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WE - Special Golden Lion in memoriam Lina Bo Bardi

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LEONE D’ORO SPECIALE ALLA MEMORIA LINA BO BARDI

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Photo Francisco Albuquerque, Courtesy Instituto Moreira Sales + Instituto Bardi / Casa de Vidro

LINA BO BARDI SITTING ON A BARDI’S BOWL

Lina Bo Bardi

Photo ©Leonardo Finotti (particolare)

MASP BUILDING AT THE PAULISTA AVENUE, SÃO PAULO

Interview with Sol Camacho Cultural Director Waldick Jatobà Executive Director Giuseppe d’Anna Chairman of the Board of Directors

Instituto Bardi/Casa de Vidro São Paulo, Brazil

Se esiste un architetto che meglio di ogni altro rappresenta il tema della Biennale Architettura 2021, questa è Lina Bo Bardi.

Hashim Sarkis

Quanto incise la formazione milanese nella vita e nella produzione di Lina Bo Bardi?

1Lina è stata influenzata moltissimo sia dalla sua formazione universitaria a Roma che dai suoi lavori giornalistici/editoriali a Milano. Ma non dobbiamo dimenticare che anche il mondo in cui trascorse la sua infanzia svolse un ruolo determinante nella sua formazione di architetto. Il padre di Lina, l’ingegnere Enrico Bo, era un artista amatoriale di talento ed esercitò un ruolo chiave nella sua formazione artistica ed intellettuale. Dopo il trasferimento a Milano, Lina e Carlo Pagani, suo compagno di studi, crearono lo Studio Bo e Pagani in via del Gesù, dove entrarono in contatto con molti altri intellettuali ed artisti, come ad esempio De Chirico, che viveva nella stessa via. Oltre a svolgere la loro attività professionale, Bo e Pagani collaboravano anche con l’architetto e designer Gio Ponti alla rivista «Domus» e successivamente alla rivista «Lo Stile», partecipando a molti progetti di design e di arredamento per interni. Entrambi divennero assieme anche vicedirettori di «Domus» in seguito alla fondazione della collana Quaderni di Domus dedicata all’arredamento moderno per la casa. Lina Bo (come era solita firmarsi all’epoca) collaborò come scrittrice e illustratrice con la popolare rivista femminile «Grazia», dove curava una rubrica, ma anche con riviste come «Bellezza», «Aria d’Italia», «Cordelia», «Tempo», «Milano Sera» e «Vetrina e negozio». La sua esperienza lavorativa a Milano e i suoi contatti soprattutto con Ponti hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua formazione; anche se era già una solida professionista, possiamo dire che gli anni trascorsi a Milano hanno rappresentato un momento di formazione decisivo per lo sviluppo della sua successiva carriera in Brasile. La ricerca e gli interessi che Lina ha coltivato in quel tempo lavorando con pubblicazioni specializzate in arredamenti e mobilio per la casa hanno finito per concretizzarsi compiutamente poi nelle sue opere realizzate in Brasile. Il suo primo progetto architettonico, Casa de Vidro, ne è un chiaro esempio.

1. LA MILANO DELLA FORMAZIONE

Ripercorrendo le tappe della vita di Lina Bo Bardi e dei diversi ruoli da lei interpretati, è evidente il ruolo fondamentale della sua formazione in Italia. Dopo Roma, sua città natale, si trasferì a Milano e nell’ambiente culturale del capoluogo lombardo entrò in contatto con artisti, intellettuali, architetti del calibro di Giorgio de Chirico, Elio Vittorini, Gio Ponti.

LEONE D’ORO SPECIALE ALLA MEMORIA LINA BO BARDI

Da dove deriva la sua vocazione per la scrittura e l’illustrazione?

