VIAGGIO IN MAREMMA
IL MAGAZINE DI VALSANA NUMERO II ANNO 2024
Novità: vi presentiamo un nuovo produttore di formaggi dell’Alto Adige
Storie di Fromager: incontriamo Christophe Gonzales, fromager dei Paesi Baschi
EDITORIALE
“La Gastronomia non ha una bandiera”. Ce lo ricorda Danilo Gasparini con un articolo sul Parmesan, che potrà indispettire qualcuno, ma che fa emergere come il significato di “identità” e “radici” possa non essere così netto quando si parla del cibo.
Perchè gli ingredienti hanno sempre viaggiato, e continuano a viaggiare, assieme alle migrazioni, alle guerre, agli scambi commerciali. E anche la cultura gastronomica italiana è frutto di tante contaminazioni: ci piace ricordare come la mozzarella, uno dei nostri cibi più identitari, trovi le sue radici in Medio Oriente, dove è nata la pasta filata, così come la più veneta polenta, fatta con il mais arrivato dalle Americhe.
Se andiamo in profondità, alla ricerca delle radici più vere, anzichè nasconderci dientro una bandiera, possiamo scoprire che il cibo è sempre stato un ponte tra culture diverse. E allora, piuttosto che costruire altari, o muri, ci piace guardare con curiosità anche a quello che c’è oltre confine, che diventa un modo per scoprire qualcosa in più su noi stessi, sulla nostra identità gastronomica. Sono queste riflessioni che ci spingono a voler approfondire la gastronomia degli altri Paesi, a partire da quelli più vicini a noi, non solo cercando di arricchire gradualmente la nostra proposta di prodotti internazionali, ma creando anche delle opportunità di incontro. È nato così il laboratorio, che abbiamo organizzato in questi giorni assieme a Fabien Deugolet di Marcel Petite, sul Comté, un viaggio affascinante per conoscere in profondità uno dei formaggi più consumati del mondo, che vi raccontiamo in queste pagine. O il corso di taglio del Jamon Ibérico, con un cortador di Monte Nevado, che vi riproponiamo anche quest’anno Buona lettura.
Martina Iseppon
SELEZIONE DI SAPORI: Il magazine di Valsana
Team editoriale: Giorgia Barbaresco, Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Giacomo Chinellato, Alessandro De Conto, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Mauro Gava, Martina Iseppon, Francesca Marini, Stefania Marcuz, Anna Maria Pellegrino
Direttore: Giulia Basso
In copertina: Guido Pallini
La Maremmana
Editore: Valsana srl
Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano Treviso
Registrazione
Tribunale di Treviso
n. 2422 del 28/04/2017
4 11 16
Viaggio in Maremma · Inno al Sole e Diaccialone 4 Novità · Caseificio Fabris · Macedonia dell’Orto · Artigiana 10 Leggi ciò che mangi · Intolleranza o allergia? 18 Novità · Il maso sotto l’angolo 8 Abbinamenti di stagione · La Fava 20 Analisi sensoriale · Italia-Francia: croste fiorite 22 Storie di Fromager · Christophe Fromager 24 In-formazione · Bresaola Inedita 26 Storia o Leggenda? · Il Parmesan... l’originale! 28 A conti fatti · Tartare in cicchetto 30 Il prodotto dimenticato · Salame Toscano 32 Itinerari gastronomici · La cucina delle Canarie 34 13 Il Sommelier · L’unione perfetta 16 Pizza Slow · Pizza con Guanciale NUMERO II 2024
24 36 Novità · Forno Follador 12 14 Oro Liquido · Coltivazione e raccolta 34 Sandwich e dintorni · La piadina 36 Racconti da Valsana · Ambasciatori del Comtè 40 In agenda · Corso di taglio del Jamón · Gran Premio Formaggiaio 42
SOMMARIO
INNO AL SOLE
DIACCIALONE &
Martina Iseppon
Responsabile Marketing
MOZZARELLA
DI LATTE DI BUFALA
Delicata mozzarella di latte crudo di bufala dal gusto dolce, privo di note animali e con importanti sensazioni lattiche
cod 21080 · palla da 250 g 21081 · bocconcini da 25 g x 10
BURRATA LA MAREMMANA
Burrata di bufala della Maremma con cuore di panna vaccina.
Dolce, con note di yogurt e muschio, tipiche della bufala
cod 21084 · bicchiere da 125 g 21083 · stracciatella da 250 g
4 minuti di lettura
VIAGGIO IN MAREMMA
LA CONOSCIAMO COME "LA MAREMMANA", MA L'AZIENDA AGRICOLA DELLA
FAMIGLIA PALLINI HA DUE SEDI, ENTRAMBE IN MAREMMA: IL 'CASEIFICIO INNO AL SOLE', DOVE SI TROVA LA STALLA DELLE BUFALE IN LATTAZIONE, VICINO A GROSSETO, E LA SOCIETÀ AGRICOLA IL 'DIACCIALONE', PIÙ A SUD, VERSO CAPALBIO
Siamo nel paddock, un po’ tesi: l’erba alta, il terreno fangoso per le piogge dei giorni scorsi, le ghette che rendono difficoltosi i movimenti, il recinto troppo distante per riuscire a scappare. Guido ci avvisa: “sto aprendo il recinto”. E in un attimo la tensione diventa terrore: la mandria si lancia, correndo a una velocità impensabile per animali così grandi, verso l’erba, passando a pochi metri da noi. Si inseguono al galoppo, rotolano nel fango, sradicano l’erba con le corna adornandosi di buffe parrucche. Una bufala si avvicina minacciosa, osservandoci con uno sguardo fiero. Mi sposto istintivamente dietro Alessandro. Guido sorride: “sono solo curiose, e felici di poter stare per un po’ al pascolo e rotolarsi nelle pozze. Sono Bubalus Bubalis, bufali d’acqua: qualche anno fa, a Capalbio, si è rotto un recinto e me ne sono trovato una decina nella piscina di casa!”
La nostra visita inizia a Principina Terra, Grosseto, dove si trova una delle due stalle dell’azienda agricola La Maremmana: qui vivono i vitelli e le bufale in lattazione, 400 capi. A pochi metri dalla stalla si trova anche il caseificio Inno Al Sole, sempre di proprietà della famiglia Pallini La distanza tra la stalla e il caseificio è quella di una passeggiata, lungo i campi dove vengono coltivati i cereali destinati all’alimentazione delle bufale, costeggiando l’impianto di biogas, che trasforma i reflui della stalla in energia e digestato, utilizzato per fertilizzare i terreni: 300 ettari, di cui la metà dedicata a coltivazioni per l’allevamento, principalmente orzo, fieno e mais, trattati con la pratica della semina su sodo, per preservare la biodiversità dei terreni e ridurre l’impatto ambientale dei macchinari.
Il caseificio è stato creato nel 2013 ristrutturando un vecchio casale: in effetti è come stare in un labirinto, dietro ogni porta si nasconde una piccola cella, ogni spazio ottimizzato in funzione delle esigenze produttive. “O si chiudeva tutto o si creava valore aggiunto”, così commenta Guido la scelta di lasciare Londra e il mondo della finanza, dove aveva iniziato la sua carriera in una banca giapponese, per tornare alla sua terra e prendere in mano l’azienda di famiglia.
Oggi tutto il latte prodotto dalla stalla viene trasformato: era questo l’obiettivo di Guido quando è entrato in azienda, una scelta che rende le filiere chiuse più sostenibili economicamente, rispetto agli allevamenti che vendono il latte. Resta sempre il problema dell’eccesso di latte invernale: le bufale sono dispettose, producono più latte d’inverno quando la richiesta di mercato è bassa, e molto meno d’estate quando la domanda aumenta. Qui le bufale producono in media 8-10 litri di latte al giorno per animale, con un range che va da 1500 a 2800 litri di latte al giorno a seconda del ciclo di lattazione. “Da noi il latte in eccesso viene in parte utilizzato per produrre il Francescano, in
Una filiera chiusa, dalla coltivazione della terra alla produzione dei formaggi, con un approccio di economia circolare, nel rispetto degli animali, dell'ambiente, delle persone VALSANA
04
parte congelato in buste da 3 kg e riutilizzato d’estate in piccole proporzioni (30%) quando la produzione cala. Questo ci consente di utilizzare solo il latte della nostra azienda senza influire sul risultato del prodotto estivo, la differenza è davvero impercettibile”.
Arriviamo in caseificio giusto in tempo per vedere la filatura della mozzarella. La lavorazione inizia alle 4 del mattino: il latte – rigorosamente crudo - viene riscaldato, quindi vengono aggiunti prima il siero innesto – prodotto in azienda dal siero di filatura del giorno precedente, con una fermentazione controllata - e poi il caglio. La filatura inizia verso le 8, perché la cagliata deve maturare almeno 4 ore. È affascinante vedere come la massa informe e gommosa della cagliata diventi in pochi minuti una materia lucida e liscia, che nelle mani del casaro prende mille forme. La formatura della treccia, in particolare, mi lascia senza parole: le mani nell’acqua bollente, l’abilità e la velocità di Rosario, il casaro, nel creare in pochi istanti delle
trecce sempre uguali sono straordinarie. Ma anche la precisione con cui, a mano, con l'ausilio di una macchina che inserisce la farcitura di panna e sfilacci, riempie le palline di pasta filata, per creare le burratine.
Il raffreddamento in vasca subito dopo la formatura è una fase molto importante nella lavorazione della mozzarella: lo shock termico permette infatti la creazione della pelle esterna e della texture, se non si raffredda bene poi tende a “sbucciarsi”. Un altro aspetto critico è la “salsetta”, un mix di acqua sale, acido lattico e siero, aggiunto all’acqua in una percentuale stabilita per creare il liquido di governo dove sono conservate le mozzarelle, che contribuisce a dare sapore alla mozzarella.
In caseificio lavorano 10 persone, che diventano 15, a volte anche 18 d’estate. “Caciocavallo, scamorze, stracchino, yogurt, muffettati, sono prodotti una volta a settimana, il Francescano in questo periodo 2 volte a settimana. Mozzarelle
Guido Pallini
gestisce l'azienda agricola di famiglia, assieme alla mamma Diana e alla sorella Matidia, integrando visione imprenditoriale e responsabilità sociale
VALSANA 05
CACIOCAVALLO
DI LATTE DI BUFALA
Formaggio a pasta filata prodotto con latte crudo di bufala e stagionato circa 30 giorni. La crosta è sottile ed elastica, la pasta è compatta, di colore bianco avorio. Ha un gusto dolce, lattico e sentori piacevoli di yogurt e burro cotto. Delizioso al naturale, in gratinatura, nelle fondue, sulla pizza
cod 21087 · 1 kg circa
e burrate tutti i giorni, ma abbiamo scelto di lavorare dal lunedì al sabato per lasciare un giorno di riposo ai ragazzi”. Il concetto di responsabilità sociale traspare in tutte le scelte aziendali: da come vengono gestiti i campi al benessere animale, dalla gestione del personale alla produzione di energia rinnovabile. Rispetto, etica, trasparenza: non sono solo parole ma scelte concrete che abbiamo la possibilità di vedere, letteralmente, sul campo. Facciamo una pausa caffè allo spaccio aziendale: una vetrata permette di vedere la sala di lavorazione del caseificio, mentre sui tavoli esterni dove si può fare colazione - pane ricotta e marmellata – assaporando la pace, il silenzio, i profumi, che la natura esuberante della Maremma sa regalare. Da Grosseto scendiamo verso sud, lasciamo alle nostre spalle l’Argentario, Orbetello, Capalbio, e ci addentriamo nelle colline dell’entroterra: 5 km di strada sterrata in mezzo ai boschi, senza
segnale GPS, per raggiungere la Società Agricola Diaccialone dove si trova la seconda stalla, dedicata alla rimonta: i vitelli vengono portati qui quando hanno circa 6 mesi, e ci restano fino ai 2 anni di età. Le bufale verranno poi ritrasferite a Principina Terra un paio di mesi prima del parto, dopo il quale potranno “entrare in produzione”. Al Diaccialone la famiglia Pallini ha altre 150 bufale, ma anche una settantina di capi di razza Maremmana, 400 ettari bosco, 100 ettari di seminativo, 120 ettari di paddock.
“Qui è nato il nostro allevamento di bufale”. Il papà di Guido ha sempre avuto la passione per l’allevamento: prima di cavalli da corsa, poi di Maremmane da carne, infine le bufale: un animale più rustico, che si poteva adattare all’ambiente della Maremma. "Ma arrivare al Diaccialone era complicato per il camion del latte, quindi abbiamo creato una seconda stalla per le bufale in lattazione vicino al caseificio". Uno dei parametri importanti del benessere
VALSANA 06
animale è la longevità: "L'età media delle bufale nella nostra stalla è di 8 anni, ci sono animali di tre anni ma anche di 17! E alle mostre le nostre bufale sono spesso le più indisciplinate, perché sono abituate a stare fuori”. Questo non serviva dirlo, ci ricorderemo per un bel po’ l’emozione di vederle entrare scatenate nel paddock!
Siamo fortunati, è una giornata spettacolare, la natura mette in scena colori di un’intensità memorabile: il cielo azzurro a contrasto con la terra rossa, argillosa, con il profilo nero delle bufale sulla cima, il verde dei boschi che si stanno risvegliando per la primavera, distese di margherite sui prati. Pranziamo nel casale adiacente all’allevamento ristrutturato di recente, dove vive Guido con la sua famiglia. Siamo, come sempre, in ritardo rispetto alla nostra tabella di marcia, ma non possiamo lasciare il Diaccialone senza andare nel bosco a vedere le Maremmane. Incontriamo Mario, il buttero, e sua figlia Marcella, che sta imparando il
mestiere dal papà: assieme gestiscono a cavallo la mandria di Maremmane, allevate allo stato brado nei boschi della tenuta: il Diaccialone è una delle poche aziende che ancora mantiene viva questa antica tradizione toscana. Nel recinto due tori, Maciste e Infermiere: sono impressionanti, sia per la stazza che si avvicina alla tonnellata, ma anche per la dimensione delle corna, che li fanno sembrare quasi degli animali preistorici.
Guido ci fa salire su un furgoncino vissuto e ci addentriamo nello sterrato che porta al crinale dove si sono raggruppate alcune Maremmane con i vitellini. Hanno scelto una radura con vista panoramica sulla Maremma. In fondo, offuscato da una leggera foschia, il Tirreno. Le Maremmane ci osservano per un po’ con curiosità, poi si allontano trotterellando, libere.
Ci sono emozioni che non si possono perdere, pazienza per il ritardo. “Meglio un rimorso che un rimpianto”, diceva Oscar Wilde.
