Selezione di Sapori | 2024 05

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VISITA AL CASEIFICIO D&D

Novità: Re al Tartufo, Piccolo Fiore alla Nocciola, Salamella di Cinta Senese
Dietro le Quinte: il backstage di Sapori e i best seller delle prime settimane

EDITORIALE

Non è ancora arrivato Halloween, fintanto che stiamo chiudendo questo ultimo numero del nostro magazine, e già si iniziano a sentire le canzoni di Natale. Anticipiamo tutto, sempre di più, sempre più velocemente, come se avessimo fretta di consumare i giorni, le esperienze, la vita. Siamo come prigionieri sulle montagne russe, in una folle corsa non si sa verso che cosa, e forse non ce lo chiediamo nemmeno più, perchè ormai siamo abituati a vivere con l’adrenalina - o l’ansia - sempre addosso.

E quindi eccoci qui, anche noi sulle montagne russe, con un numero dedicato in parte al Natale. Vi invitiamo però a prendervi una pausa di 10 minuti per sfogliare il nostro magazine. Per dare una scorsa al nostro viaggio in Irpinia, dove invece il tempo sembra essersi fermato e le persone ti fanno sentire a casa. Per sbirciare le ultime novità della stagione, dai pecorini affinati di D&D al Piccolo Fiore alla Nocciola, dal Re al Tartufo alla Salamella di Cinta Senese, prodotti che ben si prestano ad arricchire le confezioni di Natale. Vi portiamo a Budapest, con l’articolo di Vittorio Castellani, e poi a Helsinki, da Rolling Cheese, la fromagerie di un nostro caro cliente. Proviamo a chiarire un po’ di differenze rispetto alle diverse tipologie di Salmoni che si trovano sul mercato e giochiamo sul confronto sensoriale di due formaggi “da forno”, perfetti per le tavole delle Feste, il Silva e il Mont d’Or. E, sempre per restare a tavola, vi proponiamo alcuni abbinamenti davvero curiosi con i datteri, e vi portiamo in Salento con una tradizione dell’Immacolata, la Puccia

“Tra 10 minuti è Natale”, ci diciamo in ufficio. Speriamo di avervi dato qualche spunto, con l’augurio, almeno durante le Feste comandate, di riuscire a prenderci tutti un po’ di tempo da dedicare ai nostri cari. Buona lettura!

Martina Iseppon

SELEZIONE DI SAPORI: Il Magazine di Valsana

Team editoriale: Giorgia Barbaresco, Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Giacomo Chinellato, Alessandro De Conto, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Martina Iseppon, Antonio Lodedo, Francesca Marini, Stefania Marcuz, Anna Maria Pellegrino

Direttore: Giulia Basso

In copertina: Luigi Di Cecca del Caseificio D&D

Editore: Valsana srl Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano (Treviso)

Registrazione Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017

VISITA AL Caseificio D&D

Martina Iseppon

Responsabile Marketing

CACIOCAVALLO IRPINO

STAGIONATO IN GROTTA

Caciocavallo prodotto con latte vaccino crudo ottenuto da vacche allevate nell'Appennino Irpino e stagionato in grotte naturali. Sapido e leggermente piccante al tempo stesso, con sentori di burro cotto e una buona persistenza in bocca

cod 25200 · peso 2 kg circa

4 minuti di lettura

VIAGGIO IN IRPINIA

DALLE GROTTE NEL CENTRO STORICO DI CALITRI (AV) AL MODERNO CASEIFICIO, FINO ALLA PIANA DI VOLTURARA IRPINA, PER INCONTRARE GLI ALLEVATORI: VI

RACCONTIAMO A RITROSO TUTTA LA FILIERA DEI CACIOCAVALLI DI LUIGI DI CECCA

Con Luigi Di Cecca lavoriamo dal 2009, ma negli ultimi mesi ci siamo visti più volte che in 15 anni. Siamo stati a Calitri ad aprile, con il nostro "team assortimento” - le persone che in Valsana si occupano della ricerca, selezione e definizione del catalogo prodotti - e siamo ritornati a fine maggio con tutta la rete vendita. E, più di recente, Luigi e Gianluigi hanno presentato a "Sapori" una verticale di Caciocavalli, dall'Irpino giovane, impiccato sul Caciocavalletto, all'Irpino di Grotta.

Partiamo dalla fine, dalle grotte di Calitri, per raccontarvi il nostro viaggio in Irpinia, tra la fine della Campania e l'inizio della Basilicata, e le suggestioni che ci siamo portati a casa.

Un comune di 4.000 anime, di cui solo 100 nel centro storico arroccato su una collina a 500 metri di altitudine, quasi del tutto abbandonato dopo il sisma del 1980. Le viuzze strette che si arrampicano nel Borgo Castello, le imposte serrate delle case in pietra che sonnecchiano in un pomeriggio piovoso di inizio estate. Le stradine sono davvero strette, le auto non ci passano: per portare i caciocavalli nelle grotte di stagionatura i ragazzi usano l'Ape, e le braccia. Seguiamo, un po' affannati per la salita, Gianluigi, la nostra guida, un mazzo di grosse chiavi di ferro per aprire le pesanti porte in legno. La sensazione è quella di essere le uniche anime vive del luogo. Con la protezione della nostra guida ci accingiamo ad aprire la prima grotta: un unico ambiente scavato nella roccia, che ricorda i più famosi sassi di Matera, e ospita delle scalere in legno dove sono appesi centinaia di caciocavalli, illuminati da una luce fioca, un enorme cancello in ferro battuto che li fa sembrare dei prigionieri.

Le grotte sono scavate in rocce arenarie che creano un microclima unico per la stagionatura, grazie alla loro speciale umidità, temperatura costante intorno ai 13 °C e microflora. Visitiamo "Il Frantoio", che ha un'antica mole in pietra all'ingresso, poi "La Tabacchiera" e "La Filanda": grotte che prendono il nome dall'uso che veniva fatto un tempo di questi spazi. Qui i caciocavalli vengono portati a mano e appesi uno a uno quando hanno raggiunto una stagionatura di circa due mesi. Restano nelle grotte altri 4 mesi, per poi tornare in azienda, dove vengono spazzolati e puliti dalle muffe naturali che hanno sviluppato in crosta.

Lasciamo la storia che si respira nel borgo per spostarci in un contesto totalmente moderno, il caseificio, dedicato esclusivamente alla produzione di formaggi a pasta filata, che si trova nella zona industriale della cittadina. Nato nel 2001 per trasformare e valorizzare il latte prodotto dall'azienda agricola di famiglia e recentemente ampliato nel 2019, il caseificio trasforma ogni giorni 110-120 quintali di latte, raccolti direttamente da 40 conferenti.

• latte raccolto da stalle locali

• valorizzazione del pascolo e del territorio dell'Irpinia

• stagionatura in grotte di tufo millenarie

All'arrivo il latte viene sottoposto ai controlli di routine e separato per origine: quello proveniente da Volturara Irpina viene dedicato alla produzione del Pascolino, il latte dell'Irpinia alla produzione del Caciocavallo Irpino, quello della Basilicata alla Schiena d’Asino.

Assistiamo alla lavorazione del Caciocavallo Irpino giovane: il latte viene trasferito nella caldaia polivalente, viene aggiunto il sieroinnesto autoprodotto ogni giorno e, dopo una sosta di 20 minuti, inizia la lavorazione vera a propria. Per i caciocavalli viene utilizzato il caglio di capretto, la Schiena d'Asino segue invece una lavorazione diversa: non viene usato il siero innesto ma dei fermenti propionici, per ottenere la caratteristica occhiatura spinta, e caglio di vitello. La cagliata viene rotta quando raggiunge il giusto pH, quindi viene lasciata maturare 3-4 ore sui tavoli spersori prima della filatura. È il casaro a definire quando è il momento giusto: un mix tra controllo del pH e l'esperienza di valutare a mano come risponde.

La filatura è automatizzata - la cagliata viene tagliata in blocchi, tritata e trasferita nella macchina filatrice - mentre la formatura finale dei caciocavalli viene fatta a mano: è incredibile la manualità di questi ragazzi, tutti in cerchio intorno a una tinozza di acqua a 65-75 °C, dove i caciocavalli vengono immersi e lavorati con le mani per ottenere la caratteristica testa.

Importantissima anche la fase di riposo in acqua - ci dice Luigi - che permette la formatura di una crosta sottile e una successiva stagionatura uniforme, senza crepe e spaccature: i caciocavalli riposano 3 ore nelle vasche di raffreddamento a 15-20 °C, e vengono poi trasferiti nelle vasche di salamoia satura al 24-25%, a una temperatura di 18 °C, dove sostano mediamente 12 ore per ogni kg di prodotto. Pur mantenendo una buona dose di artigianalità, la sensazione è quella di essere in un caseificio ben strutturato, pulito e ordinato: "in produzione lavorano oggi 9 persone, su 15 dipendenti, e la produzione è di circa 350 caciocavalli al giorno".

Il Caciocavallo Irpino stagionato in grotta è stato il primo prodotto grazie al quale abbiamo iniziato a lavorare con Lugi Di Cecca del Caseificio D&D, nel 2009

PECORINI AFFINATI

Pecorino affinato alla lavanda di nonna Vincenza · cod 25214

Pecorino affinato alla salvia di Serra Ferrara · cod 25212

Pecorino affinato con anice stellato cod 25213

stagionatura 40-50 giorni peso 500 g · disponibilità limitata

Dalla salamoia i caciocavalli vengono trasferiti nelle celle di asciugatura: 7 giorni in ambienti con un'umidità del 50% - per consentire un'asciugatura graduale ed evitare note di amaro - che diventano 15-20 giorni per la Schiena d'Asino. Dall'asciugatura si passa alla prima cella di stagionatura: almeno due mesi a 9 °C, in celle con un'umidità elevata. Dopo due mesi i caciocavalli vengono trasferiti in grotta (l'Irpino di Grotta), oppure nella cantina con i muri in pietra controterra ricavata al di sotto del caseificio (gli altri).

Luigi è un fiume in piena: negli ultimi anni si è appassionato al tema dell'affinamento, così, nel 2017, assieme alla moglie Enza Fiordellisi decide di ristrutturare il fienile, che si trovava a fianco della stalla - e che all'inizio era la sede originale del caseificio, poi spostato nella zona industriale del paese. Nasce "Il Fienile": un progetto di biodelizia, un ambiente di stagionatura di design perfettamente integrato nel contesto naturale in

cui si colloca. Alluminio naturale, lame di roccia pressata, lana di pecora toscana utilizzata come isolante: materiali che cambiano nel tempo e “stagionano come il formaggio”, una cascata temporizzata all'interno per dare umidità agli ambienti, una sorpresa che non ti aspetteresti di incontrare tra le montagne dell'Irpinia.

Da quattro anni, Luigi ha iniziato ad affinare qui i suoi caciocavalli e qualche formaggio prodotto da aziende agricole locali: i formaggi vengono stagionati non solo nel fieno o nelle vinacce, ma anche nel coccio e affinati con ingredienti inusuali, come il pecorino alla lavanda, alla salvia, all'anice. Formaggi curiosi, ma con una personalità, capaci di raccontare lo straordinario territorio dell'Irpinia.

Ma veniamo alla parte del viaggio che più ci ha emozionato: la visita agli allevatori, sulla Piana del Dragone a Volturara Irpina, il cui latte viene utilizzato per la produzione del Pascolino.

VIAGGIO
NOVITÀ

Incontriamo Stefano, Delfina, Carmine, Dora, Ferdinando: nei loro occhi l'amore per gli animali, il legame con la terra dai cui provengono, l'adesione senza riserve a una vita di fatica, con la triste consapevolezza che difficilmente qualcuno dopo di loro porterà avanti le loro aziende agricole. 16 stalle di piccola dimensione, con 8-9 capi in media per stalla, delle razze più disparate - dalla Bruna alla Jersey, dalla Frisona alla Pinzgauer, razze meticce capaci di resistere agli inverni freddi - gestite da piccole aziende agricole familiari, che alimentano gli animali al pascolo nove mesi l'anno, l'erba in stalla anche durante la mungitura, e i restanti tre mesi in stalla con fieno autoprodotto.

Ci accompagna nella visita anche Luigi "il lattaro", che da quarant'anni raccoglie il loro latte, in un'area di oltre 30 km sui Monti Picentini, con un'altitudine tra i 700 metri della Piana del Dragone e i 1800 del Monte Terminio. Ogni giorno Luigi fa il giro di queste piccole aziende

agricole: "quando accompagnavo mio papà, d'inverno qui nevicava tantissimo e mettevano le catene anche 15 volte al camion" - ci racconta.

