarelline realizzate con latte della Valtellina; dal peso di 10 g l’una, sono ideali per spiedini e insalate cod 21551 | peso 150 g

Più il tempo passa più ci accorgiamo di aver integrato nel nostro metro di valutazione di prodotto anche la misura della sostenibilità, dell’impatto ambientale. Il progetto che vi stiamo presentando ne è un chiaro esempio: attenzione al gusto, ma non solo. Ecco a voi le LaTTelline, mozzarelle con latte 100% valtellinese prodotte dalla Latteria di Chiuro e confezionate in un bicchiere totalmente riciclabile in carta. Il processo di sviluppo di questa linea è durato oltre un anno, diversi gli assaggi, molteplici i miglioramenti e gli accorgimenti messi in atto.

sacchetto da 6, dedicata alla ristorazione e che qui non vi presentiamo. Sempre più i produttori di formaggi freschissimi stanno cercando di sostituire gli imballi difficilmente riciclabili, con altri di più facile gestione. Ad esempio già un paio di produttori di mozzarella stanno eliminando il polistirolo a favore del cartone. LA MOZZARELLA

BUONO E SOSTENIBILE

La mozzarella viene prodotta con latte fresco Valtellinese, il sapore è dolce, lattico e semplice, con un finale pulito. La pasta è giustamente succosa, anche perché non si utilizza acido citrico in produzione come accade per le mozzarelle industriali.

Il risultato è piuttosto interessante, si tratta di due referenze che appartengono alla linea Gold della Latteria e hanno come elemento di valore anche un confezionamento innovativo in bicchiere di carta totalmente riciclabile. A queste referenze se ne aggiunge una terza in

Disponibili un paio di formati: la palla intera da 200 g e le Perline, mozzarelline da 10 g ideali per spiedini, insalate o per essere consumate tal quale. Ottima anche la scadenza al momento della produzione che permette una rotazione un po’ più comoda del solito.


AZ. AGR. VENTURIN

NOVITÀ

Ai piedi delle colline trevigiane, una filiera corta locale che ci permette di presentare quattro nuovi prodotti 1 minuto di lettura

L’AZIENDA L’azienda agricola Venturin sorge a Spresiano (TV) con l’obiettivo di allevare vacche da latte e rifornire così i caseifici della zona. Circa 600 le vacche di razza Frisona e in minor parte Jersey oggi in stalla, alimentate con fieno e cereali autoprodotti e una parte di insilato e semi di lino. Una decina di anni fa sorge però il bisogno di dare ancora maggior valore al latte prodotto ed è così che nascono il ben attrezzato caseificio, subito con Bollo CE, e lo spaccio aziendale. LA PRODUZIONE Diverse le ricette casearie messe a punto da Lucio, il minore dei fratelli Venturin, all’insegna della varietà e del servizio. Oggi lavora circa 30/40 quintali di latte al giorno, che dopo la pastorizzazione prendono diverse strade produttive. Il formaggio forse più conosciuto e alto vendente è sicuramente il primo sale Bianca Primizia, non potevamo lasciarcelo scappare. Si tratta di un formaggio rotondo o a stanghe che ben si presta a diverse preparazioni estive, per essere cubettato

in insalate o addirittura piastrato in padella antiaderente. Si ottiene attraverso una pastorizzazione piuttosto incisiva per dare al latte un tono quasi zuccherino e alla pasta una consistenza che canta sotto i denti. In bocca abbina dolcezza, leggerezza e sapidità. Un formaggio pratico, che ben risponde ai gusti “estivi” della clientela. Poi abbiamo scelto anche lo Stracchino: ci incuriosiva l’evoluzione di un prodotto simile messo sottovuoto e con scadenza di 20 giorni circa. È dolce e cremifica con l’andare della stagionatura. Pratico e interessante. Passiamo a due grandi classici, la caciotta e il latteria. La caciotta ha 30 giorni di stagionatura, è salata in pasta e ha una texture quasi lucida e decisamente bianca con piccole occhiature rade. Il sapore è dolce, lattico, con un finale leggermente erbaceo e stuzzicante. E infine il Morbidone, latteria di 6 kg con 25 giorni di stagionatura. Dolcissimo, a pasta occhiata e morbida appunto. Il valore di questo formaggio sta nel sapore e nella filiera corta locale.

BIANCA PRIMIZIA Formaggio fresco, compatto ed elastico, ideale nelle insalata o in padella cod 30093 | peso 2,5 kg

STRACCHINO Stracchino cremoso, dolce e con leggero sentore lattico; persistente in bocca cod 30091 | peso 1 kg circa

CACIOTTA VENTURIN Caciotta stagionata circa 30 giorni, dal sapore dolce, lattico e stuzzicante cod 30092 | 500 g circa

FORMAGGIO MORBIDONE Latteria stagionato circa 25 giorni, dalla pasta morbida e dolce cod 30090 | peso 6 kg circa disponibile anche in 1/4 e 1/2


chiedilo al macellaio

LA TARTARE LE CAPANNE Siamo andati in visita a Le Capanne per vedere con i nostri occhi il processo completo di produzione della tartare Sara Mazzucco Ufficio Qualità

3 minuti di lettura

Se dovessi immaginare un luogo dove il benessere animale, la sostenibilità ambientale, l’ospitalità e la qualità dei prodotti si incontrano, sicuramente penserei subito all’azienda Corte Scaligera. E ora vi spiego il perché. In una calda (quasi rovente) giornata di metà giugno, siamo partiti alla volta di Mozzecane (VR), precisamente località Le Capanne, per far visita a una realtà con cui abbiamo iniziato a collaborare verso la fine del 2020: uno spazio meraviglioso di 700 ettari dove si allevano bovine da carne di razza Limousine. Nello stesso luogo è presente anche un laboratorio per la lavorazione della carne, uno spaccio e un elegante agriturismo a km 0, un vero paradiso per gli amanti della carne.