Formaggio a latte crudo di bufala, nato per utilizzare l'eccesso di latte invernale, stagionato circa 8 mesi. L'occhiatura è quasi assente, la texture granulosa. Al palato regala note dolci e lattiche, che lasciano il posto nel finale a un buon equilibrio di acidità con sentori di yogurt e scorza di agrumi
cod 21086 · 8 kg circa disponibile anche a 1/2 e 1/4
Reportage fotografico di Beatrice Mancini
FRANCESCANO
sotto
IL MASO L’ANGOLO
Alessandro De Conto Responsabile Commerciale
3 minuti di lettura
NOVITÀ A CATALOGO
NEGLI ULTIMI TRE ANNI CI SIAMO DEDICATI ALLA RISCOPERTA DI UN TERRITORIO CHE MANTIENE UNA BUONA CAPACITÀ DI PRODUZIONE CASEARIA E SOPRATTUTTO NON HA IL PROBLEMA DEL RICAMBIO GENERAZIONALE NELLA FILIERA: L’ALTO ADIGE
Manuel Zingerle l’abbiamo conosciuto quasi due anni fa, quando si è timidamente presentato in Valsana con una piccola campionatura dei suoi formaggi di capra. In quel primo incontro abbiamo intravisto il seme di un progetto interessante, ma ancora ad uno stato germinale. Abbiamo lasciato passare un po’ di tempo e, come quasi sempre facciamo, siam stati a trovarlo nella sua azienda in Val Pusteria, a Vals (BZ) - sarà destino?
Ci siamo stati due volte, sia l’anno scorso a Maggio (ed era ancora presto) sia quest’anno a inizio Marzo (ed è stata la volta buona).
L’azienda in questo caso è un maso di montagna, un’entità agricola che abbiamo imparato a conoscere meglio in questi anni, un sistema costituito da bosco, prato, stalla, fienile e spesso caseificio. Ah, il maso in questione si chiama Unteregger, letteralmente “Maso sotto l’angolo”, si trova a 1200 metri di altitudine ed ha un’estensione di circa 4 ettari, non enorme se rapportata ad altri masi.
Ci lavorano tre-quattro persone: il papà di
SISSI
Tometta a pasta molle e crosta lavata, prodotta con latte crudo di capra. Il sapore è dolce, leggermente ircino, con note intense di cantina
cod 31622 · peso 300 g circa
Manuel si occupa della stalla, la mamma dello spaccio, Manuel fa il formaggio e la sua compagna lo aiuta quando può in ambito amministrativo.
La stalla di famiglia è stata sempre dedicata alle vacche da latte, ma dal 2008 è stata convertitaper scelta di Manuel - a favore dell’allevamento della capra Saanen, nota per esser una delle migliori produttrici di latte in ambito caprino. La stalla ha dimensioni contenute, circa 140 capi, di cui un centinaio in lattazione, alimentati con fieno e cereali, in parte autoprodotti in un appezzamento di prato affittato e in parte acquistati da aziende agricole locali. I parti sono destagionalizzati così da aver sempre un po’ di latte anche nei mesi invernali.
La produzione di latte ammonta a circa 300 litri al giorno, nel picco della lattazione in tarda primavera, ed è totalmente utilizzato a crudo nel caseificio adiacente alla stalla.
Il latte viene munto due volte al giorno, stoccato in un piccolo tank refrigerato e trasformato quasi tutti i giorni a seconda del fabbisogno.
RICKI
Caciotta di capra a crosta lavata, stagionata circa 2 mesi. La pasta è compatta, il sapore dolce, con una buona acidità
cod 31620 · peso 320 g circa
VALSANA 08
Come dicevamo tutti i formaggi sono a latte crudo e crosta lavata, ve li racconto qui nel dettaglio.
La “prima donna” è Sissi, una tometta a pasta molle di 300 grammi. Si tratta di una lavorazione molto delicata a pasta cruda, fatta in piccoli lotti all’interno di una caldaia detta “culla” che permette di mantenere la delicatezza del coagulo e conferire cremosità al prodotto nel corso della maturazione. La stagionatura dura 45 giorni in un locale umido, lavando la crosta ripetutamente con una soluzione di acqua, sale e Brevibacterium Linens, un batterio che conferisce al formaggio un carattere intenso. La pasta è untuosa, leggermente occhiata e fondente; il sapore inizialmente dolce e vagamente ircino si appoggia poi a note più intense di cantina.
Poi c’è Ricki, una vera e propria caciotta di capra di circa 320 grammi, sempre a crosta lavata, ma con un’anima più decisa. La pasta è asciutta, con un’occhiatura omogenea e ben distribuita; la crosta è ruvida e asciutta. A naso si esaltano note ircine, di brodo vegetale e cantina, in bocca il formaggio è dolce, con un buon equilibrio di acidità. La sua stagionatura si aggira attorno ai 60 giorni.
E infine il grande Berni, una caciottona di circa 2 chili, sempre a latte crudo e sempre a crosta lavata. Qui dimensione e tipo di pasta, semicotta, richiedono una stagionatura superiore, che si aggira sugli 80 giorni. Certo una stagionatura ulteriore non gli farebbe certo male ma, come si sa, spesso si deve trovare l’equilibrio con la capacità di stoccaggio delle celle di maturazione del produttore, che nel caso di Manuel è piuttosto limitata. Il bouquet olfattivo regala note di resina, nocciola tostata, legno, in bocca è dolce, ben equilibrato per sapidità e acidità.
Che dire, non vedevamo l’ora di presentarvi questo progetto, rimasto in incubatrice per circa 2 anni. Il seme ha superato la fase germinale, la pianta sta crescendo e speriamo che possa dare frutto... a voi gradito!
BERNI
Caciottona di capra a latte crudo e crosta lavata, stagionata circa 80 giorni. Al palato è dolce, con note di nocciola tostata e legno
cod 31621 · peso 2,5 kg circa
CASEIFICIO
Fabris
POLENTA FRIULIANA
Polenta rustica, artigianale, ottenuta da mais coltivato da contadini della zona, disponibile in due formati, gialla e bianca
cod 30143 · polenta bianca s.v. da 800 g cod 30144 · polenta gialla s.v. da 800 g
FRICO DI PATATE
Tre versioni: tradizionale, con speck e con erbette aromatiche: la base un formaggio prodotto dal caseificio Fabris e patate lavorate dal fresco
30140 frico di patate · 30141 allo speck 30142 con erbette aromatiche · 180 g
NOVITÀ
2 minuti di lettura
NOVITÀ A CATALOGO
DOPO DUE ANNI E DIVERSE PROMESSE DI VISITA SIAMO ANDATI A TROVARE I
FRATELLI FABRIS E SIAMO TORNATI A CASA CON ALCUNE NOVITÀ INTERESSANTI
Come si dice? Chi la dura la vince! Quando i fratelli Fabris, Claudio e Roberto, mi han visto arrivare nel loro stabilimento nuovo di zecca a Bertiolo (UD) hanno guardato se il tempo prometteva tempesta. Mi aspettavano da 2 anni! Infatti ci conosciamo da molto tempo, da tantissimi anni lavoriamo insieme con le ricotte affumicate, ma non abbiamo mai avuto l’occasione di andare oltre una promessa di visita. E poi il nostro responsabile di zona, Gianni Pinzan, mi diceva da mesi che i Fabris stavano sviluppando una linea di prodotti interessanti e devo dire che non aveva torto.
Ho trovato in primis un produttore determinato e volenteroso, con una chiara volontà di valorizzazione di alcune produzioni territoriali friulane come il Frico e la Polenta.
E poi uno stabilimento ben organizzato e capace di gestire, in aree separate, sia la produzione della Polenta, sia quella del Frico prodotto in diverse varianti.
POLENTA FRIULANA
Viene prodotta attraverso una lunga cottura in grandi caldaie con mais coltivato da contadini della zona e poi abbattuta e confezionata sottovuoto in comodi panetti.
Due le referenze: una polenta bianca e una polenta gialla con una conservabilità che si
spinge oltre ai 60 giorni. Il prodotto è privo di conservanti e deve esser conservato in frigo. Sia la gialla che la bianca sono due polente rustiche, artigianali e perfette per esser grigliate o passate velocemente in padella con un po’ di burro.
FRICO DI PATATE
Come accennavo in precedenza, il frico viene prodotto in diverse varianti, per cominciare noi ne abbiamo scelte tre nel formato da 180 g. Prima di entrare nel merito delle singole ricette vorrei specificare che Fabris utilizza per questo prodotto un formaggio vaccino piuttosto giovane che si autoproduce in caseificio, così da mantenere una certa costanza nel tempo e permettere al prodotto finito di non cambiare a seconda del formaggio utilizzato. Inoltre le patate vengono lavorate dal fresco, utilizzando un prodotto coltivato da contadini della zona.
Fabris non lavora quindi con preparati, o con patate già pelate o lavate da terzi. Oltre a questi due ingredienti caratterizzanti, protagonisti della ricetta del Frico Tradizionale, vengono utilizzati speck a cubetti per il Frico allo Speck e un mix di erbe aromatiche per la versione alle erbette, che strizza l’occhio alla primavera.
Che dire di più, ora lascio a voi la valutazione del prodotto, buon divertimento!
VALSANA · 10
MACEDONIA DELL’ Orto
NON CHIAMATELA COMPOSTA:
LA MARMELLATA DI ARANCE
MARMELLATA DI ARANCE
Arance selezionate al mercato ortofrutticolo e lavorate dal fresco assieme alla buccia, privata dall’albedo. Ha una struttura ruvida e disomogenea, dolce e aromatica, ma non amara
cod 93005 vaso da 314 g
Siamo solo agli inizi del rapporto con Macedonia dell’Orto e dal cielo piovono un sacco di idee... che si tramutano in prodotti che vi presenteremo a poco a poco.
Oggi vi raccontiamo una nuova marmellata, nell’attesa che ritorni la stagione di pesche ed albicocche… e ritornino a disposizione le rispettive confetture. La nuova arrivata è una marmellata di arance, che si allinea perfettamente al livello qualitativo delle altre referenze di Mattia e Stefano.
Le arance sono rigorosamente selezionate al mercato ortofrutticolo, vengono pulite a mano in laboratorio e la buccia, privata della parte bianca che nei primi test dava una risultanza amara al prodotto finito, viene cotta insieme alla polpa. La cottura è lenta e non troppo violenta così da non deprimere l’integrità del frutto, l’aggiunta di pectina e zucchero ridotte al limite
La struttura della marmellata - per gli agrumi non si parla di composte - è ruvida, disomogenea e ancora succosa, al palato è dolce e aromatica. Lo zucchero è veramente poco percettibile e la presenza della buccia dona una bella aromaticità, senza sconfinare nell’amaro. Il formato è quello solito, da 300 grammi circa, la disponibilità è naturalmente limitata... quando la stagione delle arance buone è terminata Mattia ha smesso di produrre, come fanno gli artigiani!
CASEIFICIO
Artigiana
PIÙ PICCOLA DI COSÌ NON SI PUÒ!
VI PRESENTIAMO LA BURRATA DA 50 G
Vi è già capitato di trovarvi di fronte ad una burrata di 50 grammi? Sì avete capito bene, proprio di 50 grammi.
Questa curiosa innovazione in termini di formato ce la siamo trovata davanti l’estate scorsa, quando dopo una visita al Caseificio Artigiana a Putignano (BA) siamo stati a pranzo con il fornitore stesso e per antipasto ci è stata servita questa delizia... subito abbiamo chiesto notizie, incuriositi se il prodotto era loro, se era disponibile, se aveva una scadenza accettabile ecc... Al tempo la produzione era manuale e il prodotto non si poteva certo distribuire al di fuori di una stretta cerchia di clientela, ma oggi il processo è stato strutturato e il prodotto è disponibile su prenotazione.
Si tratta di un bon bon di pasta filata vaccina senza nodo, assomiglia ad un raviolo cinese vista la chiusura a fazzoletto, che contiene un cuore di stracciatella.
Si presta ad esser utilizzato in diversi modi, come antipasto accompagnato a una verdura sott’olio oppure a un salume, come farcitura di una pizza o di una focaccia, o come protagonista di un secondo piatto.
Il prodotto è disponibile in un solo formato, una vaschetta da 1 chilo con 20 burratine all’interno, la scadenza è di 15 giorni circa. Chiedete al vostro agente i tempi di prenotazione!
BURRATA
ARTIGIANA 50 G
Bon bon di pasta filata con un cuore di stracciatella. Disponibile in vaschetta da 1 kg che contiene 20 burrate da 50 g. Solo su prenotazione, scadenza 15 giorni
cod 24848 vaschetta da 1 kg 20 burrate x 50 g
VALSANA 11
Lievitati
CHE PASSIONE!
2 minuti di lettura
NOVITÀ A CATALOGO
DUE NOVITÀ NELLA GAMMA FOLLADOR: UN PANINO SOFFICE 100% DI GRANO DURO
E UNA FOCACCIA MOLTO VERSATILE, MORBIDA O CROCCANTE ALL’OCCORRENZA
Uno dei temi forti del 2024 sarà il panino, in tutte le sue forme. E oltre alle esplorazioni culinarie di Anna Maria Pellegrino, nella rubrica "Sandwich e Dintorni", non possiamo certo rinunciare a integrare la nostra gamma! Ci mancava un panino soffice, che non diventasse protagonista della preparazione, bensì la accompagnasse con leggerezza. Ecco a voi Tao, un panino da 100 g creato nell'ultimo anno da Antonio Follador e la sua squadra: un pane di sola semola di grano duro, ad alta idratazione, con lieviti a lenta fermentazione. Lavorato con estrema delicatezza, senza essere schiacciato, risulta leggerissimo. Dopo essere stato rigenerato in forno a 220°C per 5 minuti, va tagliato subito a metà e aperto per far uscire il vapore: si otterrà così una bella pellicola croccante all’esterno, mentre l'interno rimarrà morbido, pronto ad accogliere la farcitura. Il suo profumo preannuncia fragranza e dolcezza. Adatto non solo all’hamburger, ma anche a farciture
TAO
Panino di sola semola di grano duro, ad alta idratazione, con lieviti a lenta fermentazione
cod 95058 · peso 100 g · Ø 10-12 cm
box da 7 buste x 3 pezzi in ATP
più estive, come un classico crudo, burrata e pomodorini confit o perché no, anche a un salmone e avocado.
Per chi invece vuole maggior libertà e ha bisogno di un ingrediente che possa contemplare più utilizzi, vi presentiamo Tutta Biga Bio, una focaccia biologica fatta con il 100% di biga. Si tratta quindi di un prodotto molto alveolato e arioso, che diventa croccante in superficie dopo un passaggio in forno a 200°C per 5-6 minuti.
Trattandosi di una "lastra" di 40x30 cm potete usufruirne in mille modi: bocconcini da cicchetto; fette da toast o da club sandwich, tagliando la focaccia nel mezzo; utilizzo tal quale per servizi di catering o la vendita a banco. Si consiglia la farcitura dopo la cottura, eventualmente si può dare un colpo di calore in piastra prima del servizio. Difficilmente Tutta Biga potrà deludervi, è davvero versatile e facilissima da usare!
TUTTA BIGA BIO
Focaccia preparata con impasto di sola biga, alveolata, soffice e leggermente croccante in crosta, buona anche fredda
cod 95047 · dimensione 30x40 cm
box da 5 focacce x 600 g
Alessandro De Conto Responsabile Commerciale
VALSANA · 12
2 minuti di lettura
IL SOMMELIER
L'unione PERFETTA
ALCUNI MATRIMONI RIESCONO PARTICOLARMENTE BENE, COME QUELLO TRA VINI
BIANCHI E CAPRINI: LA CONFERMA È EVIDENTE FIN DAL PRIMO ASSAGGIO!
