Selezione di Sapori | 2024 04

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VISITA AL CASEIFICIO TOSI

Novità: vi presentiamo Biopek, Le Salse di Baronti, Moar in Morgen Racconti da Valsana: un compleanno speciale, 40 anni di Noi

EDITORIALE

Abbiamo sempre l’imbarazzo della scelta quando dobbiamo decidere i contenuti del nuovo numero del magazine, perché abbiamo sempre un sacco di cose da raccontarvi. Un po’ come quando si torna a casa da un viaggio, con l’eccitazione di voler condividere esperienze, scoperte, sapori, paesaggi, emozioni.

Proviamo a metterle in fila, e partiamo con le novità per l’autunno: un nuovo produttore di pecorini siciliani, che stavamo cercando da un po’ di tempo, per far fronte alla scarsità di latte di pecora; un nuovo salmone “da lavoro”, un progetto sviluppato con Friultrota per rispondere a un’esigenza di mercato; un nuovo maso, un ragazzo giovane con una selezione interessante di formaggi a latte crudo; un nuovo produttore di salse, dalla salsa verde alla cacio e pepe, che in tanti ci avevate richiesto.

Ripartiamo subito anche con gli eventi, per una ripresa effervescente dopo la pausa estiva: il primo settembre in malga, per il tradizionale appuntamento Malghe tra Miane e Borgo Valbelluna, il 10 e l’11 a Londra per lo Speciality Fine & Food Fair, il 25 e il 26 a Bergamo per B2Cheese, dove si terrà anche la finale del concorso della Guilde de Fromager, che consacrerà il miglior formaggiaio d’Italia - abbiamo ben tre clienti in finale, non potevamo di certo perdercela!

Se avete poco tempo da dedicare alla lettura vi suggeriamo un articolo che non potete assolutamente perdervi, quello della nostra dott.ssa Barbaresco - Il latte crudo non è per tutti - che riassume in poche pagine alcune informazioni che chi lavora in questo settore dovrebbe conoscere.

Chiudiamo in leggerezza, con un divertente foto reportage della nostra festa per i 40 anni. Buona lettura! 4 8

Martina Iseppon

SELEZIONE DI SAPORI: Il Magazine di Valsana

Team editoriale: Giorgia Barbaresco, Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Giacomo Chinellato, Alessandro De Conto, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Martina Iseppon, Antonio Lodedo, Francesca Marini, Stefania Marcuz, Anna Maria Pellegrino

Direttore: Giulia Basso

In copertina: Miranda e Fabrizio Tosi

Editore: Valsana srl Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano (Treviso)

Registrazione Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017

VISITA AL Caseificio Tosi

Martina Iseppon Responsabile Marketing

GORGONZOLA DOP

LA TOSI AL CUCCHIAIO

Gorgonzola estremamente dolce e cremoso grazie a una maturazione fino a 90 giorni, con sensazioni lattiche e di frutta matura, l'erborinatura è caratterizzante, senza risultare invadente

cod 20908 · peso 6 kg circa cod 20901 · con scatola

4 minuti di lettura

VIAGGIO IN PIEMONTE

UNO DEI PIÙ PICCOLI PRODUTTORI DI GORGONZOLA DOP DEL CONSORZIO, DOVE LA PAROLA "ARTIGIANALE" RITROVA TUTTO IL SUO SIGNIFICATO

Tantissima manualità: è questa la sensazione che mi porto a casa dalla visita al Caseificio Tosi, uno dei più piccoli produttori del Consorzio del Gorgonzola DOP, dove la lavorazione è davvero ancora artigianale.

Parliamo spesso di "produzione artigianale", con il rischio che questa parola, così inflazionata, si svuoti del suo vero significato: tempo, fatica, manualità, dedizione. Ma osservando le varie fasi della produzione di questo formaggio, la cagliata estratta a mano e messa nei fagotti, i fagotti legati a mano e messi negli stampi, gli stampi girati a mano ogni due ore fino a tarda sera, la parola "artigianale" ritrova tutto il suo significato.

Ma andiamo con ordine.

E' giugno e ho l'opportunità di visitare il caseificio durante un tour di un paio di giorni tra i laghi e le Langhe organizzato per un gruppo di clienti internazionali.

Ci accolgono Miranda e Fabrizio Tosi assieme ad Andrea, marito di Miranda. Ma c’è anche Santino Tosi, che ci osserva defilato da una panchina sotto gli alberi all’ingresso del caseificio. È lui ad aver fondato il caseificio negli anni ’60, per produrre i formaggi che gli servivano per il suo negozio. Fabrizio affianca il papà negli anni ’80, in produzione, e con lui la lavorazione inizia a essere dedicata quasi esclusivamente al Gorgonzola, ma ancora senza la stagionatura, che viene portata in azienda solo negli anni 2000, con l’ingresso in azienda di Miranda e Andrea. Da qui in poi il Caseificio Tosi prende la forma che oggi conosciamo.

Il latte viene raccolto nel territorio dei laghi Maggiore e Orta, da 8-10 stalle a seconda della stagione, metà delle quali si trova a meno di 1 km dal caseificio. Abbiamo l’opportunità di visitarne una, quella dei fratelli Godio di Gattico-Veruno, distante soli 700 metri: un'azienda agricola gestita da due ragazzi giovani, subentrati da poco al papà, con un buon livello di igiene e grande attenzione al benessere animale, pur trattandosi di un allevamento con circa 350 capi a stabulazione libera, di cui 200 Frisone in lattazione.

Il caseificio lavora circa 220 quintali di latte al giorno, che tradotto in forme significa oltre 200 forme al giorno: per una forma servono circa 100 litri di latte! Giusto per darci una dimensione di cosa significhi che Tosi è uno dei più piccoli produttori del Consorzio - 1% della produzione totale di Gorgonzola DOP - basti pensare che, in media, la produzione giornaliera degli altri caseifici più piccoli - 9% della produzione - si aggira intorno alle 1000 forme al giorno, mentre il 90% del mercato se lo spartiscono 4 grandi brand, con una produzione giornaliera di oltre 20.000 forme.

220 quintali di latte

9 caldaie

6 forme per caldaia

54 forme per lavorazione

4 lavorazioni al giorno

5 rivoltamenti in 7 ore

216 forme al giorno

Torniamo a noi. All’arrivo il latte viene stoccato nelle cisterne a 4°C, per essere lavorato il giorno successivo, dopo che sono state fatte tutte le analisi previste (aflatossine, antibiotici ecc). Viene quindi pastorizzato a 71,8 °C per 20 secondi, raffreddato e trasferito nelle caldaie da 600 litri già a temperatura: 31 °C per il Gorgonzola Dolce e 36°C per il Piccante.

Ci vestiamo ed entriamo nella sala di produzione: 9 caldaie dove il latte della terza lavorazione sta già coagulando, tantissimi banchi dove i fagotti della seconda lavorazione stanno riposando, e altri banchi, più in fondo, dove stanno sgrondando le forme della prima lavorazione. Per ogni caldaia si ottengono 6 forme - ci racconta Monica, export manager di Tosi, che ci accompagna nella visita - quindi 54 forme per ogni set di lavorazione, per 4 lavorazioni al giorno. Ergo 216 forme al giorno!

Siamo arrivati giusto in tempo per il taglio della cagliata: al latte, dopo i fermenti e il Penicillium,

viene aggiunto il caglio di vitello e viene lasciato coagulare per circa 20 minuti. La cagliata viene tagliata due volte: la prima con la spada e, dopo un riposo di 10 minuti, con la lira. Viene quindi estratta a mano, delicatamente, con le "ciotole di cavata", di acciaio, e versata con cura nei teli, per formare dei fagotti da 35 kg circa, che vengono legati a mano e lasciati riposare un’oretta sui tavoli di sgrondo inclinati.

"Tosi è uno dei pochi caseifici a usare ancora i fagotti” - ci racconta Fabrizio È lui l’esperto della famiglia, che conosce ogni dettaglio della produzione e si prende cura della stagionatura. Miranda gestisce l’azienda e l'amministrazione, mentre Andrea è lo spirito creativo e commerciale dell’azienda.

I fagotti vengono quindi riaperti e la cagliata versata manualmente, con le "ciotole di insacco", negli stampi doppi. Mano a mano che sgronda la cagliata si compatta e si abbassa:

Fabrizio e Miranda Tosi hanno raccolto l'eredità di papà Santino, che ha fondato il Caseificio Tosi nel 1960. Dagli anni 2000 lavora in azienda anche Andrea, marito di Miranda, che segue lo sviluppo commerciale

GORGONZOLA DOP

DOLCE

Classico Gorgonzola DOP dolce, stagionato 70-75 giorni, particolarmente cremoso e delicato, ricco di aromi di latte e panna e buoni aromi legati all'erborinatura cod 20913 · 1/8 da 1,5 kg circa disponibile anche in 1/4, 1/2 e intero

dopo un’ora e mezza circa dall’insacco viene tolto il secondo stampo e la forma viene girata la prima volta.

Dopo il terzo rivoltamento le forme vengono timbrate sulle facce piane mediante l’applicazione delle matrici distribuite dal Consorzio. Nella giornata di produzione vengono girate 5 volte in 7 ore e, quando raggiungono un pH di 4,75-4,95 vengono portate in cella a 5 °C.

"La lavorazione inizia alle 5 del mattino con la pastorizzazione e gli ultimi rivoltamenti vengono fatti alle 11 di sera, da un ragazzo dedicato che ha anche il compito di controllare la curva di acidità.

Ci vuole forza per girare così tante volte oltre 200 forme da 25/30 kg, ma anche tanta manualità, non è così facile come sembra" - commenta Fabrizio, mentre siamo tutti impegnati con i cellulari a filmare i rivoltamenti.

Le forme riposano la notte nella cella a 5 °C per poi passare alla salatura: ogni forma viene salata manualmente due volte, rigorosamente a secco e, ovviamente, rigorosamente a mano.

Dopo l’applicazione della fascetta vengono quindi trasferite nella camera calda, a 18-23 °C, dove sostano per circa tre giorni, quando inizia la stagionatura vera e propria: almeno due mesi per il dolce, passando, nelle diverse fasi, per celle con diversi gradi di temperatura (4-7 °C) e umidità (80-90%). Gli scalotti di stagionatura sono fatti di assi di abete rosso, e vengono sanificati dopo ogni ciclo di lavorazione.

Settimanalmente le forme vengono forate con gli aghi, spazzolate, lavate con acqua e aceto di miele (senza solfiti) e rivoltate.

A 50-55 giorni ogni singola forma viene analizzata sia in pasta che in crosta per verificare l’assenza di patogeni: 50 giorni è il termine minimo di stagionatura previsto dal Consorzio

per il Gorgonzola DOP Dolce, ma Fabrizio preferisce stagionarlo fino a 70-75 giorni, momento in cui decide quali forme “portare a cucchiaio”, con una stagionatura prolungata fino a 90 giorni

Il Piccante viene invece stagionato almeno 120 giorni, 80 il minimo previsto dal Consorzio. La domanda di Gorgonzola DOP Piccante è decisamente inferiore, e di conseguenza anche la sua produzione: Tosi produce solo un lotto al mese di Piccante, pari a circa 110 forme.

Durante la stagionatura il Gorgonzola viene sfascettato, rivoltato e rifascettato. In prossimità della spedizione le forme vengono infine porzionate, avvolte con i fogli di alluminio goffrato come previsto dal Consorzio e sigillate con film microforato.

La visita non poteva che concludersi con una degustazione, è lo stesso Andrea a mettersi ai fornelli nella saletta degustazione.

Assaggiamo ovviamente il Gorgonzola in purezza, sia nella versione Dolce che Piccante ma, per dare ai clienti alcuni suggerimenti di utilizzo in cucina, Andrea ci ha preparato un menù di eccezione: Focaccia con Gorgonzola dolce e piccante; Ostriche e Gorgonzola; la classica tartare di manzo Piemontese con il Piccante; Erbazzone - una torta salata con le verdure - farcita con bietola e Gorgonzola dolce; una polenta farcita al Gorgonzola; roastbeef con una maionese di Gorgonzola piccante; pomodori farciti con tonno, cipollotto e Dolce; lingua di manzo "in saor", con cipolla, aceto di miele, uvetta e Gorgonzola dolce; risotto mantecato con il Dolce, ma finito con un crumble di Piccante; e per finire in dolcezza: pere, cioccolato e Gorgonzola.

Ci godiamo questa esperienza gastronomica nei tavoli allestiti all’esterno del caseificio. Come sempre, un duro lavoro!

È un Gorgonzola piccante dal gusto delicato, grazie alla particolare lavorazione che consente di ottenere una pasta particolarmente burrosa che ne ammorbidisce il gusto cod 20918 · 1/8 da 1,5 kg circa disponibile anche a metà e intero

GORGONZOLA DOP PICCANTE
Reportage fotografico di Beatrice Mancini

MOAR in MARGEN

Alessandro De Conto

Responsabile Commerciale

MOAR IN MARGEN

HOFKÄSEREI - CASEIFICIO AGRICOLO

LILIANE

Caciottina a pasta molle e a crosta lavata. Risulta burrosa, dolce, equilibrata, non troppo sapida. Il retrogusto dona note di sottobosco e cantina umida

cod 31651 · peso 250 g circa

NOVITÀ

3 minuti di lettura

NOVITÀ A CATALOGO

L’ALTO ADIGE È UN TERRITORIO SFACCETTATO ANCHE DAL PUNTO DI VISTA CASEARIO

CHE CI INTERESSA SEMPRE PIÙ, SOPRATTUTTO I SUOI MASI DI MONTAGNA,

MICROCOSMI RICCHI E INDIVISIBILI

Martin è un ragazzo di 25 anni, lo guardi negli occhi e capisci che è al suo posto, il posto giusto. Martin ha le idee chiare, ha un progetto ambizioso e ben definito: valorizzare il maso di famiglia attraverso la produzione di formaggio.

Sapete ormai che da qualche anno ci siamo innamorati dei masi di montagna, queste entità chiuse e indivisibili, che si tramandano di padre in figlio senza mai perdere la loro interezza e che son capaci di restituirci una fotografia nitida, seppur parziale, di un territorio. Un territorio che si chiama Alto Adige ed è ancora uno dei pochi in Italia a offririci un tessuto produttivo caseario variegato e diffuso. Infatti son ancora numerose le fattorie (masi) ad aver il Bollo CE, nonostante i numeri spesso esigui di animali in stalla o ancora i più robusti caseifici che raccolgono il latte di tante piccole stalle.

Moar in Margen significa “maso vecchio nel prato umido” e si trova a Terento, in Val Pusteria, a circa 1300 mslm. Il maso è costituito da 16 ettari di prati e 30 di bosco, abitazione, stalla, fienile e caseificio. Da circa 1 anno il caseificio

TANJA

Caciotta a crosta lavata e a pasta gessata. Il gusto richiama una fresca acidità insieme a note calde di burro cotto, crosta di pane e frutta matura

cod 31650 · peso 250 g circa

ha ottenuto il Bollo CE e questo, come sapete, ci permette di commercializzare il prodotto. La filiera è di assoluto rispetto, le vacche di razza bruna son alimentate prevalentemente con il fieno autoprodotto e stoccato (e stipato) sopra la stalla e un’integrazione di mangime che si aggira attorno al 10% della razione giornaliera (25kg di fieno a capo + 3 kg di mangime). In alcuni momenti, soprattutto in primavera le vacche escono anche al pascolo nei prati antistanti la stalla.

