verona InForma CONSIGLI E INFORMAZIONI PER VIVERE MEGLIO
N. 8 - ANNO 2 - SETTEMBRE/OTTOBRE 2013
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TUITA A R IA G P O C
INTERVISTA Anna Cinzia Bonfrisco VISITA MEDICA SPORTIVA quando, dove e perchè LA PROSTATA: non c’era una volta EVENTO FERITE APERTE: successo in rosa
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ACQUA PER LA TUA SALUTE, BENESSERE E RELAX PROPRIETA’ E BENEFICI DELL’ACQUA TERMALE DI AQUARDENS L’acqua minerale naturale del Parco Termale Aquardens ha caratteristiche terapeutiche riconosciute dal Ministero della Salute con decreto del 27 giugno 2005, che ne autorizza la balneoterapia. L’acqua salso bromo iodica (ricca di cloruro di sodio, bromo e iodio, ma anche di calcio, magnesio e ferro) sgorga microbiologicamente pura, da una profondità di 130 metri, dalla roccia fessurata della fonte Aquardens, a una temperatura di 47°C. Tutte le vasche e lagune Aquardens sono alimentate dall’acqua termale salso bromo iodica. ACQUA TERMALE E BALNEOTERAPIA L’acqua termale salso bromo iodica è utilizzata per le proprietà: -antinfiammatoria -antisettica -antiedemigena (riduzione dei gonfiori e perdita di peso) -stimolante del sistema immunitario. Viene utilizzata per “balneoterapia” indicata nelle malattie artro-reumatiche (artrosi, lombalgia cronica, periartriti e tendinite), dermatologiche e vascolari (es. varici venose arti inferiori). E’ indicata anche a chi svolge attività sportiva -agonistica e amatoriale- per le proprietà decontratturanti e defatiganti. La balneoterapia propriamente detta viene prescritta dal medico termale e prevede una precisa tabella che ne indica numero di cicli e frequenza. I benefici, generali e preventivi, dell’acqua termale si esplicano anche nel normale utilizzo non terapeutico e sono correlati alla frequenza delle immersioni. Per favorire l’efficacia dei benefici termali, sono stati studiati e vengono consigliati i seguenti percorsi Aquardens: Rilassante, Riequilibrante, Sportivo, Gravidanza.
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Sommario unIveRsItà
Il tirocinio professionale nel corso di laurea in infermieristica
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DeRmAtoLoGIA
Verruche: un fastidioso problema sempre attuale Dott. Fabio Gavazzoni Dott. Giampietro Girolomoni
stAmInALI
Intervista alla Senatrice Anna Cinzia Bonfrisco Patrizia Zanetti
uRoLoGIA
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Arte in Ospedale: Cino Granata Marifulvia Matteazzi Alberti
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Malattie croniche e obesità: l’OMS lancia l’allarme
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Ennesima eccellenza per la medicina veronese
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Il centro diurno Il Girasole di Nogara compie vent’anni
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Complicanza nelle fratture del femore Dott. Carlo Ruggiano Dott. Luigi Residori Dott. Paolo Nazzareno Garzotti Dott. Oscar Bortolami
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InIzIAtIvA
Pedalare contro il cancro
DentI
Dott. ssa Susanna Morgante
Impiantologia: un giro di vite per ritrovare il sorriso Dott. Luca Tinti
Dott. Massimo Occhipinti
ReLAzIone
ChIRuRGIA toRACICA
Dott. Giovanni Magnanelli
Non c’era una volta la prostata
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Dott.ssa Susanna Morgante
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spoRt e benesseRe
InIzIAtIvA
Sport, primo alleato per vivere in modo sano
Dott. Luigi G. Grezzana
Dott. Giorgio Pasetto Andrea Brunelli
Scuola Medica Ospedaliera
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Sommario RADICALI LIbeRI
Come sconfiggere gli “invisibili” ROS Dott.ssa Federica Oreglia
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Alberto Cristani
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oCuLIstICA
Convegno “Ferite Aperte” un successo...in rosa! Marina Soave
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Chirurgia laser della cataratta: innovazione al CEMS di Verona Dott. Roberto Bellucci
Cani in città: la Poilzia Municipale diffonde le norme da rispettare
Visita medica sportiva quando, dove e perchè
Alla scoperta delle virtù del riso
Influenza aviaria: nessun rischio a Verona e nel Veneto
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Al via il progetto C.L.A.R.A.
ALImentAzIone
Dott.ssa Roberta Martin
Massimo Cussotto
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Gli integratori di natura proteica Dott. Filippo Balestreri
Sondaggio Maya Idee: la medicina personalizzata sempre più diffusa
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La nutrizione in chirurgia Dott. Gerardo Mangiante
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Sistemi alimentari sostenibili per sicurezza alimentare e nutrizione
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Il collirio: rapido sollievo per gli occhi arrossati
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Igiene e bellezza, binomio imprescindibile Patrizia Zanetti
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Soccorso pubblico di emergenza Carabinieri Vigili del fuoco Emergenza sanitaria Polizia stradale Polizia municipale Centralino ULSS 20 Centralino Presidio Ospedaliero “G. Fracastoro” San Bonifacio Centralino Presidio di Marzana Ospedale di Borgo Trento Ospedale di Borgo Roma Ufficio Prenotazioni CUP (Centro unico prenotazioni) Disdette visite ed esami (no di radiologia) Guardia medica - Servizio di Continuità Assistenziale (ascoltare il messaggio della segreteria e premere il tasto corrispondente alla zona di residenza)
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Guardia di Finanza Servizio antincendi boschivo del corpo forestale dello Stato Questura di Verona Polizia Stradale di Verona Polizia Municipale Comune di Verona Drogatel Telefono Azzurro Soccorso stradale Automobile Club d’Italia Soccorso stradale settembre, ottobre 2013 ¤ 7
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A CURA DEL DIRETTORE
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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n° 4035/2012 Proprietario ed editore: Verona Informa s.a.s. di Giuliano Occhipinti & C. Sede legale e Redazione: Via Giardino Giusti, 4 - 37129 Verona
Verona InForma consigli e informazioni per vivere meglio
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IntervIsta anna Cinzia Bonfrisco vIsIta medICa sportIva dove, come e perchè la prostata: non c’era una volta evento Ferite aperte: un successo in rosa Foto di copertina: Colline della Lessinia
Direttore responsabile: Alberto Cristani Coordinatore scientifco: Luca Ravazzin Redazione: Alberto Cristani, Luca Ravazzin, Giuliano Occhipinti, Patrizia Zanetti Grafica: Silvia Sorio Stampa: Mediaprint Relazioni esterne e marketing: Giuliano Occhipinti Contatti: - Redazione: +39 345 5665706 - Mail: veronainforma@gmail.com - Web: www.verona-in-forma.com - Pubblicità: +39 347 4773311 Hanno collaborato per questo numero: Claudio Capitini, Michele Triglione, Ufficio Stampa AOUI Verona, Dott.ssa Susanna Morgante, Marina Soave, Dott. Massimo Occhipinti, Dott. Giorgio Pasetto, Andrea Brunelli, Coordinamento Servizi Sociali per Adulti e Anziani Comune di Verona, Marifulvia Matteazzi Alberti, Dott. Luca Tinti, Nicoletta Fattori, Dott. Filppo Balestreri, Massimo Cussotto, Dott. Giovanni Magnanelli, Dott. Luigi G. Grezzana, Dott. Fabio Gavazzoni, Dott. Giampiero Girolomoni, Dott. Carlo Ruggiano, Dott. Luigi Residori, Dott. Paolo Nazzareno Garzotti, Dott. Oscar Bortolami, Dott.ssa Federica Oreglia, Dott. Gerardo Mangiante, Dott.ssa Roberta Martin, Dott. Roberto Bellucci, Dott. Roberto Bellucci Foto: Archivio Verona InForma, Ufficio stampa AOUI di Verona, Ufficio stampa Azienda Ulss 20, Ufficio stampa Azienda Ulss 21, Ufficio stampa Azienda Ulss 22, Centro Bernstein Verona, Federfarma Verona, CEMS Verona.
Mens sana in corpore sano è una massima ancora valida? Decimo Giunio Giovenale Giovenale, poeta e retore romano, già nel I secolo d.C. sosteneva che l’attività fisica è complice di una mente fresca ed elastica. Il suo “Mens sana in corpore sano” ha trovato riscontro in diversi studi che hanno dimostrato come l’attività fisica, soprattutto di tipo aerobico ha un’azione protettiva del cervello e del tessuto nervoso in genere. Oltre alla nota azione antinvecchiamento, incrementa le abilità cognitive, attenua i deficit motori, si mostra capace di stimolare la produzione di nuove cellule nervose e addirittura migliora i deficit neurologici che si manifestano in malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e la sclerosi multipla. Una regolare attività fisica protegge inoltre la memoria oltre a mantenere il corpo, esteticamente parlando, “in forma”. Insomma, praticare attività fisica fa star bene. Eppure, se ci guardiamo intorno, vediamo che questa semplice equazone (sport=benessere) trova sempre meno applicazione tra i giovani. Tra i numerosi ed interessanti articoli pubblicati sul questo numero di Verona InForma, quello che mi ha fatto più riflettere e intristito (si, il termine giusto è proprio questo) è quello pubblicato a pagina 16 nel quale l’Ordine Mondiale della Sanità ci avverte che,l’obesità sta diventando purtroppo la regola, non più l’eccezione. Se la situazione non cambierà “...gli esperti stimano che entro il 2030 in alcuni stati europei addirittura il 90% della popolazione sarà obesa”. Dal sito www.obesitainfantile.org si evince inoltre che “...per i bambini delle scuole primarie (6-10 anni), si stima un 24% di bimbi in sovrappeso e un 12% obeso. Fra gli aspetti più critici rilevati vale la pena citare che l’11% dei bambini non fa la prima colazione e il 28% la fa in maniera non adeguata, l’82% fa una merenda a scuola qualitativamente non corretta, il 23% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano giornalmente frutta e verdura (solo il 2% dei bambini ne mangia più di 4 porzioni al giorno), il 41% dei bambini beve ogni giorno bevande zuccherate (il 17% più di una volta al giorno), solo 1 bambino su 10 ha un livello di attività fisica raccomandato per la sua età, mentre 1 su 2 trascorre più di due ore al giorno davanti al televisore o a videogiochi e ha un televisore in camera. Infine, circa 4 madri su 10 di bambini con sovrappeso/obesità non ritengono che il proprio figlio abbia un peso eccessivo”. Che fare? Non sta a noi dare risposte o giudicare. Ci permettiamo solo di evidenziare la problematica e, magari, stimolare le famiglie ad essere più attive. “Mangia che diventi grande e forte” è una frase che dovrebbe essere sotituita con “Mangia e vai a giocare”. Forse, e nemmeno tanto paradossalmente, il gioco può essere il modo più serio per mantenere in forma i nostri ragazzi. Pensiamoci.
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Staminali, speranza per la cura di molte malattie degenerative Verona InForma ha intervistato in esclusiva Anna Cinzia Bonfrisco, senatrice attiva nella promozione e nel sostegno del diritto alla cura
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na tematicha di scottante attualità e, a volte, di difficile comprensione. Stiamo parlando delle cellule staminali, certamente una delle frontiere della conoscenza scientifica dei nostri tempi. Studiate dagli anni ‘60, le
Sen. Anna Cinzia Bonfirsco
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staminali sono oggi ritenute una speranza per la cura di molte malattie. Gli atteggiamenti verso l’uso di cellule staminali a fini di ricerca o di cure mediche variano da un paese all’altro. In Germania, per esempio, l’estrazione di cellule staminali da un embrione umano è considerata illegale. In Gran Bretagna, invece, è perfettamente legale, ma le leggi in materia sono rigorose: gli scienziati britannici possono utilizzare embrioni umani a fini di ricerca fino a quattordici giorni dopo la fecondazione dell’ovulo. In questo momento, l’embrione è un insieme di cellule, grande più o meno come un quarto della testa di uno spillo (0,2 mm). In molti paesi non esistono ancora leggi esplicite atte a disciplinare la ricerca sulle cellule staminali umane. Abbiamo chiesto alla Senatrice veronese Anna Cinzia Bonfirsco di spiegarci meglio le dinamiche che regolano questo tipo di ricerca e i possibili scenari futuri. Sen. Bonfrisco, cosa sono e a cosa servono le tanto discusse cellule staminali mesenchimali? Si tratta di una pratica che comincia a prendere piede nel nostro Paese ed è un protocollo che pre-
vede l’espianto di queste cellule dalla cresta iliaca dell’osso dell’anca: niente a che vedere con le cellule staminali embrionali. Dopo l’espianto si procede alla manipolazione di tali cellule mesenchimali per l’utilizzo nei casi di rigenerazione di tessuti o di tessuto osseo, perché questa è la loro principale vocazione. L’avanzare della ricerca consiste invece nell’utilizzo di tale procedura con grande efficacia nell’arresto del processo di degenerazione e quindi nel più o meno lento e progressivo peggioramento di malattie neurodegenerative che a volte hanno un’origine di tipo genetico, a volte invece sono l’esito di traumi incidentali, oppure nell’incidenza dei danni da parto. Il torto subito da un bambino che a causa di cattiva gestione sanitaria esce offeso dalla sala parto, prevede poi l’obbligo da parte nostra di rimediare a questa situazione offrendo cure che migliorino la sua qualità di vita. La drammaticità della vita di questi bambini si svolge tra tracheotomie, respiratori, PEG (alimentazione forzata)… i muscoli perdono il loro collegamento con il cervello, e via via anche tutte le loro funzioni vitali dalla deglutizione alla deambulazione, alla respirazione. Nei soggetti adulti questi decorsi sono ravvisabili nella SLA, che invece nei bambini viene definita SMA, con diversi
gradi. Ma è unico il grado di grande disagio per i bambini e i loro genitori, e spesso anche per gli altri fratelli, nati normali, ma tutti costretti a condividere un carico molto pesante. Che cosa afferma e cosa regola la legge 57/2013? La legge 57/2013 rappresenta un punto di equilibrio ottenuto sotto la spinta della opinione pubblica che chiedeva di poter verificare questo metodo. Ho condiviso personalmente questo desiderio di tanti italiani di veder riconosciuto tale traguardo. Da molti anni l’Italia è impegnata a finanziare la ricerca medica investendo milioni di euro, basti pensare all’impegno di Telethon. Tuttavia in questo caso siamo davanti a un atroce dilemma: le persone, e i bimbi in particolare, affetti da malattie neurodegenerative non hanno tempo di aspettare. A loro quindi si applica quel buonissimo d.l. del 2006 firmato dall’allora Ministro L. Turco, decreto che regola la somministrazione di cure compassionevoli, affermando che laddove non esistono cure e in caso di morte certa e rapida, si possono somministrare terapie, anche se non del tutto sperimentate, secondo i canoni e le procedure della sperimentazione farmaceutica. Ed ecco lo snodo della questione. Nel mondo questa cura è rego-
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circa 30-40 anni rispetto agli altri Paesi… Eccellenza in questo senso è lo stato di Israele, con i suoi centri famosi in tutto il mondo. Altre nazioni con protocolli forse meno certificati sono la Russia, la Cina e alcuni Paesi dell’Estremo Oriente. L’Italia è un paese di forti contraddizioni: a fronte del numero delle banche italiane del cordone ombelicale, il doppio rispetto alla Germania, dovremmo essere gli apripista nella ricerca… e invece siamo il fanalino di coda, obnubilato da paletti e ostacoli burocratici. Gli Spedali Riuniti di Brescia sono una struttura che offre il massimo standard di garanzia e rappresentano il fiore all’occhiello nel panorama europeo delle strutture ospedaliere, soprattutto in ambito pediatrico. Vannoni è alla guida dell’équipe di medici e biologi, tra cui spicca il nome del dott. Andolina. L’ospedale di Brescia svolge il suo protocollo medico in un laboratorio di trapianto di midollo osseo e la contestazione sollevata è che tale trattamento di cellule va eseguito invece in laboratorio farmaceutico… ed ecco di nuovo il motivo di contesa sulla fluidità della procedura. lata da un approccio tutto farmacologico, che ha finito per condizionare l’intero panorama… Se la cura non è farmacologica è come non avesse valore. E dato che le cellule staminali non sono dei farmaci, poiché provengono dal nostro corpo e quindi non sono “brevettabili”, ciò impedisce alle case farmaceutiche di produrre cellule staminali. È evidente che siamo troppo vincolati a una visione esclusivamente economica di un tema che una volta chiarita l’assenza del problema etico, si può approfondire analizzando il modo in cui questa medicina non farmacologica, ma rigenerativa, ci aiuti a vivere meglio. Chi è il dott. Vannoni e perché gli Spedali Riuniti di Brescia sono diventati protagonisti di questa vicenda? Il prof. Vannoni, docente universitario, si limita a coordinare le conoscenze e le competenze sviluppate da diversi biologi italiani, ucraini, russi. In altre parti del mondo questa procedura è studiata e praticata da più tempo: noi siamo in ritardo di 12 ¤ settembre, ottobre 2013
Don Calabria, santo veronese, parlava del valore della solidarietà. Sen. Bonfrisco, perché si ha l’impressione che nella vicenda staminali manchi davvero questo tessuto valoriale? Questa vicenda ci serve a capire quanto della nostra società è entrato in crisi. È un campanello d’allarme... Il degrado nel quale siamo scivolati negli ultimi decenni è frutto di una società tutta proiettata ai consumi e alla comunicazione. L’emergenza umana si ripresenta come un corso e ricorso storico. Abbiamo assistito a un corto circuito tra famiglia e società da quando la società non ha più aiutato la famiglia; da quando le istituzioni non hanno più ascoltato né la famiglia né la società: così si è interrotta la comunicazione e la trasmissione di valori. Alla fine ci siamo ritrovati tutti un po’ più soli e con l’unica compagnia di successo, denaro e visibilità, che non sono valori sufficienti per la sopravvivenza dell’uomo e della sua interiorità. Patrizia Zanetti
Cosa sono le “staminali”? Le cellule staminali sono delle cellule in grado di differenziarsi in altri tipi di cellule del nostro organismo a seconda delle loro caratteristiche poichè ne esistono varie tipologie. Le cellule staminali contenute nel nostro organismo non sono molte e risiedono solamente in certe aree del nostro corpo. Quelle più importanti sono contenute nel nostro organismo e risiedono nel cervello, nel midollo osseo, nello strato di pelle più profondo chiamato derma e in altre zone come i vasi sanguigni e la polpa dentaria. Gli altri tipi di cellule staminali in grado di differenziarsi in molti più tipi di cellule sono prelevabili da altre fonti come il cordone ombelicale di un bambino appena nato o il liquido amniotico che circonda il feto durante la gestazione. Entrambi i tipi di cellula sono utilizzati per alcune cure: le staminali del cordone sono utilizzate per le malattie del sangue come la leucemia, quelle del liquido amniotico sono invece utilizzate, per adesso, nella cura del feto quando è affetto da anomalie. Esiste infine un ultimo tipo di cellula staminale, chiamato embrionale perchè per utilizzarla bisogna distruggere un embrione di poche settimane, la blastociste. La distruzione di questo embrione ha provocato un dibattito etico perchè distruggere questa blastociste significherebbe per delle persone l’uccisione di un possibile essere umano. A causa di questo dibattito, in molti paesi è stato vietato di raccoglierle, sfavorendo quindi la ricerca su questo campo. Il fattore che spinge ancora i ricercatori a studiare le cellule staminali embrionali è la loro capacità di differenziarsi in tutti i tipi di cellule poichè sono in grado di moltiplicarsi moltissime volte. La conservazione di queste cellule avviene a temperature molto basse, intorno ai -200°C, in appositi laboratori o banche. Solitamente quelle conservate nei laboratori si utilizzano per gli esperimenti, invece quelle conservate nelle banche possono essere utilizzate o per uso privato o come donazione. Le banche possono essere private o pubbliche, a seconda della legislazione del paese. In Italia, per esempio, non sono ammesse le banche private per la conservazione delle cellule staminali del cordone, a differenza della Gran Bretagna dove sono ammesse. Lo studio più approfondito di queste cellule e la conservazione nelle banche permetterà agli scienziati, forse in futuro, di curare, soprattutto grazie al trapianto, le malattie che colpiscono tutti gli esseri umani e non solo, forse potrebbero essere utilizzate anche per curare i bambini non ancora nati.
