Numero 6 - Anno 2013
RIVISTA BIMESTRALE DELLA DISTRIBUZIONE AUTOMATICA Numero 6 - Anno 2013
RIVISTA BIMESTRALE DELLA DISTRIBUZIONE AUTOMATICA
IN QUESTO NUMERO Gedac Vending 24su24 Conad Spinelli Caffè Vending Store VendingtoGo Aldo Majer Antonio Adriani Antonio Simonazzi Il Caffè Il vending in Brasile
L’editoriale di Fabio Russo
Non è stato un buon inizio d’autunno per il vending italiano. In pochi giorni sono scomparsi tre dei più autorevoli e importanti nomi che hanno dato un contributo significativo alla nascita e allo sviluppo della distribuzione automatica in Italia e nel mondo. Tre padri fondatori. Aldo Majer di Rheavendors, Antonio Adriani della FAS International, a poche ore l’uno dall’altro, e Antonio Simonazzi, presidente e fondatore della FLO, a poche ore dalla messa in stampa di questo numero. A loro, pietre miliari e personaggi unici tra i produttori, ho deciso di dedicare uno spazio in questo numero della rivista, con la preziosa e impagabile collaborazione dei familiari più stretti. Personaggi unici. La caparbietà, la lungimiranza, la prontezza di mente, la capacità di pianificare sul “lungo termine” i progetti professionali e affrontare nuove sfide ogni giorno, hanno fatto di loro stessi e delle imprese un esempio da seguire come modello di business e di vita. Dopo aver letto i nostri contributi a loro dedicati nelle pagine di questo numero, avrete forse maggior consapevolezza che la distribuzione automatica italiana ha una storia, un background di rilevante importanza, che ha contribuito in modo molto significativo alla crescita di questo settore in tutto il mondo, ponendo l’Italia come la nazione dalla quale questo settore ha ricevuto creatività, impulsi per lo sviluppo, crescita verticale e innumerevoli tentativi d’imitazione. Cerchiamo di non dimenticarlo mai. Il tema che abbiamo cercato di sviluppare in questo numero, è dedicato ai negozi automatici, la storia dello sviluppo di questo segmento, alcune case history, le tendenze del futuro. Un futuro che vedrà nei prossimi mesi e anni, uno sviluppo verticale anzitutto nel nostro Paese, per tanti motivi che certamente riuscirete a cogliere leggendo i nostri servizi. Buona lettura.
Sommario
Periodico bimestrale della distribuzione automatica Anno 2 - Numero 6 Settembre 2013
L’EDITORIALE pag. 3
pag. 7
Editore
Eventi Sede: Via Benedetto Brin, 69 80142 Napoli - Italia Partita IVA 06552741214 CCIAA 822695 Contatti con la redazione redazione@vendingnews.it Tel. 0810152150 Fax. 0810152151
pag. 18
pag. 50
Le promozioni di Expo Vending Sud 2013
Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Francesco Ippolito Fabio Russo Flora Seta Michela Re Dionigi Graziella Troncale Cristina Eugeni Salvatore Martella Marizia Rubino Gil Manigrassi Marina Scorziello Federica Bertoglio Roberto Fanelli Alessia Porrello Michele Ferraro Paky Di Bitonto Stampa Tipografia TETI srl - Napoli Pubblicità: inferiore al 50% Vending News è una rivista tecnica dedicata alla distribuzione automatica. I manoscritti e le fotografie, anche se non pubblicati, non vengono restituiti
I consumatori e il self shopping
pag. 20
L’evoluzione dell’Automated Shop
Personaggi
Iscrizione al ROC n°22385 dal 4 Maggio 2012
Direttore editoriale Fabio Russo
Dossier
VendingtoGo tappa di Firenze
www.vendingnews.it
Direttore responsabile Francesco Ippolito
Commerciale Adriatica Intervista con Enrico Paolo Costa
pag. 38
Sito internet
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Aziende
di Fabio Russo
pag. 24
Il negozio automatico in Italia
pag. 30
pag. 26
Debora Malaponti. Il vending al femminile
Il Self Shop 24 di Gedac Vending
pag. 31
24su24 Conad. Retail e Vending si integrano
pag. 42
Intervista con Carlo Majer in ricordo del papà Aldo
pag. 44
Luca Adriani ricorda il padre Antonio
pag. 48
Antonio Simonazzi. Il dottore della Flo
pag. 32
Spinelli Caffè h24 La tua pausa di gusto
pag. 34
Vending Store: il negozio automatico chiavi in mano
pag. 36
Vending in the world
Smart Mart. Il Drive In dello shop automatico
pag. 11
Il Vending in Brasile a cura di Gil Manigrassi
pag. 15
Il Vending brasiliano tra marketing e
Caffè pag. 46
Chiude l’anno caffeicolo 2012 - 2013 a cura di Myko Trading
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Aria di festa
l verde del parco, i colorati bouquet di fiori, la musica e soprattutto il grande buffet ricco di prelibatezze della gastronomia romagnola e la “gardela”, la grigliata tipica di queste zone, fanno da cornice ad una festa animata da una grande voglia di divertimento e partecipazione.
cia e la stima sia a livello personale che lavorativo di quanti stasera sono qui. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti, ma anche chi, o perché lontano o perché impossibilitato a raggiungerci, ha espresso la sua partecipazione con una telefonata o un biglietto di auguri.
Ci troviamo a Russi, in provincia di Ravenna, dove la Commerciale Adriatica festeggia due importanti eventi: quattordici anni di attività e l’inaugurazione della nuova sede, coronamento dell’intenso lavoro che ha portato l’Azienda a lusinghieri risultati in campo nazionale ed internazionale. Oltre 150 ospiti hanno potuto visitare la nuova struttura che si estende su una superficie di 11.000 metri quadrati, di cui 4.000 adibiti a magazzini e laboratori tecnici e 400 destinati agli uffici.
La vedo provato. È stato stancante organizzare quest’evento?
Approfittiamo dell’occasione per rubare qualche minuto a Enrico Paolo Costa, CEO di Commerciale Adriatica, e farci raccontare le tappe di un graduale quanto rapido percorso di crescita e affermazione in Italia e nel mondo. Signor Costa, cosa prova nel vedersi circondato da tanti amici venuti a festeggiare un momento così importante della sua vita personale e lavorativa? Una grande emozione! Per me questa festa rappresenta la conferma di aver lavorato bene, con professionalità e correttezza tanto da meritare la fidu-
Non direi stanco, piuttosto rilassato e sollevato. È un po’ come quando si riesce a raggiungere il porto navigando tra le mareggiate e si tira finalmente il fiato. Raggiungere questo obiettivo non è stato sempre facile e nella lunga storia dell’Azienda ci sono stati momenti duri e di sconforto che solo la tenacia, la voglia di riuscire e l’impegno ci hanno consentito di superare. Per questo evento in particolare il maggior lavoro è stato profuso dalle donne della Commerciale Adriatica, in primo luogo mia moglie, che sono la nostra vera forza. Vuole raccontarci com’è cominciata? Siamo partiti nel 1999 con gli erogatori d’acqua, quando erano ancora sconosciuti in Italia, e facendo trading con l’Estremo Oriente da cui importavamo prodotti di ogni genere. Nel 2005, affascinati dal mondo del caffè, abbiamo cominciato a importare dalla Cina le prime macchine a cialde e subito sono nati dei problemi. Per quanto apprezzassimo la capacità dei cinesi di replicare modelli, ci siamo subito resi conto che i loro
standard qualitativi erano molto bassi ed inaccettabili per noi, soprattutto per quanto concerne la componentistica, con risultati pessimi nella performance delle macchine. Per noi era improponibile tentare di imporre un prodotto sapendo bene che ben presto sarebbero venuti a galla dei difetti. Come le dicevo prima, abbiamo sempre voluto mettere al primo posto la professionalità, la qualità e la correttezza nei confronti dei clienti. Quindi l’esperienza cinese si è rivelata un fallimento? Non direi. La prima delusione, se così vogliamo chiamarla, ci è servita a capire che se volevamo raggiungere i nostri risultati avremmo dovuto coniugare l’abnegazione al lavoro e la capacità di riprodurre modelli dei cinesi con i nostri standard di qualità e con la ricerca di materiali che fossero il massimo offerto dal mercato. Vede, noi non produciamo per la GDO ma per il vending e sappiamo bene che il gestore deve poter fare affidamento sulla macchina, che è il suo pane quotidiano. Non può rischiare di perdere clienti perché la macchina va in panne. Noi dobbiamo garantirgli che questo non accada servendogli un prodotto di qualità. Ci faccia un esempio! Gliene faccio uno semplice semplice: quello delle guarnizioni che sono un elemento distintivo delle nostre macchine già a partire dal colore che è
Aziende
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L’inaugurazione della sede di Russi
blu ed è ottenuto con colorante alimentare atossico e inodore. Le nostre guarnizioni sono prodotte solo con silicone giapponese o americano e sono testate ad una ad una in casa con una speciale apparecchiatura che dà l’ok solo quando una guarnizione corrisponde agli standard di elasticità e di resistenza stabiliti. Tanta attenzione per un componente come la guarnizione, che costa solo pochi centesimi, può sembrare un eccesso di zelo! Dice bene! Sembrerebbe un’esagerazione. In realtà la guarnizione è un elemento fondamentale anche come biglietto da visita per un nuovo cliente. Basta un suo piccolo difetto e la macchina potrebbe scorrere pur avendo tutte le altre parti perfettamente funzionanti. Come vede ogni dettaglio va curato fino ad ottenere il massimo della performance. Ed è quanto facciamo per ogni singolo componente delle nostre macchine. Ed è l’attenzione alla qualità che vi ha affermati i campo internazionale. In quali Paesi siete presenti? Sati Uniti, Germania, Spagna, Nord Africa, Sudamerica, Cina ma il nostro mercato più grande resta l’Italia che forse è anche il Paese più esigente in termini di perfezione tecnica e di risultato in tazza. Per tutti gli altri Paesi del mondo abbiamo dovuto ottenere un numero impressionante di certificazioni, alcune talmente specifiche
da sembrare “ridicole”. Eppure lo abbiamo fatto per ottemperare a tutte le norme di qualità e sicurezza. L’obiettivo di raggiungere e mantenere la massima qualità è per noi prioritario per conservare nel tempo la posizione faticosamente raggiunta a livello nazionale ed internazionale. Facciamo un passo indietro. Nel 2007 nasce il marchio Panafe’ che identifica la produzione di macchine per il caffè che, come dicevamo prima, viene effettuata nella vostra fabbrica in Cina. La produzione arriva poi in Italia e da qui viene smistata in tutto il mondo. È corretto? Sì. Le macchine a marchio Panafè vengono prodotte in Cina e trasferite in Italia. Oggi possiamo dire di avere lo spazio necessario nella nuova sede di Russi dove riusciamo a stoccare fino a 15.000 macchine. Non dimentichiamo che Commerciale Adriatica realizza molti modelli di macchine in più colori e che produce conto terzi macchine personalizzate su disegno del cliente. Abbiamo dunque bisogno di molto spazio per lo stoccaggio, spazio che la nuova struttura ci consente di avere. A ciò va aggiunto il magazzino ricambi che stiamo cercando di automatizzare al massimo, per avere
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sempre sotto controllo le scorte ed essere rapidi nelle spedizioni. Facciamo affidamento su una logistica veloce: i container di macchine che arrivano dalla nostra filiale cinese sostano qui solo pochi giorni, il tempo di organizzare le spedizioni. E questo è ulteriore motivo di soddisfazione da parte dei clienti. Cosa riserva il futuro? Per noi il futuro è già il presente. Continueremo a puntare sulla qualità e sull’innovazione tecnologica, cercando di anticipare il mercato e le normative. Pensi che quando è entrata in vigore la normativa “save energy” le nostre macchine, lavorando a 500 Watt ed essendo dotate di un’inerzia termica veloce, erano già pronte!