TARTARE BOVINO ADULTO SCOTTONA Monoporzione per tartare ottenuta da carne di scottona di razza Limousine lavorata rigorosamente da fresco; la consistenza della carne è soda, ma tenerissima al tempo stesso, si percepisce una fibra muscolare di pregio e si distinguono bene i diversi pezzi in virtù della modalità di taglio che non trita la carne. Il sapore è dolce e delicato, privo di residui ferrosi o sierosi, molto elegante cod 84700 | peso 150 g in box da 10 pezzi

Appena arrivati veniamo accolti da Francesco Fortuna, Responsabile Qualità e Commerciale che gestisce l’azienda con molta determinazione e professionalità assieme ad altri membri della famiglia Fortuna, anch'essi coinvolti nell'attività di Corte Scaligera. Ed ecco spuntare dalla porta saloon che divide lo spaccio dal laboratorio Marco Pasquotto, Macellaio esperto e Responsabile di Produzione, che ci invita prontamente a indossare il kit monouso (camice, cuffietta e calzari), impaziente di farci entrare nel suo regno per mostrarci come nasce la Tartare Le Capanne. Il tempo di recuperare una giacca più pesante (la temperatura del laboratorio è di circa +8°C) ed eccoci all’interno: un grande tavolo in acciaio si trova al centro della stanza e tutt’attorno lungo le pareti sono presenti molte attrezzature, strumentazione specifica e alcune bilance. Affacciano su questo locale le celle di stoccaggio della materia prima (+2 °C) e la sala confezionamento ed etichettatura. Marco esce dalla cella frigo con un imponente quarto posteriore di Limousine, facendolo scorrere su guidovie poste a circa 3 metri di altezza che facilitano le operazioni di spostamento dei tagli VALSANA | 22

di grosse dimensioni. Ecco che incuriositi iniziamo a fare qualche domanda. Le bovine stazionano nel vostro allevamento per 6 mesi di tempo quando arrivano dalla Francia e prima della macellazione: quali caratteristiche aggiuntive acquisisce la materia prima durante questa fase di finissaggio? L’ingrasso nelle nostre stalle è molto importante perché è proprio l’alimentazione a determinare la qualità delle carni. La razza Limousine possiede naturalmente una fibra elegante che la rende molto tenera, ma quello che influisce sul grasso, sulla marezzatura e sul colore è appunto la dieta. Questa fase dura all’incirca 6 mesi, fintanto che le bovine raggiungono i 16/18 mesi e sono dunque pronte per la macellazione. L’alimentazione è principalmente autoprodotta in terreni agricoli di proprietà, costantemente monitorata da un laboratorio interno per le analisi in tempo reale e all’occorrenza modificata. I responsabili delle stalle sono dei professionisti con anni di esperienza alle spalle e una formazione specifica in zootecnia. Infine, anche la scelta dei singoli capi gioca un ruolo rilevante: per questo motivo ogni settimana il padre di Francesco si reca in Francia, nella zona di Limoges, per selezionare con il suo occhio esperto le vacche di età compresa tra i 10 e 12 mesi da portare nel Veronese per l’ingrasso. Date molta enfasi al tema del benessere animale: cosa significa per voi? E' un altro pilastro sul quale si fonda l’azienda e che incide senza dubbio sulla qualità finale del prodotto: sono state installate apparecchiature sostenibili in tutte le stalle e i box sono studiati per garantire ampi spazi vitali agli animali. Particolare attenzione è posta anche all’uso dei farmaci, ridotto esclusivamente ai casi di estrema necessità.


Abbiamo davanti ai nostri occhi un quarto posteriore di Limousine, quale taglio viene utilizzato per la produzione della Tartare? La lavorazione avviene sempre a partire da una materia prima fresca e mai da pezzi precedentemente posti sottovuoto o congelati, altrimenti la carne prenderebbe un odore sgradevole. Per la tartare usiamo la fesa lunga o sottofesa, un taglio della coscia particolarmente magro ma molto succoso, quindi ideale per questa preparazione. Abbiamo deciso di usare questo taglio e non la fesa, pur essendo quest'ultima più pregiata grazie a una fibra più fine, poiché la fesa ha una colorazione fisiologica non omogenea: presenta infatti delle zone rosate più chiare alternate a zone rosso granata e questo renderebbe il prodotto finito poco gradevole alla vista. Dal taglio di sottofesa alla cubettatura: come viene processata la carne? La sottofesa viene porzionata manualmente in modo grossolano, mentre la cubettatura vera e propria avviene con un macchinario apposito formato da due griglie contrapposte e un’unica lama, che simula il taglio al coltello. La carne infatti non viene macinata e quindi sottoposta a eccessivo stress come quando viene lavorata con i cutter, ma esce a cubetti come se fosse stata tagliata a mano. Anzi, anche meglio del taglio a mano, perché si evitano surriscaldamenti. Successivamente avviene la porzionatura e l’avvolgimento manuale di ciascuna tartare in carta Perlafol, (fogli di carta in polietilene ad alta densità), con lo scopo sia di mantenere la forma sia di evitare l’eventuale ossidazione dovuta alla perdita di liquidi. In seguito vengono insacchettate singolarmente in buste di materiale plastico idoneo al contatto con alimenti e messe sottovuoto. Il prodotto è quindi pronto per essere etichettato e imballato. Come suggerite di servirla per esaltarne al meglio le caratteristiche? Sicuramente l’abbinamento più classico, che permette di valorizzare il gusto senza coprire la dolcezza e la setosità della carne, è quello con sale, pepe e olio. Se invece volete sbizzarrivi, largo spazio alla fantasia: semi di senape, scalogno, salsa Worcester, tabasco, qualche pomodorino semi secco e il gioco è fatto. Magari accompagnata da una chips di pane croccante. Le papille gustative ringrazieranno. Attenzione però, prima di lavorarla è fondamentale che venga tolta dalla confezione almeno 1 ora prima. È sufficiente riporla in una bowl e lasciarla a temperatura ambiente. Vi garantisco che il colore rimarrà rosso brillante. Questo perché la nostra lavorazione viene effettuata solo da una materia prima fresca e non da tagli sottovuoto. Perché quindi un ristoratore dovrebbe scegliere proprio la Tartare Le Capanne? Scegliere la nostra Tartare significa portare in tavola un prodotto di altissima qualità, assieme alla professionalità e ai valori di un’azienda in cui crediamo da oltre 50 anni. Lavoriamo sempre carne fresca e ci prendiamo cura delle nostre bovine a 360°; crediamo fermamente che l’alimentazione sana ed equilibrata e il benessere dei nostri animali siano il punto di partenza per prodotti sani. Provate per credere!


l’italia è servita

LA PASTA ALLA “NORMA”... NORMALE Danilo Gasparini docente di Storia dell’agricoltura e dell’alimentazione all’Università di Padova

Sinonimo di Mediterraneità, la Pasta alla Norma fa confluire in un unico piatto oriente, mondo arabo e nuovo mondo 3 minuti di lettura

Le origini

Originale, Tipico, Tradizionale? Allora esistono i prodotti, cereali, frutta, carne, pesce… Alcuni di questi l’uomo li ha addomesticati, vedi i cereali, ottenendo ad esempio farina per fare pasta e pane. Poi qualcuno li mette assieme, li cucina insomma elabora quella che noi siamo abituati a chiamare “ricetta” (lo stesso termine che usa il medico quando ci prescrive le medicine, le cure).