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Arte in Ospedale: Cino Granata al “Confortini”
Continuano in modo interessante e propositivo le iniziative espositive “L’Arte in Ospedale” al Polo Chirurgico Confortini, con la Personale “L’incanto del visibile”di Cino Granata. Cino Granata è un Artista completo, che viene da importanti esperienze musicali e teatrali apprezzate anche all’estero, e che da anni ha intrapreso una profonda ricerca pittorica guidata da un colore che s’impasta di pensieri, di sguardi, di ricordi come fosse sostanza lirica che si muove lenta e veloce sulle tracce di un passato che permane come ombra, come leggera visione interiore che riannoda antiche trame di voci e volti, di presenze tanto care.
Le sue sono grandi tele lavorate con la mente ma in particolare con il cuore, dove si susseguono accadimenti, situazioni che mettono in relazione eleganti forme colorate, raffinate proporzioni, vivaci progressioni geometriche: ci sono il quadrato, il rettangolo e il cerchio in misure e grandezze diverse, reiterate nei toni caldi espansi e in quelli freddi più contratti. Così l’Artista crea sovrapposizioni, velate sedimentazioni che rimarcano le ferite della nostalgia in poche tinte che colano in giochi misteriosi, in passaggi concentrici, in un alternarsi di zone dove si insinua quel particolare che subito balza agli occhi, preziosa creatura che si distingue per contrasto immediato e per l’intuizione che rimanda al senso universale. Nelle Opere di Cino Granata dialoga e convive sempre il doppio, si confrontano due scale di misura quella cosmica e quella dell’umano, della quotidianità. Cino Granata con il suo percorso che supera la finitezza delle cose, ha portato in Ospedale la Bellezza, che trasmette gioia e serenità , come il candore di un vaso di fiori bianchi la “vaso visione”,che custodisce il segreto del suo mondo, quasi un voler raccontare l’intimità delle cose con il suo cuore sensibile, perennemente in ascolto. Marifulvia Matteazzi Alberti
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Malattie croniche e obesità: l’OMS lancia l’allarme La situazione è assai preoccupante: l’obesità sembra ormai diventata la regola e non più l’eccezione, anche tra i più giovani
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’importanza del movimento, dell’alimentazione e degli stili di vita sani è stata ribadita di recente all’importante conferenza internazionale che si è tenuta a Vienna in luglio (organizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) su malattie croniche, esercizio fisico e alimentazione. A Vienna si è parlato di una vera propria emergenza sanitaria legata a comportamenti come passare gran parte della propria giornata seduti (stiamo parlando di adulti che lavorano ma anche, cosa ancora più preoccupante, di adolescenti…) o mangiare alimenti troppo dolci, troppo salati, poveri di fibre o ricchi di grassi saturi e trans, quelli contenuti in molti prodotti industriali. Nella conferenza si è fatto il punto sugli interventi che è necessario mettere in atto con urgenza per raggiungere l’obiettivo di ridurre del 25% la mortalità prematura entro il 2015. In particolare è stato affermato che: - Dieta inappropriata e sovrappeso sono alla base delle principali malattie croniche (tumori, obesità, patologie cardiovascolari, diabete…), che causano l’80% della mortalità in Europa - L’obesità sta diventando purtroppo la regola, non più l’eccezione; se la situazione non cambia, gli esperti stimano che entro il 2030 in alcuni stati europei addirittura il 90% della popolazione sarà obesa - Sul versante sedentarietà, è stato sottolineato tra l’altro quanto è nocivo il tempo passato seduti: 16 ¤ settembre, ottobre 2013
questo vale per tutti ma il rischio è massimo per gli adolescenti; - Potrebbero essere importanti anche modifiche comportamentali minime, come fare le scale a piedi oppure fare del movimento durante la pausa pranzo - Alimenti sani, a basso prezzo, devono essere
In ItALIA
Obesità e impatto economico
messi a disposizione di tutti, anche dei soggetti meno abbienti, e diventare la regola anzichè una nicchia di mercato per privilegiati - Va scoraggiato il consumo di alimenti ipercalorici, ad alto tenore di grassi saturi e trans, di zucchero e di sale e poveri di fibre e va promosso il consumo di frutta e verdura (almeno 5 porzioni al giorno) - Agli stati membri dell’unione europea è stato chiesto in particolare un intervento forte per tutelare gli anziani ed i bambini; la prevenzione in questi ultimi comincia dall’allattamento al seno: anche su questo serve un impegno politico forte - Una sfida importante è trovare strategie efficaci anche per le persone obese e/o con problemi respiratori. Susanna Morgante
Si calcola che in Italia siano 4.898.496 le persone adulte obese ( prevalenza = 9,9%) ,e 16.000.000 quelle in sovrappeso ,con un costo sociale annuo stimato intorno al 6,7% della spesa sanitaria pubblica. È stato calcolato che nella maggior parte dei Paesi Occidentali una persona obesa costa al sistema sanitario il 25% in più di una persona normopeso. In Italia i costi sanitari diretti dell’obesità sono stimati in circa 23 miliardi di euro l’anno (dati 2003). Si stima che la maggior parte di tali costi (più del 60 %) sia dovuta a ricoveri ospedalieri e ciò indicaquanto l’obesità sia la reale responsabile di una serie di gravi patologie cardiovascolari,metaboliche, osteoarticolari, tumorali e respiratorie che comportano una ridotta aspettativa di vita ed un notevole aggravio per il Servizio Sanitario Nazionale . I costi indiretti (dovuti alle morti premature, alla riduzione della produttività lavorativa e ai relativi guadagni) sono doppi rispetto a quelli diretti. Anche se sono più difficili da quantificare in termini finanziari, devono essere considerati tra i costi attribuibili all’obesità, anche altri costi intangibili, come per esempio il minor rendimento scolastico, la discriminazione lavorativa, i problemi psicosociali e la scarsa qualità della vita. I soggetti obesi senza lavoro sono molto più numerosi di quelli con peso normale perché i datori di lavoro preferiscono assumere soggetti non obesi, da cui si aspettano una maggiore produttività e meno giorni di assenza dal lavoro. Negli Usa, per esempio, la percentuale di donne bianche gravemente obese disoccupate è pari al 40%, contro il 30% di quelle con peso norma
Fonte: www.obesitainfantile.org settembre, ottobre 2013 ¤ 17
ChIRuRGIA
Chirurgia Toracica, ennesima eccellenza per la medicina veronese Si tratta di una branca ad altissima specializzazione, punto di riferimento regionale ed extraregionale. Direttore responsabile il Dott. Giovanni Magnanelli
L
a Chirurgia Toracica è una parte della chirurgia che si occupa di interventi eseguiti su organi contenuti all’interno del torace eccetto il cuore che è di pertinenza della Cardiochirugia. Vengono trattati quindi i polmoni, le pleure, la trachea, i bronchi, il mediastino, la parete toracica nelle sue forme malformative o negli esiti di traumatismi, il diaframma etc.
Dott. Giovanni Magnanelli
18 ¤ settembre, ottobre 2013
Purtroppo il cancro del polmone è la patologia in percentuale più trattata. Essa rappresenta in media circa l’80% di tutti gli interventi eseguiti dal chirurgo toracico. La Chirurgia Toracica è poco conosciuta in quanto fortunatamente non ha un impatto nel quotidiano per la specificità e gravità delle malattie trattate. Scopo di questo articolo è di far sapere della presenza nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona di questa chirurgia ad altissima specializzazione e punto di riferimento regionale ed extraregionale. Le chirurgie ad altissima specializzazione sono 3: la Neurochirurgia, la Cardiochirurgia ed appunto la Chirurgia Toracica. Si sono creati nel tempo “canali” di afflusso da ospedali e strutture sanitarie accreditate nonché da molti medici di base che hanno instaurato rapporti professionali con i membri dell’equipe della chirurgia toracica, Per un medico di base è importantissimo e di grande sollievo sapere a chi affidare i propri assistiti soprattutto se affetti da patologie gravi con la certezza di un approccio diagnostico terapeutico adeguato e a livello con i più attuali protocolli mondiali. Attualmente e da pochi mesi l’Unità Operativa
Complessa di Chirurgia toracica è diretta da Dottor Giovanni Magnanelli “veterano” della Chirurgia Toracica veronese. Già prima della Laurea frequentava la suddetta Divisione (questa la vecchia terminologia di Unità Operativa) in quel tempo diretta dal Prof Giuseppe Besa che fu il primo Direttore della Divisione creata agli inizi degli anni ’70. Il Dottor Magnanelli, ha frequentato a scopo di apprendimento e aggiornamento numerosi centri di eccellenza in Europa e Stati Uniti. Nel dicembre 2001 ha ottenuto il riconoscimento ed il Diploma di Chirurgo Toracico Europeo rilasciato dalla Commissione Europea di Chirurgia Toracica (European Board of Thoracic and Cardiovascular Surgeons). Nello stesso anno ha ottenuto l’idoneità Ministeriale al trapianto di polmone ed è stato rappresentante Italiano in Europa per l’Accreditamento alle Strutture Sanitarie in Chirurgia Toracica. Ha un’ampia casistica operatoria che nel suo insieme supera i 4.000 interventi come primo operatore. Ha pubblicato in riviste italiane ed
internazionali lavori scientifici nella materia specifica ed è stato relatore e moderatore in numerosi congressi italiani ed internazionali. I membri della sua Equipe si sono particolarmente dedicati a branche della chirurgia toracica come la Endoscopia bronchiale (struttura semplice funzionale) la Video Chirurgia mininvasiva, la Chirurgia pediatrica, lo studio dell’Ipertensione polmonare primitiva (struttura semplice organizzativa) e la correzione chirurgica di malformazioni congenite del torace. Hanno frequentato e tutt’ora frequentano Corsi di aggiornamento nelle varie sottospecializzazioni, organizzati da centri europei e mondiali dedicati alla materia specifica. L’Unità Operativa di Chirurgia Toracica con tutti i suoi componenti è struttura costituente del GIVOP (Gruppo Interdisciplinare Veronese di Oncologia polmonare). È costituito da specialisti di patologie toraco/polmonari (chirurgo toracico, oncologo, radioterapista, pneumologo, anatomo patologo, radiologo) che valutano, collegialmente, sulla base delle conoscenze scientifiche più resettembre, ottobre 2013 ¤ 19
centi, i pazienti affetti da patologie neoplastiche o sospette neoplasie e scelgono l’iter diagnostico e terapeutico più appropriato. Nell’insieme quindi l’U.O.C. di Chirurgia Toracica copre a 360° gradi le esigenze per questa patologia. Tutto ciò è ovviamente possibile grazie al supporto, mai mancato, della Direzione Generale e Direzione Sanitaria dell’Azienda che mettono a disposizione strutture e presidi aggiornatissimi adeguati quindi a mantenere un concetto di eccellenza e di riferimento per la U.O.C. di Chirurgia Toracica. Un esempio è il recente acquisto di un particolare broncoscopio dotato alla sua estremità di un piccolo ecografo che misura solo pochi millimetri. Questo strumento permette uno studio molto più accurato e sicuro di tutte le vie bronchiali, stazioni linfonodali e di eseguire prelievi bioptici sotto visione ecografica e non più “alla cieca”, aumentando quindi l’attendibilità e la velocità nella diagnosi del tumore del polmone. 20 ¤ settembre, ottobre 2013
Tutti sappiamo come la precocità diagnostica sia importante nella possibilità di trattamento di questa gravissima situazione morbosa. L’uso corretto di questa procedura chiamata EBUS (Endo Bronchial Ultra Sound) è avvenuta da parte all’attuale responsabile e da un suo collaboratore durante la frequenza alla TORAX Klinik di Hidelberg Germania, centro all’avanguardia in queste procedure diagnostiche. Fortunatamente non tutte le malattie trattate sono di natura tumorale. La chirurgia toracica veronese ha una numerosa casistica nel trattamento del pneumotorace spontaneo (abbreviato PNX). Questa è una patologia benigna ad esordio improvviso che consiste nell’accumulo di aria nel cavo pleurico; può essere spontanea o secondaria agli altri eventi patologici. Quello spontaneo (il più frequente) colpisce generalmente soggetti giovani e di costituzione longilinea. Può ripetersi e diventare recidivante. Il trattamento chirurgico, l’unico disponibile in questi casi, è sempre un
trattamento mininvasivo video assistito. Questo significa che l’intervento viene eseguito a “torace chiuso”. Vengono praticati 3 piccoli accessi chirurgici uno per la via ottica che permette la visione video dell’interno del torace e due per le vie operative. Due o più monitor in sala operatoria per l’operatore e per gli aiuti, permettono l’esecuzione dell’intervento. Questa procedura mininvasiva è usata nel trattamento di altre malattie non tumorali. Un chiaro esempio è l’iperidrosi. Il termine iperidrosi definisce una situazione patologica caratterizzata da un’eccesiva sudorazione che può essere localizzata e limitata in alcuni distretti cutanei, oppure ubiquitariamente diffusa in tutta la superficie corporea. L’iperidrosi la cui causa è sconosciuta , compare nei primi anni di vita o nell’adolescenza e si protrae per tutta la vita, creando in questi pazienti un notevole imbarazzo sociale, influenzando anche la loro stabilità emotiva; ne è affetto l’1% della popolazione. L’iperidrosi palmare è, tra tutte le forme di iperidrosi, quella che sicuramente riveste un peso sociale maggiore, essendo le mani molto più esposte di ogni altra parte del corpo, svolgendo un ruolo prioritario nella vita professionale, di relazione e in tutte le attività pratiche di ogni giorno. L’atto chirurgico endoscopico, della durata di circa 30 minuti per lato, necessita di un’ospedalizzazione di solo 24 ore, consentendo al paziente il ritorno precoce alle normali attività lavorative e familiari. Questo tipo di intervento, eseguito
brillantemente, porta alla remissione completa del disturbo nel 99%,con totale soddisfazione dei pazienti trattati. In giugno di quest’anno l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona ha siglato, nella figura dell’attuale Responsabile il Dottor Giovanni Magnanelli, una convenzione di consulenza chirurgica con l’Ospedale di Rovigo. La convenzione prevede non solo il contributo chirurgico (due sedute settimanali eseguite nella sala operatoria dell’Ospedale di Trecenta di Rovigo) ma anche un progetto di insegnamento allo staff locale affinchè possa, gradualmente nel tempo, ottenere una propria autonomia di gestione. In questi ultimi mesi poi sono stati incrementati e rafforzati rapporti di consulenza medica richiesta da ospedali, strutture sanitarie accreditate e medici di base della provincia di Prato, Trento e Vicenza, confermando ulteriormente l’Unità Operativa di Chirurgia Toracica di Verona come riferimento regionale ed extraregionale per questa specialità.
Dott. Giovanni Magnanelli Direttore f.f. U.o.C. ChirUrgia toraCiCa aoUi Di Verona
eqUipe: Dott. Cristiano Benato, Dott.ssa Barbara Canneto, Dott. Giovanni Falezza, Dott.ssa Paola Gandini, Dott. Alessandro Lonardoni, Dott. Giuseppe Silvestre settembre, ottobre 2013 ¤ 21
DentI
Impiantologia: un giro di vite per ritrovare il sorriso Gli impianti cosiddetti endoossei sono il sistema più utilizzato dall’odontoiatria moderna
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he cos’è l’implantologia? È’ la tecnica, relativamente moderna, che permette la sostituzione di un elemento dentario compromesso, e quindi estratto, con una struttura (impianto) che funge da “nuovo” dente. Questo elemento, generalmente una “vite” di titanio, viene inserito, con un intervento chirurgico ambulatoriale molto semplice, nel contesto osseo esattamente dove una volta risiedeva la radice del dente poiché, in definitiva, ne compierà la stessa funzione: il mantenere la stabilità della corona (in questo caso protesica) del nuovo elemento.