La stalla viene governata dal papà di Martin, che ha le vacche da tanti anni, ma ha sempre venduto il latte fino all’ingresso in azienda del figlio. Nella stalla di proprietà ci sono circa 30 capi, di cui 20 in lattazione. La mungitura avviene tramite un classico impianto meccanizzato e il latte trasformato a crudo una volta al giorno, sempre al mattino. Della caseificazione se ne occupa Martin, che dopo aver studiato alla scuola casari ha girato la regione per imparare il mestiere, pensate che è così giovane ma ha già 8 anni di esperienza sulle spalle fatta in caseifici strutturati. Anche lui una volta rientrato

BRENNESEL

Caciotta a pasta molle con all’interno ortica sbriciolata. Il gusto è dolce, deciso, con un finale amarotico dovuto all’ortica

cod 31653 · peso 250 g circa

Caciotta a pasta molle totalmente ricoperta da pepe nero macinato. Il sapore è equilibrato, il pepe nero bilancia la burrosità della base

cod 31655 · peso 250 g circa

PFEFFER

in azienda, ha visto nella costruzione e nell’adeguamento del caseificio la possibilità di valorizzare maggiormente il latte prodotto in casa, trasformandolo in diversi formaggi affinati di piccola taglia, da circa 250 g. Abbiamo deciso di inserirli tutti, ora ve li raccontiamo uno per uno... anche se è difficile decidere da dove iniziare! Andiam nell’ordine in cui li abbiamo assaggiati, tenete presente che la stagionatura si aggira per tutti attorno ai 30-40 giorni:

Liliane è una caciottina a pasta molle e crosta lavata con acqua, sale e Brevibacterium Linens aggiunto, dolce, burrosa, ben bilanciata. Il sale non prende il sopravvento e il retrogusto dona note legate al sottobosco e alla cantina umida.

Tanja può essere definita come una divertentissima caciotta a crosta lavata e pasta gessata: la proteolisi avanza dal sottocrosta verso il centro e rivela una fresca acidità, accompagnata da note calde di burro cotto, crosta di pane e frutta matura.

Brennesel è un vero best seller, una caciotta a pasta molle, al cui interno si evidenzia la presenza di ortica sbriciolata. Il sapore è dolce e deciso, con evidenti, soprattutto nel finale, note amarotiche legate all’ingrediente caratterizzante.

Pfeffer, invece, è una caciotta a pasta molle, coperta completamente di pepe nero macinato. Si tratta di base del Liliane. Ben equilibrato, la presenza del pepe dà grinta e ben si accompagna alla burrosità del formaggio.

Simone è una piccola tometta con peperoncino nell’impasto, vivace al palato, rilascia una calorosa piccantezza nel finale. Anche questo formaggio è molto equilibrato. La pasta è untuosa e tende a cremificare, riuscito!!

Raucherkäse è la versione affumicata del Liliane L’affumicatura si fa bruciando bacche ed essenze di montagna. È piuttosto incisiva, tuttavia ci siamo sentiti di premiare l’idea e valorizzare la gamma nella sua interezza.

Questi son i formaggi di Martin, moderni, legati ai bisogni del mercato di oggi, ma assolutamente ancorati a una filiera di tradizione e a un luogo che parla il linguaggio della natura!

SIMONE

Piccola tometta con peperoncino al suo interno. Vivace, equilibrato e dalla panta untuosa. Il finale regala una calorosa piccantezza

cod 31654 · peso 250 g circa

RAUCHERK Ä SE

Caciottina affumicata ottenuta bruciando bacche ed essenze di montagna. Il sapore è incisivo

cod 31652 · peso 250 g circa

PECORINI I Siciliani

Responsabile Commerciale

NERO DI SICILIA

Semi stagionato profumato grazie al pepe macinato in crosta. Il pepe si alterna al profumo dolce del formaggio. Note di origano

cod 31703 · peso 14 kg

31703F04 · peso 3,5 kg

PRIMIZIO PEPATO

Semi stagionato con all’interno i grani di pepe. Stagiona circa 120/150 giorni. Dolce, persistente e senza eccessi di sapidità

cod 31706 · peso 13 kg

31706F04 · peso 3,2 kg

4 minuti di lettura

NOVITÀ A CATALOGO

LA SICILIA È UNA DELLE PATRIE DEL PECORINO IN ITALIA, INSIEME A TOSCANA E SARDEGNA, E LÌ ABBIAMO VIAGGIATO PER INCONTRARE UN NUOVO PRODUTTORE

DI FORMAGGI OVINI

Il Caseificio Biopek si trova a Gibellina Nuova, nell’entroterra trapanese ed è gestito dai fratelli Pietro e Andrea Messina. Li stavamo osservando da un paio di anni. Le filiere del pecorino han subito uno scossone nell’ultimo quadriennio, son diventate più fragili e abbiam osservato un crescente bisogno di ricercare nuovi produttori, per aver più alternative in caso di mancanze o rotture di stock. E allora a metà giugno abbiam fatto un blitz in Sicilia per visitare questa azienda.

L’impresa è nata per mano del padre nel 2000 con l’obiettivo di valorizzare il latte ovino siciliano (inizialmente solo biologico) ed è gradualmente cresciuta fino ad arrivare alla struttura di oggi, moderna e ben organizzata. Ogni giorno raccolgono con 3 automezzi circa 200 quintali di latte in tre province (Palermo, Trapani, Agrigento) in un raggio di 65 km dal caseificio. Visitano circa 80 allevatori localizzati in zone montuose impervie: sono piccoli allevatori con greggi di massimo 200 capi che obbligano a giri di raccolta tortuosi, che a volte impegnano l’intera giornata. A differenza della Sardegna, di base più pianeggiante, la raccolta del latte

RICOTTA SALATA 1 KG

Ricotta salata ovina. Essendo un prodotto stagionato dona un apporto di sapidità importante. Versatile in cucina

cod 31700 · peso 1 kg

è molto complicata e ne abbiamo avuto prova nel pomeriggio nel rientro verso l’aeroporto di Palermo quando abbiamo avuto l’infausta idea di prendere strade secondarie. Il ciclo di lattazione delle pecore orienta la produzione soprattutto nei primi 6 mesi dell’anno, poi da luglio a settembre il caseificio è aperto per produzioni minori e per manutenzioni macchine e chiuso per consentire le ferie ai collaboratori. Abbiamo visitato il caseificio: la produzione, rinnovata recentemente nell’ottica di un ampliamento, è il cuore pulsante. Qui si fa il formaggio pastorizzando il latte e pulendolo per centrifuga: essendo molti gli allevatori con un grado di ruralità elevato (alcuni mungono ancora a mano) è preferibile effettuare questo passaggio, non è infrequente trovare erba o paglia all’interno del latte. Il latte viene trasformato all’interno di due caldaie polivalenti per la produzione di due tipi di pecorino: dei primo sale piuttosto giovani con caglio microbico e dei pecorini semi stagionati di medie-grandi dimensioni con caglio liquido di agnello di cui vi parleremo più avanti. Tutti i formaggi vengono

PRIMO SALE PEPATO

Pecorino giovane con pepe in grani nella pasta. Il gusto dolce è dovuto al latte ovino ed è piacevolmente aromatico

cod 31702 · peso 2,5 kg

PRIMO SALE PEPE E ZAFFERANO

Pecorino di pura pecora con grani di pepe nero e zafferano. Stagionato 15 giorni circa, è dolce, bilanciato, senza note animali

cod 31701 · peso 2,5 kg

Alessandro De Conto
NOVITÀ

salati in salamoia, in una sala attigua al caseificio, che agisce per tempi diversi a seconda del formato. Poi, la stagionatura avviene in diverse celle: i primo sale, pronti in una decina di giorni, in una, mentre i semi stagionati e gli stagionati in una cella situata nella parte storica del caseificio. Sono questi i formaggi che esprimono a pieno l’identità sicula del pecorino, tanto che il brand pensato per queste referenze è “I Siciliani”. I prodotti che vi presentiamo sono:

PRIMO SALE PEPE E ZAFFERANO

Un pecorino puro latte di pecora (di questi tempi non è una banalità) con grani di pepe nero e zafferano. La pasta è elastica, di colore giallo tenue. Il sapore è dolce, di buon bilanciamento sapido, senza note animali. La stagionatura è di circa 15 giorni, il formato è di 2,5 kg ed è confezionato sottovuoto.

PRIMO SALE PEPATO

Pecorino giovane con la presenza di pepe in grani all’interno. È un formaggio semplice, corretto, dove emergono la dolcezza del latte ovino e l’aromaticità piacevole di un buon pepe. Formato 2,5 kg, confezionato sottovuoto.

RICOTTA SALATA 1 KG

È una produzione cardine di molti caseifici, sia fresca, sia zuccherata per la pasticceria, sia salata come nel prodotto che vi presentiamo. Il formato è di circa 1 kg. È un valido ingrediente in cucina, per preparare le ricette tradizionali siciliane, ma non solo. Essendo una ricotta stagionata aspettatevi un apporto di sapidità importante.

PRIMIZIO PEPATO I SICILIANI

È un semi stagionato, dove la stagionatura minima è di circa 120/150 giorni. Il formato è importante: sono forme canestrate di circa 12/13 kg. La pasta è asciutta e può presentare una piccola occhiatura a occhio di pernice e un’evidente presenza di grani di pepe. Il sapore è dolce e persistente, assenti le note animali e gli eccessi di sapidità, con piacevoli note speziati e di macchia mediterranea.

NERO DI SICILIA I SICILIANI

Fa parte della stessa categoria del precedente: aspettatevi quindi un bel formaggio, per aspetto e sapore. Al naso è profumatissimo, la presenza del pepe, grattugiato in casa solo in crosta, regala un piacevole contributo aromatico che si alterna al profumo dolce e persistente del formaggio, con note di macchia mediterranea e origano in particolare. Con l’andare della stagionatura può diventare piccante, ma deve superare gli 8 mesi.

SALMONE

LE NUOVE FRONTIERE DI UN PRODOTTO ORMAI

DIFFUSISSIMO: IL SALMONE AFFUMICATO

L’utilizzo del salmone affumicato da qualche anno è ormai uscito dai soliti canoni dell’impiego esclusivamente natalizio, diventando parte della cucina (soprattutto internazionale) in moltissime preparazioni: dalla colazione alla cena, ci sono sempre buone ragioni per scegliere una pietanza con il salmone. Certo è che non sempre il food cost ci permette di usare prodotti di fascia premium, imponendo a chi lavora in cucina di considerare anche vie più accessibili e più facilmente percorribili. Anche perché il cambio della politica di esportazione del salmone norvegese e i nuovi nemici del salmone d’allevamento (pulci d’acqua) hanno causato negli ultimi anni fluttuazioni incontrollabili e prezzi alti per lunghi periodi. Questo ci ha messo nelle condizioni di suggerire a Friultrota di inserire una piccola linea di salmone da lavoro più accessibile ma con una qualità “certificata“ da Friultrota.

Eccoci quindi qui, dopo una lunga ricerca e tempi fisiologici di inserimento, a presentarvi un salmone norvegese lavorato con affumicatura tradizionale e confezionato in tre comodi formati: baffa da 1 kg circa preaffettata e intera, già senza pelle, e una busta da 300 g sempre di salmone preaffettato

Il suo sapore è dolce, il contributo dell’affumicatura è deciso e ruffiano. La sapidità del prodotto è più rilevante rispetto a quelli di una fascia superiore e la durata vita, che si aggira attorno ai 30 giorni, è ridotta rispetto per esempio allo scozzese che conosciamo per un più basso contenuto di umidità.

Se cercate un prodotto per l’avocado toast, per le vostre pizze o focacce o anche per un tramezzino, questo potrebbe fare al caso vostro.

SALMONE DEL NORD

Salmone norvegese affumicato dal sapore dolce e dall’affumicatura intensa e stuzzicante. La sapidità è decisa Disponibile in tre formati e durata vita di 30 giorni

cod 94171 · busta da 300 g cod 94172 · baffa intera da 1 kg cod 94173 · baffa preaff. 1 kg

NOVITÀ

Salse

A VOLONTÀ !

PESTO SAN BENNATO

Pesto con basilico ligure, pinoli italiani e formaggio, di consistenza grossolana e dal sapore di un prodotto fatto in casa 93350 da 200g · 93351 da 500g

SALSA VERDE

Salsa profumatissima a base di prezzemolo, capperi, acciughe, aglio e olio evo italiano. Freschissima al palato 93354 da 200g · 93355 da 500g

IMPEPATA DI CACIO

Condimento per la pasta con Pecorino Romano, Grana Padano e pepe profumato. Il sapore è incisivo, sapido e aromatico 93352 da 200g · 93353 da 500g

NOVITÀ

2 minuti di lettura

NOVITÀ A CATALOGO

MATERIE PRIME FRESCHE E DI ORIGINE NAZIONALE E UNA BUONA DOSE DI

EMOZIONE: SONO I PRODOTTI DI "LE SALSE DI BARONTI"

Ma non possiamo trovare una salsa verde di qualità? È sola una delle tante idee che la rete vendita ci restituisce durante le nostre riunioni periodiche. Dopo tanta ricerca pensiamo di averla trovata tra “Le Salse di Baronti”. Un nuovo artigiano si aggiunge quindi alla nostra selezione, un’azienda empolese specializzata nella produzione di salse, come avrete intuito. Antonio Baronti e la moglie Manola vengono dalla distribuzione, per poi dedicarsi dagli anni '90 alla produzione di creme e salse e prendere di recente, dal 2010, una strada più radicale, specializzandosi in tre prodotti: Salsa Verde, Impepata di Cacio e Pesto San Bennato.

Tre i punti di forza: l’utilizzo di materie prime freschissime e selezionate, l'origine esclusivamente nazionale delle stesse e nessun trattamento termico di conservazione. Oltre a un forte contributo emotivo, soprattutto nella creazione del Pesto San Bennato, nato con l'intento di ricercare nel bilanciamento della ricetta i gusti che Antonio ritrovava da bambino quando soggiornava dalle zie a La Spezia. Ma vediamo i prodotti nel dettaglio, tutti disponibili in un doppio formato, vaso ermetico da 200 g per il dettaglio e una vaschetta richiudibile da 500 g per la ristorazione.

PESTO SAN BENNATO

Ingredienti totalmente italiani generano una salsa spessa, abbastanza grezza, non troppo sminuzzata, dove i pinoli della pineta di San Rossore (PI) si trovano spezzati grossolanamente e quasi si riconosce la trama della foglia di basilico ligure. In bocca il sapore è pieno, proprio come in un pesto casalingo, dove la parte vegetale domina sul formaggio.