GOURMINO GOAT
Caprino dolce e aromatico con note di lavanda, pepe bianco e salvia, le note ircine appena percettibili cod 40729 · peso 5,5 kg circa
BEOLA DI CAPRA
Prodotto con latte crudo di capra.
Rivela al palato note di latte, nocciola, frutta matura e leggere note di capra cod 21447 · peso 5 kg circa
• Gourmino Goat - Champagne AOC
Non propongo uno Champagne da un po', e siccome per questo vino è necessario trovare sempre tempo, eccoci qui. Per questo abbinamento sceglierei una versione dove i toni ossidativi e l’intervento del legno sono marcati, vi aiuteranno a bilanciare gli aromi generosi del Gourmino Goat. I cristalli di sale presenti in pasta completeranno poi il quadro, la mineralità del vino invece servirà a smorzare i toni estremamente dolci e suadenti del formaggio.
SANTO CAPRINO
Formaggio caprino dolce, leggermente acidulo, e con sentori animali non troppo invadenti cod 20990 · peso 3 kg circa
Enrico De Conto Ufficio Acquisti
• Santo Caprino – Sylvaner Alto Adige DOC
Quando si parla di formaggi di capra l’abbinamento con i vini bianchi è quello più presente, a ragione, dico io. Il Santo Caprino è delicato, leggermente vegetale e con note ircine ben bilanciate che si ritrovano poi anche al palato. Se piantato nei luoghi corretti il Sylvaner dà vini adatti a questo abbinamento, immediati e gustosi, dove le note di zabaione, confetto e salvia inebriano il palato e fanno divertire. Non saranno poi solamente gli aromi a far vibrare le vostre papille gustative, la sapidità e l’acidità del vino favoriranno una certa salivazione!
• Beola di capra – Alsace AOC Gewurztraminer
Abbinamento gustosissimo che ci permette di esaltare al massimo gli aromi del vino e del formaggio. Se ne avete la possibilità cercatene una versione dolce con qualche anno sulle spalle, ne avrete bisogno per contrastare il carattere della Beola. Albicocca, pepe bianco e marroni canditi faranno da contorno alle note di cantina del formaggio. Attenzione poi ai ritorni amari che il vino saprà darvi, saranno una piacevole sorpresa nel bilanciare il gusto dolce della pasta.
COLTIVAZIONE E Raccolta
Lombardia
Grignan
Casaliva
Liguria
Taggiasca
Toscana
Frantoio
Leccino
Ogliarola Seggianese
Pendolino
Leccio del Corno
Sardegna
Bosana
Semidana
Nera di Oliena
Sicilia
Biancolilla
Nocellara del Belice
Nocellara Etnea
Nocellara Messinese
Tonda Iblea
Trentino Alto Adige
Casaliva
Veneto
Casaliva
Grignan Favarol
Friuli Venezia Giulia
Bianchera
Belica
Lazio
Canino
Itrana
Molise
Gentile
Campania Ravece
Stefania Marcuz
Assaggiatrice certificata di Olio Extravergine d'Oliva
IN VIAGGIO VERSO L'EXTRAVERGINE:
DALLA COLTIVAZIONE DELL'OLIVO ALLA
RACCOLTA DEI FRUTTI, PER CAPIRE COME
QUESTE FASI DEL PROCESSO PRODUTTIVO
INFLUISCONO SULL'OLIO
L'OLIVO E LA SUA DIFFUSIONE
Marche
Ascolana Tenera
Umbria
Moraiolo
Pendolino
Abruzzo
Dritta
Gentile del Chieti
Intosso
Raja
Coratina
Ogliarola Barese
Bella di Cerignola
Peranzana
Basilicata
Majatica Puglia
Calabria
Carolea
Ottobrarica
Probabilmente originario dell’Asia Minore, l’olivo è una pianta molto longeva e resistente, coltivata da millenni per la produzione di olio e di olive, nonché per scopi curativi. Oltre al bacino del Mediterraneo di cui è diventato simbolo, l’olivo trova generalmente diffusione nelle zone temperate tra il 30° ed il 45° parallelo, sia nell’emisfero settentrionale che in quello meridionale. In Italia la diffusione dell’olivo è avvenuta principalmente nel Centro-Sud, ma lo si trova praticamente in tutte le regioni (Immagine 1: Le principali cultivar diffuse in Italia) e ogni zona può vantare delle varietà (cultivar) autoctone che sono quelle che si sono adattate meglio nel tempo alle peculiari condizioni ambientali.
La pianta dell’olivo è anemofila, l’impollinazione avviene cioè grazie all’azione del vento che trasporta il polline da un albero all’altro, e non grazie agli insetti impollinatori. Il fiore dell’olivo, infatti, non produce nettare (foto 2). Alcune varietà di olivo sono autofertili, altre autosterili, motivo per cui negli uliveti si trovano solitamente più cultivar contemporaneamente. E ogni cultivar non solo presenta caratteristiche peculiari a livello di produttività, resistenza ai patogeni e alle avversità, ma dà origine anche a un olio con caratteristiche sensoriali, salutistiche e compositive uniche: da questo punto di vista, gli oli monovarietali rappresentano un’ottima espressione di tipicità poiché derivano da varietà che si sono adattate in quelle zone e avranno delle caratteristiche organolettiche ben riconoscibili.
TIPOLOGIA DI ULIVETI
Esistono principalmente tre tipologie di uliveto la cui differenza fondamentale riguarda la densità
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di piantagione, il sesto d’impianto (ossia la disposizione delle piante), l’età e le cultivar degli olivi:
• tradizionale: basse densità di impianto, solitamente con sesti irregolari, piante di cultivar autoctone e di età avanzate. Generalmente questi uliveti si trovano su terreni dalle pendenze variabili e le piante godono di buon distanziamento, il che permette loro di avere a disposizione un’area ottimale per poter reperire nel terreno le sostanze e gli elementi nutritivi di cui hanno bisogno. Questa tipologia rappresenta la prevalenza dell’olivicoltura italiana (foto titolo);
• intensivo: le piante sono di media età, le distanze tra esse vengono ridotte e il sesto d’impianto è regolare. Solitamente vengono impiegate varietà poco vigorose ma molto produttive come la spagnola Arbequina e la greca Koroneiki. Questa gestione espone le piante a maggiori attacchi da parte di insetti e malattie, e a una richiesta idrica alta, motivo per cui spesso, si rende necessario un utilizzo di fitofarmaci, antiparassitari e di irrigazione;
• superintensivo: la densità di piantagione è molto alta, le piante sono giovani e sono disposte in fila quasi a formare una siepe. Le varietà utilizzate sono le stesse degli impianti intensivi e, anche in questo caso, gli ulivi richiedono un massiccio utilizzo di fitofarmaci, antiparassitari e di irrigazione
METODI DI CONDUZIONE DELL'ULIVETO
Vi sono principalmente due metodi di conduzione: convenzionale e biologico. Le differenze principali tra i due metodi stanno nel fatto che in agricoltura biologica ci si pone come obiettivo di creare un sistema colturale sostenibile, nel massimo rispetto e salvaguardia dell’ambiente di coltivazione e delle piante. A tal proposito, non è permesso l’impiego di sostanze di sintesi per i trattamenti antiparassitari quindi è di grande importanza scegliere varietà resistenti, più rustiche, preferibilmente a polpa dura e a maturazione precoce. Solitamente la densità di piantagione è bassa in modo tale da permettere alle piante un maggior spazio per reperire nel terreno le sostanze di cui hanno bisogno.
LA RACCOLTA: IL PERIODO
Il periodo della raccolta delle olive è in corrispondenza dell’autunno/inverno quindi, nell’emisfero settentrionale tra settembre e dicembre, a volte anche a gennaio. Il periodo di maturazione varia da cultivar a cultivar e perciò l’inizio esatto della raccolta viene deciso dal produttore in base a vari fattori, come la tipologia di olio che vuole ottenere e le rese.
Il momento ottimale è quello in cui l’oliva raggiunge lo stadio dell’invaiatura, ovvero quando
da verde vira verso il color violetto. La raccolta può essere fatta, però, sia anticipatamente, quando le olive sono ancora verdi, che tardivamente quando le olive sono mature (foto 4). A seconda dello stadio di maturazione delle olive, infatti, si otterranno prodotti diversi:
• olive verdi (raccolta anticipata): in genere si effettua nei mesi di settembre/ottobre. Le olive saranno in prevalenza verdi e l’olio che si otterrà sarà di alta qualità, ricco di sostanze antiossidanti, dal fruttato verde e dai sentori vegetali. Uno spiccato piccante e amaro completeranno questo elisir. Le rese in olio sono basse, ma la qualità è alta;
• invaiatura: il colore della buccia comincia a virare verso il viola e gli oli prodotti saranno di ottima qualità, con profili organolettici simili a quelli ottenuti dalla raccolta anticipata ma tendenzialmente più equilibrati ed eleganti. In questa fase c’è un buon equilibrio tra rese in olio e qualità dello stesso;
• olive mature (raccolta tardiva): le olive raggiungono un colore viola scuro e gli oli prodotti saranno caratterizzati da un fruttato maturo con sentori prevalenti di frutta matura, erba secca, camomilla, foglia di fico e tendenzialmente poco amari e piccanti. Le rese sono un po’ più alte a scapito della qualità che invece comincia a calare.
LA RACCOLTA: LE MODALITÀ
La modalità di raccolta delle olive dipende da vari fattori tra cui la tipologia degli uliveti, i sesti d’impianto, le cultivar e lo stadio di maturazione delle olive. Le principali modalità sono:
• manuale: effettuata tramite brucatura o pettinatura. Questo tipo di raccolta salvaguarda l’integrità dei frutti ma richiede molta manodopera Generalmente è svolta negli impianti tradizionali, con olive verdi o invaiate (foto 3);
• agevolata: effettuata attraverso degli strumenti agevolatori come abbacchiatori e sferzatori e solitamente negli impianti tradizionali e con olive verdi o invaiate;
• meccanizzata: effettuata attraverso vibroscuotitori del tronco e macchine scavallatrici Impiegata soprattutto negli uliveti intensivi e superintensivi, questa modalità permette una raccolta rapida ed economica. Generalmente le olive sono mature così da permettere un più facile distacco dall’albero.
Una volta raccolte, il conferimento delle olive dovrà essere il più rapido possibile per preservare l’integrità del frutto e nel frattempo andranno stoccate al fresco e ben aerate.
Il focus
Olio Extravergine di Oliva Bioalberti
Produttore: Bioalberti, Umbria
Olive: olive di varietà Frantoio, Moraiolo, Leccino, Pendolino ottenute da circa 4000 piante di olivo distribuite su 10 ettari, raccolte a mano e molite a freddo;
Colore: verdognolo con riflessi dorati;
Sapore: mediamente fruttato; al palato si combinano intensità, raffinatezza e note mediamente piccanti: il bouquet aromatico è vasto e spazia tra la mela verde, il carciofo e l'erba fresca;
Suggerimenti: perfetto in abbinamento a piatti di carne e di legumi;
Codice: 96294 · 500 ml
VALSANA 15
PIZZA con GUANCIALE
3 minuti di lettura
PIZZA SLOW
SIAMO TORNATI A ROMA, A FAR VISITA ALLA PIZZERIA “LA GATTA MANGIONA”, TEMPIO DELLA PIZZA NAPOLETANA PREPARATA CON INGREDIENTI RICERCATI
E DI MASSIMA QUALITÀ, CON UN NUOVO SALUME PRESIDIO SLOW FOOD:
IL GUANCIALE DI SUINO NERO DEI NEBRODI
GUANCIALE DI SUINO NERO
DEI NEBRODI
Guanciale prodotto in Sicilia con carne di suini autoctoni di razza Nero dei Nebrodi, allevati allo stato semibrado e stagionato almeno un mese. La fetta si presenta con una frazione importante di grasso e un filo di magro. Al palato risulta molto scioglievole, dal sapore delicato e leggermente sapido
cod 80221 · 1,5 kg circa
Giancarlo Casa crea combinazioni inconsuete e curiose per i suoi topping, sempre con il massimo rispetto per la natura autentica della pizza. Un connubio tra tradizione e innovazione molto apprezzato, che anche noi abbiamo voluto testare, affidando di volta in volta a Giancarlo un salume Presidio Slow Food del nostro catalogo e chiedendogli di declinarlo in tre diverse proposte. Siamo partiti nello scorso numero con la Ventricina del Vastese, e in questa nuova avventura culinaria siamo scivolati più a Sud lungo lo Stivale, fino in Sicilia, dove viene prodotto il Guanciale di Suino Nero dei Nebrodi Presidio Slow Food. Con il suo sapore unico e la consistenza delicata, il Guanciale ha ispirato Giancarlo nella creazione di tre pizze, in grado di sfruttare al massimo le sue caratteristiche senza rinunciare ad abbinamenti sorprendenti.
IL SALUME PROTAGONISTA
Voliamo per un istante nel Meridione d’Italia, e spostiamoci nei boschi del Parco dei Nebrodi, la più grande area protetta della Sicilia, situata nella parte settentrionale della regione, tra le province di Messina e Palermo. Qui Luisa e Agostino Ninone allevano i loro animali, tra cui il suino Nero dei Nebrodi, pregiata razza autoctona e Presidio Slow Food. Razza rustica di grandi camminatori, capaci di riprodursi anche in ambienti difficili, in questi luoghi i Neri dei Nebrodi trovano il luogo ideale dove crescere: sono allevati allo stato semibrado, liberi di razzolare in un territorio di circa cento ettari, ricco di querceti, che offrono agli animali la possibilità di nutrirsi con ghiande, castagne e tuberi .
Il risultato sono carni con una buona marezzatura di grasso, da cui si ricava un
Guanciale dal sapore delicato e leggermente sapido, scioglievole in bocca. Tipicamente il prodotto viene gustato da solo, al naturale, su crostini di pane, oppure impiegato per la preparazione di una pasta all’amatriciana gourmet. Ma Giancarlo ce ne ha fatto scoprire la versatilità: ecco i suoi consigli.
I CONSIGLI DI GIANCARLO
Cosa ti piace di questo Guanciale?
È un prodotto estremamente diverso da altri guanciali. A renderlo unico sono la razza dei suini con cui è prodotto, molto pregiata, e il fatto che gli animali siano allevati allo stato semibrado. È una differenza netta rispetto agli altri guanciali, che si coglie nei sentori dolci che sprigiona quando viene passato in padella. E grazie al suo grasso di alta qualità è anche molto digeribile.
Come lo utilizzi?
Sia a crudo che cotto: il Guanciale è uno degli ingredienti più impiegati nella cucina romana. Se si opta per la cottura bisogna fare attenzione a proteggerlo dal calore eccessivo soprattutto nella parte finale della cottura, per evitare spiacevoli bruciature.
Come lo conservi?
Non è troppo delicato, ma richiede comunque un minimo d’attenzione nella conservazione. Perciò se lo si consuma nel giro di breve tempo basta coprire la fetta aperta e metterlo in frigo a 4-5 °C, appeso a un gancio. Se la superficie a contatto con l’aria si dovesse ossidare, basta eliminare la prima fetta. Se invece il consumo è dilatato nel tempo meglio metterlo sottovuoto.