Normalmente un dente, composto da radice e corona, è una leva favorevole in quanto impiantato per 2/3 nel tessuto osseo e gengivale che ne preservano la stabilità: come si può notare guardando un dente esso appare completamente liscio, quindi non ha, di suo, alcun sistema di mantenimento della sua stabilità, il tutto è tenuto in situ dal contatto stretto che lui ha con i tessuti parodontali (osso, mucosa gengivale e legamento parodontale). Nel caso dell’impianto il sistema di mantenimento (tranne il legamento parodontale che scompare con l’avulsione dentaria e la successiva cicatrizazione) è lo stesso. Gli impianti cosiddetti endoossei (perché appunto inseriti nel contesto dell’osso mascellare o mandibolare) sono decisamente il sistema più utilizzato dall’odontoiatria moderna; oltre all’impianto vero e proprio prevedono un moncone (generalmente avvitato) che fa da base su cui poi viene inserita una corona (che può essere avvitata o cementata). Come accennavamo all’inizio l’idea di sostituire un dente mancante non è nuova: gli antichi egizi avevano escogitato dei “denti” artificiali in oro che probabilmente venivano inseriti (…) dove necessario; la madreperla è stato un altro materiale utilizzato da altre popolazioni. La moderna implantologia parte agli inizi degli Anni 80 grazie alla scoperta delle doti biologiche del titanio e delle basi fisico-chimiche dell’osteointegrazione. Dott. Luca Tinti SoCio fonDatore progetto Dentale apollonia
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InIzIAtIvA
Scuola Medica Ospedaliera a servizio della cultura La Scuola propone iniziative ed eventi di grande interesse grazie anche al sostegno dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e dell’ULSS 20
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a tradizione ospedaliera della città di Verona è radicata nel tempo e gode di un meritato prestigio. La Scuola Medica Ospedaliera – Corso Superiore di Geriatria è giunto ormai alla XXIV edizione . Subito dopo la II guerra mondiale nasce la Scuola Medica Ospedaliera che ha visto come protagonisti grandi medici di ieri e di oggi. E’ una scuola che è stata conosciuta ed apprezzata a livello nazionale. Il crescente successo e il grande seguito di iscritti che hanno avuto negli anni le edizioni della Scuola Medica Ospedaliera - Corso Supe-
Dott. Luigi G. Grezzana
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riore di Geriatria servono da sprone a continuare in una impresa organizzativa impegnativa, ma gratificante. Sono eventi, certamente attesi che si propongono di coniugare momenti di elevato tenore medico scientifico non disdegnando anche l’aspetto culturale e sociale. Si cerca di realizzare iniziative di alto livello, ma non necessariamente specialistiche allo scopo di avvicinare a un grande pubblico personalità di spicco del mondo culturale e scientifico. Da qualche anno ormai la Scuola è sostenuta dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e dall’ ULSS 20. Si tratta du momenti di incontro estremamente significativi fra le due aziende impegnate nel facilitare e favorire la formazione del personale per migliorare i processi di assistenza. È evidente che per curar bene gli ammalati è indispensabile una formazione continua del personale dell’area sanitaria. Un punto importante che caratterizza questi eventi è il dibattito e il confronto al termine di ogni relazione. Le attività culturali che si realizzano negli ospedali di Verona hanno già dal 1905 identificato nella rivista “Il Fracastoro” il loro prestigioso veicolo di informazione. Tutti gli incontri della Scuola vengono registrati, successivamente vengono traslati
veRonA ACCessIbILe
Veronamarathon 2013 un evento per tutti
con assoluta fedeltà e precisione scientifica su “Il Fracastoro”, compreso il dibattito che si realizza al termine delle relazioni. Vorrei sottolineare un aspetto che non mi sembra secondario: questi eventi sono sostenuti quasi totalmente da sponsor che per le loro finalità produttive commerciali non sono interessati al nostro mondo ma hanno colto il significato nobile della Scuola Medica Ospedaliera - Corso Superiore di Geriatria. È un valore aggiunto che testimonia la grande sensibilità degli imprenditori della nostra città. Nella nostra città sono sempre attuali le parole di San Zeno “……..voi fratelli, la cui generosità è nota a tutte le province e le cui opere caritatevoli sono disseminate, per così dire, in tutte le parti della terra. […..] Le vostre case sono aperte a tutti i viandanti: sotto di voi nessuno, né vivo né morto fu visto a lungo ignudo. Ormai i nostri poveri ignorano che cosa sia mendicare il cibo; ormai le vedove e i bisognosi redigono il testamento. Potrei dire di più in lode di questa vostra felice generosità, se non foste miei (plura ad laudem huius beatitudinis vestrae possem dicere, nisi essetis mei)”. (Tr I, 14.5.8).
Una città moderna proiettata verso il futuro si misura e si nota con le infrastrutture ed i servizi verso il cittadino che devono risultare moderni, efficienti, economici e tanto altro. Veronamarathon il prossimo 6 Ottobre - desiderando aiutare la città di Verona ad essere davvero attuale e all’avanguardia - cercherà di rendere il proprio evento fruibile da qualsiasi persona. In collaborazione e con il suggerimento dell’Assessore ai Servizi Sociali e Famiglia del Comune di Verona Anna Leso gli organizzatori stanno predisponendo per la zona di arrivo, rettilinei finali e interno dell’Arena, degli spazi riservati e presidiati dove si potrà godere della massima visibilità da parte tutte le persone di qualsiasi altezza fisica. Tutti perciò potranno ammirare ed applaudire i vincitori della gara e tutti i partecipanti. Veronamarathon sarà un evento memorabile e davvero...per tutti!
Dott. Luigi G. Grezzana Direttore SCUola MeDiCa oSpeDaliera settembre, ottobre 2013 ¤ 25
unIveRsItà
Il tirocinio professionale nel corso di laurea in infermieristica Lo studente deve dedicare al tirocinio 60 CFU, circa 1400 ore nel triennio
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l Corso di Laurea in Infermieristica è caratterizzato dall’essere un corso di laurea che abilita ad un professione di cura ed è un percorso molto orientato a far acquisire agli studenti competenze professionali specifiche. In questa ottica il tirocinio professionale rappresenta il “cuore” della preparazione degli studenti. Esso è modalità formativa privilegiata ed insostituibile per sviluppare le competenze richieste dal profilo e per promuovere l’acquisizione di una identità professionale. L’impegno che lo studente deve dedicare al tirocinio è di 60 CFU (crediti formativi universitari), circa 1400 ore nel triennio. Esso si realizza in gran parte nei reparti ospedalieri dell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona nell’ambito dell’area medica, chirurgica, specialistica ed intensiva ma anche in servizi territoriali e clinici dell’AULSS 20 e 21 e 22 e nelle cliniche private di Negrar e Peschiera. In queste sedi, differenziate per anno di corso, gli studenti possono sperimentarsi direttamente nella pratica professionale che non può essere trasmessa in altra forma. L’esperienza nel mondo reale permette allo studente di affrontare situazioni uniche e complesse; attraverso la sperimentazione pratica e l’integrazione dei saperi teorico-disciplinari con la prassi operativa professionale ed organizzativa, lo studente appren-
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de il ruolo professionale. In tirocinio lo studente viene a contatto con i contesti di cura dove inizia a sperimentarsi nelle relazioni con il paziente , nei rapporti interprofessionali , nelle abilità tecniche e dove riconosce i valori e i principi insiti in questa professione. Il tirocinio …”non è soltanto il tempo e lo spazio in cui si viene a contatto con il fare,ma un tempo e uno spazio in cui vengono promossi e sostenuti processi di pensiero sul proprio fare professionale”. L’ attività principale degli studenti durante il tirocinio è l’apprendere e il processo di formazione pone
particolare attenzione alle strategie di insegnamento e apprendimento volte a favorire l’integrazione tra teoria e pratica e viceversa. Per questo il percorso di tirocinio è articolato in diverse attività e comprende sessioni tutoriali che preparano lo studente all’esperienza;esercitazioni e simulazioni in cui si sviluppano le abilità tecniche, relazionali e metodologiche in situazione protetta prima o durante la sperimentazione nei contesti reali; esperienze dirette sul campo con supervisione e accompagnata con sessioni di riflessione e rielaborazione dell’esperienza; elaborati e approfondimenti scritti specifici e mandati di studio guidato. L’efficacia dell’apprendimento in tirocinio è determinata in gran parte dalla presenza di professionisti in grado di sviluppare e promuovere negli studenti processi di apprendimento. Le figure professionali principalmente coinvolte nella programmazione e gestione del tirocinio degli studenti sono il Coordinatore della Didattica Professionale che è un docente del settore scientifico disciplinare dello specifico profilo professionale, il quale seleziona le sedi formative che possiedono i requisiti per essere sedi formative e assegna allo studente la sede più idonea rispetto al percor-
so formativo; il tutor universitario che è un infermiere con competenze professionali e pedagogiche avanzate che accompagna lo studente durante il percorso formativo e facilita i processi di integrazione tra l’esperienza pratica con la teoria appresa; l’Infermiere supervisore che un infermiere che guida e accompagna lo studente nella sede di tirocinio mentre svolge le sue normali attività lavorative. Assume funzioni di “modello di ruolo” che guida lo studente nell’apprendimento professionale. Crea le condizioni e si assume la responsabilità di “far provare lo studente nella situazione” ed è garante della sicurezza dello studente e degli utenti;il coordinatore infermieristico (caposala) dell’unità operativa che promuove e sostiene condizioni organizzative e di clima favorevoli all’apprendimento. La funzione tutoriale svolta da queste figure e le caratteristiche del contesto costituiscono i principali fattori in grado di influenzare la qualità dell’esperienza e l’acquisizione delle competenze e per questo motivo l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e l’Università degli Studi di Verona promuovo costantemente percorsi di formazione e master specifici per migliorare la loro preparazione pedagogica e competenza tutoriale. settembre, ottobre 2013 ¤ 27
DeRmAtoLoGIA
Verruche: un fastidioso problema sempre attuale Le verruche possono svilupparsi in qualunque zona del corpo, ma interessano in maniera preferenziale aree come mani, piedi, gomiti e ginocchia
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e verruche sono un problema che ha afflitto l’uomo dai tempi più antichi, con evidenze della loro presenza e tentativi di cura fin dai tempi dei babilonesi e dell’antico Egitto. Ma cosa sono le verruche (spesso chiamate volgarmente anche porri)? Le verruche sono formazioni cutanee indotte dal virus del papilloma umano (HPV). A tutt’oggi sono stati individuati oltre 120 genotipi di HPV, classificati in base al loro tropismo tissutale (cute o mucose) ed al loro potenziale oncogeno. Gli HPV si presentano come virioni di 55 nm di diametro, costituiti da un capside icosaedrico composto da 72 capsomeri e da un genoma di DNA circolare a doppia elica di circa 78007900 coppie di basi (Fig. 1).
Fig.1 - Il virus del papilloma umano
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La loro classificazione in tipi e sottotipi si fonda sul grado di omologia tra le sequenze nucleotidiche del DNA. Il genoma HPV consta di due parti: la regione E (geni ad espressione precoce) e la regione L (geni ad espressione tardiva). Il capside virale è costituito da proteine tardive (L1 e L2), mentre le proteine E sono coinvolte nella replicazione virale e nella trasformazione della cellula-ospite. Queste regioni codificanti sono precedute da una regione non codificante (LCRLong Control Region), la quale contiene sequenze di DNA che intervengono nella regolazione della trascrizione del genoma virale. La prevalenza delle verruche cutanee è valutata intorno al 7-10 % della popolazione generale, in netto aumento da due-tre decenni. I bambini in età scolare ed i giovani adulti costituiscono il principale serbatoio del virus; il picco viene raggiunto nella fascia di età tra i 10 e i 15 anni. La tipologia di più comune riscontro è quella delle verruche volgari (circa il 70% del totale); seguono le verruche palmo-plantari e le verruche piane. Il contagio avviene per contatto superficiale (il virus quindi rimane confinato nella pelle e non è presente nel sangue) solitamente in luoghi molto frequentati come docce, palestre e piscine, dove il clima caldo e umido favorisce la sopravvivenza del virus in forma attiva. Mancando queste condizioni ambientali il virus non sopravvive a lungo al
Fig. 2 - Verruche comuni
di fuori della cute. Le verruche possono svilupparsi in qualunque zona del corpo, ma interessano in maniera preferenziale alcune aree come le mani, i piedi, i gomiti e le ginocchia che, essendo soggette a frequente traumatismo meccanico e contatto con l’ambiente esterno, presentano delle microlesioni di cui il virus può approfittare. Alcune categorie professionali (macellai, veterinari, pescivendoli, addetti alla macellazione) sono esposti a un maggior rischio. Alcuni particolari genotipi di HPV colpiscono in maniera preferenziale le mucose, soprattutto quelle della zona ano-genitale, dando luogo alle verruche genitali, altrimenti note come condilomi. I condilomi si trasmettono prevalentemente con i rapporti sessuali. Vi sono altri fattori che influiscono sulla possibilità di contrarre l’infezione virale quali la predisposizione genetica, la capacità della pelle di resistere all’infezione e soprattutto lo stato di salute del sistema immunitario. I pazienti immunodepressi, come ad esempio i trapiantati, sono particolarmente a rischio. Clinicamente a livello cutaneo possiamo riconoscere differenti tipi di verruche: - Verruche comuni o volgari: papule o noduli esofitici, verrucosi, di grandezza variabile e di forma rotondeggiante (Fig. 2 e Fig. 3).
Solitamente l’agente eziologico coinvolto in questa forma di verruche è HPV-2; meno frequentemente HPV-1, HPV-4 e HPV-7. - Verruche palmari e plantari: si presentano sottoforma di lesioni incassate nella cute, solitamente nelle aree in cui viene esercitata una maggiore pressione; sono spesso assai dolenti alla pressione (Fig. 4). I virus maggiormente implicati nella forme palmo-plantari sono HPV-1, HPV-2, HPV-4. - Verruche piane: piccole papule leggermente rilevate localizzate preferenzialmente al dorso delle mani, alle braccia, al volto, spesso con una disposizione lineare. Gli agenti eziologici solitamente riscontrati sono HPV-3, HPV-10 e, meno frequentemente HPV-28 e HPV-29. Le verruche sono facilmente diagnosticabili nella maggior parte dei casi; tuttavia, si possono porre in diagnosi differenziale con le cheratosi seborroiche, le cheratosi attiniche, i nevi melanocitari, gli epiteliomi, i molluschi contagiosi (nei bambini) e, nelle forme palmo-plantari, i tilomi (altrimenti detti calli). Dato che non vengono percepite come particolarmente dannose dal sistema immunitario, le verruche possono persistere talora molto a lungo, anche per anni. Del resto è frequente è la regressione spontanea legata all’azione di una efficace risposta immunitaria anti-virale. settembre, ottobre 2013 ¤ 29
- Crioterapia: consiste nel congelamento della verruca tramite azoto liquido, che viene applicato localmente in forma nebulizzata con una bomboletta spray. Sono spesso necessari trattamenti multipli e l’applicazione è leggermente dolorosa. L’ impiego di preparati crioterapici “fai date” non è scientificamente provato e in genere è poco efficace. - Diatermocolaguazione e laser CO2: richiede anestesia locale. - Asportazione chirurgica: consiste nell’asportazione chirurgica della lesione. Data la impossibilità di una bonifica completa dal virus e la tendenza alla recidiva della verruca, la necessità di anestesia e spesso la moltitudine delle lesioni, questo metodo è poco utilizzato. Fig. 3 - Verruche comuni - Altri trattamenti che in genere si riservano a casi resistenti includono l’utilizzo di 5-fluorouracile toLa terapia delle verruche è stata oggetto di numepico, la bleomicina intralesionale, interferone inrosi tentativi popolari, spesso estremamente fantatralesionale, cidofovir 3% e la terapia fotodinamica siosi e bizzarri. I trattamenti per i quali esiste una con acido amino-levulinico. buona evidenza scientifica di efficacia sono principalmente i seguenti: Dott. Fabio Gavazzoni - Preparati cheratolitici a base di acido saliciliDott. Giampiero Girolomoni co, acido lattico, collodio elastico o combinazione CliniCa DerMatologiCa dei tre. La soluzione o l’unguento va applicato con azienDa oSpeDaliera UniVerSitaria cura e pazienza per alcune settimane rimuovendo integrata Di Verona periodicamente gli strati più superificiali.