VALSANA · 12

Non solo sui primi piatti, sfruttatelo anche come salsa di abbinamento a formaggi freschi o in un panino con la mortadella. Prodotto fresco, con 40 giorni circa di durata vita. Non contiene né aglio né fibre.

SALSA VERDE

Prezzemolo italiano, capperi, acciughe nazionali e aglio tritati insieme all’olio evo italiano per formare una salsa verde profumatissima. La morte sua è il lampredotto nel fiorentino, ma è perfetta anche con musetti e bolliti e, perchè no, con il pesce o nei panini. Rustica nella costruzione, ma freschissima al palato, riporta al profumo delle vecchie trattorie toscane o delle piole piemontesi, dove questo ingrediente è il protagonista indiscusso. Provatela con una Roccaverano fresca o più semplicemente su un uovo lesso. La semplicità è buona consigliera!

IMPEPATA DI CACIO

Pecorino Romano, Grana Padano, burro, olio di girasole e pepe macinato grossolanamente sono i protagonisti di questo prodotto, che non è tanto una salsa da usare tal quale, ma un condimento per una pasta. Il sapore è incisivo, giustamente sapido, con un contributo aromatico importante. È sicuramente il prodotto più moderno, che risponde a un bisogno recente di riuscire a replicare una cacio e pepe con una certa solidità e continuità, il che non è facile né a casa né in cucina! Antonio l’ha chiamata Impepata di Cacio per evitare che qualcuno si offendesse essendoci Grana Padano nella ricetta!

Queste Le Salse create da Antonio, a noi son piaciute tantissimo, non vi resta che testarle!!!

2 minuti di lettura

IL SOMMELIER

VINI FRIZZANTINI E POCO STRUTTURATI, MORBIDI E SUCCOSI: TRE IDEE DI

ABBINAMENTO CON LA PANCETTA DAVVERO IRRESISTIBILI

Pancetta arrotolata insaccata in un budello naturale e farcita al peperoncino; buono il bilanciamento tra la parte grassa e la parte piccante cod 78353 · peso 1,8 kg circa

PANCETTA PEPATA SCOTENNATA

Pancetta scotennata arrotolata del Salumificio Grossetti aromatizzata con pepe che conferisce al salume un sapore deciso e intenso cod 78236 · peso 3,5 kg circa

DIVINA pancetta

• Pancetta piccante Grigio del Casentino – Toscana IGT Rosato

Regione che vai, rosato che trovi. O pancetta insomma. È (quasi) finita l’estate, ma la voglia di spensieratezza non è ancora passata ed eccoci quindi a suggerire un rosato da uve Sangiovese, perfetto per il tagliere dell’aperitivo con la Pancetta di Grigio. Attenzione però, nonostante il sorso sia snello, il vino ha in sé tutto il carattere per accompagnare la Pancetta: acidità, tannicità moderata e sapidità

PANCETTA ROTOLO DEI CASTELLI

Pancetta arrotolata insaccata in budello naturale. La fetta si presenta rosata con una presenza importante della parte grassa cod 80104 · peso 1,5 kg circa

Enrico De Conto Ufficio Acquisti

• Pancetta rotolo dei Castelli – Cerasuolo d’Abruzzo DOC

Abbiniamo la Pancetta dei Castelli a un vino dalla rusticità un po' più accentuata rispetto al precedente, più per esercizio che per necessità. Le uve sono di Montepulciano, ma il colore rimane rosato: melograno, ribes e leggero cuoio saranno i protagonisti a livello olfattivo. In bocca il grasso della pancetta è untuoso e dolce, ma il vino sarà in grado di contrastarlo e asciugare la bocca, preparandola al morso successivo!

• Pancetta pepata scotennata - Lambrusco dell’Emilia IGP

Avrei potuto continuare la serie dei rosati, ma qui l’abbinamento è tanto scontato quanto obbligato. Cercatene una versione lievemente abboccata, frizzantina e serbevole. Frutto rosso in quantità e accenno tannico giocheranno a vostro favore, la leggera morbidezza del vino poi arrotonderà i sentori pepati del salume. Fortemente consigliata la grande compagnia, così come il formato minimo da mettere in tavola: 3 litri.

Olio EVO: DENTRO IL FRANTOIO

Stefania Marcuz Assaggiatrice certificata di Olio Extravergine d'Oliva

ESTRAZIONE, SEPARAZIONE E FILTRAZIONE:

SONO MOLTEPLICI LE FASI CHE PORTANO

AD AVERE UN OLIO EVO DI QUALITÀ PER LA COMMERCIALIZZAZIONE. ECCO COSA

AVVIENE IN UN FRANTOIO PASSO PASSO

Produrre olio EVO non è semplice e sono molteplici gli aspetti da considerare. Abbiamo già visto come avviene la raccolta delle olive e il successivo processo di lavorazione nelle sue singole fasi.

Defogliazione, lavaggio, frangitura e gramolatura sono i passaggi della produzione analizzati precedentemente e che ci avevano portato fino alla formazione della pasta di olive. In essa si aggregano, per coalescenza, le goccioline di olio presenti nelle olive frante, ancora mescolate, però, all’acqua di vegetazione e alla sansa.

Per ottenere un prodotto commestibile, la pasta dev’essere, quindi, ulteriormente lavorata ed è proprio a questo punto che inizia la fase estrattiva vera e propria, ovvero la separazione dell’olio dal resto delle componenti.

ESTRAZIONE

Questa è la fase centrale della lavorazione ed è tra le più rilevanti e influenti per la qualità e le caratteristiche organolettiche finali dell’olio EVO. Può avvenire con sistemi di varia tipologia anche se, attualmente, i più utilizzati sono quelli degli impianti moderni a ciclo continuo che prevedono l’utilizzo di una centrifuga orizzontale chiamata “decanter” (Foto 1).

DECANTER

Questo macchinario è composto da un cilindro rotante (detto anche tamburo) all’interno del quale si trova una vite senza fine (coclea) che ruota in senso contrario al suo. La pasta di olive viene caricata direttamente dalla gramola attraverso un tubo in maniera continuativa, e viene accelerata in modo uniforme dal rotore posto all’ingresso.

Grazie all’elevata velocità dell’azione rotante, sfruttando la forza centrifuga e il principio del diverso peso specifico delle varie componenti, si ottiene la separazione fisica dell’olio (mosto oleoso) dalla sansa (parte solida) e dall’acqua di vegetazione. L’olio, essendo più leggero, si concentrerà all’interno del macchinario e verrà convogliato verso quello successivo. Di decanter ne esistono principalmente due tipologie:

• a due fasi: sono i più diffusi, lavorano con un' aggiunta minima di acqua, le rese sono un po’ più basse ma i vantaggi sono molteplici. Innanzitutto, gli oli ottenuti saranno tendenzialmente più ricchi di polifenoli, i preziosi antiossidanti naturalmente presenti nell’EVO ed elementi molto benefici per la nostra salute. Ricordiamo, infatti che, essendo sostanze idrosolubili, un ridotto utilizzo di acqua in fase di lavorazione ridurrà al minimo il loro discioglimento, preservandone, invece, la permanenza nell’olio. Un altro vantaggio, inoltre, è rappresentato sicuramente dal risparmio idrico ed energetico, nonché economico, che deriva dal mancato utilizzo d’acqua. I sottoprodotti ottenuti da questo tipo di lavorazione saranno solo due: mosto oleoso e sansa molto umida (sansa + acqua di vegetazione). Riepilogando, gli oli estratti con questo decanter saranno tendenzialmente più ricchi di polifenoli e di conseguenza più piccanti e amari, nonché più intensi a livello gusto olfattivo.

• a tre fasi: il principio è praticamente lo stesso del sistema precedente, con la differenza che in questo impianto, per poter effettuare l’estrazione bisogna addizionare un quantitativo di acqua pari a circa il 20-30% della pasta di olive in lavorazione. Questa aggiunta idrica provoca una diluizione dei polifenoli presenti e di conseguenza, gli oli ottenuti saranno più delicati, meno amari e piccanti Inoltre, i sottoprodotti ottenuti della lavorazione di questo impianto sono tre: mosto oleoso, sansa e acqua di vegetazione, e lo smaltimento degli scarti è solitamente più difficoltoso soprattutto per la gestione dell’acqua di vegetazione.

Indipendentemente dalla tipologia di decanter utilizzata, l’olio estratto non sarà ancora del tutto purificato, ma conterrà ancora una parte di acqua di vegetazione e di particelle solide in sospensione che verranno asportate grazie a una lavorazione aggiuntiva: la “separazione”.

SEPARAZIONE

Sfruttando nuovamente il principio della centrifugazione e dei diversi pesi specifici, in questa fase si separeranno ulteriormente le impurità e l’acqua di vegetazione residue dall’olio estratto attraverso una centrifuga verticale chiamata separatore (Foto 2).

L’olio verrà convogliato in un contenitore ma apparirà nuovamente un po’ torbido perché al suo interno saranno ancora presenti delle micro impurità residue (frammenti di polpa e di nocciolo, residui d’acqua, bollicine di aria, ecc…).

Nonostante ciò, sarà comunque pronto per il consumo anche se, per garantirne una maggior conservabilità e stabilità, si consiglia di procedere anche con la “filtrazione”.

FILTRAZIONE

Questo passaggio, come anticipato, non è obbligatorio ma fortemente consigliato anche se, essendo un’operazione onerosa, a volte le aziende preferiscono saltarla.

Questa scelta è spesso dettata anche da una diffusa richiesta di mercato da parte di quel segmento di clientela orientata al consumo di prodotti “grezzi”

Nell’immaginario del consumatore, infatti, un olio torbido richiama l’idea di genuinità ma, in realtà, si consiglia di consumarlo in tempi brevi per evitare che quella velatura visibile al suo interno, con il passare del tempo si depositi sul fondo (morchia) dando origine a ossidazioni e a fermentazioni e, di conseguenza, a inesorabili e irreparabili difetti come quello di “morchia” e a un irrancidimento precoce

Proprio per evitare questa veloce degradazione e garantire una maggior conservabilità e stabilità del prodotto, sarebbe meglio filtrarlo immediatamente dopo il separatore (in certi casi e in base a specifiche condizioni della pasta, questo passaggio può essere anche fatto in linea subito dopo il decanter): ne beneficeranno anche le proprietà organolettiche e gustative, che in questo modo verranno preservate più a lungo

FILTRO PRESSA

Esistono varie metodologie e tecnologie per effettuare la filtrazione ma la più diffusa è il filtro pressa. Il filtro pressa a cartone è composto da una serie di piastre disposte verticalmente tra le quali vengono inseriti dei cartoni filtranti in cellulosa (Foto 3). Queste piastre vengono fatte aderire in serie e l’olio viene spinto all’interno attraverso una pompa. A seconda della porosità dei cartoni, si possono effettuare filtrazioni di gradi diversi e verranno eliminati così anche tutti quei batteri, micro organismi, lieviti e muffe potenzialmente contenuti ancora al suo interno. L’olio filtrato sarà dunque trasparente, brillante, stabile e nelle condizioni ottimali per una lunga durata. Ecco che il nostro oro liquido è finalmente pronto per il consumo!

Il focus

Olio Extra Vergine di Oliva Fratepietro

Produttore: Azienda Agricola Fratepietro - Cerignola (FG)

Filtrazione: si

Olive: blend di Coratina e Cerignola

Colore: verde brillante con sfumature dorate

Sapore: note di mandorle e di erba appena tagliata; il carattere della Coratina, piccante e amaro, è ben bilanciato dalla dolcezza dell'oliva di Cerignola

Suggerimenti: olio equilibrato, che ben si abbina bene a carni bianche, insalate, verdure in pinzimonio, pesce al vapore o alla brace, formaggi freschi e pane casereccio

Codice: 93258 · 500 ml

Da segnare IN AGENDA

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NOTIZIE DA VALSANA

RIPRENDIAMO DOPO LA PAUSA ESTIVA CON UNA FIERA A LONDRA, A CUI

PARTECIPIAMO ORMAI DA ANNI, E CON UNA NEW ENTRY, IL B2CHEESE A BERGAMO

SPECIALITY FINE & FOOD FAIR

Londra

10-11 settembre

mar-mer

dalle 9.30 alle 17

Stand 1222

B2CHEESE

Bergamo

25-26 settembre

mer-gio

dalle 9.30 alle 18

Stand 220

Speciality Fine & Food Fair - Londra

Torniamo anche quest’anno al polo fieristico Olympia London per una fiera, lo Speciality Fine and Food Fair, che quest’anno celebra il suo 25mo compleanno.

Una vetrina importante sul mercato Londinese e del Regno Unito, dove siamo presenti da tanti anni nonostante, dopo la Brexit, le esportazioni non siano così facili. Ma, come si dice, ogni sfida può diventare un’opportunità: ci siamo attrezzati per far fronte alle nuove richieste documentali e logistiche e a settembre saremo a Londra più decisi che mai a presidiare il mercato inglese!

B2Cheese - Bergamo

È una manifestazione nata da poco, nel 2019, ma che ha saputo in pochi anni diventare estremamente interessante: riservata agli addetti ai lavori e con un format accattivante di convegni, eventi e programmi specifici per produttori e buyer.

Oltre alla sala espositiva con più di 130 aziende, B2Cheese ospiterà mercoledì 25 settembre la finale del Gran Premio del Formaggiaio, il concorso Guilde Internationale des Fromagers, il cui vincitore avrà l’occasione di contendersi il titolo di Miglior Formaggiaio del Mondo a Tours, in Francia.

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NOTIZIE DA VALSANA

LE MALGHE nel cuore

DA SEMPRE GLI ALPEGGI E I FORMAGGI DI MALGA OCCUPANO UN POSTO SPECIALE

NEL NOSTRO CUORE E NELLA NOSTRA SELEZIONE, NON SOLO A PAROLE

Sono sempre di più le malghe abbandonate e i pascoli inghiottiti dai boschi. Se non proviamo a invertire questo trend, tra qualche anno i formaggi di alpeggio saranno solo un ricordo.

E allora nel nostro piccolo vogliamo provare a fare qualcosa.

Dal 2004, assieme alla Pro Loco di Miane, organizziamo una degustazione di formaggi di malga in malga, con tante iniziative per riportare in montagna anche i più piccoli e riscoprire le malghe delle nostre montagne.

Dal 2021 portiamo avanti un progetto di formazione, Alte Imprese, nato da un’idea di Danilo Gasparini: una masterclass dedicata alla conduzione dell’alpeggio e alla figura del malgaro Quest’anno il modulo esperienziale si è tenuto a giugno in Malga Telvagola, gestita da Irene Piazza a Pieve Tesino (TN).

Due progetti uniti da un fil rouge: la volontà di far conoscere, promuovere, salvaguardare la realtà dell’alpeggio.

