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2021. L'anno della birra

2021

L'ANNO DELLA BIRRA

IL 2021 SARÀ RICORDATO COME L’ANNO DELLA BIRRA? LE PREMESSE CI SONO TUTTE, IN TERMINI DI NUMERI E TENDENZE.

di Angela Petroccione

Il 2021 per il settore birrario in Italia si è da subito presentato con un nuovo volto, all’insegna della ripresa, dopo un 2020 chiuso con il segno meno a causa dell’emergenza sanitaria e caratterizzato da un calo della produzione nazionale (-8,4%), dalla flessione dei consumi (-11,4%), dalla contrazione dell’export (-4,8%) e dalla perdita di fatturato (-35%), come confermano i dati dell’Annual Report 2020 di Assobirra.

Un'inversione di tendenza attesa o almeno auspicabile, considerato che, anche durante la pandemia, la birra, con un consumo pro capite di 36,8 litri, si è confermata la protagonista dei seppur limitati momenti di socialità, mantenendo

il suo ruolo centrale nell’industria delle bevande. Un ruolo centrale che trova riscontro anche nell’entità del tessuto produttivo nostrano, con una filiera brassicola in continua espansione, che conta circa 900 player tra grandi, medie e piccole aziende, radicate su tutto il territorio nazionale, e oltre 115.000 occupati, dalle imprese agricole fino ai punti di consumo out-of-home, con un valore condiviso generato dalla birra in Italia che si avvicina ai 9,5 miliardi di euro.

Il primo trimestre del 2021 ha subito mostrato l’inversione di tendenza con un aumento record del 18,4% degli acquisti domestici, un grande successo di bionde e rosse artigianali Made in Italy e una crescita delle esportazioni del 4% (analisi Coldiretti su dati Ismea), numeri che fanno ben sperare in una nuova stagione da ricordare come l’anno del settore birrario, almeno nel nostro paese.

A fare da traino per la ripresa è stata soprattutto la birra artigianale con i suoi circa 550 milioni di litri prodotti ogni anno, di cui quasi un terzo realizzato da aziende agricole che la ottengono trasformando direttamente i propri prodotti.

BIRRA PROTAGONISTA DELLA RIPRESA DEL FUORI CASA Secondo lo studio dell’Istituto Piepoli “Il nuovo fuoricasa degli italiani” commissionato dall’Osservatorio Birra, durante il periodo funestato dai lockdown, a risentire più di tutti delle restrizioni sono stati i beerlover (l’82% contro il 69% dei non consumatori) che, proprio per questo, sono considerati protagonisti della ripresa. Il loro desiderio di ritorno alla normalità si è manifestato come più forte già dai primissimi cenni di riaperture: tra gli intervistati quasi l’80% degli appassionati ha dichiarato l’intenzione di passare più tempo condiviso al di fuori delle mura domestiche, contro il 71% dei non consumatori. E già, perché i fan della birra italiani, che rappresentano il 70% della popolazione maggiorenne del paese, la considerano un piacere da associare al pasto o da vivere a ridosso dello stesso e quasi sempre in compagnia, che si tratti di amici (54%) o famiglia (41%).

E così la birra è stata la bevanda più richiesta in questo periodo di riaperture (63%) superando di gran lunga caffè (43%), vino (38%) e acqua (34%). Un primato conferma-

to e rafforzato anche dalle intenzioni per il futuro che la vedono come protagonista assoluta con il 67% delle preferenze, doppiando di fatto caffè (28%), aperitivi (24%) e cocktail (24%).

Conferme sulle proiezioni vengono proprio dalle realtà protagoniste dell’Horeca: tutte, nessuna esclusa, dai ristoranti alle pizzerie che sono, specie tra gli over 35, il luogo simbolo dell’outof-home associato alla birra, ai pub preferiti dai più giovani e ad altri locali, costruiscono sem-

pre più la loro offerta mettendo al centro la

birra nelle sue numerose declinazioni.

Secondo una indagine condotta da Osservatorio Birra intervistando gli associati di Noi di Sala, realtà che raggruppa i professionisti italiani d’eccellenza della sala e della cantina, per il 60% degli addetti ai lavori dell’Horeca la birra è un elemento essenziale della propria offerta e, di questi, il 22% sostiene che nel 2021 sarà sempre più richiesta.

Un intervistato su due ritiene che sarà il motore della ripresa dei luoghi del fuoricasa e conferma che “l’arrivo dell’estate ha segnato l’aumento del consumo di birre”. Per questo il 47% del campio-

ne stima che da qui ai prossimi 5 anni

la birra, prodotto con buona marginalità e di semplice gestione, potrebbe es-

sere sempre più determinante per la

ripresa e per la crescita del fatturato. E se è vero che da un lato la domanda di birra cresce, e altrettanto importante sottolineare che i consumatori sono sempre più informati e competenti, il che si traduce in una maggiore cultura di prodotto nel nostro paese. Sono sempre più numerosi i clienti attenti al suo servizio (25%) e quelli che richiedono birre speciali (22%).

L’evoluzione della domanda porta così ad una nuova ulteriore esigenza: quella di formare al meglio tutti coloro che lavorano nel settore dell’Horeca, fattore chiave per poter por-

tare ulteriore valore aggiunto al prodotto birra. E non potrebbe essere diversamente in un comparto che vive d’innovazione e di specializzazione, e che sta cambiando velocemente.