Fig. 4 - Verruche plantari
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uRoLoGIA
Non c’era un volta la prostata Anche nel mondo occidentale tanti secoli fa erano ben noti e ben descritti i sintomi del paziente con difficoltà nella minzione
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l titolo di questo articolo non è il risultato della distrazione di un tipografo, ma una affermazione storicamente documentata. Infatti, pur essendo noti da “sempre” i disturbi della minzione (in una tavoletta mesopotamica del 3000 a.C. si descrivono sia la ritenzione urinaria che il cateterismo), soltanto in tempi relativamente recenti si è giunti alla identificazione sia anatomica che funzionale della prostata. Anche nel mondo occidentale tanti secoli fa erano ben noti e ben descritti i sintomi del Paziente con difficoltà nella minzione. La testimonianza più antica è un passo di Stobeo (vissuto nel V secolo a.C., curatore di una sorta di antologia) che ci tramanda quanto sosteneva Ipparco Pitagorico, studioso vissuto tra il VI e il V secolo a.C.. Questi menziona la stranguria, che indica la minzione a goccia (strangon in greco è la goccia che filtra da una piccola fessura) tra le malattie dell’anziano, ma non formula nessuna ipotesi sulle cause, tra le quali la più frequente è proprio l’ipertrofia prostatica, cioè l’ingrossamento della prostata. Ippocrate (Kos 460 a.C. – Larissa 377 a.C.) descrive molto chiaramente la sintomatologia del disturbo della fase di svuotamento vescicale attribuendola ad una affezione del collo vescicale e la descrizione è così accurata che si può pensare che Ippocrate conoscesse molto bene la prostata. In realtà egli ne ignorava l’esistenza, 32 ¤ settembre, ottobre 2013
così come tutti i Medici compresi Erasistrato ed Erofilo, vissuti ad Alessandria d’Egitto nel III a.C. che fecero importanti scoperte e descrizioni nell’anatomia del’apparato uro-genitale. Purtroppo le opere di questi due grandi studiosi e dei loro discepoli sono andate interamente perdute e quello che conosciamo delle loro osservazioni ci proviene prevalentemente da citazioni indirette e quasi mai testuali contenute nelle opere di Galeno (Pergamo 129 – Roma 216). Le citazioni di questo Medico, che ha avuto influenza sulla medicina fino al Rinascimento, vanno però prese “con
Dott. Massimo Occhipinti
le molle” perché egli apparteneva ad una corrente di pensiero filosofico opposta a quella a cui apparteneva Erofilo. Quanto esattamente sapessero Erasistrato ed Erofilo dell’anatomia e della fisiologia dell’apparato genito- urinario non possiamo quindi stabilirlo con certezza, ma un fatto fondamentale è indubitabile: Erofilo fu il primo ad osservare e descrivere quelli che chiamò “assistenti varicosi” distinguendoli chiaramente dagli “assistenti ghiandolari”, in greco “prostatai adeinoides”. Per “assistenti varicosi” si devono intendere le ampolle; per “assistenti ghiandolari” le vescichette spermatiche. Galeno, che aveva studiato il testo di Erofilo, con onestà gli attribuisce l’identificazione di ampolle e vescicole seminali ed aggiunge che “il liquido che nei maschi si forma nei corpi ghiandolari si versa nell’uretra unitamente al seme e le sue utilità consistono nell’eccitare al coito e nel procurare piacere…”. Ma cosa intende Galeno per “corpi ghiandolari”? Il fatto che li distingua chiaramente dagli “assistenti” ghiandolari, che come abbiamo visto sono le vescicole seminali, e che li localizzi ai lati del collo vescicale può significare soltanto che egli parla
della prostata alla quale attribuisce una partecipazione all’atto sessuale grazie al liquido in essa contenuto, correttamente identificato come simile allo sperma, ma meno denso. Questa puntuale descrizione fa pensare che Galeno, sezionando questi “corpi ghiandolari” aveva notato la fuoriuscita di quello che oggi si chiama secreto prostatico. Galeno così scrive: “la carne lassa (Galeno definisce così le ghiandole) che nei maschi si trova ai due lati della base del pene e i dotti che da essa si originano che alcuni chiamano assistenti ghiandolari non li ho mai osservati negli animali femmine. Nei maschi invece, e soprattutto in quelli da monta, ho trovato questa carne lassa di proporzioni assai rilevanti…”. Questo passo conferma ancora che per carne lassa Galeno intendesse la prostata, e ciò è confermato dalla lettura di altri passi dove si conferma che egli vide chiaramente sia le ampolle che le vescichette spermatiche e la prostata, ma interpretò correttamente il condotto eiaculatore e le ampolle come originati dall’epididimo, mentre erroneamente vide nella prostata l’origine delle vescichette spermatiche, da lui interpretate come un’appendice di settembre, ottobre 2013 ¤ 33
essa. Dopo Erasistrato ed Erofilo gli studi di anatomia non fecero molti progressi e furono generalmente trascurati. I celebrati maestri di anatomia della Scuola di Alessandria non compirono infatti grandi scoperte, ma si limitarono ad essere degli abili ripetitori di Erasistrato ed Erofilo. La monumentale opera di Galeno quindi rappresenta la sintesi più alta e completa di tutto il sapere medico che l’antichità ha prodotto e costituisce il punto di riferimento scientifico per i secoli successivi fino al 1600. Nel Medioevo infatti si può individuare soltanto un accenno, sicuramente inconsapevole, alla prostata nella Chirurgia di Maestro Ruggero, esponente della famosa Scuola Salernitana di Medici34 ¤ settembre, ottobre 2013
na, che descrivendo l’ispezione per via rettale per la possibile individuazione dei calcoli vescicali, scrive che si può riscontrare “una specie di globo molle e carnoso” che potrebbe essere identificato come una prostata ingrossata. Quella di Ruggiero è comunque una osservazione clinica più che il risultato di una ricerca anatomica in quanto gli studi di anatomia furono completamente abbandonati durante tutto il Medioevo. Gli studi ripresero con Mondino Liuzzi (1275 1326) che, a Bologna, ebbe il coraggio di riprendere a sezionare cadaveri umani, ma non certo nella quantità di Galeno né tantomeno con la sua capacità di osservazione e descrizione. Egli scrisse Anothomia, testo considerato l’atto di nascita della ripresa degli studi anatomici,continuati poi dal suo discepolo Bertuccio e dal discepolo di questi Guy de Chauliac. Tutti e tre questi studiosi si attennero alla tradizione galenica. Il Liuzzi, pur dedicando un intero capitolo all’apparato urogenitale, non parla neanche di prostata e, secondo alcuni studiosi di storia della medicina, non mostra di capire molto dell’opera di Galeno quando parla delle vescichette seminali. Per arrivare ad un profondo rinnovamento degli studi anatomici e all’inizio di una anatomia moderna bisogna attendere il 1543, quando vengono pubblicati a Basilea i De humani corporis fabrica libri septem di Andrea Vesalio (1514 - 1564). In cosa consiste la modernità? Nella capacità di rompere il millenario vincolo di sudditanza culturale nei confronti di Galeno lo studioso osserva con i suoi occhi il pezzo anatomico e descrive ciò che vede, non tenendo conto di quello che aveva detto Galeno, considerato per più di 13 secoli l’autore di una sorta di Bibbia dell’anatomia e della medicina. Per quanto riguarda la prostata il Vesalio apporta un notevole contributo alla sua conoscenza facendone una accurata e sostanzialmente corretta descrizione anatomica e sostenendo che è una ghiandola che serve per la produzione di un secreto che concorre alla produzione del seme. Galeno invece sosteneva che la prostata non vi con-
corresse affatto. In questo periodo il cerchio attorno alla prostata si stringe sempre di più. Ambroise Parè, (1510 - 1590) chirurgo del Re di Francia, scrive che “due organi ghiandolari detti prostata sono situati all’inizio del collo vescicale” e nello stesso periodo J. Riolano, altro medico parigino, afferma che “il collo della vescica può essere ostruito da una tumefazione delle ghiandole prostatiche”. Questa osservazione clinico-anatomica fu confermata dal veneziano Gian Domenico Santorini (1681 - 1737) che descrive “un corpo che s’avanza verso la vescica al punto da ostruirne il collo”. La “prostata moderna”, deve la sua nascita a Giovanni Battista Morgagni (1682 - 1771), che eliminò definitivamente la convinzione che le prostate fossero due, errore determinato da una scorretta interpretazione dei testi di Galeno che parla di “prostatai adenoides” al plurale riferendosi alla scoperta di Erofilo (che in realtà parlava delle vescicole seminali). Ben più importanti di questa precisazione sono però le osservazioni fisiopatologiche ed anatomo-patologiche del Morgagni che consentono precise diagnosi di varie patologie dell’apparato urogenitale. Alfred Valpeau (1778 - 1862) grande chirurgo francese riprese un concetto già espresso da J.Meckel sull’analogia tra fibroma uterino ed ipertrofia prostatica, aprendo la via alla teoria dell’influenza ormonale su questa patologia, teoria confermata poi da Huggins che, anche per questo, ricevette nel 1966 il Nobel. Le successive osservazioni e scoperte sulla prostata riguardano più che l’anatomia le patologie di questa ghiandola ed i possibili rimedi, ma la trattazione di questi affascinante capitoli, per la vastità dell’argomento, sarà oggetto di altri articoli.
Dott. Massimo Occhipinti DiViSione Di Urologia
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Come salvare la prostata Uno dei principali fattori di rischio per il tumore della prostata è l’età: le possibilità di ammalarsi prima dei 40 anni sono molto scarse, ma aumentano sensibilmente dopo i 50 anni e circa due tumori su tre vengono diagnosticati in persone con più di 65 anni. Un altro fattore non trascurabile è senza dubbio la familiarità, il rischio di ammalarsi è pari al doppio per chi ha un parente consanguineo con la malattia rispetto a chi non ha nessun caso in famiglia. Non meno importanti sono i fattori di rischio legati allo stile di vita: dieta ricca di grassi saturi, obesità, mancanza di esercizio fisico sono solo alcune delle caratteristiche e delle abitudini negative che possono favorire l’insorgere del tumore della prostata. SPORT. Utili le lunghe passeggiate e il nuoto. Per avere una prostata sana bisogna combattere la sedentarietà. Chi sta ore seduto (alla scrivania, o alla guida di un mezzo) dovrebbe cercare di fare pause frequenti per fare qualche passo. Le attività fisiche consigliate sono le lunghe passeggiate e il nuoto. Attenzione a bicicletta, moto, equitazione, canottaggio. Per evitare le infiammazioni utilizzate equipaggiamenti specifici come, ad esempio, i sellini forati per le biciclette BEVANDE. Importante anche l’idratazione. Ogni giorno bisognerebbe bere almeno un litro e mezzo d’acqua, riducendo la quota in occasione di viaggi lunghi se si soffre di ipertrofia prostatica. Meglio evitare. In questo caso, evitate di bere la sera, già da due ore prima di andare a dormire. Attenzione a birra e alcolici. Un consumo eccessivo può interferire con gli equilibri ormonali e modificare la normale produzione di urina. A TAVOLA. Un’alimentazione sana ed equilibrata, aiuta sicuramente a ridurre il rischio di sviluppare questa e altre patologie prostatiche. Limitare i grassi, soprattutto animali, e abbondare con frutta e verdura. Da evitare, invece, il sale, i grassi e gli alcolici, in particolare la birra: un loro consumo eccessivo, infatti, interferisce con gli equilibri ormonali e altera la diuresi, aumentando il rischio di sviluppare patologie maligne. Latte e latticini sono ricchi di Vitamina D che arresta il ciclo cellulare e contrasta la crescita di nuovi vasi indotta dal tumore. Tuorlo d’uovo, carne, frumento, riso, legumi: Alimenti ad alto contenuto di Vitamina E che protegge dall’attacco dei radicali liberi e previene i danni alle membrane delle cellule. Tè verde: ricco di polifenoli, che svolgono attività inibitoria nei confronti della crescita del tumore. Soia: come il tè verde è ricca di isoflavonoidi, che possono contrastare i danni sulle cellule e hanno una spiccata attività antitumorale. Legumi, uovo, lievito di birra: sono alimenti ricchi di zinco che si accumula proprio nella prostata e ha una spiccata attività antitumorale.
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Compie vent’anni il centro diurno “Il Girasole” di Nogara
In occasione del ventennale della nascita del Centro Diurno “Il Girasole” di Nogara, afferente al Dipartimento di Salute Mentale dell’Aulss 21, diretto dal Dott. Tommaso Maniscalco, sono stati programmati degli eventi nel territorio di Nogara sul tema: “TRATTI, TRAGITTI E ITINERARI NELLA SALUTE MENTALE”, per far conoscere la struttura e promuovere sinergie in atto e future con le istituzioni, la medicina territoriale e l’associazionismo. “Il ventennale - spiega Raffaele Grottola, Direttore dei Servizi Sociali - con le sue iniziative in programma diventa strumento rappresentativo di un modo di intendere la riabilitazione in psichiatria. Le attività che si svolgono presso il Centro Diurno ‘Il Girasole’ mirano al coinvolgimento degli assistiti attraverso la progettualità individuale e territoriale e gli eventi messi in atto hanno lo scopo di valorizzare agli occhi del pubblico l’efficacia delle metodologie che vengono applicate nel Centro Diurno” Il programma prevede, per il 24 settembre, un incontro con i Medici di Medicina Generale al fine di promuovere le iniziative che il Centro di Salute Mentale e il Centro Diurno offrono sul territorio alle persone affette da disturbi mentali.
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Il 25 settembre s’incontreranno le Associazioni del territorio, presso la biblioteca di Palazzo Maggi a Nogara, per consolidare e rinnovare un “patto” di solidarietà che prevede esperienze sociali e di ruolo per i pazienti in carico, sollecitando la disponibilità a contribuire alla realizzazione di iniziative comuni, potendo in cambio, offrire forza lavoro e competenze. Infine, il 27 settembre, presso il Centro Diurno “Il Girasole”, ci sarà un incontro col “vicinato” per salutare cordialmente chi quotidianamente frequenta e collabora con la struttura. Altre iniziative faranno da cornice a questa settimana di sensibilizzazione territoriale. Sarà infatti allestita una mostra fotografica con l’esposizione di una serie di immagini frutto di un corso che ha coinvolto i tre centri diurni del Dipartimento di Salute Mentale con la collaborazione dell’Associazione “Mini teatro immagina”. Saranno esposte immagini che ricompongono la realtà attraverso la costruzione scenografica, in chiave artistica. Sono stati realizzati anche i costumi, modificando il materiale esistente e cercando di dare spazio alla creatività di ciascuno. In collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Nogara, saranno esposti dei testi che sono inseriti in una bibliografia ragionata e selezionata messa a disposizione dalla Biblioteca, proprio per chi avesse desiderio di conoscere la malattia mentale attraverso la cultura che ha generato.
Per informazioni: Centro Diurno Il Girasole Tel. 0442 537728 - ctdilgirasole@libero.it
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Frattura del femore: relazione tra chirurgia ortopedica, albuminemia e complicanze mediche nei pazienti anziani Interessante studio sulla relazione tra intervento ortopedico, ipoalbuminemia e comparsa di complicanze internistiche
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livelli sierici di albumina pre-intervento sono un forte predittore di mortalità e morbidità (1). I valori di albumina durante intervento chirurgico diminuiscono notevolmente (2). L’ipoalbuminemia influenza il decorso post-operatorio nei pazienti chirurgici. I livelli bassi di albumina sono il miglior indicatore di anergia, sepsi, mortalità, comparsa di complicanze internistiche, rallentata guarigione delle ferite, aumento delle infezioni delle ferite chirurgiche, polmoniti, pro-
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lungamento del tempo di riabilitazione, prolungamento del tempo di degenza ospedaliera (1)(3)(4). La nostra attenzione si è focalizzata sulla relazione tra intervento ortopedico (artroprotesi, chiodo gamma) e ipoalbuminemia e comparsa di complicanze internistiche (scompenso di cuore, polmoniti, sepsi urinaria, disidratazione), al fine di produrre evidenze per migliorare la prognosi e ridurre la mortalità e morbidità nei pazienti anziani con frattura prossimale di femore operati
Metodo. Sono stati studiati 93 pazienti anziani caduti accidentalmente, in grado di deambulare autonomamente o con ausili, ospedalizzati per frattura prossimale di femore, sottoposti a intervento chirurgico ortopedico entro 48 ore nel periodo settembre 2012-marzo 2013. Il dosaggio dell’albumina è stato eseguito il giorno dell’ingresso in ospedale e il giorno seguente l’intervento (escluso il sabato e domenica). I pazienti sono stati divisi in due gruppi, gruppo A ( pazienti con frattura prossimale di femore operati con artroprotesi d’anca con complicanze internistiche), gruppo B (pazienti sottoposti a impianto di chiodo gamma con complicanze internistiche). Statistica. I risultati sono stati sintetizzati mediante statistiche descrittive e le associazioni tra insorgenza di patologia e tipo di intervento sono state esplorate mediante test di Fisher. I differenti livelli di albumina tra i vari gruppi (presenza/assenza di complicanze internistiche; intervento chirurgico protesi versus chiodo gamma) sono stati esplorati mediante test di Student, verificata la normalità dei dati. Risultati. Il nostro database era composto di 35 femmine operate con artroprotesi, 32 femmine operate con chiodo gamma, 13 maschi operati con artroprotesi e 13 maschi operati con chiodo gamma. Tutti i pazienti sono stati trasferiti in geriatria per la comparsa di complicanze internistiche conseguenti l’intervento chirurgico (scompenso di cuore, BPCO riacutizzata, infezioni delle vie urinarie, disidratazione). Pazienti con 0 comorbidità, n= 21 Pazienti con 1 comorbidità, n=45: 3 pazienti con BPCO, 9 pazienti con infezione delle vie urinarie, 14 pazienti con disidratazione, 19 pazienti con scompenso di cuore. Pazienti con 2 comorbidità, n=23: 2 pazienti con disidratazione e BPCO, 4 pazienti con scompenso cardiaco e BPCO, 12 pazienti con disidratazione e infezioni vie urinarie, 2 pazienti con scompenso cardiaco e infezioni vie urinarie, 3 pazienti con disidratazione e scompenso cardiaco, 4 pazienti con scompenso cardiaco e BPCO, 0 pazienti con infezioni vie urinarie e BPCO.
Pazienti con 3 comorbidità, n=4: tre pazienti con BPCO, disidratazione e scompenso cardiaco, un paziente con Infezione delle vie urinarie, disidratazione e scompenso cardiaco. In tutti i pazienti abbiamo osservato un significativo calo dei livelli sierici di albumina dopo l’intervento chirurgico. Il valore medio di albuminemia pre operatorio del gruppo A era di 31.5 g/L, ed il valore di albumina pre operatorio del gruppo B era 31 g/L; il giorno dopo l’intervento il valore medio di albumina per il gruppo A era 23 g/L (p<0.05 vs basale), mentre per il gruppo B era di 24 g/L (p<0.05 vs basale). I dati preliminari non permettono ancora una stratificazione dei dei risultati in base alle comorbilità. Conclusioni. I nostri dati preliminari dimostrano che l’intervento chirurgico di artroprotesi o di posizionamento di chiodo gamma in pazienti anziani fragili con frattura di femore comporta una decurtazione attorno al 25% dei livelli sierici di albuminemia. Ulteriori osservazioni permetteranno di verificare il ruolo della comorbilità e altre variabili su questa alterazione del patrimonio proteico sierico. Dott. Carlo Ruggiano - Direttore - UoC geriatria 1° Dott. Luigi Residori - UoC geriatria 1° Dott. Paolo Nazzareno Garzotti - UoC geriatria 1° Dott. Oscar Bortolami phD, BioteCnologo farMaCeUtiCo UffiCio SUporto alla riCerCa e BioStatiStiCo aoUi Verona Bibliografia (1) The meaning of hypoalbuminaemia in clinical practice. G.Franch-Arcas. Clinical Nutrition (2001)20(3):265-269. (2) The synthesis rate of albumin decreases during laparoscopic surgery. Hans Barle et al.Clin Physiol Funct Imaging (2004) 24, pp91-95. (3) Infectious disease pattern and serum albumin levels in elderly people hospitalized at dr. Moewardi Hospital Suraharta during 2004. Frenkie S. Koromath et al.Acta Med Indones-Indones J Intern Med. Vol 40, Number 3, july 2008: 114-116. (4) Correlation between serum concentrations of B-type natriuretic peptide and albumin in patients with chronic congestive hearth failure. Erika Yamamoto et al. Int Heart J July 2012, vol 53, No 4: 234-237.
