Adolescenza InForma_2

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n. 2 - anno 1 - MAGGIO/GIUGNO 2014

www. ad o le sce n zain f o r m a .i t

Adolescenza InForma

s p e c i a l e online di v e r ona i nf or m a dedi cat o ai giovan i, alle famiglie e a c h i si oc c u pa d i ad ol s c en za

INTERVISTA Polizia Postale

Riflessi di adolescenza sullo specchio del Web

Tecnologie di classe


Via Giardino Giusti 4, Verona - tel.045 8013574 - verona@fidadisturbialimentari.it


Sommario

- n° 2/2014

07

. Editoriale

18

. polizia postale

08

. adolescenti e web

22

. INformatica

12

. Cinema

14

. vangelo

16

. tecnologia

Primavera: alcuni consigli per affrontarla al meglio Alberto Cristani

Riflessi di Adolescenza sullo specchio del Web Dott.ssa Laura Chiesa

Intervista alla Polizia Postale di Verona Dott.ssa Laura Chiesa

Il Centro Ragazzi: dietro, davanti, attraverso uno schermo Cristiano Zanetti

I rischi delle nuove tecnologie sul grande schermo Prof.ssa Maria Grazia Roccato

«Reale e virtuale» nelle parole di Gesù Don Martino Signoretto

La tecnologia in classe, non solo Social Network Francesca Girelli

2014 maggio, giugno - 3



Sommario 24

. Innovazione

L’iPad al “San Zeno”: risposta all’apprendimento che cambia Tiziano Zanotti

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. brevi comune verona

Affidagli il suo futuro. Con l’affido puoi

- n° 2/2014

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. NUOVE TECNOLOGIE

Gli studenti del Montanari: protagonisti attivi Prof. Paolo Guarise

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. SOCIAL E DINTORNI

Stay tuned, stay social! Carlo Tregnaghi

2014 maggio, giugno - 5


Numeri utili Emergenza

113 Soccorso pubblico di emergenza 112 Carabinieri 115 Vigili del fuoco 118 Emergenza sanitaria 045 500333 Polizia stradale 045 8078411 Polizia municipale 045 8075511 Centralino ULSS 20 045 6138111 Centralino Presidio Ospedaliero “G. Fracastoro” San Bonifacio 045 8075111 Centralino Presidio di Marzana 045 8121111 Ospedale di Borgo Trento 045 8121111 Ospedale di Borgo Roma 045 8121212 Ufficio Prenotazioni CUP (Centro unico prenotazioni) 848242200 CUP ULSS 20 840000877 Disdette visite ed esami (no di radiologia) 045 7614565 Guardia medica - Servizio di Continuità Assistenziale (ascoltare segreteria) 045 8041996 Farmacie di Turno 045 6712111 Ospedale di Bussolengo 045 6207111 Centro Sanitario Polifuzionale di Caprino Veronese 045 6648411 Ospedale di Isola della Scala 045 6589311 Ospedale di Malcesine 045 6338111 Ospedale di Villafranca 045 6338666 Servizio di Continuità Assistenziale 045 6338181 Centro Unificato Prenotazioni 045 6712666 Ufficio Relazioni con il Pubblico 0442 622000 Guardia medica - Sevizio di Continuità assistenziale 0442 622111 Centralino Ospedale Mater Salutis di Legnago 045 6999311 Centralino Ospedale San Biagio di Bovolone 045 6068111 Centralino Ospedale Riabilitativo Don L. Chiarenzi di Zevio 0442 537711 Centralino Centro Sanitario Polifunzionale di Nogara 0442 30500 Punto Sanità distrettuale di Cerea 848 868686 CUP ULSS 21 (da telefono fisso) 0442 606973 CUP ULSS 21 (da telefono cellulare) 0442 622692 Ufficio Relazioni con il Pubblico ULSS 21

pubblica utilità 117 Guardia di Finanza 1515 Servizio antincendi boschivo del corpo forestale dello Stato 045 8090411 Questura di Verona 045 8090711 Polizia Stradale di Verona 045 8078411 Polizia Municipale 045 8077111 Comune di Verona 800016600 Drogatel 19696 Telefono Azzurro 803803 Soccorso stradale 064477 Automobile Club d’Italia 803116 Soccorso stradale

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n. 2 - anno 1 - MAGGIO/GIUGNO 2014

Adolescenza InForma S p e c i a l e o n l i n e d i V e r o n a I n F o r m a d e d i c at o a i g i o va n i , a l l e fa m i g l i e e a c h i s i o c c u pa d i a d o l e s c e n z a

Speciale online di Verona InForma Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n° 4035/2012

Proprietario ed editore: Verona Informa s.a.s. di Giuliano Occhipinti & C. Sede legale e Redazione: Via Giardino Giusti, 4 - 37129 Verona

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Adolescenza InForma

speciale online di v er ona informa dedicato ai giovani, alle famiglie e a chi si occupa di adol scenza

INTERVISTA Polizia Postale

Riflessi di adolescenza sullo specchio del Web

Tecnologie di classe

Direttore responsabile: Alberto Cristani Coordinatore scientifco: Prisca Ravazzin Redazione: Laura Chiesa, Prisca Ravazzin Contatti: - Mail: redazione@adolescenzainforma.it - Web: www.adolescenzainforma.it Hanno collaborato per questo numero: Dott.ssa Laura Chiesa, Proff.ssa Maria Grazia Roccato, Don Martino Signoretto, Francesca Girelli, Prof. Paolo Guarise, Tiziano Zanotti, Cristiano Zanetti, Carlo Tregnaghi Foto: Archivio Verona Informa s.a.s., Redazione Adolescenza InForma

editoriale

a cura del direttore

Primavera: alcuni consigli per affrontarla al meglio L’arrivo della stagione primaverile può avere molte conseguenze sulla salute, soprattutto quella dei meteoropatici che, più degli altri, subiscono negativamente i cambiamenti di stagione e le variazioni di temperatura. In particolar modo il passaggio dall’inverno alla primavera comporta l’insorgenza di una serie di disturbi e patologie, molti studi hanno affermato che sarebbero addirittura sei italiani su dieci ad essere vittime di tale condizione. Maggiormente colpite risultano le donne che si sentono, rispetto ad altri periodi, sotto stress. I medici sostengono che queste manifestazioni sono conseguenze di una serie di comportamenti errati seguiti durante l’inverno (come gli eccessi a tavola e la vita sedentaria) oltre che una carenza di vitamine e la scarsità della luce solare. Per recuperare le energie gli esperti consigliano, per prima cosa, di seguire una dieta “primaverile”, ricca cioè di tutti gli elementi nutritivi che servono a ritrovare la carica. In più è importante effettuare un check-up, attraverso le analisi del sangue è utile controllare i livelli di glicemia e gli acidi urici che possono risultare elevati a causa di un’alimentazione troppo ricca di carboidrati e proteine. In più, per chi ha deciso di voler ritrovare la forma fisica, in attesa della prova costume, e quindi di praticare un’attività fisica è bene iniziare con un allenamento graduale al fine di evitare crampi, distorsioni o strappi muscolaria. La primavera è anche la stagione più capricciosa in assoluto per quanto riguarda il tempo e in particolare le temperature; sono infatti molto frequenti gli sbalzi termici, particolarmente notevoli, sia da un giorno all’altro che nell’arco della stessa giornata. Anche un brusco rialzo termico, che potrebbe apparire di per sé innocuo per la salute, visto che le temperature di 19-22 °C dovrebbero essere quelle preferite dal nostro organismo, in realtà può avere ripercussioni negative sulla nostra salute, perchè il nostro sistema di termoregolazione è tarato per far fronte a sbalzi di temperatura, umidità e pressione atmosferica abbastanza contenuti, per cui sbalzi superiori a 6-8 °C, che portino le colonnine di mercurio al di sopra di 15 °C, vengono interpretati dalla nostra centrale di termoregolazione, posta nell’ipotalamo, come situazioni di caldo. Ecco perché in questi casi sono in molti ad accusare spossatezza, confusione, mal di testa, nausea, cattiva digestione ed altri malesseri fisici, oltre che raffreddori da sudorazione. Che fare quindi? Un semplice rimedio consiste semplicemente nell’adeguare prontamente, giorno dopo giorno, il nostro abbigliamento alle mutate condizioni ambientali e, al mattino, uscire con diversi strati addosso, in pratica vige la regola del caro, buon, vecchio “vestirsi a cipolla”.


adolescente e web

Riflessi di Adolescenza sullo specchio del Web La Dott.ssa Irene Ruggiero, psicoanalista SPI, in un suo articolo pubblicato sul sito ufficiale della Società Italiana di Psicoanalisi, affronta il tema dei social network e della rete in adolescenza

“P

enso che la Rete sia uno strumento formidabile per reperire e scambiarsi informazioni, e che, in quanto tale, promuova potenzialmente una maggiore democrazia. Tuttavia, la Rete comporta anche dei rischi, soprattutto per gli adolescenti più fragili.” Questo è il punto di partenza dell’autrice, che permette di addentrarci nella questione dei pericoli o dei potenziali segnali di allarme, ricordando però che la Rete non è in sé negativa. Quali attrezzature psicologiche per affrontare le sfide adolescenziali? Per capire alcuni aspetti delle fragilità che si possono incontrare in adolescenza e che poi potrebbero esporre ad un uso problematico della Rete, la Dott. ssa Ruggiero ripercorre le tappe evolutive della prima infanzia che permettono uno sviluppo mediamente armonico e consentono quindi al futuro adolescente di arrivare sufficientemente attrezzato alla tempesta emotiva e identitaria dell’adolescenza appunto. L’attrezzatura in questione consiste in un buon narcisismo, positivo “senso di sé, base dell’autostima e della fiducia in se stessi”. L’esperienza di rispecchiamento Per raggiungere un buon narcisismo, un’esperienza infantile fondamentale è quella del rispecchiamen-