Come lo tagli?
Sono contrario al taglio a listarelle. Piuttosto se lo si vuole cuocere è preferibile tagliarlo a fette
VALSANA · 16
Giulia Basso Giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste
piuttosto grosse, con uno spessore di circa mezzo centimetro, e poi cubettare. Un guanciale con grasso di qualità cotto ad alta temperatura diventa traslucido, l’anima dura scompare e il sapore risulta esaltato. Se usato sulla pizza dopo la cottura, si possono invece fare fette sottili.
In che stagione è più adatto?
Sicuramente si utilizza di più da novembre ad aprile, anche fino a maggio, ma a Roma il guanciale lo usiamo in tutte le stagioni.
Quali abbinamenti hai studiato e perché?
Nella “Pizza Marzolina” ho combinato il carciofo, con il suo gusto amarognolo, con il Caciocavallo e il Guanciale tagliato a velo a fine cottura: un boccone da re. Nella “Pizza Amatriciana Più” andiamo su un classico rivisitato: oltre al Fiordilatte e al pomodoro si aggiunge del Pecorino e una miscela di pepe e peperoncino. Infine la “Pizza Ortolana di fine inverno”, che prende spunto da una zuppa invernale che si fa soprattutto in Toscana, con la zucca, il cavolo nero e le patate.
Uno dei precursori della pizza gourmet: Giancarlo Casa, chef della pizzeria “La Gatta Mangiona” a Roma
Pizza Marzolina
Ingredienti: Caciocavallo Irpino Fresco 100 g (1,65 €); Carciofotto
Fratepietro 2 pezzi (1,07 €); Guanciale di suino nero dei Nebrodi 50 g, in veli sottili post cottura (0,90€)
Food Cost pizza: 3,62 € + costo impasto
Le note dello chef: “Mi piace l’abbinamento tra il sapore amarognolo del carciofo, il gusto dolce del guanciale e quello intenso del Caciocavallo. È una pizza perfetta per questa stagione, perciò ho deciso di chiamarla Marzolina.”
Pizza Amatriciana Più
Ingredienti: Fiordilatte Pizzeria Latteria del Molise 70 g (0,66€); Pomodoro pelato Napoli Casa Marrazzo 80 g (0,19€); Guanciale di suino nero dei Nebrodi, cubetti 80 g (1,45€); Pecorino Romano DOP 30 g (0,58€); Pepe e Peperoncino q.b. (0,10 €)
Food Cost pizza: 2,97 € + costo impasto
Le note dello chef: “Qui siamo davanti a un grande classico, che prende spunto dal sugo all’amatriciana e lo declina in una versione pensata per la pizza, con la particolarità di impiegare un mix di pepe e peperoncino, per un gusto ancor più deciso”.
Pizza Ortolana di fine inverno
Ingredienti: Zucca Crema DelSanto 100 g (0,84€); Cavolo Nero 1 piccolo (0,57€); Patate a julienne 150 g (0,11€); Guanciale di suino nero dei Nebrodi, fette sottili 70 g (1,27€); Fiordilatte Pizzeria Latteria del Molise 80 g (0,75€)
Food Cost pizza: 3,54 € + costo impasto
Le note dello chef: “Questa pizza prende spunto da una zuppa toscana e ho voluto presentarla allo stesso modo, mescolando gli ingredienti sulla superficie della pizza e cuocendoli tutti assieme, per un effetto “zuppa”.
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IL MENU DELLE PIZZE
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INTOLLERANZA ALLERGIA ?
Giorgia Barbaresco
Responsabile Qualità
CHE INTOLLERANZA?
Intolleranze alimentari enzimatiche: incapacità di metabolizzare alcune componenti dei prodotti alimentari, ad esempio il lattosio contenuto nel latte.
Intolleranze alimentari per presenza di sostanze ad attività farmacologica: possono essere presenti nell’alimento: ad esempio la caffeina o l'alcol etilico; anche gli additivi alimentari (esaltatori di sapidità, dolcificanti, conservanti ecc.) possono essere coinvolti; oppure possono essere prodotte dall'intestino a partire dall'alimento stesso (es: istamina e tiramina)
3 minuti di lettura
LEGGI CIÒ CHE MANGI
CONTINUIAMO IL NOSTRO APPROFONDIMENTO SULL'ETICHETTATURA DEGLI
ALIMENTI, CON UN FOCUS DEDICATO AGLI ALLERGENI
“Allergie e intolleranze alimentari sono fenomeni in drastico aumento, si registra un’ascesa dei casi soprattutto in età infantile. Secondo dati Istat il 12,7% della popolazione italiana soffre di intolleranze o allergie”
Passi in avanti sono stati fatti in tutto il settore alimentare, soprattutto perché la normativa ne ha resa obbligatoria la dichiarazione, tuttavia vi sono ancora alcune lacune normative che, a mio avviso, non riescono a tutelare il consumatore.
Il Reg. UE 1169/2011 prevede l’obbligo di indicare tutti gli ingredienti allergenici mettendoli in evidenza rispetto al resto degli ingredienti presenti nell’elenco dell’allegato II, ma non regolamenta l’informazione nel caso di un’eventuale contaminazione. Le aziende non sono obbligate a indicare in etichetta la potenziale presenza di tracce di allergeni (con l’utilizzo della dicitura “può contenere...”), anche se fortunatamente molti produttori lo fanno.
ALLERGIA O INTOLLERANZA ALIMENTARE ?
L'allergia è una reazione immediata del sistema immunitario nei confronti di particolari proteine (allergeni) che l’organismo considera estranee.
L'intolleranza è invece una reazione avversa dell'organismo verso determinati cibi. A differenza delle allergie alimentari, questa reazione non dipende dall'attivazione anomala del sistema immunitario con i suoi anticorpi e si manifesta gradualmente e proporzionalmente alla quantità dell'alimento che viene ingerita (quasi come se l'organismo si "intossicasse").
Le intolleranze alimentari possono causare vari VALSANA · 18
disturbi, soprattutto a livello gastrointestinale, dermatologico o respiratorio. A differenza delle allergie, i sintomi non si manifestano violentemente subito dopo l'ingestione degli alimenti, ma possono insorgere col tempo.
SINTOMI
I sintomi delle Intolleranze alimentari possono essere vari: gonfiore addominale, flatulenza, afte, inappetenza o appetito eccessivo, nausea, stipsi o diarrea e digestione prolungata o difficile, ritenzione idrica, improvvisi cambiamenti di peso, iperacidità, gastrite, sindrome dell'intestino irritabile o colite, raffreddori e altre infezioni ricorrenti delle vie aeree, dermatiti, orticaria, acne e altre eruzioni cutanee, capogiri, mal di testa, sonnolenza, stanchezza cronica, ansia, insonnia e forme lievi di depressione.
Gli allergeni devono essere riportati e messi in evidenza in etichetta, nel libro ingredienti o nel menu
I sintomi delle allergie alimentari sono invece specifici: gonfiore delle labbra e/o della lingua, orticaria, prurito e arrossamento della cute con complicazioni anche più gravi come problemi respiratori, cardiorespiratori o shock anafilattico.
L’individuo allergico deve limitare il più possibile i contatti con l’alimento verso cui si è sensibilizzato perché sono sufficienti dosi minime di allergene per scatenare le allergie.
o
Le persone intolleranti invece, possono assumere piccole quantità dell’alimento incriminato senza sviluppare sintomi ad eccezione degli individui intolleranti al glutine (celiaci) e al solfito.
QUALI SONO GLI ALLERGENI ?
Le sostanze che provocano allergia possono essere molte, tuttavia il legislatore ha individuato una lista di 14 allergeni che obbligatoriamente devono essere messi in evidenza se contenuti come ingrediente nell’alimento:
• Cereali contenenti glutine (grano, orzo, segale, avena, farro, kamut o i loro ceppi ibridati)
• Crostacei e derivati
• Uova e derivati
• Pesce e derivati
• Arachidi e derivati
• Soia e derivati
• Latte e derivati
• Frutta con guscio (mandorle, nocciole, noci, anacardi, pistacchi)
• Sedano e derivati
• Senape e derivati
• Sesamo e derivati
• Anidride solforosa e solfiti in concentrazione superiore a 10 mg/kg o mg/l
• Lupini e derivati
• Molluschi e derivati
COME DEVONO ESSERE INDICATI ?
Per evitare sanzioni, come devono essere comunicati gli allergeni ai clienti? Le modalità possono essere differenti in base a come l’alimento arriva al consumatore:
• alimenti venduti nelle confezioni originali: gli allergeni sono riportati sull’etichetta e messi in evidenza rispetto agli altri ingredienti (es. in grassetto, sottolineati, scritti in maiuscolo, evidenziati, ecc); il cliente può quindi leggere l’etichetta ed effettuare una scelta consapevole;
• alimenti venduti sfusi, ad esempio in gastronomia, macelleria, panificio, formaggeria: in questo caso deve essere messo a disposizione del cliente il libro degli ingredienti con gli allergeni in evidenza;
• alimenti somministrati, che vengono consumati direttamente in struttura: è necessario comunicarli nel menù per ciascuna pietanza, oppure indicati in cartelli messi accanto alla pietanza.
SENZA GLUTINE
Finora abbiamo visto i casi in cui gli allergeni devono essere indicati, ma sono regolamentati anche alcuni casi per indicare quando un alimento è privo di allergeni specifici.
Quando in etichetta non c’è il glutine né tra gli ingredienti né con la dicitura “può contenere...”, non è possibile dire con certezza che è assente e non è il caso di consumarlo se si soffre di celiachia. La dicitura in etichetta è volontaria quindi l’assenza di riferimenti al glutine tra gli ingredienti non garantisce con assoluta certezza la sicurezza dell’alimento.
Il Reg. UE 828/2014 consente tuttavia alle aziende di riportare la dicitura “senza glutine” in etichetta se vi è assenza di ingredienti contenenti glutine e garanzia del processo produttivo entro limiti dei 20 mg/kg o ppm.
Per essere certi che l'alimento sia privo di glutine deve esserci almeno una di queste condizioni:
• dicitura "senza glutine"
• logo della spiga barrata
• indicazione del prodotto nel prontuario AIC (Associazione Italiana Celiachia).
SENZA LATTOSIO
Le regole per l’uso delle dichiarazioni riguardanti l’assenza, o la ridotta presenza, di lattosio negli alimenti non sono attualmente armonizzate a livello dell’Unione Europea.
In attesa che a livello comunitario venga emanata una norma, il Ministero della Salute si è così espresso (vedi sito del Ministero della Salute):
In figura:
i 14 allergeni che devono essere obbligatoriamente indicati in etichetta
L'indicazione "senza lattosio" può essere impiegata per latti e prodotti lattiero-caseari con un residuo di lattosio inferiore a 0,1 g per 100 g o 100 ml. I prodotti con tale indicazione devono riportare l’indicazione “meno di ..”. La soglia indicata deve risultare comunque inferiore a 0,1 g per 100 g o 100 ml
Per fornire un'informazione precisa ai consumatori va riportata in etichetta anche una indicazione del tipo “Il prodotto contiene glucosio e galattosio in conseguenza della scissione del lattosio”.
L’Associazione Italiana Latto Intolleranti (AILI) ritiene tuttavia che un prodotto sia senza lattosio se contiene nella sua composizione una quantità di lattosio inferiore allo 0,01% ossia < 0.01 g / 100 g.
SALSA DI NOCI
Condimento tipico ligure con noci e aglio italiano
cod 93445 · vaso da 90 g
VALSANA · 19
GLUTINE SESAMO FRUTTA A GUSCIO CROSTACEI UOVA
PESCE SENAPE LATTICINI SEDANO ARACHIDI
SOIA MOLLUSCHI LUPINI SOLFITI
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la FAVA
ABBINAMENTI DI STAGIONE
Giacomo Chinellato
Commerciale Italia
SPICCA PER DOLCEZZA E HA UNA CONSISTENZA TENERA E LEGGERMENTE FARINOSA:
LA FAVA È UNO DEI LEGUMI DI PIÙ ANTICA TRADIZIONE E CONSUMO ALL’INTERNO DELL’AREA MEDITERRANEA
Avete mai provato a pensare a com’è cambiato il rapporto con il cibo negli ultimi decenni?
Viviamo in un’epoca in cui l’esagerazione è la normalità, in cui quello che naturalmente si ha non basta e “quel più” che si vuole è facilmente reperibile sul mercato.
La globalizzazione ha sicuramente aperto a nuovi orizzonti culinari, mettendoci in contatto con culture gastronomiche lontane dalle nostre, ha reso disponibili un gran numero di alimenti tutto l’anno permettendoci di ampliare il nostro palato e di sperimentare sapori nuovi e intriganti. Ma siamo sicuri
Limone
che tutti sappiano cosa ci sia dietro al kg di pomodori acquistati dal fruttivendolo o all’etto di prosciutto crudo mangiato in enoteca?
Ovviamente ogni cosa ha un costo e non possiamo dimenticarci come il prodotto arriva sulla nostra tavola e che impatto un’agricoltura o un allevamento intensivo hanno per rispondere alla domanda globale
Non demonizziamo la globalizzazione e non soffermiamoci solo ai prodotti locali, facciamo in modo che la maggior parte degli acquisti o degli alimenti che serviamo rendano consapevole il consumatore di ciò che sta mangiando e ricominciamo a dare la giusta importanza ai prodotti di stagione, così come stiamo facendo in queste righe.
Triglia
Baccalà
Bottarga
Pesce spada
Taleggio
Pecorino giovane
La fava è uno dei legumi di più antica tradizione e consumo all’interno dell’area mediterranea, appartenente alla famiglia delle Fabaceae
Legume nativo del vicino Oriente e reso noto in Occidente tramite i Greci e l’Impero Romano, ha trovato nel Centro e Sud Italia un terreno fertile per la sua coltivazione.
Il seme, la parte commestibile, è protetta da un baccello di colore verde brillante e dalla forma leggermente curva. Spiccano per dolcezza e hanno una consistenza tenera e leggermente farinosa.
Incredibilmente duttili in cucina, si prestano a svariate preparazioni e a diverse modalità di cottura.
iggamroF Pesce
Salumi Vegetali
Guanciale Speck Pomodori
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Caprino
VALSANA
Pancetta
Carciofi
FAVA
CASTELROSSO
31041 · 3 kg circa
CHORIZO 100% IBÉRICO BELLOTA 79270 · 1 kg
Crostone con Patè di seppie e gamberetti, Pom Up e fave
Se c’è chi fa merenda con pane, fave e pecorino, perché non fare un aperitivo con Patè di seppie e gamberetti, fave e Pom Up? Il pane croccante stuzzica la mente, il resto le papille gustative. Un morso che racchiude la dolcezza delle fave, l’acidità dei Pom Up e la sapidità del patè. Divertitevi ad abbinarci una buona bollicina e buon aperitivo!
Cannelloni ripieni di patate, salsa di fave, Castelrosso e Chorizo
Un primo piatto colorato e intrigante, che nasconde delicati contrasti. Il ripieno della pasta ha un gusto tendenzialmente neutro, la patata viene aromatizzata con un po’ di maggiorana e scorza di limone in modo da lasciare spazio alla salsa di fave e alla fonduta di Castelrosso La dolcezza della prima verrà sorretta dalla sapidità e dalla leggera acidità della seconda, infine una dadolata di Chorizo 100% Ibérico Bellota leggermente saltato in padella donerà colore, profumo ed equilibrio al boccone.