2Gli anni trascorsi a Milano coincisero con la Seconda guerra mondiale ed ebbero un profondo impatto sul suo modo di concepire l’architettura. Questa esperienza la portò sulla strada dell’impegno civile, maturando presto la convinzione che il vero compito dell’architettura dovesse essere quello di risolvere i problemi di carattere sociale. Nel 1945 Bo Bardi, Pagani e il fotografo Federico Patellani furono incaricati da «Domus» di percorrere l’Italia per documentare e valutare il livello di distruzione provocato dalla guerra. L’anno successivo Bo e Pagani fondarono, con la collaborazione del critico d’arte Bruno Zevi, quella che sarebbe diventata una rivista innovativa e contemporanea: «A – Cultura della vita. Attualità, Architettura, Abitazione, Arte». Il resoconto di questo viaggio uscirà poi sulle pagine di questa rivista come un invito a riflettere sulla ricostruzione del Dopoguerra e sul ruolo degli architetti in tale contesto. Gli scritti di Lina affrontano il dramma storico e sociale rappresentato da tutta quella distruzione, riflettendo contestualmente sul fatto di come gli architetti sarebbero dovuti intervenire per ricostruire la struttura di base del paese. Sommando la sua personalità critica alla sua esperienza editoriale, Bo Bardi trovò nella scrittura uno strumento per esprimere in maniera insieme appassionata e razionale le proprie opinioni. In quanto architetto di formazione moderna e profonda conoscitrice del suo ambiente professionale, ha potuto sperimentare da vicino la nuova visione del mondo che gli architetti andavano sviluppando attraverso la scrittura, redigendo manifesti e lettere. Silvana Rubino, che assieme a Marina Grinover ha curato il libro Lina por Escrito, ha sviluppato questa idea, che ha contraddistinto in maniera profonda quella seminale fase del percorso di Lina Bo Bardi, nel saggio introduttivo Potremmo immaginare il modernismo senza la scrittura?. La passione di Bo Bardi per la scrittura si manifesterà anche nel suo matrimonio con il giornalista Pietro Maria Bardi. Insieme hanno condiviso non solo riferimenti artistici ed intellettuali, ma anche dei sogni attraverso la realizzazione dei quali poter dare un contributo culturale attivo alla società. Insieme fondarono la rivista «HABITAT», condividendo per tutta la vita un profondo interesse per la scrittura e la produzione intellettuale. La visione critica del mondo da parte di Lina e il desiderio di condividerla e di insegnarla sono stati il motore dei suoi progetti di scrittura, curatoriale ed editoriale, profondamente legati alle sue progettualità architettoniche.

Ci può parlare del rapporto così speciale che aveva con il Brasile, sua terra elettiva?

3Il Brasile affascinerà Lina in quanto paese pieno di prospettive in opposizione ad un’Italia dilaniata dalla guerra. Lo sguardo pieno di interesse che Lina volge al suo paese d’elezione potrebbe essere in parte attribuito alla sua condizione di immigrata, che le consente di guardare sotto una prospettiva davvero unica degli aspetti culturali e dei valori probabilmente ritenuti irrilevanti dai brasiliani. Bo Bardi nutriva un profondo interesse per la cultura brasiliana e per le sue radici. Visitò gran parte del paese con l’obiettivo di approfondire la sua conoscenza sulle abitazioni rurali tradizionali, sulla produzione artistica popolare e sulla biodiversità di questo stato-continente. Molti aspetti della cultura e della tradizione materiale brasiliana con cui venne a contatto durante questi viaggi sono stati successivamente incorporati nella sua opera. Una parte importante del suo lavoro è stata guidata dall’intenzione di «presentare il Brasile ai brasiliani». Sulla scia del suo forte impegno a promuovere uno studio approfondito della cultura brasiliana, nel 1969 organizzò A mão do povo brasileiro (La mano del popolo brasiliano), la mostra inaugurale del MASP in Avenida Paulista, che presentava un vasto panorama della ricca cultura materiale brasiliana. L’interesse di Lina, peraltro assolutamente nuovo nel suo genere, a valorizzare questa produzione spesso emarginata e ad elevarla allo status di arte è espressione del suo desiderio di voler nobilitare la cultura e la produzione del Brasile agli occhi degli stessi brasiliani.