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to: quando il bambino guarda la madre, vede se stesso riflesso nei suoi occhi, nella sua espressione, nelle sue emozioni, poiché lei riesce ad intuire cosa lui vive in quel momento e riesce ad esprimerlo in parole e stati d’animo. In questo modo il bambino acquisisce gradualmente il senso di esistere; è negli occhi della madre che inizia a costruire il proprio senso di sé. Questo nella misura in cui la madre (o chi per essa) riesce a cogliere quelli che potrebbero essere i vissuti del bambino in quel momento. “Se il rispecchiamento materno funziona in modo sufficientemente buono, si pongono le basi per lo sviluppo di un sentimento di autenticità e pienezza, su cui si edificheranno l’autostima e la fiducia in se stessi”. Rispecchiamenti non riusciti È fisiologico che l’esperienza di rispecchiamento abbia delle imperfezioni e degli aggiustamenti, tuttavia, per diversi motivi può accadere che questa complessiva esperienza di rispecchiamento non si sviluppi in modo sereno, a causa di sofferenze da parte di chi si occupa del bambino, o semplicemente a causa di una difficoltà a sintonizzarsi della coppia. In questo caso “accadrà che il lattante veda riflessi negli occhi di sua madre non se stesso ma gli stati d’animo di lei, spesso la sua angoscia, la sua rabbia o le sue difese da queste emozioni. Invece


che curiosità, fiducia e apertura verso il mondo, si struttureranno apprensione e preoccupazione […] a scapito della sua possibilità di sognare […]. Il rispecchiamento mancato o carente creerà nel mondo interno aree di orfanità e sentimenti di vuoto che il bambino cercherà di colmare aggrappandosi concretamente alla madre e, più avanti nella vita, a persone o oggetti esterni che diventeranno imprescindibili proprio in quanto sostituti di qualche cosa che non si è costituito nel mondo interno. E’ così che si strutturano le dipendenze patologiche.” Rispecchiamenti in adolescenza I cambiamenti adolescenziali impongono di entrare in contatto con nuovi aspetti di sé, che possono far sentire disorientati, incompresi, frammentati… esperienza simile a quella dell’infante che non ha ancora un linguaggio per comprendersi e descriversi. Ecco quindi che “la funzione di rispecchiamento svolta da persone affettivamente significative (ti capisco, sento quello che tu senti e ti aiuto a metterlo in parole), importante in tutte le fasi della vita, sarà di nuovo cruciale in adolescenza “. “Nel difficile compito di integrare e dare un senso soggettivo alle trasformazioni in atto, la condivisione con il grup-

po dei pari costituisce un sostegno formidabile.” Rispecchiamenti in Rete. Uso positivo che aiuta la crescita La dott.ssa Ruggiero ricorda che la Rete non è in sé positiva o negativa, ma come per ogni strumento della cultura, è l’uso che se ne fa ad essere positivo o negativo. Tra le opportunità offerte dalla Rete in adolescenza, la Dott.ssa ricorda “la possibilità di un contatto facile con coetanei con cui condividere esperienze, impressioni, sensazioni e pensieri […] sappiamo quanto sia importante per gli adolescenti condividere abitudini e modelli di comportamento, quanto siano portati a cercare l’identicità, come piccole differenze nell’abbigliamento - ma anche nella musica preferita - possano diventare elementi identitari sulla cui base dividersi in gruppi dai confini rigidi, la cui funzione sembra quella di rafforzare l’identità dei propri membri, esasperando le differenze rispetto agli altri”. La Rete può quindi essere un terreno utile per l’adolescente per il confronto con i coetanei, uno tra i vari contesti in cui misurarsi e costruire la propria unicità: “Il compito che l’adolescente ha di fronte è quello, tutt’altro che facile, di trovare un equilibrio tra appartenenza (conformi2014 maggio, giugno - 9


social network) per sentire di esistere, di esserci. La Rete diventa il sostituto degli occhi della madre nella primissima infanzia.“ Nei casi estremi questo bisogno può portare a costruire una falsa identità, con il rischio di rimanerci intrappolato; infatti gli “amici” in Rete non hanno possibilità di conoscere la persona reale ed il ragazzo potrebbe finire per pensare di non essere apprezzabile per ciò che è realmente, ma solo per come si è mostrato, costruito.

smo, omologazione) e differenziazione, tra bisogno di contatto e difesa di una quota minimale di soggettività. E’ questo il processo di soggettivazione, grazie al quale l’adolescente diventa gradualmente un adulto, caratterizzato da una identità personale differenziata, capace al contempo di autonomia e di dipendenza sana (non coattiva) dagli altri”. Uso negativo che impedisce la crescita La Rete è usata in modo negativo quando, anziché aiutare nella crescita personale, diventa uno strumento per evitare il confronto, il contatto con gli altri. Tra i possibili usi patologici, la Dott.ssa ricorda la dipendenza da Internet, il bisogno compulsivo di stare al computer: “Il meccanismo coinvolto sembra essere quello implicato nelle più varie forme di dipendenza patologica (da cibo, da sostanze, da alcol, dal sesso, dal gioco d’azzardo)”: una modalità relazionale in cui viene cercato un contatto perenne con un ‘oggetto’ sempre disponibile. “Rispetto ad altre dipendenze, questa sembra socialmente più accettata, forse perché ritenuta meno dannosa, ed è in genere individuata con un ritardo molto maggiore. Le ragioni per cui si instaura una dipendenza dalla Rete possono essere svariate”, tra le principali: - il bisogno di apparire, che sostituisce un bisogno di rispecchiamento rimasto in sospeso. “La ricerca coattiva di una conferma della propria esistenza/ consistenza nell’essere visti dagli altri. Occorre allora essere in Rete (su Facebook o YouTube o altri

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- l’esibizione di atti violenti e antisociali: “apparentemente senza rendersi ben conto di ciò che fanno, e poi si fotografano, si filmano, si registrano e diffondono le loro “gesta” attraverso Internet, alla ricerca di una prova di esistenza negli occhi di chi immaginano assistere alle loro imprese sbigottito, scandalizzato o indignato. Le reazioni del “pubblico” vengono utilizzate come tasselli nella costruzione di un’immagine di sé che possa colmare le loro falle identitarie.” Anche questo è un preoccupante segnale, che indica la presenza di un vuoto di identità che toglie al ragazzo libertà, creatività e possibilità di esprimersi. È una situazione in cui la persona sentendosi inconsistente si costruisce un’identità negativa nel disperato tentativo di sentire di esistere. - l’evitamento delle relazioni “in carne e ossa” (Hello Denise). “Si pensi all’elenco degli “amici” in Facebook e alla sua funzione di conferma narcisistica (più amici ho, più sono popolare e importante); una sorta di collezionismo in cui manca l’incontro “carnale”, in cui sia il soggetto che l’altro sono coinvolti con tutti i sensi e non solo con la loro immagine. Il mostrarsi prende il posto dell’incontrarsi, il contatto quello della conoscenza e dell’intimità. Per esempio, non occorre più tenere in mente la storia di un amico, ricordare le sue confidenze o anche semplicemente la data del suo compleanno, tanto “è in Facebook”. Così può accadere che stormi di messaggi di auguri anonimi e preconfezionati si sostituiscano ad un pensiero autentico, frutto di una relazione dotata di spessore, in cui ci sia spazio per il ricordo, il desiderio e l’attesa. I contatti si fanno sempre più ra-


pidi e superficiali, si diffonde un lessico impoverito e spersonalizzato, la velocità prende il posto della profondità. Sms, chat, twit... Forme di comunicazione veloce, che mantengono in continuo contatto concreto con “amici” virtuali, carburante narcisistico a poca spesa rispetto all’impegno richiesto da una reale conoscenza e da una relazione profonda. […] Queste modalità relazionali sono fisiologiche e anche utili nell’arco dei primi anni dell’adolescenza, diventano invece inquietanti se si cristallizzano”. Manifestano il terrore di esporsi ad offese narcisistiche, segnale di una profonda fragilità, segnale dell’incapacità di essere orgogliosi di ciò che si è, segnale del fatto che l’opinione sbagliata degli altri ha il potere di annientare. “Ad un certo punto però, occorre uscire dal nido e affrontare le esperienze “in carne e ossa”, esponendosi alle intense emozioni che esse suscitano; solo così, si può fruire dell’esperienza fondamentale di scoprirsi anche attraverso gli occhi degli altri. Questo non può accadere nei rapporti virtuali, in cui manca una verifica multisensoriale.” Manca lo scarto tra l’immagine che vorremmo dare di noi e ciò che gli altri dimostrano di aver colto: è “l’esperienza della scoperta di sé attraverso gli altri che, seppure non esente da rischi di potenziali traumatismi, ha un’enorme potenzialità maturativa, in quanto consente anche una bonifica del senso di sé, fornita da uno sguardo altrui capace di accettare (o amare) dell’adolescente aspetti di sé che egli non accetta.” In generale, poi, la Rete sollecita l’onnipotenza: c’è l’idea di trovare tutto, subito e sempre. Manca il tempo sufficiente a far nascere una curiosità e una tensione conoscitiva, […] c’è un possesso concreto privo di spessore soggettivo invece che conquista personale stabile.” Questo porta ad una minore capacità di tollerare le “frustrazioni, una tendenza ad agire nel concreto (fosse anche solo sulla tastiera), una negazione della dipendenza dall’altro e un progressivo impoverimento della capacità di provare desiderio e piacere, tutti elementi che mi pare si vadano infiltrando anche nella nostra società adulta.”

pare poco attrezzata a sostenere il processo adolescenziale, proprio per il moltiplicarsi di elementi adolescenziali nella cosiddetta società adulta: il crescente sfumare di limiti differenzianti tra i sessi e le generazioni, l’espandersi di aree di ambiguità sempre più ampie (tra vero e falso, fra immagine e realtà, tra essere e apparire). Molti dei genitori di oggi condividono con i figli adolescenti uno stesso senso di smarrimento. E’ dunque più difficile che l’adolescente possa trovare nello sguardo dei genitori un rispecchiamento adeguato che lo sostenga nel processo di crescita; capita anzi sempre più spesso che i genitori cerchino nello sguardo dei figli un supporto per un proprio equilibrio precario. Non sono solo gli adolescenti ad avere un’attenzione quasi ossessiva per l’apparire e per l’apparenza, anche tra gli adulti ha preso sempre più piede una cultura in cui l’abito fa il monaco. Gioca un ruolo importante anche la drammatica marginalizzazione in cui la Società attuale pone gli adolescenti, perlopiù relegati al ruolo di spettatori passivi di un mondo su cui non hanno il potere di incidere, costretti a sopportare una tragica divaricazione tra le loro potenzialità fisiche e intellettive e la loro impotenza reale nel modificare la Società in cui vivono”.