Il paesaggio è sorprendente, la piana rigogliosa, verdissima, perchè ricca di falde acquifere, pascoli estesi abbracciati dalle montagne: 900 ettari di prati dove sono stati realizzati quattro pozzi e altrettante fontane-abbeveratoi, per permettere alle mandrie di pascolare libere. Un luogo davvero incontaminato, un patrimonio di essenze foraggere che ritroviamo nel Pascolino, durante l'immancabile degustazione. Gratitudine, verso Luigi, Enza, e tutti gli allevatori che ci hanno aperto le loro case, offrendoci anche le sfogliatelle. Meraviglia, per aver scoperto una luogo verdissimo che non ci saremmo aspettati in Campania. Responsabilità di raccontare il valore di questi formaggi, e fare in modo che non vadano perduti negli anni a venire. Sono queste le emozioni che ci accompagnano mentre torniamo a casa, grati per l'opportunità.

Piccolo caciocavallo stagionato almeno 30 giorni, prodotto con il latte di piccole mandrie allevate prevalentemente al pascolo. Il sapore è intrigante, con note di erba, pascolo, tostato e burro cotto cod 25208 peso 2 kg circa

CACIOCAVALLO PASCOLINO
Reportage fotografico di Beatrice Mancini

RE AL tartufo

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

2 minuti di lettura

NOVITÀ A CATALOGO

CI SONO FORMAGGI CHE VANNO ASPETTATI, A CUI VA DATO SPAZIO NEL GIUSTO

MOMENTO DI STAGIONALITÀ

Quando a giugno siamo stati in Sicilia a visitare il caseificio Biopek, tra le tante cose viste, siam stati colpiti dalla natura diversa del loro pecorino tartufato, il Re al Tartufo. Non si trattava del classico formaggio con scaglie di tartufo aggiunte al latte o normalmente impastate in cagliata, bensì di qualcosa di diverso, ovvero di un formaggio composto a strati di cagliata, pasta di tartufo nero scorzone di origine italiana, ancora cagliata e via di seguito; azioni sartoriali fatte a mano forma dopo forma, che richiamano quasi l’antica tecnica del cheddaring

IL FORMAGGIO

Il formaggio richiama una trama quasi marmorizzata quando lo si taglia e se ne apprezza l’aspetto, la forma pesa 5 kg circa e decidiamo di presentarvela ora che siamo pienamente in autunno e il Natale si avvicina. Il Re al Tartufo, lo dice anche il nome, è un pecorino da occasioni importanti, ecco perchè abbiamo atteso qualche mese prima di farvelo conoscere e il suo valore è legato anche alla notevole quantità di tartufo nero impiegato. È disponibile in forma intera e la disponibilità è limitatissima, proprio in virtù dell’estrema artigianalità e manualità richieste. Il sapore del formaggio è dolce, vagamente sapido, con forti richiami di macchia mediterranea e, ovviamente, bosco e tartufo. Il tutto è ben bilanciato anche grazie a una corretta maturazione di non meno di 120 giorni. La crosta del formaggio è ricoperta di un leggero strato di paraffina e viene spazzolata prima del confezionamento sottovuoto con la stessa pasta di tartufo nero usata all’interno del formaggio, rilasciando così un deciso tocco

tartufato quando si apre la confezione. Un prodotto attraente, immancabile nelle tavole delle Festività!

LA MATERIA PRIMA

La materia prima utilizzata è sempre la stessa: latte esclusivamente ovino (poi pastorizzato) proveniente da circa 80 allevatori sparsi tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento; il latte è raccolto dal caseificio stesso con mezzi di proprietà, si tratta di una scelta coraggiosa che rivela l’impegno della famiglia Messina a valorizzare il lavoro di tanti pastori dislocati in zone al limite dell’accessibilità (provare per credere), ma anche la voglia di trasmettere al gusto del formaggio una nota intensa e autentica di sicilianità, che si disperderebbe utilizzando latte ovino di altre regioni o tagliando lo stesso con latte vaccino. Il caglio utilizzato è sempre quello di agnello. Siamo curiosi di sapere se riconoscerete anche voi la diversità di questo pecorino rispetto a molti altri presenti sul mercato.

Pecorino aromatizzato in pasta con tartufo nero e stagionato 4 mesi; aromatico e suadente, è perfetto per arricchire un tagliere di formaggi natalizio cod 31704 · peso 4,5 kg circa

NOVITÀ

STRACCIATELLA DI bufala

STRACCIATELLA

DI

BUFALA

Stracciatella realizzata con latte di bufale allevate nella stessa azienda agricola, in Veneto; dolce e cremosa, equilibrata

cod 21055 · 200 g

cod 21056 1 kg

CREMOSA E DOLCE, PERFETTA PER AVVOLGERE I PIATTI NATALIZI

Il laboratorio Borgoluce è sempre in ebollizione! Dopo il rinnovo del caseificio un anno fa si sono messi a lavorare ad un altro formaggio fresco, la Stracciatella di Bufala, forse qualcuno di voi avrà avuto modo di assaggiarla in anteprima al Taste. Si tratta di un prodotto che porta con sè tutti i crismi di una produzione artigianale, soprattutto per quanto riguarda gli sfilacci di mozzarella (rigorosamente di bufala, provenienti dall’allevamento di proprietà) che, essendo fatti manualmente, hanno spessori e lunghezze diverse, offrendo così un’esperienza sensoriale interessante non solo dal punto di vista organolettico, ma anche dal punto di vista tattile al palato. La panna, piuttosto liquida, è attualmente vaccina, delicata e non troppo invadente. Il sapore è dolcissimo, con piacevoli riporti di yogurt e cocco I formati disponibili sono due, la vaschetta da 200 g e da 1 kg, la scadenza è pari a 14 giorni alla produzione.

Creme

A OLTRANZA

DUE NOVITÀ IN VASETTO: CREME DI FORMAGGIO AROMATIZZATE

Quest’anno abbiamo cercato di costruire un assortimento di creme di formaggio che potesse aver un minimo di profondità, e quindi dopo l’exploit dei Cremosi Carozzi a Sapori aggiungiamo altre due referenze in gamma prodotte da Cao formaggi, dove gli ingredienti di base sono la ricotta di pecora e il Pecorino Romano, con un paio di varianti.

CREMA CACIO E PEPE

Formaggio fuso, cremoso, composto per il 50% di Pecorino Romano DOP e per la restante parte di altri formaggi pecorini e ricotta. Ben si accompagna a cracker o pane carasau per la preparazione di snack e per essere utilizzata con la pasta per la preparazione del più classico primo piatto. Va aggiunta direttamente alla pasta dopo cottura, aggiungendo acqua di cottura a piacere e integrando la crema a fuoco spento.

CREMA CACIO E TARTUFO

Versione più ruffiana della precedente, è una crema sempre pensata per condire prevalentemente primi piatti o integrare in un raviolo o nell’impasto di una crocchetta. Nulla vieta di utilizzarla nella preparazione di crostini, focacce o guarnitura di pizze. Il sapore è intrigante, bilanciato, dove formaggio e tartufo hanno il giusto spazio.

CREMA CACIO E PEPE

Crema prodotta con un mix di pecorino e ricotta, arricchita da pepe nero cod 31548 · peso 200 g

CREMA CACIO E TARTUFO

Crema di pecorino e ricotta ovina, profumata con tartufo nero cod 31549 · peso 200 g

PICCOLO alla NOCCIOLA

UNA VESTE INEDITA PER L'ORMAI

CELEBRE PICCOLO FIORE DI BUFALA

DI LATTERIA PERENZIN

PICCOLO FIORE

DI BUFALA

ALLA NOCCIOLA

Piccolo formaggio a crosta fiorita realizzato con latte di bufala e arricchito con un inserto di pasta e granella di nocciole

cod 30369 peso 250 g circa

Il successo del Piccolo Fiore al Pistacchio ha aperto la porta a un'altra farcitura del Piccolo Fiore di Bufala, quella con la pasta e la granella di nocciole.

Arriva così a quattro componenti la famiglia di questo formaggio di bufala a crosta fiorita: naturale, tartufo, pistacchio e nocciola

Il tempo natalizio è perfetto per dilettare i palati e divertire gli ospiti con svariati affinamenti, ma sicuramente la nuova versione del Piccolo Fiore alla nocciola si presta particolarmente al tempo invernale, con la sua dolcezza e le eleganti note tostate può esser servito tal quale o guarnito con un tocco di miele di acacia... la burrosità e la dolcezza del formaggio di bufala completeranno il tutto!

Da provare anche in una focaccia calda con lo speck affumicato.

La famiglia Perenzin ci ha abituato alle sorprese, chissà che non bolla in pentola qualche altro innovativo abbinamento.. per il 2025!

SALUMI toscani

IDEALI PER LE FESTE: LA SALSICCIA

PASSITA DI CINTA SENESE DOP BIO

E IL SALAME DI CINGHIALE

Sapienza nell’allevamento, capacità di trasformare la materia prima, ma anche visione del mercato sono tre elementi di differenziazione che riconosciamo ai fratelli Savigni e alle due nuove referenze selezionate per il fine anno.

SALSICCIA PASSITA BIO Carne suina di eccellente qualità "da Cinta Senese DOP", quella proveniente dagli allevamenti di Savigni, che nella Salsiccia Passita stacca per dolcezza e piacevolezza. Una miscela bilanciata di spezie, un pizzico di sale e una stagionatura di circa 30 giorni sono gli elementi che contribuiscono a un risultato di qualità: la Salsiccia Passita - alias stagionata - al palato è dolce e fondente, leggermente pepata, con una sapidità equilibrata. Perfetta per un semplice aperitivo con un po' di pane, ideale per completare un tagliere di salumi e formaggi o anche per esser messa a centro tavola... e terminata in fretta! Non supera infatti i 200 g ed è priva di budello!

SALAME DI CINGHIALE La carne di cinghiale (100% italiana), più magra, è sapientemente lavorata, speziata, condita con sale di Cervia e miscelata a carne e grasso provenienti dai maiali Sambucani di proprietà, e poi insaccata. La stagionatura è pari a circa 45 giorni. Ciò che colpisce maggiormente è la delicatezza e la dolcezza a palato, dove si incontrano sia la piacevolezza della selvaggina, sia quella del suino. È ottimo insieme ai formaggi semi stagionati a pasta molle, ma il suo sapore dà il massimo se lo accompagnate con una fetta di pane casereccio e un buon bicchiere di vino. Rosso, ovviamente!

SALSICCIA PASSITA DA "CINTA SENESE DOP" BIO

Salsiccia passita da maiale di Cinta Senese DOP, delicatamente speziata

cod 79132 · 200 g circa

SALAME DI CINGHIALE

Tradizionale salame di cinghiale, rustico ma raffinato al palato cod 79131 · 400 g circa

2 minuti di lettura

IL SOMMELIER

SUCCULENZA CHIAMA ROSSO: ECCO TRE VINI PERFETTI PER ACCOMPAGNARE TRE

PORCHETTE IRRESISTIBILI

L'iconica porchetta romana realizzata con carne di suini italiani; dolce e succulenta, con una speziatura equilibrata cod 80809 · intera da 10 kg circa cod 80811 · metà da 5 kg circa

SUBLIME porchetta

• Porchetta di Ariccia IGP – Rosso di Montalcino DOC

Quando ci approcciamo a una fetta di Porchetta d’Ariccia è di rigore considerare anche la cotenna, custode di croccantezza e sapori intensi, senza però trascurare la succosità e la tenerezza dell’interno. Per questo motivo abbiamo bisogno di un vino di buona struttura, con tannini decisi e freschezza ben percepibile. Gli aromi di frutta rossa matura e tabacco arrotonderanno poi i sentori speziati di questo capolavoro di arte norcina.

Enrico De Conto Ufficio Acquisti

TRANCIO DI PORCHETTA AL FORNO

Porchetta morbida cotta al forno; dolce e delicata, con piacevoli sentori di erbe aromatiche e spezie cod 80855 · peso 6 kg circa

FILETTO DELLA TIMPA

Filetto di maiale avvolto da una pancetta, arrotolato in foglie di limone e piacevolemente speziato con pepe Timut e paprika dolce cod 80890 · trancio da 1,2 kg circa

• Filetto della Timpa – Rossese di Dolceacqua DOC

Se cercate un salume che non limiti l’esperienza a un mero fatto di gusto, con la Timpa avete fatto la scelta giusta. La ricerca del vino è stata facile, c’era bisogno di sognare. Al naso il vino vi farà divertire con i suoi aromi di elicriso, agrume e liquirizia, mentre in bocca il tannino levigato e la leggera nota amarognola bilanceranno la grassezza della carne e la sua persistente dolcezza. Da non trascurare infine il matrimonio tra il pepe di Timut e le importanti note speziate del vino, che viaggio!