2. LA PASSIONE EDITORIALE

Lina visse gli anni della guerra e della ricostruzione con molta intensità: «Sentivamo che bisognava far qualcosa per togliere l’architettura dal pantano». In quegli anni fu molto impegnata in attività editoriali dimostrando il suo grande interesse per la critica d’architettura e più in generale per il giornalismo, una passione che ha attraversato tutta la sua vita.

3. IL BRASILE, NAZIONE PER SCELTA

Nel Dopoguerra Lina Bo Bardi si trasferì in Brasile che fu da lei definito «la mia nazione per scelta e quindi per me lo è due volte tanto». Lo considerava «un Paese inimmaginabile, dove tutto era possibile. Mi sono sentita felice, e a Rio non c’erano macerie».

LEONE D’ORO SPECIALE ALLA MEMORIA LINA BO BARDI

Quanto il ruolo della natura era davvero centrale nel suo pensiero e nella sua progettualità?

4C’è ancora molto da esplorare sul ruolo della natura all’interno delle opere architettoniche di Bo Bardi, un tema che è diventato solo di recente oggetto di ricerca. La sua prima opera architettonica, Casa de Vidro, è un ottimo punto di partenza per analizzare la sua visione del paesaggio e il posto che esso occupa all’interno del design architettonico, nonché all’interno del progetto di modernità ai tropici. La casa è costruita volutamente attorno a un albero di fico racchiuso in un’apertura lasciata a livello del pavimento e del soffitto; è circondata da un giardino simile a una foresta che è stato quasi completamente realizzato dai Bardi per un totale di circa 6.700 metri quadri, con una vegetazione mista di specie autoctone e non, popolate da animali come uistitì (scimmiette indigene), tucani e una varietà di insetti che continuano ad essere attratti da questa zona verde diventata oramai una rarità nell’immenso conglomerato urbano di San Paolo. Ma ancor prima della costruzione di Casa de Vidro e della creazione del suo giardino nel 1951, Bo Bardi aveva espresso le proprie idee sul rapporto tra paesaggio e spazi residenziali nel suo articolo Architettura e natura: la casa nel paesaggio scritto a Milano per il numero 191 della rivista «Domus» (novembre 1943, pp. 464-71):

«Montagne, boschi, mare, fiumi, rocce, prati e campi sono fattori determinanti per la forma della casa; il sole, il clima, i venti ne determinano la posizione, il terreno circostante offre il materiale per la sua costruzione; così, la casa appare profondamente legata alla terra, le sue proporzioni sono dettate da una costante: la misura dell’uomo; e ininterrottamente, con profonda armonia, lì scorre la loro vita».

Sebbene il suo approccio architettonico alla natura si sia evoluto nel corso della sua carriera, a partire dal momento in cui iniziò a incorporare nei suoi lavori la tradizione e la materialità brasiliane, l’idea fondamentale di interdipendenza tra ambiente architettonico e ambiente naturale già compiutamente elaborata in questo articolo su «Domus» non ha mai smesso di permeare le sue creazioni. Nel suo design il rapporto tra paesaggio ed edifici è documentato dai disegni dei vari progetti, dove il dialogo tra vegetazione e architettura diventa una costante. Ne sono un esempio i primi disegni di MASP, Casa Valéria Cirell, Casa ChameChame, il garage per la Casa de Vidro, per citarne solo alcuni. Nel progetto del Restaurante Coaty, presentato nel 1987 assieme a João Figuelras Lima (Lelé), Bo Bardi ripropone l’idea utilizzata per la prima volta in Casa de Vidro di sviluppare la struttura architettonica attorno ad un albero, ma questa volta senza la facciata a vetrata continua. In un concorso per il municipio di San Paolo cui partecipò nel 1981 arrivò a proporre la realizzazione di un giardino tropicale su tutto il pianterreno dell’Anhangabaù Valley, deviando il transito delle persone su un corridoio sospeso sopra gli alberi.