E veniamo alla “Pasta alla Norma” che, nel nostro viaggio attraverso l’Italia della cucina, ci porta in Sicilia. La pasta alla Norma è sinonima di mediterraneità. I sapori che la compongono, infatti, attingono a piene mani dalla tradizione culinaria del cuore del Meridione. Allora diciamo subito che alcuni degli ingredienti principali, quanto ad origine, non sono né siciliani né italiani: pasta, pomodoro, melanzane. Tanto per togliere ogni velleità di rivendicazione nazionalista. Qui Oriente, mondo arabo e Nuovo mondo confluiscono.

La ricetta ottenuta poi viene fatta propria dalle comunità e trasmessa oralmente.

Il nome

Qualcheduno la fissa nella scrittura secondo un format consolidato: ingredienti, dosi, operazioni e pratiche per la preparazione attribuendole poi un nome, nominando il piatto insomma.

Ma vi siete mai chiesti quale sia la ricetta originale, dov’è nata e perché si chiama proprio così?

A quel punto la ricetta, il piatto inizia il suo viaggio, viene copiato, contaminato, arricchito, modificato e vive di natura propria e tra gli ingredienti si porta dietro via via leggende, racconti, storie. Allora si capisce quanto sia faticoso e anche affascinante ricostruirne la storia evitando, se possibile, di rivendicare primogeniture, originalità: queste faccende le lasciamo ai “gastro-nazisti” come qualcuno li chiama, ai patiti della tradizione, quella vera, che si perde nella “notte dei tempi” e che da sempre è “tipica” di quel territorio.

La pasta alla norma nasce a Catania, diventando presto, grazie al suo successo, un piatto diffuso in tutta la Sicilia. Secondo Pino Correnti, esperto di gastronomia siciliana, sembra che questo nome sia stato battezzato dal commediografo catanese Nino Martoglio che, ammaliato dal profumo e dalla bontà del piatto, avrebbe esclamato: “Chista è ‘na vera Norma!”, che è un modo di dire per qualunque cosa sia grande e perfetta, in qualsiasi campo. Il riferimento sembra essere alla “Norma”, celebre opera del compositore Vincenzo Bellini, conterraneo del commediografo e della pasta.

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Gli ingredienti Oltre alla pasta, pomodori, ricotta salata, melanzane e basilico, tutto rigorosamente locale per mantenere quella miscellanea di sapori tipica dell’isola. Tradizione vuole, inoltre, che le melanzane siano tagliate in fette sottili, a cubetti o a listarelle, poi fritte rigorosamente nell’olio extravergine di oliva. Tuttavia, oggi c’è chi preferisce cuocerle alla griglia, scatenando l’ira delle nonne fedelissime della ricetta originale. Il sugo di pomodoro deve essere fatto con pomodori pelati. Si possono utilizzare anche dei pomodori pachino freschi, da sbollentare e passare nel passatutto. La salsa va cotta con lo spicchio d’aglio e mai con la cipolla. Le melanzane devono essere rigorosamente quelle nere e lunghe (a Catania si chiamano turche), tagliate a listarelle e fritte nell’olio extravergine di oliva. Niente parmigiano o pecorino, il formaggio è esclusivamente ricotta di pecora, salata e stagionata.

Norma è un’opera in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, composta nel 1831


La Ricetta

Pasta alla Norma “Grande enciclopedia della gastronomia” M. Guarnalleschi Gotti Milano, 2007 Per 4 persone: preparare una salsa con 700 g di pomodori da salsa maturi, 1 spicchio d’aglio, 6 foglie di basilico; cuocere a fuoco basso per 30 minuti, poi passare la salsa al passaverdure e rimetterla su fuoco bassissimo. Tagliate a fettine sottili per il lungo 3 melanzane non grosse di tipo allungato. Quando bolle l’acqua salata per cuocere la pasta, cominciare a friggere le melanzane in olio d’oliva e mettere in pentola 400 g di spaghetti, cavatiddi o penne. Grattugiare (o meglio, trarne ricciolini con una forchetta) circa 120 g di ricotta salata, dividendola in 2 mucchietti diseguali. Scolare la pasta, metterla nella zuppiera, cospargerla con la ricotta del mucchietto più grande, poi con la salsa di pomodoro; adagiarvi sopra le melanzane appena fritte con un po’ del loro olio, guarnire con 4 belle foglie di basilico, cospargere con il resto della ricotta. Portare in tavola senza mescolare e farlo solo al momento di servire.

Il Prodotto La melanzana Un lungo viaggio il suo… dall’Africa all’India al Sudest asiatico, dove venne addomesticata, per poi approdare, attraverso i mercanti arabi, in Spagna e nel Nord Africa nel Medioevo. In Italia si mangiava già nel XVI secolo e in Francia nel XVIII. A causa del suo gusto indigesto, se mangiata cruda, gli europei pensarono che gli Arabi l’avessero diffusa per avvelenare i cristiani. Da qui il nome di melanzana, ovvero mela insana.

da “La Botanique mise a la portée de tout le Monde: ou collection des Plantes d’usage dans la Médecine, dans les Alimens et dans les Arts., Paris, 1774-1780

RICOTTA SALATA SICILIANA codice 30940 - peso 500 g circa

Cotte al forno – la moussakà greca o la nostra parmigiana- le melanzane conservano una certa struttura; nel babà ghanoush, una salsa mediorientale, le melanzane passate formano il corpo vellutato e cremoso che porta il sapore della pasta di sesamo, del succo di limone e dell’aglio.