Aziende
Gli incontri del vending
CAMA EXPO 6 – 8 Ottobre 2013 Vancouver
Esposizione professionale Horeca e self-store
CAMA EXPO
HOST
Vancouver (Canada)
Milano (Italia)
VENDINGTOGO 8 – 9 Novembre 2013 Taormina (Italia)
VENDIBERICA VENDEX 2013 20 –22 12Novembre Nvembre 2013 2013 Madrid (Spagna) Manchester Suite (UK)
Esposizione professionale Horeca e self-store
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VENDIBERICA VENDIBERICA 20 –22 2013 20 –Novembre 22 Novembre 2013 Madrid (Spagna) Madrid (Spagna)
VENDINGTOGO 22 – 23 Novembre 2013 Padova (Italia)
EXPO VENDING SUD 30 Novembre – 1 Dicembre 2013 Catania (Italia)
IMA International Trade Fair 14 - 17 Gennaio 2012 Düsseldorf (Germania)
Vending Paris 2014 5 - 6 Febbraio Parigi (Francia)
Ukraine Vending Expo 4 - 6 Marzo 2014 Kiev (Ucraina)
VendExpo Russia 19 - 21 Marzo 2014 Mosca (Russia)
NAMA One Show 9 - 11 Aprile 2014 Las Vegas (USA)
fm Vend 20 Maggio 2014 Londra (UK)
Le Forum Vending Show 18 - 20 Settembre 2014 Monaco (Montecarlo)
Vending Poland 10 - 11 Aprile 2014 Varsavia (Polonia)
Eventi
Venditalia 2014 7 - 10 Maggio 2014 Milano (Italia)
VENDINGTOGO
VENDIBERICA
Il Vending in Brasile
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a storia del vending in Brasile è davvero molto recente.
rimento relativamente agli standard tecnici, legislativi e commerciali internazionali.
I primi distributori automatici sono comparsi all’inizio degli anni ’90, ma la crisi economica susseguita alle misure restrittive messe in atto nel 1994 dal Plano Real per combattere l’inflazione, ne hanno frenato l’espansione. Di conseguenza, fino al crollo dell’economia avvenuto nel 1998, il vending brasiliano ha vissuto una situazione di stallo. Successivamente, grazie alle politiche macroeconomiche attuate alla fine degli anni ’90, il settore del caffè e delle bevande calde ha cominciato a stimolare il mercato e a catturare l’interesse dei consumatori. I distributori automatici hanno iniziato a diffondersi sulla scia delle crescenti richieste di bevande e, seppure lentamente, sono entrati nelle abitudini d’acquisto dei cittadini brasiliani. Attualmente il numero di distributori automatici installati in Brasile è stimato intorno alle 80.000 unità, ossia una macchina ogni 2.500 abitanti, una media molto bassa rispetto ad altri Paesi come gli Stati Uniti o il Giappone. Il 60% dei distributori è destinato all’erogazione di caffè e bevande calde e la massima concentrazione di macchine (68%) si registra nella parte Sud-Est del Paese, in prevalenza nella regione di San Paolo. L’85% dei distributori automatici presenti in Brasile è costituito da macchine di piccola e media tipologia e ciò è legato anche alla scarsa diffusione di distributori automatici di snack. Per quanto concerne i luoghi d’installazione, circa un 70% delle macchine è collocato in industrie ed uffici, mentre il restante 30% si trova in ambito pubblico, settore che andrebbe maggiormente sviluppato.
ABVA sovrintende all’organizzazione della fiera di settore Expovending&OCS, che quest’anno giunge all’11° edizione e rappresenta il più grande evento del mercato del Coffee Service in America Latina. Secondo Carlos Militelli, che ne è l’organizzatore, in Brasile vi è ancora molta strada da percorrere e il Paese si mostra aperto a quanti siano disposti ad introdurre tecnologie e know-how, volti a dare impulso ad un settore per il quale si prevede nei prossimi anni una crescita del 20%.
allo sviluppo del settore, facendo da portavoce a quanti operano nel comparto. A questo scopo ABVA mantiene stretti contatti con NAMA, EVA e JVMA, le associazioni di categoria rispettivamente americana, europea e giapponese, con l’intento di migliorare le condizioni d’acquisto, soprattutto di macchine, ed avere un punto di rife-
Attualmente sono poco diffuse le nuove forme di pagamento: sistemi di accettazione come le carte di credito o transazioni attraverso smartphone in Brasile non sono ancora conosciute, a differenza di altri Paesi, dove sono già utilizzate e rappresentano il futuro. La loro introduzione stimolerebbe, di conseguenza, una maggiore diffusione dei distributori automatici nei luoghi pubblici e l’apertura di Shop 24. Altra carenza del vending brasiliano è la varietà dell’offerta al consumatore, che ignora le potenzialità della vendita automatica e limita le sue scelte prevalentemente alle bevande calde e fredde. Un discorso diverso va fatto per il pro-
L’ABVA – Associação Brasileira de Vendas Automáticas – è stata fondata nel maggio del 2000 allo scopo di aggregare gli imprenditori del Vending e dell’O.C.S. brasiliani e contribuire
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dotto caffè, il cui consumo in Brasile è notevolmente cresciuto negli ultimi anni. Secondo i dati diffusi a febbraio 2013 dalla ABIC – Associação Brasileira des Industrias de Café – il consumo procapite di caffè nel 2012 ha battuto tutti i record, registrando numeri che non si leggevano dal lontano 1965. Nel periodo Novembre 2011 e Ottobre 2012, il consumo pro-capite di caffè torrefatto è stato di 4,98 chilogrammi, l’equivalente di quasi 83 litri di bevanda per abitante, mostrando una crescita del 2,10% rispetto al periodo precedente. L’ABIC ha, inoltre, osservato che questo incremento non è stato mai registrato prima nel Paese ed ha superato i dati storici del 1965, oltrepassando Italia, Francia e Stati Uniti. La stessa tendenza positiva (+ 3%) ha interessato il consumo di sacchi di caffè crudo che si è attestato in 20,33 milioni, sempre in rapporto allo stesso periodo dell’anno precedente. I brasiliani stanno consumando più
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caffè, grazie ad un’offerta diversificata del prodotto: durante il giorno passano dal classico caffè filtrato, consumato in tutte le case brasiliane, all’espresso all’italiana, preparato sia con metodologia tradizionale che in cialde. Inoltre, accanto alla tazza di caffè puro, nelle abitudini dei brasiliani stanno entrando altre bevande calde, costituite da caffè in combinazione con latte o cioccolato come ad esempio il cappuccino. Ad introdurre l’espresso italiano in Brasile sono stati senz’altro grandi brand come Lavazza ed Illy che intrattengono da anni rapporti commerciali col Paese. Attraverso la sua filiale, Lavazza do Brasil, l’Azienda torinese rifornisce attività del settore Ho.Re.Ca. e, contemporaneamente, importa dal Paese il 40% del caffè che poi viene lavorato in Italia. In un’ottica di internazionalizzazione della sua produzione, Lavazza ha impiantato nello stato di Rio De Janeiro un’unità produttiva destinata alla macinatura, lavorazione e torrefazione. Dal canto suo, Illy ha sviluppato col Brasile un rapporto improntato su una politica di sostegno umanitario che corre di pari passo con gli scambi commerciali e intende offrire il proprio supporto alla salvaguardia all’ambiente, minacciato dallo sfruttamento selvaggio dei terreni, conseguito alla politica di liberalizzazione attuata dal governo brasiliano. Contribuire alla soluzione di problemi quali la deforestazione del Paese e il miglioramento delle condizioni di vita dei coltivatori costituiscono
uno degli obiettivi di Illy in Brasile. Contemporaneamente, Illy ha scelto i coltivatori brasiliani quali partner di un lavoro sul prodotto caffè, teso ad ottenere i migliori risultati di qualità. La sinergia tra il know-how dell’azienda triestina e l’esperienza sul campo dei coltivatori brasiliani, pronti a recepirne gli insegnamenti, hanno dato vita alle migliori miscele Illy. Il legame tra il torrefattore italiano e la cultura del popolo brasiliano ha trovato il suo coronamento nell’apertura di un Coffee Shop Illy in un elegante quartiere di San Paolo. Ma i rapporti tra gli investitori italiani e il Brasile non sono sempre stati così idilliaci. Chi ha tentato di fare business in questo settore andando ad impiantare attività di torrefazione o di distribuzione automatica, soprattutto nell’Office Coffee Service, ha spesso subito cocenti delusioni. Partendo dal presupposto che per avviare un’attività in Brasile è consigliabile avere un partner locale, se non si tengono gli occhi ben aperti si corre il rischio di rimanerne scottati. I brasiliani si rendono disponibili ad aiutare gli in-
vestitori italiani, anche se accettano di entrare in società con una piccola quota, ma di fronte ad un eventuale insuccesso non ne vorranno pagare le conseguenze e chiederanno di uscirne dietro lauta ricompensa.
sto comportamento scorretto li ha in qualche modo messi in guardia. Oggi il Paese è pronto ad aprire le porte a chi voglia fare impresa impiantando unità produttive, che utilizzino manodopera e materie prime locali. Il governo ha previsto agevolazioni per gli italiani che vogliano investire nel settore del caffè. La prospettiva è sicuramente interessante in un momento in cui il Brasile sta scoprendo il monoporzionato e riesce a produrre in proprio le cialde in carta filtro a standard E.S.E.
In Brasile è, però, accaduto anche il contrario.
Sono, invece, da esplorare le possibilità di avviare produzioni di capsule monodose che possano fare concorrenza a Nestlé, la cui capsula in alluminio ha affascinato il consumatore brasiliano, rendendolo però prigioniero del marchio.
Si è verificato il caso di brasiliani che si siano fidati di imprese italiane giunte per commercializzare macchine per il caffè “made in Italy”, salvo poi scoprire che erano prodotte in Cina e che i pezzi di ricambio risultavano introvabili. Fermo restando che anche i brasiliani sono altrettanto capaci di importare dalla Cina, que-
Mentre le macchine Nespresso si sono facilmente vendute, anche perché offerte a buon prezzo, è diventato difficile per i consumatori rifornirsi di capsule, sia perché i punti vendita Nespresso sono solo 11 in tutto il Brasile, sette dei quali tra Rio de Janeiro e San Paolo, sia perché il prezzo risulta troppo alto se messo a
confronto con l’equivalente in carta filtro. Le macchine sono state spesso disattivate e tenute come soprammobili. Ma ora che il brevetto svizzero sta scadendo anche in Brasile si aprono nuove prospettive per il mercato, di cui si stanno già approfittando ditte locali, seppure in maniera artigianale. Basti pensare che una di esse, la Lucca Cafés, riempie a mano le sue capsule compatibili! Ma nessun produttore locale possiede l’esperienza e il know-how italiano e ad essi il Brasile intende ora dare il benvenuto!
13 Uno speciale ringraziamento a Gil Manigrassi per le informazioni e la collaborazione apportate alla stesura di questo articolo. Giornalista piemontese, Gil Manigrassi ha iniziato la sua professione in Italia specializzandosi nel settore delle due ruote, sua grande passione giovanile. Trasferitosi a San Paolo del Brasile, dove ha sposato un avvocato, proprietaria anche di un’attività di produzione di cialde, ha avvicinato la sua professione al mondo del caffè, di cui segue il mercato e studia le prospettive future. Per ogni informazione sulle possibilità offerte dal vending brasiliano, scrivete a mgdobrasil@mgdobrasil.com
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Il Vending brasiliano tra marketing e social Nonostante sia ancora giovane e legato a tecnologie tradizionali, il vending brasiliano ha le sue eccezioni e talvolta mostra di aver assimilato le più recenti tendenze ad utilizzare la distribuzione automatica come mezzo di comunicazione. Non ci riferiamo semplicemente alla pubblicità da poter passare attraverso i monitor di cui sono dotate le macchine di ultima generazione, ma ad un uso virale e non convenzionale dei distributori automatici, collocati in aree ad alto transito e, quindi raggiungibili da un elevato numero di utenti. Se una vending machine, installata in un luogo pubblico, si presenta con una veste originale capace di attrarre il consumatore, è certo che in breve tempo sarà attorniata da una piccola folla, pronta a scoprire quale novità si nasconde dietro a quello che viene generalmente considerato un semplice dispenser di caffè e bibite.
Gomes da Costa, azienda leader nella lavorazione del tonno, per promuovere le sue insalate di tonno in scatola, ha fatto realizzare un particolare distributore automatico in cui è stato incorporato un vero acquario abitato da pesci e coralli. In realtà, le scatolette di tonno quasi non si notano ed occupano un piccolo spazio non illuminato che può tranquillamente passare inosservato. È impossibile, invece, non notare il grande acquario che necessariamente attrae quanti si recano al ristorante Equilibrium di San Paolo, dove la macchina è stata installata. Qual è allora l’obiettivo da raggiungere? Gomes da Costa non intendeva vendere una maggiore quantità delle sue scatolette di tonno utilizzando un punto vendita automatico, ma attrarre i passanti grazie all’acquario e promuovere spuntini sani e naturali attraverso lo slogan “Il meglio del mare per voi”. Se nella memoria storica dei consumatori si innesca il meccanismo Mare + Marchio + Tonno, il prodotto diventa più facilmente riconoscibile e altrettanto facilmente sarà scelto dai consumatori sugli scaffali della grande distribuzione.