4. IL DIALOGO CON LA NATURA

Tra le sue opere spiccano edifici che con il loro design coniugano architettura e natura, in primis la Casa de Vidro, ora sede dell’Instituto Bardi, una glass box sospesa a mezz’aria che dialoga con la natura selvaggia ai limiti della foresta amazzonica che la circonda.

Photo ©Leonardo Finotti

IGREJA ESPÍRITO SANTO DO CERRADO, UBERLÂNDIA, MINAS GERAIS

Photo ©Leonardo Finotti (particolare)

TEATRO OFICINA, SÃO PAULO

Come riusciva ad essere sempre così innovativa, a tratti rivoluzionaria, in ogni azione della sua attività creativa?

5Quando giunse in Brasile nel 1946, secondo Lina il sentimento predominante nella generazione che come lei aveva vissuto gli anni della guerra era di amarezza e dolore.

«Quando sono arrivata qui, ho visto dalla nave il bianco e il blu del Ministero dell’Istruzione e della Salute che sembrava navigare sopra il mare sotto un cielo azzurrissimo. Era il primo pomeriggio, e mi sentivo felice…perché avevo finalmente visto una cosa fatta. In Europa, la ricostruzione non era ancora iniziata, per prima cosa era necessario porre rimedio a una serie di problemi, in particolare alla situazione economica. [...] Ma in Brasile non era così. [...] Era un mondo completamente diverso da quello cui ero abituata».

Lo spirito di indipendenza e libertà che Lina trovò in Brasile, secondo lei frutto del semplice fatto che si trattava di un paese che non era passato attraverso la distruzione della guerra, molto probabilmente dava all’architetto anche una maggiore libertà creativa. Ciò ci fa pensare che Bo Bardi non intendesse essere rivoluzionaria, per così dire, “a tavolino”; è stata l’aria nuova che si respirava in un paese pieno di opportunità che l’hanno spinta ad osare e a seguire idee innovative che qui hanno trovato un terreno fertile. La sua formazione modernista associata al suo interesse per la cultura brasiliana ha dato luogo ad un linguaggio architettonico coeso tra moderno e vernacolare, ricercato anche da architetti come Lúcio Costa. Lina è stata rivoluzionaria proprio nel voler combinare moderno e vernacolare e nel voler sempre sperimentare. Non aveva intenzione di creare uno stile o un linguaggio identificabile. Non dobbiamo dimenticare che all’epoca questo modo di pensare e lavorare spesso non era riconosciuto ed apprezzato come lo è oggi. L’opera di Lina è stata unanimemente riconosciuta post mortem, come dimostra questo peraltro importantissimo Leone d’Oro che le viene assegnato dalla Biennale di Venezia quest’anno, a quasi trent’anni dalla morte.

Quanto l’architettura di Lina Bo Bardi può essere considerata essenzialmente e magnificamente una forma di arte sociale capace di favorire in ogni modo l’incontro e la relazione tra le persone?