E il formato di pasta? Maccheroni, ovviamente, ma per i meno puristi anche spaghetti.

Fino al XVIII secolo molti medici erano convinti che mangiare questo frutto rendesse pazzi. Castore Durante, nel suo Herbario Nuovo (Roma 1585) scrive: “Usansi in Italia di mangiare questi frutti, ma sono ventosi et duri da digerire: et imperò usandosi troppo ne i cibi, generano humori malinconici, opilationi, cancari, lepra, dolor di testa, tristezze, durezze di fegato et di milza et fanno cattivo colore in tutta la persona, et febri lunghe, ma condite e preparate come di sopra (mondati, lessi, tagliati in fette, et fritti nell’olio, con butiro conditi con pepe et con sale) sono manco nocive”. Bella fama!

L’unica eccezione è la versione trapanese della Norma, che prevede l’utilizzo della busiata, un tradizionale formato di pasta fresca, lavorata con un ferretto detto, per l’appunto, buso. Ma esiste anche una versione messinese. A Messina la pasta alla Norma si fa esclusivamente con un formaggio tipico della zona, ovvero la ricotta infornata. Rispetto alla ricotta salata, quella infornata ha un sapore più dolce e delicato, ma un profumo decisamente tostato. Provare per credere… possibilmente a Catania o a Messina: fate voi!


ti n e m a n i Abb piatto nel

abbinamenti a 4 mani

KAISERTEIL

FORMAGGIO DI MALGA

Un taglio di carne spesso dedicato agli imperatori: la fesa o kaiserteil. Noi però vi raccontiamo dello speck fesa, quello fatto da Ezio Meggio in Trentino 3 minuti di lettura

Semplice e diretto, sicuramente vocato e difficilmente deludente come abbinamento allo speck. Visto che nel nostro caso abbiamo uno speck magro alziamo un po’ l’asticella e iniziamo ad andare verso la montagna e le malghe a selezionare il nostro formaggio da abbinamento, magari un Asiago. Abbiamo bisogno di note lattiche e grasse che saranno mitigate e accompagnate da quelle speziate e affumicate dello speck. I formaggi di malga sono alle porte, non lasciamoceli sfuggire e premiamo sempre chi fa queste scelte in montagna!

ti n e am n i b Ab calice nel

SPECK FESA

TRENTINO LAGREIN KRETZER DOC Trentino Alto Adige

Speck prodotto con tagli di fesa da suini di origine tedesca o belga, lavorati nel laboratorio di Ezio Meggio a Grigno, in Trentino Alto Adige.

Mi raccomando, rosato. Un vino dalla struttura non invadente, dal corpo snello e dall’acidità rinfrescante. Attenzione, nello speck di fesa la parte magra è importante e va rispettata. Anche se nella sua versione light, tra le note aromatiche del Lagrein si possono comunque scorgere frutti rossi, ribes, accenni di terra e spezie. Un vino estivo da abbinare allo speck di fesa in purezza, aggiungeteci la cena in terrazza e il gioco è fatto.

La fesa viene massaggiata per 15 giorni con un mix di sale e spezie, secondo un’antica ricetta di famiglia, quindi affumicata con legno di faggio e stagionata almeno 90 giorni. Vengono selezionate solo le fese più magre, per questo al taglio la fetta sarà sempre piuttosto magra e di un bel colore rosso scuro. Il sapore risulta essere leggermente sapido, l’affumicatura è presente ma equilibrata, e si percepiscono anche delicate note di ginepro. codice 80123 | peso 2 kg circa

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Per dare una misura a questo salume iniziate a immaginare di fare quindici giorni di vacanza al mare: vi abbronzereste, riaprireste i polmoni con un po’ di aria marina e mettereste su un paio di chili fra insalate di riso e cene di pesce. Quel lasso di tempo è lo stesso che serve a Ezio Meggio per preparare i pezzi di fesa prima della stagionatura. In quei 15 giorni infatti la fesa viene massaggiata con sale e spezie, secondo una ricetta di famiglia vecchia mezzo secolo. Quindi viene affumicata con legno di faggio e infine stagionata almeno 90 giorni. Il risultato è uno speck che si distingue per la magrezza della carne e la consistenza estremamente scioglievole.

Matteo De Santi Export Manager

CARPACCIO DI SPECK

MELANZANA

TARTARE O NON TARTARE

Ebbene, abbiamo un salume magro? E sfruttiamolo no?! Fatelo a fette sottili, proprio come un carpaccio e disponetele su un vassoio, cospargetele con rucola, olio extravergine d’oliva e aceto balsamico. Abbiamo anche un vantaggio in più ossia che la sapidità dello speck, ottenuta grazie alla stagionatura, vi permetterà di non usare sale e aggiungerà una gradevole nota di affumicato. Un bel piatto di carpaccio alternativo per l’estate!

Una delle mie verdure preferite: grigliata, fritta e al forno, è davvero versatile nelle varie preparazioni e super estiva. Se rubiamo e sviluppiamo l’idea di parmigiana verticale, io immagino degli strati con melanzana grigliata, speck fesa e salsa di pomodoro bella tirata. Il tutto cotto leggermente al forno e servito con dello stracchino o squacquerone, per dare quella nota dolce/acidula che darà un senso al tutto.

Chiacchierando insieme, Ezio mi diceva che lo speck fesa si adatta benissimo a essere cubettato a tartare per comporre un antipasto o un aperitivo originale. Quindi perché limitare il concetto di tartare? Pur rispettando il concetto, possiamo evolverlo in qualcosa di nuovo, diverso, con un suo perché. La mia versione di tartare l’ho elaborata un po’: ho pensato allo speck fesa come un antipasto aggiungendo scorza di limone grattugiata, timo e poca maionese allo yogurt. Il morso è insolito per una tartare, ma molto succulento e con una nota di affumicato che accompagna splendidamente quella acidula di limone e yogurt.

Suggerimento cinematografico: “Into the wild” La bellezza di questo prodotto sta proprio nel sentimento di viaggio che mi suscita. Lo speck fesa di Ezio è scoperta, è profumi ed è anche divertimento. Sì, perché a scrivere questi abbinamenti mi sono proprio divertito. Non ci resta altro che iniziare, buon viaggio!