Ecco un esempio di marketing a sfondo sociale sviluppato attraverso il vending. Anche in Brasile sono abbastanza diffusi i distributori automatici di libri, presenti soprattutto nelle stazioni ferroviarie metropolitane e nelle sale d’attesa di aree di transito. Ma è del tutto particolare il distributore automatico ideato da 24X7 Cultural, una società senza fini di lucro la cui missione è di facilitare la formazione di nuovi lettori per incoraggiare l’abitudine a leggere e, contemporaneamente, migliorare il tasso di alfabetizzazione in Brasile. Installate nelle stazioni della metropolitana di San Paolo, le macchine si distinguono per lo slogan che vi campeggia “Pague quanto acha que vale” ossia “Paga quanto credi che valga”. Ciò significa che i libri posti in vendita non hanno un prezzo definito ed ognuno può pagare quanto ritiene che il libro valga o quanto può permettersi. L’iniziativa ha avuto successo, considerando che nel solo mese di febbraio sono stati venduti 28.000 libri, nonostante i titoli non fossero proprio recenti, ed ha permesso agli editori di liberarsi di una grande quantità di volumi che sarebbero rimasti senza dubbio invenduti.
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Se avete presente i siti dedicati agli acquisti di gruppo scontatissimi, potete comprendere l’operazione di marketing compiuta dal sito brasiliano Peixe Urbano. Se poi si considera lo stato di crisi mondiale che ha colpito i consumi, si comprende ancora di più l’enorme successo ottenuto dal distributore automatico di soldi che Peixe Urbano ha installato nel centro commerciale Paulista di San Paolo. Per promuovere i forti sconti (da 50 a 90%) proposti dalle sue offerte, il sito ha ideato un distributore automatico che restituisce all’utente il doppio della cifra inserita nella macchina, fino ad un importo massimo di 50 euro. Scopo dell’iniziativa era dimostrare come il denaro cresce e si moltiplica attraverso gli acquisti collettivi sul sito di Peixe Urbano. Gli effetti sono stati immediati: il centro commerciale ha ricevuto il 47% di visitatori in più, il sito ha visto aumentare dell’83% i click, mentre incontabili sono stati i tweet che gli utenti si sono passati per promuovere il sito.
16 Ecco un esempio di vending promozionale: Nivea, brand internazionale della cosmesi, si unisce a Facebook, il social network più diffuso al mondo, attraverso un particolare distributore automatico. Per festeggiare il giorno di San Valentino, Nivea Brasil ha realizzato, in collaborazione con una nota agenzia pubblicitaria, un evento speciale che si è svolto all’interno di una stazione metropolitana di San Paolo. Per promuovere il Nivea Lip Balm è stato installato un distributore automatico brandizzato Nivea. La macchina dispensava stick di balsamo per la labbra alle coppie di innamorati che vi si avvicinavano. Le invitava poi a provarlo e a scambiarsi un bacio. Un particolare sensore posto sul distributore individuava il movimento delle coppiette e le fotografava cogliendole “in flagrante”. Le immagini stampate su colorati post-it rosa e azzurri sono state attaccate tutt’intorno alla macchina e postate sulla speciale pagina Facebook. Record di baci – ben 13.316 – che hanno decorato questo bellissimo murale degli innamorati!
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I consumatori e il self-shopping
Il Cisco ha annunciato i risultati del Cisco Customer Experience Report focalizzato sulle modalità d’acquisto dei consumatori , una ricerca globale effettuata su un campione composto da 1.511 utenti di 10 nazionalità diverse. L’obiettivo della ricerca era di analizzare il comportamento del consumatore nelle esperienze d’acquisto e valutare l’impatto dell’automazione e del self-service sulle sue abitudini. I risultati sono stati molto interessanti ed hanno evidenziato la figura di un consumatore positivamente attratto dai nuovi canali di vendita e dalle ultime novità tecnologiche per ciò che concerne le modalità di pagamento. Il 34% degli acquirenti adotta un comportamento multicanale, intrecciando la rete con lo scaffale: il 23% sceglie il prodotto su internet e poi si reca al negozio per acquistarlo, mentre l’11% adotta la procedura inversa. Per ciò che concerne le modalità off-line, la maggioranza dei consumatori (61%) si è dichiarato pronto ad effettuare i propri acquisti presso punti vendita self-service, distributori e chioschi automatici unattended e/o dotati di commesso virtuale. Ma anche quando il consumatore sceglie il negozio tradizionale (supermercato e ipermercato), nella fase di check out, ossia nel momento in cui paga, preferisce la cassa automatica: il 52% degli intervistati la sceglie per evitare code e perdite di tempo. Il risultato rappresenta la media dei dati ricavati per fascia di età. Il 45% del campione analizzato, appartenente alla fascia di età dai 50 anni in su, paga automatico. Gli intervistati di età compresa tra i 30 e 49 anni sceglie le casse self-service nella misura del 55%; la percentuale più alta, il 57%, si registra tra i giovanissimi (18 – 29 anni), la generazione Y nata e cresciuta con la rete.
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Altro dato interessante per ciò che concerne i negozi automatici è la valutazione della figura del commesso. Il 42% dei consumatori ha dichiarato che preferisce fare acquisti in negozi completamente automatizzati senza commesso o con la presenza di un commesso virtuale. Il 58% vorrebbe, invece, un assistente all’interno del negozio, probabilmente per avere un aiuto sulle modalità d’uso dei distributori piuttosto che per avere consigli sul prodotto/servizio che sta acquistando. Il 58% dei consumatori dichiara di essere disponibile a fornire informazioni personali al rivenditore in cambio di un servizio più personalizzato; il 54% è disposto a far memorizzare le informazioni fornite in una banca data gestita dal rivenditore, affinché questi possa monitorare la frequenza e la modalità degli acquisti del suo cliente e customizzare il servizio offerto. I sistemi di pagamento attraverso lettori di carta/chiave o in modalità contactless utilizzati sui distributori automatici consentono al gestore, che nel vending rappresenta il rivenditore, di costruire una sua banca dati sulle abitudini d’acquisto dei consumatori. Le percentuali scendono quando si tratta dei dati relativi alla carta di credito: solo il 32% permetterebbe al rivenditore di memorizzarne i dati in vista di successivi acquisti, anche se ciò implica minore velocità nelle procedure di pagamento. Quest’ opinione vale soprattutto per gli acquisti on-line. Dati interessanti riguardano anche la percezione e il valore attribuiti ai social media nel servizio clienti, soprattutto nelle modalità d’acquisto on-line o quando il consumatore non può “toccare con mano” ciò che compra, il che si verifica anche negli acquisti alle vending machine nel caso degli shop automatici. L’83% degli acquirenti di capi d’abbigliamento utilizza i blog o i feedback lasciati da chi ha già acquistato. Anche in questo caso occorre fare un distinguo: il 53% si fida di recensioni lasciate da sconosciuti, il 30% di quelle degli “amici” sui social media e solo il 23% dei consigli lasciati dagli stessi rivenditori. Sarebbe interessante utilizzare i monitor dei distributori automatici non solo per fornire informazioni sui prodotti, ma anche per consentire l’accesso a questo genere di “commenti” attraverso il collegamento della macchina alla rete Secondo Jon Stine, Direttore Retail and Consumer Practice di Cisco Business Internet Solutions Group: “I risultati di questo sondaggio evidenziano un desiderio crescente da parte dei consumatori di un’esperienza di shopping multi-canale, dove la velocità e la personalizzazione che gli utenti ricevono on-line, vengano fornite all’interno del negozio in modo sempre più automatizzato”
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L’evoluzione dell’Automated Shop Il negozio automatico sembra essere la naturale evoluzione del vending pubblico: una batteria di distributori automatici di varia tipologia inseriti in uno spazio chiuso ma accessibile a tutti. In un certo qual modo lo shop automatico integra e/o fa concorrenza al cosiddetto street vending, termine inteso in un’accezione allargata e applicata alla distribuzione automatica e col quale generalmente si indica l’attività degli ambulanti. Pensiamo al Giappone dove i lati delle strade sono abitualmente occupati da invitanti distributori automatici, pronti ad esaudire all’istante desideri ed esigenze dei passanti. Negli ultimi anni, questa sorta di supermercato automatico all’aperto è assurto a rango di negozio vero e proprio, tale da meritare una struttura altrettanto decorosa. Quanto detto è in realtà il risultato di una lettura superficiale e frettolosa del concetto di automated shop, un’interpretazione istintiva di un concept giovane che in Italia ha cominciato a svilupparsi solo da poco tempo. La preparazione di quest’articolo introduttivo all’argomento, che verrà approfondito con maggiori dettagli e col contributo degli addetti ai lavori nelle pagine successive, ha condotto a conclusioni diverse. Il concetto di negozio automatico nasce dalla combinazione di due diversi segmenti del fast retail: il vending e il convenience store, dove convenience sta per comodo, pratico e non economicamente conveniente come il termine suggerirebbe. La fusione dei due diversi concept ha dato avvio allo sviluppo dei micro market automatizzati, un format che negli ultimi anni è diventato la risposta concreta alle esigenze di shopping del consumatore moderno.
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In questo dossier si cercherà di dare un’idea di quanto oggi offre il mercato, evidenziando l’impegno profuso da produttori e gestori italiani al fine di fornire ai consumatori il miglior prodotto e il miglior servizio possibili. Si getterà inoltre uno sguardo alle ultime tendenze dei mercati esteri, affinché possano stimolare i produttori italiani, capaci come pochi altri di sviluppare progetti conferendo ad essi le competenze e il gusto estetico di cui in questo settore sono leader assoluti.
Un po’ di storia
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micromarket automatizzati aperti 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno rappresentano la soluzione di shopping ideale per i consumatori di oggi, per i quali il tempo libero tende a dilatarsi sempre più verso le
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ore serali. Questa è la parte della giornata in cui si cerca di concentrare tutte le attività extralavorative: lo sport, il cinema, gli incontri con gli amici e anche lo shopping.
Mentre prima si andava fuori per fare shopping, oggi si fa shopping quando si è fuori e la nuova esigenza è quella di avere sempre a disposizione i luoghi d’acquisto, soprattutto oltre gli orari canonici dei negozi tradizionali.
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egli Stati Uniti quest’esigenza si è sentita prima che altrove. Già nel 1927 venne aperto in Texas il primo convenience store, un minimarket in cui si vendeva di tutto un po’, aperto dalle 7,00 del mattino alle 11,00 di sera. I convenience store rappresentarono una rivoluzione nel mondo del retail e incontrarono rapidamente i favori dei consumatori che ne apprezzavano la comodità, l’accessibilità e la varietà dell’offerta, pur nella consapevolezza di pagare qualche centesimo di dollaro in più rispetto ai negozi tradizionali. In un’epoca in cui i “mall” ossia i grandi centri commerciali e gli ipermercati non erano ancora diffusi, il convenience store rappresentava un luogo d’acquisto di dimensioni contenute – e ciò significa rapidamente percorribile – in cui il consumatore era sicuro di trovare i prodotti di necessità, quelli indispensabili all’esigenza del momento, e di potervi accedere anche in orari particolari. Il concept funzionò e fece la fortuna della Southland Company la quale diede avvio allo sviluppo della prima catena di convenience store: i 7-Eleven. Già nel 1952, nonostante gli anni della guerra, la compagnia arrivò ad aprire negli Stati Uniti il centesimo punto
vendita e ad inserire sugli scaffali una sempre maggiore varietà di prodotti . Il passaggio dall’orario di apertura originario al definitivo h24 avvenne per caso nel 1962 quando, in occasione dei campionati di calcio dell’Università del Texas, il punto vendita di Austin fu costretto a restare aperto notte e giorno per soddisfare le richieste del pubblico che andava ad assistere alle partite. La sperimentazione del nuovo orario funzionò e divenne la prerogativa dominante dei convenience store, non solo dei 7-Eleven, ma di tutte le catene che sono nate sul suo modello negli anni successivi.