6I progetti più grandi e importanti di Lina Bo Bardi sono luoghi di incontro e di socializzazione. La sua aspirazione a promuovere relazioni e incontri all’interno degli edifici è ben visibile nei suoi disegni: le persone che disegna non servono solo a dare proporzione agli edifici, ma anche ad animarli. Negli emblematici disegni concept-design di Lina gli edifici sembrano quasi fare da supporto alle attività umane. L’importanza di attivare lo spazio attraverso il suo uso è altrettanto importante del partito preso architettonico, essendo questo un principio guida che accompagna il progetto dall’ideazione fino alla sua realizzazione. Del resto le opere di Bo Bardi sono quasi sempre legate a un più ampio progetto di attivazione sociale e a un programma culturale. Come nel caso del Museo d’Arte di San Paolo - MASP, un edificio appositamente progettato per ospitare un museo a carattere civico-educativo, presentando a tal fine un ampio spazio pubblico al pianoterra, o come in quello di SESC Pompéia, dove la missione del cliente è quella di promuovere azioni socio-educative per il benessere e per una migliore qualità di vita degli operatori nel settore dei beni e servizi, o ancora in quello del Teatro Oficina realizzato in collaborazione con l’architetto Edson Elito, che costituisce un manifesto/teatro per la compagnia teatrale Oficina Usyna Uzona fondato sull’idea di rivoluzionare la messa in scena di uno spettacolo in modo che il pubblico ne diventi parte integrante, attore anch’esso di una produzione collettiva. L’idea di incoraggiare l’incontro sociale si esprime anche in un lavoro meno conosciuto ma altrettanto forte che Lina ha realizzato a Salvador de Bahia e che oggi si trova in stato di abbandono. L’Espaço Coaty, questo il nome dell’edificio, è il risultato della combinazione di un ristorante, un bar e tre vecchie case che sono state trasformate in nove appartamenti e in uno spazio ad uso commerciale al piano terra. Vale qui la pena ricordare questo progetto meno noto se non altro per richiamare l’attenzione sul suo stato di abbandono, approfittando di un momento così importante qual è questo riconoscimento a Venezia affinché un pubblico più vasto a livello internazionale possa essere sensibilizzato al fine di contribuire a sostenere attivamente la sua conservazione. I progetti di Lina nascevano come luoghi di incontro, sì. Ha scelto di lavorare su progetti che avessero questa connotante natura e le sue proposte rappresentano oggi una risposta quanto mai premonitrice alla domanda del curatore Hashim Sarkis: How will we live together?

5. CREAZIONE E RIVOLUZIONE

Per la Casa de Vidro Lina Bo Bardi disegna la Bowl Chair, tuttora editata da Arper, una delle sedie più iconiche del design del XX secolo: una seduta dalla struttura e dalla forma essenziali e universali. Questo nuovo approccio al design, in cui l’elemento fondamentale è l’interazione dell’uomo con l’oggetto, fu rivoluzionario per gli anni ’50 perché capace di reinventare il modo di stare seduti, favorendo posture naturali e rilassate. Un progetto che testimoniava un profondo cambiamento culturale in atto, che si tradusse in un nuovo modo di vivere più informale e più orientato all’essere che all’apparire.

6. L’ARTE COME FORMA DI ARTE SOCIALE

Tra i progetti che più amiamo ci sono il SESC - Fàbrica Pompéia (1977-1986), sul quale Luciano Semerani scrisse un bellissimo testo “Il diritto al brutto”. E naturalmente il Teatro Oficina (1980-1994), dove non esistono confini tra gli attori, come una strada interna allungata e connessa alla città.

SPECIAL GOLDEN LION IN MEMORIAM LINA BO BARDI

WE

Photo Pietro M Bardi, Courtesy Instituto Bardi / Casa de Vidro

Lina Bo Bardi If there is one architect who embodies most fittingly the theme of the Biennale Architettura 2021, it is Lina Bo Bardi.

Hashim Sarkis

Photo Francisco Albuquerque, Courtesy Instituto Moreira Sales + Instituto Bardi / Casa de Vidro

How much did Lina Bo Bardi’s training in Milan influence her life and production?