Enrico De Conto Acquisti Formaggi

VALLE D’AOSTA FUMIN DOC

BIRRA BITTER ALE

GALLIANO SOUR

Valle d’Aosta

Stile inglese

Cocktail

Un vitigno che sempre di più si trova sugli scaffali delle enoteche, e per fortuna dico io. Autoctono della Valle d’Aosta, in questo caso il vino si presenta morbido, con tannini non eccessivamente ruvidi e discreta acidità. Le viti sono coltivate in altitudine e la ricchezza di profumi ne è testimone. Nelle versioni provate sino a ora la nota di fumo è sempre stata presente, perfetta se accoppiata allo speck di fesa!

Che bontà, solo a scriverne mi si agitano le papille gustative. Sono birre dallo stile inglese, poco carbonate e dalle note luppolate complesse, ma non invadenti. Sono generalmente caratterizzate da un discreto corpo, e dal ventaglio aromatico suadente. Note di caramello, frutta secca e resina ben si sposeranno allo speck di fesa e alla sua speziatura.

Onde evitare di aggredire lo speck, è necessario mantenere dei toni “tenui” anche per quanto riguarda i cocktail. Ricordate quando vi ho parlato di cena in terrazza? Ecco, potete osare anche con un miscelato a base di Galliano, sweet&sour e una spruzzata di Angostura. La freschezza aromatica data dalle erbe e da un’infusione di agrumi non prevarrà sul sentore delicato dello speck, lasciandovi la bocca pulita grazie anche all’acidità del succo di limone.

ALTRO IN CANTINA?

Ça va sans dire, Pinot nero dell’Alto Adige, Teroldego Rotaliano, Trento Doc. Con lo speck di fesa l’importante penso sia non esagerare con i tannini e l’aromaticità del vino, divertitevi e non sbattete la testa scendendo in cantina!


il prodotto dimenticato

CECINA DE LEÓN IGP Gianluca Di Lello Export Manager

Nel nostro viaggio di riscoperta dei prodotti dimenticati i nostri passi ci portano in Spagna e incrociano uno dei cammini più famosi, quello di Santiago di Compostela 3 minuti di lettura

Ci troviamo ad Astorga, in provincia di León, Spagna. Già in epoca romana la città di Astorga era un famoso nodo di comunicazioni e passaggio di pellegrinaggi, città rinomata per essere crocevia di importanti strade quali la Vía de la Plata e il Cammino di Santiago. In questa città è situata l’azienda Cecinas Nieto, produttrice di uno dei salumi più rappresentativi della norcineria spagnola: la Cecina de León IGP. Cecinas Nieto è una azienda artigianale che nasce nel 1965 grazie a Josè Nieto Blas, figlio di mulattieri della Margateria, regione situata ad ovest di León. Oggi l’azienda, ancora a conduzione familiare, conta 10 dipendenti e continua a produrre la Cecina seguendo il metodo tradizionale tramandato di generazione in generazione. COS’È La Cecina de León IGP è un salume realizzato con il posteriore di bovini e che viene prima affumicato e poi stagionato.

QUALI TAGLI? I tagli anatomici che possono essere impiegati sono solo 4: tapa (fesa); contra (sottofesa); babilla (noce); cadera (scamone).

LE ORIGINI I primi riferimenti scritti sulla Cecina de León risalgono al IV secolo a.C. e in essi viene descritto il procedimento di elaborazione della Cecina, così come avviene ancora oggi. Furono però gli Asturi, abitanti del nord-est della Spagna prima della nascita dell’Impero Romano, che iniziarono a produrre la Cecina de León. Negli anni a traghettare i gesti, i metodi e i segreti legati alla produzione e tradizione della Cecina sono stati i margatos, ossia i mulattieri della regione Castilla y León che viaggiando e trasportando merci hanno scelto la Cecina de León come “compagna” di viaggio, un po’ come facevano i pastori degli appennini con il guanciale. Un annuncio pubblicato da “El Porvenir” giornale della città di León, il 30 gennaio 1886, pubblica: “E’ vietato, pena la confisca, introdurre in questa città carcasse animali per il consumo pubblico. Sono esclusi da questa VALSANA | 28

disposizione carcasse di suino, prosciutti e frattaglie, oltre alla cecina”. Nonostante le sue antiche origini, la Cecina de León diventa IGP solo nel 1994, con la redazione di un disciplinare che oltre a stilare le linee guida, consente la produzione solamente a 16 produttori circoscritti nella provincia di León. LA LAVORAZIONE Dopo la rifilatura dei tagli anatomici specifici (Fig. 1) ricavati da bovini di almeno 400 kg di peso e 5 anni di età, la carne viene salata con sale marino per permettere alla massa muscolare di iniziare a disidratarsi e a insaporirsi. Dopo la fase di salatura le parti vengono lavate con acqua potabile per eliminare il sale in eccesso. Segue quindi la fase di riposo che può durare dai 30 ai 45 giorni: in questo intervallo di tempo il sale continuerà a distribuirsi nei tessuti muscolari favorendo i processi biochimici che producono il caratteristico aroma della Cecina. Si passa poi all’affumicatura, con legno di Rovere o Quercia per un tempo compreso tra 12 e 16 giorni. Infine, il prodotto viene stagionato almeno 12 mesi in aree apposite, provviste di finestre con aperture regolabili, che permettono di controllare la temperatura e l’umidità. Un ruolo fondamentale è giocato dal microclima locale, ideale per la preparazione e l’essiccazione della Cecina de León IGP. La riuscita di un prodotto di pregevole fattura è quindi attribuibile agli unici ingredienti che vengono impiegati: manualità, carne bovina, sale, fumo e lenta stagionatura. IL RISULTATO Un salume 100% naturale, di colore rosso porpora con marezzatura ben distribuita. Al naso il profumo di carne bovina è intenso, il sentore affumicato è elegante; peculiarità distintive del prodotto che ritroviamo anche al palato.


5 cose da ricordare su questo prodotto 1. PRODUTTORE Cecinas Nieto nasce ad Astorga nel 1965 grazie a José Nieto Blas, figlio di mulattieri (maragatos) della regione a ovest di León a cui era legato l’uso e la commercializzazione della Cecina. L’azienda mantiene tutt’ora una dimensione familiare e artigianale ed è guidata dai figli José Luis Nieto e Conchi Nieto Martinez.