MALGHE TRA MIANE E BORGO VALBELLUNA

Casera Ai Pian domenica 1 settembre scarica la brochure dei formaggi in degustazione

PIZZA con la MORTADELLA

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PIZZA SLOW

MORTADELLA CLASSICA

VESCICA

Mortadella prodotta secondo la ricetta tradizionale bolognese con carne di suini nati e allevati in Italia, insaccata in vescica naturale. La fetta appare di colore molto più rosato rispetto alle altre mortadelle e il suo gusto è leggero e digeribile, con un profumo inconfondibile e delicato

cod 78735 · 10 kg circa cod 78736 · 5 kg circa (metà)

NUOVO NUMERO, NUOVO PRESIDIO SLOW FOOD ACCOMPAGNATI

DA GIANCARLO CASA, CHEF DE “LA GATTA MANGIONA“, ALLA SCOPERTA

DELLA MORTADELLA CLASSICA

“Negli ultimi anni è nata una sorta di diatriba tra pizza tradizionale e pizza gourmet: qui non abbracciamo né l’una né l’altra filosofia. Abbiamo sempre puntato sulle sperimentazioni negli abbinamenti e sulla qualità dei prodotti che impieghiamo. Ma vogliamo che la pizza si possa mangiare a spicchi e con le mani. Perché ogni morso è un’esplosione di sapori differente”. Giancarlo Casa, l’istrionico titolare della pizzeria Gatta Mangiona, un’istituzione a Roma da 25 anni, ci propone un tris di nuove ricette molto diverse l’una dall’altra in grado di valorizzare il prodotto Presidio Slow Food di questo numero, esaltandone la versatilità senza snaturarlo: la Mortadella Classica. L’ispirazione, spiega Giancarlo, viene dai ricordi d’infanzia uniti alla passione per la ricerca.

IL SALUME PROTAGONISTA

Dopo la Toscana, dove avevamo scoperto il Prosciutto del Casentino, ci spostiamo poco più a nord, nella patria della Mortadella Classica, l’Emilia Romagna. Per scoprire come questo insaccato delizioso, che pensando al classico consumo in un panino è divenuto ingiustamente l’emblema del cibo veloce ed economico, sia invece un prodotto le cui origini si trascinano nel nostro passato remoto, fino al Medioevo. Un salume storico insomma, la cui qualità può variare parecchio, ma che quando viene etichettato come Presidio Slow Food si caratterizza per la produzione artigianale, l’utilizzo esclusivo di suino pesante italiano, l’insacco in vescica naturale. I tagli impiegati prevedono una parte grassa al 40% e magra al 60%, e nessun impiego di sottoprodotti, latte e derivati, aromi chimici o emulsionanti. Come

da tradizione bolognese la cottura avviene in stufe di mattone, la fetta è di colore rosato e il prodotto risulta leggero e digeribile, con un profumo delicato e complesso, dovuto all’uso di vescica naturale per l’insacco, e un sapore dolce, più suadente che sapido. Per quanto sia ottima pure nel classico panino, vi consigliamo di testare qualcuna delle ricette proposte da Giancarlo: scoprirete come sappia dire la sua anche nella pizza e nelle focacce.

I CONSIGLI DI GIANCARLO

Cosa ti piace della Mortadella Classica?

Praticamente tutto. La Mortadella bolognese è un prodotto che è nel DNA di tutti gli italiani, e non solo degli emiliani. È presente nelle ricette romane fin dall’inizio del Novecento, come d’altra parte il Parmigiano e il Prosciutto di Parma. Insomma, un prodotto davvero storico, diffuso in tutto lo Stivale fin dai tempi dell’Unità d’Italia.

Come la utilizzi?

Si può impiegare dopo l’uscita dal forno oppure in cottura, meglio se tagliata a cubetti: nell’ultima ricetta che propongo l’utilizzo è duplice e consente di apprezzarla in tutte e due le declinazioni.

Come la conservi?

Per un utilizzo in tempi brevi basta coprirla con della pellicola. Se invece si prevede un impiego più dilatato nel tempo consiglio di metterla sottovuoto, per evitare l’ossidazione. Ovviamente, per una conservazione perfetta, va posta in frigorifero a quattro gradi.

Giulia Basso Giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste

Come la tagli?

Divisa in fette triangolari, come nella Focaccia “autunnale”, tagliata a cubetti quando s’impiega in cottura, come nella Pizza “Lasagna di nonna”, o a listarelle, magari un po’ spesse.

In che stagione è più adatta?

Grazie alla sua leggerezza e digeribilità è perfetta per tutte le stagioni, dall’estate all’inverno.

Quali abbinamenti hai studiato e perché?

La Mortadella mi accompagna da una vita, perciò per valorizzarla ho pensato di associarla anche ai miei sapori d’infanzia, come quelli delle lasagne di nonna. Ho preparato una focaccia che sfrutta verdure che amo, una pizza che mi riporta a quando ero bambino, e un ripieno, una sorta di calzone intagliato prima di essere infornato, che gioca sul contrasto tra dolce e amaro.

IL MENU DELLE PIZZE

Focaccia “autunnale“

Ingredienti: Crema di broccoli siciliani 100 g (0,30€); Mortadella Classica 60 g (0,89€); Cime di broccolo ripassate 100 g (0,40€); Pomodorini semi-dried Pom-up 40 g (0,74€)

Food Cost pizza: 2,33€ + costo impasto

Le note dello chef: “Ne risulta un boccone completo, molto appagante: la base di crema di broccoli è dolce, la mortadella sapida, le cime di broccolo piacevolmente piccanti e il pomodoro semi-dried di una dolcezza leggermente acidula”

Pizza “Lasagna di nonna”

Ingredienti: Ragù di manzo La Dispensa di Alessio Brusadin 70 g (2,37€); Fior di latte Latteria del Molise 60 g (0,56€); Mortadella Classica a cubetti 40 g; Emmental svizzero a cubetti 40 g (0,79€); Uova sode 1 e mezzo (0,50€); Ricotta di pecora Il Fiorino 40 g (0,37€)

Food Cost pizza: 5,19€ + costo impasto

Le note dello chef: “È la lasagna come la faceva mia nonna, il risultato è un unicum di sapori: è la mia pizza ricordo. Un velo di Fior di latte e ragù, a cui si aggiungono cubetti di Emmental e di Mortadella Classica e poi uova sode e fiocchi di ricotta di pecora”

Ripieno di scarola

Ingredienti: Scamorza affumicata Latteria del Molise 80 g (0,94€); Scarola riccia 80 g (0,20€); Olive Frantoio Bianco 20 g (0,49€); Uva sultanina 15 g (0,09€); Mortadella Classica a strisce 50 g (0,74€); Pinoli 5 g (0,25€)

Food Cost pizza: 2,71€ + costo impasto

Le note dello chef: “È un ripieno che si mangia come un panino, con i sapori che arrivano tutti insieme, in un morso. Gli ingredienti vengono posti in una metà del disco di impasto così il ripieno risulta più uniforme e prima di infornare è bene praticare delle incisioni nell’impasto, così non si gonfia!”

Uno dei precursori della pizza gourmet: Giancarlo Casa, chef della pizzeria “La Gatta Mangiona” a Roma

IL LATTE CRUDO

non è per tutti

Giorgia Barbaresco Responsabile Qualità

IL LATTE CRUDO RACCONTA UN TERRITORIO

TRATTAMENTO TERMICO: a che temperatura e per quanto tempo

Uht

Pastorizzato

Termizzato

Crudo

> 135 °C

15'' a 72°C o 30' a 63°C

15'' tra i 57 e i 68 °C

< 40 °C

TRATTAMENTO TERMICO: quando?

è un fase di preparazione del latte prima dell'inizio della lavorazione

3 minuti di lettura

LEGGI CIÒ CHE MANGI

NON È OBBLIGATORIO INDICARE IN ETICHETTA IL TRATTAMENTO TERMICO DEL LATTE. È PERÒ UN DOVERE MORALE INFORMARSI E INFORMARE IL CONSUMATORE: I

FORMAGGI A LATTE CRUDO SONO INFATTI SCONSIGLIATI ALLE CATEGORIE A RISCHIO

Il formaggio a latte crudo è più di un alimento meraviglioso, è espressione di autenticità, tradizione, territorio e storia. È un patrimonio e purtroppo è in pericolo di estinzione.

Valsana ha compiuto di recente 40 anni, io e lei ci siamo conosciute quasi vent’anni fa e già allora era da tempo in prima linea per difendere la cultura del latte crudo. Se avete letto qualche mio articolo saprete che spesso cerco di mettere in evidenza le due facce della stessa medaglia e vorrei farlo anche questa volta.

Consumare e soprattutto produrre formaggi a latte crudo richiede conoscenza e consapevolezza. Anche se è impossibile esaurire il tema in poche righe l'intenzione di questo articolo è quella di fornirvi qualche informazione essenziale che possa essere utile nel lavoro di tutti i giorni.

CHE COS'È IL LATTE CRUDO ?

La lavorazione a latte crudo prevede che questo, prima della lavorazione, non venga sottoposto ad alcun trattamento termico che ne possa modificare o ridurre la composizione della flora lattica naturale.

Con la pastorizzazione il latte raggiunge una temperatura di 72 °C per 15 secondi, o quella di 63 °C per 30 minuti, con conseguente abbattimento totale dei batteri pericolosi per la salute (patogeni). Ne consegue però anche la riduzione quasi totale della flora lattica che dovrà necessariamente essere integrata con fermenti liofilizzati o innesti assolutamente indispensabili per la caseificazione e la formazione del gusto del formaggio.

La termizzazione è più blanda e non garantisce l'inibizione dei patogeni.

Lavorare il latte crudo (non pastorizzato e non termizzato) richiede quindi una maggiore attenzione, lungo tutta la filiera, dalla stalla al consumatore, perché il livello di igiene da garantire deve essere molto maggiore e anche le modalità di conservazione giocano un ruolo importante.

LATTE CRUDO PER TUTTI?

Da queste prime righe possiamo subito trarre una piccola conclusione: i più grandi amici e i peggiori nemici del formaggio sono proprio i batteri.

Per poter salvare il patrimonio microbico naturale che rende i formaggi fortemente caratterizzati dal punto di vista del gusto e dei profumi dobbiamo lavorare il latte a crudo, ma per poterlo fare dobbiamo mettere in atto tutto ciò che consente di tenere sotto controllo i batteri che sono invece pericolosi per la salute, soprattutto quando un organismo sta vivendo un periodo in cui le difese immunitarie sono basse e non sarebbe in grado di contrastare il benché minimo microrganismo patogeno.

I formaggi a latte crudo sono preziosi, raccontano un territorio, ma richiedono maggiore attenzione

Per questo il consumo di formaggi a latte crudo deve essere sconsigliato a bambini sotto i tre

anni, donne in gravidanza e più in generale a coloro che sono immunodepressi.

COSA SIGNIFICA IGIENE?

I caseifici che lavorano latte crudo, se non lavorano il latte prodotto da stalle di proprietà, mantengono un contatto stretto con le aziende agricole che forniscono loro il latte, perché tutta la filiera deve garantire la sicurezza e per poterlo fare l’alleato principale è l’igiene.

In stalla, dove vi sono feci e molti animali, è indispensabile la pulizia delle mammelle prima della mungitura e l’allontanamento frequente del letame; quest’ultimo aspetto è più facile in malga dove gli animali sono al pascolo e restano naturalmente più puliti, ma è più difficile la pulizia della mammella, perché spesso l’acqua scarseggia e la cultura dell’igiene non è molto diffusa.

QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO?

I sintomi causati dai batteri patogeni (i più noti sono Salmonella, Listeria monocytoges, E. coli, E. coli stec, Stafilococcus aureus, ecc.) possono avere livelli di intensità differente che vanno da diarrea, crampi addominali, vomito, febbre, sintomi influenzali, meningite, aborti.

Tuttavia conoscere le loro caratteristiche e i parametri che facilitano il loro sviluppo consente di mettere in atto tutta una serie di accorgimenti produttivi che ne limitino o evitino la crescita.

Alcuni fattori che diminuiscono il rischio sono ad esempio:

• accurata pulizia della mammella, che dev’essere comunque sana;

• accurata pulizia e disinfezione dei locali e delle attrezzature;

• utilizzo di acqua non contaminata;

• trasformazione del latte immediatamente dopo la mungitura;

• refrigerazione del latte immediatamente dopo la mungitura se non viene subito lavorato;

• bassa acidità durante la caseificazione;

• lunga stagionatura;

• pasta dura;

• pulizia frequente delle assi utilizzate per la stagionatura;

• evitare il ristagno di acqua;

• salatura.

SCONSIGLIATO ALLE CATEGORIE A RISCHIO

Quando si consuma un formaggio a latte crudo un po' di rischio c'è.

Le conseguenze possono essere lievi per chi è in buona salute, ma per le persone con difese immunitarie ridotte, come anziani o immunodepressi, o in fase di formazione, come i bambini o le donne incinte, le conseguenze possono essere gravi.

Il latte crudo è pertanto sconsigliato a:

bambini di età inferiore ai 3 anni donne incinte anziani e immunodepressi

Sembra scontato, ma l’igiene è alla base di tutto, infatti anche la pastorizzazione senza la pulizia non è in grado di garantire la sicurezza dell’alimento, anzi il latte pastorizzato si contamina più facilmente dopo il trattamento termico perché è più “debole” proprio perché privo dei microrganismi “buoni” che potrebbero contrastare lo sviluppo dei patogeni, per questo si deve pulire, pulire, pulire.

Per molti anni, anche da parte delle autorità, si è cercato di imporre standard produttivi in nome della protezione della salute del consumatore andando così a offrire non solo dei prodotti sempre più anonimi e poco caratterizzati, ma anche impoverendo la cultura del latte crudo, additandolo come se fosse pericolosissimo.

L'equilibrio, come sempre, sta nel mezzo: c'è chi lavora il latte crudo, soprattutto in alpeggio, con grande attenzione, restituendoci dei formaggi autentici, con una storia da raccontare.

INFORMARE IL CONSUMATORE

Abbiamo il compito di trasferire questi contenuti al consumatore: quando vengono proposti formaggi a latte crudo è sempre consigliato evidenziare che il latte utilizzato non è stato sottoposto a trattamento termico, in modo che il consumatore possa scegliere consapevolmente al momento dell'acquisto.

Numerose volte l’ho scritto e i miei colleghi sono stanchi di sentirlo ripetere, non me ne vogliate se lo dico di nuovo; tutti noi che apparteniamo alla filiera alimentare abbiamo una grande responsabilità perché i nostri clienti si fidano di noi e ci affidano la loro salute.

Il cibo ci nutre e allo stesso tempo ci espone a un rischio che è soprattutto microbiologico e chimico, è inevitabile, ma noi dobbiamo essere consapevoli e sapere come fare bene la nostra parte per selezionarlo, proteggere lui e i nostri clienti sapendoli consigliare. Attenzione quindi a come manipoliamo i formaggi, a come li conserviamo e a come informiamo i nostri clienti.