Adulti, Società e Adolescenza “Nonostante oggi gli adolescenti siano oggetto di innumerevoli studi e dibattiti la Società attuale ap-

Dott.ssa Laura Chiesa Psicoterapeuta laura.chies@libero.it

Radici dell’uso patologico della Rete “Concludendo, direi che nell’uso patologico (non nell’uso in sé e per sé) della Rete e dei social network trova espressione di un senso di inconsistenza che ha una duplice radice, da una parte nella storia personale di ognuno, dall’altra nella marginalizzazione degli adolescenti nelle attuali società occidentali. Costretti ad una sosta eccessivamente prolungata nel guado adolescenziale, deprivati del potere di incidere sull’ambiente in cui vivono, possono ritrovarsi costretti a “giocare” in modo compulsivo e ripetitivo in un universo virtuale che li ripari da frustrazioni eccessive. In questa prospettiva, certi usi patologici e perversi della Rete costituiscono anche la punta dell’iceberg di un crescente disagio sociale.”

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cinema

I rischi delle nuove tecnologie sul grande schermo DISCONNECT - di Henry Alex Rubin, USA 2012

T

re storie si sfiorano e s’intersecano, nella periferia di New York, a illustrare i pericoli che si possono incontrare nelle chat, nei siti di incontri, nei social network. Kyle, un ragazzo che si presta a esibirsi in un sito porno, viene contattato per mezzo di una video chat e intervistato da una giornalista, Nina Dunham, che con un inedito, esplosivo scoop intende denunciare losche consuetudini e finisce per trovarsi a strumentalizzare ai fini della propria carriera giornalistica proprio quel ragazzo che intende salvare. Due coniugi, Cindy e Derek Hull, sconvolti dalla perdita del neonato, chiusi nel loro silenzio, cercano conforto lui nei giochi on-line, lei chattando con uno sconosciuto che li deprederà dell’identità e dei risparmi. Due ragazzi ingannano l’introverso, timidissimo Ben Boyd, presentandosi su Facebook come coetanea innamorata e inducendolo a posare nudo in foto che scateneranno contro di lui la feroce persecuzione di tutti i compagni di scuola, al punto che Ben tenterà il suicidio. Il testo, articolato in queste vicende, presenta in tre situazioni diverse una sconfinata solitudine e un intenso bisogno di relazione, che i protagonisti cercano di realizzare grazie al web, equivocando fra realtà e virtualità. Tutti infatti, molto soli, molto sofferenti, si giovano del web per superare il proprio isolamento, illudendosi di creare una relazione vera attraverso la rete, che in casi come questi offre in sostanza un paravento, una difesa da una relazione vera: quel rifugio fantasioso in

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cui, costruito l’interlocutore su misura, ci si illude con comunicazioni spesso a senso unico che sottraggono alla realtà effettiva, nelle quali non tutti si sentono tenuti alla verità. La socialità contemporanea sconfina facilmente dal mondo reale al mondo virtuale, da cui sempre più fortemente dipende, sovente senza distinguere fra i due piani,


almeno da parte degli individui più fragili, indifesi e sofferenti. E’ per questo che la solitudine di partenza, da cui nascono il progetto e l’iniziativa di comunicazione, non può che aumentare nel corso dell’esperienza, conducendo alla disperazione, quando l’irrompere della realtà finirà per smascherare illusioni, inganni e addirittura frodi. Il film documenta le conseguenze generate da un utilizzo ingenuo o irresponsabile del mezzo, mostrando l’animo dei protagonisti e di quelli che sono loro vicini: il disagio della giornalista che solo alla fine ha la misura della portata della propria iniziativa, l’angoscia mortale del ragazzo solitario e chiuso che arriverà al gesto estremo, l’inquietudine, il risentimento, lo sdegno dei due padri, la sofferenza e il silenzio dei due coniugi che solo nella ricerca del truffatore ritroveranno una forma di alleanza e solidarietà. Qual è la differenza fra una relazione instaurata sul piano della realtà e una mediatica? La mediazione, appunto, che mimetizza i caratteri dell’altro, consentendo anche bluff e tragici inganni ed è in grado di propalare irreparabilmente a infiniti lettori i segreti confidati. L’impossibilità di percepire in presenza l’inconscia risposta emotiva dell’altro e di reagirvi di conseguenza, l’impossibilità cioè di comunicare direttamente, anche e soprattutto a quel livello inconscio attraverso il quale passano le informazioni più importanti nei contatti fra persone rende molto più limitata e più rischiosa la comunicazione mediatica rispetto allo scambio reale. In altri termini, nei contatti umani non si parla solo con le parole (che, abilmente manipolate, possono risultare ingannatrici), ma anche e soprattutto attraverso comunicazioni alogiche, inconsce, dalle quali scaturiscono i nostri sentimenti di attrazione e repulsione. Precisato il grande limite del rapporto on-line rispetto a quello reale, tuttavia, va osservato e ribadito che non è il mezzo in se stesso a creare drammi, ma l’uso inesperto, alienante, dissennato, o doloso che se ne può fare. “Ho scritto la sceneggiatura – ha affermato Andrew Stern, lo sceneggiatore - dopo essermi reso conto di come oggi molta gente, durante pranzi o cene, tenga telefonini o tablet sul tavolo e non smetta

mai di usarli anche mentre mangia. Le persone sono lì tutte insieme, ma stranamente non sono presenti le une con le altre. Nel film ho incrociato varie storie che raccontano come la tecnologia che ci unisce in rete può molto spesso scollegarci nella e dalla vita di tutti i giorni.” Il titolo, che pare contraddittorio rispetto all’iperconnessione dei protagonisti, allude appunto alla loro condizione di individui disumanizzati, scollegati dalla vita reale, da se stessi, dai rapporti veri, perché troppo collegati e per così dire sequestrati da quella virtuale. In questo senso esso suonerebbe come un imperativo, un invito a scollegarsi, per tornare a vivere secondo modalità umane. Il regista, che in passato ha diretto spot pubblicitari e il documentario “Murderball”candidato agli Oscar nel 2005, è alla sua prima prova nel lungometraggio, per il quale ha usato un metodo da documentarista, servendosi di ricerche e interviste. “Non ho voluto affrontare questo tema con teorie e polemiche – ha dichiarato – Ho voluto semplicemente rappresentare la realtà, come se fosse un documentario.” E ha aggiunto: “Ogni secondo nel mondo diciotto adulti restano vittime di crimini informatici, mentre lo scorso anno in USA il 40°/° di studenti medi e delle superiori ha subito un atto di cyberbullismo.” Dal punto di vista stilistico il film si distingue per una solida sceneggiatura, che sapientemente articola in una struttura composita, circolare, le tre storie, l’uso del ralenti, la musica di Max Richter, le frequenti sequenze notturne. Esso s’inserisce in quel filone di film recentissimi che esaminano, anche a livello fantascientifico, possibili vantaggi e danni del web, come “Lei” di Spike Jonze, USA 2013, “Transcendence” di Wally Pfister, USA 2014, preannunciati una decina di anni fa da “S1m0ne” di Andrew Niccol, USA 2002. Va ricordato che quest’anno ricorrono venticinque anni dalla nascita del web e dieci da quella di Facebook, narrata dal film di David Fincher “The Social Network”, USA 2010.

Prof.ssa Maria Grazia Roccato 2014 maggio, giugno - 13


vangelo

«Reale e virtuale» nelle parole di Gesù «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo» - Mt 13,44

Q

uesta parabola consta di un solo versetto. È breve, eppure coinvolge l’uditore già a partire dalla parola «tesoro». Un «tesoro nascosto» affascina tutti. È l’immagine di qualcosa di prezioso che va cercato e trovato, che rende ricchi, che cambia la vita. Questa parabola fa parte di un patrimonio prezioso che caratterizza il modo di insegnare di

Gesù, capace di coinvolgere la gente. Famosa è la parabola del «figliol prodigo», o meglio detta del «padre misericordioso». Altre parabole parlano della pecorella smarrita, della monetina perduta, di pesci e della rete dei pescatori, del pane e del lievito, delle piante e della seminagione, di case costruite sulla roccia, di lampade e di talenti, di amministrazione, di debiti e di condoni.