CECINA DE LEÓN IGP Prosciutto di manzo spagnolo, affumicato e stagionato almeno 12 mesi. Esteriormente presenta un colore tostato mentre al taglio un colore che varia dal granata al ciliegia, la marezzatura varia secondo il taglio. La babilla ha un sapore intenso e persistente, la contra è un po’ più grassa, succosa, solubile e con note di frutta tostata.

2. RAZZA Vengono utilizzate vacche preferibilmente di razze autoctone della regione di Castilla y León, di età superiore ai 5 anni e di peso superiore ai 400 kg: serve una carne matura per garantire una maggiore proporzione di grasso e muscolo, e ottenere un prodotto succoso e profumato.

cod 81116 | Babilla pulita | 2,5 kg cod 81117 Contra pulita | 3 kg circa cod 81118 | Contra per morsa | 3,5 kg circa

3. GEOGRAFIA

4. CURIOSITÀ

5. IN CUCINA

Ci troviamo nel nord ovest della Spagna, nella regione di Castilla y León, nella provincia di León. L’altitudine media di 1500 m slm dell’intera provincia e il clima caratterizzato da inverni lunghi con primavere e autunni appena percettibili e ricchi di piogge, creano le condizioni ideali per la produzione e l’essiccazione della Cecina de León IGP.

Il disciplinare IGP prevede due stagionature: quella minima è di 7 mesi mentre la versione Reserva è stagionata almeno 12 mesi. Noi in Valsana abbiamo deciso di proporre solamente la versione Reserva nei due tagli Babilla e Contra.

Vi consiglio di consumarlo come si fa nel territorio di origine e quindi… tapas! Su suggerimento dal mio amico e collega Stefano preparate una bruschetta di pane bianco insaporita con aglio e condita con un filo di olio evo su cui adagiare una fetta di Cecina de León e un ovetto di quaglia a occhio di bue. Se volete sentirvi spagnoli per un po’ accompagnate il tutto con un bicchiere di vino tinto e... Buen provecho!

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fiere ed eventi

APPUNTAMENTI IN ITALIA A settembre ritorneremo a incontrare produttori e clienti in occasione di fiere ed eventi: appuntamenti che molto ci sono mancati in questi mesi. Ora recuperiamo! 1 minuto di lettura

MALGHE

TRA MIANE E BORGOVALBELLUNA domenica 5 settembre Casera ai Pian

CHEESE dal 17 al 20 settembre Bra (CN)

MALGHE TRA MIANE E BORGOVALBELLUNA

CHEESE 2021

Anche quest’anno ci diamo appuntamento la prima domenica di settembre in malga: un evento che permette di riscoprire le malghe e gli alpeggi tra Miane e Borgovalbelluna, con la possibilità di assaggiare i prodotti locali in un’atmosfera sempre molto festosa e allegra.

Dal 17 al 20 settembre saremo al Cheese a Bra (CN). Quest’anno cambierà parzialmente la disposizione del mercato, che sarà collocato nelle tre piazze di Bra (piazza Spreitenbach, piazza XX Settembre e Piazza Carlo Alberto) per poter gestire i flussi dei visitatori, evitando assembramenti. Anche gli allestimenti saranno strutturati con pagode più piccole, con l’obiettivo di garantire un più agevole rispetto delle distanze.

Partecipiamo a quest’evento ormai da molti anni e siamo affezionati alla manifestazione organizzata dai due comuni, perciò ci troverete presso la Casera ai Pian dove potrete assaggiare una selezione di formaggi di alpeggio. Il punto di partenza del percorso è il Rifugio Posa Puner dove è disponibile un ampio parcheggio e sarà allestito un punto informativo. Lasciata la macchina al rifugio, sarà possibile raggiungere la Casera ai Pian con una semplice passeggiata di circa 20 minuti, adatta anche alle famiglie. Un bel modo per salutare l’estate... Speriamo che il meteo sia dalla nostra parte!

Sono confermati gli orari di apertura e chiusura delle aree espositive: tutti i giorni dalle 10 alle 20.30; confermati anche gli orari per le cucine di strada, food truck e birrifici: dalle 12 alle 24 con una chiusura il luneì alle 20.30. In questa edizione il tema dominante saranno gli animali. E si partirà da un assunto semplice ma non sempre evidente: nulla esisterebbe a Cheese se non ci fossero gli animali.


APPUNTAMENTI EUROPEI Finalmente si può tornare a viaggiare, seppur sempre con la giusta attenzione: noi prendiamo l’aereo e voliamo a Londra e a Tours per due importanti fiere di settore 1 minuto di lettura

SPECIALITY & FINE FOOD FAIR

MONDIAL DU FROMAGE

Speciality & Fine Food Fair si terrà all’Olympia Exhibition Centre di Londra in due giornate, il 6 e il 7 settembre 2021.

Dal 12 al 14 settembre saremo invece a Tours, per la quinta edizione del Mondial du Fromage et des Produits Laitiers.

E’ un evento internazionale a cui partecipiamo ormai da diversi anni in collaborazione con Cibo London, nostro partner nel mercato UK.

Una fiera dedicata agli appassionati del formaggio nella “Patria del Formaggio”, la Francia. Un Paese che sta dimostrando tantissima attenzione anche rispetto alla produzione casearia di casa nostra, e che ci sta dando molte soddisfazioni per quanto riguarda l’export.

Quest’anno ci presenteremo con una selezione di italianissimi formaggi ma, come di consuetudine, saremo accompagnati anche da alcuni produttori. Pensiamo infatti che l’esperienza di degustazione con il produttore e la possibilità di incontrare le persone che stanno dietro ai prodotti, sperimentando la loro passione, sia un’esperienza davvero emozionante, all’estero così come in Italia. Non vediamo l’ora di poter preparare la valigia e prendere finalmente di nuovo un aereo, per incontrare i nostri clienti di persona e, perchè no, far assaggiare loro anche qualche novità.