• Trancio di porchetta Meggiolaro – Schioppettino Colli Orientali del Friuli DOC

Nei salumi di Alessandro la sapidità e gli aromi vengono tenuti a bada per far risaltare la grande qualità della materia prima. Questa scelta produttiva nell’abbinamento ci aiuterà, permettendoci di scegliere vini dalla grande sapidità e dagli aromi speziati. Lo Schioppettino è caratterizzato da un tannino intrigante, in grado di azzerare le note burrose della porchetta: aspettatevi una bocca pulita, inebriata dalla scia pepata del vino

Olio EVO: CONFEZIONAMENTO E CONSERVAZIONE

Stefania Marcuz Assaggiatrice certificata di Olio Extravergine d'Oliva

IL NOSTRO VIAGGIO NEL MERAVIGLIOSO

MONDO DELL’OLIO EVO STA PER CONCLUDERSI: SIAMO RIUSCITI A PRODURRE

QUESTO ORO LIQUIDO, MA PER PRESERVARE LA SUA QUALITÀ COSA DOBBIAMO FARE?

CONSERVAZIONE: I NEMICI DELL'EXTRAVERGINE

Un’indicazione sulla conservazione dell’olio evo, al fine di mantenere inalterate il più possibile le sue caratteristiche, la troviamo riportata già in etichetta: “Conservare il prodotto in contenitore ben chiuso, in luogo fresco e asciutto, al riparo dalla luce e da fonti di calore”. I suoi grandi nemici sono, infatti, luce, calore, ossigeno e odori

Per conservare l’olio in condizioni ottimali si consiglia dunque di usare contenitori idonei posti al riparo dalla luce e dagli odori e in luoghi asciutti e freschi: 12°C -18°C, meglio ancora se attorno ai 15°C. Al di sotto dei 12°C, infatti, l’olio tenderà a solidificarsi, al di sopra inizierà il suo inesorabile irrancidimento, motivo per cui si sconsiglia di tenerlo accanto ai fornelli della cucina.

CONFEZIONAMENTO

Tenendo in considerazione che, con il passare del tempo, l’evo subisce una naturale ossidazione, comprendiamo che il confezionamento in contenitori idonei ha un ruolo fondamentale nel rallentamento di questo invecchiamento, come pure nella riduzione al minimo dei cambiamenti del profilo sensoriale e organolettico, anche durante il suo trasporto e conservazione, e prima e durante il suo consumo.

Sin dal primo istante della produzione, si cercherà di limitare il deterioramento dell’evo conservando inizialmente il prodotto in cisterne di acciaio inox (Foto 1) chiuse ermeticamente e sotto gas inerte (argon o azoto), per poi confezionarlo in latte o bottiglie e farlo arrivare sulle nostre tavole. Qualunque sia il contenitore scelto, è importante comunque chiudere sempre bene il tappo in modo da evitare l’ingresso di aria.

ORO LIQUIDO I 5 minuti di lettura

CONTENITORI

Di contenitori per l‘olio extravergine ne esistono di varie tipologie e dimensioni e, poiché è necessario conservarlo al riparo dalla luce, essi sono prevalentemente scuri. I più comuni, per i 3 o 5 litri, sono le latte e i bag in box, ma sicuramente quello più diffuso è la bottiglia di vetro, sia per sua praticità di utilizzo, che per un fattore legato all’importanza riservata al packaging e al marketing del prodotto. La capienza può variare, anche se la più comune è la bottiglia da 500 ml. Il vetro maggiormente utilizzato è quello scuro poiché garantisce la protezione dalla luce, mentre quello trasparente è solitamente riservato al confezionamento dell’olio novello, al fine di apprezzarne l’aspetto tipico verde brillante e torbido dell’olio appena franto. Nel caso di utilizzo di questa tipologia di bottiglia, è buona consuetudine confezionarla in una scatola di cartone che la protegga dalla luce.

PACKAGING

Al packaging le aziende prestano così tanta attenzione da riservargli spesso un’importanza addirittura maggiore rispetto a quella data alla qualità intrinseca del prodotto. Spesso il consumatore sceglie con la vista, di conseguenza anche il packaging dell’olio si è evoluto così tanto da far diventare le bottiglie di extravergine dei veri e propri oggetti da regalo, personalizzate a tal punto da creare un’identità sempre più forte e riconoscibile al prodotto.

MA QUANTO DURA L'OLIO EVO?

La risposta a questa domanda non è immediata e dovrà tenere in considerazione molti fattori.

In generale, se conservato in confezioni sigillate e in condizioni corrette, l’extravergine può mantenere le sue caratteristiche organolettiche anche per 15 mesi o più, ma l’intensità aromatica e gustativa, nonché la sua pigmentazione, diminuiranno inevitabilmente.

“Olio fresco, vino vecchio”: così recita un detto popolare. Infatti, mentre solitamente il vino migliora e acquista valore con l’invecchiamento, l’olio extravergine è meglio quand’è fresco. Il periodo migliore in cui apprezzare al massimo le sue qualità è, dunque, il suo primo anno di vita

La sua durata però, non dipende solo dalla conservazione, ma anche dalle sue caratteristiche intrinseche. Se per legge la scadenza indicata sulla bottiglia è di 18, o massimo 24 mesi dall’imbottigliamento, è anche da tenere in considerazione che questa informazione non fornisce un’indicazione sul reale stato delle caratteristiche organolettiche e gustative del

prodotto contenuto all’interno, bensì solo sul periodo massimo consigliato per il suo consumo.

A parità di condizioni di confezionamento e conservazione, infatti, un extravergine di alta qualità, mediamente o molto intenso, con alto numero di polifenoli (quelli responsabili della sensazione di piccante e amaro), privo di difetti, conservato correttamente, durerà probabilmente ben più dei 18 mesi. Sicuramente le sue caratteristiche organolettiche si saranno modificate nel tempo, ma riuscirà comunque a mantenerle a lungo. Al contrario, un olio delicato e scarico di polifenoli, magari anche non filtrato, perderà velocemente le sue caratteristiche e subirà un’ossidazione più rapida, che potrebbe avvenire anche nel giro di qualche mese.

CONSIGLI PER L'ABBINAMENTO A TAVOLA

Utilizzato in cottura oppure a crudo, come per il vino anche per l'olio, nell'abbinamento con le varie pietanze cerchiamo di raggiungere l'equilibrio degli elementi oppure, al contrario, l'esaltazione di una caratteristica in particolare. In base al risultato che vorremo ottenere, applicheremo, dunque, la regola della concordanza o quella del contrasto

Per esempio:

• oli con una componente amare spiccata possono stanno bene insieme a piatti e materie prime simili come radicchio, cicoria e carne rossa alla brace, come pure, per contrasto, a piatti a tendenza dolce come zuppe, vellutate e dolci;

• oli molto piccanti sono indicati per dare carattere a piatti della tradizione con sapori rotondi e pieni, quali zuppe di legumi o sughi corposi a base di pomodoro;

• oli delicati e con sentori a tendenza dolce che ricordano la frutta a polpa bianca e la mandorla sono invece ottimi se abbinati a carni bianche come pollo e coniglio, crostacei bolliti, salmone e pesce spada;

• oli con sentori vegetali (pomodoro, carciofo, erba) sono molto amati perché ricordano la freschezza dell'oliva e dell'olio appena franto. Ottimi in abbinamento a una bella caprese, su bruschette e focacce arricchite con verdura estiva, oppure su una tartare di tonno e salmone, o sul gazpacho.

Per poter dare spazio alla sperimentazione in cucina, il nostro consiglio è di avere sempre a portata di mano almeno tre oli di intensità diversa e, comunque sia, quando si utilizza un ottimo olio extravergine non si sbaglia mai!

Il focus

Olio Extra Vergine di Oliva Picual O-Med Oil

Produttore: O-Med - Ácula (Granada, Spagna)

Filtrazione: si

Olive: blend 100% Piqual

Colore: dorato, verde, limpido e brillante

Sapore: il suo aroma presenta una fruttuosità verde media di frutta e erba. Ricorda la pianta di pomodoro e la mandorla verde, con note marcate di erba appena tagliata ed erbe aromatiche. Al palato, persiste il sapore di carciofi, foglia d’olivo, frutta secca, in particolare di noci verdi. Di straordinaria complessità

Suggerimenti: si abbina bene con carni rosse, insalate di pomodoro, formaggi stagionati e corposi, zuppe fredde come vichyssoise o gazpacho/salmorejo

Codice: 96400 · 500 ml

PIZZA CON

Mortadella di Prato IGP

3 minuti di lettura

MORTADELLA DI PRATO IGP

Mortadella prodotta da quattro generazioni dalla Macelleria Marini di Ferruccia Agliana (PT) con carne di suino di provenienza italiana e speziata con Alkermes. Si presenta come un salame cotto di piccole dimensioni, di un bel colore rosato tendente all’opaco, inframezzato da lardelli tagliati a coltello. Il sapore è inconfondibile, intenso e particolare, con profumi suggestivi ed esotici di spezie cod 78730 · 3 kg circa

DOPO LA MORTADELLA CLASSICA GIANCARLO CASA, CHEF E PIZZAIOLO DE “LA GATTA MANGIONA“, CI PORTA ALLA SCOPERTA DI UN ALTRO PRODOTTO ICONICO

DELLA GASTRONOMIA ITALIANA, LA MORTADELLA DI PRATO IGP

È passato ormai quasi un anno da quando abbiamo bussato per la prima volta alla porta della pizzeria La Gatta Mangiona, alla ricerca dei consigli sapienti del suo titolare, Giancarlo Casa, che l’ha resa uno dei luoghi simbolo della Roma del gusto, grazie a una filosofia che punta sull’alta qualità degli ingredienti e su abbinamenti curiosi e insoliti: a ogni puntata gli abbiamo proposto un prodotto iconico selezionato da Valsana e lui ci ha costruito sopra tre diverse pizze, ideando gustose combinazioni tutte da provare. “Sono venticinque anni che faccio questo mestiere - spiega Casa - e a guidarmi negli abbinamenti è da sempre la mia gola infinita e il piacere di sperimentare nuovi sapori”. Siamo ormai giunti al termine di questo nostro itinerario del gusto: in quest’ultima puntata abbiamo affidato a Giancarlo la Mortadella di Prato, Presidio Slow Food dal 2000 e prodotto IGP dal 2016. E anche in questo caso ha saputo sorprenderci, estraendo dal suo cilindro magico tre proposte che vi lasceranno a bocca aperta.

IL SALUME PROTAGONISTA

Siamo in Toscana per presentarvi un salume unico, che affonda le proprie radici nel Medioevo e deve la sua fama al sapore dolce e delicato, alle note speziate e all’aggiunta di un liquore dal gusto antico, l’alchermes. La Mortadella di Prato IGP è un insaccato realizzato nei comuni di Prato e di Agliana impiegando carne di suino italiana: spalla, rifilatura di prosciutto, capocollo, guanciale, lardone e pancetta. Le carni vengono macinate e impastate insieme a lardelli di grasso e quindi mischiate a spezie: il segreto di questo salume sta appunto nella concia, composta da sale, pepe nero in grani, polpa di aglio pestato e una speziatura ad hoc di cannella, coriandolo, noce moscata e chiodi di garofano. A questo

si aggiunge l’alchermes, che contribuisce a conferirle una colorazione particolare e quel gusto unico, frutto del contrasto tra il sapore caldo e pungente di spezie, aglio e sale e quello dolce e delicato dell’alchermes. Una volta insaccato l’impasto in un budello naturale di maiale, lo si cucina nel forno a vapore per 10-12 ore, per poi raffreddarlo nell’abbattitore.

I CONSIGLI

DI GIANCARLO

Cosa ti piace della Mortadella di Prato?

È un prodotto decisamente più complesso rispetto alla classica Mortadella bolognese, dal sapore molto deciso. Perciò ho cercato degli abbinamenti con ingredienti che consentissero di gustare il prodotto bilanciandone gli eccessi.

Come la utilizzi?

Tendenzialmente a crudo. Se devo infilarla in forno vedo di proteggerla dal calore diretto, che la renderebbe un po’ ostica al palato. Perciò nella Pizza “Melting Pot” la impiego a crudo, nella “Prato d’Inverno” metà a cotto e metà a crudo, per provare due diversi sapori del medesimo ingrediente, e nella terza proposta la cuocio all’interno di un calzone.

Come la conservi?

Se prevedo di finirla rapidamente mi basta coprirla con della pellicola, se invece penso di usarla più di rado preferisco metterla sottovuoto, per evitare che si ossidi. Per conservarla al meglio, a ogni modo, va tenuta in frigorifero a una temperatura costante di 4 °C.

Come la tagli?