Parabola del tesoro nascosto – Rembrant 1630 (Museo delle Belle arti di Budapest)

14 - maggio, giugno 2014


Stampa popolare: Parabola del tesoro nascosto - Jan Luyken

I temi sono quelli che tutti vivono tutti i giorni, dalla vita privata alla vita pubblica, dal lavoro ai momenti di festa. Qual è la novità? È la virtualità della parabola. Le parabole di Gesù sono affascinanti perché mettono in scena elementi e situazioni conosciuti, che appartengono al mondo di chi ascolta. Si tratta della dimensione reale. Il modo con cui questi elementi sono connessi, l’intreccio narrativo, è fittizio, è inventato, coinvolge l’uditore in un mondo che non conosce ancora, ma che lo attira. Si tratta della dimensione virtuale. Chi ascoltava le parabole non poteva rimanere indifferente. La parabola infatti pone delle domande nascoste, delle «prove», che inizialmente non si vedono, ma alla conclusione si scoprono essere le prove della vita. «Un uomo lo trova e lo nasconde». Che fortuna! – diremo noi – ma l’uditore si accorge di qualcosa di strano. Nella storia della parabola vi è un elemento che apre delle questioni importanti. Il tesoro è una sorpresa: che bello! Non l’ho nemmeno cercato … si può dire che è il tesoro che ha trovato me. Ora la mia vita è cambiata. Ma poi quell’uomo senza nome lo nasconde e nascono molte domande. Il campo non è suo, quel tesoro è nascosto lì da qualcuno quindi ora sono in due a sapere dov’è, è necessario creare le condizioni per avere una esclusiva: nasconderlo di nuovo. E adesso arriva il bello: «poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo». È necessario comprare il campo: in questo modo il tesoro è al sicuro, in questo modo posso avere accesso al tesoro, posso farne uso e non temere sguardi indiscreti, posso gestirlo in modo libero. Il problema non è semplice. Il tesoro è una sorpresa bella, ma una trovato, cambia la vita di quell’uomo in

modo radicale. È l’uomo a cambiare vita per il tesoro, non è il tesoro a cambiargli la vita. Ecco alcune domande nascoste: si è disposti a vendere tutto per il campo e avere accesso al tesoro? È necessario dare spiegazioni del tesoro trovato? In questo caso gli altri verranno a sapere che lo hai trovato. Se non dai spiegazioni, vendere tutto è un gesto temerario e dovrai affrontare le malelingue, dovrai affrontare l’incomprensione. Forse allora non è detto che sia così semplice gestire un tesoro. Il tesoro ti ha incontrato e ti rendi conto che il suo valore è grande quanto la responsabilità di gestirlo, per non perderlo e non sciuparlo. Il tesoro chiede il coraggio di un cambiamento proporzionato al suo valore. Quell’uomo è «pieno di gioia». È l’effetto sorpresa. Quell’uomo vende tutto con un atteggiamento di chi sa molto bene non solo cosa lascia, ma anche cosa ha trovato. Il mondo virtuale della parabola è incredibile: offre indicazioni che sorprendono, vi è un comportamento non previsto - «nascondere e vendere» - e vi è un’atmosfera di felicità. Ora, chi ascolta si sarà immedesimato nel protagonista della parabola, desiderando di essere nei suoi panni: che bello se potesse capitare a me, un tesoro nascosto in un campo … mamma mia, le cose si risolverebbero, non avrei più problemi. Però poi accanto questa immedesimazione arriva la prova: ma perché dovrei vendere tutto? Non si può avere il tesoro senza vendere i propri averi? E come lo dico agli amici che mi sono messo in testa di vendere tutto? Perché cambiare? Gesù afferma chiaramente che questa parabola serve per parlare del «regno dei cieli». Il suo regno, infatti, è un «patrimonio relazionale». Cosa vuol dire? Con tale espressione Gesù ha inaugurato una forma di appartenenza che non esclude nessuno e in cui ciascuno è importante per quello che è: si potrebbe dire nel regno dei cieli tutti sono re, nessuno è suddito. Una tale patrimonio non è monetizzabile e coloro che ne fanno parte non lo svendono per nulla: a quanto pare sarà l’unico patrimonio che ci portiamo in paradiso. Si tratta di un tesoro inestimabile per cui vale la pena fare qualsiasi cosa, anche vendere tutto.

Don Martino Signoretto biblista


tecnologia

La tecnologia in classe, non solo Social Network Il connubio tra scuola e internet richiede una seria riflessione

L’

informatizzazione dei sistemi scolastici con il conseguente ingresso nella “rete” del mondo scuola, richiede una riflessione circa la bontà e l’efficacia dell’interazione tra queste due realtà profondamente differenti tra loro. Il connubio tra scuola ed internet richiede una seria

riflessione, utile e necessaria a definire delle linee guida circa le modalità di utilizzo in ambiente scolastico delle nuove tecnologie e dei supporti informatici. Dalla mia personale esperienza professionale svolta a scuola, con ragazzi di età compresa tra i quattordici ed i vent’anni, comprendo che si richiede sempre più il


confronto quotidiano con l’uso che essi fanno di internet, oltre che di come le nuove tecnologie hanno modificato il modo di fare (e a volte di essere…) scuola. A fronte di ciò viene chiesto dalle famiglie all’istituzione scolastica di assolvere al ruolo di “controllore” circa l’uso che i propri studenti fanno dei Social Network e di Internet. In particolare, di agire sulla gestione dei mezzi informatici, in quanto un uso/abuso scorretto può portare a gravi condizionamenti, per i quali possono venire agiti comportamenti distruttivi verso sé e verso gli altri. Accanto a tale compito educativo si pone la necessità di integrare l’insegnamento tradizionale con tecniche informatiche più vicine alle nuove generazioni dei cosiddetti “nativi digitali”, nella convinzione non sempre vera che ciò possa attivare negli studenti la motivazione allo studio. Oggi diviene essenziale comprendere come gli adolescenti utilizzino e interagiscano con questi nuovi strumenti, ma altrettanto essenziale resta la formazione e l’esperienza dell’insegnante quale “maestro” e “guida” nel percorso di crescita e formazione culturale degli allievi. Le personali competenze professionali accanto alle competenze informatiche dovrebbero costituire un binomio utile per essere puntualmente situati nel contesto storico-culturale odierno. La domanda cui vorremmo rispondere con questo articolo è: qual è oggi il valore aggiunto dalla tecnologia all’interno di una classe di adolescenti? Di certo il linguaggio visivo, l’accessibilità immediata alle informazioni, la “conservazione” in banche dati delle risorse didattiche, una didattica inclusiva dei ragazzi con difficoltà, l’interattività tra insegnante e stu-

dente nello scambio di competenze, la comunicazione immediata e agevole con le famiglie; l’opportunità per i docenti di “essere in rete” con colleghi di scuole di altri Paesi attraverso l’uso di piattaforme internet modulari. In quest’ottica le scuole dovrebbero investire nuove energie attrezzandosi di un’ ottima connessione Internet, di aule informatizzate, di lavagne interattive e videoproiettori fissi e portatili. Inoltre dovrebbe esserci il supporto di un team di ricerca che promuova metodologie innovative e trasferimenti di buone pratiche tra i vari soci, gli insegnanti dovrebbero essere formati ed impegnarsi in progetti di sperimentazione di tipo multimediale e tecnologico. A fronte di tutto ciò sarebbe ingenuo, però, pensare che l’informatizzazione dei programmi scolastici o l’uso di una LIM (lavagna multimediale) rendano gli studenti più interessati alla lezione. Niente può sostituire o valere più di un insegnante capace di trasmettere saperi. Con ciò s’intende dire che i corsi devono essere progettati sulla base di principi pedagogici assodati, i quali, uniti all’utilizzo di moderni supporti formativi, aumentano l’efficacia nella costruzione di relazioni con gli studenti e quindi facilitano un maggiore e migliore apprendimento. Con l’obbiettivo di sviluppare e mantenere tutte le abilità e conoscenze necessarie ad un insegnante, le scuole stesse dovrebbero promuovere e assicurare la formazione continua del corpo docente, nel rispetto e nella valorizzazione delle inclinazioni personali, offrendo agli insegnanti la possibilità di sviluppare competenze ritenute essenziali e trasversali per tutte le materie d’insegnamento. Gli studenti di oggi sono entusiasti dell’utilizzo di supporti tecnologici all’avanguardia da un punto di vista estetico e perciò di notevole attrattiva per loro, quindi la vera sfida per la scuola moderna è rendersi altrettanto accattivante. Tale da convincere gli adolescenti del valore inestimabile della formazione, quale patrimonio prezioso ed insostituibile per il loro benessere e la loro felicità.

Francesca Girelli Psicologa, Psicoterapeuta 2014 maggio, giugno - 17


polizia postale

Intervista alla Polizia Postale di Verona Il servizio polizia postale e delle comunicazioni, è l’organo centrale del Ministero dell’Interno per la sua sicurezza e la regolarità dei servizi delle telecomunicazioni

C

ome è organizzata la prevenzione nella nostra città? Con progetti informativi per docenti, studenti e genitori, a cui ricordiamo che Internet è prezioso, ma serve consapevolezza, dei pericoli e dei modi per difendersi; collaborando con Google, Telefono Azzurro, Youtube, Unicef, Vodafone, per migliorare filtri di protezione e sicurezza. La prevenzione nelle scuole è preziosa: informa, crea confidenza, rende i ragazzi protagonisti perché hanno voglia di raccontare le loro esperienze e di collaborare con noi.