Alcune anticipazioni sulla selezione che presenteremo: una verticale di Robiola di Roccaverano; una selezione Caractère: formaggi di “carattere” dal sapore deciso e unico, talvolta al limite dell’aggressivo, come il Castelmagno; una verticale di Parmigiano Reggiano DOP; una selezione Engagé, di produttori ideologicamente impegnati, come ad esempio Il Lischeto; e qualche immancabile “classique c’est chic” come il Gorgonzola al cucchiaio e il Taleggio piacere naturale.

SFFF

SPECIALITY & FINE FOOD FAIR Londra - Olympia 6-7 settembre

MONDIAL DU FROMAGE Tours - Francia 12-14 settembre


la cucina di qb

FIORI DI ZUCCA FRITTI (ALLA FERMATA DEL TRENO) “Ditelo con i fiori. Anche il cactus ne ha uno.” 4 minuti di lettura

Anna Maria Pellegrino Cuoca e foodblogger

UN PO’ DI STORIA

Dopo aver gridato “Towanda”, il celebre urlo tutto femminile di libertà e ribellione celebrato nell’intenso film “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno” (Fried Green Tomatoes, 1991) le ricette raccontate nel numero estivo sono un omaggio alla golosa biodiversità del nostro Paese, una sorta di Gran Tour ghiotto che vi porterà nella gaudente Emilia Romagna, nella spettacolare Puglia e nella principesca Sicilia. Proposte salate e dolci con cui potrete realizzare ulteriori varianti regionali, avendo sempre come base la fresca ricotta, vaccina, di bufala e di pecora. Che ne dite, ci sfidiamo ai fornelli?

Il jardin potager è un ibrido fra un orto e un giardino dove vengono coltivati ortaggi, alberi da frutto, erbe e fiori aromatici. Intuizione dei francesi, che strategicamente lo collocano nelle vicinanze della cucina, solitamente viene realizzato con una logica tassonomica dove ogni bocciolo o foglia viene studiata e collocata secondo canoni estetici definiti. Anche gli italiani amano quest’armonia bucolica, e i veneti descrivono le bellezze di questo luogo battezzandolo “brolo”, mentre inglesi e giapponesi apprezzano anche il disordine creativo, dove aree apparentemente caotiche raccontato in realtà microclimi diversi che consentono di coltivare fiori ed erbe aromatiche, da aprile a ottobre, deliziando occhi e palato. METTETE DEI FIORI NEI VOSTRI BOCCONI Giacomo Castelvetro, umanista, accademico e vagabondo scrittore di viaggi, nel 1614 descrisse nel suo “Breve racconto di tutte le radici, di tutte le erbe e di tutti i fiori che crudi o cotti in Italia si mangiano” (conservato presso il Trinity College di Cambridge) la “Mischianza”, un’insalata realizzata con oltre 20 tipi di erbe, fiori e insalate, un piatto che è espressione della gastronomia rinascimentale. Nel terzo millennio non siamo da meno: lo chef pluristellato Enrico Crippa infatti, nel 2016 realizzò “21-31-41” che definì “una semplice insalata, non è niente di cucinato – che per un cuoco può sembrare qualcosa di strano – eppure è veramente un’emozione”. Il nome sta a indicare il numero di germogli, fiori e foglie che nei diversi momenti dell’anno vanno a comporla e che, nel mese di maggio, può superare le 100 diverse unità. ASSAPORATE, NON BRUCATE A scanso di equivoci non è possibile spadellare il bouquet di nozze o il dono floreale ricevuto a San Valentino in quanto si tratta di fiori trattati con fitofarmaci. E’ buona norma leggere l’etichetta e “commestibili” o “eduli” sono parole magiche. Altro consiglio importante VALSANA | 32

se decidete di raccoglierli durante le vostre passeggiate immersi nella natura, mai ai bordi di strade trafficate, mai ai bordi di campi trattati con fertilizzanti e pesticidi. Fate attenzione anche alle differenti varietà. Il fiore può essere commestibile in una ma non nell’altra: alcune parti sono molto tossiche. Acacia, caprifoglio e glicine hanno un fiore commestibile mentre le altre parti della pianta sono tossiche. I fiori della melanzana e del pomodoro, a differenza del frutto, se inseriti nell’insalata vi farebbero passare un brutto quarto d’ora. Parafrasando un celebre aforisma che racconta i funghi, “tutti i fiori sono commestibili, alcuni una volta sola”. FIORI DI ZUCCA O DI ZUCCHINA? Bel dilemma. Il fiore di zucchina, diverso da quello di zucca con cui viene spesso confuso e dal quale prende impropriamente il nome, è uno dei pochi fiori a essere consumato pressoché intero. Di questa pianta esistono fiori femminili e maschili, facili da riconoscere: quelli maschili, infatti, sono sostenuti da un lungo peduncolo mentre quelli femminili si trovano attaccati al frutto, alla cima della zucchina. Giugno e luglio sono i mesi della raccolta, da effettuarsi preferibilmente al mattino presto, nelle ore più fresche della giornata quando i fiori sono ancora aperti. Durante la pulizia, da effettuare, per i petali, con un panno umido per non sciuparli, la parte centrale del fiore e il peduncolo, dal sapore poco gradevole, devono essere eliminati. ALLACCIATE I GREMBIULI Si fa presto a dire “pastella per fiori fritti”! Dalla semplice infarinatura a quella romana, che prevede lievito nell’impasto e successivo riposo, moltissime sono le varianti. Semplificando: con uova e latte, per impasti più complessi e corposi, decisamente pastelle dense, e con liquido gasato e freddissimo (acqua e birra) per tempure più delicate. Varianti profumate ed etniche, con l’utilizzo di erbe aromatiche tritate e miscele speziate, e anche gluten free, sostituendo la farina 00 (per una volta l’integrale la lasciamo nella dispensa) con quella di riso.