Nella Pizza “Melting Pot”, che la prevede a crudo, taglio dei triangoli da disporre sulla base in uscita dal forno. Nella Pizza “Prato d’Inverno” invece la taglio a listarelle e ne uso metà in PIZZA SLOW

Giulia Basso Giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste

cottura e metà all’uscita dal forno. Nel Calzone ripieno “Roma Prato” infine la macino insieme al Fiordilatte.

In che stagione è più adatta?

È perfetta per tutte le stagioni, ma per il sapore deciso preferisco impiegarla nelle stagioni fredde.

Quali abbinamenti hai studiato e perché?

Vi propongo un Calzone ripieno “Roma Prato”, in cui la Ricotta romana, con la sua dolcezza, stempera la sapidità della Mortadella. Una novità, la Pizza “Melting Pot”, che abbina con audacia ingredienti provenienti da diverse tradizioni culinarie, tra cui la salsa di soia, in omaggio alla vasta comunità cinese che abita a Prato. Infine la Pizza “Prato d’Inverno”, che gioca sulla contrapposizione tra una base molto sapida di Mandarone e Mortadella di Prato IGP cotta, e la nota rinfrescante della misticanza d’erbe, con un ritorno di sapidità più elegante dato dalla Mortadella a crudo.

IL MENU DELLE PIZZE

Calzone ripieno “Roma Prato”

Ingredienti: Fiordilatte Latteria Molise 60 g (0,56€) e Mortadella di Prato IGP 60 g (0,95€), ricotta romana 70 g (0,76€)

Food Cost pizza: 2,27€ + costo impasto

Le note dello chef: “Macinate assieme Fiordilatte e Mortadella, meglio con un robot per julienne. Prendete il disco di pasta e ponete l’impasto su metà base, insieme a qualche fiocco di Ricotta romana, che contribuisce a stemperare un pò la sapidità della Mortadella, rendendo il boccone più delicato. Chiudete il calzone senza bucarlo e infornatelo”

Pizza “Melting Pot”

Ingredienti: Mandarone Recco 80 g (1,48€), hummus di ceci 100 g (1,51€), Mortadella di Prato IGP 50 g (0,79€), salsa di soia qb (0,04€)

Food Cost pizza: 3,82€ + costo impasto

Le note dello chef: “Questa è una ricetta che mi piace per il mix multietnico di sapori. L’hummus si può fare in casa, anche con ceci già pronti. Sopra la base di hummus si mette il Mandarone a scaglie, quindi s’inforna. All’uscita dal forno si aggiunge la Mortadella di Prato IGP tagliata a triangoli e la salsa di soia, da dosare con attenzione per ravvivare l’insieme senza renderlo troppo sapido”

Pizza “Prato d’inverno”

Ingredienti: Caciotta a latte crudo Agricansiglio 80 g (0,79€), listarelle di Mortadella di Prato IGP 40 g (0,63€), misticanza 50 g (0,44€), olio evo Piqual 15 g (0,62€), pepe rosa 8 g (0,22€)

Food Cost pizza: 2,70€ + costo impasto

Le note dello chef: “La base, prima della cottura, si arricchisce con della caciotta tagliata a fette e delle listarelle di Mortadella. All’uscita dal forno si aggiunge appunto la misticanza, si condisce con un po’ di olio evo e pepe rosa, e poi si aggiungono altre listarelle di Mortadella di Prato a crudo”

Uno dei precursori della pizza gourmet: Giancarlo Casa, chef della pizzeria “La Gatta Mangiona” a Roma

ITALIA-FRANCIA

formaggi “da forno”

4 minuti di lettura

ANALISI SENSORIALE

L’ULTIMA SFIDA DELL’ANNO CONDOTTA DALL’ONAF VEDE A CONFRONTO IL SILVA E IL

MONT D’OR AOP, DUE FORMAGGI A LATTE CRUDO E CROSTA LAVATA CON UNA DECISA

COMPLESSITÀ AROMATICA E UN RICHIAMO AI SENTORI TIPICI DELLA MONTAGNA

L’ultimo numero dell’anno non poteva non terminare con l’immancabile sfida sensoriale

Italia-Francia, stavolta con:

• due formaggi a crosta lavata

• entrambi prodotti con latte crudo

• entrambi a pasta cruda.

L’analisi è stata condotta ancora una volta dal giornalista e Maestro Assaggiatore ONAF

Antonio Lodedo

UNA PASSEGGIATA IN MONTAGNA

I due formaggi a confronto rimandano entrambi ai sentori tipici della montagna e possono essere degustati sia tal quali, che “ripassati in forno”, al fine di esaltarne il corredo aromatico attraverso la temperatura. Silva e Mont d’Or AOP sono

formaggi a latte crudo e crosta lavata, le cui forme sono racchiuse da una fascera in abete bianco o rosso il primo, e in una caratteristica scatola in lamina d’abete il secondo. Non bisogna farsi trarre in inganno dalla bianca pelure che caratterizza il Mont d’Or e gli fa assumere le sembianze da crosta fiorita, a differenza del Silva che presenta una crosta rossastra tipica per la tipologia di formaggio in esame. Mentre il Silva si presenta con una pasta tenera, il Mont d’Or può essere considerato un formaggio al cucchiaio caratterizzato da una decisa proteolisi che trasforma la pasta in crema finissima.

ELEGANZA VS DECISA COMPLESSITÀ

Il Mont d’Or è un formaggio elegante caratterizzato da note soffici e vellutate, invernali. Cremoso al palato con sentori burrosi accentuati, il finale di bocca si concentra su tipici sentori di montagna. Prodotto utilizzabile in purezza ma anche scaldato, capace di esaltare la parte burroso-vegetale con lievi note speziate. In quest’ultimo caso, ideale è il tipico impiego su patate bollite e prezzemolo.

Il Silva è un formaggio che racchiude quei sentori che si percepiscono percorrendo un bosco di montagna. Caratterizzato da decisa complessità che impegna il palato, trova nella nota balsamica la sua prerogativa. Profumi di humus, sottobosco, resine, in parte influenzati anche dalla corteccia di abete rosso in cui la caciottina è avvolta, conferiscono un’inaspettata freschezza palatale. Scaldandolo, accentua le note balsamiche e sapide, facendo sì che ben si presti alla caratterizzazione delle pietanze che ne prevedono l’impiego. Gradevole il finale di bocca che porta a note di salume salato.

Antonio Lodedo
Maestro Assaggiatore ONAF Treviso, Belluno e FVG

cod 31605 · peso 350 g circa cod 44490 · peso 350 g circa

Prodotto da EGGEMOA - Selva dei Molini (BZ) con latte vaccino crudo e avvolto dalla corteccia di abete rosso.

Maturazione: almeno 6 settimane

Forma cilindrica irregolare. Facce piane regolari. Scalzo dritto regolare. Crosta rugosa, canestrata, ammuffita, lavata, elastica

Sottocrosta assente. Colore della pasta giallo dorato uniforme scarico. Occhiatura regolare, piccola, non uniforme, rada. Erborinatura assente. Struttura molle, umida, elastica, compatta, liscia

Odori: vegetale: legno, truccioli di legno, humus | speziato: speziato rinfrescante | salame: sottobosco, frutta secca. Sapori: dolce medio, acido medio-basso, salato medio, amaro basso, umami non percettibile.

Aromi: speziato: speziato rinfrescante | vegetale: erba, erbe aromatiche. Sensazioni trigeminali: rinfrescanti medio-basse. Struttura adesiva media, umida media, deformabile media, untuosa media. Persistenza gustativa media

ASPETTO

ESTERNO

Formaggio prodotto in Francia nella FrancheComté, con latte vaccino, avvolto in un sottile foglio di abete.

Maturazione: almeno 21 giorni

Forma cilindrica regolare. Facce piane irregolari. Scalzo dritto regolare. Crosta lavata, morbida, elastica

ASPETTO

INTERNO

ESAME

OLFATTIVO

GUSTATIVO

TATTILE

Sottocrosta assente. Colore della pasta giallo dorato uniforme scarico. Occhiatura assente. Erborinatura assente. Struttura cremosa (parte vicino alla crosta), molle, umida, untuosa

Odori: lattico: lattico cotto, burro fuso, latte bollito | animale: vacca | vegetale: funghi, funghi freschi, verdura lessa, cavolfiore.

Sapori: dolce medio, acido medio-bassa, salato medio-basso, amaro mediobasso, umami non percettibile. Aromi: corrispondenza con gli odori. Sensazioni trigeminali: assenti. Struttura umida media (parte esterna), solubile media, untuosa media (cremosa), adesiva medio-bassa. Persistenza gustativa medio-bassa

MONT D’OR AOP
Fruttato

3 minuti di lettura

il DATTERO

ABBINAMENTI DI STAGIONE

UN COMPAGNO D’ECCEZIONE PER UN VIAGGIO VERSO METE ESOTICHE: ECCO TRE

PROPOSTE CON IL DOLCISSIMO DATTERO

Ci sono alcuni alimenti che consumiamo regolarmente, senza quasi più neanche darci peso. Quelli che aprendo la nostra dispensa siamo sicuri di trovare sempre. Ce ne sono altri, invece, che quando li consumiamo ci riportano a precisi momenti dell’anno, che ci suscitano ricordi di quando eravamo bambini perché mangiati solo in occasioni “speciali”. Sono piuttosto sicuro che per la maggior

parte di noi, il protagonista di questo articolo appartenga alla seconda categoria e ci riporti alla mente quei momenti di festa passati assieme ai parenti intorno a una tavola imbandita. Non a caso il dattero é simbolo di ospitalità e prosperità in molte culture Oggi vi proponiamo un viaggio alla scoperta di questo frutto straordinario, attraverso abbinamenti inaspettati e ricette raffinate.

DATTERO

La sua coltivazione risale a più di 4000 anni fa, nella fertile pianura della Mesopotamia. Ora la palma è coltivata anche in Arabia, nel Golfo Persico, nelle Canarie, nel Mediterraneo settentrionale e nella parte meridionale degli Stati Uniti. Generalmente i datteri vengono fatti essiccare per aumentarne la concentrazione zuccherina e per poterli conservare più a lungo. Ne deriva una forma oblunga e irregolare e una colorazione più scura rispetto a quelli freschi, che si differenziano per una forma perfettamente cilindrica. CURIOSITA’: il dattero è considerato un superfood. Ricco di vitamine, minerali e fibre è un’ottima fonte di energia.

Giacomo Chinellato Commerciale Italia
VALSANA
PESCE
VEGETALI DOLCI
Mascarpone
Erborinati
Pancetta
affumicata
Lardo
Peperone
crusco
Cioccolato fondente
Pistacchi
Porchetta
Noci
Arancia
Speck
Ricotta

PEPERONE CRUSCO

96421 · vaso 30 g 96420 · busta 100 g

POLVERE DOLCE DI PEPERONE DI SENISE IGP 96423 · 100 g

Trancio di porchetta, maionese al limone fermentato, insalata di datteri e valeriana

Utilizziamo come carne un trancio di Filetto cotto al Naturale, una rapida cottura in padella ne esalta i profumi e rende la parte grassa leggermente croccante. L’insalata di datteri, limone fermentato, valeriana e pistacchi è un contorno vibrante e colorato. I datteri portano dolcezza, mentre il limone fermentato offre un tocco di acidità e complessità

La valeriana, con la sua delicatezza, e i pistacchi, che aggiungono croccantezza e sapore, completano il boccone, equilibrato e armonioso. La maionese al limone fermentato aggiunge freschezza e acidità, bilanciando la ricchezza della carne con la sua nota pungente.

Gnocchi ripieni di dattero al cumino, latticello e peperoni cruschi

Un piatto intrigante che combina dolcezza e spezie in un perfetto equilibrio. Gli gnocchi, morbidi e delicati, racchiudono un ripieno di dattero, che offre una nota dolce e caramellata. Il cumino aggiunge un tocco aromatico e leggermente terroso, esaltando i sapori. Per la nota acida abbiamo utilizzato il latticello, una parte in purezza e l’altra mescolata a della Polvere dolce di peperone di Senise IGP. Il Peperone Crusco dona croccantezza e una leggerissima nota amara. Aprite a metà lo gnocco e gustatelo assieme a tutti gli altri ingredienti.

FILETTO COTTO AL NATURALE 80892 · 2 kg

LIMONI FERMENTATI 93364 · 170 g

Crostino di pane al dattero, lardo di colonnata IGP, timo

Il pane, croccante e tostato, è arricchito dalla dolcezza naturale dei datteri, che conferiscono una base morbida e aromatica. Sopra il pane, il Lardo di Colonnata IGP Giannarelli si scioglie delicatamente, aggiungendo una nota di grasso ricco e saporito, tipico di questa pregiata specialità italiana. Il lardo, con il suo sapore dolce e sapido, si sposa perfettamente con la dolcezza dei datteri. Infine, un po’ di timo fresco completa il piatto, apportando freschezza e una nota erbacea. Il risultato è un crostino equilibrato e gustoso, ideale per stuzzicare l’appetito.