Quali informazioni fornite sulle nuove tecnologie? Internet. Al computer le persone si sentono più sicure, immaginano di potersi camuffare e, nella tranquillità della propria casa, più facilmente perdono i freni inibitori. Purtroppo non è così: Internet viene chiamato la “vetrina globale” perché consente di essere collegati con milioni di persone, di accedere a milioni di dati e, cosa di cui si è meno consapevoli, di essere visibili a milioni di persone e di rendere loro accessibili molti più dati personali di quanto ingenuamente si potrebbe immaginare. Il web memorizza le informazioni condivise online (foto, dati, commenti, tipo di ricerche effettuate,…) anche se vengono eliminate o cancellate dalla rete e dal proprio computer. Una volta messi in rete i nostri dati non li possiamo più controllare. Perché

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ti arrivano le mail sui prodotti che ti possono interessare? Quanti se lo sono mai chiesto? Facebook e altri social network come Twitter e Windows Live. Molto spesso gli adolescenti impostano un filtro medio, ad esempio mettendo le informazioni visibili solo agli amici degli amici, perché sperano di conoscere nuove persone, in realtà questo meccanismo fa perdere il controllo su tutte le loro informazioni (post, foto,…). Non si rendono conto di essere parte di un business di Zuckerberg, che offre gratis un servizio di socializzazione e si arricchisce: diventa il miliardario più giovane al mondo, come? Cosa c’è sotto? Dalle tue foto, dai tuoi post e dalle tue ricerche on line le aziende di marketing studiano le tue abitudini di vita, il tuo abbigliamento, le tue abitudini alimentari, il tuo tempo libero… WhatsApp. È un’applicazione quasi totalmente gratuita, senza sponsor, senza banner, senza scadenza e senza funzionalità correlate a pagamento. È stata pagata dal giovane fondatore di Facebook una somma superiore al costo della Jamaica (15 billions), alla spesa di un’Olimpiade (10,5 billions) e al finanziamento di un anno di missioni spaziali della NASA (18 billions): quale può essere il profitto? Mark Zuckerberg si è tenuto molto sul vago, ma su questo ha fondato la propria fortuna. Che l’avanguardista Mark nutra una passione per le cose gratuite, è ormai noto; che mostri una tendenza a voler possedere quel che più è in voga tra gli utenti,


è palese; che possegga una forma di ingordigia bramosa per tutto ciò che è “comunicazione”, è un’ipotesi ben fondata: qualcuno potrebbe concludere che Zuckerberg vuole il controllo di tutto, di tutti e subito. Instagram. Le tue foto danno informazioni sulla tua abitazione, sul luogo in cui ti trovi in quel momento, sul fatto che la tua casa potrebbe essere vuota. E-mail. E-mail di sconosciuti possono installare virus sul tuo computer e aprire l‘accesso ai tuoi dati personali, attenzione anche ad e-mail strane da parte di conoscenti: quella persona potrebbe essere stata infettata da un virus, che, impossessandosi dei suoi dati e della sua rubrica, scrive ai suoi contatti (te compreso) facendoti credere che si trova in situazioni drammatiche e facendo richieste di denaro. Via e-mail inoltre ci sono specchietti per le allodole come false vincite alla lotteria, offerte di servizi gratis via web, offerte di lavoro a casa con l’acquisto del materiale necessario. Youtube. Attenzione: la pubblicazione online di opere protette dal diritto di autore, è violazione di copyright. La pubblicazione di video con persone che non hanno dato l’autorizzazione è violazione di privacy. La pubblicazione di video che riprendono comportamenti scorretti può costituire reato. Spesso questo non viene calcolato: molti ragazzi impulsivi pubblicano con leggerezza un filmato hard per sentirsi grandi o attraenti, o solo per sfidare il divieto del genitore, poi si pentono e lo cancellano,

ma ormai è troppo tardi, perché quel filmato gira sul web anche se loro non vogliono: non si può più cancellare. Lo stesso per filmati di comportamenti che trasgrediscono la legge. Blue-tooth. Permette lo scambio rapido di documenti, ti permette di passare le tue foto ad amici poco responsabili, che ingenuamente possono diffonderle violando la tua privacy. Acquisti online: se fai acquisti su siti che non conosci puoi venire truffato. Quali sono i pericoli? - Essere adescati - Furti in appartamento (dal network si possono ottenere informazioni private, l’esposizione di un’informazione che si ritiene banale può essere fondamentale dall’altra parte, perché permette di conoscere abitudini, ad esempio quando si pubblica un selfy in cui si dice quanto è bello essere in ferie con la famiglia, si sta comunicando che la propria casa è vuota) - Truffe on line, ricatti, estorsioni - Cyberbullismo (ridicolizzare persone, ad esempio quando il più debole del gruppo viene schernito o aggredito, e la cosa poi diffusa su Internet) - Cyberstalking (diventare oggetto di minacce, ingiurie e molestie sul web) - Virus che danneggiano gli strumenti di accesso alla rete - Violazioni della privacy e furto di dati (proprie foto o filmati, utilizzati in modo inopportuno da sconosciuti, capita che ragazzi si scattino delle fotografie in bagno e le scambino, senza rendersi conto della delicatezza, ritrovandosi esposti, umiliati, derisi, ricattati, adescati...) - Commissione inconsapevole di reati: questi pericoli possono diventare reati compiuti più o meno inconsapevolmente, magari per la leggerezza di aver dato la tua password ad un amico, che malauguratamente ha pensato di fare un semplice scherzo. Questi reati se commessi da minori tra i 14 e i 18 anni hanno responsabilità penale, con denuncia al Tribunale dei Minori, e per minorenni di qualsiasi età vige sempre la responsabilità civile del genitore, che dal punto di vista economico è tenuto ad eventuali risarcimenti danni, e può essere segnalato ai Servizi Sociali, per carenze nella capacità geni2014 maggio, giugno - 19


toriale. Anche con il selfy si rischia di riprendere persone esterne che non hanno autorizzato. Quanto sono interessati e consapevoli i genitori? Fortunatamente c’è un interesse crescente. Spesso reagiscono con grande stupore quando si spiegano le tecniche di adescamento: il ragazzo conosce un finto procacciatore di calciatori o attrici, o un finto coetaneo innamorato, conquista la sua fiducia e lo induce a fornire foto private, dati personali, informazioni sulle abitudini familiari e così via, fino a poter proporre un incontro di persona. Di fronte al computer inoltre manca la soggezione, si perdono i freni inibitori. Alcuni ragazzi sono tecnicamente più competenti di molti adulti, ma mancano della responsabilità, per questo è molto importante l’aggiornamento dei genitori. Si deve saper fornire al figlio uno strumento alla sua portata: chi metterebbe una bomba in mano ad un adolescente impulsivo? Serve essere informati e saper offrire ai figli il giusto spazio per il dialogo: i ragazzi chiusi, di fronte ad insuccessi, possono essere più portati a confidarsi con un amico virtuale. Fattori di protezione sono la capacità di riconoscere i segnali di malessere del figlio e la capacità di garantirgli lo spazio per confidarsi direttamente o con persone di riferimento affidabili. La richiesta di prevenzione a scuola quanto è sentita? È molto sentita: da Gennaio ad Aprile 2014 hanno aderito al progetto di prevenzione 40 Istituti tra scuole elementari, medie e superiori per un totale di più di 4500 ragazzi. La scuola da una parte si trova a dover gestire situazioni molto difficili e delicate, dall’altra cerca di colmare le lacune della disinformazione degli adulti, che diventa disinformazione dei ragazzi. In molti casi l’uso indebito dei telefonini (distrazioni, professori e compagni ripresi e sbeffeggiati) è stato arginato solo con provvedimenti repressivi: divieto di utilizzo in orario scolastico. Regole di sicurezza - In chat, blog, forum e giochi on-line non dire nome, cognome, indirizzo, numero di telefono - Non scaricare programmi di cui non conosci la

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provenienza: potrebbero contenere virus che danneggiano il computer o che violano la tua privacy - Considera un gioco le relazioni che possono nascere su Internet: un incontro ti espone al rischio di trovare una persona molto diversa da quella che immagini, magari pericolosa - Se proprio vuoi fare l’incontro scegli luoghi affollati, di giorno e porta almeno due amici - Non rispondere mai a messaggi provocatori, offensivi o minacciosi, potrebbero alimentare l’ossessione di un potenziale stalker, annota tutto e sporgi denuncia - Ricorda che le tue immagini e quelle degli altri sono una cosa privata, da proteggere: non metterle in community, chat o social network aperti a tutti e non consegnarli ad amici inaffidabili, perché una volta messi in rete possono continuare a girare anche se tu non vuoi - Attento a ricariche facili e regali che arrivano via sms o in chat, possono essere truffatori o malintenzionati - Non scegliere nomi provocanti per il tuo profilo - Aggiorna il browser di accesso a Internet, usa firewall, antivirus e antispam - Prima di inserire i dati personali su Internet verifica che sia presente la scritta https nell’indirizzo e il segno del lucchetto - Usa password lunghe, con caratteri maiuscoli e minuscoli e con numeri e simboli, non usare la stessa password per siti differenti - Tieni sempre segreta la tua password e non conoscere la password di altri perché è un reato - Non aprire allegati sospetti - Fai attenzione ai falsi: richieste disperate di aiuto, segnalazioni di virus, offerte imperdibili, richieste di dati personali per aggiornare il tuo account - Sui social network imposta i filtri con la massima sicurezza: chi può vedere il tuo profilo? Chi può fare ricerche su di te? Chi può fare commenti? Chi può esporti in situazioni che non controlli? - Non essere impulsivo, non insultare o denigrare, non pubblicare messaggi privati di altri

Dott.ssa Laura Chiesa Psicoterapeuta


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informatica

Il Centro Ragazzi: dietro, davanti, attraverso uno schermo Alcuni ragazzi si trovano a ricercare pezzi di conoscenza tecnica grazie ai nuovi strumenti virtuali

“E

ra ora che funzionasse!”, Dopo ore a cercare il problema e provare a smontare il computer del Centro Ragazzi perché fosse pronto, come sempre, ad accogliere il loro arrivo, la ragazza, scompigliata e con occhi impazienti, aveva notato che la prolunga della corrente era staccata.