Divenuto un franchising ed esportato in tantissimi Paesi nel mondo, il 7-Eleven è uno dei simboli delle abitudini di vita quotidiana degli americani ed è riuscito ad ottenere pari fortuna solo in Giappone, dove il concept è arrivato alla fine degli anni ’80. I konbini, versione orientale del convenience store d’importazione americana, hanno invaso le grandi città del Giappone e rappresentano un punto di riferimento per lo shopping quotidiano del popolo giapponese stritolato da frenetici ritmi di lavoro. Secondo le statistiche ci sono attualmente in Giappone oltre 50.000 konbini – uno ogni 2.500 abitanti
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Secondo le statistiche ci sono attualmente in Giappone oltre 50.000 konbini – uno ogni 2.500 abitanti – mentre il numero di convenience store negli Stati Uniti ha raggiunto la cifra record di circa 150.000 unità. Secondo i dati elaborati da Nielsen, al 31 dicembre 2012 i convenience store americani erano 149.220 con un incremento del 0,7% rispetto al 2011. Secondo le previsioni il loro numero è destinato a salire. Perché i convenience store si sono diffusi e continuano a diffondersi così rapidamente? Cosa li rende attraenti per il consumatore, nonostante i prezzi più alti rispetto ai canali della grande distribuzione, fattore di non poco conto in un’epoca di recessione come la nostra?
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La prima risposta ha una valenza psicologica ed emozionale: il convenience store, presente ovunque e a tutte le ore, risolve un disagio emotivo di cui è vittima il cittadino di oggi. In una società dominata da ansia e stress, in cui si corre sempre e gli impegni lavorativi occupano gran parte della giornata, l’espressione ricorrente “non ho tempo per…” non si riferisce solo ad attività secondarie relative alla sfera del piacere, ma anche ad attività che attengono alla sfera delle necessità primarie, come quella appunto di fare la spesa. In questo contesto, le porte sempre aperte del minimarket h24 rappresentano una rassicurazione, colmano un vuoto, ri-
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solvono un problema. Accanto a questa motivazione profonda, ve ne è una serie di tipo pratico: - la capillare presenza sul territorio; - la possibilità di evitare la fila alle casse nel momento del pagamento; - il risparmio su alcune tipologie di prodotto, come ad esempio quelli da bar, rispetto ai negozi tradizionali; - la disponibilità di una grande varietà di prodotti concentrati in uno spazio contenuto: alimenti, sigarette, ricariche telefoniche, giornali, libri, CD e DVD, cosmetici, materiale elettronico -
la possibilità di acquistare cibi precotti e consumarli subito, grazie alla disponibilità in loco di forni a microonde, caratteristica che risponde pienamente alle esigenze del “food on the go”. La robotica e l’avvento dell’informatica, uniti alla crescente diffusione dei distributori automatici, hanno fatto il resto. L’automazione ha dato una nuova logica al convenience store, lo ha attualizzato sviluppando un nuovo concetto, quello appunto dell’automated micromarket. Certamente il passo non è stato diretto e repentino. Ci sono state e ci sono ancora situazioni ibride in cui il vecchio e il nuovo concetto coesistono e all’interno di uno stesso locale la vendita al banco si integra con quella automatica attraverso le vending machine. Né è accaduto che lo shop automatico h24 abbia soppiantato il convenience store il cui numero, come abbiamo visto, continua a crescere. Le due realtà convivono sul territorio, soprattutto nelle città più grandi, con netta prevalenza del vecchio format rispetto a quello automatico.
Considerando la giovane storia dei negozi automatici, si può immaginare che essi recupereranno terreno con le generazioni del futuro prossimo se saranno capaci, come stanno già dimostrando, di rispondere a nuove ulteriori esigenze. Il mini market automatico deve essere presente e disponibile sempre, come il suo progenitore, ma deve poter offrire di più: informazione, connessione, condivisione. Per la Generazione Z, costituita da circa il 18% della popolazione mondiale, quella nata nell’era del digitale e della comunicazione non verbale, l’azione pigio il tasto=ottengo il prodotto è una formula che appartiene un po’ al passato e non differisce molto dal tradizionale entro nel negozio=compro il prodotto. Il mini market automatico può offrire molto di più e di conseguenza attrarre molto di più. In un ambiente che è innovativo già solo perché costituito da macchine, l’introduzione delle nuove
tecnologie può rappresentare la carta vincente. Schermi interattivi attraverso i quali accedere alle informazioni sui prodotti, monitor collegati ai canali dedicati al target di consumatori che si vuole raggiungere, la connessione ad internet e il conseguente accesso ai social network, attraverso i quali “condividere” o ricevere e offrire gratificazione con un semplice “mi piace”, non
possono lasciare indifferenti i giovani destinatari del servizio automatico. Se lo shop automatico saprà attrarre e riuscirà a inserire il retail nel mondo virtuale in cui le giovani generazioni si sentono a proprio agio, allora sarà la formula giusta capace di fidelizzare i consumatori di domani. Ma questo è già il futuro.
Il negozio automatico in Italia
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ochi sanno che il primo convenience store italiano è stato presentato a gennaio 2009 in occasione della 5° edizione di MARCA by Bolognafiere, una manifestazione rivolta al mondo della marca privata. Nell’ambito dell’edizione 2009 di quest’evento, il prodotto alimentare di marca è stato analizzato contestualizzandolo nei moderni stili di vita degli italiani, sicuramente diversi rispetto al passato, in cui il fattore tempo è prioritario. Laddove la pausa pranzo è ridotta a poche decine di minuti, il numero dei single è in aumento e la figura della donna/massaia è solo un ricordo, il momento del pasto deve necessariamente essere breve e soddisfatto con prodotti salva tempo già pronti, facili da preparare e da poter consumare nello stesso locale in cui vengono acquistati. Un veloce passaggio al microonde messo a disposizione dei consumatori e un’area attrezzata con tavolini su cui appoggiarsi rappresentano la soluzione ideale per chi deve mangiare velocemente un boccone e poi riprendere le attività quotidiane, siano esse lavoro, studio o shopping. Il concetto è chiaramente mutuato dalle abitudini americane e di altri Paesi europei che sono arrivati prima di noi a ritmi di vita frenetici, ma è stato adattato alle abitudini alimentari nostrane e alle esigenze di consumare un pasto all’italiana anche se di cor-
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sa. Le nostre aziende alimentari si sono dimostrate all’altezza della nuova situazione, riuscendo a proporre piatti a base di pasta, secondi già pronti, pizza, piatti unici a base di insalate, frutta già lavata e tagliata che sembrano soddisfare a pieno le esigenze dei consumatori. In realtà, l’Italia è lontana dal format del convenience store originale. Potremmo azzardare che vi si avvicinano di più i piccoli negozi che si propongono nell’insegna con l’invitante slogan “Tutto a 50 centesimi”, pur avendo all’interno un vasto assortimento di prodotti di varia tipologia e di vario prezzo, limitato comunque a cifre che possa restare attraenti e non superare un massimo di 5-10 euro. Si tratta di piccoli bazar convenienti, dove la qualità lascia a desiderare, moltiplicatisi soprattutto per rispondere al bisogno di risparmiare del consumatore vittima della crisi economica.
store, punti vendita accessibili facilmente in luoghi di passaggio come stazioni ferroviarie, metropolitane, aree di servizio. Ad essi si è aggiunto più di recente un nuovo luogo destinato al consumo veloce, che si sta diffondendo in Italia attraverso alcune catene di supermercati di marchi non italiani, presenti sul nostro territorio. Per meglio comprendere di cosa si tratta può essere indicativo l’esempio della catena Carrefour, che sta destinando un’area attrezzata all’interno del supermercato, in cui chi fa la spesa può fermarsi a mangiare un boccone scegliendo tra ciò che è disponibile nei banchi frigo o tra i pasti caldi pronti serviti da personale addetto in pratici contenitori monouso.
Dal punto di vista della ristorazione, più rispondente al concetto sono quelli che potremmo definire transit
Siamo comunque ancora lontani dal concetto di convenience store e più ancora di negozio automatico.
La nostra idea è che il percorso compiuto in Italia sia diverso da quello degli altri Paesi, in particolare da quello americano, e abbia seguito un itinerario probabilmente opposto rispetto a quello estero. Mentre altrove si è proceduto ad automatizzare il negozio tradizionale, in Italia si è reso negozio la distribuzione automatica. Ciò è avvenuto nel momento in cui ci si è resi conto di trovarsi di fronte a un canale adatto alla vendita di ogni tipologia di prodotto, moderno e apprezzato dai più giovani, facilmente implementabile con le nuove tecnologie, gestibile senza personale interno, e dunque più economico e adeguato ai ritmi di vita del consumatore dei nostri giorni.
La chimera è crollata quando l’improvvisato gestore si è trovato di fronte a problemi di approvvigiona-
Come per ogni regola, anche in questo caso esistono le dovute eccezioni come dimostra il case history degli Automatic Free Shop gestiti da Debora Malaponti.
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mento e stoccaggio della merce, ad inconvenienti tecnici, a bassi consumi dovuti ad errata scelta della locazione e, peggio ancora, al venir meno del supporto da parte del franchisor. Basta fare una piccola ricerca sul web per leggere di aspettative disilluse, di perdite di denaro e necessità di sbarazzarsi dell’ingombrante problema.
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Perché allora non c’è stato ancora il boom di questo format, che spesso si è rivelato un’esperienza fallimentare e deludente? Riteniamo che sia stata determinante e non corretta l’impostazione data al
concetto di negozio automatico da chi in un primo momento l’ha lanciato sul mercato. Proponendolo come un nuovo business del franchising, alla stessa stregua delle catene dei negozi tradizionali, lo shop automatico è stato presentato come un lavoretto facile e alla portata di chiunque volesse lanciarsi in un’attività in proprio impegnando un capitale minimo. Solitamente lo si è proposto e lo si propone come secondo lavoro, integrazione dello stipendio, gestibile nei ritagli di tempo e senza aver bisogno di specifiche competenze.
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Debora Malaponti Il Vending al femminile
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a storia di Debora Malaponti è la storia di una donna in carriera che a un certo punto della vita decide di svoltare, cercando di riconquistare i propri spazi senza per questo dover rinunciare all’impegno professionale.
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Con una lunga esperienza nella GDO, ambito in cui ha ricoperto ruoli di responsabilità per grandi marchi, che l’hanno portata a continui spostamenti sul territorio, Debora ha deciso di fermarsi per cercare una collocazione professionale in cui trovasse spazio anche la sua vita privata. Un annuncio pubblicato nel 2008 sulla rivista Millionaire, che proponeva d’intraprendere un’attività in franchising nell’ambito del vending attraverso l’apertura di negozi automatici, le è sembrata la soluzione giusta. Dal contatto con l’Azienda – allora Nuova VDE International – all’apertura del primo negozio automatico a novembre dello stesso anno il passo è stato breve. Oggi Debora è titolare di quattro Automatic Free Shop, aperti in altrettanti punti nevralgici del centro di Piacenza, la città dove vive e dove ha messo finalmente radici. La incontriamo per comprendere cosa accade a chi, completamente estraneo al vending, si lancia in questo
tipo di attività e, contrariamente alla stragrande maggioranza dei casi, centra gli obiettivi e trasforma un’attività nata per ripiego in un lavoro appassionante.
tecnica. Insomma il minimo impegno col massimo guadagno, che era ciò di cui in quel momento avevo bisogno. Salvo poi scoprire col tempo che le cose non stavano proprio così.
In Italia lei può essere considerata un pioniere del negozio automatico con una buona dose di incoscienza, dal momento che ha creduto nell’idea senza sapere bene a cosa stesse andando incontro. Condivide quest’affermazione?
Perché cosa è accaduto in seguito?