LARDO DI COLONNATA IGP

PETER STEER Fromager

Matteo De Santi

3 minuti di lettura

STORIE DI FROMAGER

UN'ALTRA SFIDA: IL CHEDDAR. AFFRONTIAMO QUESTO MOSTRO SACRO BRITANNICO

INSIEME A PETER STEER, FROMAGER INGLESE DI BASE A HELSINKI, E TOM CALVER,

CON LA SUA PRODUZIONE SLOW FOOD

"ll formaggio è un argomento fantastico di cui parlare, e la maggior parte degli esperti, dei formaggiai e dei casari sono felici di condividerlo. Dovremmo sempre considerare la conoscenza del formaggio come una conversazione continua "

Peter Steer

Fondatore di Rolling Cheese

Conosciamo Peter da molti anni, da quando lavorava ancora a Londra da un altro nostro cliente storico. Appassionatissimo di formaggi e grande curioso in generale. In questi anni si è sempre dimostrato attento e all’ascolto quando si trattava di storia e tecnica dei formaggi.

Originario dell’Inghilterra, chi meglio di lui ci poteva supportare nel raccontarvi come anche nel mondo del Cheddar esistano selezioni non banali, che si legano intrinsecamente al territorio a cui appartengono? Magari per una volta non mettiamolo in un burger, ma in un banco fromagerie di tutto rispetto, a testa alta insieme a Parmigiano e Comté.

Ci racconti la storia della tua formazione e dell'apertura del tuo negozio?

Abbiamo aperto il nostro negozio di formaggi, Rolling Cheese, nel giugno 2021. Ho sempre sognato di avere una mia attività e, quando si è presentata l'opportunità, ho colto l'occasione con entusiasmo! Ho circa 16 anni di esperienza di lavoro e gestione di negozi di formaggi e gastronomie a Bristol e Londra. Mia moglie, Nelli, che è anche la mia socia, ha una grande esperienza nel marketing e nei social media. Insieme, abbiamo creato il nostro negozio e brand a Helsinki, e non ci siamo più guardati indietro!

Quali sono i punti di forza del negozio?

Da Rolling Cheese ci concentriamo sui formaggi di piccoli produttori provenienti da Gran Bretagna, Francia, Italia e Svizzera. Importiamo direttamente da aziende come Valsana, e in questo modo cerchiamo di mantenere la filiera tra cliente e produttore il più breve possibile. Volevamo portare qualcosa di nuovo in Finlandia,

quindi siamo felici di aver introdotto i formaggi inglesi qui. Ci vantiamo di offrire un eccellente servizio clienti e personale competente.

Qual è la tua visione del mondo del formaggio?

Personalmente, cerco di trattare il mio ruolo di venditore di formaggi come se fossi il custode del lavoro, dell'amore e degli sforzi degli altri. Dopotutto, siamo l'ultimo passaggio di un lungo processo prima che il cliente assapori il formaggio, ed è facile rovinare tutto con un errore finale! In un senso più ampio, ho sempre pensato che fare formaggi sia molto simile alla produzione di vino. I migliori formaggi - e vini - secondo me, sono quelli che esprimono veramente il territorio da cui provengono. Non so se questa possa essere considerata una "visione del mondo del formaggio", ma eccola.

Che consiglio daresti a un giovane collega?

Quando ho iniziato mi sentivo sopraffatto dalla quantità di conoscenze richieste e dalle informazioni che mi arrivavano. Vorrei poter tornare indietro nel tempo e dire a me stesso di non preoccuparmi tanto per il mio ego e di fare quante più domande possibili. Il formaggio è un argomento fantastico di cui parlare, e la maggior parte degli esperti, dei formaggiai e dei casari sono felici di condividerlo. Dovremmo sempre considerare la conoscenza del formaggio come una conversazione continua piuttosto che una corsa a "sapere tutto".

Per chi è agli inizi, sottolineerei l'importanza di padroneggiare le basi della gestione del formaggio. Acquisire le competenze giuste permette di trattare i formaggi con il rispetto che meritano e di offrire ai clienti la migliore esperienza possibile.

IL FORMAGGIO

WESTCOMBE WEST COUNTRY

FARMHOUSE CHEDDAR DOP

Il Westcombe Cheddar è uno dei pochi formaggi a potersi fregiare del titolo di "Artisan Somerset Cheddar", riconosciuto da Slow Food UK come Presìdio. I suoi sapori complessi variano da note di brodo profondo a sentori di nocciola, caramello e agrumi. È un formaggio che incarna la tradizione e la maestria casearia britannica, con un gusto che rimane impresso a lungo. La distintiva maturazione in tela e l’uso di latte non pastorizzato lo rendono unico nel panorama dei Cheddar artigianali. E' un grande esempio di autentico Cheddar del West Country. Tom Calver, il produttore, ha impiegato molto tempo per arrivare a questo punto, e i suoi anni di perfezionamento nella produzione stanno dando i loro frutti. La fattoria di Westcombe è piuttosto estesa, con diversi campi che ospitano circa 500 vacche di proprietà, tra le dolci colline erbose del Somerset. Le pratiche agricole adottate da Tom sono orientate a creare un ambiente privo di stress per gli animali, cercando di rendere la fattoria il più possibile a impatto zero e promuovendo la biodiversità dei pascoli

Tutto ciò si riflette nel suo formaggio. Il Westcombe matura per circa un anno, per preservare una certa freschezza e apprezzare il lavoro che c'è dietro il latte. C'è un'onestà in questo Cheddar, tipica della regione del Somerset.

Deliziose le note burrose, la parte centrale ha un profilo aromatico quasi floreale, di prato. I sentori cremosi e lattiginosi si trasformano in sapori terrosi, quasi da cantina vicino alla crosta, con le classiche note amare e leggermente acri tipiche dei formaggi avvolti in tela. E, se siete fortunati, potreste trovare anche una vena di erborinatura naturale, che impreziosisce ancor di più il gusto di questo capolavoro!

CONSIGLI DEL FROMAGER

• Conservazione: i formaggi britannici avvolti in tela, come questo, devono respirare, quindi evitate il sottovuoto se possibile; ideale è la carta cerata per conservarli in casa.

• Servizio: Il Cheddar va tagliato a metà e poi in quarti. I quarti vanno poi tagliati in terzi, da cui ricavare degli spicchi - mai tagliarlo in linea retta! - in modo tale da mantenere sempre una proporzione tra parte centrale e parte più vicina alla crosta. Ogni fetta esprime infatti molteplici profili aromatici, più delicati al centro, più intensi e persistenti vicino alla crosta.

• Ricette e abbinamenti: perfetto con del buon pane, burro e una pinta di sidro. Nel Regno Unito è tradizionale accompagnare il Cheddar con una torta di frutta secca e spezie (potrebbe funzionare anche con il panforte) e una tazza di tè (ovviamente!). Personalmente, lo apprezzo con del kimchi piccante in un toast grigliato.

Formaggio a latte crudo da vacche allevate nella fattoria Westcombe, nel Somerset orientale. Avvolto in tela e stagionato per 12-18 mesi in una cantina naturale nel cuore della collina, esprime appieno il terroir da cui proviene cod 46877 · 20 kg circa

Il King DELLE FESTE

Commerciale Italia

Le tipologie

I salmoni selvaggi fanno parte perlopiù del genere Oncorhynchus diffuso dell’Oceano Pacifico e riconducibile a cinque specie (Red King, Chum, Coho, Sockeye, Pink); i salmoni di allevamento sono invece del genere Salmo Salar diffuso nell’Atlantico

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IN-FORMAZIONE

QUALE SALMONE SCEGLIERE PER LE OCCASIONI SPECIALI? ECCO LA NOSTRA

SELEZIONE LAVORATA DALLE SAPIENTI MANI DI FRIULTROTA

Se fino a qualche anno fa la sua comparsa sulle nostre tavole era legata quasi esclusivamente ai periodi di festa, oggi viene consumato quasi settimanalmente, obbligando il mercato a produrre quantità maggiori, spesso a discapito della qualità.

A causa di queste nuove abitudini di consumo, sommate a un ecosistema marino sempre più in crisi, la scelta di un buon salmone richiede sempre più attenzione. E’ necessario quindi affidarsi a chi può aiutarci a prediligere, per quanto possibile, attori consapevoli e rispettosi, in una filiera così delicata.

SELVAGGIO O ALLEVATO?

Per riconoscere un salmone selvaggio da uno allevato a prima vista possiamo soffermarci su due differenze principali: la mandibola uncinata del salmone selvaggio, se abbiamo la baffa intera di fronte, e la maggior presenza di grasso nel prodotto allevato. Se siamo impossibilitati, per mancanza della testa o per l’incarto che rende meno visibile la carne, ci basterà leggerne l’etichetta.

Nella tabella qui di fianco noterete che i salmoni d’allevamento sono in prevalenza del genere Salmo Salar. Parlando invece di salmoni selvaggi abbiamo cinque specie: nella nostra selezione troviamo il Red King o Salmone Reale, com’è intuibile dal nome il più pregiato e dalle pezzature più elevate; segue il Salmone Sockeye o Salmone Rosso, dalle carni molto saporite e gustose; al terzo posto un grande ritorno, disponibile in quantità limitata: il Coho, il più magro tra i selvaggi, definito anche Salmone Argentato.

L’AFFUMICATURA

Le baffe vengono sottoposte a una maniacale spinatura a mano dei filetti, e il processo di affumicatura non può essere da meno, per rispettare la qualità organolettica del prodotto. Friultrota sottopone tutti i salmoni a un’affumicatura a freddo, a base di legni di faggio, frutto di anni di esperienza. Il salmone viene esposto per alcuni giorni al fumo di trucioli di legno, ottenendo così un’affumicatura delicata, protagonista ma non aggressiva, che accompagna e valorizza nel giusto modo un’eccellente materia prima.

METODI DI PESCA

Il Salmone Selvaggio Red King viene pescato all’amo nell’Oceano Pacifico, la sua carne si presenta soda e compatta, dal gusto intenso. Il Sockeye viene invece pescato a rete, sempre nell’Oceano Pacifico, perchè non abbocca all’amo; si presenta di un bel rosso intenso, la consistenza è compatta e il sapore dolce e con un’affumicatura bilanciata. Il Coho è pescato all’amo nell’Oceano Pacifico, la consistenza estremamente compatta ma non asciutta, il gusto delicato, piacevolmente affumicato.

ANATOMIA DELLA BAFFA DEL SALMONE
Francesca Marini
CODA

SALMONE SELVAGGIO RED KING

SALMONE SELVAGGIO SOCKEYE

SALMONE SELVAGGIO COHO

SALMONE SCOZZESE INTERO

Oceano Pacifico

Oceano Pacifico

Selvaggio pescato ad amo 94055 · 2 kg ca 94054 · 900-1500 g ca

Salmone Reale

Oceano Pacifico

Selvaggio pescato con reti da imbraco e analoghe 94056 · 500-800 g ca

Salmone Rosso

Selvaggio pescato ad amo 94051 · 800-1200 g ca disponibilità limitata

Salmone Argentato

Allevato

Salmo Salar

SALMONE NORVEGESE INTERO Allevato

Salmo Salar

cod 94032 astuccio 600-900 ca

cod 94052 intero 2 kg ca cod 94033 preaffettato 600-900 g

cod 94031 astuccio 900 g

cod 94034 intero 1,5 kg ca

cod 94036 preaffettato 1,5 kg ca

DEL NORD

Salmo Salar

DI CHE prosciutto

Danilo Gasparini

Docente di Storia e Cultura del Cibo all’Università degli Studi di Padova

DISCIPLINARE CHE VAI, PROSCIUTTO CHE TROVI...

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STORIA O LEGGENDA ?

Vedrete prima o poi ci diranno che Õtzi, l’uomo di Similaun, ha inventato lo speck: le tracce di carne secca di stambecco ritrovate nel suo stomaco sono tutto sommato l’antenato dello Speck Alto Adige IGP. Lo certificò, tra il serio e il faceto, l’esperto di mummie austriaco Albert Zink che, preso dall’entusiasmo della scoperta, nel 2017 si spinse a dire che, insomma, l’ultimo pasto del nostro iceman era stato a base di «speck dell’età della pietra»… un classico esempio di DOI, Denominazione di origine inventata.

Di storie come queste è piena la narrazione che accompagna il marketing dei prodotti, anche di quelli ingessati dentro a rigorosi disciplinari… non sempre rispettati.

STORIA O LEGGENDA?

Stiamo in tema di prosciutti: oggi in Italia i prosciutti crudi DOP sono otto e tre sono gli IGP. A questi andrebbero aggiunti anche il prosciutto di Cinta Senese e il Culatello di Zibello DOP.