22 - maggio, giugno 2014

Che colpo all’amor proprio di un educatore che da sempre ha pensato alla tecnologia come ad un mezzo importante nella costruzione della realtà, dei ragazzi, degli adulti e della sedimentazione dei vissuti e delle relazioni. Penso all’orgoglio di appropriarmi di una nuova tecnologia (Computer, videoregistratori, cellulari, open source, internet, sms, copie, video propri e film accessibili) e di poter, con quel sapere, costruire, da adulto, la differenziazione dalla generazione precedente, e la ragazza scompigliata, ma forse non era uno smacco, ma solo un momento di stanchezza e distrazione. Saper far funzionare al meglio lo strumento tecnologico non è solo una questione concreta: non si tratta solo di consentire ai ragazzi di utilizzare uno strumento informatico, ma permette di favorire delle esperienze in cui l’azione concreta svela importanti significati relazionali. Quindi, passato il primo imbarazzo, il computer si avviò. Il sistema caricato apparve nella sua consueta pagina azzurrina iniziale e il browser fu subito attivato e incaricato di cercare il social network più diffuso. Connessi!! Ascolto e guardo con loro le conversazioni sui motor, anche perché volutamente la disposizione degli schermi del Centro è propizia. Ma con chi si connettono? Cosa trovano? Cosa cercano? Amici: ci si racconta le ultime due cose successe. Niente di che, ma “sono già due ore che non ci vediamo dalla fine della scuola”. Forse lo scopo è proprio di mantenere vivo al più possibile grado di realtà il mondo preferito, quello degli amici, quello del pensiero che “stavamo facendo finché eravamo in classe”, un modo di estendere al virtuale il mondo reale del


confronto tra pari. Invidiosi o ammiratori: i “mi piace” alla loro ultima foto o all’ultimo video caricato.Cercano di contare la propria visibilità, chi li ha comunque guardati o commentati, cercano di capire cosa piace agli altri di quello che a loro piace, e allora le loro canzoni vengono accettate oppure distrutte da commenti non pertinenti, ma ugualmente efficaci nel ferirli. Tecnici: open source e costruire…approfondire un argomento…ricercare… Alcuni dei ragazzi che spesso incontro nel lavoro si trovano a ricercare pezzi di conoscenza tecnica proprio con i nuovi strumenti virtuali. Le tabelle di conversione sono diventate applicazioni per lo smartphone, le tecniche per costruire mobili, case, o per aggiustare motori sono diventati dei tutorial sul web. Seduzioni, insidie e confronto con i limiti (personali, da scoprire, e sociali, da attraversare come porta di accesso verso il mondo adulto): se l’adolescenza viene anche definita come il tempo della sperimentazione che porta alla costruzione dell’identità adulta, maturazione delle proprie responsabilità e verifica dei propri limiti, talvolta gli “altri” riescono a creare dubbi. Dubbi rispetto ai propri comportamenti e alle scelte e forse anche alle stesse esperienze vissute. I punti di riferimento che fino ai tredici anni erano funzionali (famiglia) per reagire a questa paura di sperimentazione o a situazioni complicate sembrano non funzionare più. Ci può essere quindi la ricerca di un mondo virtuale, ideale, in cui poter agire situazioni e verificare pensieri, come risposta a quello che sta accadendo dentro e fuori di sé. Fuga: annoiati finiscono nello zapping estremo tra video, giochi, spesso per nascondere il flusso di emozioni esplosive e incomprensibili, soprattutto a loro. Avatar, curiosi o maschere vuote?: a volte si travestono nel modo in cui vorrebbero essere, per poter sbirciare dentro le vite, i comportamenti e le azioni dei propri simili senza essere visti. Il tentare di capire e inconsciamente costruire chi siamo anche da quello che gli altri ci dicono è una ricompensa immediata al nostro narcisismo. Magari anche da anonimi. Relazioni, necessità principale nella vita di un adolescente e per tutti comunque: per diventare abili ci si allena, in luoghi preposti al compito, ma nelle relazioni non contano solo le parole e i pensieri scritti su un monitor e filtrati da un tempo di

lettura, spesso la realtà è simultanea, immediata e ci svela reazioni sconosciute. Prova di forza del reale sul virtuale. L’educatore al Centro è una presenza costante, lo spazio è ridotto e lo schermo visibile, senza privacy. I ragazzi sanno che il mezzo fornito al Centro per poter navigare gratuitamente impedisce di mantenere una certa ”riservatezza”. Devono chiedere agli educatori il permesso per l’uso degli strumenti e degli accessi e usano questo per provocare, sfidare, ma sono anche per cercare di aggirare la regola sfruttando la segretezza. Lo smartphone connesso a una rete wifi garantirebbe l’accesso gratuitamente (tolto il costo enorme del dispositivo, che però non è un problema del ragazzo). Questa perdita di privacy però ha un vantaggio non indifferente: leducatore può consigliare e commentare in diretta “perché non mostri qualcosa che ti piace? Perché non scrivi qualcosa che vorresti? Come mai ti infastidisce così tanto un commento che arriva da chi non riesci a riconoscere?” Crescere è confrontarsi con gli altri, con il pensiero che abbiamo degli altri, con il pensiero che gli altri hanno di noi e noi di loro circolarmente, con la voglia e la paura della verifica delle proprie capacità e dei propri limiti. La possibilità delle nuove tecnologie è rapida, veloce, talvolta impalpabile e lascia traccia in parti del pensiero che non ritroviamo sempre coscientemente. Il miliardo di informazioni che offre internet è come un caleidoscopio velocissimo che lascia vedere solo la luce bianca, dalla quale sono attratti i nostri ragazzi. La parte complessa del lavoro dell’educatore è riuscire a prendere, creare, fermare questa luce attraente, per scomporla e svelarne i colori. Individuare il proprio, sceglierlo e capirlo è il lato quasi utopico del lavoro con i ragazzi. Mi sono trovato a riflettere come questa possa essere vista anche come un’occasione per insegnare un utilizzo critico e costruttivo dello strumento e una ricerca del senso di sé, attraverso il mezzo informatico/elettronico. Come essere meglio l’adulto di riferimento? Spesso l’educatore diventa il Grillo parlante, schiacciato senza pietà, e poi santificato sull’altare del “me lo avevi detto, avevi ragione!”

Cristiano Zanetti Educatore 2014 maggio, giugno - 23


innovazione

L’iPad al “San Zeno”: risposta all’apprendimento che cambia “Amare ciò che amano i giovani affinché i giovani amino ciò che ama l’educatore”. Dal pensiero di Don Bosco parte... l’innovazione

L’

iPad apre nuove opportunità creative che stimolano l’interesse di studenti e insegnanti. Raccontiamo una sperimentazione innovativa – ancora in corso - all’Istituto Salesiano “San Zeno” che vede l’utilizzo per la didattica di iPad e delle nuove tecnologie, seguendo pienamente la traccia del pensiero di Don Bosco, il quale diceva: “Amare ciò che amano i giovani affinché i giovani amino ciò che ama l’educatore”. Premessa Nel 1859 Don Bosco fondò a Torino la Società Salesiana con l’intento di assistere, anche nell’istruzione e nell’avviamento al lavoro, i giovani disagiati. La lunga storia dei salesiani è una storia di aiuto, di istruzione e di accoglienza nei con-

fronti di giovani alla ricerca di una formazione, soprattutto quella professionale - anche se oggi le scuole salesiane annoverano numerose tipologie che comprendono anche i licei. La costante attenzione verso il mondo professionale e la sue mutevoli esigenze ed evoluzioni li ha sempre portati a seguire con attenzione i cambiamenti nei processi produttivi e nelle tecnologie. È per questo che nel Settore Grafico del CFP “San Zeno”, uno dei 2 istituti salesiani presenti a Verona (l’altro è il “Don Bosco” in via Provolo), si sta sperimentando già da 2 anni l’uso del tablet iPad - in tutte le classi seconde e terze - come unico strumento didattico. L’intenzione è offrire ai giovani una reale formazione per essere al passo con i tempi e, contemporaneamente - agendo sul piano didattico - miglio-

Didattica tradizionale

Didattica con iPad

Il sapere

E’ fissato

Viene reperito e costruito

La fonte

L’insegnante e il libro di testo

Modalità

Trasmissiva

Strumento

La parola (lezione frontale)

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Il

mondo

(web,

reti,

esperienze),

noi

stessi, gli altri Fondata sulla ricerca e sulla costruzione L’azione (ricerca e mobilitazione di risorse interne ed esterne)


rare l’apprendimento in quanto l’iPad rappresenta una tecnologia cardine nel mondo del lavoro e dei suoi futuri scenari. Attualmente ne sono stati inseriti circa 150. Per “accogliere” e “governare” questa sfida bisogna impostare un solido impianto didattico e pedagogico, perché non è scontato che l’introduzione di uno strumento nuovo e all’avanguardia determini automaticamente un successo. L’aspetto pedagogico Il modello di insegnamento-apprendimento da cui tutti noi deriviamo è fortemente orientato alla trasmissione di conoscenze e connotato da elementi organizzativi tradizionali; fra questi la cosiddetta “lezione frontale” è la prevalente perché si trattava di supportare una didattica sostanzialmente trasmissiva, senza interazione e senza partecipazione degli studenti. Ovviamente le classi erano configurate per consentire questa trasmissione passiva e tutto il meccanismo era basato su un uso massivo del libro di testo come strumento di fruizione passiva; il docente valutava una sorta di riproduzione mnemonica di ciò che è stato appreso. Si è voluto cercare di cambiare questo stato di cose costruendo, con l’ausilio di una equipe di pedagoghi, la transizione dalla vecchia alla nuova didattica. La scelta della piattaforma iPad Quale piattaforma tecnologica scegliere per portare avanti questo progetto? Sono state formulate