Direi proprio di sì. Quando ho aperto il mio primo Free Shop, l’ho fatto fidandomi istintivamente della proposta di franchising della Nuova VDE International. Era presentato come un lavoro facile, che impegnava poco tempo e garantiva un reddito. Era inoltre supportato dall’assistenza del franchisor che assicurava aiuto nella scelta della location e formazione sia rispetto alla tipologia dei prodotti che alla parte
Intanto devo dire che anche l’Azienda proponente, per quanto avesse in Italia 120 punti vendita automatici, di vending ne masticava poco. Pensi che all’inizio le macchine avevano una struttura a spirali standard in cui bisognava inventarsi quali prodotti adattare. Io stessa avevo creduto ingenuamente di poter applicare la logica del supermercato, di cui avevo tanta esperienza, al negozio automatico, scoprendo presto che nel vending si ha a che fare con un consumatore diverso da quello che entra nel supermercato per fare la spesa. Ho compreso allora che dovevo “studiare” il settore se non volevo gettare al vento i risparmi investiti. Tenga conto che anche le banche, non avendo alcuna idea di questo tipo di attività, si erano mostrate diffidenti nell’erogare un leasing e pretendendo mille garanzie. Tutto questo mi ha spinta ad impegnarmi per riuscire: ho studiato i distributori automatici, la psicologia del consumatore che si avvicina a questo tipo di servizio, i prodotti più adatti, ho sviluppato operazioni di marketing mirate. Insomma, quello che doveva essere un lavoro semplice, si è rivelato un grande impegno. Ma non ha mollato! Assolutamente no! Anzi ho aperto un secondo Free Shop e a quel punto la Nuova VDE International mi ha pro-
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posto di occuparmi del servizio merchandising dell’intero franchising, di cui ormai avevo accumulato una buona esperienza. Cosa è cambiato? Intanto la tipologia delle macchine e il loro lay out. Si è passati ad un format di distributore automatico con una configurazione standard dei prodotti, di cui fornivamo anche le immagini. Ho stipulato contratti nazionali con i fornitori in modo da creare un gruppo d’acquisto, anche se poi ogni franchisee restava libero di comprare ciò che voleva dove voleva. Per chi si avvicinava da profano al settore questo tipo di assistenza e formazione risultava fondamentale per iniziare, cosa di cui io non avevo potuto beneficiare. Come sono stati i suoi inizi? Direi abbastanza difficili soprattutto nel riuscire a convincere i piacentini della convenienza del negozio automatico e prima ancora della sua esi-
stenza. Ho fatto lavoro di affissione e volantinaggio, pubblicità sulla stampa locale, ho organizzato feste in cui regalavo gadget e offrivo caffè. Insomma tutto il marketing che poteva ritornare utile in termini di approccio ed eventuale fidelizzazione dei clienti. Non è stato facile, ma oggi capita che la gente mi incontri per strada e mi fermi per segnalarmi che il tale prodotto è finito. Perché la gente sa che è lei il proprietario? In verità sa che sono un collaboratore, ma è abituata a vedermi sul posto mentre rifornisco le macchine o riparo un guasto e il fatto di avere quattro Free Shop in pieno centro in una città che non è Milano, mi ha resa “popolare”. Ho capito bene? Rifornisce e ripara le macchine? Sì. Ormai sono in grado di riparare la maggior parte dei guasti, tranne
quelli di tipo elettronico per i quali mi avvalgo di una persona specializzata in materia. Per il resto faccio da sola. Doppio giro quotidiano: uno al mattino presto in modo che le macchine siano piene ed efficienti ed uno nel tardo pomeriggio per verificare che tutto sia a posto per la vendita notturna. Pulizia dei locali che devono essere sempre in ordine: un locale sporco o disordinato allontana il cliente. Controllo che i distributori siano caricati in maniera adeguata ed effettuo la rotazione dei prodotti a seconda della stagionalità, altre due operazioni fondamentali. Oltre alle classiche macchine per bevande calde, snack e bibite, ho anche distributori di piatti pronti che d’inverno possono essere riscaldati nei forni a microonde presenti nei negozi. D’estate, invece, inserisco insalate fresche, di riso, di pasta … insomma piatti adatti alle stagioni. Certo con quattro negozi e se si vuole far bene il proprio mestiere l’impegno è tanto. Perciò di recente ho assunto un collaboratore, rigorosamente donna!
Quali sono le criticità che ha maggiormente riscontrato?
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Intanto il packaging dei prodotti presenti sul mercato, per lo più non adatto al vending. Accade che vengano lanciati e pubblicizzati sui media prodotti nuovi, che la gente richiede e che non è possibile inserire nelle macchine in quanto il formato non è adatto. La gamma dell’offerta al consumatore a questo punto si restringe e se il prodotto non c’è, il cliente è spinto a cercare altrove. Altra problematica difficile da risolvere è la differenziazione delle marche, motivo per il quale credo che l’idea della spesa, intesa in senso tradizionale, difficilmente potrà decollare nel negozio automatico. Faccio un esempio: se vai al supermercato puoi trovare 10 marche di spaghetti diversi, una varietà impossibile da inserire nel distributore automatico. Se il cliente non gradisce la marca di spaghetti che gli proponi, andrà al supermercato dove è sicuro di trovarla. Diverso è il caso del supermercato che ha anche la vetrina automatica funzionante negli orari di chiusura. Il cliente parte da casa pensando di andare al supermercato
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e trovandolo chiuso si accontenta di quello che trova nel “distributore del supermercato”. Non voglio azzardare teorie psicologiche, ma credo di non sbagliarmi e l’esperienza me lo conferma. Pensi che ho due macchine del pane rifornite con pane sfornato ogni giorno da mio cognato che lo produce e ha una panetteria. Ebbene, anche lui all’esterno del suo negozio ha un distributore automatico di pane fresco, ma mentre io vendo pochi pezzi al giorno, lui ne vende tantissimi, perché la gente nel suo caso è sicura di acquistare il pane del fornaio anche se viene fuori da una macchina!
della Bevimax, una macchina per i surgelati della Cigat. Per il caffè uso capsule Lavazza, un po’ perché mi è capitato di acquistare macchine usate con questo sistema e un po’ perché ne ho riscontrato la praticità. Ultimamente però ho inserito un distributore per caffè in grani e ho dovuto imparare tutto su regolazioni, macine, temperatura. Tutto questo mi diverte e mi appassiona! Cosa consiglia a chi volesse lanciarsi in questo tipo di attività?
Un esperimento che invece sembra funzionare lo sto facendo in uno dei Free Shop dove, esternamente alla struttura, sono collocati due distributori automatici di un agriturismo della zona che erogano latte fresco a 1 euro e yogurt. La gente apprezza la convenienza e la bontà dei prodotti.
Di scegliere bene la location, è fondamentale che sia una zona ad alto traffico pedonale e centrale; di avere un controllo quotidiano delle macchine sia da un punto di vista della funzionalità che dei rifornimenti; di fare attenzione alla pulizia dei distributori e del negozio e di non caricarsi di grosse spese, puntando ad affitti ragionevoli e facendo da sé, se possibile.
Quali marche di distributori automatici ha nei suoi negozi?
Un’ultima domanda: a quanto vende il caffè?
Ho macchine della Necta, una macchina G-Drink di Sandenvendo, un distributore americano del freddo
A 50 centesimi da sempre. Ma ultimamente il prezzo è passato a 0,60 e la gente è contenta!
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n caso, illustrato da Roberto Pace in occasione del Forum Vending 2013 Retail & GDO tenutosi a Milano ad aprile scorso, è quello di Gedac Vending.
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Gedac Vending è una compagnia di gestione toscana, attiva soprattutto nell’area di Firenze, Prato e Pistoia, che da piccola azienda familiare ha saputo col tempo conquistare nel settore una posizione di rilievo, facendo della qualità del servizio e del prodotto il nucleo della propria attività. L’approccio al concetto di shop automatico e la sfida lanciata a questo tipo di mercato sono basati proprio
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sui principi che l’Azienda ha sempre applicato nel vending tradizionale. Gedac ha voluto dimostrare che il vending è capace di assimilare le modalità di vendita del canale retail, riuscendo a offrire un servizio efficace e completo con maggiori profitti e minori costi. È necessaria tutta una serie di competenze specifiche che possano garantire il funzionamento di un negozio automatico funzioni e solo chi fa vending le possiede: regolarità dei rifornimenti e varietà dei prodotti, controllo programmato delle scadenze, prevenzione dei guasti e tempestività degli interventi sia per competenza che per disponibilità dei ricambi, controllo della catena del freddo grazie all’uso di automezzi idonei, disponibilità di una grande varietà di espedienti tecnologici attraenti e di grande interesse per il consumatore. Da questi concetti di base sono nati i Gedac Self Shop 24, in cui l’Azienda ha scelto di mettersi in gioco in prima persona, non nascondendosi dietro un numero di cellulare, spesso attaccato con un semplice adesivo alle macchine, come accade laddove a gestire il punto vendita è un improvvisato del settore. Attualmente i punti vendita automati-
ci a marchio Gedac sono tre, posizionati in tre location concettualmente diverse. Il primo si trova a Firenze, in un’area ad alto passaggio pedonale del centro, il secondo si trova a Prato, accanto ad una caffetteria e il terzo a Sesto Fiorentino, in una zona ricca di negozi. In tutti e tre i casi Gedac, oltre a mettere tutta la sua esperienza nel vending a servizio del retail, ha cercato di assimilarne i concetti, creando negozi automatici integrati nel territorio, fortemente attrattivi per estetica e tecnologia, dotati di monitor interattivi informativi, in grado di offrire varietà dei prodotti, allargando la gamma di referenze disponibili fino a inserire prodotti non conventional come parafarmaci, materiale elettronico, accessori per fumatori ecc. nell’obiettivo di completare l’offerta e accrescere il business. Forte dell’esperienza maturata, Gedac Vending ha in programma ulteriori miglioramenti del servizio, sia per quanto concerne l’assistenza tecnica attraverso l’uso della telemetria, sia per quanto concerne la diversificazione dell’offerta, l’implementazione di moderni sistemi di pagamento e l’attrattività dei punti vendita.
Retail e Vending si integrano
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’esperienza di Conad Adriatico mostra in maniera emblematica come il vending possa diventare parte integrante del retail, ponendosi non come canale competitor ma come supporto, atto a incrementare le vendite e fidelizzare la clientela. Nel 2010 Conad Adriatico, puntando sulla differenziazione competitiva attraverso l’innovazione del prodotto e del servizio, si è posto l’ambizioso obiettivo di realizzare su alcuni punti vendita della catena una vetrina non espositiva. L’ambizione di rendere possibile la vendita dei prodotti del supermercato h24 e 7/7, approssimando lo scaffale al consumatore anche nei momenti in cui lo store tradizionale è chiuso, ha consentito all’Azienda d’innovare il servizio alla clientela, rispondendo a sue particolari esigenze di orario e di tempo disponibile. Il Self 24 Conad ha dimostrato le potenzialità insite in questa tipologia di vendita integrata e, per quanto sia ancora considerato in fase di lancio, ha mostrato di possedere tutti i requisiti per diventare un’idea di successo replicabile, una volta superate alcune criticità che si sono col tempo evidenziate. Attualmente ve ne sono tre e tutti nelle Marche - San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno e Porto San Giorgio - in aree con oltre 30.000 abitanti e in zone ad alta visibilità e flusso automobilistico. Il Self 24 Conad è composto da due vending machine di diversa tipologia: una macchina a 18° per il secco con una capacità di 55 referenze e una macchina a 0° – 4° per i prodotti freschi con una capacità fino a 20 referenze diverse. Ambedue i distributori erogano prodotti rispondenti a fabbisogni immediati e ad una tipologia d’acquisto di necessità e di emergenza. Dopo i primi anni di test, l’analisi delle vendite ha dimostrato che per il ramo
food i prodotti più venduti appartengono al segmento fresco e freschissimo, ossia pane, snack dolci, prodotti di gastronomia; per ciò che concerne il segmento non food il prodotto più venduto sono gli assorbenti. L’8% dei prodotti venduti attraverso vending machine durante il normale orario di apertura, indica come una certa fascia di consumatori scelga la rapidità dell’acquisto automatico che gli consente di evitare perdite di tempo al banco gastronomia o alla cassa. La sperimentazione ha consentito di individuare alcune criticità come ad esempio il numero limitato di sistemi di pagamento utilizzabili, in quanto i distributori automatici Conad Adriatico non accettano ancora carta di credito. L’Azienda ha, però, pensato ad una soluzione personalizzata che intende sviluppare nel futuro prossimo: una Conad Card attraverso la quale fidelizzare i clienti, permettere i pagamenti vending, lanciare operazioni di marketing e così via. La maggiore criticità da risolvere in questa particolare tipologia di vendita è di natura strettamente tecnica ed investe il problema della formazione degli addetti ai distributori, a coloro che quotidianamente hanno il compito di rifornire le macchine ed effettuare i controlli relativi alla bontà dei pro-
dotti (verifica delle scadenze, integrità del freschissimo ecc). Nel caso di Conad Adriatico, durante il primo periodo di test si è subito appurato che la maggior parte dei fermi macchina dovuti al blocco dei prodotti, non erano imputabili a problemi tecnici ma a errate operazioni di caricamento da parte degli addetti al rifornimento. È stato necessario far sì che una persona in particolare – oltre che una seconda che fungesse da jolly - venisse formata e abilitata alle operazioni di caricamento per tutti e tre i punti vendita automatici. L’aver voluto superare tutte le difficoltà che si sono presentate dimostra quanto Conad Adriatico creda nella bontà e nella funzionalità del progetto. Del resto, esempi che arrivano da altre parti del mondo dimostrano quanto questo format possa essere migliorato e quanto sia perfettamente adeguato ai ritmi della vita moderna: pensiamo alla Corea del Sud dove un megastore automatico Tesco, collocato nella stazione della metropolitana di Seul con maggior flusso di persone, consente di effettuare e pagare virtualmente la spesa mentre si va al lavoro e di trovarla al ritorno già consegnata a domicilio!