PATÈ DI SEPPIE
95997 · 75 g
POM UP
93628 · 210 g
BOTTARGA DI MUGGINE
Spaghetti con salsa di fave e Bottarga
Abbinare i legumi con i cereali è un grande classico della nostra tradizione, oltre che essere un abbinamento molto salutare. Proponiamo così un altro primo piatto, questa volta abbinato alla Bottarga di Muggine di Cabras. Lo spaghetto viene mantecato in una crema di fave e scorza di limone, la parte agrumata sorride alla pioggia di bottarga con cui andiamo a terminare il piatto. Anche qui un bel contrasto tra sapidità e dolcezza Buon appetito!
VALSANA 21
ITALIA-FRANCIA croste fiorite
Mauro Gava
Maestro Assaggiatore ONAF
Treviso, Belluno e FVG
4 minuti di lettura
ANALISI SENSORIALE
QUEST’ANNO ABBIAMO PROPOSTO AI NOSTRI AMICI DELL’ONAF UNA NUOVA SFIDA:
UN CONFRONTO SENSORIALE ITALIA-FRANCIA TRA FORMAGGI DI DIVERSE TIPOLOGIE.
OGGI IL SET È TRA CAMEMBERT AOP E CANDIDUM DI EGGEMOA
Prosegue la nostra sfida sensoriale con i cugini d’Oltralpe. Questa volta abbiamo scelto:
• due formaggi a crosta fiorita
• entrambi prodotti con latte vaccino crudo da vacche allevate al pascolo
• entrambi a pasta molle, con la tendenza a proteolizzare nel sottocrosta al progredire della maturazione.
Ma le analogie si fermano qui. Al naso e al palato scopriamo due formaggi del tutto diversi. Come di consueto abbiamo chiesto a Mauro Gava, assieme ai suoi colleghi dell’ONAF di Treviso, Belluno e Friuli Venezia Giulia, di guidarci nella degustazione: di seguito le note di degustazione, e nella pagina di fianco il profilo sensoriale di entrambi.
C’È FELTRO E FELTRO
Il formaggio Candidum Eggemoa si distingue per una crosta fiorita con un feltro uniforme, spesso e bianco, e una forma cilindrica regolare. Nel Camembert de Normandie AOP invece il feltro è più sottile e irregolare e lascia emergere la crosta sottostante di un chiaro color ocra, caratteristica tipica di questo formaggio.
DOLCEZZA VS. INTENSITÀ
All’assaggio si notano subito differenze sostanziali tra i due formaggi, il Candidum presenta note delicate di panna fresca e funghi champignon in equilibrio con i sapori dolci e delicati di questo formaggio, mentre il Camembert sicuramente più deciso e complesso in cui prevalgono aromi di verdura lessa come il cavolfiore, di funghi porcini, di tartufo, note di frutta secca, e una leggera nota animale. Completa il profilo di questo formaggio una bella sapidità in equilibrio con una delicata dolcezza.
A OGNUNO LA SUA CROSTA FIORITA
Sicuramente il Camembert spicca per il suo profilo aromatico e complesso adatto a chi cerca un formaggio dai gusti intensi e decisi. Il Candidum invece col suo profilo aromatico e delicato esalta sicuramente la materia prima con cui il formaggio è prodotto: il latte.
VALSANA 22
Prodotto da Michael Steiner nel Maso Eggemoa a Selva dei Molini (BZ) con latte vaccino crudo da bovine di razza bruna, allevate nella stessa azienda agricola. Maturazione: 3 settimane circa
Forma cilindrica irregolare. Facce piane irregolari. Scalzo convesso irregolare. Crosta fiorita, con feltro spesso, pulito, di colore bianco uniforme, carico, con l’impronta della stuoia, griglia o stampo
Colore della pasta giallo paglierino uniforme, scarico. Sottocrosta sottile. Occhiatura irregolare, media, uniforme, diffusa. Struttura molle, umida, elastica, liscia, leggermente proteolizzata
Odori: vegetale, funghi freschi, sottobosco; lattico, latte fresco, panna; ammoniaca. Sapori: dolce medio, acido medio-basso, salato medio-basso, amaro non percettibile, umami non percettibile.
Aromi: vegetale, funghi freschi, sottobosco; lattico, latte fresco, panna, yogurt; ammoniaca. Sensazioni trigeminali: assente. Struttura elastica media, solubile media.
Persistenza gustativa medio-bassa.
ASPETTO
ESTERNO ASPETTO INTERNO ESAME
OLFATTIVO
Uno dei più famosi formaggi francesi, prodotto in Normandia con latte vaccino crudo, rigorosamente “moulé a la louche”: la cagliata viene estratta a mano con il mestolo. Maturazione: 20 giorni
Forma cilindrica irregolare. Facce piane irregolari. Scalzo diritto irregolare. Crosta fiorita, rugosa, di colore bianco non uniforme, scarico
Colore della pasta giallo paglierino uniforme, scarico. Sottocrosta medio. Occhiatura irregolare, medio-piccola, uniforme, diffusa. Struttura cremosa, molle, umida, deformabile
Odori: vegetale, verdura lessa, cavolfiore, funghi, sottobosco; animale, mandria, stalla; ammoniaca. Sapori: dolce medio, acido medio, salato medio, amaro medio-basso, umami basso. Aromi: vegetale medio-elevato, verdura lessa, cavolfiore; funghi, sottobosco; animale, mandria, stalla; vegetale, funghi, tartufi. Sensazioni trigeminali: assente. Struttura solubile, umida. Persistenza gustativa medio-elevata.
EGGEMOA
·
g circa
AOP LA PETITE NORMANDE
CANDIDUM
cod 31600 · peso 280 g circa cod 44056
peso 250
CAMEMBERT
GUSTATIVO TATTILE 0 10 Animale Erbaceo Tostato Fruttato Vegetale Lattico Minerale Dolce Salato Acido Amaro Umami Consistenza
5
CHRISTOPHE Fromager
3 minuti di lettura
STORIE DI FROMAGER
UNA SPECIALE SELEZIONE DI EMMENTALER AOP RISERVA, RACCONTATO ATTRAVERSO
L'ESPERIENZA E GLI OCCHI DEL FROMAGER CHRISTOPHE GONZALES
" Ho una grande ammirazione per questo formaggio. È innanzitutto il formaggio più grande del mondo! Ha un aspetto molto particolare, così come è particolare la sua stagionatura nelle cantine calde"
Christophe Gonzales Christophe Fromager
Stagionatura rara, quasi irriconoscibile al naso, ma che non può ingannare l’occhio. Parliamo di un colosso affinato da Gourmino in Svizzera: l’Emmentaler AOP Riserva
Dovessi fare un paragone per dare una proporzione direi che nella mia vita ho avuto molte più occasioni di mangiare un Parmigiano Reggiano DOP di qualità che di Emmentaler
DOP. Siamo onesti, siamo tutti cresciuti a blocchetti sottovuoto se non in casi eccezionali. Che va benissimo eh, però persino al ristorante è raro trovare una pietanza con specificato l’uso di un Emmentaler selezionato, come una riserva a esempio.
Questo formaggio si porta dietro un’eredità spesso bistrattata, resa meno nobile rispetto quello che potrebbe esprimere. In questo approfondimento, con l’aiuto del nostro Fromager Christophe, proviamo a raccontarvi le potenzialità di questo formaggio ancestrale.
Ci racconti in breve la tua formazione e l'apertura della fromagerie?
Mi chiamo Christophe Gonzales, sono crémier fromager (venditore di latticini freschi e formaggi) dal 2010. Ho iniziato la mia carriera a Londra da Androuet poi ho lavorato da Fermier a Tokyo, da Jean d’Alos a Bordeaux, a Parigi da Laurent Dubois dove ho potuto partecipare al Campionato del Mondo dei casari raggiungendo il 2° posto. Dal 2017 sono tornato a casa mia, a Bayonne, dove ho aperto due negozi. Con l'arrivo dei social networks, mi sono formato per imparare l’arte dei video e della fotografia così da alimentare le mie pagine che oggi contano complessivamente più di 150mila follower
Quali sono i punti di forza dei tuoi negozi?
I negozi sono stati concepiti come un compendio di tutte le mie migliori esperienze in giro per il mondo. Ho progettato delle vetrine su misura con degli artigiani locali, al fine di avere una scenografia e una disposizione dei formaggi il più ottimale possibile. Le mie vetrine sono chiuse e l'allestimento così come la sistemazione quotidiana mi richiedono meno di 5 minuti. Dopo aver passato anni a fare allestimenti mattina e sera di diverse ore, volevo ottimizzare questo processo.
Qual è la tua visione sul mondo del formaggio?
La mia visione del formaggio oggi è quella di un prodotto "resiliente". Facendo riferimento alle tendenze salutistiche, come vegani e vegetariani, o sul benessere, una certa frangia della popolazione punta il dito contro i nostri prodotti. È una tendenza che dobbiamo affrontare a testa alta, mettendo in evidenza la bellezza, la storia di ogni prodotto e di ogni produttore. Che sia nelle vetrine, nelle foto o nei piatti, è essenziale valorizzare il formaggio presentandolo sotto il suo aspetto più bello!
Quali consigli daresti a un giovane collega fromager?
Prendersi del tempo. Ci ho messo 8 anni prima di mettermi in proprio mentre molti vogliono subito aprire un negozio. Prendersi del tempo per vedere cosa si fa in una stagione intera, osservare la stagionatura dei formaggi, vedere le irregolarità, confrontarsi con ogni tipo di clientela e comprendere l'universo dei formaggi che ci circonda. Si impara ogni giorno, e come dice un vecchio amico giapponese (incontrato, tra l'altro, nella mia fromagerie a Londra): “Chi va piano, va sano e va lontano!”.
VALSANA · 24
Matteo De Santi Export Manager
IL FORMAGGIO EMMENTALER AOP RÉSERVE EMMENTALER AOP RÉSERVE
L’Emmentaler DOP prende il nome dalla zona di produzione, nella Valle Emme. Viene prodotto esclusivamente con latte crudo proveniente dall’area geografica Svizzera autorizzata. Attenzione però a non confonderlo con l’Emmentaler IGP francese della Savoia!
Il latte di quello svizzero viene prodotto da animali alimentati senza l’uso di insilati OGM e lavorato entro ventiquattr'ore dalla munta, in calderoni di rame.
Dopo la produzione, passati 4 mesi di stagionatura in celle calde le cui temperature vanno da 19 ai 24 °C e umidità tra 70 e 90%, con l'approvazione del consorzio la forma di Emmentaler riceve la nomenclatura “Classico”. Se poi stagionato ulteriormente in celle o cantine a temperatura più bassa, al compimento dell’ottavo mese può essere denominato "Maturo" o "Riserva". Esiste poi anche la versione "di grotta" che identifica quelle forme stagionate almeno 12 mesi di cui almeno 6 mesi in grotta. Questa selezione Réserve dell’affinatore svizzero Gourmino ha 15 mesi di perfezionamento. La crosta da giallo paglierino diventa color bruno scuro a causa della "patina" che si forma dopo la spazzolatura delle muffe che sorgono durante l'affinamento in ambienti naturali. La parte acidula e la consistenza elastica delle versioni più giovani, lasciano il posto a una pasta più simile al Comté, untuosa e di color nocciola. Il profilo aromatico è tutta un'altra storia: frutta secca con note complesse di tropicale, cantina e con richiami erbacei
I CONSIGLI DEL FROMAGER
• Conservazione: "quando lo ricevo lo taglio in fette da circa 2 kg che poi avvolgo direttamente nella carta cerata che permette al formaggio di non seccarsi, senza trasferire alcun gusto alla pasta. Per conservarlo ancora meglio, metto ogni punta di formaggio sottovuoto in modo da poterlo conservare fino anche oltre 3 mesi."
• Servizio: "il quarto di 15 kg lo taglio in 8 fette. Ne metto sette sottovuoto, e una punta in vendita, che taglio man mano che serve."
• Abbinamenti: "ideale con un vino bianco, leggermente secco con note legnose, e accompagnato da alcuni pinoli; oppure degustato in piccoli cubetti da intingere in una salsa di soia dolce o un miele all'aglio nero."
• Ricette: "Croque Monsieur con prosciutto e Emmentaler, besciamella ed Emmentaler grattugiato sopra! Mia moglie è russa e mi ha fatto scoprire un'altra ricetta incredibile: Emmentaler grattugiato, polpa di granchio, maionese e aglio in polvere. Una sorta di "dip" di formaggi per delle crudité o su del pane."
Il "re dei formaggi svizzeri", con oltre 15 mesi di stagionatura. Il sapore è intenso e profumato, con note di frutta secca e nocciola cod 40727 · spicchio da 8 kg circa
Bresaola INEDITA
CONSIGLI DI GESTIONE
Va consumata nel più breve tempo possibile, per evitare che perda in freschezza.
Il prodotto si presenta al taglio con un colore uniforme e rosso brillante. Può presentare una leggera marezzatura sotto forma di lievi striature di grasso.
Quale taglio?
Si prestano alla lavorazione della bresaola: punta d’anca, magatello, fesa, sotto fesa e sottosso
3 minuti di lettura
IN-FORMAZIONE
QUANDO LA “LEGGEREZZA” DELLA BRESAOLA NON È PER NULLA SUPERFICIALE: SEI PRODOTTI CON UNA FORTE PERSONALITA’ TUTTI DA SCOPRIRE!
Il primo sole, le giornate che si allungano, la natura che si risveglia in tutto il suo splendore. Non è venuta anche a voi la voglia di un bel pranzo all’aperto? A me decisamente sì, per questo oggi ho deciso di raccontarvi qualcosa in più sulla bresaola, protagonista indiscussa di sfiziosi piatti primaverili.
La bresaola è nata in montagna: nelle vallate alpine si iniziò a conservare la carne, rigorosamente di vitello, salandola con un mix di sale, spezie e aromi naturali. Nel corso dei secoli la sua tecnica di produzione si è sempre di più perfezionata, arrivando ad ottenere il prodotto che oggi tutti conosciamo.
Ma come scelgo la mia bresaola? Vari sono i fattori da considerare, il taglio di carne utilizzato e la dimensione stessa del pezzo, la concia e l’utilizzo o meno di un budello.
I tagli di carne bovina più pregiati, nella produzione della bresaola, sono tre: punta d’anca, sottofesa e magatello (o girello). Quando si parla di punta d’anca ci stiamo riferendo alla parte alta nella coscia del manzo, è un taglio tra i migliori per qualità e sapore, caratterizzato da una carne magra ed un’estrema tenerezza.
Per una bresaola più saporita viene utilizzata la sottofesa di bovino. Uno dei tagli più grandi, ricavato dal quarto posteriore dell’animale. Infine abbiamo le bresaole di magatello, un taglio magro dal quale si ottiene una bresaola di dimensioni più ridotte, particolarmente morbida e delicatamente speziata.