diverse ipotesi e sono state svolte analisi approfondite. L’inserito di alcune LIM ha dato risultati scarsissimi e perciò si è avviata una discussione per decidere in quale direzione avviare l’innovazione. La piattaforma Apple iPad, rispetto a quella Android, avrebbe offerto le migliori garanzie didattiche e tecniche ed è stata la scelta giusta. Gli elementi che hanno fatto pendere decisamente la bilancia verso gli iPad sono quelli più utili per garantire la riuscita didattica del progetto: siamo di fronte ad un ecosistema adatto alla didattica e ricco di applicazioni. E’ conosciuta poi la cura di Apple nel “nascondere” funzioni complesse a vantaggio di un’interfaccia chiara e di una semplicità d’uso che mette tutti nella condizione di usare davvero questo strumento in classe. In sostanza iPad si è presentato come una “soluzione” didattica aperta ai più diversi scenari ma al contempo sicura ed efficiente e ben supportata, piattaforma ideale per una operazione di didattica di grande respiro come quella intrapresa al “San Zeno”. Ogni aula prevede un proiettore e una AppleTV per la connessione wifi degli iPad presenti in classe. Allievi con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) Altre funzioni importanti dell’iPad riguardano l’accessibilità, un insieme di opzioni particolarmente adatte per disabili e DSA già integrate nel sistema: lettura automatica del testo, note personalizzate, facilità di effettuare schemi didattici, calcolatrice e registratore integrati. La formazione degli insegnanti La formazione degli insegnanti è fondamentale per poter operare con l’iPad in classe. Non è sufficiente, come si può pensare in un primo momento, diventare conoscitori dello strumento informatico e delle app in esso installate (è la parte più facile), si deve andare a rivedere proprio il modus operandi del far lezione e della vita di classe in genere. Senza arrivare alla flipped classroom (la classe rovesciata), si devono ora conoscere le tecniche di ricerca dei contenuti, la raccolta organizzata degli stessi, le modalità di presentazione in ebook e tutti 2014 maggio, giugno - 25


gli optional multimediali (inclusa la registrazione della lezione inserita poi via podcast in rete) che uno strumento come iPad può offrire. E’ tutto un mondo che si è aperto e che ha consentito di impostare e verificare le metodologie adottate. iPad richiede una didattica condivisa E’ impensabile lavorare con strumenti mobili, personali, sempre connessi, orientati a una didattica attiva che consente di rielaborare e di produrre continuamente materiali e risorse, senza poterli condividere con estrema facilità. L’uso di spazi cloud tipo Dropbox o GDrive o OneDrive consente ad allievi e insegnanti di condividere lezioni, testi, presentazioni e anche i compiti assegnati per casa. Tutto rigorosamente fatto in rete. Valutare gli apprendimenti Una nuova impostazione richiede anche nuovi strumenti di valutazione. Non è possibile impiegare vecchi strumenti adatti a una didattica trasmissiva (studiare da pag. a pag. e interrogazione)

e per questo c’è la necessità di effettuare una riflessione proprio sul tema della valutazione degli apprendimenti. Il gruppo dei docenti sta lavorando proprio attorno a questo aspetto: il docente oggi dovrebbe essere colui che stimola e aiuta a gestire le conoscenze in maniera critica e deve tener conto anche della valutazione degli apprendimenti. I risultati I primi risultati sono lusinghieri. Abbiamo alle spalle due anni di sperimentazione e di continuo monitoraggio e l’entusiasmo è reciproco di insegnanti e allievi. Il dato più rilevante che emerge è la velocità del cambiamento e la sua estensione. Due anni sono pochi per passare da strumenti tradizionali a una impostazione radicalmente diversa, se si conta anche che la maggior parte dei docenti non aveva alcuna dimestichezza con iPad e il suo mondo, ma nemmeno con metodologie innovative. Fin dai primi mesi la totalità dei docenti e degli studenti ha impiegato iPad sistematicamente come strumento di lavoro in classe. Solo una piccola parte ha ravvisato la necessità di disporre di libri di testo nell’iPad, a dimostrazione di un utilizzo più personale e meno istituzionale. Considerando la sola lettura di documenti risalta il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi l’iPad è stato impiegato per leggere materiale prodotto da docenti, mentre le ricerche di documentazione attraverso il Web sono state particolarmente significative. Un altro dato significativo è che l’impiego di iPad riduce subito drasticamente l’impiego di carta: per esempio l’esecuzione di compiti cartacei si è ridotta drasticamente. Fra le risorse impiegate i podcast audio e video sono stati i più gettonati con innumerevoli studenti e insegnanti che ne fanno uso, e anzi, si siano cimentati nella produzione di propri podcast audio e video che sta ad indicare la facilità e la profondità dei cambiamenti che l’iPad può generare. Tiziano Zanotti Coordinatore del Settore Grafico del CFP “San Zeno” di Verona t.zanotti@sanzeno.org

26 - maggio, giugno 2014


BREVI - COMUEN DI VERONA

Affidagli il suo futuro. Con l’affido puoi

Nell’ambito della IV Settimana Nazionale del Diritto alla Famiglia, organizzata dalla Federazione Progetto Famiglia Onlus con il Patrocinio dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, sono stati organizzati 200 eventi in 200 città in tutta Italia. Dal 9 al 18 maggio 2014, 30 tra Associazioni, Organizzazioni no profit e istituti scolastici veronesi hanno promosso, attraverso i loro siti e i social network, la campagna di sensibilizzazione sull’affido temporaneo dell’Assessorato ai Servizi Sociali e Famiglia “Affidagli il suo futuro”. Il Centro per l’Affido e la Solidarietà Familiare del Comune di Verona nel mese di

Maggio ha proposto un ciclo di incontri per approfondire le proprie conoscenze sull’affido familiare in vista di un possibile coinvolgimento come famiglia affidataria e famiglia affiancante (http://portale.comune.verona.it/nqcontent. cfm?a_id=2555&tt=verona.). Il Centro può contare oggi sulla collaborazione attiva di 110 famiglie: in 20 casi si tratta di parenti dei bambini affidati, 90 invece sono famiglie terze che ospitano bambini a tempo pieno e alcune ore alla settimana. Ad esse viene offerto un supporto costante e l’accompagnamento nell’esperienza dell’affido e nella relazione con le famiglie di origine.


nuove tecnologie

Gli studenti del Montanari: protagonisti attivi Le nuove tecnologie in adolescenza: paura o fiducia?

A

ll’interno di una classe quinta del Liceo delle Scienze Umane Carlo Montanari di Verona, in corso d’anno abbiamo cercato di analizzare un po’ più a fondo uno dei fenomeni che precipuamente stanno coinvolgendo la collettività nel sua interezza, vale a dire l’Uso e/o l’abuso delle nuove tecnologie. Dopo aver visionato ed esserci, di conseguenza, documentati su alcune fonti quali Le nuove macchine sociali - Giovani e scuola tra internet, cellulari e mode a cura del sociologo Silvio Scanagatta e della psicologa Barbara Segato, edizioni FrancoAngeli, Vivere con il telefonino: inchieste sociali multimediali su consumi e culture a cura dell’esperto in comunicazioni Bruno Sanguanini, edizioni QuiEdit, I giovani in Veneto report di approfondimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui giovani di 11, 13 e 15 anni a cura di Daniela Baldassari, Stefano Campostrini, Massimo Mirandola, Massimo Santinello, Cierre edizioni, abbiamo voluto osservare dall’interno di un focus privilegiato quale quello di un istituto secondario cittadino, utilizzando un questionario strutturato a mo’ di intervista, se i risultati, le tabelle statistiche e le proiezioni per il futuro asseverate dalle fonti di cui sopra corrispondessero o meno e se si discostassero poco o tanto dalla realtà quotidiana relativamente alle conclusioni emerse dalle letture. Ebbene, tralasciando i vari ostacoli incontrati ed anche quelle piccole delusioni con le quali gli studenti e le studentesse hanno dovuto, loro malgrado, scontrarsi, possiamo affermare che quasi tutti i parametri presi in esame, con relativa dotazione di dati allegata, seppur ancora incompleti, tendono a

rientrare nella “gaussiana” ipotizzata. Ecco, di seguito, alcuni “flash riflessivi” prodotti ed estratti dalle relazioni dei lavori di gruppo conclusivi, come una sorta di fotografia della situazione in tempo reale: riflessioni, significative ed intriganti, con le quali sarebbe opportuno, in un prossimo futuro, confrontarsi in vista di un ulteriore step progettuale: - “Escludendo social network fondamentalmente inutili se non per spiare e/o farsi spiare in maniera da sfiorare quasi la patologia, la rete è il mezzo dif2014 maggio, giugno - 28


fusore per eccellenza” - “Il rischio oggi dilagante nell’utilizzo di tutti questi dispositivi è il conformismo, in quanto noi adolescenti acquisiamo tratti della personalità comuni perdendo di vista quell’originalità che, invece, dovrebbe caratterizzarci in un’età per certi versi memorabile della vita” - “Il vero problema sono gli adulti … sono loro restii ad accettare le nuove tecnologie restando impantanati nelle sabbie mobili della loro ormai trascorsa gioventù non rendendosi conto di perdere così un contatto con i propri figli nel momento più problematico della loro esistenza” - “I ragazzi hanno paura a guardarsi veramente in faccia, che è come dire guardarsi dentro, perché con questi strumenti è diventato facile e comodo nascondersi” - “Per mezzo delle nuove tecnologie si ha la possibilità di essere ciò che si vuol essere, di mostrare i lati o presunti tali migliori di sé senza correre il rischio di incappare in brutte figure o in cocenti delusioni” - “Noi giovani siamo i veri attori della cosiddetta rivoluzione informatica e, quindi, i protagonisti delle nostre speranze e dei nostri sogni” - “Gli adulti spesso e volentieri si lamentano con i giovani adolescenti per l’uso eccessivo delle tecnologie non rendendosi conto che è stata proprio la loro generazione a condurci a ciò” - “Quello che sta purtroppo accadendo è un vero e proprio mutamento culturale dove la bellezza e il mistero legati alle relazioni si stanno trasformando in semplici click o in convulsivi movimenti del pollice, con buona pace dei chirurghi della mano!” - “Se la tecnologia dovesse progredire esponenzialmente, come sembra, dove andremo a cogliere e a raccogliere tutti gli aspetti tipici dell’umanità che hanno contraddistinto l’evoluzione umana?”