Formaggio a latte crudo di malga stagionato 12 mesi, dal gusto un po' piccante, ricco di profumi di erbe e fiori di pascolo cod 31147 · peso 8 kg · anche in 1/4

MALGA CAMPOLUZZO

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il FICO

ABBINAMENTI DI STAGIONE

NON È SOLO BUONISSIMO E IDEALE PER LA REALIZZAZIONE DI MOLTI PIATTI:

IL FICO È ANCHE UN INGREDIENTE CHE AIUTA A MIGLIORARE LA DIGESTIONE E IL

SENSO DI SAZIETÀ, GRAZIE AL SUO ALTO LIVELLO DI FIBRE, MINERALI E VITAMINE

Non so dirvi bene il motivo, ma settembre, per me, è come se fosse il primo mese dell’anno È una sensazione che mi porto dentro fin da quando ero bambino. L’inizio dell’autunno, l’accorciarsi delle giornate, l’inizio di un’altra stagione sportiva accompagnata da un nuovo anno scolastico rubavano progressivamente la scena alle calde giornate estive e al tanto tempo libero da spendere con gli amici.

Settembre era un po’ un ritorno alla normalità In questa normalità di fine estate c’era però un profumo ricorrente, che arrivava sempre dalla piccola cucina del magazzino della nonna. In estate si trasformava in un piccolo laboratorio che apriva a fine maggio con la marmellata di fragole e chiudeva proprio in questo periodo con quella di fichi

Cecina di Leon

Pesce spada

Frutta secca

Cioccolato fondente

Originario del Medio Oriente, è stato coltivato per millenni e ora è diffuso in tutto il mondo. Il fico, che può essere di vari colori, dal verde al nero, è ricco di fibre, vitamine e minerali, che lo rendono non solo delizioso ma anche nutriente.

Il fico è apprezzato anche per le sue proprietà medicinali: contribuisce infatti a migliorare la digestione e a mantenere la salute intestinale

CURIOSITA’: Il “frutto” del fico è in realtà una infruttescenza, chiamata siconio, che contiene molti piccoli frutti all’interno. I piccoli granelli che si trovano nel fico sono effettivamente i veri frutti.

Giacomo Chinellato Commerciale Italia
FICO
Gamberi
Radicchio
Miele
Cipolle Salmone

ROMANOPECORINODOP

CROSTA NERA

31541 · 300 g

PEPE NERO TELLICHERRY

94815 · 25 g

Frisella con carote, sedano, fichi e boquerones

Continuiamo le proposte con un piatto principe della stagione estiva. La frisella leggermente ammollata è la base su cui disporre i nostri ingredienti. Carote e sedano tagliati alla brunoise doneranno croccantezza e il condimento con sale e olio all’aglio conferiranno una buona dose aromatica al boccone. La marinatura delle acciughe si sposerà alla perfezione con la dolcezza dei fichi, mentre la salsa a base di carote, sedano e cipolla, sfumata con dell’aceto di mele, riprenderà la nostra base con un gusto leggermente agrodolce. Il sedano in purezza e lo scalogno leggermente marinato invece doneranno un senso di freschezza preparando il palato al boccone successivo.

Cacio, pepe, fichi e polvere delle sue foglie

Questo primo abbinamento nasce da un piatto tipico delle regioni centrali del nostro Paese, legato molto probabilmente alle diete dei pastori di un tempo. La sapidità del pecorino e la speziatura del pepe la fanno da padrone, ma in questo caso abbinati alla dolcezza del fico. Concludiamo il piatto con una spolverata di polvere di foglie di fico che aumenterà la percezione del frutto donando al contempo note vanigliate e di cocco

ROCCAVERANO DOP FRESCA

30910 · 300 g

FRISELLA DI GRANO DURO 95011 · 500 g

BOQUERONES DEL CANTABRICO 95902 · 90 g

Tartelletta con Roccaverano DOP, speck d’anatra, fico

L’ultimo abbinamento prevede una tartelletta condita a freddo, in cui la sfoglia è la parte croccante del morso. La leggera acidità della Roccaverano DOP e la sapidità dello speck d’anatra leggermente scottato si sposano alla perfezione con la dolcezza del fico. Infine la salsa ottenuta dalle foglie del fico, decisamente vegetale, aggiungerà quel tocco leggermente amaricante in grado di donare completezza.

ITALIA-FRANCIA

croste lavate

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ANALISI SENSORIALE

ITALIA-FRANCIA, IL MATCH PER ANTONOMASIA, CONTINUA ANCHE PER NOI. QUESTA VOLTA IL CAMPO DI GIOCO È LA CROSTA LAVATA, CON DUE ESPRESSIONI

SENSORIALMENTE DIFFERENTI

Nuovo numero, nuovo approfondimento a cura dell’ONAF. I protagonisti di questo articolo e di questa sfida sono:

• due formaggi a crosta lavata

• entrambi a latte vaccino intero

• entrambi a pasta semicotta, morbida e untuosa.

Questi sono i tratti comuni di due formaggi che stanno agli opposti a livello sensoriale e organolettico, due espressioni complesse di delicatezza e decisione. L’assaggio dei due formaggi è guidato e mediato da Antonio Lodedo, Maestro Assaggiatore ONAF e Assaggiatore di oli EVO, Sommelier e Degustatore Ufficiale AIS.

L’assaggio dei due formaggi regala esperienze molto diverse, avendo due profili aromatici estremamente antipodici.

Il Saporito delle Valli stupisce per il suo equilibrio aromatico, capace di trasportare idealmente il consumatore verso un ambiente montano di malga. Complessità e intensità aromatiche “costringono” piacevolmente ad assaggi ripetuti, creando una vera e propria dipendenza. Ben si presta all’impiego in cucina dove può diventare elemento complementare e allo stesso tempo protagonista di piatti complessi. Stuzzicanti le sensazioni trigeminali su note leggermente pungenti e ammoniacali capaci di solleticare gradevolmente il palato.

Il Morbier Badoz AOC è un formaggio identitario che si esprime prevalentemente su note lattiche e di decisa dolcezza Il palato è piacevolmente interessato da una lieve patina grassa e delicatezza diffusa. L’assaggio è arricchito dalla presenza del gusto umami che, fondendosi a sapidità e dolcezza, genera complessità gustativa percettibile. Indicato per un consumatore che predilige formaggi delicati, caratterizzati dalle note lattiche di latte bollito, burro fuso e che vuole approfondire la conoscenza dei prodotti che affondano le proprie radici nella tradizione casearia della Regione della Jura.

Curioso lo strato di cenere vegetale con cui è “farcito”: attenzione, non è muffa! In origine il Morbier veniva prodotto in inverno quando non c’era tanto latte: la cagliata del mattino veniva ricoperta con uno strato protettivo di cenere, a cui veniva poi sovrapposta quella della sera.

SAPORITO DELLE VALLI FRESCO

30736 · peso 6,5 kg circa

Formaggio prodotto dalla Latteria di Cividale del Friuli (UD), presamico, a latte vaccino termizzato e a pasta molle

Maturazione: almeno 60 giorni

Forma cilindrica regolare. Facce piane regolari. Scalzo convesso regolare. Crosta liscia, ammuffita, lavata, umida, morbida, elastica, con leggera presenza di muffa bianca

Sottocrosta sottile quasi assente. Colore della pasta avorio uniforme carico. Occhiatura irregolare, piccola, media, non uniforme, diffusa. Erborinatura assente. Struttura tenera, deformabile, liscia

Odori: Animale: caglio, pellette di vitello | vegetale: agliacee, cipolla, verdura lessa, brodo vegetale, funghi freschi | lattico cotto, burro fuso. Sapori: dolce medio, acido medio, salato medio-elevato, amaro basso, umami medio. Aromi: Animale: caglio, pellette di vitello | vegetale: agliacee, cipolla, verdura lessa, brodo vegetale, funghi freschi | lattico cotto, burro fuso | ammoniacale. Sensazioni trigeminali: assenti. Struttura asciutta media, untuosa media, deformabile media, tenera media. Persistenza gustativa media

ASPETTO

ESTERNO

Formaggio francese a latte vaccino crudo prodotto dalla Fromagerie Badoz, le cui radici affondano nella tradizione della Jura. Maturazione: almeno 45 giorni

Forma cilindrica irregolare. Facce piane irregolari. Scalzo convesso regolare. Crosta con trama della tela, ammuffita, lavata, con leggera presenza di muffa bianca

ASPETTO

INTERNO

ESAME

OLFATTIVO

GUSTATIVO

TATTILE

Sottocrosta assente. Colore della pasta avorio uniforme carico. Occhiatura irregolare, piccola, non uniforme, rada. Erborinatura assente. Struttura tenera, untuosa, elastica, liscia

Odori: lattico cotto, burro cotto, burro fuso, latte bollito. Sapori: dolce medio-elevato, acido medio-basso, salato medio-basso, amaro non percettibile, umami medio-basso. Aromi: lattico cotto, burro cotto, latte bollito | animale: carne e brodo di carne. Sensazioni trigeminali: assenti Struttura elastica media, tenera media, adesiva medio-bassa Persistenza gustativa medio-bassa

MORBIER BADOZ AOP
Amaro

BETTY KOSTER Fromagère

Matteo De Santi

Export Manager

3 minuti di lettura

STORIE DI FROMAGER

NUOVA, VECCHIA COLLABORAZIONE CON UNA FROMAGERIE STORICA OLANDESE.

L’ICONICA BETTY KOSTER CI RACCONTA LA SUA STORIA ED ENTRA A GAMBA TESA

IN ASSORTIMENTO CON IL SUO GOUDA SIGNATURE

"Dopo la laurea, ho avviato la mia fromagerie e il mio ristorante. Mi dedico a questo mondo da sempre, ho scritto 5 libri sul formaggio e tengo lezioni sul tema. L’Amuse nasce nel 1989 e tuttora ci lavoro"

Betty Koster

Fondatrice di L'Amuse

A pochi chilometri da Haarlem, ovest di Amsterdam, in Olanda è situata una delle fromagerie più famose del Paese: Fromagerie L’Amuse. Nota per la loro conoscenza e selezione, ma anche grazie a Betty, personaggio storico del mondo del formaggio. Negli anni ha scritto libri, partecipato a programmi TV, lavorato con chef stellati e ha addirittura servito casate reali. Parleremo di tutto con ordine, partiamo con l’intervista e le nostre classiche domande:

Ci racconti la storia della tua formazione e dell'apertura del tuo negozio?

Mia nonna aveva un negozio di formaggi e io lavoravo lì ogni volta che potevo da quando avevo 14 anni. A un certo punto sarei dovuta subentrare per la proprietà, ma i miei cugini venivano prima per la successione. Ho capito che avrei dovuto metterci troppo tempo e discussioni, quindi ho deciso di intraprendere un altro progetto. Iniziai a lavorare come dipendente da Ven, un distributore locale, dove costruii la loro selezione dei formaggi. Col tempo le conoscenze aumentarono fino a permettermi di incontrare anche chef davvero famosi. Il culmine della soddisfazione l’ebbi quando ci chiesero di preparare una degustazione di formaggi per la Regina d’Inghilterra. Incarico sensibile, ma l’ho fatto! Mi terrò questo ricordo per sempre.

Dopo 3 anni il reparto formaggi aveva avuto così tanto successo che l’azienda decise di ampliare e mi chiesero di lavorare in ufficio acquisti, cosa che non volevo assolutamente.

Così ho fondato L’Amuse nel 1989 nella città di Haarlem, con un socio, ex collega di Ven. All'inizio era ristorante, gastronomia, negozio e catering, tutto insomma. Dopo altro tempo

e discussioni sulla direzione la partnership è passata dall'ex collega a Martin, mio marito.

Ciò che facevamo era troppo e troppo vario, quindi ci siamo trasferiti da Haarlem a Ijmuiden dove abbiamo deciso di concentrarci solo sul formaggio con l’ambizione di renderlo il miglior negozio di formaggi dei Paesi Bassi. In seguito, nel 2014 ad Amsterdam, è nata la seconda fromagerie e da allora si è spostata due volte.

Quali sono i punti di forza del negozio?

Importazioni dirette da piccole aziende e piccoli distributori. Quindi, la selezione assortimentale, ma anche l'affinamento fatto in casa.

In Olanda siamo stati i primi a dare trasparenza ai produttori mettendo il loro nome sul formaggio. Infine, per noi sono fondamentali la conoscenza e la formazione del personale.

Qual è la tua visione del mondo del formaggio?

Oggi l’agricoltura è una sfida di cui bisogna tener conto. Poiché non vogliamo rinunciare al formaggio, dobbiamo sviluppare un nuovo modo di fare agricoltura, più sostenibile e meno inquinante. Negli anni a venire ci saranno cambiamenti e sacrifici da fare che porteranno le persone a cambiare mentalità.

La mia speranza è che il nuovo governo olandese porti più “significato”. Dobbiamo capire che ciò che prima apparteneva solo alla dimensione "locale" ora è "europeo".

Che consiglio daresti a un giovane collega?

Impara e studia il più possibile, non iniziare senza una buona base di conoscenze. Sii disposto a spendere 15 centesimi per guadagnarne 10. Mai sottovalutare la qualità, puntaci sempre, non sarà mai una scelta sbagliata.

SIGNATURE

Nella testa dei consumatori è stato per anni considerato un formaggio semplice e poco godurioso. Oggi il mercato è diverso, ci sono meno barriere e pregiudizi nei confronti dei formaggi esteri. Con questa nuova collaborazione vorremmo portare o riportare nelle botteghe e ristoranti formaggi olandesi, forse mai arrivati. Produzioni artigianali, frutto di scelte non legate ai volumi, ma alla qualità e alla selezione. Gouda 2 anni è la firma con cui L'Amuse si presenta al nostro assortimento.

È prodotto nella zona Noord-Holland che va da l’Aia fino a sopra Amsterdam. L’allevamento segue regole ben precise volte al benessere animale: le vacche di razza

Holstein (Frisona) fanno pascolo libero per almeno 200 giorni l’anno e gli agricoltori non possono fare “tagli” sui pascoli prima di giugno. Questo impatta molto la qualità di latte e grasso presente. Ecco tre punti che ci aiutano a capire lo stile produttivo:

• la cagliata viene lavata con acqua a temperatura ambiente, mantenendo intatto il profilo aromatico

• L’Amuse, a differenza delle grandi aziende che usano paraffina, utilizza rivestimenti naturali a base di “colla di legno”, che permettono al formaggio di respirare

• la temperatura di stagionatura è di 14°C: scelta che solo gli artigiani prendono perché favorisce il gusto, a discapito di un calo peso importante (3 kg in 2 anni).

Betty ha enfatizzato molto durante l’intervista questo concetto: “I formaggi di L’Amuse sono affinati con l’obiettivo di farli uscire dalla stagionatura nel loro momento perfetto. Non hanno bisogno di passaggi aggiuntivi e sono pronti per essere goduti”.