BRESAOLA DI CARNE FRESCA PUNTA D’ANCA
Sapore: speziatura poco invadente, in bocca risulta ben bilanciata nei sapori e succosa.
Produzione: da carne selezionata di origine francese, animali allevati allo stato semibrado. Viene utilizzato un budello a rete che gli fornisce la classica forma cilindrica regolare. Curiosità: si tratta della bresaola più apprezzata nel nostro assortimento, la troviamo sul podio sia per il dettaglio che la ristorazione.
BRESAOLA PUNTA D’ANCA PREMIUM 1/2
Sapore: delicato, molto fine e dolce, priva di sentori ferrosi. Produzione: il salumificio Cirla, una piccola realtà lombarda con la quale abbiamo iniziato una collaborazione da un anno, presta particolare attenzione alla selezione della materia prima e utilizza un budello a rete a trama fitta. Curiosità: un periodo di stagionatura più lungo della media dona un prodotto molto equilibrato e di un bel colore rosso rubino.
BRESAOLA LA GRANDE FASSONA PIEMONTESE
Sapore: la fetta si presenta di un colore rosso vivo, il sapore è dolce con una speziatura leggera e non invadente. Produzione: carne di origine Italiana, animali di razza Piemontese selezionati da CO.AL.VI., allevati e macellati su suolo italiano. Curiosità: prodotto molto apprezzato dalle gastronomie.
BRESAOLA RUSTICA INTERA SV
Sapore: prodotto ben bilanciato, la sua forma dall’estremità allungate ci farà assaporare un prodotto che cambia d’intensità mano a mano che viene tagliato. Produzione: si presenta con un’originale forma a pera allungata dovuta alla gravità, una forma inusuale dovuta all’innovativo metodo di stagionatura senza insacco. Curiosità: bresaola dalle dimensioni importanti molto apprezzata dalle gastronomie specializzate.
Francesca Marini Commerciale Italia
VALSANA 26
ORIGINE MATERIA PRIMA
BRESAOLA LA GRANDE FASSONA PIEMONTESE cod 82022 · peso 3 kg circa
BRESAOLA PUNTA D’ANCA PREMIUM cod 82250 · peso 3,5 kg circa
BRESAOLA DELLA VALTELLINA IGP ORO intera · 82015 · peso 3 kg circa metà · 82016 · peso 1,7 kg circa
BRESAOLA RUSTICA INTERA SV cod 82251 · peso 5 kg circa
BRESAOLA DI CARNE FRESCA
PUNTA D’ANCA cod 82001 · peso 3 kg circa
BRESAOLA cod 82002 · peso 2 kg circa
Prodotto da CIRLA per CO.AL.VI.
Erba (CO)
CIRLA SALUMIFICIO CASTAGNA
Erba (CO)
Origine Italia
razza Piemontese selezionata da CO.AL.VI
LAZZERI
Semogo (SO)
Origine Francia razza Blonde d’Aquitane
Budello a rete
35 giorni
CIRLA
Erba (CO)
Origine UE
Budello a rete
giorni
(SO)
Origine Francia razza Blonde d’Aquitane
Budello in collagene naturale
PAGANONI
Chiuro (SO)
Origine Francia
Assente
Origine UE e EXTRA UE
Budello in collagene bovino
Budello in collagene bovino
35 giorni
PRODOTTO PREZZO AL CHILO PRODUTTORE BUDELLO
SALUMIFICIO CASTAGNA
PAGANONI Chiuro
56
28 giorni 42 giorni 28
€ € € € € € € € € € STAGIONATURA
giorni
€ € € €
IL PARMESAN... l’originale !
Danilo Gasparini
Docente di Storia e Cultura del Cibo all’Università degli Studi di Padova
4 minuti di lettura
STORIA O LEGGENDA ?
IL PROF. GASPARINI CI RICORDA CHE LA GASTRONOMIA NON HA UNA BANDIERA, IL CIBO HA SEMPRE VIAGGIATO TRA CONQUISTE E MIGRAZIONI: UN INASPETTATO
PUNTO DI VISTA SUL “PARMESAN”, E ANCHE SULLA RELAZIONE PADANO-REGGIANO
Nella narrazione che sostiene ogni campagna di promozione di un prodotto, o di un piatto, vengono usati spesso l’aggettivo “originale” e il sostantivo “origine”, soprattutto nelle decine di DOP o DOCG, dove la O richiama in modo inequivocabile un passato che è arrivato intatto fino ai giorni nostri. E più questa origine affonda “nella notte dei tempi” più il prodotto acquista valore. Allora il mito delle origini largheggia e imperversa dimenticando, come ci ricorda il grande storico francese Marc Boloch, che anche la quercia in origine era una ghianda ma che tale sarebbe rimasta se non avesse trovato il terreno, l’ambiente per diventare quercia.
Detto questo proponiamo in questa puntata, dedicata ancora al formaggio, una sorta di percorso all’indietro per una delle DOP più celebrata e difesa, è proprio il caso di dirlo, con i denti: il Parmigiano Reggiano, DOP dal 1996. Una storia millenaria con un influencer d’eccezione: Giovanni Boccaccio che nel descrivere il paese del Bengodi parla di una “montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato”.
Lasciamo stare, come si legge nel sito, monaci benedettini e cistercensi. Insomma, diciamo che il formaggio di Parma godeva di una forte reputazione non solo in Italia ma anche in Europa. Ma se cerchiamo di capire come era fatto questo formaggio, quanto se ne produceva, quante forme e che peso avevano… ben poco ci dicono le fonti.
GRANA, PARMIGIANO... O PIASENTIN ?
Le fonti ci dicono invece che dal ‘400 al ‘700 i nostri mercati veneti erano inondati di Piasentin, il formaggio più costoso, che richiama un’area di produzione ben precisa tra Lodi e Piacenza, insomma il grana per eccellenza. Del formaggio di Parma nessuna traccia! Sullo sfondo una gravissima crisi dell’allevamento nel parmense che durerà fino agli inizi del XX secolo. Per almeno 150 anni non si parla di Parmigiano Reggiano!
Un agronomo carinziano, Johann Burger, nel 1828 stila un dettagliato rapporto sull’Agricoltura del Lombardo Veneto, e racconta molto su come si fa il Parmigiano. Conclude: “Persuaso sono, contro l’opinione de’ Lombardi, che non sia impossibile di fabbricare anche in Germania del formaggio parmigiano”… figuriamoci in America aggiungiamo noi.
A proposito di origine e di DOP.
Se parliamo poi di razze bovine, di pascoli, di foraggi perlomeno dovremmo accettare che il Parmigiano del Settecento e dell’Ottocento, fosse ben diverso dal Parmigiano che si produce oggi. Insomma, la Frisona produce il doppio di latte che riesce a produrre una vacca di razza italiana. Il recupero della vecchia razza, la Rossa Reggiana, è una faccenda recente e anche qui la narrazione è infarcita di fantasiose origini… ci sono sempre i monaci, state tranquilli!
VALSANA · 28
LE FORME DI UN TEMPO
Ma quanto era diverso il Parmigiano Reggiano di allora rispetto a quello di oggi? Intanto il peso delle forme. Oggi mediamente una forma pesa 40 Kg. Nel Medioevo la dimensione media si aggirava sui 7 chili. Era molto più grasso e morbido e… doveva fare la goccia! Le forme arriveranno, prima della Seconda guerra mondiale a 20 chili. Nel secondo dopoguerra le forme cominciarono a crescere ancora di peso per ragioni di maggiore conservabilità e anche di spazio.
Le forme venivano ricoperte con strane misture di olio e cenere: il colore della crosta era completamente nera. Ma di questo tipo di formaggio è rimasta traccia? Ma certo: è il Parmesan del Wisconsin! Apriti cielo.
ANDIAMO IN WISCONSIN
Il Wisconsin è uno stato del Midwest, abitato da poco più di cinque milioni di abitanti, adagiato nella regione dei grandi laghi, tra Chicago e Minneapolis, con un clima umido e stagioni estive non troppo calde, ideali per la coltivazione del foraggio e dei cereali e per l’allevamento delle mucche da latte. Ogni cinque abitanti in Wisconsin c’è una mucca da latte. Per capire le dimensioni del settore lattiero caseario, se il Wisconsin fosse uno Stato sovrano sarebbe al quarto posto nel mondo per la quantità di formaggi prodotti, dietro Stati Uniti, Francia, Germania e prima dell’Italia. Ed è da ricordare che il prezzo del latte negli USA è stabilito dallo stato ed è diviso in cinque classi: il latte prodotto nel Wisconsin appartiene alla terza classe, quella destinata alla produzione di formaggi! Il più pregiato, quello da bere, appartiene alla prima classe!
IMMIGRATI E CULTURA CASEARIA
L’America è un paese costruito dagli immigrati e tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX milioni di italiani emigrarono e tra i tanti certamente qualcuno sapeva fare il formaggio. E il Wisconsin per queste skills, si direbbe oggi, era lo stato ideale. Così a partire dagli anni Trenta cominciano a sorgere i primi caseifici i cui proprietari avevano nomi italiani, anzi padani. Non esiste veramente un formaggio solo americano, tutti derivano da altre terre e altre culture. Questi migranti misero allora sul mercato il “loro” formaggio, e lo chiamarono con un nome inglese che ricordasse le loro origini: Parmesan appunto, che ebbe da subito un successo notevole.
TRADEMARK VS. DOP
Clamorosa e recente è stata la vicenda di Errico Auricchio, trasferitosi con la famiglia da Cremona in Wisconsin nel 1979. Oggi i prodotti principali per fatturato della sua azienda sono la mozzarella, il parmesan e il provolone. Per fare i formaggi italiani Auricchio ha portato i casari dall’Italia. Da Cremona sono arrivati quelli specializzati nella produzione di formaggio tipo grana, dalla Campania quelli capaci di fare la mozzarella. La Belgioioso Cheese ora è un impero con 9 stabilimenti e 800 dipendenti e produce ben 27 varietà di formaggi. Producono anche il Grana cheese Parmesan… che assomiglia molto al parmigiano delle origini. Man mano che il successo mondiale del Grana e del Parmigiano esplodeva, con grandi cambiamenti nelle tecniche, nelle forme, il Parmesan è rimasto con il suo gusto antico. Tanti sono i guai, come sappiamo, che ha passato anche
recentemente. Ma, lo ricordiamo, la battaglia dei produttori italiani è difficile da sostenere negli Stati Uniti dove è riconosciuto il trademark e le Dop, i prodotti con la denominazione di origine protetta dell’Ue, non hanno valore.
Quindi, scrive Alberto Grandi nel suo stimolante libro “Denominazione di Origine Inventata”, «se vogliamo mangiare il Parmigiano dei nostri nonni dobbiamo andare nel Wisconsin, non certo a Parma”. Mettiamoci il cuore in pace!
cm 47ø x 10 kg 20
cm 50ø x 11
kg 25
cm 42ø x 16
kg 27
cm 40ø x 21
SECOLO XVII
SECOLO XIX
ANNO 1928
ANNO 1956
kg 32
TARTARE in CICCHETTO
Paolo Cappuccio
Chef stellato e consulente
TARTARE BOVINO ADULTO SCOTTONA
Monoporzione per tartare di scottona di razza Limousine, realizzata da Le Capanne rigorosamente da carne fresca. Il sapore è delicato ed elegante, senza residui ferrosi. Deliziosa semplicemente condita con sale, pepe e olio
cod 84700 · 150 g 1 box con 10 pezzi
3 minuti di lettura
A CONTI FATTI
RITORNA LA RUBRICA SUL FOOD COST E DIAMO SPAZIO ALLA PICCOLA
RISTORAZIONE: CICCHETTI E FINGER FOOD PER L'APERITIVO CON INGREDIENTI DI QUALITÀ. INIZIA LA BELLA STAGIONE E NOI METTIAMO IN MENÙ LA TARTARE!
Riprendiamo la nostra rubrica ormai navigata sul food cost e per farlo ci avvaliamo sempre dell'esperienza di Paolo Cappuccio, chef stellato e consulente che già dall'anno scorso ci ha seguito e aiutato a creare in tutto il team Valsana una maggiore cultura sul tema, così da essere più efficaci nel proporvi delle idee valide e soprattutto utili.
FOOD COST E APERITIVO: IN GENERALE
Con queste idee ci rivolgiamo a bar, enoteche e tutte quelle attività che fanno proposte per l'aperitivo. In ambito cicchetti le ricette sono infinite, ma accomunate da alcuni fattori chiave:
• assemblaggio di ingredienti: gli ingredienti scelti non richiedono preparazioni e qualora fossero necessarie saranno preparazioni molto veloci e furbe, le attrezzature non impegnative e il know how richiesto dallo staff non alto;
• peso: 20 grammi circa a porzione;
• food cost (FC): da 1€ a 1,10€. Per queste proposte il FC sarà di 1/3 del prezzo perché si tratta di assemblaggio, appunto, quindi sono esclusi il resto dei costi che invece si sosterrebbero in un'attività ristorativa più articolata (dove il FC sarebbe 1/5 del prezzo finale).
Se invece parliamo di finger food, il peso si riduce a 10 g (dovrà essere un boccone unico) e il FC sarà di circa 0,50 €. Restano valide invece tutte la altre considerazioni fatte in precedenza.
L'INGREDIENTE: LA TARTARE
Tartare di Scottona prodotta da Le Capanne con carne fresca di bovine di razza Limousine
allevate nell'azienda agricola di proprietà. I tagli usati sono quelli di coscia, girello, codone e spinacino. La consistenza della carne è soda, ma tenerissima al tempo stesso, si percepisce una fibra muscolare di pregio e si distinguono bene i diversi pezzi. Molto elegante all'assaggio. Consigliamo di far ossigenare bene all'apertura e tamponare con un po' di carta assorbente il liquido che potrebbe essersi creato nel sacchetto.
Paolo suggerisce di condire la carne con una nebulizzata di acqua frizzante (per fissare il bel colore acceso), olio evo e sale. Il consiglio furbo che ci ha dato Paolo è quello di mettere la tartare su degli stampi di silicone che consentano di creare delle piccole monoporzioni adatte a un cicchetto, quindi abbattere (va bene anche un freezer in alternativa) a -25 °C. In questo modo avrete delle porzioni pronte all'uso che per le piccole dimensioni si scongeleranno con facilità e vi semplificheranno di molto il lavoro.
CICCHETTI: LE PROPOSTE DI PAOLO
Con le belle giornate in arrivo la tartare ritorna a cavalcare l'onda dei menu e con Paolo abbiamo giocato con tre basi diverse: galletta per una proposta gluten free, focaccia e carciofino. Nella pagina a lato trovate i dettagli e i calcoli del food cost. Ma per non fermarci qui e seguire anche la stagionalità qui sotto ecco un'altra idea: un puntarella ripiena di tartare con ciuffi di creme fraiche e un filo di olio aromatizzato allo Yuzu. E la primavera è servita!
Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione
VALSANA 30
SANDWICH ALTERNATIVO DI TARTARE
Tagliare con delicatezza la galletta a metà e comporre il sandwich con la crema di ricotta (realizzata emulsionando la ricotta di bufala con acqua frizzante e condita con sale e pepe) e la tartare. Guarnire con del patè di olive, polvere di paprika, mezza fettina di ravanello e un germoglio di pisello.