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InIzIAtIvA
Pedalare contro il cancro Il viaggio di Gaetano Parise ha un duplice scopo: sensibilizzare sul tema “cancro e ambiente” e raccogliere fondi per la solidarietà e la ricerca
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edalare fa bene alla salute: innanzitutto è molto divertente ( “Porto a spasso il bambino che è in me”, ci ricorda con arguzia il
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grande Altan in una vignetta che ritrae un ciclista), rilassa e permette di stare all’aria aperta. Inoltre muovendoci combattiamo l’infarto, l’obesità, il diabete e anche i tumori (v. a questo proposito il box sulla recente conferenza su malattie croniche e stili di vita organizzata a Vienna dall’Organizzazione Mondiale della Sanità). E aiutiamo anche l’ambiente togliendo un po’ di traffico e di inquinamento alle nostre strade. Gli studi ci dicono che perfino nelle nostre città, dove chi pedala corre i rischi del traffico e respira un’aria che proprio pulita non è, le persone che usano la bicicletta ottengono addirittura una riduzione del 40% del rischio di morte prematura. Ne è ben convinto Gaetano Parise, un tecnico di laboratorio biomedico appassionato di bicicletta e di viaggi, che per le ferie di quest’anno ha deciso di abbinare i due hobby pianificando un viaggio lungo tutta la penisola: quasi 3700 km da percorrere a pedali lungo i litorali dei quattro mari che bagnano il Belpaese, attraversando 44 province e tutte e 13 le regioni costiere. S i tratta di un viaggio che a prima vista sembra quasi una follia e che in realtà un po’ lo è, ma come si dice: “veronesi tuti mati”... Parise ha deciso di affrontare il giro in solitaria, anche se con il supporto attivo, a distanza, dalla sua compagna, del fratello e di alcuni amici che si occuperanno della parte informatica, del montaggio delle riprese e… degli sponsor. Perché il viaggio di Gaetano ha un duplice scopo: sensibi-
lizzare sul tema “cancro e ambiente” e raccogliere fondi da destinare ad una raccolta fondi per la solidarietà e la ricerca (la raccolta fondi è coordinata dall’associazione “Il sorriso di Beatrice”). Dall’8 settembre fino al 6 ottobre egli percorrerà quindi l’Italia lungo la costa con la sua bicicletta, per dire forte e chiaro che il movimento fa bene alla salute e aiuta a prevenire molte malattie, in primo luogo i tumori, quei tumori che Parise si trova a dover affrontare quotidianamente a causa della sua professione. Tanto che ha deciso di fare qualcosa di più per combatterli. Il ricavato dell’impresa, proveniente da numerosi sponsor ma anche da chiunque abbia voglia di finanziare il progetto, andrà infatti ad un progetto di ricerca sul cancro della mammella (e su un sottotipo particolare di questi tumori, quelli ad alta aggressività) sviluppato dall’Università di Verona in collaborazione con l’ospedale “Mater
Salutis” di Legnago. Il progetto, dal nome complicato (“Studio genomico dei carcinomi della mammella ad alta aggressività biologica”), è coordinato dalla dott.ssa Erminia Manfrin affiancata dal dott. Andrea Remo ed ha ottenuto il patrocinio del programma di promozione dell’attività motoria del Veneto (di cui è capofila l’ULSS 20), degli Amici della Bicicletta di Verona, della Federazione Italiana Amici della Bicicletta e dell’ULSS 21. Ulteriori informazioni e una cronaca puntuale del viaggio sono disponibili sul sito web http://www. dueruotelungolecoste.it/, dove si possono trovare anche numerosi consigli pratici sulla prevenzione dei tumori. Susanna Morgante SerVizio proMozione SalUte DipartiMento Di preVenzione UlSS 20 settembre, ottobre 2013 ¤ 41
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Sport, il primo alleato per vivere in modo sano Oltre a un effetto preventivo di mantenimento, l’esercizio fisico è un attivatore mentale sfruttato anche per migliorare il rendimento cognitivo
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ono trascorsi millenni dalla celebre frase del poeta romano Giovenale “Mens Sana in Corpore Sano” ed ormai è risaputo che lo sport, l’attività fisica e in generale uno stile di vita atti-
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vo contribuiscono a sviluppare e mantenere una mente sana e funzionante. Ricerche scientifiche condotte negli ultimi vent’ anni hanno peraltro confermato ciò che non rimane più solo una teoria o un detto popolare, dimostrando che le persone che praticano attività motoria regolarmente possiedono delle funzioni cognitive migliori rispetto a coloro che rimangono sedentari. Tali benefici dell’esercizio sul funzionamento cognitivo sono evidenti in qualsiasi fascia d’età: dall’età scolare, dove bambini che svolgono attività fisica ottengono migliori risultati accademici fino, e soprattutto, nell’età adulta avanzata, quando le persone che nella vita hanno mantenuto uno stile di vita attivo e hanno un livello elevato del cosiddetto ‘Fitness Aerobico’ subiranno meno l’inevitabile declino delle funzioni cognitive che accompagna l’invecchiamento. In un interessante studio di qualche anno fa per esempio, un gruppo di ricercatori dell’ Università dell’Illinois guidati dal prof. Colcombe (2003) ha dimostrato che adulti e anziani (di età compresa tra i 55-80 anni) che praticavano attività aerobiche per almeno 6 mesi (quali camminare, jogging e nuoto) traevano dei benefici cognitivi che non erano invece evidenti nei loro coetanei sedentari e in coloro che praticavano attività non aerobiche (es.
stretching). Tale mantenimento neuronale è legato ad alcune specifiche funzioni chiamate esecutive, che includono tra le altre anche la memoria a breve termine (es. ricordarsi per qualche secondo un numero di telefono appena udito). Questo studio ha quindi dimostrato che i benefici dell’ attività motoria sulla mente, sono per cosi dire “selettivi”, ovvero sono a carico di quelle funzioni cognitive e di quelle aree cerebrali che più tenderebbero a deteriorarsi con l’avanzare dell’ età. Non stupisce quindi che oltre ad aiutarci a prevenire il declino cognitivo, la regolare pratica di attività motorie aerobiche permette inoltre di prevenire, o perlomeno di posticipare di qualche anno, l’eventuale insorgenza di malattie neuro-degenerative più invalidanti quali l’Alzheimer, morbo di Parkinson e le forme più gravi di demenza senile. Oltre ad un effetto preventivo di mantenimento, l’effetto di attivatore mentale dell’esercizio è oggi ampiamente sfruttato anche da una serie di persone, giovani e sane, che decidono semplicemente di migliorare il loro rendimento cognitivo nella
vita quotidiana. Con il termine inglese di ‘Non-Pharmalogical Neuro Enanchement’, si intende un intervento non farmacologico per migliorare la funzione mentale e la concentrazione oltre livelli ottimali di performance. Invece di utilizzare scorciatoie farmacologiche con discutibile risvolto etico (es. ansiolitici o farmaci stimolanti molto simili alle anfetamine) molte persone decidono di fare esercizio per mantenere il loro livello di stress basso, quello d’ attenzione elevato e le loro capacità cognitive e decisionali sempre efficienti (pensate alla manager che alle 6 di mattina va a correre, lo studente che nella pausa pranzo decide di nuotare, il professionista che alla fine di una dura giornata di lavoro trova il tempo per recarsi in palestra). Le ragioni fisiologiche di questo effetto dell’esercizio sulla mente sono molteplici. In breve, possiamo immaginare che un corpo in movimento comporta più sangue e quindi più ossigeno che circola, non solo nei muscoli ma anche all’interno del nostro sistema nervoso. Oltre ad una miglior settembre, ottobre 2013 ¤ 43
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forma mentalmente. Oltre ai vostri muscoli, mentre camminate o nuotate, mentre andate inVIVI biciCON o fate degli ITA’esercizi in SEREN palestra sappiate che anche il vostro cervello lavoI GIORNI PIU’ BELLI ra e si rafforza: Ricordatevelo e Muovetevi ! DELLA TUA VITA O in alternativa Muovetevi e ve lo ’Ricorderete! a
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ossigenazione, l’attività motoria comporta la produzione di una serie di fattori biologici benefici per i neuroni (chiamati Neurotrofine, scoperti da Rita Levi Montalcini più di 50 anni fa!) che in qualche modo li nutrono, mantenendoli più sani, più attivi prevenendone quindi il deterioramento. L’attività motoria non è l’ unico fattore determinante per il mantenimento di una mente sana, anche un’alimentazione equilibrata, riducendo significativamente l’apporto calorico introdotto con l’avanzare dell’età, rimanere stimolati cognitivamente e socialmente, ridurre il fumo e l’alcol e lo stare il più possibile nell’ambiente naturale contribuiscono a questo processo di “mantenimento neuronale”. In conclusione, praticare attività motoria regolarmente non aiuta solo a mantenersi in forma fisicamente ma contribuisce anche a mantenersi in
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Come sconfiggere gli “invisibili” ROS Si tratta molecole instabili di ossigeno più comunemente dette radicali liberi che aggrediscono le cellule del corpo umano affrettandone l’invecchiamento
N
on possiamo vederli né sentirli, sono subdoli e silenziosi, eppure i radicali liberi dell’ossigeno (ROS: molecole instabili di ossigeno) rappresentano una costante minaccia per il nostro organismo, perché ne minano l’integrità esercitando una vera e propria aggressione cellulare. I radicali liberi sono molecole altamente reattive che si producono nel nostro organismo a seguito delle numerose reazioni metaboliche che in esso si verificano. Sono specie molto instabili e con emivita breve,
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che cercano di neutralizzare la loro carica elettrica rubando un elettrone dalle molecole vicine. Queste a loro volta diventano elettronicamente instabili dando origine ad una serie di reazioni chimiche che amplificano il fenomeno e aumentano esponenzialmente la quantità di radicali liberi presenti. Gran parte dei processi biologici generano normalmente queste molecole e l’organismo di una persona sana è attrezzato per fare fronte alla presenza di radicali liberi difendendosi con un proprio sistema anti-radicali, detto sistema antiossidante. Questo sistema antiossidante comprende meccanismi enzimatici e meccanismi non-enzimatici. Tra i primi vi è la superossido-dismutasi, la catalasi e il glutatione ridotto. Tra le sostanze non enzimatiche ricordiamo la Vitamina E, la Vitamina C, i carotenoidi, i polifenoli, le antocianine, e altri ancora. Pertanto, alla formazione di radicali liberi il nostro organismo risponde mediante il suo sistema antiossidante. Se però il quantitativo di radicali liberi prodotto è superiore a quello fisiologico, il nostro sistema antiossidante non è più in grado
- esposizione a radiazioni ionizzanti - eccessiva attività fisica, soprattutto se non associata ad allenamento opportuno - dieta povera di frutta e verdura - regime alimentare sbilanciato - abuso di alcool - fattori genetici endogeni.
di neutralizzare questo eccesso, per cui i ROS aggrediscono le cellule, attaccando componenti fondamentali come lipidi, proteine e DNA. Si instaura uno stato di stress ossidativo cioè di sbilanciamento fra sostanze ossidanti e antiossidanti. In pratica, un organismo “stressato” è così intossicato da queste sostanze da subire un danno enorme in diversi settori. Condizioni che provocano lo stress ossidativo Numerose evidenze scientifiche dimostrano una aumentata formazione di ROS e una riduzione delle difese antiossidanti in svariate condizioni patologiche: malattie cardiovascolari, neurologiche, stati tumorali, infiammazioni, diabete, retinopatie, infezioni, malattie respiratorie. In queste patologie, la terapia adeguata alla specifica patologia non riporta alla norma il valore dei radicali liberi. I radicali liberi sono quindi un fattore di rischio indipendente ed è necessario un trattamento specifico con sostanze anti-radicali liberi, vale a dire con antiossidanti. Oltre l’ambito fisio-patologico, esistono molti fattori ambientali ed alcuni stili di vita in cui si riscontrano elevati indici di stress ossidativo. Tra i comportamenti che possono favorire tali aumenti, si possono ricordare: - stress psico-fisico costante ed intenso - inquinamento ambientale - fumo - sovrappeso - frequente esposizione senza adeguata protezione ai raggi ultravioletti
Stress ossidativo e sport Un esercizio fisico particolarmente intenso comporta, inevitabilmente, una più intensa attività metabolica e con essa un aumento, conseguente, di scorie prodotte dall’organismo. In pratica, durante l’attività fisica l’aumentato fabbisogno di ossigeno, dettato dalle aumentate richieste metaboliche dell’organismo, porta a una sovrapproduzione di radicali liberi e ad un parallelo calo di sostanze indispensabili al buon funzionamento dei processi enzimatici. Il quadro che si delinea è pertanto riconducibile a una situazione di stress ossidativo. Gli effetti dello stress ossidativo Un’accelerazione del fisiologico processo di invecchiamento e una lista di almeno 50 malattie, che si allunga di giorno in giorno. In Italia l’aspettativa di vita è di circa 75 anni. Se una persona mantenesse sempre a livelli normali il valore dei radicali liberi, allora l’aspettativa di vita potrebbe arrivare a 120 anni. Da questo si può capire quanto sia importante misurare e combattere i radicali liberi. I danni provocati dai radicali liberi Sono danni a livello cellulare e che quindi non si vedono immediatamente, ma si manifesteranno nel tempo. Lo stress ossidativo comporta un invecchiamento della cellula e quindi dei tessuti con tutto quello che ne consegue in termini di efficienza. L’invecchiamento precoce della pelle è uno dei segnali più conosciuti. Il danno cellulare inizia a livello della membrana con l’alterazione degli scambi tra interno ed esterno della cellula; all’interno viene alterata la formazione di ATP che è la batteria, la fonte di energia della cellula, e si può arrivare settembre, ottobre 2013 ¤ 47
fino all’alterazione del DNA con effetti mutageni e quindi tumore. Un eccesso di radicali liberi è quindi sempre dannoso e deve essere combattuto. Come difendersi dai ROS La diminuzione dello stress ossidativo può passare attraverso due tipi di strategie: cercare di ridurre la produzione di radicali liberi oppure aumentare le difese antiossidanti. Dal momento però che non sempre è possibile modificare lo stile di vita, l’assunzione di sostanze antiossidanti può essere un utile aiuto nella prevenzione dell’invecchiamento e nel mantenimento del benessere e della salute. Tra gli antiossidanti che possono essere utilizzati come integratori della dieta ricordiamo: - pigmenti vegetali: polifenoli, bioflavonoidi - vitamine: C, E, betacaroteni - micronutrienti ed enzimi: selenio, rame, zinco, glutatione, coenzima Q10, melatonina, acido lipoico. L’importanza dell’alimentazione Da tutto quanto esposto è evidente l’infinita rilevanza dei radicali liberi e l’importanza di una dieta antiossidante, ricca di frutta e verdura cruda e fresca, povera di grassi saturi e di grassi idrogenati, fonti molto ricche di radicali liberi. È essenziale mangiare il più possibile crudo, la 48 ¤ settembre, ottobre 2013
cottura riduce o distrugge il potere antiossidante. Al primo posto c’è la frutta nera tipo uva nera e prugne nere, mirtilli, more, fragole. È stata stabilita una misura del potere antiossidante dei vegetali, ed è stata definita un’unità di misura, cui è stato dato il nome di ORAC (oxigen radical absorbance capacity). Per mantenersi in forma, ogni persona dovrebbe introdurre una quantità di antiossidanti pari a 5.000 unità al giorno. Come intervenire È quindi ormai accertato che i radicali liberi costituiscono un importante fattore di rischio e che è indispensabile mantenere il loro livello su valori normali, pena l’insorgere di danni cellulari. Per poter fare questo è indispensabile conoscere il valore dei radicali liberi presenti nel nostro organismo. E questo fino ad ora è stato il limite negativo, vale a dire la difficoltà di misurare lo stress ossidativo. La valutazione dello stress ossidativo Ora è a disposizione un sistema denominato FORMPlus in grado di valutare l’indice globale di stress ossidativo in pochi minuti. Il sistema FORMPlus è di uso molto semplice e può essere effettuato da qualunque persona come auto-test, utilizzando una goccia di sangue capillare. Questo servizio è offerto in alcune farmacie.
tRe GRuppI
Gli alimenti antiossidanti I cibi sono stati suddivisi in tre gruppi, secondo il potere antiossidante:
Con il sistema FORMPlus è ora possibile: - individuare con precisione chi si trova in uno stato di evidente stress ossidativo - sapere chi ha bisogno di antiossidanti - modulare il dosaggio degli antiossidanti - decidere la durata del trattamento - verificare l’efficacia degli antiossidanti e di concomitanti trattamenti di altro genere - intervenire precocemente sui primi cenni di invecchiamento generale e della pelle. L’esame, detto FORT test fornisce dei valori di assorbanza misurati in unità convenzionali chiamate unità FORT. L’intervallo di normalità del FORT deriva da anni di raccolta diretta dei dati, oltre ad essere stato confermato da uno studio di popolazione. UNITA’ FORT mmol/l H2O2 eq. - Valori Normali: <300-310 <2,28-2,35 - Border line: 300-330 2,28-2,50 - Stress Ossidativo: >330 >2,50 Diverse condizioni fisiologiche e/o para-fisiologiche, oltre a quelle patologiche, sono associate ad anomali valori di FORT: - gravidanza - assunzione estro-progestinici - terapie ormonali sostitutive - dialisi - farmacoterapie (es., antitumorali, antibiotici, analgesici, immunosoppressivi) - attività fisica eccessiva in soggetti non allenati - processi infiammatori.