CONSIGLI DELLA FROMAGÈRE

• Conservazione: fuori dal frigo sta benissimo, a meno che non faccia troppo caldo. Basterà coprire la fetta aperta lasciando respirare la crosta. È molto resistente ai batteri esterni, ma se dovesse comparire la muffa basterà toglierla. Attenzione a non farlo sudare troppo

• Servizio: il frazionamento a banco si può fare a fette, oppure si può optare per un taglio a roccia per i taglieri e per mantenere l'umami al massimo. Si può anche tagliare in affettatrice, per farcire i panini

• Suggerimenti di utilizzo: Gouda Signature è in grado di sostituire il Parmigiano. Le note saranno quelle di un burro più fresco e untuoso, ma tutta la parte umami darà lo stesso contributo

• Ricette e abbinamenti: provatelo nelle crocchette con un erborinato o per ultimare dei gratin. Per un abbinamento ardito: Gouda 2 anni e anacardi caramellati con sciroppo d'acero e peperoncino. Ottimo insieme a tè nero, scotch single malt 12 anni, vini rossi fruttati, birra Stout e Porto bianco.

GOUDA L'AMUSE SIGNATURE

Formaggio a latte vaccino pastorizzato, prodotto con sieroinnesto naturale e caglio vegetale. La pasta è di un colore arancione carico. Stagionato 2 anni, ha un gusto intenso, con note di umami. Perfetto in un tagliere in alternativa al Parmigiano cod 46919 · 13 kg

COME SI TAGLIA?

Inquadrate il QR Code, sarà Betty a mostrarvi i trucchi del mestiere

Cotto e... SOTTOVALUTATO

Commerciale Italia

COTTO, SCELTO O ALTA QUALITÀ?

L’elemento principale che determina la scala di valore merceologico del prosciutto è il livello di umidità del prodotto, definita UPSD: maggiore è la quantità di acqua contenuta, minore è la qualità.

3 minuti di lettura

IN-FORMAZIONE

IL PROSCIUTTO COTTO È UN’ISTITUZIONE NAZIONALE, MA VI SIETE MAI DAVVERO

CHIESTI QUALE COTTO? E SE SÌ, IN BASE A COSA L’AVETE SCELTO?

Quale taglio?

Si definisce prosciutto cotto unicamente il salume derivato dal taglio anatomico di riferimento, la coscia del suino, da qui il nome “prosciutto”

Il prosciutto cotto è considerato un salume semplice e piacione, largamente consumato da tutti anche se al contempo è forse uno dei salumi meno conosciuti nelle sue diverse sfaccettature. Basti pensare che la regolamentazione specifica per le diverse tipologie di prosciutto cotto risale solamente a poco più di un decennio fa.

Le tre tipologie definite dalla norma, che ritroviamo in etichetta, sono: prosciutto cotto, prosciutto cotto scelto e prosciutto cotto alta qualità

Ciò che le differenzia sono le parti anatomiche visibili, gli additivi consentiti in produzione e, infine, il parametro più rappresentativo: il grado di umidità del prodotto definito UPSD, acronimo di ‘Umidità sul Prodotto Sgrassato e Deadditivato’ Il prosciutto “cotto” viene identificato nei prodotti con un tasso di umidità inferiore o uguale a 81%; possiamo integrare la denominazione con “scelto” quando riusciamo a identificare almeno 3 dei 4 muscoli principali della coscia interasemitendinoso, semimembranoso, quadricipite e bicipite femorale - e un tasso di umidità inferiore o uguale a 78,5%. Infine parliamo di prosciutto cotto di “alta qualità” quando, oltre a identificare 3 muscoli su 4, abbiamo un prodotto con un tasso di umidità inferiore o uguale a 75,5%.

Il nostro suggerimento? Ovviamente tre proposte di alta qualità: miglior cotto Gambero Rosso, una filiera chiusa e un cotto arrosto.

PROSCIUTTO COTTO SAN GIOVANNI

Sapore: presenta un profumo intenso, note di carne cotta lievemente speziata, una grande delicatezza e un finale succoso.

Produzione: uno dei pionieri nella produzione dei cotti fuori stampo; la sua salatura viene

effettuata direttamente in vena. Ciò distribuisce la sapidità in modo più equilibrato e superiore rispetto alla salatura ad aghi.

Curiosità: quest’eccellenza tutta italiana si vede premiata per il terzo anno consecutivo come “Miglior cotto Italiano” dal Gambero Rosso.

COTTO LENTI RUSTICHELLO

Sapore: questo prosciutto è diverso dal classico prosciutto arrosto, presenta un gusto aromatico, dolce con lievi note di grigliato.

Produzione: la coscia viene disossata manualmente, successivamente viene legata a mano e aromatizzata all’interno e all’esterno con erbe aromatiche. La cottura avviene fuori stampo adagiando la coscia su una griglia.

Curiosità: si presenta con una fetta lunga e più bassa del solito, ma non schiacciata. Le fibre sono ben visibili come lo sono le erbe aromatiche.

PROSCIUTTO DI MONTAGNA

Sapore: l’ottimo equilibrio tra parte magra e grassa rende la fetta ben proporzionata e compatta. Questo ci porta ad avere un prodotto rustico con una sua ruvidità di morso, sublimato dal gusto del buon grasso di maiale Sambucano allevato in montagna.

Produzione: maiali razza Sambucano allevati allo stato semi-brado senza additivi chimici sull’appennino Tosco-Emiliano. Prosciutto cotto alta qualità da filiera chiusa.

Curiosità: macelleria Savigni è conosciuta per la produzione di salumi di cinta senese e altri insaccati. Il progetto di dar vita a un prosciutto cotto alta qualità nasce dalla voglia di valorizzare la razza Sambucano e il suo allevamento in Fattoria Bonaria a 1000 mslm.

TIPOLOGIA/ COTTURA/ SALATURA

PROSCIUTTO COTTO NOSTRANO DI MONTAGNA cod 79123

PROSCIUTTO COTTO “CLASSICO” SAN GIOVANNI cod 78045

COTTO LENTI TRADIZIONALE cod 78002

COTTO AFFUMICATO ALLE ERBE BERNARDI intero 81070 metà 81071

COTTO LENTI RUSTICHELLO cod 78008

COTTO LENTI CUOR DI GUSTO cod 78003

PROSCIUTTO COTTO SCELTO GRAN BORDO’ intero 80510 metà 80511

Savigni

Pavana - Sambuca

Pistoiese (PT)

Capitelli

Borgonovo Val Tidone (PC)

100% cosce italiane razza Sambucana

Cosce di suino italiano 100% pesante di provenienza Cremona e Mantova

Alta qualità

Cottura in stampo

Salatura con aghi

Alta qualità

Cottura a vapore fuori stampo

Salatura in vena

Da suini allevati allo stato semibrado

Filiera chiusa

Cosce origine UE

Rugger spa

Santena (TO)

Karl Bernardi srl

Brunico (BZ)

SENZA GLUTINE SENZA LATTOSIO

Alta qualità

Cottura in stampo

Salatura con aghi

Premiato come “Miglior cotto italiano” dal Gambero Rosso

Per dimensione non è classificabile

Cosce origine UE

Cottura fuori stampo legato in un sacco a rete

Salatura con aghi

Alta qualità

Cosce origine UE

Rugger spa

Santena (TO)

SENZA GLUTINE SENZA LATTOSIO

Cosce origine UE

Rugger spa

Santena (TO)

SENZA GLUTINE SENZA LATTOSIO

Cottura in stampo grigliato - forma ovale

Salatura con aghi

Processo di affumicatura lenta con legni locali

Grigliato al forno assieme a erbe mediterranee

Ottimo rapporto qualità/prezzo

Scelto

Cottura in stampo

Salatura con aghi

La fetta presenta poco grasso

Ottimo rapporto qualità/prezzo

Salumificio

F.lli Coati spa

Marano di Valpolicella (VR)

Cosce origine UE

Scelto

Cotto in stampo

Salatura con aghi

Perfetto per le farciture

Ottimo rapporto qualità/prezzo

Best Seller Alta Qualità

DI CHE pizza sei?

Danilo Gasparini

Docente di Storia e Cultura del Cibo all’Università degli Studi di Padova

4 minuti di lettura

STORIA O LEGGENDA ?

CHI DICE PIZZA DICE NAPOLI… E PIZZA MARGHERITA, CON

LA EMME MAIUSCOLA

IN RICORDO DELLA REGINA MARGHERITA. COME SEMPRE, NON SEMPRE, O MEGLIO

NON DEL TUTTO, I RACCONTI SONO VERI, ANZI!

La pizza, come gli spaghetti con il pomodoro e recentemente il tiramisù, sono i piatti che meglio di tanti altri costruiscono l’identità in cucina e l’italianità tout court. E come per la pasta, è una metafora delle diverse Italie a tavola. Si può dire − come racconta Luca Cesari nella Storia della pizza (2023) − che se la pizza è un’invenzione napoletana, il successo della stessa è invece un’invenzione americana

LE ORIGINI

La pizza, alle origini, in una Napoli che contava nell’800 oltre 400.000 abitanti, era un cibo di strada come i maccheroni. Era il piatto per eccellenza dei “lazzaroni”, delle migliaia di “sfaccendati” che popolavano i quartieri poveri della città. E il pizzaiolo – 55 nel 1807 − era considerato un mestiere plebeo. Quanto alle farciture, agli inizi venivano servite queste focacce bianche condite con quello che c’era: lardo, strutto, raramente olio, formaggio, pesciolini e molto più tardi una pennellata di pomodoro. Drastici i commenti di viaggiatori che capitavano. Carlo Collodi, quello di Pinocchio, nel suo Viaggio per l’Italia di Giannettino (1886) scrive: «Vuoi sapere che cos’è la pizza? È una stiacciata di pasta di pane lievitata, e abbrustolita in forno, con sopra una salsa di ogni cosa un po’. Quel nero del pane abbrustolito, quel bianchiccio dell’aglio e dell’alice, quel giallo-verdacchio dell’olio e dell’erbucce soffritte e quei pezzetti rossi qua e là di pomidoro danno alla pizza un’aria di sudiciume complicato che sta benissimo in armonia con quello del venditore». Ma anche Matilde Serao e Alexandre Dumas:

tutti concordi nel definire le pizze mal cotte, indigeste, servite in strada o in una stanza buia e sudicia. In giro per l’Italia si trovavano numerose “sorelle”: le varie schiacciate, le sfogliate rustiche o fritte, le rissole. Pellegrino Artusi ci consegna tre ricette: una pizza a libretti, una alla napoletana e l’ultima “gravida”.

E la storia della Pizza Margherita, attribuita alla regina, in visita a Napoli dopo il risanamento dei quartieri colpiti dal colera, è pura propaganda dell’ufficio comunicazioni e marketing di Casa Savoia: della serie “la Casa Reale è vicina alle sofferenze del popolo napoletano, tanto da mangiare la pizza”. Il documento, datato 11 giugno 1889, esposto ancora oggi nella Pizzeria Brandi con il quale il pizzaiolo Raffaele Esposito viene ringraziato per le tre pizze preparate alla regina Margherita, è un apocrifo realizzato negli anni Trenta del Novecento.

LA PIZZA OLTREOCEANO

Poi dall’Italia e da Napoli si emigra in massa. E si diffondono e si meticciano i piatti della tradizione, compresa la pizza, che da povera e indigesta delle origini si trasforma e si arricchisce di quanto l’industria agroalimentare americana offre: il pomodoro in scatola delle grandi coltivazioni californiane e la mozzarella. Il binomio pomodoro e formaggio filante diventa vincente una volta che tocca il suolo americano. La base «margherita» diventa la più comune e gli stili antichi della tradizione napoletana scompaiono. Il rosso del pomodoro e il bianco della mozzarella, grazie anche al loro spiccato

stacco cromatico, rappresenta l’emblema della pizza stessa. Una volta arrivata nel mondo nuovo ha dovuto adattarsi e accettare qualche compromesso. Grosso modo è quello che è successo all’hamburger e all’hot dog!

Il tutto viene quindi standardizzato e offerto in locali a ciò dedicati. La stampa locale descrive e promuove questo piatto sempre più ricco. Il primo locale a sfornare la pizza si trova a New York al 531/2 di Spring Street: fondato nel 1905 da Gennaro Lombardi, un forno con annessa sala per consumare la pizza. I consumatori esigono un prodotto standardizzato nella base e diversificato nei condimenti: i nuovi clienti chiedono di poter conoscere in anticipo cosa avrebbero mangiato una volta ordinata la pizza e avere la libertà di scegliere di volta in volta cosa metterci sopra senza subire le scelte del pizzaiolo.

Da New York la pizza si diffonde a San Francisco e a Buenos Aires, dove nel 1917 Don Gennaro Menzione offre, al 67 di Rua Ypiranga, una “Bella Pizza con mozzarella e pummerola”. Il successo è continentale.

IL RIENTRO IN ITALIA

Come è avvenuto per altri prodotti “tipicamente” italiani il viaggio è sempre di andata e ritorno. Così la pizza “italo-americana” con annesse pizzerie arriva in Italia. I soldati americani sbarcano in Italia e a Napoli come a Roma cercano le pizzerie ma soprattutto la loro pizza che conoscevano in patria. Finita la guerra inizierà un’invasione.

Bisognerà aspettare gli anni ’50 perché si diffondano in Italia le prime pizzerie che propongono lo stile americano. A Bologna nel 1950 apre La Bella Napoli, a Treviso nel 1952 Da Fausta. I coniugi Keys, quelli

della Dieta Mediterranea, a Roma nel 1952, invano cercheranno una pizzeria. Poi tocca all’Europa: a Parigi 1950, a Madrid 1959, in Svezia nel 1968, ad Atene nel 1972, a Vienna nel 1975, a Copenaghen nel 1978. In Germania la presenza di truppe americane favorisce la nascita di numerose pizzerie.

IL SUCCESSO PLANETARIO

La pizza, in breve tempo, è diventato un fenomeno globale e gli stili si sono moltiplicati. Certo adesso ognuno cerca di ritagliarsi delle nicchie: mi riferisco al fenomeno della pizza gourmet, con l’ossessiva ricerca delle materie prime, perfino dell’acqua. Sono gli americani i più grossi consumatori di pizza: 13 kg pro-capite all’anno. In Italia si sfornano 2,7 miliardi di pizze all’anno utilizzando 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. E il 17 gennaio è la giornata mondiale della pizza. Nel frattempo, l’arte dei pizzaioli napoletani è diventata patrimonio UNESCO e a Napoli è nata l’Associazione Verace pizza napoletana il cui disciplinare ve lo raccomando, provare per credere.

COME SI MANGIA

Ci sono altre questioni in sospeso. L’abbinamento con la birra è una faccenda tutta americana dovuta a uno stile di bevuta più leggero e allo straordinario sviluppo dei birrifici artigianali.

Ma la pizza si mangia con coltello e forchetta o con le mani? Celebre lo “scandalo” suscitato dalla foto del 2014 in cui viene immortalato Bill de Blasio, sindaco di New York, che mangia la pizza con le posate. Fu quasi un affare di stato: il protocollo cittadino prevede di divorare

la pizza, per quanto unta e bisunta, con le mani e solo con le mani. La pizza conserva questa sua ambivalenza: cibo da tavola ma anche cibo da passeggio, cibo di strada, le cui ridotte dimensioni permettono di piegarle a portafoglio ponendo la parte farcita all’interno, così da addentare il boccone senza sporcarsi.

Un’ultima curiosità: la (non) invenzione del tagliapizza. La rotella immanicata non è altro che un uso altro di uno strumento usato per tagliare il cuoio, la carta da parati o i sigari.