Il Prosciutto di Parma DOP ha fatto scuola, dal punto di vista del marketing e della promozione del marchio. Ma oggi viviamo alcuni paradossi, come quello, già noto, di allevatori di suini che non riescono ad avere margini di guadagno se rispettano i disciplinari di produzione di alcuni prosciutti certificati. Così succede che, ad esempio, gli allevatori del Friuli si rifiutino di conferire le cosce

dei loro maiali al Consorzio del Prosciutto di San Daniele DOP, perché il rispetto del disciplinare comporta costi di produzione troppo elevati, non compensati da quanto il mercato è disposto a pagare. O, come è successo nello scandalo di Prosciuttopoli del 2018, quando si è scoperto che una parte delle cosce del circuito Parma-San Daniele proveniva da maiali di razze non italiane, più prestanti, che crescono più rapidamente e con meno mangime.

Perché in realtà i disciplinari, precisi nel circoscrivere il più possibile il territorio della filiera, quanto alla provenienza della materia prima, i maiali, si allargano. Così i maiali per il Prosciutto di Parma DOP possono arrivare da diverse regioni: Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio.

Oggi i prosciutti crudi DOP sono: il Parma e il Modena, emiliani; il Carpegna, marchigiano; il San Daniele, friulano; il Toscano; il Crudo di Cuneo, piemontese; il Veneto-Berico-Euganeo; il Vallée d’Aoste Jambòn de Bosses, valdostano. Mentre gli IGP sono: il Norcia, umbro; il Sauris, friulano; l’Amatriciano, laziale.

Una curiosità: provate a vedere se nelle prossimità dei luoghi dove si producono i prosciutti o si stagionano e affinano, trovate qualche allevamento di maiali, tipo a Jambon de Bosses nel Comune di Saint-Rhémy-en-Bosses, a 1600 m. di altitudine.

Leggete la storia che vi raccontano: nasce nel 1397, non un anno prima non un anno dopo! Anche gli altri prosciutti non scherzano in quanto a storia: a Modena si parte dai Celti, che introdussero la pratica di conservare le carni col sale. Prima no, vero, in giro per l’Europa! I toscani scomodano Carlo Magno; a Sauris partono dal XIII secolo, dove la salubrità dell’aria e il clima erano già noti. Precisi anche a Carpegna, nelle Marche: correva l’anno 1407. In Veneto tirano in ballo il medico di casa d’Este, padovano, Michele Savonarola, perché nella sua opera Libreto de tutte le cosse che se manzano, uscito a stampa a inizi ‘500 accenna al prosciutto che di sicuro era di Montagnana. A Cuneo sono un po’ indietro: dovranno aspettare il 1618. Per non parlare della disponibilità del sale: a Parma si va a Salsomaggiore, a Carpegna a Cervia! E in Valle D’Aosta dove mai si andava? È evidente che sono narrazioni difficilmente documentabili.

Chiunque abbia pratica di storia dell’agricoltura sa che nelle affittanze mezzadrili e non era prevista la consegna, come onoranza, di alcuni persuti!

Altra cosa: per secoli la presenza dei boschi era molto estesa e bosco significava pascolo brado dei maiali che si nutrivano di ghiande, tanto che i boschi non si misuravano a ettari ma secondo il numero di animali che vi potevano pascolare. Erano maiali molto simili al cinghiale, non certo le razze “tradizionali” del suino pesante, Large White, Landrace o Duroc con cui si devono fare, secondo disciplinare, i prosciutti di Parma oggi.

QUESTIONE DI MARKETING

Insomma, per farla breve, salare, affumicare e insaccare sono sempre stati i modi più diffusi per conservare la carne, in particolare quella di maiale, che meglio di altre si prestava a questi tipi di conservazione. La storia come si vede

non c’entra niente in queste narrazioni. Gli operatori locali hanno capito che i richiami a tradizioni antiche sono fattori che possono influire positivamente sui consumatori e quindi sul prezzo. Storie che, a volte, si costruiscono per precise strategie commerciali.

È forse il caso di ricordare che nelle guide turistiche Baedeker di fine ‘800 e di inizio ‘900, le più rinomate e autorevoli a livello europeo, si parla qua e là del prosciutto Toscano, ma quello di Parma non viene assolutamente citato. La reputazione del Parma fu costruita, secondo precise strategie di marketing, nella seconda metà del XX secolo: ancora oggi il Prosciutto di Parma DOP riesce a spuntare un prezzo del 12-13 % più alto rispetto alla media degli altri prosciutti italiani; il San Daniele arriva al 15%!

Per adesso le pseudo-ricostruzioni storiche hanno soprattutto stimolato l’orgoglio locale, foraggiato carriere politiche e hanno permesso di organizzare feste e sagre. Sembra quasi che la storia in Italia serva a questo.

IL CUGINO SPECK

Chiudiamo con lo speck di Õtzi: nel 2018 in Alto Adige sono stati allevati 8.557 suini. Ogni suino ha due cosce e da ogni coscia si ricava una baffa di speck. Nello stesso periodo nella medesima regione sono state prodotte 7.699.000 baffe di speck vendute con il marchio Alto Adige, di cui 2.755.541 contrassegnate con la denominazione di qualità “Speck Alto Adige IGP”. Conclusione: il 99,8% dello speck “altoatesino” è in realtà prodotto con materia prime di importazione.

Allora non incaponiamoci attorno al lessico usato nel marketing - regionale, tipico, tradizionale - e non ravaniamo troppo sugli allevamenti.

Accontentiamoci almeno che speck e prosciutti siano buoni!

PULLED PORK

in CICCHETTO

Paolo Cappuccio

Chef stellato e consulente

PULLED PORK

Spalla di maiale cotta a bassa temperatura e già sfilacciata, imbustata e pronta all'uso, previo riscaldamento. Il sapore è rustico, speziato con note di kummel e leggermente piccante.

cod 82357 · 1 kg circa

3 minuti di lettura

A CONTI FATTI

PERCHÉ PROPORRE DEI CICCHETTI A PAGAMENTO INVECE DI OFFRIRE

GRATUITAMENTE OLIVE E PATATINE? AFFRONTIAMO CON PAOLO CAPPUCCIO IL TEMA

DELLA QUALITÀ COME ELEMENTO DIFFERENZIANTE, ANCHE NEGLI APERITIVI

Riassumiamo un po' di concetti base sul tema delle proposte per l'aperitivo:

sono preparazioni veloci, realizzate mediante assemblaggio di ingredienti di semplice gestione, anche già pronti; il food cost (FC) per porzione (20 g circa) deve mantenersi entro 1,10€; avere un'offerta varia senza dimenticare qualche proposta veg o gluten free, ricordando di giocare anche con le basi; seguire la stagionalità per essere più credibili agli occhi dei clienti.

FOOD COST E APERITIVO: DIFFERENZIARSI

Che utilità ha il riassunto delle righe precedenti?

Serve a ricordare che è possibile lavorare con ingredienti di qualità anche nella ristorazione veloce. E anzi, la qualità può diventare un elemento differenziante rispetto ai vostri competitor sulla piazza.

Nella maggior parte dei casi, durante gli aperitivi, vengono offerte ciotole di patatine in sacchetto od olive, a titolo totalmente gratuito, magari dando disponibilità anche di un refill quando richiesto. Il cliente si aspetta gratuità per questo servizio, ma per il ristoratore si tratta di un costo. Abbiamo lungamente discusso di questo con Paolo Cappuccio, vista la sua grande esperienza da consulente: come per tutte le attività economiche, ristorazione compresa, dove è presente un costo per un servizio è giusto che il cliente paghi un corrispettivo. Come sottolinea Paolo vale la pena differenziarsi quindi con una proposta motivata dalla qualità: significa preparare dei cicchetti o tapas in modo oculato, proporli a

pagamento e imparare a spiegare e sostenere il motivo delle proprie scelte imprenditoriali. E se il cliente decide solo di bere? Poco male, pensate che potrebbe essere proprio lui quello che ci chiederebbe il refill di patatine e olive, e allora forse è meglio che consumi solo la sua bevanda senza erodere il nostro margine. Sappiamo di essere stati un po' provocanti in queste righe, ma speriamo di aver aperto anche qualche riflessione; se così fosse, avremmo raggiunto l'obiettivo che ci eravamo dati con questa rubrica.

L'INGREDIENTE: IL PULLED PORK

Per quest'ultimo numero un ingrediente cozy ma perfetto per i propositi elencati all'inizio: parliamo del Pulled Pork dei F.lli Corrà. Si tratta di carne di spalla di maiali trentini cotta a bassa temperatura con aggiunta di spezie, tra cui la paprika affumicata in azienda con lo stesso fumo a freddo utilizzato anche per la produzione di altri salumi. È priva di conservanti e con un sapore rustico e ben riconoscibile. Si presenta già sfilacciata, con gli sfilacci ben visibili, in buste da chilo sotto vuoto, pronta all'uso salvo leggero riscaldamento.

CICCHETTI: LE PROPOSTE DI PAOLO

A lato le tre proposte studiate con Paolo, pensate per la stagione invernale. Attenzione: la carne va scaldata prima di essere servita, in padella o in microonde. Questi cicchetti andranno preparati quindi su ordinazione, lasciando solo un campione in vetrina.

Un piccolo sforzo ma ne varrà la pena!

Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione

Rigenerare il Panciotto Bianco, quindi tagliarlo a metà e in quarti, così da ottenere 8 fette. Disporre dei ciuffi di Patè di Ceci BioAlberti su una fetta di Panciotto, quindi aggiungere il Pulled Pork appena scaldato. La nota leggermente limonosa del paté è perfetta per stemperare la parte grassa della carne. Completare con una spolverata di paprika in polvere e un germoglio fresco. Food cost per porzione: € 0,84

Ottenere un medaglione di polenta gialla e abbrustolirlo su entrambi i lati. Aiutandosi con una sac-à-poche disporre la Ricotta di latte di Bufala precedentemente spatolata ad anello sopra la polenta, quindi aggiungere il Pulled Pork appena scaldato: così disposta la ricotta impedirà al succo della carne di colare nel cicchetto. Completare con una spolverata di paprika e un germoglio fresco. Food cost per porzione: € 0,50

FRISELLA CON PULLED PORK "UBRIACO"

Guarnire una Frisellina di grano duro con una dose generosa di Pulled Pork appena riscaldato, aggiungere una grattugiata di Formaggio

Ubriaco al Moscato e completare con un germoglio fresco.

Food cost per porzione: € 0,54

HUMO affumicato

3 minuti di lettura

IL PRODOTTO DIMENTICATO

UN GIOIELLO AFFUMICATO DELLA CASTIGLIA E LE Ó N, UN FORMAGGIO

PROFONDAMENTE LEGATO AL TERRITORIO E DAL SAPORE INTENSO: È HUMO!

Il nostro viaggio alla scoperta dei prodotti dimenticati ci porta in Spagna, nel cuore della Castiglia e León, alla scoperta di un formaggio tutto da scoprire: Humo, un pecorino artigianale che si distingue per il suo profilo aromatico unico, frutto di una lavorazione tradizionale e dell’affumicatura con legno di faggio.

IL PROGETTO CULTIVO

Humo è uno dei formaggi della prestigiosa Selezione di Cultivo, un progetto che dà volto e voce ai formaggi artigianali. È una piccola impresa che produce, affina formaggi e collabora con piccoli caseifici, selezionando con cura lotti che rispecchiano la filosofia di autenticità e artigianalità.

UN SAPORE SENZA TEMPO

La tecnica di affumicatura di Humo deriva dalle tradizioni del nord della Spagna, dove l’affumicatura veniva utilizzata per conservare i prodotti in ambienti umidi. Oggi, questo metodo è una scelta per aggiungere sfumature aromatiche ai formaggi. L’uso di legni nobili, con toni dolci e delicati, arricchisce l’Humo di un carattere inconfondibile. Questa tecnica viene utilizzata anche in uno dei formaggi DOP di Spagna: il queso Idiazábal.

UN PROFUMO, UN SAPORE, UNA STORIA

Humo colpisce al primo assaggio con i suoi sapori intensi, dove la dolcezza naturale del latte di pecora si intreccia con il profumo affumicato e una delicata nota di tostatura. A me sembra di mangiare un formaggio che ricorda il sapore del latte e caffè. La sua consistenza è compatta, ma cedevole, e la lunga stagionatura gli conferisce profondità.

Con i suoi otto mesi di stagionatura e la sua lavorazione artigianale, Humo è un viaggio nei sapori autentici della Spagna, una testimonianza di tradizione e innovazione da riscoprire.