Food cost per porzione: € 0,91
gALLETTE mAIs NOsTRANO 120 g
RICOTTA dI LATTE bufALA 280 g
pATè dI OLIvE
2,74 al sacchetto
11,40 al kg
g (1 galletta)
g
0,11
FOCACCIA CON TARTARE, CECI E FORMAGGIO
UBRIACO
Tagliare la focaccia in 12 spicchi, quindi a metà. Cuocere le porzioni di focaccia in forno a 200 °C per qualche minuto così da ottenere una superficie dorata. Con l'aiuto di una sac à poche disporre il patè di ceci sulla focaccia, quindi la tartare e il formaggio ubriaco grattugiato. Completare guarnendo con un germoglio.
Food cost per porzione: € 1,06
CARCIOFINO RIPIENO CON MINI BALL DI TARTARE
Creare delle palline di tartare già condite con olio evo e sale, disporle in uno stampo di silicone, abbatterle e conservarle in freezer per averle pronte all'uso. Adagiare una mini porzione di tartare su un carciofino ben aperto, come per creare un ripieno, e aggiungere del patè di olive per dare sapidità ed eleganza al cicchetto. Guarnire a piacere per conferire un po' di colore.
Food cost per porzione: € 0,96
TARTARE sCOTTONA 10 x 150 g € 30,15 al kg 10 g € 0,30
CARCIOfINI ExTRA CRud. 230 g € 8,40 al pezzo 15 g (1 carciofino) € 0,54
pATè dI OLIvE NERE 100 g € 2,22 al pezzo 1 g € 0,02
ALTRE guARNIZIONI € 50,00 € al kg 2 g € 0,10
INgREdIENTE COsTO ACquIsTO q.Tà pORZIONE COsTO pORZIONE TARTARE sCOTTONA 10 x 150 g € 30,15 al kg 15 g € 0,45 fOCACCIA RusTICA bIO € 3,08 al pezzo 1/24 € 0,13 pATè dI CECE bIO 190 g € 6,20 al pezzo 12 g € 0,39 ubRIACO AL mOsCATO € 19,93 al kg 2 g € 0,04 guARNIZIONI € 50,00 al kg 1 g € 0,05
INgREdIENTE COsTO ACquIsTO q.Tà pORZIONE COsTO pORZIONE
INgREdIENTE COsTO ACquIsTO q.Tà pORZIONE COsTO pORZIONE TARTARE sCOTTONA 10 x 150 g € 30,15
15
€ 0,45
al kg
g
€
10
€ 0,23
10
€
€
NERE 100 g € 2,22 al pezzo 1 g € 0,02 guARNIZIONI € 50,00 € al kg 2 g € 0,10
SALAME Toscano
3 minuti di lettura
IL PRODOTTO DIMENTICATO
UN CLASSICO ANTICHISSIMO DELLA NORCINERIA TOSCANA, UNA DELLE
PRODUZIONI PIÙ APPREZZATE FIN DALLA NOTTE DEI TEMPI
Saucisson, salchichón, téliszalámi… in tutta Europa lo troviamo di diverse forme e sapori, è il salume più “semplice” e popolare di tutti: il salame. Quando parliamo di Italia, sono presenti in ogni angolo: ogni regione ha i suoi salami e ogni famiglia faceva il salame più buono del quartiere.
Oggi ci concentreremo su un grande classico della norcineria italiana, il Salame Toscano
Già nel 77 d.C., i salumi “toscani” venivano elogiati da Plinio il Vecchio in “Naturalis Historia” per le loro qualità organolettiche; ancora oggi, esse sono ben riconoscibili e caratterizzanti come nel Salame Toscano. Quest'ultimo non ha un disciplinare di produzione, ma le tecniche e la ricetta vengono tramandate da secoli e preservate dai tanti produttori come la Macelleria Marini, produttrice del Salame Toscano da noi selezionato.
COME SI PRODUCE?
Per realizzarlo vengono usate carni di allevamenti toscani, lavorate freschissime. Le parti usate per la componente magra sono spesso carni di spalla o ritagli di coscia, mentre il grasso, che viene tagliato rigorosamente a coltello, è della parte della pancia. Tra le varie spezie non mancano mai sale, pepe e vino, nel nostro caso Chianti DOCG Una volta insaccati, i salami vengono legati a mano per poi essere stagionati almeno 30 giorni, ottenendo un prodotto profumato e compatto.
PROFILO ORGANOLETTICO
La fetta si presenta di colore rosa acceso con i lardelli ben visibili, testimoni della lavorazione a coltello; il profumo è dolce, spicca l’aromaticità donata dal vino. In bocca risulta intenso e di carattere, perfetto per essere accompagnato dal pane sciocco, tipico Toscano.
SALAME TOSCANO
Il classico salame Toscano, con i lardelli ben visibili. Dal gusto morbido, dolce e leggermente aromatico grazie all'uso del vino Chianti nell'impasto cod 78252 · 3 kg circa
PERCHÈ IL PANE È SCIOCCO?
Tra storia e leggenda, vi è la rivalità eterna tra Pisa e Firenze che ha segnato la cultura culinaria toscana, tanto da far nascere il pane senza sale.
Nel Medioevo, Pisa, una delle quattro repubbliche marinare, gestiva i commerci via Arno verso l'entroterra, inclusa Firenze. Ma con le difficoltà nel reperire sale a causa dei pirati saraceni, Pisa iniziò a tassare pesantemente il sale verso Firenze. Questo oltraggio spinse i fiorentini a rinunciare al sale, creando il pane senza sale e salumi molto saporiti.
Quindi per abbinare il nostro
Salame Toscano il pane sciocco è il compagno perfetto!
Gianluca Di Lello Export Manager
VALSANA 32
NORD
E IN TOSCANA?
Prevalentemente carni suine, ma è usata anche carne di selvaggina, come il cinghiale
Quelle che più identificano la regione sono i vini rossi e il finocchietto: ciò rende ben riconoscibili i salumi toscani
Tagli a coltello con presenza di lardelli ben visibili e grane non sempre troppo sottilI; texture compatta
Bilanciato ma intenso
Il Salame Toscano è un esempio di toscanità al 100%!
IN CUCINA
suino bovino pecora equino oca · selvaggina da pelo suino cinghiale cervo suino cinghiale
vino bianco aglio pepe pepe vino rosso finocchietto tartufo peperone pepe finocchietto peperoncino
morbida grana fine
% grasso medio/alta compatta taglio a coltello grana media
% grasso media compatta taglio a coltello grana grossolana
% grasso medio/ bassa dolce rustico e intenso deciso, a volte piccante
CASATIELLO FUSION
Assaggiando il prodotto al naturale, e apprezzando il suo sapore deciso l’ho collegato immediatamente a un piatto gastronomico italiano, molto in voga nel periodo pasquale: il Casatiello
Potete utilizzare la classica ricetta napoletana, e sostituire il salame napoletano con il Salame Toscano
Una ricetta fusion come diremmo oggi, tosco-napoletana. Buon appetito!
GEOGRAFIA DEL SALAME SUD CENTRO
Gusto Spezie Texture
Carne
VALSANA 33
mATERIA pRImA spEZIE gusTO TExTuRE
LA CUCINA delle Canarie: LANZAROTE
LANZAROTE: LA PERLA
VULCANICA DELLE CANARIE
Conosciuta come l’Isola del fuoco per la sua natura vulcanica, Lanzarote offre a chi la visita un’esperienza unica per il suo paesaggio, la sua natura e per un patrimonio enogastronomico davvero unico.
Le eruzioni del vulcano Timanfaya, avvenute intorno al 1700, furono gli eventi più significativi che plasmarono la storia e la fisionomia dell’isola. La lava incandescente che fuoriuscì da diverse bocche vulcaniche, creò un’apocalittica distesa di fuoco e cenere che ricoprì un quarto dell’isola.
Villaggi interi furono distrutti e la popolazione fu costretta a fuggire. La fertile terra coltivabile venne ricoperta da un manto di lava sterile, rendendo impossibile l’agricoltura.
Nonostante la devastazione, gli abitanti di Lanzarote dimostrarono una grande tenacia e resilienza. Iniziarono a ricostruire le loro vite adattandosi al nuovo paesaggio vulcanico. Le coltivazioni vennero spostate su terreni più favorevoli e si svilupparono nuove tecniche agricole per sfruttare la cenere vulcanica come fertilizzante
UN RICCO PATRIMONIO GASTRONOMICO
Il terreno vulcanico, ricco di minerali, e la sua posizione geografica, conferiscono oggi un gusto inconfondibile alle produzioni locali.
Vittorio Castellani Giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com
ITINERARI GASTRONOMICI I 3 minuti di lettura
Il piatto più conosciuto sono le papas arrugadas, piccole patate rugose, accompagnate da salse piccanti a base di peperoncino, coriandolo o aglio (mojos).
L’Oceano Atlantico fornisce i mercati di pesce fresco di giornata, come sardine, tonno, barracuda e il pesce pappagallo (vieja), una coloratissima specie sub tropicale dal sapore ricco, ottima per preparare il sancocho canario, una zuppa locale di pesce e verdure.
Parlando del bestiame, la capra, allevata allo stato brado, la fa da padrona, essendosi acclimatata al Calima, un vento di scirocco proveniente dal Sahara, che fa schizzare in alto le temperature e trasporta con sé particelle di polvere, sabbia e cenere vulcanica. La troviamo stufata nel guiso de cabra o al forno nelle costillas al horno
FORMAGGI PER TUTTI I GUSTI
La produzione di formaggio a Lanzarote vanta una lunga tradizione che risale addirittura ai tempi dei Guanches, gli abitanti autoctoni dell’isola, un’antica popolazione proto berbera. Le loro tecniche di produzione, tramandate di generazione in generazione, si sono fuse con le influenze spagnole e mediterranee, creando un rilevante patrimonio caseario.
Il Queso majorero, prodotto con latte di capra crudo, è il formaggio DOP più famoso di Lanzarote nelle sue diverse stagionature, da fresco a semicurado (semi-stagionato) a curado (stagionato).
Il suo sapore varia da delicato a intenso, con note di erbe aromatiche e frutta secca. Non possiamo non citare il Queso de Flor de Guía, un formaggio a pasta molle prodotto con latte di pecora, capra o vacca, cremoso e leggermente dolce, con un aroma di burro e latte fresco. Molto particolari il Queso de Gofio, prodotto con latte di capra e gofio, una farina tostata di cereali molto utilizzata sull’isola. Ha un sapore rustico e deciso, con note tostate e di cereali.
Così come il Queso Ahumado, un formaggio affumicato con legno di pino, che gli conferisce un aroma davvero singolare.
VITICOLTURA EROICA
Le particolari condizioni climatiche aride e il terreno vulcanico hanno dato vita a una viticoltura eroica. Le viti autoctone di Malvasía Volcánica vengono piantate in buche a forma di cono rovesciato, scavate nella roccia lavica, chiamate hoyos, e vengono protette da muretti a secco. Questo sistema permette di catturare l’umidità e la condensa, proteggere le viti dal vento e trattenere il calore del sole, creando un microclima più favorevole alla crescita della vite.
Prendetevi il tempo di esplorare La Geria, nel cuore di Lanzarote, una regione vinicola unica al mondo. Il suo paesaggio, modellato da eruzioni vulcaniche, vanta una bellezza drammatica e affascinante. La terra è ricoperta da uno strato di cenere vulcanica e picón (tefra), un terreno ideale per la coltivazione della vite.
BODEGAS EL GRIFO elgrifo.com
La cantina più antica di Lanzarote, dove si possono degustare vini Malvasía e visitare il museo del vino
SALINAS DE JANUBIO
salinasdejanubio.com
Una salina scenografica nel sud dell’isola, che produce sale marino di altissima qualità
MERCATO CONTADINO DI TEGUISE
Tutte le domeniche dalle 9 alle 14, il luogo ideale per acquistare prodotti freschi artigianali: formaggi, salse...
PRIMO DE LANZAROTE primodelanzarote.com
Creato da Davide Musci, un piemontese trapiantato sull’isola, rappresenta un’eccellenza di Lanzarote
KAMEZÍ DELI & BISTRÒ - TERRAZA
OCEAN VIEW - PLAYA BLANCA
kamezidelibistro.com
All’interno del lussureggiante complesso delle Kamezí Boutique Villas, a due passi dal Faro di Pechiguera, una punta di diamante nel panorama del fine dining di cucina contemporanea
RESTAURANTE COENTROPUERTO CALERO
restaurantecoentro.com
Eletto miglior chef delle Canarie nel 2018, Joao Faraco dopo una prima esperienza a fianco dello stellato Martín Berasategui si è trasferito a Lanzarote
PRIMARIO GASTROBAR - PLAYA BLANCA
primariogastrobar.com
Un bistrò con piatti originali e pieni di gusto, elaborato con ingredienti artigianali dei piccoli produttori nel centro nevralgico del turismo di Lanzarote: il porto della Marina
RESTAURANTE EL DIABLO
cactlanzarote.com/cartas/ restaurante-el-diablo
All’interno del Parco Nazionale di Timanfaya, con una bellissima vista sul vulcano. La carne viene cucinata alla griglia in un forno vulcanico geotermico
ISOLE CANARIE (SPAGNA)
OCEANOATLANTICO
VALSANA 35 SAHARA OCCIDENTALE MAROCCO Lanzarote
5 minuti di lettura
LA piadina
“LA
LA STIRATA - PIADINA ALL’OLIO EVO
Piadina in versione vegana realizzata con farina 00 del territorio, farina di riso e olio EVO
cod 95019 · 1 cartone con 5 buste da 2 pezzi pari a 140 g ciascuno
LA SPESSA - PIADINA TRADIZIONALE
Versione spessa della piadina della tradizionale romagnola, prodotta con farina 00 del territorio
cod 95022 · 1 cartone con 5 buste da 2 pezzi pari a 140 g ciascuno
Una sfoglia di farina, acqua, strutto e sale: è il cibo da strada romagnolo conosciuto in tutto il mondo. La piadina è il simbolo della Romagna, non solo bandiera di appartenenza: una sorta di confine familiare dove ogni cucina avrà il segreto dell’impasto perfetto, con buona pace della ricetta della “tradizione”. Un panificato arricchito e veloce, da realizzarsi tra un pane e l’altro, quello che si custodiva per giorni nella madia.
DA CIBO POVERO A STREET FOOD DA RE
Cinque ingredienti presenti in ogni dispensa per la realizzazione di un impasto che si divide in pezzi da 150-200 g, si fa riposare per un’ora (anche se i gourmet sostengono che la notte porti consiglio e relax), cotti su una superficie rovente: testo, teglia, piastra, realizzati con materiali diversi, dalla terracotta alla ghisa.