1Lina was very much influenced by her training both in her educational background in the University of Rome as in her journalistic/editorial jobs in Milan. Not only her life as a student and as a young professional was an influence but also her childhood environment was a trigger for the construction of a lot of her ideals. Lina’s father, the engineer Enrico Bo, was a talented amateur artist and was a key figure for her artistic and intellectual shaping. When she moved to Milan, Lina and Carlo Pagani, her university colleague, created the Studio Bo and Pagani at Via Gesù, where they had contact with many other intellectuals and artists (as an example De Chirico that lived on that same street). In addition to their professional practice, Bo and Pagani also collaborated with architect and designer Gio Ponti in the magazine Domus and later in Lo Stile, where they were involved in many interior design and furnishing projects. The duo also acted as vice presidents of Domus, when they created the Quaderni di Domus monographs, dedicated to modern home equipment. Lina Bo (as she used to sign at that moment) also made important contributions as a writer and illustrator to the popular women’s magazine Grazia, in which she had a column, but also in magazines as Bellezza, Aria d’Italia, Cordelia, Tempo, Milano Sera and Vetrina e negozio. The experiences in Milan and her contact mainly with Ponti were formative years, she was already a professional but it could be said that the milanese years were a shaping moment for the development of her career in Brazil. The research and interests that Lina cultivated in her time working with publications, related to domestic typologies, interiors and furniture, ended up materializing in her practice in Brazil - her first built project, Casa de Vidro is a good example of this.

CASA DE VIDRO SÃO PAULO

Where did her passion for writing come from?

2Lina Bo Bardi’s years in Milan happened during the Second World War and had a profound impact on the architect’s thinking, who started to adopt a posture of greater civil commitment, arguing that the real importance of architecture would be to solve society’s problems. In 1945, Bo, Pagani and photographer Federico Patellani were commissioned by Domus to travel around Italy documenting and evaluating the situation of the destruction after the war and in the following year Bo and Pagani created, with the collaboration of art critic Bruno Zevi, what would be an innovative and contemporary magazine: A – Cultura della vita. Attualità, Architettura, Abitazione, Arte. The result of this post-war travel was published in the pages of “A” as an invitation to reflect on the post-war reconstruction and the role of architects on it. Lina’s writing was an urge to express her thinking about Italy’s situation at that historical moment and how architects should be acting on it. Adding up her critical personality and her editorial experience, Bo Bardi found writing as a vehicle to express her opinions. As an architect of modern formation, and very much aware of the professional environment she experienced closely how architects were developing a new vision of the world through writing, with manifestos and letters. Silvana Rubino – who edited with Marina Grinover the book Lina por Escrito [Lina on writing] – developed this idea in the introduction essay Could we imagine modernism without writing? Bo Bardi’s passion for writing is also evident with her marriage to journalist Pietro Maria Bardi. Together they shared not only artistic and intellectual references as well as dreams on how to contribute culturally to the society. Together they developed the magazine HABITAT, they shared profound interest in writing and intellectual production throughout their lives. Lina’s critical view of the world and the desire to share and educate were the engine of her writing, curatorial and editorial projects, deeply connected to her built work.

1. MILAN, HER TRAINING TOWN

Retracing the stages of Lina Bo Bardi’s life and the different roles she played, her training in Italy has apparently been central. She moved to Milan from Rome, her hometown. Attending the cultural environment of the Lombard capital, she came into contact with artists, intellectuals, established architects such as Giorgio de Chirico, Elio Vittorini, Gio Ponti.

2. THE EDITORIAL PASSION

Lina lived the years of war and reconstruction very intensively. In these years she was very engaged in editorial activities showing her great interest in architecture criticism, journalism, a passion that she has gone through all her life.

SPECIAL GOLDEN LION IN MEMORIAM LINA BO BARDI

Can you tell us something about this special relationship Lina Bo Bardi had with Brasil, her elective country?