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er Spinel Caffè non poteva non essere la Puglia e in particolare la provincia di Lecce, l’area in cui proporre il proprio concept di Shop 24. Brand affermato a livello nazionale e con una consolidata immagine nel territorio pugliese, l’Azienda ha voluto rafforzare la propria identità chiamando Spinelli Caffè h24 i suoi shop automatici. L’immediato riscontro positivo dei consumatori, rassicurati dalla garanzia di un marchio fidato, hanno dato ragione all’azienda che nell’arco di soli quattro mesi ha allestito tre punti vendita in altrettanti comuni della provincia leccese: a Maglie a fine marzo, a Gallipoli il 23 giugno e a Tricase il 27 luglio.
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Gli Spinelli Caffè h24 sono davvero belli. Di grande impatto estetico, caratterizzati da un design moderno total white, che mette in evidenza sia i distributori automatici che i prodotti, sono stati progettati tenendo conto del target di consumatori destinatari del servizio. I self store di Spinel Caffè nascono infatti come risposta al consolidarsi di nuovi costumi sociali e stili di vita e come proposta innovativa alle esigenze di ristoro di un consu-
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matore dinamico che, trascorrendo gran parte della giornata fuori casa, è alla ricerca di break veloci e, al contempo, di qualità. Gli Spinelli Caffè h24 sono un luogo di ristoro dalle porte sempre aperte dove poter bere una bevanda calda, dissetarsi con una bibita, consumare un panino o un piatto caldo, gustare un gelato o acquistare beni di prima necessità in un ambiente confortevole che fa sentire a casa. Sono, inoltre, un luogo di ristoro moderno e accattivante: i consumatori hanno a disposizione uno schermo su cui sono veicolate le news, dove passano video musicali o semplici informazioni di servizio, oltre a un utilissimo servizio Hot-Spot con una connessione internet aperta alla quale è semplice accedere.
Non vanno trascurati altri due importantissimi punti di forza: la qualità dei prodotti e del servizio e la certezza di consumare in un ambiente che offre il massimo delle garanzie dal punto di vista igienico-sanitario. Per Spinel Caffè, che quest’anno festeggia il 50° anniversario di attività, i self store rappresentano un traguardo importante, frutto di una filosofia di lavoro che da sempre ha messo in primo piano la qualità e la sicurezza alimentare e che ha saputo adeguarsi nel tempo alle esigenze dei consumatori, dettate dai cambiamenti degli stili di vita che si sono nel tempo succeduti.
Vending Store: il negozio automatico chiavi in mano
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La società Vending Store nasce dall’incontro di professionalità che operano da anni nel settore. Baltom Elivend Group, azienda torinese leader nella produzione di supporti e distributori per macchine da caffè, dopo essersi specializzata nella realizzazione di allestimenti, con il brand Baltom Allestivending, ha deciso di avvalersi della collaborazione di uno studio di design e di uno studio di consulenza per la realizzazione di negozi h24 chiavi in mano. Di questa novità parliamo con Ivan Tanzariello, direttore commerciale di Vending Store s.r.l.
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Perché l’idea di lanciarvi nella produzione di negozi automatici? Il trend dei negozi automatici è in forte ascesa poiché asseconda le esigenze dei consumatori, che sono varie: chi vive di notte, chi è sempre di fretta, chi lavora fino a tardi. Chi accede al negozio automatico può sempre trovare i prodotti di consumo di sua necessità, con il vantaggio di un servizio di prossimità, un negozio di quartiere col valore aggiunto della differenziazione
assortimentale. La vendita dei negozi è, nella maggior parte dei casi, una vendita d’impulso condizionata molto dalla visibilità e dalla comunicazione del packaging del prodotto. Proprio in linea con questa tendenza, i negozi Vending Store sono progettati per veicolare i messaggi pubblicitari su schermo: video e suoni accompagnano il consumatore nella scelta del prodotto, creando una sinergia tra offerta e pubblicità mirata. Come lavora Vending Store? Il settore dei distributori automatici si è aperto a nuove tendenze negli ultimi anni e offre diverse opportunità per chi ha voglia di mettersi in proprio. I negozi automatici sono un investimento innovativo, ma non sono l’unica offerta di Vending Store. L’azienda infatti progetta anche chioschi, corner interni, prodotti customizzati e tutti gli accessori e complementi per l’area automatica. Le strutture Vending Store sono realizzate con materiali di prima qualità secondo rigidi criteri tecnici per garantirne resistenza e durata nel tempo. Gli allestimenti sono realizzati in alluminio anodizzato con lamiera zincata, un particolare trattamento che abbinato alla verniciatura a polvere previene il deterioramento anche in zone marittime. Le strutture sono progettate secondo una modularità che ne permette l’eventuale riutilizzo in altre lo-
cation. I distributori automatici presenti nella nostra offerta rispettano le più ristrette normative in termini di risparmio energetico e sono completati da una vasta offerta di sistemi di pagamento di ultima generazione. Quali sono le vostre linee guida che rendono un semplice negozio automatico una realizzazione di successo? Vending Store nasce con la mission di offrire un servizio chiavi in mano: ci occupiamo infatti di tutto ciò che è relativo all’allestimento dell’area, partendo dalla consulenza amministrativa e fiscale per la ricerca della giusta location nel rispetto delle normative comunali, passando dalla progettazione e dal disegno tecnico, coniugando
le esigenze tecniche all’estetica, per soddisfare anche il più esigente dei clienti. La nostra offerta inoltre comprende l’installazione e il montaggio dell’area automatica e, non ultimo, l’assistenza tecnica garantita dal supporto di una rete capillare nazionale. I nostri negozi sono predisposti per accogliere un servizio di telesorveglianza h24, in collegamento con le forze dell’ordine, per ovviare al problema di eventuali atti vandalici. A chi vi rivolgete? La nostra offerta è diretta soprattutto agli operatori del settore vending, che sono alla ricerca di nuove opportunità di business. La nostra esperienza nel settore ci permette di rispondere in maniera veloce ed efficace alle richieste del mercato.
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Smart Mart. Il Drive In dello shop automatico
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iamo alla fine degli anni ‘80. Una donna, diventata mamma da poche settimane, torna dal suo giro di acquisti e chiede al marito: “ Ma non esiste un posto dove posso fare la spesa direttamente dall’auto, senza dover ogni volta prendere il bambino dal sediolino svegliandolo?”. La risposta del marito è un secco no e altrettanto secca è la replica della neo mamma: “Dovrebbe esistere!”. Il marito è Mike Rivalto, colui che una ventina di anni dopo con un investimento di 16.000 dollari, aprirà il primo Smart Mart negli Stati Uniti, un prototipo andato in funzione nella città di Memphis e che in 4 anni ha effettuato più di un milione e mezzo di transazioni. Dal 2011 il modello, riveduto e corretto, è pronto per essere venduto con l’obiettivo di sviluppare in America una catena, sull’esempio di quanto accaduto con i convenience store.
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Dare una definizione di questo innovativo format non è semplice. È certo però che esso nasce dalla fusione di più idee: il convenience store, il drive in e il vending. Smart Mart è un negozio automatico a cui il consumatore non può accede-
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re fisicamente. Nessun locale aperto al pubblico né vetrina di prodotti: la spesa si fa restando comodamente seduti in auto e utilizzando uno schermo touch intuitivo, da usare semplicemente allungando il braccio attraverso il finestrino dell’auto. Una volta scelti i prodotti, ordinatamente suddivisi per categorie merceologiche, questi vengono sganciati dai piani inclinabili che li contengono e inviati a un tappeto rotante che li conduce fino al vano prelievo esterno. Tutto il sistema è comandato da un cervellone, simile a quelli normalmente usati nell’industria automobilistica, che espleta l’intero processo in soli 5 secondi. Smart Mart non è completamente automatizzato. Il suo funzionamento si integra con una componente umana, costituita da un call center dove operano assistenti in remoto che svolgono funzioni di verifica e controllo. Questa sorta di vigilantes tengono sotto osservazione il punto vendita monitorando il comportamento dei clienti e verificando la maggiore età nel caso di vendita di prodotti vietati ai minori. Il dispositivo è dotato di un vano per l’inserimento del documen-
Mike Rivalto, l’inventore del format Smart Mart to d’identità dell’acquirente che viene letto dall’assistente e verificato via web.
Mike Rivalto si dichiara pronto a vendere il format per la modica cifra di 850.000 dollari, call center compreso. Una cifra tutto sommato accettabile per un negozio automatico lungo 16 metri e capace di stoccare una quantitĂ di prodotti pari a quella di un convenience store di 300 metri quadrati!
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VendingtoGo - Tappa di Firenze Terzo appuntamento per VendingtoGo, la manifestazione itinerante fieristico-espositiva, promossa da Confida e organizzata da Venditalia Servizi, partita con la prima tappa di Torino il 31 maggio scorso e proseguita con l’appuntamento a Bari del 14 e 15 giugno. Il nuovo format sembra incontrare il gradimento di tutti i protagonisti della filiera del vending che ne apprezzano il carattere territoriale e la capacità di coinvolgere le amministrazioni locali al fine di promuovere e far conoscere i valori di un settore già molto presente sul mercato e che in prospettiva potrebbe occupare più ampi spazi. A Firenze, gli operatori della distribuzione automatica locale hanno potuto incontrare le aziende nazionali produttrici di beni e servizi in un contesto meno dispersivo, rispetto ai grandi eventi fieristici, e maggiormente legato al territorio in cui quotidianamente operano. Contemporaneamente all’esposizione ha avuto luogo il convegno La Distribuzione Automatica: un servizio di qualità per un consumo consapevole, un’opportunità per la ripresa durante il quale Confida ha presentato i numeri del settore con un’attenzione particolare per ciò che attiene alla regione Toscana, che sembra soffrire solo marginalmente la crisi generale che ha colpito anche la distribuzione automatica. I numeri riportati stabiliscono in 300 milioni le consumazioni annuali erogate nella regione con in testa il caffè (550.000 caffè al giorno); i ricavi si aggirano intorno ai 100 milioni con una crescita degli investimenti pari a circa il 5%. Al convegno hanno partecipato i rappresentanti di Confcommercio Toscana e dell’Amministrazione Comunale. Le prossime e ultime due tappe di VendingtoGo sono Messina l’8 e il 9 novembre e Parma il 22 e 23 novembre.
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Intervista con Carlo Majer in ricordo del papà Aldo La svolta ci fu nel 1955, quando aveva 35 anni. Grazie al Piano Marshall, ebbe la possibilità di girare gli Stati Uniti in lungo e in largo, insieme a una delegazione di industriali non italiani. Quest’esperienza gli diede l’opportunità di conoscere la realtà industriale americana e da lì gli venne l’idea del vending come una nuova opportunità di business.
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l 17 settembre scorso è venuto a mancare Aldo Doglioni Majer, fondatore della Rheavendors e pioniere della distribuzione automatica in Italia. Sicuramente una figura storica del vending, la cui scomparsa lascia un enorme vuoto tra gli addetti ai lavori e tra quanti lo hanno conosciuto nella professione e nella vita privata.
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Vogliamo ricordarlo attraverso le parole di suo figlio Carlo, che ha gentilmente ripercorso con noi le tappe fondamentali della carriera di suo padre Aldo, un uomo apprezzato per la forte personalità e per i valori che ha sempre messo al primo posto nella vita come nel lavoro. Com’è iniziata la storia di Aldo Majer e della Rhea? Mio padre ha fondato Rheavendors a 40 anni. Potrei dire nella seconda parte della sua vita, ma una seconda metà più lunga della prima, nella quale mise a frutto l’esperienza accumulata fino ad allora. Nato a Belluno tra le dolomiti, dopo la guerra decise di uscire dalla sua città, alla quale era profondamente legato, per cercare prospettive più interessanti. Riuscì in breve a diventare un industriale e a rimettere in sesto due fonderie, ereditate da mia madre ed eroicamente gestite da mia nonna negli anni della guerra, ma ridotte in precarie condizioni. Fu un tirocinio molto severo. Quando iniziò la sua avventura nel vending?