NELLA CULTURA DI MASSA

Per concludere, una suggestione: pescate con la memoria nel vostro archivio cinematografico e scorrete tutti i film in cui la pizza compare Da Totò nel film San Giovanni decollato (1940) a Sophia Loren nell’Oro di Napoli (1954) fino a John Travolta nei panni di Tony Manero in La febbre del sabato sera, che avanza elegante sulla 76esima strada di Brooklyn sulle note di Stayin’ Alive dei Bee Gees e si ferma a ordinare una doppia fetta di pizza da Lenny’s Pizza, un locale storico. Come non citare Woody Allen in Manhattan o le Tartarughe Ninja ghiotte di pizza. E non a caso le bobine dei film si chiamano pizze!

Poi ci sono le bizzarrie legislative: dal 2022 in Italia e in Europa nessuno può più scrivere «pizza napoletana» sui menu o sulle confezioni senza avere ottenuto la certificazione STG. E sarà di sicuro un boomerang per tutto il settore. Vedrete, ci penseranno ancora gli americani…o i coreani. «Non preoccupatevi: se tra un secolo vi troverete ancora da queste parti − conclude Luca Cesari − potrete ancora gustare un’ottima pizza. Ovviamente anche con l’ananas».

Ma ora basta altrimenti scatta l’esclamazione: che pizza!

È ORA DI CECI: veloci E veg

CECI LESSATI BIO

Ceci italiani da agricoltura biologica, lessati e conservati in acqua e sale. Deliziosi in insalata, nelle zuppe oppure frullati per ottenere delle creme

cod 96204 · 300 g 1 box con 6 pezzi

3 minuti di lettura

A CONTI FATTI

L'OFFERTA DEL BANCO PER L'APERITIVO: VARIETÀ DI PROPOSTE, PRESENTAZIONI

ACCATTIVANTI E UN OCCHIO DI RIGUARDO A COLORI E STAGIONALITÀ

FOOD COST E APERITIVO: STAGIONALITÀ

Cicchetti, tapas o finger food. Vedete un po' voi come identificarli, noi, vista la vicinanza a Venezia, preferiamo il termine cicchetti: siamo sicuri che capirete il nostro bias culturale. Indipendentemente dal nome si tratta sempre di piccole porzioni di cibo servite per l'aperitivo o anche nel più mondano apericena se non siamo parchi sulla varietà dell'offerta. Ciò che li accomuna è il peso di circa 20 g a porzione, il food cost tra 1€ e 1,10€ (al massimo 1,50€) e un basso know how perché si tratta quasi esclusivamente di preparazioni veloci con assemblaggio di ingredienti, anche già pronti. Ciò però non ci esime dall'usare un po' di astuzia e buon senso nella scelta degli ingredienti, in particolare in termini di stagionalità.

Sicuramente la clientela dimostra di avere delle preferenze che dipendono dal periodo dell'anno, dai cambi meteorologici e di temperature: certamente un cicchetto con gorgonzola e noci in piena estate con 30 gradi all'ombra non sarà la scelta preferita degli avventori. Ma oltre a compiere scelte che si avvicinino alle preferenze dei clienti, scegliere degli ingredienti di stagione (anche se in conserva o già pronti all'uso) è un tema di credibilità agli occhi dell'utente.

Paolo Cappuccio suggerisce di prestare molta attenzione a questo aspetto: scegliere il grado di freschezza giusto delle proposte, comporre l'offerta con ricette che abbiano dei colori adeguati rispetto al periodo dell'anno e avere un occhio di riguardo per la presentazione sono tutti aspetti che concorrono a giustificare il prezzo delle vostre proposte!

L'INGREDIENTE: I CECI

Eccoci ormai a settembre, le giornate sono più corte e lo so che anche voi indossate il mitico maglioncino in queste ultime serate d'estate. Possiamo iniziare a proporre tra i cicchetti, quindi, qualcosa di diverso: ora inizia il periodo dei legumi. Per avere l'ingrediente sempre pronto e velocizzare le preparazioni suggeriamo di preferire in questo contesto di ristorazione veloce dei ceci già pronti: i legumi secchi infatti richiedono un certo investimento di tempo tra ammollo e cotture lunghe che rischierebbe di incidere troppo sul food cost

La nostra proposta ricade quindi sui Ceci Lessati Bio di DelSanto: un prodotto che abbiamo a catalogo ormai da molto a testimonianza della sua versatilità. Si tratta di ceci italiani da agricoltura biologica, lessati e conservati in acqua e sale. Si presentano intatti e con una consistenza piacevole alla masticazione. Una volta scolati dal loro liquido sono perfetti tal quali, anche nelle insalate. Ottimi anche per delle creme veloci: suggeriamo di riscaldarli e condirli con sale e pepe prima di frullarli così da evitare che restino grumi.

CICCHETTI: LE PROPOSTE DI PAOLO

Paolo ha giocato con ancora con un po' di freschezza e colore grazie all'abbinamento con pomodori confit, trota e germogli. Due delle proposte sono veg, ma se volete uno spunto in più provate a farcire una verdura con la crema di ceci, ad esempio una puntarella fresca, ma attenzione sempre alla stagionalità: la puntarella è sicuramente più invernale!

Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione
Paolo Cappuccio
Chef stellato e consulente

POLENTA BIANCA CON CECI E POMODORO CONFIT

Ricavare un piccolo cilindro o un cubo di polenta bianca di altezza di almeno 1,5 cm per consentire una facile presa con le mani. Distribuire un ciuffo di crema di ceci (scaldare i ceci con sale e pepe prima di frullarli) che servirà da base su cui adagiare un pomodorino confit a sua volta farcito con crema di ceci e un paio di ceci interi per dare consistenza al boccone. Guarnire con una macinata di pepe e un germoglio fresco.

Food cost per porzione: € 0,33

CECI E REGINA SU BASE DI POLENTA GIALLA

Ottenere delle fette sottili dalla parte di filetto della baffa di Regina di San Daniele e disporre un ciuffo di crema di ceci (scaldare i ceci con sale e pepe prima di frullarli) a un'estremità. Avvolgere la fetta sulla crema di ceci e posizionare il rotolino ottenuto su un cubo o cilindro di polenta. Aggiungere dei ceci interi, qualche punta di ravanello e dei germogli freschi.

Food cost per porzione: € 0,52

BRUSCHETTA COLORATA

Tagliare a metà una galletta di mais e disporvi sopra della crema di ceci precedentemente realizzata con i Ceci Lessati Bio scaldati con sale e pepe. Arricchire con 2 falde di Pomodorini Confit e un paio di spicchi di Carciofino alla Crudaiola. Finire con dei germogli freschi.

Food cost per porzione: € 0,85

SCHIENA d' ASINO

3 minuti di lettura

IL PRODOTTO DIMENTICATO

UN FORMAGGIO A PASTA FILATA UNICO CHE CELEBRA L’ARTIGIANALITÀ

E I TERRITORI DELL’ALTA IRPINIA E DELL’ALTO VULTURE

Siamo a Calitri, piccolo borgo campano vicino al confine con la Basilicata, sede di una realtà casearia d'eccellenza: il Caseificio D&D. Fondato nel 2001 e gestita oggi da Luigi Di Cecca, l'azienda D&D è specializzata nella produzione di Caciocavallo e altri formaggi tipici del territorio. I punti di forza sono la lavorazione artigianale, l’utilizzo di latte locale e il legame con il territorio. Da questi valori, 15 anni fa, è nata la Schiena d’Asino, un formaggio distintivo nel mondo delle paste filate.

MATERIA PRIMA E TERRITORIO

Il segreto della Schiena d’Asino risiede nel latte di montagna proveniente da diverse piccole stalle dell'alta Irpinia e dell’alto Vulture. Le vacche, allevate tra Forenza e Bisaccia a 900 metri di altitudine, si nutrono esclusivamente di erba e fieno, senza insilati. La produzione giornaliera si attesta sui 18-22 litri di latte per vacca, in netto contrasto con i 40-45 litri degli allevamenti intensivi.

LAVORAZIONE

La lavorazione della Schiena d’Asino segue il metodo delle paste filate, ma con una particolarità: dopo la rottura della cagliata ottenuta da latte pastorizzato (scelta cautelativa del produttore poiché il latte proviene da diverse piccole stalle), si utilizza un fermento propionico al posto del tradizionale sieroinnesto usato per le altre paste filate. Questo fermento, tipicamente usato per l'Emmentaler, oltre all'acido lattico, produce anche acido propionico e CO2 che favoriscono dolcezza e sviluppo di occhiatura.

Una volta formata a mano, la Schiena d’Asino viene asciugata e stagionata in ambienti a temperatura e umidità controllate. Questo processo rende il formaggio più elastico rispetto ad altri formaggi stagionati come il Caciocavallo o il Provolone. La lavorazione a mano e l’uso di questo fermento favoriscono la fermentazione, conferendo al formaggio una caratteristica occhiatura, una cremosità e un gusto unici.

SCHIENA D'ASINO GIOVANE

Formaggio a pasta filata stagionato almeno 3 mesi, realizzato con latte vaccino pastorizzato proveniente da vacche allevate nell'Appennino Irpino; dolce e leggermente sapido con sentori di latte e burro, persistente

cod 25204 · peso 10,5 kg circa disponibile anche in 1/4

5 MOTIVI PER SCEGLIERE

LA SCHIENA D'ASINO

1. raccolta del latte da tanti piccoli allevatori del territorio sostenendo così l'economia locale

2. produzione rigorosamente artigianale

3. aspetti organolettici peculiari: dolcezza e note lattiche e di fermentato

4. l'occhiatura importante, dovuta alla tipologia di fermenti utilizzati

5. l’unicità del prodotto

Gianluca Di Lello Export Manager

Luigi Di Cecca consiglia di migliorare ulteriormente il prodotto lasciandolo a temperatura ambiente in negozio per 7/10 giorni per generare una maturazione naturale del formaggio prima di metterlo in vendita. Questo favorisce la formazione di piccole crepe in crosta, indicatrici di una stagionatura ottimale.

Versatile e gustosa, la Schiena d’Asino può essere consumata al naturale, affettata al coltello per un'esperienza unica e memorabile, o in cucina. Ecco a lato due idee per ispirarvi: voi quale scegliete?

Schiena d’Asino in pastella e fritta, abbinata a misticanza di erbe di campo con crema di erbe amare, creata da uno chef amico del produttore.

LA PIZZA

Pizza con pomodoro, olive, acciughe, capperi e Schiena d’ Asino in cottura a scaglie, realizzata da un nostro cliente di Bordeaux.

Una tecnica che arriva da lontano, padroneggiata dagli Arabi fin da molti secoli prima di Cristo. Come arrivò in Italia?

Alcuni gruppi di Saraceni, giunti in Italia attraverso le due maggiori rotte (balcanica e africana), si stabilirono lungo la foce del fiume Garigliano tra Lazio e Campania, e insegnarono ai monaci, fatti prigionieri, la tecnica della pasta filata.

Quando gli Arabi vennero poi sconfitti nella battaglia del Garigliano (915 d.C.) dalla Lega Cristiana, i prigionieri liberati insegnarono ai confratelli e agli agricoltori la tecnica della filatura.

LA TEMPURA

LA ROUTE CULINAIRE DE Tunisie

Vittorio Castellani Giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com

UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL PATRIMONIO GASTRONOMICO TUNISINO

La Tunisia è il Paese maghrebino più amato e frequentato dagli italiani, che spesso però si limitano al turismo balneare, per frequentare i residence della costa di poche località, come quelle di Hammamet, Monastir e Madhia, dimenticandone molte altre, specie delle regioni più interne, decisamente più affascinanti, ricche di storia e di cultura gastronomica.

A questo proposito è stata inaugurata recentemente La Route Culinaire de Tunisie, un progetto innovativo che mira a valorizzare la ricchezza e la diversità della gastronomia tunisina attraverso la creazione di esperienze turistiche autentiche coinvolgenti. Promosso dal Ministero del Turismo Tunisino in collaborazione con l’ONG tedesca GIZ TN e la Rete del Creative Tourism Network il progetto si propone di promuovere il turismo gastronomico, sostenere le comunità locali e preservare il patrimonio culinario tunisino

La Route Culinaire si snoda attraverso sei regioni tunisine, ciascuna caratterizzata da un prodotto culinario d’eccellenza (foto 1)

LE OLIVE DEL CENTRO E DEL DAHAR

La Tunisia è insieme alla Spagna il più importante produttore di olive e d’olio d’oliva del Mediterraneo. La Route Culinaire offre la possibilità di visitare i frantoi e di partecipare alla raccolta delle olive da novembre a gennaio, oltre a degustare le diverse varietà d’olio d’oliva, ospiti dei contadini delle case berbere (ksours) di Beni Kheddache, nei villaggi della catena montuosa di Al-Dhahir, lontano dai sentieri battuti: un’esperienza

unica di scambio e condivisione a stretto contatto con le popolazioni native (foto 2) Association Kousour

Email : associationkousour@gmail.com

Tel. +216 9662 8097

I DATTERI DEL SUD-OVEST

Le oasi del sud tunisino sono rinomate per la produzione di datteri di qualità pregiata. Per vivere un’immersione unica nel mondo della cultura dell’ecosistema dell’oasi e delle palme da dattero, ai margini del Deserto del Sahara Eden Palm offre un’esperienza unica (foto 3): in quest’oasi di pace e serenità, nel palmerai di Tozeur, Nabil et Karim Chokmani hanno aperto l’unico resort-museo al mondo con ristorante sulla cultura dei datteri, oltre a coltivarli e a trasformarli in decine di prodotti squisiti come confetture, creme spalmabili, melasse e caffè di noccioli.

Eden Palm · www.eden-palm.com

L’HARISSA DI CAP BON

L’harissa è molto di più di una semplice salsa piccante a base di peperoncino e spezie. È un prodotto fortemente identitario intorno al quale si è costruito un savoir faire che viene tramandato di madre in figlia e che si celebra ogni anno, quando le famiglie si riuniscono per la raccolta dei peperoncini e per la sua preparazione rituale. Per questo è stata inserita nella lista del Patrimonio

Immateriale dell’Unesco. Per scoprirne i segreti e imparare a prepararla, Imed Ben Attig ha aperto il suo atelier-museo a Nabeul dove tiene corsi e masterclass, oltre a venderne innumerevoli varianti. Terroirs de Tunisie

FB @terroirsdetunisie

IG @terroirs_de_tunisie

IL POLPO DI KERKENNAH

L’arcipelago di Kerkennah, situato al largo di Sfax, sulla costa orientale della Tunisia, a 120 km da Pantelleria, è famoso per la pesca e la cucina del polpo. È qui che l’associazione di donne di ACG

Générations ha dato vita a un progetto di turismo gastronomico, in collaborazione con i pescatori, che vi coinvolgeranno nel metodo di pesca tradizionale patrimonio immateriale dell’Unesco, per portarvi

nella cucina delle loro case, cucinarlo e degustarlo insieme alle loro famiglie. ACG Générations · FB @acg.generations Web https://acg-generations.org

I VINI DI TUNISIA

Pur trattandosi di un Paese mussulmano, la Tunisia vanta una lunga tradizione vinicola che risale all’epoca pre-islamica, e che si è sviluppata grazie alle migrazioni siciliane e alla dominazione francese. Per scoprirne la storia, le varietà, le aree di produzione e i vitigni autoctoni, Alì propone degustazioni in abbinamento a formaggi locali e wine tours che dai Vignobles de Thibar attraversano le principali aree di produzione vitivinicola del Paese (foto 4)

Alì Wine Tours · Tel. +216 9872 8872 Email : slitiali74@gmail.com

I PANI TUNISINI

Il pane è un elemento fondamentale della cultura gastronomica tunisina, da quelli flatbread che vengono cucinati ancora oggi nella sabbia del deserto o sotto le ceneri, a quelli delle comunità siciliane e francesi. Khobz tabouna, Mleoui, Labraj, Mtabga sono solo alcuni dei pani tradizionali che imparerete a fare nella “Casa del Pane”, sotto la guida di anziane donne del villaggio di El Kef, nel granaio dell’Antica Roma.