Semplice e divisorio, come tutto il cibo che diventa identità, tanto che in ogni provincia della Romagna la piadina viene realizzata con ingredienti diversi, a sottolineare una geolocalizzazione golosa ben definita
Si parla di piada fin dal lontano 1371. Secondo il Cardinale Angelico, fra i tributi che Modigliana doveva pagare alla Camera Apostolica, c’erano “2 piade”, di cui fissa per la prima volta la ricetta, nello stesso anno. Si legge infatti nella Descriptio Romandiolae: “Si fa con farina di grano intrisa d’acqua e condita con sale. Si può impastare anche con il latte e condire con un po’ di strutto”. Ma non fanno tempo a trascorre quasi due secoli che ci mette lo zampino il Concilio di Trento (ultima release, 1563) e lo strutto viene bandito dagli impasti realizzati nei giorni di magro. Ecco la comparsa “moderna” dell’olio d’oliva. Ma, diciamocelo, bastava prepararla negli altri giorni della settimana per mettere d’accordo tutti, tra il sacro e il profano.
SANDWICH E DINTORNI
E come si farcisce la piada? Se esiste una geolocalizzazione dell’impasto ne esiste anche una stagionale per il ripieno dove ai più moderni squacquerone e rucola si contrappone il classico prosciutto crudo. Le versioni estive prevedono la presenza dei bianchetti (omne nùd) ovvero i neonati di acciughe e sardine. E la presenza di spinaci, erbette e crescione diventa obbligatoria nella farcia del cassone.
Alla piadina è accaduto il medesimo fenomeno che ha travolto, o stravolto, la pizza: l’utilizzo di ingredienti preziosi, spesso derivanti dalla cucina più blasonata, quella che necessita delle posate e di un tavolo apparecchiato per essere gustata.
LE DIMENSIONI CONTANO
Dopo oltre dieci anni di battaglie, la Piadina/ Piada romagnola, con il Regolamento 1174 del 24 ottobre 2014, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ha ottenuto il marchio IGP che comprende due varianti di Piadina:
• Classica, con un diametro che varia fra i 15 ed i 25 cm ed è spessa tra i 4 e gli 8 mm
• Riminese, con diametro che va dai 23 ai 30 cm ma più sottile (fino a 3 mm di spessore)
Ma esiste anche la variante chiusa della piadina, il cassone, o crescione, che altro non è che una piada tirata poco di più, chiusa a mezzaluna e sigillata con i rebbi della forchetta.
LE RICETTE
Abbiamo parlato di geolocalizzazione golosa di una regione e ci siamo divertiti a far viaggiare la piadina, sia stirata che spessa, coniugandola con ingredienti provenienti da altre parti del mondo, così da viaggiare con la fantasia, strizzando l’occhio alla parte più “laica” dei gastro-naviganti. E con una ispirazione ben precisa: la piada è portatrice sano di allegria. Sempre e comunque, come tutto il cibo di strada.
VITA È COME UNA PIADINA: CIÒ CHE CONTA È QUELLO CHE CI METTI DENTRO”
Anna Maria Pellegrino Gastronoma e blogger
VALSANA ·
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LAWRENCE D’ARABIA
Prosciutto crudo, squaquerone e rucola ovvero il must della piadina romagnola. Immaginate ora di essere un viaggiatore arabo che dalla Spagna arriva in Sicilia e si porta gli ingredienti per fare uno spuntino dai mille sentori e dalle diverse consistenze. Una piadina così sarebbe piaciuta anche a Lawrence d’Arabia.
DOSI per 4 piadine
PORTATA: secondo piatto o piatto unico
DIFFICOLTÀ: semplice
PREPARAZIONE: 10 minuti
COTTURA: 5 minuti
INGREDIENTI
4 piadine Stirate all’olio EVO
300 g Manchego Dop
400 g di Cecina de Leon
40 g di rucola qualche cucchiaino di Confettura extra di fico d’India
PROCEDIMENTO
Spezzetta con le mani la rucola, affetta la Cecina e monda il formaggio, affettandolo finemente.
Cuoci la piadina da entrambi i lati utilizzando una piastra o una padella antiaderente molto calde e, a cottura ultimata, appoggiala sul piano di lavoro o sul tagliere.
Distribuisci prima il formaggio e poi, con un cucchiaino, la confettura di fichi in alcuni punti. Taglia a metà la piadina, continua con la rucola e infine le fette di Cecina.
Chiudi la piadina e servila immediatamente mentre continui con quelle rimanenti.
PIADINA SABAUDA
La piadina è da sempre geolocalizzata nell’Emilia Romagna. E noi che amiamo viaggiare anche con le papille gustative abbiamo pensato che un salto in Piemonte avrebbe restituito un’esperienza piacevole.
Il mix gustativo si apre e si chiude con la grammatica dei sapori dove le albicocche stanno benissimo con gli champignon crudi e appena conditi. E gli altri ingredienti? Perché? Non vi piacciono?
DOSI per 4 piadine
PORTATA: secondo piatto o piatto unico
DIFFICOLTÀ: semplice
PREPARAZIONE: 10 minuti
COTTURA: 5 minuti
INGREDIENTI
4 Piadine Spesse
300 g de L’Ottavio Kinara
400 di Carpaccio di Bresaola
120 g di champignon crudi affettati finemente olio EVO sale in fiocchi pepe tellicherry macinato al momento un ciuffo di prezzemolo fresco, tritato albicocche semisecche e nocciole tritate per il completamento del piatto
qualche cucchiaino di confettura Chutney albicocca, zenzero e miele che utilizzerete anche in accompagnamento
PROCEDIMENTO
Affetta finemente il formaggio senza privarlo della crosta, che diventerà parte integrante degli ingredienti. Dividi le fette di bresaola senza manipolarle troppo.
Affetta finemente, dopo averli mondati della base e spazzolati, gli champignon e condiscili con olio, prezzemolo, sale e pepe. Metti da parte per qualche minuto e nel frattempo taglia a julienne le albicocche semisecche, tosta le nocciole e tritale grossolanamente.
Scalda in una piastra calda, ma non caldissima, la piadina spessa da entrambi i lati (così che venga rigenerata nella temperatura anche la parte interna).
Lontano dal fuoco dividila in spicchi e procedi alla farcitura: formaggio, nocciole, carpaccio ed albicocche. Termina con una puntina di chutney che utilizzerai anche per il servizio, in una ciotolina a parte.
E DINTORNI
SANDWICH
VACANZE ROMANE
Ed ecco che il nostro viaggiatore goloso mette nella bisaccia una piadina stirata e decide di trascorrere qualche giorno nella Città Eterna. È primavera, il ponentino spazza il cielo dalle nuvole e il palato ha voglia di contaminarsi con gli ingredienti di uno dei primi piatti più famosi del mondo.
La sapidità del pecorino e del guanciale avrà la giusta contrapposizione nella dolcezza elegante della confettura di fichi d’india e la presenza delle fragole, a fine pasto, la giusta conclusione con una primizia, come la puntarella presente all’interno.
DOSI per 4 piadine
PORTATA: secondo piatto o piatto unico
DIFFICOLTÀ: semplice
PREPARAZIONE: 10 minuti
COTTURA: 5 minuti
INGREDIENTI
4 piadine Stirate all’olio EVO
300 g di Pecorino romano dop (peso mondato dalla scorza)
400 g di Guanciale affumicato
Puntarelle alla Crudaiola pepe nero di Sarawak qualche foglia di mentuccia
PROCEDIMENTO
Monda ed affetta finemente il guanciale. Affetta con la mandolina di pecorino.
Sgocciola dall’olio le puntarelle, tagliale in quarti e profumale con il pepe.
Trita grossolanamente le foglie di mentuccia
Scalda da un lato la piadina, girala e spennella la superficie con l’olio di conserva delle puntarelle.
Lontano dal fuoco distribuisci gli ingredienti: formaggio, mentuccia, pancetta ed arrotola velocemente.
Riponi sulla piastra la piadina arrotolata dal lato della sigillatura per 1’ max 2’ e servi tagliandola a metà con della confettura di fichi d’india e con qualche fragola in purezza, che verrà utilizzata come pulizia del palato.
AMBASCIATORI del Comté
Martina Iseppon Responsabile Marketing
UN LABORATORIO CON FABIEN
DEGOULET, AMBASCIATORE DEL COMTÉ PER MARCEL PETITE
Fabien ha 39 anni, nel 2015 ha vinto il premio come “Miglior Fromager del Mondo” e oggi è Ambasciatore del Comté per Marcel Petite, oltre a gestire la sua formaggeria “Fromage e sus Amis” a Le Mans.
Assieme a lui abbiamo organizzato un laboratorio di approfondimento sul Comté, dedicato ai nostri clienti e alla nostra rete vendita. Un viaggio affascinante nel massiccio dello Jura, per capire come funziona il sistema di allevamento e produzione delle Fruitièrs e come Marcel Petite stagiona le diverse selezioni di Comté, per arrivare poi alla degustazione a confronto di tre stagionature, una sessione di taglio con il filo e qualche suggerimento sulla conservazione, anche grazie a una carta speciale. Abbiamo concluso con un abbinamento curioso: Comté Melodie con la Regina di San Daniele, Olio Fratepietro e Pepe di Timut. Trés fantastic!
Di seguito un estratto delle informazioni più importanti che ci ha raccontato Fabien.
UNA DELLE PIÙ GRANDI AOP FRANCESI
153 piccoli caseifici, “Les Fruitièrs”, lavorano il latte di allevatori locali, mantenendo viva la tradizione del Comté: la più grande e una tra le più antiche Appellations d’Origine Protégée (AOP) francesi.
RACCONTI DA VALSANA I 2 minuti di lettura
VALSANA · 40
Il territorio della denominazione si estende tra i dipartimenti del Doubs, del Giura e in alcuni villaggi dell’Ain, a est della Francia, al confine con la Svizzera, con caseifici dislocati fino a 1500 metri di altitudine.
IL LATTE
Gli allevatori sono rimasti fedeli a una sola razza, la Montbéliarde. Ogni vacca dispone di almeno 1,3 ettari di pascolo.
Il latte crudo, raccolto in un raggio di 12,5 km dal caseificio, viene lavorato entro 24 ore dalla mungitura in grandi tini di rame. Per produrre una forma di Comté sono necessari 400 litri di latte.
COMTÉ AOP
MELODIE MEULE
Selezione di ingresso del Comté
Marcel Petite “Les Fruités”, stagionato almeno 5 mesi a Granges-Narboz, ha una pasta fondente e un gusto fresco, fresco, dolce e fruttato
cod 46768 · peso 36 kg circa disponibile in 1/16
Oltre 400 allevatori conferiscono oggi il latte ai 35 caseifici partner di Marcel Petite.
MONSIEUR MARCEL PETITE
Nato nel 1901, Marcel Petite avvia nel 1966 l’attività di affinamento nel Fort Saint-Antoine, ormai in disuso, mettendo a punto la maturazione lenta del formaggio, a bassa temperatura, con una tecnica al tempo innovativa. Negli anni ‘90 venne poi realizzato un secondo sito di affinamento ispirato al forte, il Granges-Narboz nei pressi di Portalier, dove vengono stagionati i formaggi non di
COMTÉ AOP
FORT ST ANTOINE · SYMPHONIE
Stagionato almeno 16 mesi al Fort Saint-Antoine, questa selezione di Comté regala al palato note di burro cotto, pascolo, caramella mou, nocciola, noce e persino ananas
cod 46747 · peso 36 kg circa disponibile in 1/16
montagna: qui le temperature delle celle sono un po’ più altre rispetto a quelle del forte dato che l’edificio è stato costruito in legno e mattoni.
“LA CATTEDRALE DEL COMTÉ”
È così che spesso si definisce il forte. Oltre 65.000 forme di Comté che beneficiano dell’ambiente naturale a oltre 1000 metri di altitudine, dell’atmosfera di una grotta naturale con umidità costante del 95% e temperatura compresa tra i 6 e i 9 °C, rafforzate da un benefico effetto massa in cui i Comté più vecchi influenzano naturalmente quelli più giovani.
COMTÉ AOP
FORT ST ANTOINE · PLÉNITUDE
Stagionato almeno 30 mesi al Fort Saint-Antoine, ha un gusto sapido e vegetale, con note intense di carciofo, con sentori di castagna, nocciola, vaniglia, cioccolato fondente
cod 46749 · peso 36 kg circa disponibile in 1/16
VALSANA 41
Come si taglia un JAMON IBERICO
2 minuti di lettura
DA SEGNARE IN AGENDA
UNA GIORNATA DEDICATA PER IMPARARE A PULIRE, TAGLIARE E CONSERVARE IL FAMOSO PROSCIUTTO SPAGNOLO, CON UN CORTADOR DI MONTE NEVADO
MERCOLEDÌ 15 MAGGIO ore 10-17
Valsana Via degli Olmi 16 Godega di Sant’Urbano (TV)
Con la collaborazione di Juan Antonio López Belmonte cortador di Monte Nevado
Dopo l’esperienza dello scorso anno - sold out la prima giornata, tanto che abbiamo dovuto organizzare un secondo appuntamento - vi riproponiamo il nostro “corso di taglio”. Abbiamo chiesto a Monte Nevado di mandare in sede da noi uno dei loro cortador, Juan Antonio López Belmonte, per una full immersion nel mondo del Jamón Ibérico.
Durante la giornata impareremo a distinguere le diverse tipologie di Jamón Ibérico, ad aprire un Jamón e a conservarlo, e soprattutto a tagliarlo a coltello.
Ogni partecipante riceverà in dotazione un kit composto da una morsa, un Jamón Ibérico e un set di coltelli
Il prosciutto affettato durante la lezione verrà consegnato a ciascun partecipante in buste sottovuoto assieme al kit (morsa+coltelli).
Corso a numero chiuso, max 10 partecipanti, a pagamento.
Iscrizioni tramite la App Valsana. Il corso verrà attivato al raggiungimento del numero minimo di 6 iscritti.
DA SEGNARE IN AGENDA 2
Formaggiaio
QUEST’ANNO SAREMO PARTNER DEL “GRAN PREMIO DEL FORMAGGIAIO”
CHE SI TERRÀ A BERGAMO, IN OCCASIONE DI B2CHEESE
Il Gran Premio del Formaggiaio è un evento organizzato da La Guilde Internationale des Fromagers Italia: una serie di prove sulle competenze professionali, la conoscenza delle tecniche casearie e la capacità di raccontare i formaggi e la loro storia.
La seconda edizione si svolgerà a Bergamo, il 25 e il 26 settembre, in occasione di B2Cheese. Il vincitore avrà la possibilità di rappresentare l’Italia nel Concorso Internazionale “Meilleur Fromager” che si terrà a Tours, in Francia, in occasione del prossimo Mondial du Fromage a settembre 2025. Quest’anno abbiamo deciso di sostenere questo concorso, che vuole ridare valore al mestiere del formaggiaio. Nella prima edizione di maggio 2022 ha vinto il titolo di Miglior Formaggiaio d’Italia Roberto Guermandi, titolare dal 1993 de “L’angolo della freschezza” di Bologna. Chi vincerà quest’anno?
Per maggiori informazioni: guildedesfromagers.it
B2CHEESE BERGAMO
25-26 Settembre
domanda di partecipazione da inviare entro il 26 maggio
scarica la brochure:
del
GRAN PREMIO
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Valsana S.r.l. ∙ Via degli Olmi, 16 ∙ 31010 Godega di Sant’Urbano (TV) ∙ Italy Tel. (+39) 0438 1883125 ∙ Fax (+39) 0438 64976 ∙ valsana@valsana.it ∙ www.valsana.it @Valsana Srl @ValsanaSrl @valsanasrl