3Brazil captivated Lina as a country of possibilities in contrast to war-torn Italy. Lina’s interested gaze towards her country of choice might be partly credited to her condition of being an immigrant, therefore bearing a unique perspective on aspects of culture and values that might be deemed unimportant by nationals. Bo Bardi was deeply interested in getting to know Brazilian culture and its roots, and realized multiple travels through the Brazilian landscape with the aim of furthering her understanding of construction traditions in the countryside, popular art production, and the country’s biodiversity. Many aspects of Brazilian culture and material tradition, which she got to know through these travels, were later incorporated into her oeuvre. An important part of her work was guided by the intention of “presenting Brazil to the Brazilians.” As a result of Bo’s commitment to the investigation of Brazilian culture, in 1969 she organized A mão do povo brasileiro [The hand of the Brazilian people], the inaugural MASP exhibition on Avenida Paulista, which presented a vast panorama of Brazil’s rich material culture. Lina’s attitude of valuing this often marginalized production and placing it in the status of art, besides being a very renewed stance, reveals her desire to elevate the country’s culture and production in the eyes of the Brazilians themselves.

DRAWING OF EPHEMERAL STRUCTURES FOR THE MASP BELVEDERE

© MASP Archive

3. BRAZIL, A NATION BY CHOICE

In the post war period Lina Bo Bardi moved to Brazil which she called “my nation by choice and therefore for me it is twice as much.” “I felt in an unimaginable country, where everything was possible. I was happy. There was no rubble in Rio.”

How important was the dialogue with nature in her thinking?

4There’s much to be explored about the place of nature within Bo Bardi’s architecture works, a theme which has only recently been examined as a subject of research. As the first built work of Bo Bardi, Casa de Vidro is a great starting point to investigate the architect’s understanding of landscape and its place within architectural design, as well as within the project of modernity in the tropics. The house is constructed deliberately around a fig tree enclosed in an opening through the floor and ceiling slabs, and is surrounded by a forest-like garden, that was almost fully planted by the Bardis - amounting to approximately 6,700 square meters, which comprises a mixture of native and foreign species of vegetation, inhabited by some animals like marmosets (sagüi monkey) tucanos, and a variety of insects which during the years are still attracted to this now rare area of greenery in the urban built environment of São Paulo. But even before the construction of Casa de Vidro and the sowing of its garden in 1951, Bo Bardi had expressed her ideas on the relationship between landscape and residential spaces in her article Architettura e natura: la casa nel paesaggio, written in Milan for the issue n. 191 of Domus magazine (nov.1943, pp. 464-71):

“Mountains, woods, sea, rivers, rocks, meadows and fields are determining factors for the shape of the house; the sun, the climate, the winds determine its position, the surrounding land offers the material for its construction; thus, the house appears deeply connected to the earth, its proportions are dictated by a constant: the measure of man; and uninterruptedly, with profound harmony, there their life flows.”

Although her approach to nature within architecture evolved throughout her career, as she started incorporating Brazilian tradition and materiality into her work, the fundamental idea of interdependence between the built and the natural environment elaborated in the Domus never ceased to permeate her creations. The relationship between landscape and the buildings of her design are documented in her project drawings, which would consistently feature sketches of vegetation in dialogue with the architecture. Some examples are the early drawings of MASP, Casa Valéria Cirell, Casa Chame-Chame, the garage for the Glass House, amongst many others. Restaurante Coaty, designed in 1987 with João Figuelras Lima (Lelé), is a project in which Bo Bardi would revisit the gesture first used in Casa de Vidro of embracing a tree and constructing the built environment around it, this time without the diving glass walls. In an entry for a contest for the São Paulo municipality in 1981, Bo Bardi went as far as proposing the implementation of a tropical garden in the entire ground level of Anhangabau Valley, reallocating the transit of people in an elevated pathway above the trees.

4. HER DIALOGUE WITH NATURE

Among her works there are some outstanding buildings specially designed to combine architecture and nature, first of all the Casa de Vidro (now home to Instituto Bardi), a glass box, suspended in mid-air that dialogues with the nature at the limits of the tropical forest-like garden that surrounds it.

How did Lina succeed in being revolutionary in every action of her creative activity? Please, tell us something about her approach and revolutionary spirit.

5According to Lina, when she arrived in Brazil in 1946 the feeling that prevailed in the generation that had lived through the years of the war and in herself was of bitterness and sorrow.