Dal El Khobz Tel +216 25 895 898 Email museumlab.connexion@gmail.com FB @DarelKhobz

Queste sono solo alcune delle attività e destinazioni proposte dal Progetto de La Route Culinaire de Tunisie, che insieme a un circuito di maison d’hôtes, B&B, piccoli alberghi, ristorantini e bistrò permettono di poter scoprire una Tunisia inedita, insieme ai suoi prodotti e di contribuire concretamente ad aiutare le popolazioni delle aree agricole di questo Paese nella costruzione di un futuro migliore. Grazie alle realtà selezionate dal Progetto, potrete costruire da voi il vostro tour di turismo gastronomico sostenibile.

La Route Culinaire de Tunisie Web https://larouteculinairedetunisie.info/

IL club sandwich

Pane morbido in cassetta prodotto con farina di frumento di tipo 1, semola di grano duro rimacinata, farina di tipo 0, farina di farro bio e farina di segale integrale

95031 · 420 g x cf (8 fette) ordine minimo 1 box x 6 cf

5 minuti di lettura

SANDWICH E DINTORNI

“MI SONO FATTA UN SANDWICH COL PANE DI SESAMO.
LA COMODITÀ È CHE SI APRE DA SOLO.”

NOBLESSE OBLIGE

Carlo II d’Inghilterra nel 1660 proclamò la Contea di Sandwich ed Edward Montagu divenne il primo conte. Era un ammiraglio valoroso e morì in battaglia. Chi è che fece però conoscere al mondo la Contea? John Montagu, V Conte di Sandwich che, diciamo, era meno dedito alle battaglie e più alle carte da gioco. Si racconta infatti che Lord John avesse una passione sfrenata per il gioco d’azzardo, tanto da essere accusato di corruzione e di sperpero di denaro. Riusciva a trascorrere intere giornate e nottate al tavolo da gioco e nel 1762, nell’affrontare un languorino che gli toglieva la concentrazione, ordinò al cameriere personale di farcire con fette di carne fredda due pezzi di pane: avrebbe mangiato con una mano lasciando la seconda libera per le carte. E fu così che il nobile spuntino approdò nel più repubblicano terzo millennio, arricchendosi di ingredienti e affinando le tecniche di realizzazione.

INGREDIENTI BASE

Tre fette is melio che two: il pancarrè quadrato è il primo ingrediente base. La ricetta della tradizione prevede poi la presenza di pollo o tacchino a fette, pomodoro, lattuga, bacon e salse varie da spalmare su entrambi i lati. Infine la forma e lo stecchino: una volta passato in tostiera va tagliato sulla diagonale così da ottenere due triangoli da servire uniti con uno stecchino di legno

...E CONSIGLI GOURMET

Il miglior sandwich al mondo lo potete gustare presso Hotel Le Meurice, al 228 di Rue de Rivoli (Parigi), dove una notte costa quasi duemila euro: se non avete una tale somma da investire ecco come procedere al meglio per prepararne uno altrettanto glamour. Come insegna il team dell’Epicerie Générale, il sandwich dev’essere buono all’interno e bello all’esterno!

Quindi le tre fette di pan carrè, private della crosta, devono essere tostate così da reggere l’umidità degli ingredienti. A tal proposito diventa fondamentale anche la presenza di salse grasse (come la maionese) o di burro che creano una sorta di impermeabilizzazione. Nel caso decideste di farcire con fette di pomodoro è buona norma appoggiarle sopra la foglia di lattuga. Nella sequenza degli ingredienti che, ricordate, vengono intervallati da un’ulteriore fetta di pane, l’armonia al morso tra le tipologie di formaggio, pesce, carne e verdure è fondamentale!

ELENCO DEGLI ERRORI

Pane: non fresco, con troppa mollica e non nella giusta proporzione con gli ingredienti freschi; Farcitura: carne e pesce cotti troppo e quindi troppo secchi, verdure troppo bagnate d’acqua; Condimenti: troppo burro e olio, troppe creme.

I FERRI DEL MESTIERE

• Coltello da pane (che tagli, mi raccomando!), spalmatore per il burro e spelucchino;

• Beccuccio dosatore per olio e salse

• Frullatore a immersione per mixare alcuni degli ingredienti che avrete scelto;

• Tostapane per rendere croccanti le singole fette e tostiera per scaldare il sandwich completo prima di servirlo. Altrimenti il forno sarà un valido e performante sostituto.

LE RICETTE DEL MAGAZINE

Il mantra ispiratore di questo numero del Magazine è stato “ordine und organizzazionen” sia nella grammatica dei sapori che nella sequenza della disposizione degli ingredienti. Non frenate la fantasia e gli strati: vivrete un’esperienza gastronomica unica! Come sarebbe tanto piaciuta a Lord John.

PAN QUADRO BIO

CLUB SANDWICH DI POLLO

CON

STRACCHINO, ZUCCHINE GRIGLIATE, RUCOLA E POMODORINI GLASSATI

Una proposta leggera per poter godere di un club sandwich da vero gourmet.

DOSI per 4 club sandwich

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 20 minuti

COTTURA: 20 minuti

INGREDIENTI

> PER I SANDWICH

12 fette di Pan quadro bio

150-180 g di fette di Petto di pollo affumicato tagliato spesso

120 g di Stracchino di capra qualità Oro

1 zucchina grande

1 cipolla rossa qualche foglia di rucola o misticanza olio Evo qb.

sale iodato qb.

> PER LA SALSA

200 g di Maionese classica biologica

1 cucchiaio di capperi dissalati qualche anello di cipolla rossa tritato fine timo fresco qb.

> PER IL CONTORNO pomodorini datterini

1 cucchiaio di zucchero di canna fino 1 cucchiaio di aceto balsamico

PROCEDIMENTO

Affetta finemente la cipolla e tritane qualche anello. Sciacqua i capperi. Lava i datterini, tagliali a metà e cuocili per 15’ in una padella con un cucchiaio di olio Evo, un cucchiaio di zucchero di canna e uno di aceto balsamico.

Regola di sale e pepe e metti da parte.

Monda e lava la zucchina, tagliala con la mandolina e grigliala da entrambi i lati. Spennella con un filo di olio Evo. Prepara la salsa mescolando la maionese con i capperi, la cipolla tritata e il timo.

Affetta il pollo e dividi in parti uguali lo stracchino. Tosta le fette di pane in una padella antiaderente senza dorarle troppo.

Componi il sandwich spalmando di salsa le fette e procedi con la zucchina, il pollo, il formaggio, la cipolla, la rucola.

Scaldalo per 3’ utilizzando una tostiera, dividi a metà sulla diagonale, sigilla con uno stecchino e servi con la restante salsa ai capperi e i pomodorini brasati.

SANDWICH CON PETTO D’ ANATRA, ROBIOLA, PRUGNE E VALERIANA

Secondo gli esperti il miglior club sandwich sarebbe quello proposto a Parigi dall’hotel

Le Meurice in Rue de Rivoli. Magari dopo le Olimpiadi, che dite? Le fette di pane sono sempre tre, mi raccomando.

DOSI per 4 club sandwich

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 15 minuti

COTTURA: 10 minuti

INGREDIENTI

> PER I SANDWICH

12 fette di Pan quadro bio

200 g di carpaccio di Petto d’oca affumicato

200 g di Robiola di capra biologica

80 g di valeriana

1 limone bio, succo e zeste qualche prugna denocciolata burro 1889 salato qb. un cucchiaio di nocciole tritate liquore all’arancia qb. olio Evo qb. sale qb.

> PER LA SALSA

yogurt greco qb. senape di Digione qb.

curry di Madras qb. erbette di Provenza essiccate qb.

PROCEDIMENTO

Condisci la valeriana con la citronette ottenuta con il succo di limone, olio e un cucchiaio di liquore all’arancia.

Realizza la salsa mescolando, a gusto, gli ingredienti. Affetta il rotolo freddo con un coltello molto affilato.

Tosta le fette di pane private della crosta con un tostapane o nella padella antiaderente, senza dorarle troppo.

Taglia a julienne le prugne denocciolate.

Componi il sandwich: spalma il burro da entrambi i lati e spolvera con le nocciole, gli spuntoni di robiola, la valeriana, le prugne e termina con il carpaccio.

Scaldalo per 3’ utilizzando una tostiera o il forno caldo a 200°, dividi a metà sulla diagonale, sigilla con uno stecchino e servi con la salsa.

CLUB AL SALMONE

Conoscete la maison Ladurée, a cui si ispira questa proposta? Fondata nel 1862, è una vera istituzione in Francia, celebre per i macaron che si sciolgono in bocca e per declinare le proposte gastronomiche in deliziosi bocconcini che mediano tra il dolce e il salato. Questo sandwich, con un’inedita tecnica da chef per la realizzazione del contorno, vi farà venire voglia di organizzare un weekend a Parigi.

DOSI per 4 club sandwich

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 15 minuti

COTTURA: 10 minuti

INGREDIENTI

> PER I SANDWICH

12 fette di Pan quadro bio

3/4 uova bio

250 g di Salmone selvaggio Red King qualche foglia di cuor di lattuga

1 cetriolo fresco

150 g di Maionese al pepe verde biologica

1 limone bio, il succo sale qb.

> PER LE PATATE

1 kg di patate olio Evo qb. olio di semi per friggere qb. sale qb.

PROCEDIMENTO

Immergi le uova nell’acqua bollente e cuocile per 6’. Raffreddale con acqua fredda, tagliale e ottieni delle fettine sottili. Lava e taglia il cetriolo a fette, senza sbucciarlo, dello spessore delle uova. In una ciotola sciogli sale e succo di limone ed emulsiona con l’olio. Metti da parte.

Lava le patate e tagliale a bastoncini di 2 centimetri di sezione e 9 centimetri di lunghezza. Falle sbianchire una prima volta nell’olio a 140° per 10’, poi scolale. Porta in seguito l’olio a 180°.

Immergi nuovamente le patate fritte nell’olio caldo per 5’ fino a dorarle. Scola le patate fritte su carta da cucina, poi regola il gusto con il sale e tieni al caldo.

Lava e affetta a julienne il cuore di lattuga. Condiscilo con un poco di maionese mescolata all’emulsione di limone e olio. Tosta le fette di pane private della crosta con un tostapane o nella padella antiaderente, senza dorarle troppo.

Ora puoi montare il tuo sandwich come segue: spalma la maionese, poi alterna il salmone, le fette d’uovo e di cetriolo, infine la lattuga condita.

Scaldalo per 3’ utilizzando una tostiera o il forno caldo a 200°, dividi a metà sulla diagonale, sigilla con uno stecchino e servi con la maionese al pepe verde e le patate calde.

UN COMPLEANNO speciale

Martina Iseppon

Responsabile Marketing

SIAMO UFFICIALMENTE ENTRATI

NEGLI “ANTA”... TEMPO DI METTERE

LA TESTA APPOSTO... O NO?

Otto lustri, quattro decenni e quasi mezzo secolo di ricerca, selezione, amore per questo mestiere, che ci piace tanto e ci fa divertire ogni giorno di più.

Abbiamo ufficialmente compiuto 40 anni.

E abbiamo scelto 5 parole per celebrarli, condivise dal nostro Presidente, Giorgio Lovisotto, nel suo discorso ufficiale.

TRAGUARDO

Una tappa importante, che abbiamo voluto festeggiare con le persone che ci hanno supportato in questi anni.

CONSAPEVOLEZZA

Del percorso che abbiamo fatto. Di ciò che siamo diventati. Di quello che possiamo fare assieme.

VISIONE

Perché abbiamo raggiunto una vetta, ma abbiamo già gli occhi rivolti verso la prossima.

RESPONSABILITÀ

Nella gestione d’impresa e nella capacità di disegnare un futuro concreto, con un serio passaggio generazionale.

GRATITUDINE

Verso chi lavora con noi, i tanti produttori che sono parte della nostra squadra, i clienti che ci scelgono ogni settimana, alcuni fin dai primi anni.

RACCONTI DA VALSANA I 3 minuti di lettura

Abbiamo voluto esprimere il nostro riconoscimento agli oltre 100 clienti che sono con noi da oltre 25 anni con un piccolo segno di ringraziamento: “valorizziamo assieme le migliori specialità gastronomiche da oltre 25 anni”, le parole che abbiamo scelto per la targhetta.

UNO SPAZIO DI FORMAZIONE

Per il nostro compleanno ci siamo regalati la sala degustazione, finalmente completata con una cucina professionale: uno spazio che vogliamo dedicare ai progetti di formazione, un ambito dove abbiamo iniziato a muovere i primi passi ma che nei prossimi anni vogliamo sviluppare. Renato Pasqualato ci ha deliziato con due preparazioni: Riso Granato con crema di pomodoro crudo San Marzano DOP e Caciocavallo di bufala; Fesa di manzo stagionata affinata al vino Tai Rosso DOC Colli Berici con peperone dolce Casa Marrazzo, tartare e polvere di pesca, valeriana e yogurt.

NOVITÀ IN DEGUSTAZIONE

Non poteva mancare qualche novità in degustazione, con l’immancabile supporto di Top Banqueting: abbiamo invitato Eat Like a Star che ci ha preparato un Gazpacho con la stracciatella di Olanda e una Tortillas con Chili con Carne. Ma è piaciuta anche la focaccia Tutta Biga di Follador con l’Insalata di Pollo di Marcolin!

LA GRANDE ONDA

Non c’è festa senza musica, e anche su questo abbiamo giocato in casa: a inizio anno avevamo scoperto che Marco Fantin del Salumificio dei Castelli suonava per hobby in una band, La Grande Onda. Sono stati loro ad accompagnarci nella festa, soprattutto la sera, con una scaletta divertente anni 70-80.

Che dire? È stata una bella festa, un’occasione per prenderci un po’ di tempo e stare assieme alle persone senza le quali non saremmo arrivati a questo traguardo. Grazie a tutti per aver condiviso con noi l’emozione di questa giornata!

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