1° Gruppo - Alimenti che apportano 200 unità ORAC/porzione: * Albicocche 3 = 172 unità * Melone tre fette = 197 unità * Cavolfiore cotto una tazza = 400 unità * Pera 1 = 222 unità * Pesca 1 = 248 unità * Banana 1 = 223 unità * Mela 1 = 301 unità * Melanzana 1 = 326 unità * Cetrioli 1 = 36 unità * Pomodori 1 = 116unità * Spinaci crudi 1 piatto = 182 unità * Fagiolini cotti una tazza = 404 unità. 2° Gruppo - Alimenti che apportano 500 unità ORAC/porzione: * Pompelmo rosa 1 = 1188 unità * Avocado 1 = 571 unità * Kiwi 1 = 458 unità * Uvetta nera 1 cucchiaio = 396 unità * Cavoli di Bruxelles cotti 1 tazza = 1384 unità * Peperone 1 = 529 unità * Succo di arancia 1 bicchiere = 1142 unità * Patata arrosto 1 = 575 unità * Succo di pompelmo 1 bicchiere = 1274 unità * Uva nera un grappolino = 569 unità * Uva bianca 1 grappolo = 357 unità 3° Gruppo - Alimenti più ricchi di antiossidanti che apportano 1.200 unità ORAC/porzione: * Fragole una tazza = 1170 unità * Prugne nere 3 = 1454 unità * Arancia 1 = 983 unità * Mirtilli 1 tazza = 3480 unità * Spinaci cotti 1 tazza = 2042 unità * Succo di uva nera 1 bicchiere = 5216 unità * More 1 tazza = 1466 unità * Barbabietola cotta 1 tazza = 1782 unità * Cavolo verde cotto 1 tazza = 2048 unità
Dott.ssa Federica Oreglia settembre, ottobre 2013 ¤ 49
RICeRCA
La nutrizione in chirurgia Dopo un intervento chirurgico è di fondamentale importanza la nutrizione
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egli ultimi anni si è imposta una diffusa sensibilità verso i problemi nutrizionali anche in ambito ospedaliero e soprattutto chirurgico. Oggi la nutrizione in medicina si divide in nutrizione artificiale (NA), parenterale (PN) ed enterale (NE). Per PN si deve considerare una esclusiva e completa nutrizione per vena, che comprenda tutti i macro elementi e i micro, per enterale ( NE ) una nutrizione che venga portata direttamente al tratto gastroenterico. Entrambe necessitano di strumenti particolari, cateteri venosi e sondini naso-enterici, gravati a loro volta da possibili complicanze meccaniche e settiche. In reparto di Rianimazione e nell’immediato postoperatorio si deve annoverare anche la forma mista (NM), che assomma alla NE la NP, prima che la NE diventi preponderante ed esclusiva. È la forma più diffusa di nutrizione del chirurgico nell’immediato postoperatorio. Nutrire in chirurgia significa nutrire soprattutto l’in-
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testino del paziente, per ridurre se non evitare l’insorgere dell’infezione che oggi - come nell’Ottocento - è la fonte maggiore di mortalità del paziente chirurgico. Tutto per prevenire quel fenomeno descritto soprattutto in chirurgia sperimentale, che va sotto ilo nome suggestivo di traslocazione batterica e che spiegherebbe l’alta percentuale di infezioni nei reparti chirurgici, ancora oggi. L’importanza della nutrizione dopo un qualsiasi intervento chirurgico era già conosciuta nel 1800, Lister il padre della chirurgia Inglese sosteneva che “a light meal is mandatory to surgical patient just before surgery !” (tr. un pasto leggero è obbligatorio per un paziente chirurgico poco prima di un intervento chirurgico!). Come nel 1918 Andresen, chirurgo Americano di origine Danese, consigliava di alimentare il paziente chirurgico direttamente sul tavolo operatorio con una sonda posizionate in stomaco, e si spingeva a confezionare miscele enterali “home-made” che dal punto di vista nutrizionale non avevano nulla da invidiare a quelle moderne e industriali. La sua formula era composta da soya, formaggio in fiocchi, caffè, e curiosamente whiskey, scritto proprio alla Irlandese. Mulholland fu tra i primi negli Anni 40 a prediligere una nutrizione enterale per il chirurgico e impiegava una propria ricetta che lo circonda di un’aura di stregoneria, ma sarà solo dopo la metà degli anni ‘80 che molti Autori sottolinearono l’importanza di una alimentazione enterale diretta del tratto digerente per ridurre l’insorgenza di complicanze settiche. In questo senso si muovono tutte le esperienze dei fratelli Moore e di Kudsk, autori statunitensi. Il timing di inizio è andato sempre riducendosi fino all’estremo propagandato dalla Jenkins, chirurga pediatra Statunitense, che non sospendeva mai la NE in
bambini ustionati, se doveva riportarli in sala operatoria per necrosectomie. Bengmark ha più volte stigmatizzato l’importanza di una NE estesa a tutto il periodo perioperatorio, per prevenire la traslocazione batterica e la risposta citochinica, accentuata dall’ipotensione operatoria, che danneggia soprattutto i villi intestinali. Il periodo di digiuno preoperatorio può essere giustificato dal rischio di insorgenza della sindrome di Mendelsson con aspirazione del contenuto acido gastrico nell’albero respiratorio con conseguente sviluppo di polmonite. Evento in realtà raro secondo statistiche ampie e controllate: su 500.000 anestesie eseguite nel 1985 era di 1,7 ogni 10.000. Anamnesticamente sintomi di reflusso nel paziente sono indicativi di un rischio aumentato, mentre aumento della pressione endoaddominale come si sviluppa nei pazienti cirrotici, in gravidanza e negli obesi espongono maggiormente a questo pericolo. La somministrazione di liquidi ”trasparenti”( il clear fluid degli Anglosassoni, non sono ovviamente liquidi chiari, ma bensì trasparenti come il loro caffè è sembra sicura se avviene ad almeno 2 ore dall’intervento. La metodica si basa sulla somministrazione di una miscela di maltodestrine in quantità di 400 ml 2 ore prima dell’induzione dell’anestesia. E’ dimostrato come l’outcome del paziente migliori significativamente, senza presentare complicanze legate all’aspirazione, anzi le 2 ore sembrano anche troppo lunghe, lo svuotamento gastrico avviene prima secondo l’ esperienze di Nygren. Il pH gastrico è di 2,5 e 150 ml di acqua, caffè, the, e succo di frutta senza residui (mela va benissimo), non alterano ph e volume della secrezione gastrica, anzi a volte la riducono. E’ dimostrato che nei bambini c’è un maggior residuo di secrezione acida dopo una notte di digiuno, che dopo un breakfast assunto due ore prima dell’anestesia. Ed il bambino appare molto più calmo e rilassato dopo aver mangiato e bevuto. Se per i liquidi non ci sono problemi, i cibi solidi lasciano lo stomaco più lentamente, i grassi forse per meccanismo vago-vagale vengono dismessi lentamente dalla peristalsi gastrica, e se rigurgitati possono bloccare le vie aeree determinando la morte per soffocamento, cioeè quella che è nota come sindrome di Mendelsson fin dal 1946. L’autore l’aveva descritta in alcune puerpere che erano morte per soffocamento da bocconi bloccati nella trachea. Diversa quindi dalla re-
azione da aspirazione di materiale gastrico che provoca sulla mucosa bronchiale un’intensa infiammazione, tale da esitare poi in una polmonite diffusa e spesso mortale. Ma un periodo di 6 ore garantisce lo svuotamento gastrico, e fin dal 1999 anche l’ ASA ( American Society of Anesthtists ), estremamente prudente si è allineata su questi termini. Secondo alcuni lavori un pasto leggero (light meal) assunto 3 ore prima dell’ anestesia non differisce in termini di impegno gastrico dal digiuno dalla mezzanotte. Queste sono tutte casistiche Scandinave, cioè di Paesi dove notoriamente si ha un’estrema attenzione per il paziente e per la sua sicurezza. Ma questo non è nutrizione, solo preparazione all’intervento. E deve essere limitato al periodo strettamente perioperatorio. Diversa è la questione quando si argomenta di malnutrizione, che è un fenomeno frequente in ambito clinico, troppo spesso dimenticato, forse non riconosciuto, talvolta addirittura negato.Si tratta di un problema estremamente vasto con enormi implicazioni socio-sanitarie, che si attesta su valori inaccettabili nella popolazione anziana, sia per motivi economici, sia per motivi patologici. Tra il 20 ed il 50 % dei pazienti della popolazione ospedaliera presenta problemi di malnutrizione, dato che sale fino al 43 % dei pazienti anziani ricoverati. Oggi il paziente anziano, o meglio il vecchio è sempre più comune nei reparti chirurgici, età considerate non passibili di chirurgia ieri, sono divenute abituali candidate ad interventi demolitivi oggi, visti anche i progressi della chemioterapia, che consente sopravvivenze eccezionali in passato. Dott. Gerardo Mangiante riCerCatore UniVerSità Di Verona settembre, ottobre 2013 ¤ 51
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Gli integratori di natura proteica Il ricorso all’integrazione della dieta con proteine non può prescindere dal calcolo del fabbisogno proteico giornaliero
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el precedente numero di Verona InForma (n° 7 di luglio-agosto) è stata discussa l’utilità degli integratori finalizzati ad una integrazione energetica (carboidrati) e al reintegro delle perdite idrosaline causate dalla sudorazione che si accompagna all’attività fisica. Le indicazioni all’utilizzo degli integratori di natura proteica (proteine, aminoacidi e derivati; circolare n° 3 del 30/11/2005, Gazzetta Ufficiale Italiana n° 287 del 10/12/2005, punti c, d, e, f)
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sono profondamente differenti. Va ricordato che questo gruppo di integratori presentano specifiche controindicazioni (minori di 14 anni, gravidanza e soggetti con patologia renale e/o epatica) e limitazioni d’utilizzo (in caso di utilizzo prolungato – oltre 6-8 settimane – è necessario il parere medico). In un soggetto del peso di 70kg, la massa muscolare corrisponde al 40-45% della massa totale ed è rappresentata da circa 7kg di proteine Esiste un
continuo scambio di aminoacidi tra le proteine muscolari e pool di aminoacidi liberi dal momento che le proteine vengono costantemente degradate e resintetizzate (turnover proteico). Il razionale per il l’utilizzo di integratori di natura proteica è subordinato in primo luogo alla reale necessità. Il fabbisogno di proteine in un soggetto adulto sedentario è di 0,8-1,0 gr per kg di peso corporeo. Nello sportivo il fabbisogno proteico varia in rapporto al tipo di attività sportiva e al livello (amatoriale, agonistico, professionistico) al quale viene svolta. Dividendo grossolanamente le attività sportive in due grandi categorie, quelle a preponderante impegno aerobico o di resistenza e quelle di potenza, il fabbisogno può variare da 1,0-1,4 gr di proteine per kg di peso corporeo al giorno per le discipline sportive di resistenza a 1,5-2,0 gr per kg di peso corporeo per le discipline di potenza. In ogni caso, il ricorso all’integrazione della dieta con proteine non può prescindere dal calcolo del fabbisogno proteico giornaliero (tipo di attività sportiva praticata e livello al quale viene praticata) e dalla stima di quante se ne assumono con gli alimenti. Se la dieta, sebbene corretta ed adeguata, non è sufficiente, è ragionevole prendere in considerazione l’utilizzo di un integratore a base di proteine. L’attività sportiva svolta a livello “amatoriale” non rende necessaria l’integrazione della dieta con proteine. L’esigenza può porsi per le attività sportive di potenza, soprattutto se praticate a livello professionistico. Le proteine sono costituite dalla differente combinazione di aminoacidi. Esistono 20 aminoacidi e il nostro organismo è capace di sintetizzarne alcuni; gli altri devono essere introdotti con gli alimenti e vengono definiti “essenziali”. Tre aminoacidi essenziali (leucina, isoleucina e valina) sono detti “ramificati” a causa della loro struttura chimica. L’utilizzo di integratori a base di aminoacidi (essenziali e/o ramificati) ha, quantomeno in teoria, un razionale scientifico. Gli aminoacidi essenziali ramificati sono abbondantemente rappresentati nelle proteine musco-
lari e vengono metabolizzati elettivamente nel muscolo scheletrico bypassando il metabolismo epatico. Il muscolo scheletrico può utilizzarli a fini plastici (per “costruire proteine” o “inibirne il catabolismo”) o energetici (per “produrre energia”). Si pensa inoltre che gli aminoacidi ramificati possano svolgere un ruolo nella percezione della fatica fisica, attenuandola. La letteratura scientifica fornisce risultati spesso contrastanti circa la reale utilità degli aminoacidi ramificati nello sport. In ogni caso i dosaggi utilizzati negli studi scientifici sono di gran lunga superiori (da 2 a 5 volte) a quanto indicato dal Ministero della Salute Italiano che consiglia di non assumere più di 5gr al giorno di aminoacidi ramificati. Gli aminoacidi essenziali possono essere utili quando assunti nell’ora immediatamente successiva al termine di allenamenti particolarmente intensi o prolungati. L’obiettivo è quello di accelerare/ favorire quanto più possibile i processi anabolici settembre, ottobre 2013 ¤ 53
durante la fase di “recupero” post-allenamento e ha un senso nel caso in cui siano programmate sedute di allenamento ravvicinate (es: due sedute di allenamento al giorno). Tanto per gli aminoacidi essenziali quanto per gli aminoacidi essenziali ramificati, la possibile utilità del loro utilizzo, è sostanzialmente confinata alla popolazione sportiva di livello professionistico o comunque a chi pratica un’attività sportiva, di resistenza o potenza che sia, che prevede sedute di allenamento di elevata intensità/durata e ravvicinate nel tempo. I prodotti contenenti derivati di aminoacidi contemplati nella circolare Ministeriale sono rappresentati dalla creatina e dalla carnitina. La creatina è un composto aminoacidico prodotto dal nostro organismo a livello epatico ed in larga misura (95% della creatina totale del nostro organismo) accumulato a livello del muscolo scheletrico. Il fabbisogno quotidiano è di circa 2gr ed è soddisfatto dalla produzione epatica e dall’assunzione di creatina con gli alimenti. Il 60% circa della creatina muscolare è presente sottoforma di fosfocreatina, un composto ad elevato contenuto energetico. La disponibilità a livello del muscolo scheletrico di fosfocreatina è considerata uno dei principali fattori limitanti la performance muscolare durante sforzi fisici brevi, intensi e ripetuti. L’obiettivo dell’assunzione di integratori alimentari a base di creatina è quello di incrementare la quantità di fosfocreatina a livello del muscolo scheletri-
co e quindi ottimizzare la resintesi/disponibilità di adenosintrifosfato (ATP) durante lo sforzo fisico. Anche in questo caso, gli studi scientifici che hanno cercato di dimostrare un reale effetto ergogenico derivante dalla supplementazione con creatina hanno condotto a risultati non univoci. Vanno considerato inoltre due aspetti: il primo è l’esistenza di una buona fetta di popolazione (2030%) “non responder” nei quali la supplementazione con creatina non porta ad alcun aumento della concentrazione di creatina (e fosfocreatina) a livello muscolare; il secondo è rappresentato dalle quantità di creatina giornaliera utilizzata nei protocolli scientifici che risulta largamente superiore (fino a 4-8 volte) a quanto raccomandato dal Ministero della salute Italiano (3 gr/die; apporti giornalieri pari a 4-6 gr/die sono ammessi solo in rapporto ad un più elevato peso corporeo elevato, per un massimo d 30 giorni e sotto controllo medico). La carnitina è un acido carbossilico non essenziale sintetizzato a livello epatico e renale e presente in molti alimenti d’origine animale. La funzione principale della carnitina è quella di facilitare il trasporto di acidi grassi all’interno dei mitocondri e favorirne l’ossidazione. La supplementazione con carnitina potrebbe teoricamente aumentare l’ossidazione dei grassi (acidi grassi), favorendo il risparmio di glicogeno muscolare ed, in ultima analisi, migliorando la capacità aerobica di lunga durata. In secondo luogo, la carnitina potrebbe, sia pur indirettamente, ridurre l’accumulo di acido lattico a livello muscolare migliorando la capacità di performance di endurance anaerobica. In realtà è stato dimostrato che la supplementazione con carnitina porta ad un aumento della carnitina plasmatica ma non ad un significativo incremento della sua concentrazione a livello del muscolo scheletrico. Anche in questo caso sono necessari ulteriori studi per dimostrare in modo inequivocabile che la supplementazione con carnitina ha un reale effetto ergogenico. Dott. Filippo Balestreri MeDiCina Dello Sport oSpeDale SaCro CUore Don CalaBria - Verona
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Alla scoperta delle virtù del riso Fra le positive caratteristiche che il riso ha ricordiamo anzitutto la sua elevata digeribilità, superiore a qualsiasi altro farinaceo, pasta compresa
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on è solo l’alimento più utilizzato al mondo, ma anche il più antico: discende da una prima specie, l’Oryza sativa e sembra che alcune piante siano spuntate sulle pendici dell’Himalaya oltre 12000 anni fa. Da quel primo riso asiatico sono derivate le molte varieta’ che oggi coltiviamo: il riso japonica, adatto alle zone temperate come la nostra e caratterizzato da un chicco tozzo, e il riso indica, caratterizzato da un chicco sottile e cristallino diffuso nel sud est asiatico. Si produce in 113 paesi e per oltre la metà della popolazione mondiale è la base dell’alimentazione quotidiana. Risulta, quindi, importante porre l’attenzione sulla particolare composizione nutrizionale del riso, sottolineando le qualità dietetiche che questo alimento ha dimostrato di possedere. Fra le positive caratteristiche che il riso ha, ricordiamo anzitutto la sua elevata digeribilità, superiore a qualsiasi altro farinaceo, pasta compresa: la frazione glucidica del riso costituita dall’amido si presenta, infatti, sotto forma di granuli con dimensioni molto piccole (2-10 micron), ed inoltre il rapporto fra la le due componenti dell’amido (la lineare -l’amilosioe la ramificata -l’amilopectina-, che ne condizionano la digeribilità e l’assorbimento), è a favore dell’amilopectina, che risulta essere più facilmente aggredibile dagli enzimi amilolitici e, quindi, più facilmente digeribile, il riso è quindi assimilato in 56¤ settembre, ottobre 2013
60 \100 minuti. A tale digeribilità, si associa l’elevato assorbimento a livello intestinale dei nutrienti contenuti nel riso; infatti, gli enzimi salivari sono in grado di scomporre l’amido nelle sue componenti (amilosio ed amilo-pe e, rispettivamente, maltosio e alfadestrine), nutrienti totalmente assorbibili a livello dell’intestino tenue. Alla componente glucidica del riso, si deve anche un effetto regolatore sulla flora intestinale, in quanto una dieta prevalentemente a base di riso seleziona batteri di tipo fermentativo, i quali conferiscono una resistenza alla colonizzazione
intestinale da parte di patogeni; questa peculiare caratteristica ha portato i medici, tra Ottocento e Novecento, ad attribuire al riso una caratteristica dietoterapia, importante per la cura delle affezioni flogistiche intestinali, tanto che ancora oggi molti ricordano il “riso in bianco” prescritto dal medico come terapia in caso di patologie a carico dell’apparato gastroenterico. Per quanto riguarda la frazione proteica contenuta nel riso, è importante sottolineare come le proteine del riso posseggano una migliore composizione aminoacidica rispetto agli altri cereali, grazie alla presenza dell’aminoacido lisina, definito essenziale in quanto l’organismo umano non è in grado di sintetizzarlo autonomamente, che deve necessariamente essere introdotto mediante l’alimentazione, e questo assegna alle proteine del riso il valore biologico più alto tra i vari cereali; inoltre, un altro aspetto da ricordare è che le proteine del riso non contengono quelle frazioni gliadiniche e gluteniniche, tipiche dei frumenti duri e teneri, che consentono la formazione del glutine, ma che in molti casi provocano gravi intolleranze alimentari (ad esempio il morbo celiaco). Il riso integrale e il riso brillato hanno differenze nutrizionali: nell’integrale vi è una significativa presenza di vitamine, fibre, minerali, acidi grassi essenziali (presenti soprattutto nel germe), ed enzimi; mentre nel caso di riso brillato (lavorato) questi elementi sono poco significativi perché eliminati durante il processo di raffinazione.