“When I arrived here, I saw from the ship the white and blue of the Ministry of Education and Health, sailing over the sea in a clear blue sky. It was early afternoon, and I felt happy... because I saw something accomplished. In Europe, the resumption of construction had not yet started, it was necessary to remedy many things, especially the economic conditions. [...] But in Brazil it was not like that. [...] It was a completely different world than the one I was used to.”

It can be presumed that the spirit of independence and freedom that Lina found in Brazil, according to her due to the fact that it was a country that had not gone through the destruction of the war, also provided the architect with greater creative freedom. It is plausible to assume that Bo Bardi did not intend to be revolutionary, it was the fresh air of a country where she recognized so many possibilities that inspired her to dare and undertake transformative ideas that found space to flourish here. Her modernist education combined with her interest in Brazilian culture resulted in a cohesive architectural language between modern and vernacular, also sought by architects such as Lúcio Costa. Lina was revolutionary in combining modern and vernacular and always trying to experiment. She did not intend to build a style or an identifiable language. It is important to remember that during her lifetime, this way of thinking and working often did not receive the recognition and the prestige that it receives nowadays. Lina’s work became unanimously acknowledged post mortem, the Golden Lion awarded by La Biennale di Venezia is awarded this year, almost thirty years after Lina left this world in 1992.

PERSPECTIVE DRAWING OF THE BARDI’S BOWL

5. CREATION AND REVOLUTION

She designed the Bowl Chair, still edited by Arper, for her Casa de Vidro, one of the most iconic chairs of 20th century design, a seat with an essential and universal structure and shape. This new approach to design focused on man’s interaction with the object was something revolutionary in the 1950s. It reinvented the way of sitting favouring natural and relaxed postures. It was at the same time a witness of an ongoing cultural change, which resulted in a new way of life, more informal and more oriented to being than to appearing.

How much can Lina Bo Bardi’s architecture be considered an essential and wonderful form of social art capable of encouraging encounters and relationships between people?

6Lina Bo Bardi’s larger and most important projects are places of encounter and social gathering. Her aspiration to promote relations and meetings in the buildings can be attested by observing her drawings: the people in the drawings do not appear only to give scale to the buildings, but rather to give them life. In Lina’s emblematic concept-design drawings the buildings are almost drawn only as a support for human activities. The importance of activating space through use is just as important as the architectural parti-pris, being a guiding principle from the conception of the project to its construction. For that matter, Bo Bardi’s works are almost always linked to a broader social activation project and a cultural program. As is the case for the Museum of Art of São Paulo - MASP, a building specially designed to house a museum with an educational and civic character — with notably offers a generous public space in its ground level; of SESC Pompéia, in which the client’s mission is to promote socio-educational actions that contribute to the well-being and quality of life of workers in the trade in goods and services, or even the Teatro Oficina in collaboration with architect Edson Elito, that constitutes a manifesto/theater for the theatre company Oficina Usyna Uzona and was designed to revolutionize performances so that the audience takes part in a more integrated collective production. The idea of encouraging encounter is also expressed in a less known but equally potent work that Lina did in Salvador, Bahia, and today finds itself in neglect. The Espaço Coaty combines a restaurant, a bar and three old houses that would be transformed into nine apartments and commercial use on the ground floor. (It is worth mentioning this less known project to raise awareness of its neglected status and take advantage of this relevant moment of recognition in Venice so that a wider international audience can support its conservation). Lina’s projects were innately places of encounter, she chose to work in these projects and her proposals are a premonitory answer to curator Hashim Sarkis’ question: How will we live together?

6. ARCHITECTURE AS A FORM OF SOCIAL ART

Among the projects we love most there is the SESC - Fàbrica de Pompéia (1977-1986), of which Luciano Semerani wrote a very beautiful text. And, of course, the Teatro Oficina (1980-1994), where there are no boundaries between the actors, like a stretched internal road connected to the city.

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