Oggi l’investimento in formazione per dipendente oscilla da un minimo di 6 a un massimo di 20 ore annue, a seconda delle dimensioni aziendali, e per quanto possa sembrare consistente non è ancora sufficiente, dal momento che l’offerta formativa non è del tutto al passo con i tempi e lascia scoperte molte aree di approfondimento.

BIRRA AL CENTRO DEL SEGMENTO LARGO CONSUMO CONFEZIONATO La birra ha conquistato un ruolo centrale anche nel comparto del Largo Consumo Confezionato, che nel 2020 ha registrato un balzo in avanti del 6,5% grazie ai reparti Food ed Home Care, favorito da uno spostamento dei consumi dal mercato del fuori casa a quello casalingo.

Con vendite che hanno superato per la prima volta il fatturato di 2 Miliardi di euro (Totale Italia, incluso Discount, + 10,7%) e un incremento dei volumi del 9% in parte condizionato dalla riduzione delle attività promozionali (-2,6%) la birra si è dimostrata uno dei prodotti più performanti tra i consumer goods.

Andando ad analizzare i singoli segmenti del mercato birrario, l’incremento a valore più importante lo hanno registrato le Birre Speciali con un +18,9%. Un risultato che arriva nonostante il ridimensionamento del numero di referenze medie determinato dai problemi logistici nei periodi di lockdown, limitazione che risulta superata già nel primo trimestre del 2021, con assortimenti medi a scaffale tornati in territorio positivo.

Ci sono poi le Birre Standard che sono cresciute del 9,5%, le Saving a +7,1%, mentre le Birre Sophistication sono rimaste in territorio positivo ma con un incremento contenuto (+5,9%) probabilmente a causa del prezzo per litro leggermente superiore alle Birre Standard. In crescita anche gli altri segmenti: Beer Mix +3,9% e Analcoliche Light +4,9%.

Un particolare cenno merita la significativa crescita in termini di volumi per il segmento delle Birre Analcoliche Light. Secondo una ricerca pubblicata quest’anno da Global Market Insight, si tratterebbe di un mercato destinato a crescere molto nei prossimi anni a livello globale. Si stima che nel 2026 dovrebbe

raggiungere il valore di 29 miliardi di

dollari, con un incremento annuo del 7,5%. A spingere i consumatori verso questo tipo di soluzioni ci sarebbero una maggiore disponibilità economica nei paesi in via di sviluppo, una maggiore attenzione ad aspetti dietetici e calorici, e la possibilità per chi evita l’alcool per motivi di salute o religiosi di avere un prodotto alternativo che si adatti alle proprie esigenze di consumo in contesti sociali.

GLI ITALIANI PREFERISCONO LE BIRRE NOSTRANE, LOCALI E SOSTENIBILI In un mercato dominato da multinazionali che rilevano sistematicamente aziende produttrici di dimensioni medio-grandi, le tendenze sul fronte della domanda sembrano virare in una direzione per certi versi divergente: i beerlover nostrani sono sempre più alla ricerca dell’autenticità dei prodotti locali e artigianali, appassionati del buon mangiare e del buon bere e particolarmente attenti alla sostenibilità.

Non è quindi un caso se, quando si tratta di scegliere, la metà degli italiani (50,5%) predilige marchi tradizionali del nostro paese, anche se molte delle etichette in questione, pur mantenendo invariata la sede di produzione, sono state acquisite da multinazionali straniere. È il caso di Peroni passata a Asahi Breweries Europe Ltd, Moretti e Ichnusa, oggi Gruppo Heineken, e Poretti acquisita da Carlsberg Italia S.p.a.

Subito dopo le italiane, la preferenza si sposta sulle olandesi, Heineken in testa, per poi passare in terza battuta alle tedesche con Beck’s, Paulaner e Warsteiner.

Sono i dati evidenziati da una ricerca condotta nell’agosto scorso da Tiendeo, azienda attiva nei servizi drive-to-store per il settore retail ed esperta nella realizzazione di cataloghi digitali, dalla quale emerge un altro aspetto molto interessante: l’apprezzamento per le produzioni locali, italiane in testa, e il conseguente vasto assortimento delle stesse da parte dei retailer: delle 105 birre pre-

se in esame nello studio effettuato da Tiendeo,

52 sono infatti nostrane e di produzione locale.

Questo a dimostrare come l’attenzione dei consumatori di birra sia sempre più centrata sulla tracciabilità di materie prime e processi di lavorazione, sulla provenienza e su temi quali il km0 e la conduzione biologica delle coltivazioni.

Lo conferma una indagine di BVA Doxa secondo la quale un italiano su due sceglie la birra anche per la naturalità e la varietà che offre, e, considerato che per 8 italiani su 10 il binomio alimentazione sana e piacere per il cibo è fondamentale, i margini di crescita sono ancora ampi. I più giovani poi hanno una particolare attenzione alla sostenibilità e al processo produttivo della birra, che avviene in modo controllato e sicuro, attraverso l’impiego di materie prime di alta qualità e nel rispetto della tradizione di ciascuna tipologia, ne diventa in qualche modo garanzia intrinseca.

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