- “In un mondo dove l’individualità viene sempre più osannata ed esaltata, dove la società tende ad ignorare se non ad emarginare le relazioni fisiche, sentirsi unici ed irripetibili è di fondamentale importanza” - “Le nuove tecnologie hanno avviato e sviluppato un processo tale da poter ormai definirsi come una sorta di catalessi della mente o un impigrimento comunicativo” - “Fondamentale e quasi di vitale importanza è saper utilizzare la tecnologia in modo critico e responsabile” - “La doppia faccia della tecnologia: pericolo di perdita di veri contatti umani o preziosa ed infinita fonte di conoscenza?” - “Le nuove tecnologie come le piattaforme sociali o i dispositivi multimediali creano una forte attrazione negli adolescenti che non padroneggiando ancora convincenti forme di autocontrollo e di autoregolazione comportamentale finiscono per creare futuri soggetti a rischio di molteplici tipologie di dipendenza” - “Sono venuto a conoscenza di più adolescenti con problematiche legate al sonno per il continuo svegliarsi a controllare se c’erano messaggi in segreteria del cellulare posto sul comodino …” “Però è una gran bella soddisfazione sentirsi sempre e comunque parte di una rete di persone quasi del tutto sconosciute che può, se vuole, interagire con te!” Dopo questa carrellata di opinioni spontanee sul tema, da educatore, ma anche su suggerimento di un collega, ho individuato e proposto come lettura “estiva” ad altre classi inferiori l’agile volumetto “Non è un mondo per vecchi- Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere” dell’epistemologo francese Michel Serres con l’intenzione di “ri-cominciare” il viaggio, mai interrotto, attorno al mondo delle nuove tecnologie. Tale “manifesto del cambiamento che ci riguarda tutti”, come recita la fascetta del testo edito da Bollati Boringhieri, mi auguro serva da sorta di ice-breaker per le scolaresche dei prossimi anni scolastici al fine di scandagliare più in profondità questo vero e proprio “mare magnum” della gnoseologia contemporanea … ma questa è già un’altra storia! Prof. Paolo Guarise


social e dintorni

Stay tuned, stay social! Adolescenti e nuove tecnologie

N

on so quanti tra voi lettori siano frequentatori più o meno assidui di qualche social network, ma vi posso assicurare che da ciò che appare da questa vetrina virtuale gli adolescenti fanno una pessima figura. Insomma, non ne escono bene. Da bravo giornalista, prima di scrivere quest’articolo ho fatto qualche indagine macroscopica, e se uno mi chiedesse di giudicare un adolescente dalla media dei post che ho visto comparire sui social credo che non sarei affatto tenero.

Qualche esempio? Basti pensare che su Instagram le ultime tendenze dei cosiddetti selfie sono niente popò di meno che “underboobs” e, giusto per fare un altro esempio, “top skinny girls”, altra community dove si collezionano autoscatti di corpi magri (e ritoccati) di ragazze poco timide, che si fotografano semi-nude. Per non parlare poi dei gruppi che sorgono spontanei su Facebook. I nomi ve li risparmio per pudore, ma il concetto è sempre il medesimo: sono le ragazze stesse a fotografarsi e a mostrare alla


rete le loro pose piccanti. E non sto esagerando con la terminologia. Del resto il fenomeno continua a suscitare scalpore e indignazione, tant’è che molte riviste ne parlano già da mesi. E se vogliamo restare su cose più soft ci sono comunque miliardi di utenti che pubblicano, in tempo reale, foto di qualsiasi cosa stiano facendo. Una specie di nevrosi da post, che anche se in versione meno scandalistica, ci obbliga a porci più di qualche interrogativo. Ho quindi individuato due fattori che ritengo i principali responsabili del nostro rovello. Il primo è il più banale, e quello che ci chiama in causa più da vicino. Come nei romanzi di Agatha Christie, dove i moventi degli omicidi si riducono per lo più a due, amore (chiamiamolo così) e denaro, anche qui i principi su cui si fonda parte della baracca sono sempre i soliti: desiderio di apparire (la vanità) e desiderio di farsi i “fatti” altrui (il pettegolezzo). Se poi condiamo il tutto con un bel contorno in salsa erotica il gioco è fatto. Dobbiamo solo lasciar cuocere a fuoco lento e aspettare. Dal punto di vista economico questo è un mercato che non conosce crisi, poiché la domanda - per legge di natura inscritta illo tempore nell’umano sentire - non ha oscillazioni, ma è sempre costante. Ecco allora la prima banale conclusione: imbottire un ragazzo ormonato di smartphone, webcam e WiFi a banda larga senza porgli limiti è come dare una bistecca ad un leone e dirgli di non mangiarla. Certe tendenze, lo saprete meglio di me, ci son sempre state. Altroché. Solo che adesso il web le amplifica. E qui sta il secondo ingrediente. Il mezzo. Credo che nessuna persona si permetterebbe mai di fare nella vita reale ciò che fa sui social. Attraverso i social, infatti, le nostre vite appaiono per forza di cose molto più di quello che sono: foto perfette che collezionano momenti indimenticabili, fotoritocchi che fanno apparire bella qualsiasi cosa, e via dicendo. Del resto, chi metterebbe in mostra momenti tristi o fragilità personali? Ma l’aspetto più intrigante è quello del mezzo nella sua

accezione più letterale. Il poter mettere in vetrina le cose più sconce senza dover passare da un confronto diretto con le altre persone consente di aggirare le inibizioni che derivano dalla relazione diretta, spingendosi oltre ogni ragionevole limite. Del resto, se ci si pensa un attimo, è proprio la mediaticità che rende possibile tutto questo; e la parola “mediatico” – che noi associamo per istinto alle telecomunicazioni – ha in realtà una radice più profonda e istruttiva: medius, che per i latini era “colui che sta in mezzo”, il nostro moderno mediatore. Dunque la possibilità di aggirare – attraverso il medius – la relazione diretta provoca l’insorgere di quella liceità cui accennavamo. Del resto il filtro dello schermo virtuale agisce come una sorta di anonimato sulle nostre azioni: non dobbiamo renderne conto in via diretta quindi ci permettiamo di superare il limite. Sia caratteriale – imbarazzo, timidezza, insicurezza,... – sia estetico – esibendoci sempre meno vestiti. Dal punto di vista verbale massima espressione di questo fenomeno è Ask.fm, dove la messaggistica è addirittura privata e la licenziosità delle affermazioni – meglio, delle domande – che si possono fare sale alle stelle. Non a caso i contenuti di tali messaggi in alcuni casi hanno spinto gli adolescenti a compiere atti estremi (il suicidio) o comunque a soffrire di forti problemi depressivi. Confesso che tutte queste considerazioni suscitano un certo imbarazzo in chi scrive. Penso a miei adolescenti e ne vedo distintamente (solo per alcuni, ovviamente) le due facce, quella mediatica e quella reale. E coloro che dai social appaiono come quelli che hanno vite più brillanti e colorate, sono in realtà spesso i più insicuri e i più impacciati nella vita reale. Del resto, sarà anche bello vedere bei corpi fotografati in pose perfette, ma passare le giornate chiusi in casa a farsi autoscatti non è certo entusiasmante. Che sia il prezzo da pagare per tutto questo apparire? Sembra quasi che se il social ci acclama la comunità ci rifiuta. Ma non è così. E’ vero invece che nel momento in cui ci si allontana dal virtuale emergono la nostra timidezza e il nostro senso di colpa nei confronti


della comunità reale, visto che questo contesto ci obbliga a rendere conto delle nostre azioni, anche di quelle che compiamo in rete. Qui non è come sul web; gli sguardi li sentiamo addosso, hanno il loro peso, e preferiamo abbassare lo sguardo. Ecco dunque spiegata la fuga o il rigetto del confronto con la prossimità dello spazio comunitario che ci circonda (e ci educa!): qui non tutto è concesso. Scrive Philip Zimbardo nella prefazione al resoconto del famoso esperimento tenutosi all’Università di Standford: “il messaggio di questa piccola dimostrazione è che le condizioni che ci fanno sentire anonimi, quando pensiamo che nessuno ci conosca o si interessi di noi, possono favorire comportamenti antisociali, egoistici. La mia prima ricerca aveva messo in luce quanto mascherare la propria identità potesse scatenare azioni aggressive nei confronti di altre persone in situazioni che autorizzavano a infrangere gli abituali tabù della violenza interpersonale”. Insomma, il medius dei social sembra evocare in noi questa sorta di zona franca da cui poi derivano i comportamenti che ben conosciamo. Il medius è però una situazione che noi cerchiamo. E’ fascino e paura al contempo, e in questo evoca perfettamente lo stereotipo del “male” nella sua accezione più tradizionale: la tentazione. Siamo noi, infatti,

a scegliere cosa pubblicare. Sono le ragazze che per loro spontanea volontà si fotografano sempre meno vestite. Possiamo attribuire la colpa di tutto ciò alla situazione, come dice Zimbardo. Ma la situazione nel nostro caso è voluta, anzi corteggiata: io vorrei, non vorrei...ma se vuoi. Siamo noi a sceglierci il contesto, gli amici; siamo noi responsabili delle nostre azioni. Siamo noi a gridare al problema sociale, a scandalizzarci per le foto volgari, per i suicidi, le depressioni. Eppure nessuno che abbia il coraggio di parlare di responsabilità. Dovremmo essere più sinceri e più concreti, e avere il coraggio di dire che ciò che sfrutta i lati più deboli del carattere umano rappresenta una tentazione cui è difficile resistere, specialmente per un ragazzo che è ancora inesperto della vita, e che dovrebbe imparare a conoscere le leggi di natura attraverso noi educatori e non certo per esperienza diretta. E poi diciamocelo, come recita Al Pacino nella scena conclusiva de L’avvocato del Diavolo, «...la vanità è decisamente il nostro peccato preferito».

Carlo Tregnaghi Animatore


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