Personaggi
Iniziò subito a produrre macchine? No. Tornato in Italia, cominciò a importare macchine dagli Stati Uniti e in seguito dall’Inghilterra, per poi arrivare finalmente a produrne di sue già nel 1957. Nell’Italia degli anni ’60 e ’70, la sua figura si distingueva per l’apertura internazionale che animava ogni sua scelta. Rhea è stata creata proprio sulla base di questo suo tratto distintivo, cioè come una società internazionale. A suo avviso – opinione che condivido pienamente – l’errore di molta parte dell’industria italiana è proprio quello di pensarsi solo su scala nazionale; ma la logica del localismo diventa punitiva, perché più una società è internazionale e più può pensare di muoversi su vari scenari e, quindi anche su quelli meno toccati dalla crisi. Questa strategia è quanto mai attuale nella situazione economica che stiamo vivendo oggi. È uno dei primi principi che ho ereditato da mio padre e che resta tutt’oggi la strategia di crescita e affermazione di Rheavendors nel mondo. Quando è nata l’Azienda? Rhea è nata nel 1960, dopo alcuni tentativi nei tre anni precedenti di creare
società con vari partner, che però non andarono a buon fine. Nel ’60, grazie anche alla collaborazione del dottor La Monica col quale papà aveva iniziato ad importare macchine dall’estero, fondò la Rhea e poco dopo produsse la prima linea completa di macchine che fu presentata nel ’63 alla Fiera di Milano. Era la prima volta che si produceva in Italia un range completo di macchine, dal caldo al freddo e agli snack. La produzione cominciò direttamente con i distributori di caffè e bibite? No. Ancora prima, nella fonderia si producevano i dispenser di cicche, le palline di gomma colorata che in America si vedevano dappertutto. Papà era amico della famiglia Perfetti e, unendo le esigenze delle rispettive fabbriche, lanciarono nel vending prima le gomme a palline e poi quelle a strisce. In realtà, papà aveva individuato il business del chewing gum, se così lo vogliamo chiamare, già prima nel triennio dal ’57 al ’60 antecedente alla nascita della Rhea. L’esigenza di vendere i dispenser prodotti da Rhea si unì a quello delle gomme Perfetti, il tutto sigillato dall’amicizia tra le due famiglie prima ancora che da un accordo commerciale. Cosa accadde dopo il 1970? Papà era instancabile e sin da subito cominciò a cercare interlocutori all’estero. Prima in Francia, poi in Spagna e Germania, fino a costruire una prima rete. Alla fine degli anni ’70 Rhea era già una società affermata. Pensi che all’epoca portarono il nostro primo
distributore automatico fu acquistato - era la prima volta - dal MOMA il Museo d’Arte Moderna di New York. Da allora fu un continuo crescendo, quello che ha fatto la storia di Rheavendors, un percorso di crescita e consolidamento internazionale che è sotto gli occhi di tutti.
in primo luogo del cliente e poi proprio, di comprendere e rispettare le sue logiche e le sue esigenze e cercare di rispettarle al meglio. Poi la forza di volontà, in cui papà era unico ed inimitabile. Ancora la sua dimensione artistica - ne ha parlato mio fratello Andrea - il suo piacere estetico nel far bene le cose; l’attenzione al design in anni in cui questo termine non era ancora entrato nel vocabolario e nella cultura del nostro Paese. La capacità di relazionarsi col prossimo e di intessere amicizie. Molto di questo deriva dalla sua apertura mentale, che è indice di duttilità, di capacità di adeguarsi alle situazioni e alle persone comprendendole dall’interno, studiandole, facendole proprie.
Quali valori le ha trasmesso?
Ricorda un episodio particolare della vostra vita insieme?
Prima di tutto il rispetto del cliente, la capacità di cercare e cogliere in ogni negoziazione il punto di soddisfazione
Non c’è un episodio specifico. Vede, ho viaggiato molto con mio padre, sia per lavoro che per diletto ed ogni volta era
un piacere e una scoperta. Ogni viaggio si trasformava in uno scambio di idee e di conoscenze anche sulle cose più semplici. Ad esempio vedevamo una montagna e cominciavamo a chiederci a quale distanza fosse o che composizione minerale avesse. Ognuno rispondeva in base alle proprie conoscenze. Anche guardando un paesaggio lo scannerizzavamo e lo analizzavamo nelle sue componenti sociali, economiche, estetiche e ne venivano fuori sempre discorsi interessanti che mi hanno lasciato ogni volta un piccolo insegnamento. Un ultimo ricordo di suo padre? È un ricordo che mi fa sorridere. Ultimamente aveva il vezzo di rispondere con un pizzico di ironia a chi gli chiedeva “Dottore, come va?” . Puntualmente ribatteva “Come vuole che vada? Da poveri vecchi!” Ed era un po’ civettuolo in questo, perché gli piaceva sentirsi dire “Ma no dottore, cosa dice? Povero vecchio, Lei...!”
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Luca Adriani ricorda il padre Antonio Scrivere di un uomo di successo, scrivere di Papà mi emoziona come una vita intera. Un uomo partito da zero, da niente, che solo con la forza delle Sue idee e la determinazione ha saputo fare tante cose e lasciare in tutti noi un ricordo indelebile fatto di cose concrete e tanta simpatia. Un uomo che amava le sfide impossibili, solo quelle, come l’ultima che 3 anni fa lo aveva riportato alla guida della Sua FAS con nuovi progetti ed entusiasmi, purtroppo spenti solo in pochi mesi, da una malattia incurabile. Ciao Papà Luca
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uesta è la storia di un falegname, diventato tale non per titolo di studio o vocazione ma per necessità, che ha saputo trasformare, come un abile artigiano, un pezzo di legno in un’opera d’arte, con caparbietà ha saputo dal niente creare delle aziende e dare vita ad un sogno. Questa è la storia di Antonio Adriani. Nato in terra straniera, a Tripoli il 16 settembre 1936, durante la guerra arriva profugo in Italia con mamma e 9 fratelli. Mamma Maria non ha risorse ma con enormi sforzi alleva 10 figli. Antonio inizia a fare qualche lavoretto ad appena 8 anni per prendere qualche lira, i suoi studi si fermano alla 5° elementare perché la vita è molto dura… Passano gli anni e Antonio, oramai un giovane di belle speranze, trova lavoro come artigiano falegname per varie piccole aziende specializzate nella realizzazione di banchi bar. È proprio in un bar, intorno agli anni ’60, che nasce l’idea del distributore automatico. Il suo ingresso nel vending papà lo racconterebbe così: “Ero entrato in un bar per vendere i prodotti dell’azienda di arredamen-
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to da bar per la quale lavoravo. Sul bancone c’era uno di quei vassoi per antipasti che in quegli anni si trovavano spesso nei bar. Era diviso in vari spicchi ed ogni spicchio conteneva un diverso stuzzichino; il vassoio era infine coperto da una cupoletta di plexiglass trasparente: con la mano si girava il coperchio, lo si fermava sull’antipasto prescelto, si apriva la cupoletta e si prendeva lo stuzzichino. Guardando quell’oggetto e il modo manuale in cui bisognava usarlo, pensai di colpo: non si potrebbe automatizzare il principio? E come? Costruii artigianalmente un primo distributore, un prototipo di quello che avevo in mente. Poi, girando per varie fiere europee per lavoro, scoprii che la macchina che io avevo pensato era già in commercio. L’aveva brevettata una grande azienda danese: c’era il cassone e, dentro dieci dischi impilati con gli alimenti inseriti negli spicchi. Quella macchina però, presentava un punto debole: ogni piano aveva un disco azionato da un motore diverso. Dieci piani, dieci motori. C’era spazio per un passo avanti: far girare dieci dischi indipendenti l’uno dall’altro e azionati da un unico motore. Cominciai a progettare una macchina che potesse farlo e in breve la realizzai” Il primo distributore automatico al mondo azionato da un
solo motore nacque così. A partire da una lampadina accesasi in testa al giovane Antonio Adriani quel giorno al bar davanti al vassoietto degli stuzzichini. Ma le idee si sa, hanno bisogno di energie per essere realizzate. Facciamo un passo indietro. Per avviare una attività in proprio, Antonio chiese aiuto al fratello Santino, abile carpentiere, e nel giardino di casa nel 1967 i due misero su un’officinetta di componenti di carpenteria per rifornire un’azienda di imballaggio della città. I fratelli avevano contato le loro forze iniziali ed avevano deciso di fare le cose per gradi: “cominciamo in piccolo”. Per il terreno nessun problema: appena più in là del tavolo e delle sedie da giardino, gli Adriani tirarono su in quattro e quattr’otto un capannoncino per iniziare a lavorare. Ma quello del lavoro per conto terzi - lo capirono subito - non era un orizzonte granché ampio per soddisfare la voglia di fare dei due fratelli Adriani. C’era poco da stare allegri: la prospettiva sarebbe stata quella di continuare per anni a fare le solite cose per i soliti clienti. È a questo punto che ar-
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la posa della prima pietra...1967
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erano già diffusi in Italia, e il mercato non sentiva la necessità di un nuovo costruttore. C’era però una nicchia completamente inesplorata, nuova anche all’estero: quella dei distributori automatici di prodotti alimentari solidi refrigerati e non. Gli Adriani lo capirono. Si resero conto che accanto al caffè e al cappuccino si potevano offrire anche brioche e biscotti. E poi il panino per lo snack fuori pranzo, la barretta di cioccolata, il succo di frutta, la bibita fresca. Insomma, tutta una serie di prodotti, in risposta ai bisogni di una società che sul finire di quegli anni Sessanta creava nuove tendenze e aveva nuove esigenze. Individuato il prodotto emergente la FAS vi si concentrò. “Tutto può essere venduto con i distributori automatici” e su questo principio sono stati
perfino costruiti dei distributori “su misura” per vendere il pane. Per non dire dell’invenzione, intorno la metà degli anni ottanta , della macchina per vendere fiori recisi e in pianta, quella che divenne famosa con il nome “Flower Vendor”, un brevetto mondiale. Oltre all’ innovazione l’azienda ha saputo trasformarsi nel corso degli anni da artigianale ad industriale, inserendo i propri prodotti nei circuiti internazionali per competere al livello mondiale con gli altri protagonisti del Vending. Qualche anno prima fondò insieme al fratello Santino ed al fidato amico Galdino Munari, la Coges acronimo di Costruzione Gettoniere Schio. Anche questa sarà un’idea vincente.
Tutta la qualità e l’esperienza per Tutta l a qual i t à e l ’ e speri e nza per un caffè per veri intenditori un caffè per veri intenditori rivò provvidenziale, l’entrata al bar di Antonio. L’idea vincente era lì, chiusa nella sua testa, pronta solo a saltar fuori alla prima occasione, e arrivò nel momento in cui l’occhio di Antonio cadde sul famoso vassoietto degli antipasti. Il motore unico per tutta la macchina fu la soluzione vincente. Voleva dire economizzare il prodotto, semplificare il meccanismo e ridurre assai, di conseguenza, il rischio di noie meccaniche. Era l’uovo di Colombo. La bravura degli Adriani fu quella di anticipare quello che sarebbe stato un bisogno destinato a crescere nel tempo. I distributori di bevande calde
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Lo sviluppo dell’ aziende FAS e COGES negli anni è stato costante e continuo come se quel fuoco acceso da Antonio Adriani in quel oramai lontano giorno del 1967, avesse riscaldato e illuminato anche tutti i vari dirigenti che hanno avuto l’onore di guidare la FAS e la COGES, in oltre 45 anni di storia.
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A cura di
l trend al ribasso dei prezzi è continuato nell’ultimo semestre, a esclusione di un breve rimbalzo all’inizio di agosto, portando la media dell’indicatore composto ICO a quota 108,65 centesimi per libbra il giorno 2 ottobre, il livello più basso da settembre 2009. Perdite pesanti per tutti e tre i gruppi di Arabica (Colombiani, Altri Dolci, Brasiliani) a cui è corrisposto un progressivo aumento dei prezzi dei Robusta negli ultimi mesi dell’anno caffeicolo che volge al termine. Questo andamento ha ridotto ulteriormente il differenziale tra gli Arabica e i Robusta, fattore che potrebbe incoraggiare un ritorno della domanda verso i caffè Arabica.