AFFUMICATO

CON LEGNO DI FAGGIO

Tipico formaggio a latte di pecora e pasta pressata della regione spagnola di Castiglia e León, reso più interessante dall'affumicatura e stagionatura di 9 mesi circa. Dolce, con sfumature di affumicato che si intensificano vicino alla crosta

cod 40215 · peso 2,5 kg circa

IN CUCINA

Con l'arrivo del freddo, l'Humo diventa il protagonista ideale di piatti che riscaldano il corpo e l'anima: polenta croccante, salsa di zucca, funghi e Humo grattugiato a sentimento per dare al piatto quel sapore affumicato e avvolgente di questo pecorino. Un piatto comfort, per le giornate d’inverno!

Gianluca Di Lello Export Manager
HUMO
LATTE CRUDO
LATTE OVINO

CASTIGLIA E LEÓN

• Meseta: altopiano arido che domina la Castiglia e León

• un terzo dei formaggi spagnoli è prodotto qui: c'è una lunga tradizione agricola e casearia

• Humo racchiude la storia e il savoir-faire di Campoveja, una realtà artigianale situata a Valladolid

FRESCO

TIERNO

SEMICURADO

CURADO

VIEJO

AÑEJO

0 giorni

0-7 giorni

20-30 giorni

PRODUZIONE E AFFUMICATURA DI HUMO

La produzione segue i metodi tradizionali dei pecorini della Castiglia e León. Dopo la lavorazione del latte crudo di pecora, le forme stagionano per tre mesi in una vecchia stalla, su assi di legno.

Alla fine di questa prima fase, inizia l’affumicatura con legno di faggio, che dona note tostate, per due settimane. Poi, le forme stagionano per altri sei mesi, sviluppando un profilo organolettico complesso ed equilibriato.

45-100 giorni

100-180 giorni

> 270 giorni

latte di pecore autoctone per la produzione di Humo

CASTIGLIA E LE Ó N
Valladolid
razza ovina

TUTTE LE STRADE

A Budapest

ITINERARI GASTRONOMICI I 3

Vittorio Castellani

Giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com

CHIAMATA IRONICAMENTE

“FOODAPEST” DAI SUOI ABITANTI, PER LA RICCHEZZA E LA VARIETÀ DELLA SUA CUCINA, È CONSIDERATA

A RAGIONE LA CAPITALE

GASTRONOMICA DELL’UNGHERIA

L’Ungheria, per la sua posizione geografica e per la sua storia, vanta un repertorio di prodotti tipici e di tradizioni gastronomiche di tutto rispetto, molto più rilevante dei diversi Paesi dell’Est che un tempo facevano parte della Cortina di Ferro. Purtroppo il muro che ha diviso l’Europa per tanti anni non ci ha permesso di conoscerne la portata e neppure le diverse espressioni di una costellazione di Paesi che oggi possiamo finalmente scoprire. La cucina ungherese contemporanea, che possiamo gustare nei diversi ristoranti regionali di Budapest, può essere suddivisa in quattro macro regioni gastronomiche, influenzate principalmente dalle tradizioni alimentari, turco-balcaniche ed ebraico aschenazite:

• La cucina Transilvanica: ispirata alle tradizioni rumene e sassoni, con piatti come lo stinco di maiale, gli involtini di cavolo verza (sarmale) e la polenta;

• La cucina della Grande Pianura: apprezzata per i suoi piatti sostanziosi e saporiti come il pollo alla paprica (paprikash) e la zuppa di pesce (halászlé);

• La cucina del lago Balaton: nota per la varietà di piatti a base di pesce d’acqua dolce (ii lucioperca, la carpa, il pesce gatto);

• La cucina Pannonica: al confine con l’Austria e la Croazia, con un mix di influenze austro ungariche e con piatti iconici (la cotoletta schnitzel e il gulasch).

IL MERCATO CENTRALE DI BUDAPEST

Non esiste luogo migliore per scoprire la ricchezza di prodotti, ingredienti e piatti tipici ungheresi! Il Nagyvásárcsarnok è un’istituzione, un simbolo della città, come lo è la Boqueria per Barcellona. Inaugurato alla fine del XIX secolo, il Mercato Centrale è il più grande e antico mercato coperto di Budapest. La sua struttura in ferro e vetro, tipica della Belle Epoque, lo rende un capolavoro di architettura. Al piano terra del mercato, un tripudio di colori e profumi inebria i sensi. Banchi colmi di insaccati e carni affumicate (prosciutti, salsicce, salami), formaggi locali, verdure di stagione, spezie e, ovviamente, la regina della cucina ungherese, la paprika (fig. 2). Salendo al primo piano, si apre un mondo di souvenir: ricami, oggetti in legno intagliato e bottiglie di vino Tokaji, ma non solo, grappe di frutta (pálinka). All’ultimo piano, ci sono invece una serie di trattorie e chioschi, dove potrete assaggiare cibi di strada come il lángos, una morbida focaccia fritta farcita a piacere con salsiccia, prosciutto, funghi, formaggio affumicato, cipolla rossa, panna acida, cagliata di pecora, aneto o melanzane. Nagyvásárcsarnok Vámház körút 1-3. Web piaconline.hu/nagycsarnok

UN GULASH DA GETTÓ GULYÁS

Non potete venire a Budapest senza aver assaggiato il gulasch: il miglior posto per tararsi il palato su questa specialità si trova nel quartiere ebraico, a due passi dai resti delle mura del ghetto, nei pressi della Grande Sinagoga. Gettó Gulyás è un bistró contemporaneo, molto newyorkese, frequentato dai locali e da una clientela cosmopolita. La cucina riprende i grandi classici e li presenta in chiave moderna, ma i sapori sono quelli autentici. Da non perdere il gulash con manzo, patate, carote in brodo di paprika in zuppa (alföldi gulyás sleves) e lo stufato di vitello in salsa di paprika con noodles in crema di formaggio (túrós) avvolto nella pancetta affumicata (borjûpaprikás házi tejföllel) - fig. 3.

Gettó Gulyás Wesselényi utca 18.

FB @gettogulyas · IG @getto.gulyas

Per assaggiare i grandi piatti della tradizione aschenazita prenotate con largo anticipo da Rosenstein, considerato il tempio della

cucina ebraica ungherese classica, ma non cacher. Il suo creatore, il maestro Robert Vendéglö, ha lasciato le redini al figlio. Da non perdere: l’anatra arrostita con crauti brasati alle prugne secche e rösti di patate e la zuppa gulash della grande pianura (Puszta), servita in tazza.

Rosenstein Mosonyi utca 3., Budapest Web rosenstein.hu

CAFÉ GERBEAUD

Fondato nel 1858 da Henrik Kugler nella vivace piazza Vörösmarty, il Café Gerbeaud (fig. 1) ha conquistato il cuore dei budapestini e dei visitatori di tutto il mondo. Varcare la sua soglia è come fare un salto indietro nel tempo. Gli arredi eleganti, i lampadari scintillanti e l’atmosfera raffinata creano un’ambientazione unica, perfetta per gustare una deliziosa colazione, un tè pomeridiano o un caffè accompagnato da una fetta di torta. Con soli € 6 potrete scegliere il vostro dolce preferito per gustarlo in un luogo dove è stata scritta la storia di Budapest. Imperdibile la torta Dobos (fig. 5), ma anche il Sosmoggyorô barack szelet o il Ràkôczi turós

Web gerbeaud.hu

NON SOLO TOKAJ

Con 22 regioni vinicole e 63.000 ettari di vigneti coltivati l’Ungheria è uno dei principali Paesi produttori di vini di pregio nel cuore dell’Europa ma, a parte il Tokaj, conosciamo poco o nulla dei vini ungheresi! Ecco due indirizzi per ampliare gli orizzonti.

Kadarka · Király u. 42

Web kadarkabar.hu

Nel quartiere ebraico di Budapest, prende il nome dall’omonimo vitigno ungherese a bacca rossa. Qui trovate una selezione di più di cento vini ungheresi di pregio provenienti da tutte le regioni vinicole del Paese, da gustare a calice.

N28 Wine & Kitchen Nagymezö u. 28

Web n28.hu

Creato a partire da un concept del giornalista enogastronomico Tamas Molnar questo winebar con bistrò abbina i migliori vini di tutte le regioni ungheresi, spaziando dal Balaton all’Eger, dal Tokaj al Somló, con originali tapas con i migliori prodotti locali.

SAPORI backstage

GRAZIE DI CUORE A CHI HA RESO INDIMENTICABILE ANCHE QUESTA

25MA EDIZIONE DI SAPORI!

Sapori 2024 è stata un'edizione speciale: la 25ma edizione di questo evento, ogni volta sempre più sfidante, nell'anno in cui Valsana ha compiuto 40 anni di attività.

Anniversario nell'anniversario

Abbiamo scelto di celebrare i 40 anni di Valsana attraverso ciò che più ci rappresenta, la nostra selezione. "40 anni di formaggi" è stata l'apertura di questa edizione di Sapori. Siamo partiti dal Monte Veronese DOP di Malga, come espressione dei formaggi locali, veneti, di quando tutto è iniziato, nel 1984, ma fin da subito con grande attenzione al latte crudo, ai formaggi di alpeggio, alle DOP, ai Presìdi Slow Food. I caciocavalli del Caseificio D&D, per raccontare i nostri primi viaggi al sud negli anni '90, e la selezione di formaggi olandesi di L'Amuse per testimoniare la nostra apertura verso la cultura casearia internazionale, nei primi anni del nuovo millennio. E poi la necessità e la voglia di investire, più di recente, sulla formazione, anche grazie a collaborazioni che ci hanno fatto crescere, come quella con l'ONAF.

Per arrivare a oggi, con un progetto che parla di masi di montagna, di filiere corte, di ricambio generazionale: perchè fare selezione significa anche sposare alcuni valori, scegliere quali realtà supportare, per fare la differenza nel proprio contesto.

Sono stati ben 24 i produttori che abbiamo coinvolto nell'organizzazione di Sapori: alcuni sono parte della nostra squadra da molti anni, come Friultrota, Carozzi o Giannarelli, altri da pochissimo, come Casa Arleo o Che Fermento! Quest'anno abbiamo spinto molto sulla trasformazione dei prodotti: cinque chef in sala per dare dei suggerimenti sull'utilizzo dei prodotti, con tante idee di cucina, facili da realizzare, per rispondere a un mercato sempre più esigente, dove food cost e contenuto di servizio dei prodotti sono temi centrali, come ci insegna Arianna di Eat Like a Star.

Anche quest'anno siamo sopravvissuti allo tsunami Sapori, che travolge per alcune settimane tutta la nostra azienda. In due giornate abbiamo ospitato oltre 1500 persone, e anche quest'anno ci siamo portati a casa tanta soddisfazione: per la selezione di prodotti, per i suggerimenti di utilizzo, per il gioco del blind test sul Camembert, per il nostro team di ragazzi giovanissimi ma preparati, determinati e innamorati della gastronomia.

Grazie in primis ai produttori, che sono 100% parte della nostra squadra: siamo consapevoli di quanto sia difficile per tanti di loro allontanarsi due giorni dall'azienda, per cui grazie davvero.

Grazie ai nostri partner, collaborazioni pluriennali che testimoniano la fiducia nei nostri confronti: Da Pian, Caffè Galliano, Dolomia, Top Banqueting, Chef in Viaggio.

Grazie ai nostri agenti, tutti i giorni in prima linea, per essere riusciti a portare in Castello un numero importante di clienti, ma con un flusso ordinato, che ha permesso un dialogo piacevole con i produttori.

Grazie a tutti i nostri ragazzi: a chi ha gestito l’organizzazione, gli inviti, l'allestimento, la registrazione, gli ordini, la logistica, i laboratori, il guardaroba; a chi ha dato una mano ai produttori durante l'evento; a chi ha montato e smontato tavoli, spostato attrezzature e prodotti. Ai ragazzi dell'export e del commerciale Italia, che hanno gestito i diversi clienti arrivati da tutta Italia ma anche da Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Austria, Germania. Grazie a chi è rimasto al fronte lunedì per mandare avanti la baracca e a chi è venuto a trovarci domenica, con gli amici o la famiglia. Grazie di cuore a tutti!