Il riso nero (o venere) è una varietà di riso integrale grazie ai pigmenti naturali contenuti nel pericarpo, e possiede proprietà antiossidanti. Mentre il riso rosso si ottiene dalla fermentazione del lievito Monascus purpureus e grazie all’azione delle monacoline, prodotte dalla fermentazione, è in grado di inibire la produzione di colesterolo. L’indice glicemico del riso dipende dal suo contenuto di amilosio che muta a seconda della varietà del riso, dalla temperatura di gelatinizzazione e dal tempo di cottura. I risi che presentano un elevato contenuto di amilosio presentano una percentuale di digestione e di assorbimento rallentata, e quindi una minor risposta glicemica ed insulinica. Un’altra caratteristica peculiare che distingue il riso dagli altri alimenti è il fatto che il passaggio dal campo alla tavola è lineare e veloce: infatti, il procedimento tecnologico che precede il consumo è estremamente semplice: dopo sbramatura e raffinazione, viene generalmente servito tal quale dopo la sola bollitura e quindi la semplice filiera produttiva che porta il riso sulle nostre tavole non permette che possano avvenire sofisticazioni di tale alimento. Il fatto poi che il riso per alimentazione umana debba essere consumato esclusivamente cotto lo rende un alimento igienicamente sicuro. Dott.ssa Roberta Martin settembre, ottobre 2013 ¤ 57
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Influenza aviaria nessun rischio a Verona e nel Veneto
Un’ estate a dir poco tormentata quella a cui hanno dovuto far fronte gli allevatori della provincia di Verona a causa del temuto, ma fortunatamente scongiurato, contagio con il virus H7N7 meglio conosciuto come influenza aviaria. L’ottima azione preventiva ha fatto in modo che la tanto temuta epidemia non trovasse sbocco sul territorio veronese. Per far luce e chiarire sulla situazione generale del Veneto si è tenuta a fine agosto una conferenza stampa presso la sede dell’ULSS 20 di Verona alla quale hanno presenziato il direttore generale Giuseppina Bonavina, l’Assessore Regionale alla sanità Luca Coletto, il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie Igino Andrighetto e il direttore sanitario dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie e membro dell’Unità di crisi del Ministero della Salute Stefano Marangon. “Non c’è alcuna presenza di virus - ha esordito Coletto - in Veneto e quindi nessun allarme. L’influenza aviaria del tipo H7N7 è stata riscontrata e isolata solamente in Emilia Romagna grazie a monitoraggi giornalieri sia nelle zone infette che in aree limitrofe. I consumatori e i cittadini in generale possono quindi stare tranquilli e consumare serenamente le carni che trovano nelle macellerie. In merito all’unico caso di abbattimento di capi in Veneto (a Occhiobello) c’è da chiarire che si é intervenuti esclusivamente a scopo preventivo e quindi non sono stati assolutamente riscontrati ceppi virulenti”. “L’allarmismo che in alcuni casi é stato fatto - evidenzia Andrighetto - é ingiustificato e ha rischiato di influire negativamente su un comparto, quello veneto, che garantisce un fatturato di 2 miliardi di euro e impiego a oltre 30000 persone (30% della produzione nazionale). La prevenzione in questi casi é fondamentale. Ad Occhiobello si é intervenuti ancor prima che ci fosse il contagio
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e questo ha permesso di bloccare, ancor prima che si sviluppassero, situazioni di grande rischio.
L’allevatore che ha patito questa perdita (240000 galline per un valore di 2 milioni di euro) verrà prontamente indennizzato grazie a fondi nazionali e europei”. “I quattro allevamenti infetti - ha concluso Marangon - sono situati due a Ostellato e Portomaggiore (FE) e due a Mordano (BO). Qui il virus si é modificato e diffuso velocemente. In queste zone é stata bloccata la movimentazione e c’è stato l’abbattimento dei capi. L’epidemia si é diffusa dall’allenamento di Ostellato che ha avuto contatti (trasporto materiale e imballaggi) con Mordano e Occhiobello. La prevenzione è prettamente legata alla salvaguardia degli animali e degli allevamenti. Infatti non ci sono rischi per l’uomo sia dal consumo di carne che di uova cotte. La situazione è assolutamente sotto controllo grazie al sistema di mappatura di tutti gli allevamenti dei quali sono conosciuti tutti i movimenti degli animali e dove avvengono approfonditi e continui controlli”.
a.c.
San Giovanni Lupatoto (Vr)
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Le eccellenze della tradizione veneta
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Chirurgia Laser della cataratta: ancora un’ innovazione al centro CEMS di Verona Nuova tecnica grazie alla quale si possono eseguire manovre chirurgiche all’interno dell’occhio a occhio ancora chiuso, passando attraverso la parete senza danneggiarla
L’
ultima evoluzione della chirurgia della cataratta è il Laser a Femtosecondi. Si tratta di un laser che emette impulsi a bassa energia, in grado di attraversare i tessuti trasparenti e di esercitare una azione di taglio all’interno dell’occhio ancora chiuso. Questo laser viene impiegato
Fig. 1 - Anatomia dell’occhio umano
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in oculistica da circa 10 anni, e da 2 anni per la chirurgia della cataratta. Che cos’è la cataratta? All’interno dell’occhio umano esiste una piccola lente, detta anche cristallino, che serve a foca-
Fig. 2 - Cataratta (Wikipedia)
lizzare le immagini sulla retina. Ha uno spessore di circa 4 mm e un diametro di circa 9 mm, ed è avvolta da una capsula trasparente dello spessore di pochi millesimi di millimetro. Quando diventa opaca prende il nome di cataratta, ed annebbia o impedisce la visione. La cataratta si forma per invecchiamento, per alterazioni metaboliche, per trauma, ed alcuni tipi sono addirittura presenti alla nascita. Per ovviare alla cataratta è necessario un intervento chirurgico che rimuova il cristallino catarattoso e lo sostituisca con un cristallino artificiale trasparente ed inalterabile nel tempo. L’intervento di cataratta è oggi la chirurgia più diffusa al mondo, con circa 570.000 interventi all’anno solo in Italia. La possibilità di operare con anestesia in collirio senza iniezioni, la rapidità dell’intervento e del postoperatorio, la possibilità di ridurre o eliminare il bisogno di occhiali, la elevata percentuale di successo: sono tutte ragioni del sempre maggiore impiego della tecnica. L’intervento chirurgico, per quanto duri 15-20 minuti e talvolta meno, rimane molto sofisticato. Dapprima viene aperta la capsula del cristallino, poi la cataratta viene frantumata mediante ultrasuoni, poi si rimuove il materiale frantumato, e da ultimo si inserisce il cristallino artificiale.
la chirurgia della cataratta: l’impiego dei LASER. Esiste un laser, detto a femtosecondi, che è in grado di eseguire manovre chirurgiche all’interno dell’occhio a occhio ancora chiuso, passando attraverso la parete senza danneggiarla. Una volta connesso all’occhio, il raggio penetra nel bulbo oculare per pochi millimetri, senza mai raggiungere parti vitali dell’occhio stesso. Per il puntamento si utilizza un sistema ottico detto OCT, lo stesso già in uso da anni in oftalmologia. Realizzato il puntamento, segue la parte laser durante la quale il paziente avverte una leggera pressione sull’occhio, e può sentire un rumore di bip intermittente. Il tutto dura dai 2 ai 3 minuti, a seconda della collaborazione offerta dal paziente. Terminata l’applicazione il paziente viene spostato sul letto operatorio dove l’intervento prosegue con la rimozione del materiale frammentato e l’impianto del cristallino artificiale. Che cosa fa il laser a femtosecondi? Il laser esegue a macchina il 40% dell’intervento stesso, ma soprattutto esegue le manovre con una precisione ed accuratezza non raggiungibili da mano umana. Per primo esegue l’apertura circolare della capsula, che risulta perfettamente rotonda e perfettamente centrata rispetto alla esecuzione manuale. Questo fattore può risultare importante nel postoperatorio, perché permette una migliore e più precisa centratura del cristallino artificiale. Inoltre viene eseguita la frammentazione della cataratta, rendendo meno importante e più delicato il lavoro seguente meccanico e di ultrasuoni. Ne risulta un intervento più preciso e più delicato di quanto ottenibile con i sistemi precedenti. Da ultimo esegue le due piccole incisioni necessarie: quella di 2 mm attraverso la quale si aspira
Il laser finalmente! Dall’inizio del 2010 è iniziata una nuova era per settembre, ottobre 2013 ¤ 61
Fig. 3 - Laser a Femtosecondi
il materiale già frammentato mediante un minimo impiego di ultrasuoni, e quella di 1 mm necessaria per il controllo dei movimenti del bulbo Con il laser viene ridotta l’energia liberata all’interno dell’occhio, e l’intervento risulta più delicato e meglio sopportabile dagli occhi operati. I tempi di recupero sono più brevi. Il risultato è maggiormente prevedibile. L’occhio operato con laser presenta condizioni standard, per cui è nella situazione ideale per rice-
Fig. 4 - Cristallino artificiale multifocale
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vere cristallini artificiali ad ottica complessa quali quelli per astigmatismo, quelli per presbiopia e quelli per astigmatismo e presbiopia. Grazie a questi cristallini è possibile l’eliminazione degli occhiali sia per lontano che per vicino nel postoperatorio. Che risultati si possono ottenere rispetto al passato? Quando alla precisione del laser uniamo l’applicazione di un cristallino artificiale multifocale è possibile ottenere una visione postoperatoria senza occhiali, sia per lontano (guida, televisore) sia per vicino (lettura, computer). Ogni minore imprecisione può essere corretta sempre con laser. Sono proprio questi aspetti a rendere così popolare oggi la chirurgia della cataratta, con parecchi soggetti che chiedono l’intervento precocemente. L’uso di occhiali infatti è poco compatibile con lo stile di vita attivo e responsabile della maggior parte dei soggetti dopo i 60 anni, e anche di più giovani in molti casi. Dott. Roberto Bellucci
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Il collirio: rapido sollievo per gli occhi arrossati Il collirio è un veicolo acquoso che può contenere conservanti e farmaci che, per non danneggiare l’occhio, deve avere caratteristiche simili a quelle delle lacrime
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l collirio è un farmaco che viene usato per la cura degli occhi. È un liquido contenente varie sostanze medicamentose che si applica a gocce in sede oculare per curare le patologie dell’occhio. Il collirio può contenere eccipienti per: - regolare la tonicità. - regolare la viscosità della preparazione. - aggiustare o stabilizzare il pH. - aumentare la solubilità del principio attivo. - stabilizzare la preparazione. Queste sostanze non devono: - influire sull’azione farmacologica desiderata. - dar luogo a irritazione locale. Il collirio in pratica serve per donare sollievo agli occhi arrossati, per la cura di congiuntiviti, cataratta e glaucoma, per combattere i sintomi allergici e anche per questioni estetiche (ad esempio, rendere gli occhi più brillanti e luminosi). Esistono diversi tipi di collirio, molti di essi sono venduti senza ricetta medica e sono di facile utilizzo. Sostanzialmente, il collirio è un veicolo acquoso che può contenere conservanti e farmaci; per non danneggiare l’occhio deve però possedere caratteristiche chimiche e fisiche simili a quelle delle lacrime. I farmaci sono utilizzati per portare sulla superficie dell’occhio (cornea e congiuntiva) o al suo interno alcune sostanze medicinali, come
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ad esempio antibiotici e cortisonici, che hanno funzioni decongestionanti, disinfettanti, o contrastanti dei fenomeni allergici. Tali sostanze si depositano sulla superficie dell’occhio e in una certa percentuale passano attraverso la cornea, che è una struttura relativamente permeabile, arrivando fino alle strutture più interne. Un collirio contenente un farmaco va instillato solo su prescrizione del medico, nei modi e per la durata prescritti, tenendo presente la scadenza e il fatto che, una volta aperto, non può essere riutilizzato a distanza di tempo. I colliri contengono inoltre dei conservanti che servono a ridurre la presenza dei batteri generata dal contatto tra flacone, mani, palpebre e superficie dell’occhio, e di stabilizzare nel tempo la soluzione acqua-farmaco. A volte, però, tali conser-
vanti possono provocare allergie: sono stati quindi messi in commercio dei colliri monodose che consentono di mantenere la sterilità e di evitare l’utilizzo dei conservanti. Attenzione all’uso dei colliri per fini estetici. Spesso contengono sostanze vasocostrittrici che, se da una parte rendono gli occhi più luminosi ed eliminano i rossori, dall’altra riducono il passaggio di sangue nella superficie oculare.
Senza considerare che spesso i flaconcini di questi colliri sono tenuti in borsa per mesi, trasformandosi facilmente in portatori di batteri. E’ quindi opportuno utilizzare confezioni monodose, stando sempre attenti a non abusarne. Per dar sollievo agli occhi arrossati è meglio ricorrere alle lacrime artificiali, che sono soluzioni sterili contenenti sostanze viscose in grado di trattenere l’acqua sulla superficie dell’occhio. Le lacrime sono fondamentali per mantenere l’occhio in buona salute: la mancata o scarsa produzione di lacrime può comportare infatti gravi lesioni alla cornea. Oltre a svolgere un effetto antibatterico, lubrificano la superficie oculare e aiutano a far fuoriuscire dall’occhio eventuali corpi estranei. Le lacrime artificiali possono essere impiegate in diversi casi: ad esempio dopo la chirurgia laser per la correzione della miopia, in caso di occhio secco (per chi porta le lenti a contatto o nelle donne in menopausa) e quando la superficie dell’occhio ha riscontrato leggere abrasioni dall’ingresso di povere o sabbia o dopo una congiuntivite.
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Igiene e bellezza, un binomio imprescindibile Alcuni semplici suggerimenti per avere sempre un look alla moda e, soprattutto, hygienically correct!
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l look perfetto è un must… ma quanto siamo attenti all’igiene nei luoghi dove “ci facciamo belli”? Nell’era dell’apparire, e magari dell’apparire più perfetti possibile, ognuno di noi, uomini e donne, giovani e meno giovani, dedica molta attenzione al proprio look. E anche in momenti di crisi, se
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si può, ci si concede una seduta dall’hair stylist, dalla manicure, dal pedicure e dall’estetista. Il tutto per sentirsi davvero affascinanti…ma ci siamo mai chiesti che posto occupa l’igiene in tutto questo? Preoccuparsi di frequentare ambienti “hygienically correct” dovrebbe essere un principio indiscutibile. E allora ecco alcuni suggerimenti generici, ma non per questo superficiali, su come e che cosa si deve osservare attentamente quando ci si reca in un ambiente che offre spazi e servizi a garanzia di un look da veri protagonisti. Se il servizio richiesto riguarda il manicure e il pedicure – sia estetico che curativo – sarà bene accertare la presenza di uno sterilizzatore o di un germicida (sia inteso come prodotto oppure come apparecchiatura con lampada a raggi UV che eliminano i germi e i batteri). La strumentazione utilizzata non deve avere tracce dei servizi effettuati in precedenza. Per quanto riguarda l’uso dei rasoi, accertatevi che la lama venga sostituita in vostra presenza. Esigete che l’estetista addetta a effettuare il servizio di manicure e pedicure utilizzi guanti in lattice, nuovi e indossati davanti a voi. Se lo smalto non è di vostra proprietà, verificate la data di scadenza del prodotto: se è superata, la resa finale non è garantita. Ricordate sempre che la chiusura e l’apertura del tappo tendono ad ossidare il prodotto interno.
Inoltre occhio alle pinze e ai tronchesini, che devono essere puliti e passati con un disinfettante prima di essere inseriti nello sterilizzatore. Infine, in caso di cerette o massaggi, accertatevi che il lettino su cui vi accomodate sia ricoperto da un lenzuolo di carta nuovo, preparato appositamente per voi. Anche quando ci si reca dall’hair stylist, bisogna fare attenzione all’igiene. Date una prima occhiata ai pavimenti: in presenza di residui di capelli o di polvere, vi troverete in un ambiente “non perfetto”… La pulizia delle spazzole può essere effettuata a mano o con adeguati apparecchi automatici; le postazioni di lavaggio non dovranno essere macchiate di tinture precedenti; i carrelli portabigodini si presenteranno ordinati e puliti. Attenzione particolare poi alle salviette che dovranno presentarsi ripiegate, sanificate e ordinate in spazi preferibilmente chiusi, onde evitare l’attacco della polvere.
Date un’occhiata anche ai prodotti cosmetici esposti: se la polvere non li riveste, l’ambiente è davvero pulito. Prediligete l’uso di bigodini in plastica evitando quelli in spugna, fisiologicamente meno sani. Infine attenzione anche alle tasche portaforbici, che dovranno essere rigorosamente pulite da eventuali residui derivanti da precedenti tagli di capelli. E che dire delle divise (camici, grembiuli)? Se il professionista che vi segue ha una divisa pulita e in ordine, si sarà conquistato subito la vostra fiducia, spendendo un biglietto da visita inequivocabile! Troppo meticolosi? Nient’affatto! Rispettando queste caratteristiche igieniche gli ambienti che servono a migliorare il nostro look supereranno la prova più importante, ovvero quella di offrirci una location igienicamente impeccabile. Patrizia Zanetti settembre, ottobre 2013 ¤ 69
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Sondaggio Maya Idee: la medicina personalizzata sempre più diffusa
I risultati preliminari del sondaggio condotto da Maya Idee evidenziano come test predittivi e biomarcatori saranno sempre più diffusi nella pratica clinica. Passati agli onori della cronaca con il caso dell’attrice Angelina Jolie, e della sua mastectomia scelta per evitare un possibile tumore al seno predetto proprio da un test genetico, anche in Italia i test predittivi e i biomarkers si stanno diffondendo come efficace strumento di screening e targetizzazione della popolazione. Questi test genetici, effettuati attualmente in Italia per le patologie più gravi come appunto l’area oncologica, servono a determinare nel paziente la possibile predisposizione a sviluppare determinate patologie in determinate forme. In questo modo si può comprendere prima se un determinato farmaco sarà efficace o meno sul paziente trattato. L’utilità appare evidente: minor spreco di risorse ma soprattutto maggior possibilità di curare quel paziente con il giusto rimedio per la sua patologia. I risultati preliminari del sondaggio Maya Idee evidenziano proprio come, secondo i votanti, questi strumenti saranno utilizzati sempre di più nella pratica clinica anche per le malattie più comuni (39%), oltre che per farmaci costosi e patologie con alti costi di trattamento (48%). Solo l’1% è convinto che si tratti solo di una moda, mentre circa il 10% dei votanti esprime ancora indecisione in merito. In effetti questi strumenti sono entrati nel sistema sanitario italiano soltanto da un paio di anni.
