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WE - Golden Lion Rafael Moneo
from THE BAG Biennale Architettura Guide - 17. International Architecture Exhibition - Venezia
by Venezia News
GOLDEN LION FOR LIFETIME ACHIEVEMENT RAFAEL MONEO
by Marco Bernardi
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WE
Rafael Moneo è uno degli architetti più innovatori della sua generazione. […] Nell’arco della sua lunga carriera ha conservato la sua abilità poetica, rammentandoci la capacità propria della forma architettonica di esprimere, plasmare, ma anche di perdurare. Ha inoltre dimostrato un impegno costante nei confronti di un’architettura intesa come atto del costruire.
Rafael Moneo is one of the most transformative architects of his generation. […] Throughout his long career, Moneo has maintained a poetic prowess, reminding us of the powers of architectural form to express, shape but also to endure. He has also been tenaciously committed to architecture as an act of building.
Hashim Sarkis
To celebrate Rafael Moneo, curator Hashim Sarkis has set up an exhibition inside the Book Pavilion at the Giardini: a selection of plastic models and emblematic pictures of the buildings realised by the Spanish architect.
ARafael Moneo viene conferito il Leone d’Oro alla carriera. Dopo l’abito sociale della Biennale di Aravena e © Germán Saiz dopo quello ‘femminista’ professionale delle Grafton, questo riconoscimento ad un architetto che ha rappresentato la promessa di modernità dell’architettura spagnola nel tardo franchismo e celebrato la città nelle sue dinamiche di sviluppo con interventi di sartoria urbana iconici e celebratissimi (il Kursaal di San Sebastián, due straordinari prismi materici il giorno e lanterne notturne sull’oceano della Cantabria; il municipio di Murcia, fronte-retablo, uno spartito musicale che dialoga con la cattedrale barocca, imitatissimo; il Museo Nazionale di Arte Romana a Mérida, in cui una straordinaria sequenza di spazi costituiti da setti in muratura a secco in mattone romano ritagliati da aperture ad arco a tutto sesto è letteralmente abitata da reperti antichi, memorie che recuperano voce e dialogano tra loro) potrebbe suonare alle orecchie di non pochi ‘addetti ai lavori’ come una sorta di rappel à l’ordre, una forma di restaurazione dell’accademia. Eppure mai impressione risulterebbe più superficiale e mestamente riduttiva verso il lavoro di un architetto che come pochi altri ha saputo sviluppare una cultura architettonica aperta, fortemente identitaria ma altrettanto inclusiva verso la cultura del moderno, quindi tutt’altro che isolazionista. A partire dalle sue esperienze giovanili, prima con Sáenz de Oiza poi Jørn Utzon e l’Opera House di Sydney, Moneo ha costruito una relazione con il modernismo nordico, ne ha definito la cornice classica innestandola in una realtà mediterranea composta da una molteplicità di punti di vista sulla storia dell’architettura e della città, la città andalusa, quella araba e quella atlantica. Le opere degli esordi esprimono già pienamente un linguaggio compiuto, prima con la bellissima fabbrica di trasformatori Diestre a Saragoza (richiami alla materia di Lewerentz e alla dinamica compositiva di Aalto), poi con il blocco di Bankinter a Madrid, un’ode al tradizionale mattone pressato madrileno: «cinque anni per costruire quell’insieme di forme di purezza diagonale che assomiglia alla prua di una nave e dialoga in modo sottile con il palazzo vicino. Il linguaggio comune che lo permette era lo stesso materiale da costruzione. Quel mattone ha contribuito con un colore locale a forme che potevano accogliere una legione di riferimenti internazionali: c’è la scala umana dell’architettura scandinava, Aalto, Asplund o lo stesso Utzon; i cenni al classicismo di Aldo Rossi e alla Tendenza italiana e l’ironia postmoderna di Venturi. Ci sono anche, negli elementi decorativi della facciata, allusioni alla Scuola di Chicago e soprattutto in quei rilievi in bronzo audacemente figurativi che lo scultore Francisco López Hernández ha ideato per le finestre superiori e che evocano il potere capitalista di quei primi grattacieli che Louis Sullivan costruì alla fine del XIX secolo»*. In ultimo il Municipio di Logroño, una piccola città nelle montagne occidentali sul confine nord della Spagna, commissionato a Moneo all’età di 36 anni, che diverrà l’edificio civico più importante della città condividendo la sua identità con la Nueva Plaza della città nella tradizione della ‘Plaza Mayor’. Qui il costrutto spaziale dialoga con il Woodland Crematorium, l’esposizione di Stoccolma del 1930 e il tribunale di Göteborg di Gunnar Asplund, mentre nella soluzione d’angolo occidentale il profondo arretramento delle finestre esposte a sud mette in luce lo spessore dei muri in arenaria mostrando un chiaro debito verso la Casa del Fascio di Como di Giuseppe Terragni.
The Golden Lion for Lifetime Achievement has been awarded to Rafael Moneo. Over the last two editions of the Biennale, we saw a social outlook on architecture – Aravena’s – and a professional, feminist outlook – the Graftons’. This year, the award goes to an architect who embodied the promise of modernity of Spanish architecture in the late Francoist years and who celebrated the city in its development dynamics through iconic, celebrated interventions of urban tailoring (the Kursaal in San Sebastián – two amazing material prisms in daytime and nightly lamps on the Cantabrian sea; the city hall in Murcia – the front/retablo is an oft-imitated music score that mirrors the baroque cathedral; the National Museum of Roman Art in Mérida – where a sequence of partitions in Latin brick cut out by round arches is home to ancient artefacts and memories which talk to each other.) This choice could be interpreted by many ‘insiders’ as a call to order, a sort of restoration of academia. Yet an impression would never be more superficial and sadly reductive towards the work of an architect who, like few others, has been able to develop an open architectural culture, of strongly identiy but equally inclusive towards contemporary culture, therefore anything but isolationist. Starting from his youth experiences: Moneo worked with Sáenz de Oiza and Jørn Utzon, he built connections with Nordic modernism, he defined its classical framework and installed it in a Mediterranean reality of diverse connotations: Andalusia, Arabic architecture, and the Atlantic. His earlier designs clearly show a mature language, first with the beautiful Diestre factory in Zaragoza, then with the Bankinter building in Madrid: “Five years to build that combination of pure diagonal shapes that looks like the bow of a ship and relates in subtle ways with the building next to it. The common language that allows this is the essential building block. That brick contributed with its essentially local colour to create shapes that were able to welcome a plethora of international references: the human scale of Scandinavian architecture (Aalto, Asplund, Utzon…), Italian classicism (Aldo Rossi) and post-modern irony (Venturi). The front decorations are a clear reference to the Chicago School as are those bronze reliefs so daringly figurative that sculptor Francisco López Hernández created for the upper-row windows: they evoke the capitalist power of the first skyscrapers Louis Sullivan built in the late 19th century”.* Lastly, the city hall in Logroño, a small city in the north-western hilly region of Spain - Moneo was commissioned its design when he was 36 - which was to become the most important public building in town sharing its identity with the Nueva Plaza, after the Spanish plaza mayor tradition. Here, the spatial construct relates to the Woodland Crematorium, the Stockholm Exhibition in 1930, and the Göteborg courthouse by Gunnar Asplund, while the west corner, relying on deeply recessed southward windows, highlights the thickness of sandstone walls – a clear homage to the Casa del Fascio in Como, designed by Giuseppe Terragni.