Sapori 2024 ha coinvolto in 2 giornate oltre 150 persone: 53 del team di Valsana, 56 persone di 24 produttori, 5 chef, 25 persone di Top Banqueting per il servizio in sala, 8 persone dello staff del Castello, 20 dei vari partner

2 minuti di lettura

SAPORI 2024

Performance

DETTAGLIO SPECIALIZZATO

RISTORANTI E OSTERIE

LE CLASSIFICHE DI VALSANA

NUOVO PODIO DEI PRODOTTI PIÙ VENDUTI NELLE PRIME SETTIMANE POST SAPORI, SUDDIVISI IN BASE AL CANALE DI VENDITA

MALGA CAMPO cod 30883 · 11 kg circa

MONTE VERONESE D'ALLEVO DOP LATTE DI MALGA cod 30872M23 · 8 kg circa

PEPERONI A FILETTI GRIGLIATI IN LATTA cod 96357 · 800 g

BRABANDER GOUDA DI CAPRA cod 46923 · 8-9 kg circa

1

PROSCIUTTO DI SAN DANIELE ADDOBBO 20 MESI cod 79221 · 11 kg circa

GOUDA L'AMUSE SIGNATURE 2 ANNI cod 46919 · 14 kg circa

PIZZERIE ED ENOTECHE

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale 2 3 1 2 3 1 2

PECORINO CANESTRATO STAGIONATO cod 31705 · 12 kg circa

GUANCIA DI MAIALE EAT LIKE A STAR cod 96157 · 180 g x 5

FORMAGGIO CREMOSO SPALMABILE AL GORGONZOLA DOP cod 21247 · 750 g sac à poche

3

GRAN PREMIO FORMAGGIAIO

D'ITALIA: UN BREVE RECAP DELLA

SECONDA EDIZIONE

IL CONCORSO

Durante B2Cheese, a settembre, a Bergamo, è andata in scena la seconda edizione del Concorso Gran Premio del Formaggiaio d'Italia. Un contest creato dalla Guilde Internationale Des Fromages per incentivare e promuovere la professionalità di chi, tutti i giorni, opera dietro al banco dei formaggi. Sette le prove totali, per valutare competenze e conoscenze dei formaggiai in gara. Tre le prove su cui si sono sfidati i cinque finalisti: manualità, velocità e precisione nell'apertura di una forma di Parmigiano; capacità di abbinamento, con il Roquefort come protagonista; creatività, dove i formaggi assegnati uniti all'immaginazione hanno dato vita a taglieri e plateau a tema Olimpiadi.

IL PODIO

Un'edizione frizzante e ricca di talenti che si sono sfidati per aggiudicarsi il titolo di Miglior Formaggiaio d'Italia 2024. A convincere all'univoco i sei giudici del concorso è stato Marco Zucchello, terza generazione dei Formaggi Stevanato e cliente storico di Valsana, a cui vanno i nostri più sentiti complimenti. Congratulazioni anche a tutti gli altri concorrenti e all'organizzazione. È sempre emozionante condividere e supportare progetti dove l'arte e il sapere caseario italiano vengono valorizzati. E con Marco ci vediamo a febbraio a Tours per il Mondial du Fromage 2025, per tifare tutti insieme ancora una volta l'Italia!

MIGLIOR FORMAGGIAIO d'Italia 2024

GUILDE INTERNATIONALE DES FROMAGERS

La Guilde è una sorta di Rotary Club del mondo lattiero caseario. Dal 2022 organizza il concorso di Miglior Formaggiaio d'Italia per promuovere le conoscenze e la professionalità nel mondo dei fromager italiani.

RACCONTI DA VALSANA I 2 minuti di lettura

LA PUCCIA salentina

PUCCIA SALENTINA

Pane tipico salentino a lievitazione naturale, cotto a pietra; l’impasto morbido e fragrante, è pronto da infornare, tagliare e farcire

95010 · 115 g x 2 pezzi a confezione box da 14 confezioni

5 minuti di lettura

SANDWICH E DINTORNI

“CREDO

CHE SIA UN ARTISTA CHIUNQUE SAPPIA FARE BENE UNA COSA; CUCINARE, PER ESEMPIO.”

ACQUA E FARINA

Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Dilexit nos” pone la sua attenzione, e quella del lettore, in un piatto tipico della gastronomia barese, il panzerotto: un disco di pasta lievitata farcita con ingredienti semplici, chiuso a mezzaluna e sigillato con i rebbi della forchetta. Atto che Francesco definisce come “quel momento di apprendistato culinario, a metà strada tra il gioco e l’età adulta, in cui si assume la responsabilità del lavoro per aiutare l’altro. Si tratta di gestualità che non potranno mai stare tra gli algoritmi. Perché si appoggiano sulla tenerezza che si conserva nei ricordi del cuore” conclude il Pontefice. Questa riflessione potrebbe sintetizzare il percorso che abbiamo fatto insieme con cinque articoli ispirati dall’idea dello street food e da uno dei suoi esponenti più “fluidi” come una pietanza realizzata da un pane, declinato in mille forme, con qualcosa dentro. Niente di più semplice, mi direte: chi non è in grado, in ogni paese, di preparare un panino? Ed ecco che qui avviene il primo inciampo: niente è più complicato di qualcosa apparentemente semplice, a partire dal tipo di pane: uno scrigno che di volta in volta valorizza in modo diverso il tesoro che protegge.

CIBO DI STRADA (PRIMA DELLO STREET FOOD)

Mangiare con le mani, senza la mediazione delle posate, è un atto di profonda intimità che si ha con il cibo e ci consente di affrontare il dualismo cibo-corpo-piacere senza sensi di colpa, di godere di un momento che non c’entra più nulla con la sopravvivenza, che crea complicità. Un atto liberatorio per un cibo anarchico. Pensate che esiste addirittura un manifesto del cibo di strada italiano, a definire l’etica di pietanze apparentemente così sregolate, che per essere definite tali devono rispondere a poche e semplici regole: aderenza alla territorialità, fruibilità

e consumo, artigianalità della produzione, economicità (rispetto a un piatto servito con le posate), tradizione e originalità, e infine deve procurare una sensazione non solo di sazietà, ma di benessere.

Il cibo di strada è un’espressione culturale complessa, un mix di tradizione e originalità, territorio e qualità: un portatore sano di felicità.

CUM PANIS E CUMPANATICUM

La puccia pugliese, da non confondere con le omonime piemontesi - un piatto invernale realizzato con carne, verza e farina di mais - è una forma di pane dal diametro di circa 20 cm, realizzata con la pasta di riporto che pirlata nuovamente in piccole forme (diversamente dai grandi pani pugliesi) offre dei panini con poca mollica da farcire con quanto offre la stagione e le campagne, soprattutto verdure fresche, pomodori, capperi e olive. Successivamente la farcia si è via via arricchita con ingredienti più importanti e sostanziosi, come carne e pesce, così da rendere la puccia un piatto completo.

L’anarchia gastronomica del nostro Paese non poteva venir meno anche in Puglia e la puccia si declina nelle oliate, pucce più piccoline che nell’impasto prevedono la presenza di olive nere e la puccia caddhipulina, una sorta di pranzo della vigilia della festa dell’Immacolata (8 dicembre) dalla facile realizzazione.

LE RICETTE DEL MAGAZINE

Le ricette delle pucce che troverete nel Magazine strizzano l’occhio al meraviglioso Salento ma vi consentiranno di realizzarle e condividerle anche in altri momenti dell’anno con ingredienti che giungono da territori diversi il cui connubio risponderà a una delle regole fondamentali del Manifesto: essere portatori sani di felicità. Buon appetito!

Anna

LA PUCCIA DELL’IMMACOLATA

Un pranzo frugale per la Vigilia che consentiva alle donne di casa di partecipare comunque alle funzioni religiose. Le olive, dentro e fuori, sono presenti e si rifarebbero al Vangelo e all’importanza simbolica dell’olivo. Una leggenda narrata nel Salento racconterebbe che Maria, Giuseppe e il Bambino, in fuga da Erode, trovarono rifugio in questo albero: Giuseppe ordinò all’albero di aprirsi e nascondere la Vergine, pronunciando la frase “Àprite, ulìa, e scundi Maria”.

DOSI per 4 pucce

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 15 minuti

COTTURA: 5 minuti

INGREDIENTI

> PER LE PUCCE

4 Pucce Salentine

Tonno in tranci Bonito del Norte q.b. Cime di rapa alla pugliese q.b.

Cremoso al camembert di capra q.b. qualche foglia di origano fresco e secco olio Evo qb. pepe Timut q.b.

> PER IL SERVIZIO

Olive nere Celline q.b. Crudaiola di Finocchi q.b.

PROCEDIMENTO

Sciacqua le olive dalla salamoia e mescolale con un filo d’olio e qualche foglia di origano secco. Sgocciola anche il trancio di tonno dall’olio in eccesso, la crudaiola di finocchi e le cime di rapa. Para le cime di rapa e affetta quelle più grosse.

Con una spatola mescola il caprino con una macinata di pepe e con qualche foglia di origano fresco.

Nel forno statico già caldo a 240-250° rigenera la puccia per 3/4’.

Sforna, taglia a metà la puccia, spalma su entrambi i lati il caprino profumato, prosegui con il tonno e infine con le cime di rapa, chiudi, premi appena e passa in forno per altri 2’ max. Taglia a metà e servi.

Nel frattempo trasferisci in ciotoline le olive e i finocchi, profumando quest’ultimi con una macinata di pepe. Puoi anche mescolarli insieme aggiungendo qualche spicchio di arancia pelata a vivo, per una fresca insalata.

IL MEDITERRANEO IN UN RIPIENO

Fave e cicoria sono un piatto “povero” della tradizione salentina, quasi una merenda. Diffuso anche in Basilicata, si compone di soli due ingredienti: le fave, cotte e ridotte in purea con cicoria cotta, il tutto accompagnato da fette di pane abbrustolite. Un giro per il Mediterraneo, prendendo in prestito la tecnica dell’hummus, e delle stagioni, rubando i germogli della cicoria. Qualche goccia di colatura di alici nell’hummus renderà la salsa più intrigante e sorprendente. La puccia la mettete voi, vero?

DOSI per 4 pucce

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 50 minuti

COTTURA: 40 minuti

INGREDIENTI

4 Pucce Salentine

250 g di fave decorticate

3/4 scalogni

60 g di tahina

60 ml di olio Evo

250 g di Puntarelle

80 g di Olive nere Celline

80 g di Pomodori semi-secchi

80 g di yogurt greco olio evo q.b. colatura di alici q.b. pepe Timut q.b. sale in fiocchi

PROCEDIMENTO

Sbollenta le fave in acqua salata e trasferiscile in una casseruola dove avrai stufato gli scalogni affettati in un paio di cucchiai di olio evo, mescola, aggiungi un bicchiere d’acqua o di brodo vegetale e continua la cottura a fuoco dolce e con il tegame coperto per circa 30’.

Nel frattempo sgocciola e affetta le puntarelle, sgocciola i pomodori e tritali grossolanamente e sgocciola le olive dal liquido di conserva.

Trasferisci le fave cotte in un mixer ed emulsiona con l’olio e la tahina così da ottenere un hummus di fave: regola di sale e profuma con il pepe.

Con una spatola mescola lo yogurt con il pomodoro, un filo di olio evo e il pepe.

Nel forno statico già caldo a 240-250° rigenera la puccia per 3/4’.

Sforna, taglia a metà la puccia, spalma su un lato la salsa di yogurt e nell’altro l’hummus di fave, distribuisci un’abbondante quantità di puntarelle e qualche falda di pomodoro, chiudi, premi appena e passa in forno per altri 2’ max. Taglia e servi.

SANDWICH E DINTORNI

METTI UNA PUCCIA IN DANIMARCA (SMÖRREBRÖD)

I panini aperti, o smörrebröd, sono famosi in tutti i paesi del Nord Europa e sono la prima scelta per uno spuntino o un pranzo veloce. È in Danimarca, però, che questi snack a base di pane di segale sono più amati, tanto da essere i veri eroi della cucina danese. Si potrebbero intendere anche come un’insalata con sotto una fetta di pane piuttosto che come un vero panino. I due ingredienti insostituibili sono il pane di segale e tanto burro (così tanto da poter lasciare l’impronta dei denti sullo strato spalmato): il terzo è la fantasia, grazie alla quale la solare puccia sostituisce il severo pane di segale per un piatto dai profumi unici.

DOSI per 1 puccia

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 15 minuti

COTTURA: 5 minuti

INGREDIENTI

1 Puccia Salentina filetti di Aringa sciocca affumicata q.b. Barbabietola in salamoia q.b. burro salato d’Isigny morbido q.b. yogurt greco cremoso q.b. senape medio forte q.b. olio Evo q.b. aneto fresco q.b.

PROCEDIMENTO

Sgocciola le barbabietole dalla salamoia e asciuga l’eccesso con della carta assorbente.

Affetta i filetti di aringa in una julienne obliqua.

Ottieni dall’aneto dei ciuffetti e tritane un po’.

Mescola in una proporzione di 1:1 la senape con lo yogurt ed emulsiona bene con dell’olio evo e un trito di aneto.

Nel forno statico già caldo a 240-250° rigenera la puccia per 3/4’.

Sforna, taglia a metà la puccia, spalma su entrambi i lati il burro, prosegui con la salsa, l’aneto, le barbabietole e infine l’aringa, chiudi, premi appena e passa in forno per altri 2’ max. Servi con abbondante salsa.

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