FIORE DI ZUCCA PUGLIESE RICOTTA DI LATTE DI BUFALA BORGOLUCE codice 21065 | peso 280 g ca in box da 3 pezzi

I colori di questo ripieno ricordano quelli dei paesaggi salentini e il profumo, anche. Se non siete in vacanza potete sempre immergere i piedi in un catino azzurro colmo d’acqua e sorseggiare un fresco vino rosato. PORTATA: antipasto, vegetariano DOSI per 4 persone DIFFICOLTÀ: minima PREPARAZIONE: 40’ più il riposo COTTURA: 10’ INGREDIENTI 12 fiori di zucca 200 g di Ricotta di latte di Bufala Borgoluce 100 g di Pesto dei Contadini pepe nero macinato al momento 200 g di farina 00 acqua minerale frizzante freddissima 3 /4 cubetti di ghiaccio olio per friggere: vinacciolo, mais, arachide PROCEDIMENTO Passa al setaccio la ricotta. In una ciotola uniscila al pesto di verdure, regola di sale (se necessario), mescola bene e trasferisci in una sac a poche. Monda i fiori di zucca dal gambo e dai sepali, aprili delicatamente e privali del pistillo. Passali delicatamente con un panno umido e tamponali con carta assorbente. Aprili con delicatezza, farciscili con il composto e chiudili in punta, girandoli delicatamente come fosse una caramella. Setaccia la farina, aggiungi a filo l’acqua necessaria a ottenere un impasto fluido ma non liquido. Fai riposare 10’ e poi aggiungi i cubetti di ghiaccio. Nel frattempo porta a 180° C l’olio necessario alla cottura, utilizzando una casseruola dai bordi alti. Passa i fiori nella pastella e immergili nell’olio bollente, friggili 2/3 minuti per parte, scolali, trasferisci nella carta assorbente e procedi fino alla fine degli ingredienti. Friggi solo 2 o 3 fiori per volta e tienili al caldo. Salali solo al momento di portarli a tavola con una salsa ketchup casalinga preparata con salsa di pomodoro, aceto di vino bianco e zucchero di canna.


FIORE DI ZUCCA EMILIANO ROMAGNOLO

RICOTTA PICCOLA QUALITÀ ORO codice 20849 | peso 300 g

Per una volta lasciamo da parte tortellini e piadine e lasciamoci stupire dalle valli e dalla loro gastronomia. Lasciamo da parte anche il Lambrusco e accompagniamo il nostro viaggio gastronomico con una buona birra, appena un po’ luppolata. PORTATA: antipasto DOSI per 4 persone DIFFICOLTÀ: minima PREPARAZIONE: 40’ più il riposo COTTURA: 10’ INGREDIENTI 12 fiori di zucca 150 g Ricotta Piccola Qualità Oro 150 g Anguilla marinata di Comacchio mondata pepe nero di Timut sale in fiocchi 200 g farina 00 1 uovo birra freddissima: ipa, weizen o blanche olio per friggere: vinacciolo, mais, arachide maionese 1 limone bio, le zeste PROCEDIMENTO Sbatti l’uovo, aggiungi la farina setacciata e a filo la birra necessaria a ottenere un impasto fluido ma non liquido. Fai riposare in frigo per circa 30’. In una ciotola mescola la maionese con le zeste di limone e il pepe di Timut macinato al momento. Copri con pellicola e fai riposare in frigo fino al momento del servizio. Passa al setaccio la ricotta. Scola l’anguilla dalla marinata, elimina la lisca centrale ed eventuali pezzettini di pelle e tritala finemente. In una ciotola unisci e mescola gli ingredienti e profuma con il pepe. Monda i fiori di zucca dal gambo e dai sepali, aprili delicatamente e privali del pistillo. Passali con un panno umido e tamponali con carta assorbente. Aprili con delicatezza, farciscili con il composto e chiudili in punta, girandoli delicatamente come fosse una caramella. Nel frattempo porta a 180° C l’olio necessario alla cottura, utilizzando una casseruola dai bordi alti.

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Passa i fiori nella pastella e immergili nell’olio bollente, friggili 2/3 minuti per parte, scolali, trasferisci nella carta assorbente e procedi fino alla fine degli ingredienti. Friggi solo 2 o 3 fiori per volta e tienili al caldo. Sala i fiori solo al momento di portarli a tavola con la maionese.


FIORE DI ZUCCA SICILIANO Vi piacciono i cannoli siciliani? A me tantissimo e così invece di inserire la zucca candita nella farcia ho pensato di farcire i fiori di zucca. La salsa di cioccolato, come se fossero dei churros spagnoli, sarà la giusta chiusura di una dolce ed elegante pausa.

FIOR DI RICOTTA DI PECORA codice 31353 | peso 250 g

PORTATA: dessert DOSI per 4 persone DIFFICOLTÀ: minima PREPARAZIONE: 40’ più il riposo COTTURA: 10’ INGREDIENTI 12 fiori di zucca 200 g di Fior di Ricotta di Pecora 50 g di Marmellata di Mandarino Tardivo 50 g di Pesto al Pistacchio dai 3 ai 5 spruzzi Quintessenza di Mandarino 80 g di farina 00 1 uovo 150 ml di latte freddo 80 ml di birra chiara 40 g di zucchero di canna zefiro 1 pizzico di sale 1/2 bacca di vaniglia, i semi 200 g gocce di cioccolato fondente olio per friggere: vinacciolo, mais, arachide una noce di burro due cucchiai di panna zucchero a velo per spolverizzare PROCEDIMENTO Mescola la farina, lo zucchero, il sale e l’uovo e incorpora a filo il latte. Aggiungi poi la birra e i semi del baccello di vaniglia, copri e fai riposare in frigo una o due ore. Passa al setaccio la ricotta, spruzza dalle 3 alle 5 volte l’essenza di mandarino. In una ciotola mescola il pesto con la marmellata, aggiungi la ricotta e trasferisci in una sac a poche. Monda i fiori di zucca dal gambo e dai sepali, aprili delicatamente e privali del pistillo.Passali con un panno umido e tamponali con carta assorbente. Con delicatezza farciscili con il composto e chiudili in punta, girandoli come fosse una caramella. Versa le gocce di cioccolato in una ciotola, posizionala sul piatto rotante e imposta il forno a microonde a 500W per 2’ max 3’. Mescola bene, aggiungi la panna e il burro per lucidare la salsa e metti da parte a temperatura ambiente. Nel frattempo porta a 180° C l’olio in una casseruola dai bordi alti. Passa i fiori nella pastella e friggili 1 minuto per parte, scolali e trasferisci nella carta assorbente. Friggi solo 2/3 fiori per volta e tienili al caldo. Spolvera con lo zucchero a velo e servi con la salsa al cioccolato.


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