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A questi movimenti dei prezzi si è accompagnato un deprezzamento dei tassi di cambio di molti Paesi esportatori nei confronti del dollaro, in particolare del real brasiliano e della rupia indiana. Un tasso di cambio più debole potrà incoraggiare le vendite di questi paesi e la maggiore disponibilità di caffè sul mercato potrà mettere ulteriore pressione al ribasso sui prezzi. La spirale al ribasso dei prezzi, che attualmente in molti Paesi produttori può essere arrivata al di sotto del prezzo di produzione, rischia però di rendere necessario l’intervento degli enti governativi delle nazioni che si trovano in maggiori difficoltà. L’importanza socioeconomica del caffè come fonte di reddito, soprat-
Chiude l’anno caffeicolo 2012 - 2013
tutto nelle aree rurali, richiede ogni sforzo possibile da parte dei governi per supportare i coltivatori e promuovere una catena del caffè sostenibile. La lenta ma inesorabile discesa dei prezzi negli ultimi due anni ha infatti ridotto notevolmente i margini dei produttori ed è probabile che a breve molti saranno costretti a vendere a prezzi non remunerativi rispetto ai costi di produzione. Pertanto, anche se l’indicatore di prezzo ICO composito è ritornato ai livelli di Aprile 2010, la struttura del mercato in questi ultimi anni è cambiata in maniera significativa. Prima di tutto, è scomparsa la ciclicità dei raccolti in Brasile, con la possibilità del riporto in avanti degli stock e, di conseguenza, con una maggiore disponibilità di Arabica di anno in anno. Inoltre, c’è da sottolineare una maggiore domanda per i Robusta, considerati gli alti
livelli degli imbarchi provenienti dal Vietnam e gli aumenti poco significativi degli stock certificati di Robusta al mercato dei futures di Londra. Questo spostamento di interesse verso i Robusta conferma, tra l’altro, la crescita dinamica della domanda nei mercati emergenti (Russia, Algeria, Polonia, Corea, Australia) dove prevale il consumo di caffè solubile. Infine le esportazioni totali da tutti i paesi esportatori per i primi undici mesi dell’anno caffeicolo 2012/2013 (vale a dire da Ottobre ad Agosto) sono state di 102,4 milioni di sacchi, il 2,7 % di aumento rispetto allo stesso periodo lo scorso anno. Relativamente ai quattro gruppi, l’aumento maggiore è stato registrato dai Colombiani e dalla Tanzania. Aumenti delle esportazioni anche per i Brasiliani e per i Robusta, in particolare per le esportazioni dall’Indonesia. Le esportazioni degli Altri Dolci sono scese a causa di minori esportazioni dal Perù e dal Centro America. La produzione totale nell’anno caffeicolo 2012/2013 è stimata a 144,4 milioni di sacchi, al rialzo del 7,6 % sulla precedente previsione (agosto 2013). Gli aumenti della produzione si registrano nella maggior parte dei paesi produttori, con l’eccezione dei paesi del Centro America dove le coltivazioni sono affette dalla ruggine delle foglie (roya).
Caffè
I dati relativi all’andamento del mercato del caffè sono stati presentati nel corso del meeting organizzato in occasione del 50° anniversario dell’International Coffee Organization, che si è tenuto dal 9 al 12 settembre scorso a Belo Horizonte in Brasile. Da qui è partito il tour che porterà la cultura del caffè in giro per il mondo, con tappe nei principali Paesi, e che si concluderà a gennaio a Milano in coinci-
denza di Expo 2015, dove ci sarà un cluster dedicato, in cui tutti i Paesi partecipanti avranno uno spazio in cui presentare la loro produzione e intessere rapporti commerciali. L’esordio del tour è stato accompagnato dalle splendide immagini di Sebastião Salgado, messe a disposizione da Illycaffè. Alcune foto artistiche di Sebastião Salgado che anticipano la mostra dedicata ai coltivatori di caffè. L’intera esposizione sarà visibile a Expo 2015
Antonio Simonazzi. Il dottore della FLO
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el 1973, un giovane laureato in chimica industriale, intuendo il successo che di lì a breve avrebbe avuto il monouso, avviò una piccola impresa per la produzione di bicchieri e stoviglie in plastica, senza ancora immaginare le dimensioni che quell’Azienda avrebbe assunto negli anni a venire. Parliamo di Antonio Simonazzi, fondatore e presidente della FLO, un imprenditore che con umiltà e incessante attaccamento al lavoro è riuscito in 40 anni a portare la sua Azienda ai livelli internazionali che tutti conosciamo. Un uomo semplice che si è spento il
Il ricordo di Erika
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Mi hai sempre dato i consigli giusti. Quando avevo un problema che mi angosciava venivo da te, te ne parlavo e ti bastavano poche semplici parole per suggerirmi la soluzione, che era sempre semplice e quel problema diventava facile da affrontare, quasi una sciocchezza. All’Università studiavo in sala fino a notte fonda il giorno prima di un esame, e tu passavi dalla sala per andare a dormire e non mi chiedevi nulla, sapevi che ero troppo nervosa per parlare, mi davi solo una pacca sulla spalla e dicevi “dai che ce la fai!” poi te ne andavi, e io ce la facevo sempre. Sono certa che d’ora in poi, quando mi troverò ad affrontare una situazione difficile nella vita, sentirò la tua presenza e quella pacca sulla spalla, e allora ce la farò! Grazie papà.
Personaggi
3 ottobre a Sant’Ilario d’Enza dopo una lunga malattia. La sua scomparsa lascia un vuoto nella famiglia e tra gli amici di sempre, che ha continuato a frequentare nonostante il successo, che non lo aveva affatto cambiato. Le sue idee innovative e l’attaccamento all’Azienda, che era la sua seconda casa, hanno fatto della FLO un’impresa dinamica, attenta all’ambiente, riconosciuta in tutt’Europa come leader nel comparto. Ricordiamo la sua figura attraverso le parole dei figli Erika e Daniele e del genero Tazio Zerbini che sono stati al suo fianco nella vita e nel lavoro.
Il ricordo di Daniele Leandro, per l’anagrafe Antonio, era una persona fuori dal comune. Tante volte ho sentito fargli la domanda: “ma ti chiami Antonio o Leandro?”. La risposta sempre pronta era :”mi chiamo Antonio, ma per gli amici Leandro”. Sono convinto che la vera risposta, mai data a nessuno, fosse:” Mi chiamo Antonio, ma SONO Leandro”. Leandro era il padre mai conosciuto perché morì quando lui aveva solo un anno. Nostra Nonna, guidata dal profondo amore che aveva per suo figlio, iniziò a chiamarlo Leandro, ben sapendo che quel nome non era solo un nome importante, ma conteneva un destino importante: essere, come il padre, un grande imprenditore! Papà, tu non sei stato solo un grande imprenditore ma qualcosa di più, un grande uomo. Hai mostrato doti rare da trovare tutte insieme in una persona: determinazione, generosità e soprattutto umiltà. La famiglia che hai costruito, le tue aziende, i tuoi dipendenti considerati quasi come figli, i tantissimi messaggi ricevuti, le visite avute in questi giorni e tutte le persone presenti oggi lo testimoniano... Sei stato sommerso di affetto! Ti vorremmo lasciare con una delle innumerevoli frasi di stima ricevute in questi giorni, arriva dalla Spagna ed è semplice, come lo eri tu: “qué gran suerte haberle conocido... Y cuánto le echaremos de menos” (che gran fortuna averti conosciuto... E quanto ci mancherai). Buon Viaggio
Il ricordo del genero Tazio Zerbini Chi l’ ha conosciuto sul lavoro ha conosciuto un uomo forte, a volte duro, non facile, ma allo stesso tempo corretto, con un senso innato di giustizia. Per tutti lui era il dottore, nell’ambiente era sufficiente per capire di chi si parlava. Forse la sua più grande dote era il coraggio, perché era un imprenditore vero, di quelli che amano le sfide, di quelli che amano vincerle. Amava andare contro corrente, osare, provare cose nuove. Non gli piaceva essere definito un vincente, rifiutava il primo posto perché il profilo basso era il suo stile. Quando chi non lo conosceva gli chiedeva che mestiere facesse non diceva mai ‘sono un imprenditore’ ma ‘faccio piatti e bicchieri di plastica’. Andava sempre alla sostanza delle questioni, non sopportava la superficialità, era concreto, aveva il dono di discernere ciò che era veramente importante da ciò che non lo era, in qualunque situazione, nella vita privata e nel lavoro. Forse per questo ci dava sempre l’impressione di essere tranquillo, infondeva un senso di sicurezza a tutti i collaboratori che si recavano nel suo ufficio per un consiglio, ed al sabato mattina era sempre li, nel suo ufficio, una certezza. Anche senza un motivo preciso lo si trovava alla sua scrivania, a leggere, pronto a fare due chiacchiere con chi si fosse trovato negli uffici fuori orario. Non si lamentava mai, neanche durante la malattia, quando al massimo sbuffava perché era bloccato a casa e non poteva andare alla Flo, e non amava chi si lamentava, preferiva concentrarsi sulle soluzioni che sui problemi. Nonostante il suo successo, nella vita privata, per gli amici di paese ed i parenti, lui era rimasto Leandro, in onore di suo padre morto quando non aveva ancora compiuto un anno. La vita che conduceva fuori dal lavoro era estremamente semplice, fatta di poche cose genuine: la buona cucina, la compagnia dei suoi cari, la partita a carte del sabato sera. Niente vizi, né lussi. Est modus in rebus, come ci diceva sempre. Qualche volta veniva il dubbio che non si rendesse veramente conto di quello che era riuscito a fare nella vita, di quello che aveva creato. Quando in questi giorni le persone lo ricordavano, tutti immancabilmente parlavano del suo senso dell’umorismo, della battuta sempre pronta, spesso irridente. Ai suoi cari era solito ricordare che ‘per vivere bene ci vuole sempre un po’ di humor, altrimenti tutto diventa troppo serio e pesante’ “Buongiorno dottore, oggi siamo tutti qui per salutarla, e per dirle che è stato un grande onore conoscerla, qualcuno lo farà chiamandola Antonio, qualcuno Leandro. Per noi resterà sempre il dottore.”
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Le promozioni di Expo Vending Sud 2013
ontinuano i preparativi per la 5° edizione di Expo Vending Sud, il Salone specializzato nei Sistemi per la distribuzione automatica che ha luogo a Catania, quest’anno per l’ultima volta in versione invernale, dal 29 novembre al 1° dicembre prossimi.
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in cui gli operatori del settore avranno spazi più ampi ed accoglienti dove proporre le novità e intrattenere rapporti con i propri clienti.
Il dott. Massimo Pennisi organizzatore dell’ Expo Vending Sud
Per l’occasione è in atto una speciale promozione, che terminerà al completamento delle prenotazioni degli spazi espositivi disponibili. L’offerta, che rappresenta un supporto agli espositori in un momento difficile della nostra economia, prevede l’allestimento gratuito dello stand prenotato, da 16 mq in su, fino ad esaurimento degli spazi. Ogni espositore potrà godere di questa particolare agevolazione contattando l’Ufficio Espositori ai numeri 095 8037642 - 320 0437522 oppure via e-mail all’indirizzo info@expovendingsud.it
Il 6° appuntamento si terrà infatti a maggio 2015, rendendo la fiera una manifestazione biennale negli anni dispari e in alternanza con Venditalia.
Altra sorpresa è il particolare riconoscimento che verrà riservato ai visitati in fiera, un attestato recante il marchio Vending Progress Sud 2013 e personalizzato col nome dell’azienda.
siamo anticipare alcuni interessanti temi: l’adeguamento del prezzo delle consumazioni a seguito dell’aumento dell’aliquota IVA nella somministrazione; la diffusione degli Shop Automatici H24; il ruolo della distribuzione automatica nel settore alberghiero soprattutto in aree ad alta frequenza turistica, come la Sicilia e il Sud Italia.
Expo Vending Sud 2013 si svolgerà in una nuova location: il più moderno e attrezzato Padiglione fieristico Etnafiere all’interno del Centro Etnapolis,
Oltre all’area espositiva, è in allestimento anche uno spazio dedicato ai convegni che si svolgeranno durante i 3 giorni della fiera e di cui pos-
Tutto è pronto per un evento che si pone e si propone come rilancio per il settore nelle aree del bacino del Mediterraneo!
Eventi
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