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Cani in città: la Polizia Municipale diffonde le norme da rispettare
La Polizia Municipale di Verona è impegnata in una Campagna di prevenzione e controllo sui temi del rispetto delle norme in materia di cani. Scopo dell’iniziativa è diffondere la cultura del rispetto della città e delle norme specifiche riguardanti i cani. Il servizio è svolto dagli agenti delle Delegazioni territoriali sia in divisa che in borghese nei diversi quartieri della città; particolare attenzione viene data alle segnalazioni specifiche che giungono al Comando e a quelle raccolte dall’Ufficio Mobile di Prossimità. Principali comportamenti che i proprietari di cani devono adottare: - I cani vanno sempre tenuti al guinzaglio nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico con guinzaglio di lunghezza non superiore a mt. 1,50 ed i proprietari hanno l’obbligo di avere sempre con sé la museruola da applicare in caso di potenziale pericolo. - Coloro che conducono animali sul suolo pubblico devono adottare ogni cautela per evitare che sporchino. Essi sono tenuti a munirsi di apposita attrezzatura (paletta e sacchetti) per la raccolta delle deiezioni e provvedere all’immediata rimozione delle stesse. L’art. 4 del Regolamento comunale per la tutela degli animali impone ai proprietari dei cani di avere con sé sacchetto e paletta-pinza per la raccolta delle deiezioni dei loro animali. Essi devono poi chiudere l’involucro e gettarlo nei cestini portarifiuti o nei cassonetti. - Ai cani è limitato l’accesso in aree verdi e campi gioco: originariamente era previsto un divieto di accesso generalizzato (vedi ordinanze 525/98, 656/96,11/2009, 44/2009), anche in assenza di specifico cartello di divieto. Il Regolamento comunale per la tutela degli animali (approvato nel luglio 2010) ha modificato le disposizioni, permettendo ai cani muniti di guinzaglio il libero accesso a tutte le aree verdi ad uso pubblico, ad eccezione delel aree verdi recintate
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ed attrezzate per il gioco dei bambini (art. 12 comma 4) - Il cane può essere lasciato libero di correre solo negli spazi destinati: in città sono presenti numerose ”Aree cani”, nelle quali vige comunque l’obbligo di raccolta delle deiezioni. - Gli animali vanno custoditi con la debita cautela e la loro custodia non va affidata a persone inesperte.
Per lasciare correre liberamente il cane in città sono presenti numerose “Aree cani”. In queste aree vige, comunque, l’obbligo di raccolta delle deiezioni. 1° circoscrizione: via Lega Veronese, parcheggio Arena 2° circoscrizione: via Bresciani, via Zenari, via Nervesa, area ex Arsenale (provvisoria) 3° circoscrizione: via La Fratellanza, via Porta Catena, via Andrea Doria, via Friuli, via col. Galliano, via Sogare, via Zorzi, via Dandolo 4° circoscrizione: via Po, salita Santa Lucia 5° circoscrizione: via Pasteur, via Basso Acquar, via Belobono, via Umago 6° circoscrizione: via Plinio, via Rigoletto, via Casorati 7° circoscrizione: via Corsini, via Belluzzo, via Campanella, contrada Del Forte 8° circoscrizione: via degli Oleandri
Nell'ambito delle iniziative "anti crisi" rivolte alle famiglie, VALPOLICELLA BENACO BANCA ha aderito a due importanti iniziative: “Fondo di credito nuovi nati”, per l'erogazione di finanziamenti a favore delle coppie con nuovi nati o figli adottati negli anni 2012, 2013 e 2014
Caratteristiche del finanziamento “Fondo Nuovi Nati” Valpolicella Benaco Banca Tipologia: Mutuo chirografario Importo: non superiore a 5.000 € Durata: non superiore ai 5 anni Tasso: pari tasso BCE (attualmente 0,75%) Penale di estinzione anticipata: gratis Spese di incasso rata: gratis Spese di istruttoria: gratis Dati riferiti a gennaio 2013
un sostegno rivolto alle famiglie che intraprendono il e Mutuo ad8 difficile cammino dell´adozione internazionale. Caratteristiche del finanziamento “ad8” Valpolicella Benaco Banca
Tipologia: Mutuo chirografario Importo: non superiore a 10.000 € Durata: non superiore ai 5 anni Tasso: pari tasso BCE (attualmente 0,75%) Penale di estinzione anticipata: gratis Spese di incasso rata: gratis Spese di istruttoria: gratis Dati riferiti a gennaio 2013
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Al via il Progetto C.L.A.R.A
È stato presentato il 20 settembre dall’assessore ai Servizi sociali Anna Leso il progetto “C.L.A.R.A Città, lavoro, accoglienza, reti, antiviolenza”, che dallo scorso dicembre vede il Comune di Verona impegnato nella prevenzione e contrasto alla violenza maschile sulle donne. Il progetto avrà una durata di 18 mesi e quindi si concluderà a giugno 2014, data entro la quale per le azioni programmate sarà impiegato il finanziamento di 140 mila euro del Dipartimento alle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui si aggiungono i 35 mila euro stanziati nel bilancio comunale. L’iniziativa è portata avanti dall’assessorato alle Pari opportunità, insieme ad altri 11 partner: Ulss 20, 21, 22, Università di Verona, Telefono Rosa, cooperative sociali Azalea, L’Albero e il Ponte, Studio Guglielma, Consulta delle associazioni femminili, Eurodonne. “Dopo una lunga fase di programmazione - ha detto l’assessore Leso - finalmente questo progetto, arrivato terzo a livello nazionale e quindi finanziato dalla Presidenza dei Ministri, prende il via. Si tratta di un’iniziativa importante, per supportare le donne vittime di violenza, che si avvale della metodologia del lavoro di rete, per la quale Enti Pubblici e soggetti privati che operano nel sociale intervengono ciascuno con le proprie competenze e risorse umane, allo scopo di unire tutte le forze così da moltiplicare gli strumenti a disposizione. Punto di forza di Clara è la copertura territoriale, che va al di là degli ambiti di competenza di ciascun partner andando a raggiungere i confini dell’intera provincia”. Il progetto è già attivo con quattro servizi gratuiti che vanno a rafforzare l’attività del centro antiviolenza P.e.t.r.a. e della casa rifugio di Verona. SPORTELLI Tra dicembre e marzo sono stati attivati 3 sportelli provinciali per donne vittime di violenza e maltrattamenti, uno per ciascuna Ulss della provincia di Verona: San Bonifacio, Porto di Legnago e Villafranca. Aperti un giorno la settimana, danno la possibilità di un servizio dedicato, con personale specialistico, anche a tutte quelle donne della provincia che sarebbero in difficoltà a raggiungere il
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centro antiviolenza P.e.t.r.a. Offrono ascolto telefonico, accoglienza e colloqui, sostegno psicologico e sociale, accompagnamento e protezione, garantendo anonimato e riservatezza. SPAZIO ASCOLTO PER UOMINI La sperimentazione “Non agire violenza scegli il cambiamento” offre ascolto telefonico e accoglienza agli uomini che agiscono violenza, per un percorso individuale mirato al cambiamento dei maltrattanti. Si tratta del secondo spazio specialistico pubblico in Italia, dopo quello di Modena, che persegue le seguenti finalità: eliminare la violenza nelle relazioni interpersonali attraverso la promozione di programmi di cambiamento; migliorare la sicurezza delle donne vittime della violenza; ridurre i danni legati agli aspetti psicologici, sociali e sanitari a carico delle vittime; offrire una concreta possibilità di cambiamento ai soggetti che agiscono violenza; ridurre il rischio delle recidive di maltrattamento. PERCORSI PER DONNE. Percorsi per il recupero dell’autonomia lavorativa e abitativa delle donne, per favorire il reinserimento lavorativo, il reperimento abitativo e di promuovere l’autonomia delle donne vittime di violenza attraverso canali di confronto con gli Enti del territorio, protocolli d’intesa o linee guida. Vengono predisposti percorsi per il reperimento di lavoro, di un’abitazione e di un supporto per i figli minori, se presenti, e creati ponti tra i diversi Enti attraverso azioni sul territorio, che siano complementari, sviluppando modelli e strumenti volti a migliorare le condizioni di vita e l’indipendenza delle donne vittime di violenza e maltrattamenti. FORMAZIONE Formazione di un gruppo di famiglie di accoglienza e di prossimità per donne vittime di violenza maschile e maltrattamenti. Per la prima volta in Italia, vengono accolte in famiglia donne maggiorenni, anche con figli minori, conosciute dai Servizi sociali. L’ospitalità può durare fino a 15 giorni. È già stato formato un gruppo di 6 famiglie disponibili, siglato un protocollo d’intesa ed è stata fatta un’ospitalità di una donna con 2 bambini. Ulteriori informazioni sul progetto Clara sono disponibili contattando il Servizio Cultura delle Differenze Pari Opportunità, al numero 0458078539, o sul portale del Comune di Verona.
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Visita medica sportiva quando, dove e perchè
Per alcuni è solo una spesa superflua, per altri una perdita di tempo: la visita medica sportiva è davvero utile? Ecco il parere del Dott. Roberto Filippini
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ertificati medici per attività sportiva amatoriale, ludico - motoria e non agonistica, con distinzione tra quella a basso e quella ad alto impatto cardiovascolare. Queste alcune delle novità in materia di sport introdotte con il decreto Balduzzi, pubblicato il 20 luglio sulla Gazzetta Ufficiale n° 169, ed entrato in vigore il 5 agosto. Novità che sono però durate ben poco. Il 20 agosto, infatti, con la pubblicazione della legge di conversione del «decreto del fare» sulla Gazzetta ufficiale n° 194, l’articolo 42bis ha cancellato tutte le novità in materia di certificazione medica. Non tutte però sono state abrogate in maniera esplicita, il che ha lasciato sul tavolo numerosi interrogativi cui far fronte. Se con il primo decreto, infatti, si introduceva una distinzione fra tre tipi di certificazioni mediche a seconda che il soggetto richiedente praticasse attività amatoriale o ludico motoria, attività non agonistica o attività non agonistica ad alto impatto cardiovascolare, con l’articolo 42bis del «decreto del fare» titolato «ulteriore soppressione di certificazione sanitaria» si stabilisce che «al fine di salvaguardare la salute dei cittadini promuovendo la pratica sportiva, per non gravare cittadini e Servizio sanitario nazionale di ulteriori onerosi accertamenti e certificazioni, è soppresso l’obbligo di certificazione per l’attività ludico-motoria
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e amatoriale, e nel contempo rimane l’obbligo di certificazione presso il medico o pediatra di base per l’attività sportiva non agonistica. Sono i medici o pediatri di base annualmente a stabilire, dopo anamnesi e visita, se i pazienti necessitano di ulteriori accertamenti come l’elettrocardiogramma».
La terza tipologia di certificato, introdotta con il decreto Balduzzi, invece, riguardava i non tesserati alle federazioni sportive, o agli enti di promozione, o alle associazioni sportive dilettantistiche. In questo caso si parlava di certificato per la partecipazione ad attività ad alto impatto cardiovascolare (gare podistiche oltre i 20 chilometri, o di sci di fondo, o di ciclismo o nuoto) per cui serviva un certificato con rilevamento della pressione arteriosa, elettrocardiogramma a riposo e con prova da sforzo ed eventuali altri accertamenti ritenuti necessari. In questo caso il certificato oltre che dal medico generale e dal pediatra di libera scelta poteva essere rilasciato anche dallo specialista in Medicina dello sport. Oggi anche questo certificato non è più richiesto per legge. Ma le potenziali implicazioni normative non sono superate, visto che la norma che lo prevedeva non è stata abrogata esplicitamente. Quindi, come si fa? E ancora, c’è la discrezionalità lasciata al medico sugli accertamenti da fare per il rilascio dei certificati medici non agonistici. E come si differenziano le discipline o gli sport a basso o alto impatto cardiovascolare? “Innanzitutto - ci spiega il Dott. Roberto Filippini responsabile del Centro di Medicina e Traumatologia dello Sport dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Verona - la distinzione tra attività agonistica e ludica non è definita in base all’impegno cardiovascolare richiesto dalla singola disciplina. L’agonismo viene definito dalle singole Federazioni sportive in base a determinati parametri. Quasi sempre è l’età il primo parametro: per esempio nel
calcio prima degli 11-12 anni il bambino svolge attività ludica e quindi non agonistica. Agonistiche vengono poi considerate tutte quelle attività ed eventi organizzati da enti affiliati CONI e i Giochi Sportivi Studenteschi (Giochi della Gioventù) nelle fasi finali nazionali. Un’ulteriore distinzione viene inoltre fatta in base al Decreto Ministeriale del 1982 sulla tutela sanitaria dell’attività sportiva di tipo agonistico tramite le cosiddette Tabella A e Tabella B. Della Tabella B fanno parte tutti gli sport ad impegno cardiovascolare impegnativo come calcio, pallacanestro, pallavolo, nuoto, tennis, sport subacquei, insomma tutti gli sport maggiormente praticati. La visita medica in questo caso prevede, oltre alla determinazione di peso, altezza, una spirometria e un elettrocardiogramma
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a riposo e sotto sforzo (step test) con definizione dell’IRI (Indice Rapido Idoneità). La validità del certificato per questi sport ha validità un anno. In Tabella A troviamo invece tutti gli sport a basso impegno cardiovascolare: tennis tavolo, tiro al volo, bocce, golf, automobilismo. In tabella B la visita non prevede la spirometria e l’elettrocardiogramma viene eseguito solamente a riposo. Il certificato in questi casi ha validità due anni. A seconda poi della singola disciplina, al di la della Tabella, possono essere richiesti esami supplementari come, per esempio, la visita ORL (otorinalarigoiatra) per gli sport subacquei o l’elettroencefalogramma per chi pratica automobilismo o pugilato. Inoltre il medico certificatore può chiedere ulteriori accertamenti in caso di motivato sospetto clinico”. La domanda sorge spontanea: la visita medica è utile, soprattutto per quanto riguarda i più giovani o piuttosto è una “spesa in più” ed una perdita di tempo? Su questo il Dott. Filippini è chiaro: ”In Italia a livello agonistico, siamo sotto una normativa che rende obbligatoria la visita sportiva. Alla domanda se sia utile o meno io rispondo con un
semplice dato: il nostro paese a livello di morti improvvise ha una percentuale molto più bassa rispetto ai paesi non sono obbligatorie. Credo si possa tranquillamente considerare la certificazione di idonietà sportiva un ottimo strumento di prevenzione. Inoltre con l’abolizione dell’obbligo di leva può essere un validissimo strumento per un controllo periodico per tenere monitorato lo stato generale dell’individuo”. Molte visite mediche sportive però vengono ancora effettuate in modo “artigianale” ovvero in ambienti e in strutture non adeguate, per esempio negli spogliatoi di un centro sportivo o nei bagni delle palestre. Il tutto per risparmiare (?) qualche euro. “Questo - evidenzia Filippini - sta a significare che c’è ancora poca considerazione per questo tipo di controlli. Il mio consiglio è, ovviamente, quello di rivolgersi a centri specializzati e di recarsi in strutture con attrezzature adeguate. La visita medica deve essere considerata una specia di assicurazione e come tale un investimento sulla salute. Dovendola fare, a questo punto, facciamola bene!”. Alberto Cristani
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Convegno “Ferite aperte” un successo...in rosa! Sala convegni di Palazzo Giusti gremita per l’evento organizzato dall’Associazione di Psicoterapia e Psicologia Clinica il Corpo Specchio
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n argomento, quello della violenza sulle donne, che purtroppo continua ad essere di attualità. Una situazione che giorno dopo giorno rischia di diventare sempre più difficile da gestire. Uno degli strumenti di prevenzione su cui puntare è senza dubbio l’informazione, sia per aiutare le vittime ma anche per scoraggiare e bloccare gli aggressori, persone che soffrono di problematiche mentali e comportamentali. In questo ambito si è svolto, lo scorso 7 settembre, il convegno dal titolo “Ferite Aperte, La psicoanalisi a confronto con le radici della violenza”. L’evento è stato organizzato e promosso dall’Associazione di Psicoterapia e Psicologia Clinica il Corpo Specchio in collaborazione con Verona InForma magazine. Hanno patrocinato l’evento: Regione Veneto, Comune di Verona, ULSS 20, Federfarma Verona. Partner dell’evento Amia Verona, Il Buon Gusto Veneto e Just. L’obiettivo della giornata è stato quello di approfondire ed analizzare, a partire da una prospettiva psicologica-psicoanalitica, una tematica di grande attualità: la violenza appunto. Ospite di prestigio Stefano Bolognini, presidente uscente della Società Psicoanalitica Italiana, appena insediato alla guida della storica e prestigiosa International Psychoanalytical Association (IPA). Per quanto riguarda le presenze, da registrare una 80 ¤ settembre, ottobre 2013
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grande affluenza con oltre 250 iscritti. Ha partecipato, in rappresentanza dell’ammiistrazione comunale di Verona, l’assessore ai Servizi sociali Anna Leso, mentre hanno inviato il loro saluto il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, l’assessore alla Sanità del veneto Luca Coletto, il sindaco di Verona Flavio Tosi, il Direttore Generale ULSS 20 Giusi Bonavina e il presidente di Federfarma Verona Marco Bacchini. Grande succecco quindi per un convegno che, al
di la dei numeri, ha voluto portare il suo contributo e la sua testimonianza in favore delle donne, attirando l’attenzione su tematiche che, molte volte per mancanza di competenza, vengono affrontate senza il giusto supporto. Ha reso ancora più magica l’atmosfera di un contesto, quello del parco di Giardino Giusti già di per sé incantevole, la mostra d’arte allestita dall’artista Argon Hoti Marina Soave
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Sistemi alimentari sostenibili per la sicurezza alimentare e la nutrizione
Il 16 ottobre 2013 l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, titolo “Sistemi alimentari sostenibili per la sicurezza alimentare e la nutrizione”. Nell’occasione, il Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) dell’ULSS 20, in collaborazione con la Regione Veneto ed il Comune di Verona, col patrocinio della FAO, organizza presso l’Auditorium Palazzo Gran Guardia in Verona, dalle 9 alle 13.30, un evento formativo e di sensibilizzazione sul tema della sostenibilità alimentare in relazione alle disuguaglianze in salute, all’interno della settimana promossa dal Comune di Verona “Vivere in modo sostenibile è possibile: riduci lo spreco, riscopri la natura” (16-24 ottobre). L’intento è quello di promuovere una discussione fra istituzioni e altri soggetti interessati riguardo alle strategie per favorire scelte alimentari sane e so-
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stenibili, ovvero creare condizioni per la salute, anche in riferimento ai nuovi scenari legati alla crisi economica e alle fasce deboli della popolazione. L’alimentazione infatti è un determinante di salute fondamentale che, come per altri aspetti legati agli stili di vita, è fortemente influenzato da fattori socio-economici. Tuttora persistono situazioni paradossali in cui l’eccesso e lo spreco del cibo si affiancano a realtà caratterizzate da povertà alimentare. La giornata sarà anche un momento di sensibilizzazione sulla sostenibilità delle scelte alimentari fuori casa dei celiaci, tematica nell’ambito della quale il SIAN dell’ULSS 20 è capofila del progetto regionale “La compagnia del senza glutine”. Gli studenti dell’IPSSAR “A. Berti” di Verona, con cui l’ULSS 20 ha sottoscritto un accordo di collaborazione nell’ambito di tale progetto, parteciperanno all’evento con le loro testimonianze.